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georg büchner, william shakespeare, laurence sterne - The Tristram ...

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Could force his soul so to his own conceit<br />

That from her working all his visage wann'd,<br />

Tears in his eyes, distraction in's aspect,<br />

A broken voice, and his whole function suiting<br />

With forms to his conceit? (Shakespeare, Amleto, p. 102)<br />

Il teatro shakespeariano è un teatro che problematizza se stesso. Le scene di riflessione sul teatro<br />

interrompono il processo di mimesi per far irrompere il mondo esterno, hanno un effetto framebreaking<br />

che ci permette di distinguere per un attimo la rappresentazione dalla realtà. E’ la propria<br />

idea del mondo, alla quale l’attore tenta di dare una forma; parallelamente l’ambiguità tra interiorità<br />

ed esteriorità, tra animo e mondo, domina nel romanzo di Sterne, e riguarda naturalmente anche<br />

l’identità personale. <strong>Tristram</strong> è in imbarazzo quando deve definirsi rispetto all’altro:<br />

— My good friend, quoth I — as sure as I am I—and you are you—<br />

—And who are you? said he. —Don’t puzzle me; said I. (L. Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of<br />

<strong>Tristram</strong> Shandy, p. 434)<br />

Shakespeare, nel dramma storico Richard II, usa un gioco di parole per dimostrare quest’ambiguità.<br />

Esortato da Bolingbroke a cedere la corona Riccardo risponde:<br />

Ay, no. No, ay; for I must nothing be.<br />

<strong>The</strong>refore no no, for I resign to thee. 49<br />

In questi due versi l’autore gioca con l’omofonia, dato che ay significa sì, ma è omofono di I, io.<br />

Non si tratta quindi di mettere in discussione solo un sì o un no, ma anche il valore stesso della<br />

persona, dell’io. Consegnando se stesso è come se Riccardo non rassegnasse la corona, poiché il suo<br />

io non vale più nulla. Mettere in relazione l’affermazione e la negazione con il valore dell’io<br />

fornisce uno spunto significativo per l’interpretazione del trattino che Woyzeck pone tra il sì e il no,<br />

in cui si riflette tutta la contradditorietà dell’esistenza umana 50 , il conflitto tra io e non io, tra io e<br />

mondo, tra bene e male:<br />

Sehn Sie so ein schön festen grauen Himmel, man könnte Lust bekomm, ein Kloben<br />

hineinzuschlage und sich daran zu hänge, nur wege des Gedankenstrichels zwischen Ja und nein ja–<br />

und nein, Herr Hauptmann ja und nein? Ist das nein am ja oder das ja am nein Schuld? Ich will<br />

drüber nachdenken. 51<br />

Il cielo è di un grigio impenetrabile, non c’è alcuno squarcio di blu, quasi a presagire una colpa,<br />

l’impossibilità di riconciliare ja e nein. Il termine Schuld oltre al significato di colpa ha in sè anche<br />

quello di debito, pertanto sì e no sono in rapporto di dipendenza, ma rimangono divisi da quel<br />

trattino. Woyzeck non riesce a penetrare il mistero dell’esistenza umana, l’uomo rimane per lui un<br />

49 William Shakespeare, Richard II, IV.1, Harmondsworth, Penguin Books, 1981, p. 131.<br />

50 Si veda anche l’interpretazione di Hinderer, in: Walter Hinderer, Büchner-Kommentar zum dichterischen Werk,<br />

München,Winkler Verlag, 1977, p. 253.<br />

51 Georg Büchner, Woyzeck, in: Büchner Dichtungen, ed. Henri Poschmann, Band 13, cit., p. 161. Di seguito si indica la<br />

traduzione di G. Dolfini: «Vede, un cielo così bello, fisso, grigio; verrebbe voglia di piantarci un chiodo e di<br />

impiccarcisi, solo per quella lineetta fra sì e ancora sì, e no. Signor capitano sì o no? Il no c’è perché c’è il sì, o il sì<br />

perché c’è il no? Ci devo pensar su», in: Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, cit., p. 146.<br />

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