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Ghiaroni-Giulia-Violenza-assistita-intrafamiliare

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4. interpretare sentimenti ed azioni: ciò consente sia al bambino sia<br />

al genitore di aumentare il proprio senso di consapevolezza interiore ed<br />

interpersonale, attribuendo un significato ai sentimenti disorganizzati e alle<br />

risposte e ai comportamenti incomprensibili. Ricorrere alle interpretazioni<br />

può aiutare le madri a diventare consapevoli della ripetizione inconscia del<br />

proprio passato nel presente, a correggere le loro percezioni distorte del<br />

bambino, e a consentire loro di apprendere delle modalità educative,<br />

adeguate allo sviluppo del figlio; può essere d’aiuto anche per il bambino, in<br />

modo che possa diventare consapevole delle proprie convinzioni inconsce e<br />

disadattive e dei meccanismi di difesa;<br />

5. fornire sostegno emotivo e comunicazione empatica: queste<br />

qualità sono presenti nel modo in cui il terapeuta si relaziona alla madre e al<br />

bambino. Gli interventi sostenitivi ed empatici offrono una speranza<br />

realistica rispetto al fatto che gli obiettivi terapeutici possano essere<br />

raggiunti, mediante anche la fiducia che si sviluppa attraverso l’accessibilità<br />

emotiva del terapeuta;<br />

6. offrire un intervento volto alla gestione del caso e all’assistenza<br />

concreta ai problemi del quotidiano: si tratta di ricorrere ad azioni adeguate<br />

volte a prevenire o a recuperare le conseguenze di eventuali crisi familiari o<br />

di circostanze stressanti. Questa strategia viene normalmente utilizzata<br />

all’inizio del trattamento, in quanto le vittime di violenza domestica si<br />

trovano spesso a dover affrontare una varietà di stress reali che richiedono<br />

un’attenzione particolare ed immediata, a cui si aggiungono stress legati a<br />

problemi legali e a problemi scolastici del minore.<br />

Generalmente, sia il genitore sia il bambino sono presenti alle sedute; in alcuni casi,<br />

però possono essere pianificate sedute individuali con il genitore per affrontare<br />

argomenti che è preferibile trattare privatamente, senza la presenza del bambino.<br />

In genere, l’intervento, caratterizzato da sedute con cadenza settimanale, prevede tre<br />

tappe principali (Lieberman & Van Horn, 2005):<br />

1. stabilire un processo di collaborazione e formulare l’intervento<br />

(I-III mese): i primi tre mesi vengono impegnati per sviluppare una relazione<br />

collaborativa con la famiglia. Il ruolo del clinico è quello di distribuire<br />

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