Prof. Emilio Baccarini Alla ricerca del significante. Il sé e il suo futuro
Prof. Emilio Baccarini Alla ricerca del significante. Il sé e il suo futuro
Prof. Emilio Baccarini Alla ricerca del significante. Il sé e il suo futuro
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
oltre», quello <strong>del</strong>l'angelo sterminatore nella notte <strong>del</strong>la pasqua in Egitto. La memoria <strong>del</strong>la pasqua,<br />
memoria fondativa di sacralità e di libertà/liberazione, dovrebbe costituirsi come paradigma di<br />
benevolenza etica. Nella narrazione di Gesù sembra prefigurata la frattura tra comportamento morale<br />
ed esercizio religioso. Nell'insistenza con cui <strong>il</strong> testo fa notare che i due personaggi «vedono», ma non<br />
si fermano, si può ascoltare l'eco di Mt 25,31-46: «Signore quando mai ti abbiamo visto...?». II<br />
«vedere» a cui qui si fa allusione è la capacità di accogliere <strong>il</strong> bisognoso e prendersene cura. Vedere<br />
l'altro e nell'altro scorgere <strong>il</strong> comandamento etico che non si frappone a interruzione <strong>del</strong> mio<br />
cammino, ma si colloca quasi come pietra m<strong>il</strong>iare che segna <strong>il</strong> mio cammino. Dal percorso isolato alla<br />
strada che si incrocia continuamente con altri percorsi tra cui bisogna riconoscere e costruire <strong>il</strong><br />
proprio. Ciò significa che la meta non è già data da subito, è un percorso nomadico continuamente in<br />
cerca di un senso nella dialettica tra l'essere in sé e rimanervi e l'uscire da sé in uno smarrimento che<br />
non ha però <strong>il</strong> sapore amaro <strong>del</strong>la perdizione.<br />
Anche <strong>il</strong> samaritano vede, ma non passa oltre. Anch'egli è in viaggio (odeuón, iter faciens),<br />
forse per affari, ma ciò che è accaduto in quella strada lo riguarda; si ferma e compie alcuni gesti<br />
paradigmatici: gli si avvicina ed è mosso a compassione, se lo carica e si prende cura di lui e, infine,<br />
investe <strong>del</strong> proprio denaro in maniera totalmente gratuita. I1 primo gesto è segno <strong>del</strong>l'iniziativa<br />
personale, <strong>del</strong>l'interessamento, <strong>del</strong>la disponib<strong>il</strong>ità a lasciarsi interrompere e infine, <strong>del</strong>la generosità.<br />
Solo se ci sono questi caratteri personali è possib<strong>il</strong>e muoversi a compassione. Vale la pena notare che<br />
nel testo <strong>il</strong> verbo è espresso nella forma grammaticale passiva, ciò significa che la «compassione» è in<br />
qualche modo l'atteggiamento conseguente una provocazione che, a sua volta, suscita misericordia<br />
(éleos). La memoria <strong>del</strong> «discorso <strong>del</strong>la montagna» è automatica (Mt 5,7): «Beati i misericordiosi<br />
perché avranno misericordia». L'essere mosso a compassione significa riconoscere nell'altro qualcosa<br />
che me lo assim<strong>il</strong>a nella differenza (com'è suggerito dal termine greco), l'elemento accomunante di<br />
umanità che oltrepassa le distinzioni di razza, cultura, religione, o, meglio, le precede. Non si<br />
dimentichi che <strong>il</strong> samaritano è per gli Israeliti lo straniero eretico.<br />
Avere compassione non basta, bisogna farsi carico, caricarsi <strong>del</strong>le sofferenze <strong>del</strong>l'altro.<br />
Rispondere all'appello <strong>del</strong>l'altro significa sollevare l'altro (epibibázo) e portarlo sulle nostre spalle. In<br />
tal modo ci si prende cura l'uno <strong>del</strong>l'altro. L'epiméleia, la cura, è per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo un termine carico di un<br />
peso semantico incredib<strong>il</strong>e. La epiméleia tes psyches, la cura <strong>del</strong>l'anima, è <strong>il</strong> messaggio platoniconeoplatonico<br />
fondamentale, trasmesso in eredità dal pensiero greco a quello europeo. Gesù qui indica<br />
invece la pista <strong>del</strong>l'uscire da sé per prendersi cura <strong>del</strong>l'altro che, si badi, è anche <strong>il</strong> recupero<br />
<strong>del</strong>l'ortoprassi giudaica, sempre attenta alla cura <strong>del</strong> povero, <strong>del</strong>la vedova e <strong>del</strong>l'orfano. L'aver cura va<br />
oltre l'immediatezza <strong>del</strong> bisogno presente, ma «investe per <strong>il</strong> <strong>futuro</strong>», per un tempo che può non essere<br />
<strong>il</strong> mio tempo e che quindi non posso ipotecare. <strong>Il</strong> tempo <strong>del</strong>l'altro che incontro come tempo <strong>del</strong><br />
bisogno, acquista per me <strong>il</strong> senso di una temporalità che convocandomi mi oltrepassa, e in questo<br />
superamento <strong>il</strong> tempo <strong>del</strong>l'altro si produce come <strong>il</strong> risultato di una gratuità liturgica. <strong>Il</strong> mio tempo è <strong>il</strong><br />
tempo che incontra l'altro come misura <strong>del</strong>la propria temporalità.<br />
Torniamo alla domanda finale di Gesù che sposta significativamente e in maniera decisiva<br />
quella <strong>del</strong> dottore <strong>del</strong>la legge. Gesù domanda: «Chi dei tre si è fatto, è divenuto(ghegonénai)<br />
prossimo?». II mutamento <strong>del</strong> verbo indica che la prossimità non è uno status tranqu<strong>il</strong>lo e<br />
acquisito,bensì piuttosto un continuo nascere alla prossimità. È prossimo colui che si fa prossimo e<br />
nel farsi prossimo si erediterà la vita eterna. <strong>Il</strong> Dio di misericordia lo si ama concretamente nell'essere<br />
misericordiosi. Dio-bontà vuole che si arrivi a Lui attraverso un'irrettitudine di percorso che è<br />
esercizio di bontà. Per questo si erediterà la vita eterna, per questo i due comandamenti sono sim<strong>il</strong>i. In<br />
una sorta di consequenzialità s<strong>il</strong>logistica, che ha tuttavia una cogenza etico-antropologica ben diversa<br />
- la consequenzialità tra farsi prossimo ed eredità - troviamo <strong>il</strong> senso profondo <strong>del</strong>la parabola letta con<br />
attenzione ai gesti narrativi che nascondono una struttura da creare, ma non in teoria, bensì ancora una<br />
volta nell'ortoprassi, nella correttezza etica che esige una riformulazione antropologica: «va' e anche<br />
tu fa' lo stesso».<br />
<strong>Il</strong> Samaritano esprime la logica <strong>del</strong>la prossimità come attesa <strong>del</strong>l’altro e come attenzione<br />
all’altro. Attesa e attenzione sono le categorie di un’identità che si definisce a partire dalla prossimità.<br />
Attendere e essere attento, la mia identità mi arriva da fuori di me. Rispondendo obbedisco.<br />
8