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georg büchner, william shakespeare, laurence sterne - The Tristram ...

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Olivetta Gentilin (Graduate student University of Verona – Italy)<br />

GEORG BÜCHNER, WILLIAM SHAKESPEARE, LAURENCE STERNE: UNA LETTURA<br />

INTERTESTUALE<br />

Anche il lettore più disattento non può fare a meno di notare la massiccia presenza di citazioni,<br />

richiami e allusioni a Shakespeare nell’opera di Georg Büchner. Solo nel primo dramma<br />

dell’autore, Danton’s Tod, sono stati individuati circa ottanta riferimenti intertestuali, elencati nella<br />

sezione dedicata ai commenti della Marburger Ausgabe, edizione a cura di Burghard Dedner e<br />

Thomas Michael Mayer 1 . La prima domanda alla quale questo saggio intende dare una risposta è<br />

quindi: perché Shakespeare? Harold Bloom risponderebbe con una provocazione: «Who else is<br />

there?» 2 , al fine di sottolineare l’inesauribile forza innovativa, che risiede nella diversità dei<br />

personaggi, la superiorità intellettuale e l’energia linguistica dello scrittore inglese. Ancora più<br />

suggestiva è la citazione biblica usata da Robert Musil: «All’inizio era la parola […] E prima della<br />

parola Shakespeare.» 3 Robert Musil ammira la forza creatrice da cui scaturisce la parola<br />

shakespeariana. Tale suggestione verbale guiderebbe, sempre secondo Musil, molti scrittori<br />

tedeschi, da Büchner a Hauptmann. E’ comunque evidente come Shakespeare sia un tema costante<br />

nell’opera di Büchner, nel dibattito letterario del XIX secolo e, facendo un passo indietro, del XVIII<br />

secolo. Per quanto riguarda Büchner le ragioni della sua affiliazione a Shakespeare sono da<br />

ritrovare nelle vicende biografiche, in particolare nell’educazione scolastica, e nel sistema culturale<br />

e letterario tedesco dal 1760 in avanti. Nel 1825 Georg Büchner inizia a frequentare il Darmstädter<br />

Pädagog, liceo classico di Darmstadt, e vi rimane sei anni, fino al 30 marzo 1831. Il rettore Julius<br />

Friedrich Karl Dilthey, umanista e filologo, impartiva anche l’insegnamento di Enzyklopädie,<br />

un’introduzione a storia dell’arte, filosofia e filologia. Con Büchner instaurò un rapporto<br />

problematico, non condividendo, forse, le tendenze del giovane verso l’associazionismo politico.<br />

La ricerca più recente ha riconosciuto l’importanza degli scritti scolastici per la formazione e la<br />

successiva produzione letteraria di Georg Büchner. Susanne Lehmann, nella diffusa dissertazione<br />

Georg Büchners Schulzeit, compie uno studio accurato sulle discipline oggetto del programma del<br />

1 Cfr. Sabine Dissel, „Ha, kannst du mir vergeben, Porcia?“ Interpretationansätze im Kontext der Shakespeare-<br />

Anspielungen in Danton’s Tod, Georg Büchner Jahrbuch 10 (2000-2004), Tübingen, Niemeyer, 2005, p. 53.<br />

2 «<strong>The</strong> answer to the question ‘Why Shakespeare?’ must be ‘Who else is there?’», Harold Bloom, <strong>The</strong> Invention of the<br />

Human, London, Fourth Estate, 1999, p. 1.<br />

3 «Im Anfang war das Wort: das gilt von der ganzen Epoche. Und vor dem Wort war Shakespeare.», Robert Musil,<br />

Danton’s Tod von Georg Büchner, p. 28, in: Robert Musil, <strong>The</strong>ater. Kritisches und <strong>The</strong>oretisches, Leck/Schleswig,<br />

Rowohlt, 1965, pp. 28-32. La traduzione nel testo è nostra.<br />

1


liceo e sui testi usati. Lo studio della lingua francese era obbligatorio, anche se in casi eccezionali<br />

gli studenti potevano esserne dispensati. Non è chiaro, invece, se inglese e italiano fossero<br />

discipline facoltative. Tra i libri di testo sono indicati manuali di lingua inglese 4 , e una traduzione<br />

completa delle opere di Shakespeare, anche se Büchner si servì probabilmente della traduzione di<br />

August Wilhelm Schlegel 5 , pubblicata tra il 1821 e il 1823. Il programma scolastico dell’ultima<br />

classe di liceo, frequentata da Büchner nel semestre invernale 1830/31, prevedeva un’ora<br />

settimanale di lingua inglese e l’utilizzo della seconda parte del manuale di Wagner: Vollständige<br />

und auf die möglichste Erleichterung des Unterrichts abzweckende Englische Sprachlehre für die<br />

Deutschen. Il testo di Fick, Englisches Lesebuch, conteneva invece letture da autori inglesi, ed era<br />

compreso nel programma fino a pagina 166. Oltre a brani di Goldsmith, Middleton, Hume,<br />

