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03/2010 - Auditorium Parco della Musica

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GARTEN / GIORGIA MARETTA,<br />

ANDREA CAVALLARI<br />

“I will survive” (35’)<br />

SABATO 6 MARZO<br />

Sala Ospiti ore 20.30 e 23.30<br />

posti limitati<br />

Architetture di cartone disegnano orizzonti che rievocano skyline di<br />

metropoli, agglomerati di baracche fatiscenti o luoghi immaginari, residui<br />

deserti di una società post-umana.<br />

Lo spettatore assiste alla costruzione di strutture in movimento, volumi che<br />

si compongono uno sull’altro per poi crollare nuovamente. Uno scenario in<br />

continua evoluzione verso un nuovo equilibrio e una nuova stabilità.<br />

Lo spazio è colmo di scatole di cartone. Potrebbe essere una baracca, un<br />

luogo abbandonato, una discarica. Un organismo in accumulo dietro cui si<br />

percepisce una pulsazione, una presenza, forse umana, che lo muove.<br />

Riflettiamo sul luogo di confine come territorio <strong>della</strong> biodiversità. Siamo<br />

interessati ai motivi dell’instabilità, del disequilibrio e del collasso.<br />

La scena è costruita con materiali di riciclo.<br />

Di Giorgia Maretta e Andrea Cavallari<br />

Con la collaborazione di Silvia Cantoni, Andrea Rimoldi,<br />

Beatrice Sarosiek, Massimo Trombetta<br />

Con Andrea Rimoldi, Massimo Trombetta, Beatrice Sarosiek/Silvia Cantoni<br />

MALASEMENZA /<br />

GAETANO VENTRIGLIA<br />

“Otello alzati e cammina” (45’)<br />

Di e con Gaetano Ventriglia<br />

SABATO 6 MARZO<br />

Sala Petrassi ore 21.30<br />

Qual è il tema di questo testo, di questo spettacolo<br />

Il tema è: cosa fare <strong>della</strong> nostra vita Cosa fare quando siamo su un’isola<br />

per combattere i turchi, ma i turchi manco li vediamo perché sono annegati<br />

prima di arrivare Se avessimo un ideale, un senso, non ci sperderemmo,<br />

nonostante i turchi. I turchi sono un pretesto.<br />

La bellezza è lì (non la vedi); ma il mondo fa schifo, e non vediamo niente.<br />

C’è chi ha fiducia e poi magari crolla perché il mondo fa schifo. Otello è<br />

così, il problema non è Iago: Iago è il mondo - l’occasione, che come si sa,<br />

fa dell’uomo la merda che è.<br />

Sono in scena, quasi non mi muovo, sono davanti a voi, e che succede O<br />

l’anima viaggia, la mia e la vostra, e le domande sono chiare, altrimenti non<br />

succede niente, perché io quasi non mi muovo. Ma vale la pena tentare.<br />

Tentare almeno l’onestà. Il mio teatro non è un gioco intellettuale, provo a<br />

dar vita viva a personaggi veri, e basta. Non c’è uno svuotamento di senso,<br />

come va di moda fare e dire. C’è già bastante svuotamento nel mondo: io<br />

che c’entro No: qui dentro, sotto queste luci, non siamo nel vuoto che ci<br />

circonda, a me non interessa descrivere il nulla, parlare del nulla, il blabla di<br />

moda; la bellezza è lì, non si può far finta di (del) nulla.<br />

COSMESI<br />

“Periodonero” (45’)<br />

Progetto, impianti e drammaturgia Eva Geatti e Nicola Toffolini<br />

Animazioni video Emanuele Kabu<br />

SABATO 6 MARZO<br />

Teatro Studio ore 22.30<br />

Abbiamo percepito periodonero prima che fosse sui giornali. Abbiamo<br />

sentito sbriciolarsi quei pochi residui interessi comuni, a favore di un<br />

comodo adattamento al brutto. Abbiamo immaginato ombre nere che<br />

vanno a costituire un mondo inventato dove viviamo, che disegnano un<br />

cartone animato senza scala di grigi, dove va tutto storto, dove siamo<br />

massa mentre ci crediamo protagonisti, dove la nostra azione, all'interno di<br />

un mondo che va per la sua strada, risulta quasi lirica nella sua disperata<br />

inutilità. Abbiamo pensato che lo schermo, rettangolare e illuminato di<br />

bianco, altro non è che un’architettura astratta e razionalista, fatta apposta<br />

per contenere le nostre ombre nere, nate per sottrarre la luce, per essere il<br />

periodonero. Nulla di catastrofico, nulla di veramente triste. Periodonero ti<br />

aspetta fuori di qui.<br />

Questa volta il contenitore abituale dei nostri lavori si schiaccia, perdendo<br />

ogni profondità, diventando questa pagina bianca, con i segni di<br />

accadimenti e momenti neri. Il corpo non è più ridotto a convivere<br />

all’interno <strong>della</strong> struttura fisica ma si scioglie in una serie di rappresentazioni<br />

stilizzate al limite tra il video game ed il cartone animato.<br />

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