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L'occhiata letale - Sardegna Cultura

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C’è buio nella taverna di Pelo d’oro, tre gradini sottoterra.<br />

L’odore del pesce arrosto entra nella pelle, gonfia le<br />

narici pelose di Tatàno, lo eccita e impregna i due ciuffi<br />

che gli escono dal naso. La bava gli inonda la bocca,<br />

la lingua si dilata, lui si tocca la pancia grande, mezzo<br />

fuori, e si fruga l’ombelico nero dove quelli come lui<br />

hanno l’anima rumorosa.<br />

Tatàno lo conoscono tutti nel quartiere del porto.<br />

Vive, ingrassa e si gonfia di cibo elemosinato dai pescatori<br />

che lo considerano - nessuno sa perché - un portafortuna,<br />

lurido, ma portafortuna.<br />

Passa mattine intere a guardare le poche navi a vapore<br />

che arrivano in città e poi spala il carbone per le caldaie.<br />

Oggi gli hanno regalato un’occhiata di mezzo chilo e<br />

Pelo d’oro - l’oste albino con le unghie nere, mangiato<br />

dall’avarizia che lo consuma più di ogni vizio - crede di<br />

espiare il peccato cuocendo il pesce a questo disperato<br />

senza chiedergli un soldo.<br />

Tatàno aspetta, si gratta via le scaglie e parla con un<br />

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