Kotzebue e Shakespeare Büchner dovrebbe quindi aver conosciuto anche estratti dallo Spectator di<br />

Addison, dal Sentimental Journey, dal <strong>Tristram</strong> Shandy e dai sermoni di Sterne. Del romanzo di<br />

Laurence Sterne sono presenti i seguenti capitoli: Mercy Recommended, capitolo XII del secondo<br />

volume, e <strong>The</strong> Story of Le Fever, capitolo VI del sesto volume.<br />

Tracce di queste letture sono presenti nei quaderni di scuola. Nel quaderno di Enzyklopädie del<br />

semestre invernale 1830/31 si trova scarabocchiata la seguente citazione:<br />

Oh du gelehrte Bestie, lambe me in podice,<br />

s’ist scheußlich, horrible dictu.<br />

Oh schaudervoll! Höchst schaudervoll!!! 6<br />

La terza riga richiama le parole del fantasma nell’atto primo, scena V, dell’Amleto di Shakespeare:<br />

«O horrible! O horrible! most horrible!» 7 . Questi versi vengono rivolti dal giovane Büchner al<br />

rettore 8 . Si tratta per lo più di una manifestazione d’insofferenza di un giovane studente tediato da<br />

lezioni poco motivanti e da contenuti non innovativi, ma che testimonia quanto profondamente egli<br />

conoscesse i testi shakespeariani, così da essere in grado di citarli spontaneamente in situazioni<br />

personali particolari. Thomas Michael Mayer nel saggio Georg Büchner. Shakespeare-, Goethe-<br />

und Follenzitate aus dem letzten Schulheft 1831 analizza le citazioni scritte sul quaderno del<br />

semestre invernale 1830/31. Sono presenti undici citazioni da Shakespeare, precisamente dalle<br />

tragedie Hamlet e <strong>The</strong> Tempest. Le citazioni sembrano scarabocchiate a memoria e, come le<br />

precedenti, sono espressione di sfogo e di critica a lezioni noiose, a codici ristretti e a regole troppo<br />

4 Nel programma di Pasqua (Osterprogramm 1831) dell’ultima classe vengono indicati i seguenti libri di testo:<br />

Wagner Karl, Fritz Christian, Vollständige und auf die möglichste Erleichterung des Unterrichts abzweckende<br />

Englische Sprachlehre für die Deutschen, Braunschweig, Teil II; Karl Schulze, Englische Sprachlehre;<br />

Fick, Englisches Lesebuch (p. 1-166). Queste indicazioni sono fornite da Susanne Lehmann, in: Susanne Lehmann,<br />

Georg Büchners Schulzeit, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 2005, pp. 433-434 e pp. 563-564.<br />

5 Cfr. Thomas Michael Mayer, Georg Büchner. Shakespeare-, Goethe- und Follenzitate aus dem letzten Schulheft 1871,<br />

Georg Büchner Jahrbuch 7, 1988/89, Tübingen, Niemeyer, 1990, nota a p. 15.<br />

6 Rudolf Majut, Some Literary Affiliations of Georg Büchner with England, «<strong>The</strong> Modern Language Review», Vol. 50,<br />

No. 1 (Jan., 1955), p. 31.<br />

7 William Shakespeare, Amleto, Milano, Garzanti, 1999, p. 52.<br />

8 Cfr. Jan Christoph Hausschild, Georg Büchner. Biographie, Stuttgart –Weimar, Verlag J.B. Metzler, 1993, p. 77.<br />

2


severe. Interessante è il rilievo avanzato da Mayer riguardo alla posizione in cui Büchner scrive il<br />

proprio nome a pagina 16 del quaderno, precisamente tra le righe 26 e 27, sotto la citazione di<br />

alcuni versi dalla triste canzone d’amore di Ofelia dall’atto quarto, scena V di Hamlet 9 . Si ha come<br />

l’impressione che Büchner volesse eliminare ogni distanza tra lo scrittore e i testi citati, quasi che<br />

l’identificazione con Shakespeare, o più precisamente con il personaggio di Amleto, non fosse solo<br />

letteraria, ma anche personale. Che per gli studenti del Darmstädter Pädagog Shakespeare fosse<br />

più di una manifestazione poetica viene confermato da Wilhelm Luck nella lettera a Franzos dell’11<br />

settembre 1878 10 . Nella primavera del 1828 si formò, grazie al forte impulso dato dai gemelli<br />

Friedrich e Georg Zimmermann, un circolo di studenti appassionati del poeta inglese, di cui fece<br />

parte anche Büchner. I loro pomeriggi culminavano nella lettura, recitazione e interpretazione delle<br />

opere di Shakespeare, tra cui: <strong>The</strong> Merchant of Venice, Othello, Romeo and Juliet, Hamlet, Richard<br />

