PRIMO PIANO: PLASTICA ED ECOLOGIA SHOPPER ADDIO! (o arrivederci?) SEGNATEVI QUESTA DATA: 31 DICEMBRE 2009. E’ IL GIORNO IN CUI SCOMPARIRANNO PER SEMPRE I SACCHETTI DI PLASTICA. IL SOGNO DEGLI AMBIENTALISTI, IL TERRORE DEI PRODUTTORI E, SOPRATTUTTO, UNA LEGGE DELLO STATO CHE, RECEPENDO UNA DIRETTIVA COMUNI- TARIA NELLA FINANZIARIA 2007, HA FISSATO PER LA FINE DI QUE- ST’ANNO IL TERMINE ULTIMO DELLA “COMMERCIALIZZAZIONE DI SACCHI NON BIODEGRADABILI PER L’ASPORTO DI MERCI”. 14 <strong>IMQ</strong> NOTIZIE N. 90
Sarà vero? La norma è in vigore, ma perché sia efficace è necessario un decreto attuativo, quello che stabilisce, ad esempio, le sanzioni per chi non la rispetta. Del decreto, finora, non c’è traccia e sul provvedimento aleggia aria di rinvio. In attesa di capirne di più, c’è da dire però che il mercato non se ne sta con le mani in mano. Quasi tutte le catene di supermercati, negli ultimi mesi, sono corse ai ripari per non farsi trovare impreparate al momento clou. L'Unicoop di Firenze, prima tra le catene di grande distribuzione europee, li ha eliminati da tutti i suoi punti vendita anticipando leggi italiane e direttive Ue. I francesi di Auchan, dopo un primo esperimento nel bergamasco, sono diventati “market shopper-free” e tutti i cinquanta negozi del circuito italiano offrono ai clienti la scelta fra il sacchetto in mater-bi (la pellicola biodegradabile che si ricava dal mais, dall'olio di girasole, dalla patata o dagli scarti di pomodoro), quello di carta o i contenitori riutilizzabili di plastica o cartone. Altre catene della grande distribuzione sono in attesa degli eventi, ma Crai, Esselunga, Despar, Carrefour e Conad offrono già alternative riciclabili o riutilizzabili allo shopper di plastica, sapendo che intervenire sulle abitudini consolidate dei consumatori non è mai facile. Inquinano, è vero. Però anche gli ambientalisti più radicali ammettono che i sacchetti di plastica sono una delle invenzioni che maggiormente hanno cambiato la nostra vita. Il merito va a Walter Deubner, droghiere di St. Paul, nel Minnesota, che lo sperimentò nel 1912, allora in versione cartacea. Oggi, con un colpo di fustella e uno di termofusione, da un tubo di polietilene (derivato del petrolio) nasce un capolavoro di ingegneria moderna, il prodotto di consumo fabbricato nel maggior numero di pezzi dalla rivoluzione industriale in poi. Nel mondo si producono dai 500 a 1.000 miliardi di buste di plastica l'anno. In Italia se ne producono 260 mila tonnellate, con un consumo mensile di circa 2 miliardi, ovvero 400 sacchetti a testa in un anno, un quarto del totale degli shopper in plastica di tutta l'Unione Europea, che ne usa 100 miliardi l'anno. Per fabbricarli consumiamo petrolio come 160 mila automobili, il traffico di una città. I sacchetti di plastica per la spesa finora sono stati fatti soprattutto in polietilene e per produrli si usano energia e altri elementi chimici. Sono prodotti riciclabili, ma ciò avviene per poco meno del 30% degli shopper, per smaltire il resto emettiamo in atmosfera 200 mila tonnellate di anidride carbonica. In genere, il loro utilizzo ultimo è quello di contenitori per altri rifiuti e finiscono smaltiti negli inceneritori o, peggio, dispersi nell'ambiente. Nei campi, in mare, sulle coste si degradano in 10- 20 anni e si dissolvono completamente in circa 200 anni. Con questi tempi lunghissimi rischiano di entrare nella catena alimentare con un carico terribile per gli ecosistemi, soprattutto quello marino. Ridurre l'utilizzo di sacchetti di plastica per la spesa è divenuto dunque un obbiettivo primario a livello globale. A partire dal 2002 molti paesi hanno preso iniziative in tal senso. Perfino in Cina - dove per descrivere il fenomeno dei sacchetti di polietilene che inondano le strade è stato coniato il termine di 'inquinamento bianco' - sono stati messi al bando quelli più sottili e ne è stata vietata la distribuzione gratuita nei supermercati. La Cina, per produrre il suo fabbisogno di shopper tradizionali (300 miliardi l'anno), raffina annualmente 5 milioni di tonnellate di greggio (37 milioni di barili circa), gli Usa, per lo stesso scopo, utilizzano 12 milioni di barili di petrolio per fare 100 miliardi di buste. Per quanto ci riguarda, in attesa di conforme o di smentite sul futuro dei sacchetti di plastica, mettiamone via uno di ricordo. Si sa mai che un giorno possa diventare un pezzo di modernariato. A SUON DI SACCHETTATE Ricordate la eco-borsa “I’m not a plastic bag” della designer Anya Hindmarch che aveva fatto impazzire le modaiole di tutte il mondo? Stupito dall’incomprensibile successo di una banale borsa in cotone dal design minimale, il sito inglese di HolyMoly rispose lanciando una borsa anti-Hindmarch ovvero la “I AM a plastic bag”. Risultato? Vendite esaurite anche per questo shopper. Il che dimostra come il numero di donne attente all’ecologia sia pari al numero di quelle che non se ne preoccupano. Oppure come la moda, in molti casi, possa molto di più dell’attenzione per l’ambiente. 15