03/2010 - Auditorium Parco della Musica
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ME OVENTI<br />
“InvisibilMente” (40’)<br />
2<br />
Di Consuelo Battiston, Gianni Farina, Alessandro Miele<br />
Con Consuelo Battiston e Alessandro Miele<br />
Regia di Gianni Farina<br />
VENERDÌ 5 MARZO<br />
Sala Petrassi ore 18<br />
Volevamo fare uno spettacolo sul giudizio universale.<br />
Abbiamo speso tempo ed energie per capire in quale categoria di dannati<br />
inserire i nostri protagonisti, concludendo che per essere esemplari <strong>della</strong><br />
nostra razza il loro destino non potrà essere che quello degli ignavi senza<br />
peccato. Abbiamo poi trovato il reagente dell’intreccio: una rivelazione mal<br />
compresa che porta al delirio. Abbiamo intuito una possibile forma di<br />
Ermes, messaggero <strong>della</strong> rivelazione. Ma non è tutto: c’era un’idea per dare<br />
forma all’invisibile che mugghia sotto di noi e pure la relativa reazione dei<br />
nostri antieroi al mistico incontro!<br />
Insomma, si trattava di un capolavoro in grado di sondare la reazione<br />
dell’umanità posta sotto analisi ed in attesa di relativo giudizio; la<br />
consapevolezza dell’essere osservati e di avere un dito enorme puntato<br />
contro; la sensazione concreta di un’autorità superiore che sceglie proprio<br />
noi, ramo secco nell’evoluzione <strong>della</strong> vita su questo pianeta. Il tutto reso<br />
attraverso equilibrati effetti speciali ed una manciata di ottimi attori. Però ci<br />
serviva un elefante e la produzione si è ostinata a non volerlo acquistare.<br />
Quindi abbiamo fatto un’altra cosa.<br />
TEATRIALCHEMICI<br />
“Desideranza” (60’)<br />
Di e con Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi<br />
Segnalazione speciale Premio Scenario 2007<br />
VENERDÌ 5 MARZO<br />
Studio 3 ore 19<br />
posti limitati<br />
L’azione si svolge nella soffitta di una casa in un paese indefinito e racconta<br />
50 minuti <strong>della</strong> vita di Pino e Sergio, due fratelli (uno sano e uno con<br />
difficoltà psicofisiche) che l’infermità <strong>della</strong> loro madre ha sempre costretto in<br />
casa, forse per vergogna, forse per necessità. Pino, privato da sempre di una<br />
vita propria, per sopravvivere a una situazione familiare altrimenti<br />
insostenibile, ha elaborato col tempo un codice di comunicazione col<br />
fratello malato che prevede un continuo ricorso al gioco. Il loro rapporto<br />
simbiotico, logorato negli anni di continua solitudine e vicinanza forzata, li ha<br />
resi però uno indispensabile all’altro, per questo Pino ha bisogno di Sergio<br />
anche per questo ultimo e disperato gesto.<br />
È la festa di S. Antonio, e i due si preparano al passaggio <strong>della</strong> processione<br />
del Santo Patrono sotto la loro finestra; una preparazione giocosa, frenetica<br />
e paradossale, un pretesto per chiudere i conti col passato e per farsi<br />
trovare puliti e pronti, vuoti e leggeri, quando il Santo, la banda e il popolo<br />
dei fedeli passeranno sotto i loro occhi, testimoni scelti <strong>della</strong> loro rivincita,<br />
<strong>della</strong> loro ultima spettacolarizzazione: il volo dall’alto del balcone che li<br />
condurrà verso la tanto desiderata felicità.<br />
GRUPPO NANOU<br />
“Motel [faccende personali]<br />
Prima stanza” (30’)<br />
Di e con Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci<br />
Finalista al Premio Equilibrio 2008<br />
VENERDÌ 5 MARZO<br />
Teatro Studio ore 21.30<br />
Un luogo familiare, disabitato; la stanza dei segreti, degli amanti, delle<br />
puttane, il rifugio degli assassini, la sosta dei viaggiatori. La drammaturgia,<br />
scandita in episodi, è l’interazione di un ristretto numero di personaggi<br />
immersi in un ambiente familiare e sostanzialmente ordinario, in cui elementi<br />
straordinari spostano l’andamento quotidiano dell’azione. Il racconto è<br />
sempre “fuori dalla finestra”. Il dramma non è presente nella scena.<br />
“Motel del gruppo nanou scandisce il dispiegarsi di un’assenza<br />
disseminando azioni senza movente (nitide e rarefatte come fossili di un<br />
immaginario canagliesco), sonorità evocative (lo scorrere di una pellicola<br />
cinematografica, l’intrecciarsi di frequenze radio in cerca di sintonie) e<br />
luminescenze spettrali (che rivelano e insieme nascondono) tra gli arredi<br />
anonimi di un interno in cinemascope. Dal limbo in cui una figura maschile<br />
in tuba nera ci invita a specchiarci affiorano muti rituali anch’essi anonimi,<br />
esercizi di mutua solitudine distillati da Marco Valerio Amico e Rhuena<br />
Bracci con vibrante distacco, effetti personali trafugati e abbandonati come<br />
spoglie di una realtà che non si lascia afferrare se non per subitanee<br />
accensioni”.<br />
Andrea Nanni – hystrio<br />
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