III. Nello stesso periodo Büchner assistette anche alla rappresentazione teatrale di alcuni drammi<br />

shakespeariani. L’entusiasmo per quei ricordi riaffiora nella lettera dell’1 giugno 1836, all’amico<br />

medico Eugène Boeckel. Boeckel esprime la sua ammirazione per il Burgtheater di Vienna e<br />

racconta delle due o tre rappresentazioni settimanali, cui assiste. Nella lettera menzionata Büchner<br />

si riferisce a queste attività come a studi estetici, quasi ad evidenziare la differenza con le<br />

occupazioni mediche, e definisce l’attrice <strong>The</strong>rese Peche, una vecchia conoscenza 11 . L’attrice che<br />

soggiornò a Darmstadt tra il 1828 e 1829 era particolarmente stimata per i suoi ruoli shakespeariani,<br />

in particolare per quelli di Giulietta e Porzia, e non può non aver impressionato il giovane liceale e<br />

il circolo di studenti che allora stava nascendo. L’interesse per la lingua e la cultura inglese<br />

sembrano continuare anche nel periodo di massima attività letteraria di Büchner e precisamente<br />

durante il suo esilio a Straßburg, dal marzo 1835 all’ottobre 1836. L’amico Wilhelm Schulz, che<br />

con la moglie Caroline sarà vicino allo scrittore fino al momento della morte, ricorda questo periodo<br />

di attività frenetica in cui Büchner, oltre ad ultimare due, forse tre drammi, il frammento della<br />

novella Lenz, le traduzioni dal francese e i saggi per un ciclo di lezioni universitarie, dedica del<br />

tempo anche allo studio della lingua inglese 12 .<br />

Per comprendere quale influenza la lettura di Shakespeare possa aver avuto sull’opera di Büchner e<br />

sulla sua concezione estetica, si rende necessario valutare brevemente ciò che è stata la ricezione di<br />

Shakespeare dallo Sturm und Drang fino al Vormärz. Con le lettere sulla letteratura, in particolare<br />

con la XVII, di Gotthold Ephraim Lessing e con la traduzione di Wieland del 1762 -1766,<br />

conosciuta dai contemporanei come Zürcher Ausgabe, il nome di Shakespeare si lega al dibattito<br />

9 Cfr. T. M. Mayer, Georg Büchner. Shakespeare-, Goethe- und Follenzitate, cit., p. 25.<br />

10 Cfr. Ibid, nota 8, p.16.<br />

11 «á propos, Du machst ja ganz ästhetische Studien, Dem. Peche ist eine alte Bekanntin von mir.», Briefe von und an<br />

Georg Büchner in: Büchner Schriften Briefe Dokumente, hrsg. Henri Poschmann, Band 13, Frankfurt am Main,<br />

Deutscher Klassiker Verlag, 1999, p. 439.<br />

12 Cfr. Walter Grab, Georg Büchner und die Revolution von 1848. Der Büchner-Essay von Wilhelm Schulz aus dem<br />

Jahr 1851 – Text und Kommentar, Königstein/Ts., Athenäum, 1985, p. 67.<br />

3


letterario sul teatro che oppone ai francesi, imitatori delle regole aristoteliche, il gusto inglese.<br />

Nell’Hamburgische Dramaturgie (1767-1769) Lessing partendo da una difesa della traduzione di<br />

Wieland, mette a confronto il teatro shakespeariano con il teatro classico francese, che non riesce a<br />

suscitare emozioni nello spettatore e, citando l’esempio di Shakespeare, arriva a definire i compiti<br />

dello scrittore drammatico:<br />

Denn der dramatische Dichter ist kein Geschichtschreiber; er erzählt nicht, was man ehedem<br />

geglaubt, daß es geschehen, sondern er läßt es vor unsern Augen nochmals geschehen; und läßt es<br />

nochmals geschehen, nicht der bloßen historischen Wahrheit wegen, sondern in einer ganz andern<br />

und höhern Absicht; die historische Wahrheit ist nicht sein Zweck, sondern nur das Mittel zu<br />

seinem Zwecke; er will uns täuschen, und durch die Täuschung rühren. […] So ein Dichter ist<br />

Shakespeare. (G. E. Lessing, Hamburgische Dramaturgie, pp. 321-322)<br />

Il poeta drammatico non è uno storico, non si limita a raccontare ciò che è accaduto, ma lo fa<br />

riaccadere davanti ai nostri occhi con lo scopo di suscitare commozione. Lessing chiede<br />

compassione e lacrime, uno scopo elevato alla tragedia, come nell’epoca classica.<br />

