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Prof. Emilio Baccarini Alla ricerca del significante. Il sé e il suo futuro

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vicaria. Quanto gli uomini dovrebbero vivere, agire e soffrire si adempì in lui. In questa sua reale<br />

sostituzione vicaria, in cui si riassume la sua esistenza umana, egli è <strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>e per eccellenza.<br />

Poiché egli è la vita, attraverso di lui tutta la vita è destinata alla sostituzione vicaria. Essa potrà<br />

opporsi a questo fatto, ma ciò malgrado rimane vicaria per la vita o per la morte... si ha sostituzione<br />

vicaria e quindi responsab<strong>il</strong>ità solo nella dedizione piena <strong>del</strong>la propria vita all’altro uomo. Solo chi<br />

non è legato al proprio sé vive responsab<strong>il</strong>mente e cioè, solo chi non è legato al proprio sé vive” (p.<br />

225). “<strong>Il</strong> responsab<strong>il</strong>e è rinviato al prossimo concreto nella sua concreta realtà” (p. 227). Come si<br />

vede siamo di fronte al capovolgimento <strong>del</strong> narcisismo che dicevamo sopra.<br />

Ciò che Bonhoffer chiama 'sostituzione vicaria ”, in modo più deciso e senza, e al di fuori, dei<br />

riferimenti e parametri cristiani, E. Lévinas lo definisce semplicemente 'sostituzione'. Per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

franco-lituano, di matrice ebraica, la mia esistenza è determinata da una chiamata e ne costituisce la<br />

risposta. Rispondere all'altro significa immediatamente rispondere di lui. <strong>Il</strong> senso totale <strong>del</strong>l'esistere è<br />

essere-per-gli altri 19 . In questo nuovo contesto la responsab<strong>il</strong>ità non è più ‘donazione’ di senso<br />

secondo l’insegnamento <strong>del</strong>la fenomenologia di Husserl, ma ‘assunzione’ (Eccomi!). L'esistenza,<br />

nella risposta a una vocazione, assume dimensioni inedite che richiedono disponib<strong>il</strong>ità per<br />

trasformarsi in novità radicale.<br />

La <strong>ricerca</strong> <strong>del</strong>la propria identità passa, attraverso la differenza. Ciò vuol dire che <strong>il</strong> sé, come<br />

proprio sé, è fuori di sé, senza tuttavia essere alienato. Forse è questa la nuova categoria che può dar<br />

forma a una nuova attitudine, la prossimità vissuta come la peculiarità <strong>del</strong>l’umano.<br />

19 Accenno soltanto schematicamente al problema che ho trattato più analiticamente nel mio volume su Lévinas, Studium ,<br />

Roma, 1985 e in altri saggi successivi dedicati al f<strong>il</strong>osofo francese. Pur rimanendo fuori <strong>del</strong> nostro percorso in maniera<br />

esplicita, è opportuno ricordare brevemente l’altro grande riferimento di Levinas che Franz Rosenzweig. Nella Stella <strong>del</strong>la<br />

redenzione, Casale Monferrato 1985 al Wort originario, la parola di Dio, è posto di fronte un Antwort, la risposta <strong>del</strong>la<br />

dedizione ubbidiente, che diviene, a sua volta, parola, nella temporalizzazione <strong>del</strong>la risposta, nella Verantwortung, nella<br />

responsab<strong>il</strong>ità. <strong>Il</strong> percorso rosenzweighiano può essere quindi sintetizzato con un’espressione di forte contrapposizione<br />

hegeliana dal per sé al per-l’altro. L’elemento di mediazione è appunto l’evento <strong>del</strong>l’amore di Dio. L’amore <strong>del</strong> prossimo<br />

è la forza che deve completare la dedizione esigita dal comandamento <strong>del</strong>l’amore di Dio. “L’amore <strong>del</strong> prossimo è ciò che<br />

ad ogni istante supera la semplice dedizione e tuttavia sempre la presuppone”… “L’uomo può esternarsi nell’atto d’amore<br />

soltanto dopo essere divenuto anima destata da Dio. Solo <strong>il</strong> <strong>suo</strong> essere-amata da Dio fa sì che per l’anima l’atto d’amore<br />

sia più che un semplice atto, sia l’adempimento di un comandamento d’amore”(p. 230).<br />

In questa prospettiva <strong>il</strong> per-l’altro <strong>del</strong>la prossimità ridefinisce anche la temporalità <strong>del</strong>l’uomo che in ogni istante è<br />

attento (e attende) a colui che è di volta in volta ‘prossimo’, “<strong>il</strong> più vicino, colui che, comunque, qualunque cosa sia stato<br />

prima di questo istante d’amore o sarà in seguito, è per me in questo istante soltanto <strong>il</strong> prossimo”(p. 234). Concludiamo<br />

queste poche riflessioni con un passaggio particolarmente significativo in cui la correlazione tra prossimità e ‘sé’ ci<br />

rimanda allo spirito profondo <strong>del</strong>la dialogicità, che oltrepassa la dimensione etica per farsi semplicemente segno<br />

d’umanità. Scrive Rosenzweig: “… L’uomo deve amare <strong>il</strong> <strong>suo</strong> prossimo come se stesso. Come se stesso. <strong>Il</strong> tuo prossimo è<br />

‘come te’. L’uomo non deve negare se stesso. Proprio qui, nel comandamento <strong>del</strong>l’amore <strong>del</strong> prossimo, <strong>il</strong> <strong>suo</strong> ‘sé’ viene<br />

per la prima volta confermato/stab<strong>il</strong>ito definitivamente nel <strong>suo</strong> luogo stab<strong>il</strong>e. … Tratto fuori dal caos infinito <strong>del</strong> mondo,<br />

gli viene posto innanzi all’anima un prossimo, <strong>il</strong> <strong>suo</strong> prossimo e di questo, e per ora/come prossimo solo di questo, gli<br />

viene detto: egli è come te. ‘Come te’, quindi non ‘te’. Tu rimani tu e devi rimanere tale. Ma per te egli non deve rimanere<br />

un <strong>il</strong>le, e quindi un semplice <strong>il</strong>lud per <strong>il</strong> tuo ‘tu’; bensì egli è come te, come <strong>il</strong> tuo ‘tu’, un ‘tu’ come te, un io…anima”(p.<br />

257-258).<br />

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