Nella lettera alla famiglia del 28 luglio 1835 anche Büchner definisce il poeta drammatico in<br />

rapporto allo storico, ma c’è una sfasatura rispetto alla citazione precedente che consiste nell’uso<br />

della negazione. Per Büchner il poeta drammatico non è nient’altro che uno storico, per Lessing non<br />

lo è affatto:<br />

Was übrigens die sogenannte Unsittlichkeit meines Buchs angeht, so habe ich Folgendes zu<br />

antworten: der dramatische Dichter ist in meinen Augen nichts, als ein Geschichtsschreiber, steht<br />

aber über Letzterem dadurch, daß er uns die Geschichte zum zweiten Mal erschafft und uns gleich<br />

unmittelbar, statt eine trockene Erzählung zu geben, in das Leben einer Zeit hinein versetzt, uns<br />

statt Charakteristiken Charaktere, und statt Beschreibungen Gestalten gibt. Seine höchste Aufgabe<br />

ist, der Geschichte, wie sie sich wirklich begeben, so nahe als möglich zu kommen.<br />

[…]Der Dichter ist kein Lehrer der Moral, er erfindet und schafft Gestalten, er macht vergangene<br />

Zeiten wieder aufleben, und die Leute mögen dann daraus lernen, so gut, wie aus dem Studium der<br />

Geschichte und der Beobachtung dessen, was im menschlichen Leben um sie herum vorgeht. (G.<br />

Büchner, Briefe, p. 410)<br />

Anche la definizione del compito subisce una trasformazione rispetto al modello lessinghiano:<br />

cambiano le motivazioni dello scrittore drammatico, la cui finalità non è quella di illudere, ma di<br />

avvicinarsi alla storia quanto più possibile, non quella di commuovere lo spettatore, ma di<br />

insegnargli a guardare nella vita che lo circonda. Büchner va anche oltre a questo e richiede ai suoi<br />

personaggi vita, quella che Goethe aveva già riconosciuto ai personaggi shakespeariani nel breve<br />

discorso celebrativo Zum Shäkesperars Tag del 1771, evocando l’imitazione della natura e non<br />

delle regole, una grandezza colossale in opposizione alla misurata grandezza del classicismo: «Und<br />

ich rufe Natur! Natur! nichts so Natur als Schäkespears Menschen! 13 ». A differenza di Lessing che<br />

vuole rappresentare di nuovo la storia seguendo un intento diverso e superiore, lo scopo di Büchner<br />

è di avvicinarsi alla storia, alla verità, alla natura. E’ per questo motivo che, come scrive nella<br />

13 Johann Wolfgang Goethe, Sämtliche Werke nach Epochen seines Schaffens, Münchner Ausgabe, hrsg. Karl Richter,<br />

20 Bde., München, C. Hanser, 1985, Bd. 1.2, p. 413.<br />

4


medesima lettera, apprezza di più Goethe e Shakespeare, i cui personaggi rappresentano tutte le<br />

sfaccettature della natura umana, la sua molteplicità, piuttosto che Schiller: «Mit einem Wort, ich<br />

halte viel auf Goethe oder Shakespeare, aber sehr wenig auf Schiller». (G. Büchner, Briefe, p. 411)<br />

Nella ricezione dei poeti dello Sturm und Drang Shakespeare impersonava il grande genio della<br />

letteratura, per Goethe era padre e maestro, «unser Vater und Lehrer», 14 si poneva al di sopra delle<br />

regole e, pertanto veniva considerato superiore ai francesi. Nel saggio Der Geist Shakespears<br />

Wieland ne loda la profonda conoscenza dell’uomo in tutte le sue sfumature psicologiche 15 . Chi<br />

avesse voluto sapere di che cosa si discorreva e che cosa si pensava nella società del tempo avrebbe<br />

dovuto leggere, secondo Goethe, il saggio di Herder su Shakespeare, Von Deutscher Art und Kunst,<br />

e le Anmerkungen übers <strong>The</strong>ater di Lenz. Herder riesce a comprendere ed interpretare<br />

profondamente l’opera di Shakespeare, mentre Lenz agirebbe con troppo irruenza contro la<br />

tradizione e vorrebbe vedere Shakespeare in tutto ciò che realizza. Nonostante il giudizio non<br />

troppo benevolo sul poeta Lenz, che Goethe esprime nell’opera autobiografica, Dichtung und<br />

Wahrheit 16 , c’è una concezione della poesia come imitazione della natura che accomuna Lenz con<br />

Shakespeare e che Büchner non solo saprà individuare, ma che cercherà di spiegare nella parte<br />

centrale della novella Lenz, nota come Kunstgespräch: è il concetto di realismo, la capacità di<br />

rispecchiare l’oggetto del mondo reale, di trasformare il pensiero in vita. Questo concetto di<br />

realismo drammatico si sviluppò da Lenz attraverso Büchner e Grabbe fino a Brecht. A differenza<br />

di Büchner, secondo il quale Dio ha creato il mondo come dovrebbe essere e il poeta non può fare<br />

niente di meglio 17 , Lenz non disconosce al Genio poetico la forza di imitare Dio, l’essere infinito<br />

che agisce liberamente, e di ricreare in piccolo la sua creazione: «ihm nachzuäffen, seine Schöpfung<br />

ins Kleine zu schaffen». 18 Nel saggio Über die Veränderung des <strong>The</strong>aters in Shakespear Lenz cita<br />

nuovamente il bardo di Stratford on Avon a sostegno della sua presa di posizione contro il teatro<br />

tradizionale. La bellezza di Shakespeare consiste, secondo Lenz, nella sua irregolarità,<br />

Unregelmäßigkeit, nel senso di una presa di distanza dalle regole: provocare interesse è lo scopo<br />

principale che il poeta deve perseguire e, per rendere certi personaggi interessanti, è giustificabile<br />

un cambiamento del tempo e del luogo. La cacciata di Amleto dalla Danimarca in Inghilterra<br />

diventa ad esempio funzionale per portare alla luce le traversie e i casi intricati della vicenda 19 .<br />

14 Johann Wolfgang Goethe, Dichtung und Wahrheit, Frankfurt am Main, insel taschenbuch, 1982, p. 647.<br />

15 Cfr. Matthias Luserke, Sturm und Drang, Stuttgart, Reclam, 2010, p. 77.<br />

16 «Herder dringt in das tiefere von Shakespeares Wesen und stellt es herrlich dar; Lenz beträgt sich mehr<br />

bildstürmerisch gegen die Herkömmlichkeit des <strong>The</strong>aters und will denn eben all und überall nach Shakespearescher<br />

Weise gehandelt haben.», Johann Wolfgang Goethe, Dichtung und Wahrheit, cit., p. 550.<br />

17 «Wenn man mir übrigens noch sagen wollte, der Dichter müsse die Welt nicht zeigen wie sie ist, sondern wie sie sein<br />

solle, so antworte ich, daß ich es nicht besser machen will, als der liebe Gott, der die Welt gewiß gemacht hat, wie sie<br />

sein soll», così Büchner, nella già menzionata lettera alla famiglia del 28 luglio 1985, in: Büchner Schriften Briefe<br />

Dokumente, hrsg. Henri Poschmann, cit., p. 411.<br />

18 Jakob Michael Reinhold Lenz, Anmerkungen übers <strong>The</strong>ater, Stuttgart, Reclam 2005, p. 9.<br />

19 Cfr. Ibid., pp. 105-106.<br />

5


Anche nel XIX secolo Shakespeare rimane un’autorità, un modello, e viene associato a tutti gli<br />

aspetti della vita culturale ed intellettuale tedesca. Secondo Wolfgang Stellmacher non c’è autore<br />

che abbia rinunciato a esprimersi su di lui o a confrontarsi con la sua opera, arrivando lungo questo<br />

percorso ad una maggiore consapevolezza della propria arte.<br />

Daneben blieb natürlich auch die Stimme der Dichter innerhalb der deutschen Shakespeare-<br />

Rezeption präsent, denn praktisch alle nennenswerten Schriftsteller des 19. Jahrhunderts haben sich<br />

über Shakespeare geäußert, sich mit dessen Werk auseinandergesetzt und dabei künstlerische<br />

Selbstverständigung vorangetrieben. 20<br />

Nelle lettere e nella novella Lenz anche Büchner considera Shakespeare un modello, al quale non è<br />

degno di sciogliere i lacci delle scarpe: «[…] und ich, der ich nicht wert bin, ihm die Schuhriemen<br />

zu lösen». (G. Büchner, Briefe, p. 465) Con queste parole esprime, nella lettera alla fidanzata del 27<br />

gennaio 1837, il suo rispetto e la sua ammirazione per il grande drammaturgo e poeta inglese. Non<br />

tutte le valutazioni su Shakespeare sono totalmente positive come quelle date da Büchner. La<br />

reazione a un modello di ricezione che aveva dominato nel tardo romanticismo, porta anche alla<br />

formazione di punti di vista diversi. Di particolare rilievo è, ad esempio, il saggio Über die<br />

Shakespearo-Manie del 1827 di Christian Dietrich Grabbe. Grabbe manifesta la sua intenzione di<br />

esprimersi riguardo ad un fenomeno allora di moda, l’ammirazione per Shakespeare, e a quali<br />

conseguenze essa possa condurre il teatro tedesco. Pur riconoscendo l’originalità dell’autore<br />

inglese, frena l’entusiasmo dei suoi ammiratori, lo considera non un genio irrepetibile, bensì il<br />

massimo esponente del teatro elisabettiano. I poeti tragici, Eschilo e Sofocle, ma anche i francesi<br />

Corneille, Racine e Voltaire sono, secondo Grabbe, più grandi di Shakespeare. Invoca un teatro<br />

tedesco, meno inglese e meno shakespeariano, in cui il popolo tedesco abbia la possibilità di trovare<br />

una tragedia che susciti sensazioni, uno spettacolo nazionale, ma al contempo drammatico e storico,<br />

un palcoscenico su cui scorgere l’ideale 21 . Anche se la produzione di Grabbe si orienterà poi in<br />

maniera diversa, in questa critica si trovano più richiami alla poetica di Schiller che a quella di<br />

Büchner. Tra gli estimatori di Shakespeare c’è l’amico ed editore, Karl Gutzkow. Nella lettera del<br />

21 febbraio 1835, lettera di risposta ad alcune questioni editoriali riguardanti il dramma Danton’s<br />

Tod sollevate da Gutzkow, Büchner scrive che, a eccezione di Shakespeare tutti i poeti sono come<br />

scolaretti di fronte alla storia e alla natura 22 , dimostrandosi quindi ancora una volta debitore nei<br />

confronti del grande maestro.<br />

Escludendo richiami, allusioni e citazioni indirette Büchner cita direttamente da Shakespeare<br />

almeno due volte nel dramma Danton’s Tod, dove vengono nominati Porzia e Amleto, e nelle<br />

parole di Jaques, da As you like it, che rappresentano il motto del primo atto della commedia Leonce<br />

20 Wolfgang Stellmacher, Büchner und Shakespeare, in: Ethik und Ästhetik, Werke und Werte der Literatur vom 18. bis<br />

zum 20. Jahrhundert, hrsg. Richard Fisher, Frankfurt a. M., Fischer, 1995, p. 445.<br />

21 Cfr. Ladislao Löb, Christian Dietrich Grabbe, Stuttgart, Weimar, Metzler, 1996, pp. 34-36.<br />

22 «[…] doch tröste ich mich mit dem Gedanken, daß, Shakespeare ausgenommen, alle Dichter vor ihr und der Natur<br />

wie Schulknaben da stehen.» Büchner Schriften Briefe Dokumente, hrsg. Henri Poschmann, cit., p. 393.<br />

6


und Lena. Nella stessa commedia ci sono inoltre altre quattro citazioni marcate con incipit, da<br />

Henry IV, Henry V, e da Hamlet. Come si è visto in precedenza, Büchner esprime le proprie<br />

valutazioni positive su Shakespeare nella novella Lenz e in tre lettere: rispettivamente alla famiglia,<br />

all’editore, e alla fidanzata. Laurence Sterne, nato esattamente un secolo prima di Georg Büchner,<br />

viene citato direttamente una sola volta nella commedia Leonce und Lena, indirettamente altre due<br />

volte nella stessa commedia e una volta nel manoscritto di Woyzeck. Anche Sterne era tra le letture<br />

del programma scolastico nell’ultima classe del Darmstädter Pädagog. Queste considerazioni non<br />

bastano per dare una risposta alla seconda questione posta già nel titolo di questo saggio: perchè<br />

Sterne? Sembrerebbe più efficace notare come nei trattati di estetica il nome di Sterne venga spesso<br />

accostato a quello di Shakespeare, sia pure per sottolineare le divergenze tra i due autori. Nelle sue<br />

Anmerkungen übers <strong>The</strong>ater Lenz riconosce oltre all’autorità di Aristotele, cui oppone Shakespeare<br />

come fondamento su cui costruire il proprio teatro, un’altra autorità, quella di Sterne, che evoca a<br />

sostegno del suo desiderio di indagare con lo sguardo nella natura più intima dell’esistenza 23 . Sterne<br />

riesce a mostrare le profondità più nascoste dell’animo umano, per questo motivo Heinrich Heine lo<br />

considera superiore a Jean Paul, ma sullo stesso piano di Shakespeare. Entrambi sono nati dalle<br />

muse sul monte Parnaso:<br />

Nein, Sterne fühlte vielleicht noch tiefer als Jean Paul, denn er ist ein größerer Dichter. Er ist, wie<br />

ich schon erwähnt, ebenbürtig mit William Shakespeare, und auch ihn, den Laurence Sterne, haben<br />

die Musen erzogen auf dem Parnaß. 24<br />

Per Jean Paul è il modo di trasformare rapidamente il patetico nel comico, che accomuna<br />

Shakespeare con Sterne, ma che allo stesso tempo li differenzia: patetico e comico si succedono nel<br />

primo, sono simultanei nel secondo. Sterne dimostra più umorismo che arguzia e ironia, mentre<br />

Shakespeare avrebbe più arguzia e umorismo, ma meno ironia nel senso più stretto del termine:<br />

Sterne hat weit mehr Humor als Witz und Ironie; […] Shakespeare Witz und Humor, aber weniger<br />

Ironie im engern Sinne. 25<br />

L’umorismo di Sterne consiste nel porre sullo stesso livello le piccole e le grandi cose, le umili e le<br />

maestose, e qui in un certo senso si rispecchia l’idea totalizzante di umorismo di Jean Paul.<br />

Gli attributi del Witz, del motto di spirito, sono invece la genialità, l’inventiva, il potere di conoscere<br />

le cose: «die Kraft zu wissen». (J. Paul, Vorschule der Ästhetik, p. 171)<br />

Jean Paul entra anche nel merito delle differenze stilistiche tra i due autori. Shakespeare dimostra la<br />

sua arguzia con omofonie e giochi di parole, che però mette più sovente sulle labbra del fool o del<br />

servo, come, per esempio, Launcelot, il clown servitore di Shylock in <strong>The</strong> Merchant of Venice.<br />

23 «Erst aber noch eine Autorität. Der berühmte weltberühmte Herr Sterne […]», J. M. R. Lenz, Anmerkungen übers<br />

<strong>The</strong>ater, cit., pp. 10-11.<br />

24 Heinrich Heine, Die romantische Schule, Stuttgart, Reclam, 1997, p. 129.<br />

25 Jean Paul, Vorschule der Ästhetik in: Jean Paul, Werke in zwölf Bänden, hrsg. Norbert Miller, Band 9, Hanser Verlag,<br />

München Wien, 1975, p. 145.<br />

7


Nella commedia di Büchner, Leonce und Lena, il principe accusa Valerio, suo servitore e buffone,<br />

di essere soltanto un volgare gioco di parole. E’ evidente il rimando a Lenz, che nelle<br />

Anmerkungen, critica le commedie contemporanee rispetto all’opera di Shakespeare, il solo in grado<br />

di trattare il «Wortspiel» con leggerezza. (J. M. R. Lenz, Anmerkungen übers <strong>The</strong>ater, p. 27)<br />

Valerio e il principe si avvalgono del gioco di parole per mettere in rilievo non solo la finzione della<br />

loro esistenza, ma anche l’assurdità di alcune situazioni, ad esempio quella del concepimento. Nella<br />

scena 3. del primo atto Valerio gioca con il doppio senso del vocabolo Horn che, da definizione<br />

topografica, diventa allusione al tradimento e alla gravidanza della madre.<br />

Il dialogo dei due clown nella scena 1. dell’atto V di Hamlet è un susseguirsi di situazioni ironiche.<br />

Il becchino loda la prontezza di spirito dell’Altro:<br />

«I like thy wit well in good faith, the gallows does well. But how does it well? It does well to those<br />

that do ill.» (Shakespeare, Amleto, p. 216)<br />

Nel dramma storico Henry V la schermaglia tra Nym e Pistol all’inizio del secondo atto è quasi una<br />

litania di battute triviali che Nym conclude sempre con l’espressione: «That’s the Humour of it» 26 .<br />

La stessa espressione, «und das ist der Humor davon», viene ripresa direttamente da Büchner nel<br />

primo atto della commedia Leonce und Lena. La citazione marcata da trattini, è inserita in modo<br />

contrastivo rispetto al testo shakespeariano. Qui fa parte di un gioco, degli scherni tra due balordi,<br />

nelle parole del principe Leonce rafforza invece le considerazioni amare sulla noia, in cui si<br />

riflettono il vuoto e l’immobilismo di una società dominata da automatismi:<br />

Was die Leute nicht Alles aus Langeweile treiben! Sie studieren aus Langeweile, sie beten aus<br />

Langeweile, sie verlieben, verheirathen und vermehren sich aus Langeweile und sterben endlich an<br />

der Langeweile und – und das ist der Humor davon – Alles mit den wichtigsten Gesichtern, ohne zu<br />

merken warum» 27 (Georg Büchner, Leonce und Lena, p. 96).<br />

Jean Paul fa un elenco degli elementi che caratterizzano lo stile comico di Sterne: ad ogni azione,<br />

anche intima, viene preposta, o posposta, la descrizione dei movimenti del corpo che<br />

l’accompagnano. Prosegue indicando l’uso di monosillabi e di assonanze, come nel capitolo VIII<br />

del settimo volume di <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy,Gentleman, quando <strong>Tristram</strong><br />

raffigura gli inconvenienti delle carrozze di posta francesi: a tag, a rag, a jag, a strap, e l’uso di<br />

parafrasi. Jean Paul definisce Paraphrase una lunga elencazione di vocaboli con ellissi del verbo o<br />

del soggetto 28 . Questa forma di ripetizione ricorre assai frequentemente nel romanzo, per esempio<br />

nel capitolo XIX del sesto volume:<br />

<strong>The</strong>re was,<br />

<strong>The</strong> open shoe.<br />

26 William Shakespeare, Henry V, in: Teatro completo di William Shakespeare, I drammi storici, Volume VII, Milano, I<br />

Meridiani, 1979, p. 858, 860, 862.<br />

27 Georg Büchner, Leonce und Lena, in: Büchner Dichtungen, ed. Henri Poschmann, Band 13, Frankfurt am Main,<br />

Deutscher Klassiker Verlag, 1999, p. 9.<br />

28 Cfr. Jean Paul, Vorschule der Ästhetik, cit., pp. 141-142.<br />

8


<strong>The</strong> close shoe.<br />

<strong>The</strong> slip shoe.<br />

<strong>The</strong> wooden shoe [...] 29<br />

Friedrich Schlegel rileva, invece, l’eccentricità di Sterne e definisce il suo stile arabesque, un gioco<br />

del superfluo e dell’accessorio fine a se stesso, che contrappone al Witz di un Cervantes, di un<br />

Ariosto e di uno Shakespeare 30 . Tale riconosciuta eccentricità ostacolò inizialmente la traduzione di<br />

<strong>The</strong> Life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, Gentleman. Anche la presenza di uno humor tipicamente<br />

inglese, eccessivo per la Laune tedesca avrebbe fatto pensare a una scarsa diffusione del romanzo in<br />

Germania. Jean Paul distingue tra inglesi e tedeschi: i primi hanno un senso per il comico, i secondi<br />

non sono in grado di tollerare il pubblico scherzo «Der Deutsche denkt unsäglich diskret». (J. Paul,<br />

Vorschule der Ästhetik, p.119) Friedrich von Blackenburg nel suo saggio sul romanzo osserva che<br />

mentre in Inghilterra c’erano più romanzi di genere comico in Germania, ancora legata alla<br />

concezione aristotelica della commedia come genere basso del modo di rappresentazione<br />

drammatica, difficilmente si sarebbe potuto trovare un romanzo con un personaggio umoristico<br />

come eroe. Per questi motivi fu tradotto prima A Sentimental Journey through France and Italy, la<br />

seconda opera di Sterne, che, dal punto di vista del pubblico tedesco, si presentava più accessibile<br />

rispetto al precedente romanzo, apparentemente caotico ed eccessivamente originale.<br />

I primi sei libri del <strong>Tristram</strong> Shandy furono tradotti nel 1763 da Johann Friedrich Zuckert. È però<br />

con la traduzione di Johann Joachim Christoph Bode del 1774 che <strong>Tristram</strong> Shandy divenne anche<br />

in Germania un classico della letteratura. La traduzione uscì con una lista di sottoscrizioni dei nomi<br />

più illustri dell’epoca, da Goethe, Hamann, Herder a Wieland, Klopstock e Lessing. Lessing ne<br />

scrive anche la prefazione, in cui dichiara, che avrebbe dato cinque anni della propria vita, se Sterne<br />

avesse continuato a scrivere per altri cinque anni 31 . La moda di Shandy si diffuse poi rapidamente<br />

nella cultura tedesca raggiungendo anche eccessi di sentimentalismo. Herder chiamava il suo<br />

maestro Hamann con il nome di Tobia Shandy, mentre Hamann chiamava Herder Yorick. Tali<br />

eccessi venivano condivisi dagli amici del circolo di Darmstat, il Darmstädter Kreis, di cui faceva<br />

parte, oltre a Goethe ed Herder, la dama di corte Louise Henriette Friederike von Ziegler. Louise,<br />

chiamata Lila, era solita farsi vedere a passeggio con un agnello cui aveva legato un nastro rosa,<br />

chiara allusione alla povera Maria di Sterne 32 . L’episodio di Maria viene raccontato da <strong>Tristram</strong><br />

Shandy nell’invocazione del IX libro. E’ la storia tenera e lacrimosa di una giovane impazzita per<br />

amore, che <strong>Tristram</strong> incontra nel suo viaggio in carrozza verso Moulins. <strong>Tristram</strong> viene attratto dal<br />

29 Laurence Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy,Gentleman, London, Penguin Classic, 1997, p. 365.<br />

30 Cfr. Alain, Montandon, Le reception de Laurence Sterne en Allemagne, Nouvelle Série, Fascicule 22, Association de<br />

Publications de la Facultè des Lettres et Sciences Humaines de l’Université de Clermont-Ferrand (France), 1985, pp.<br />

304- 305.<br />

31 Cfr. Alan B. Howes, Laurence Sterne, <strong>The</strong> critical heritage, Londra – NewYork, Routledge, 1995, p. 22.<br />

32 Cfr. Peter Michelsen, Laurence Sterne und der deutsche Roman des 18. Jahrhunderts, Göttingen, Vandenhoeck &<br />

Ruprecht, 1962, p. 71.<br />

9


suono malinconico della sua zampogna e si avvicina a lei. Il suo sguardo pensieroso si posa ora su<br />

di lui ora sul capretto che le sta accanto. Senza nessun tipo di preavviso <strong>Tristram</strong> le chiede che<br />

somiglianza trovi tra lui e il capretto. Con la tecnica tipica dell’umorismo sterniano la battuta di<br />

spirito irrompe sulla scena tragica per metterne in discussione il sentimentalismo. <strong>Tristram</strong> stesso<br />

scriverà di seguito che non avrebbe più osato una simile arguzia alla presenza dell’infelicità:<br />

and that I would not have let fallen an unseasonable pleasantry in the venerable presence of Misery,<br />

to be entitled to all the wit that ever Rabelais scatter'd – and yet I own my heart smote me and that I<br />

so smarted at the very idea of it, that I swore I would set up for Wisdom and utter grave sentences<br />

the rest of my days. (L. Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, p.530)<br />

Goethe coglie nello stile di Sterne questa capacità di passare repentinamente da serietà a leggerezza,<br />

da coinvolgimento a indifferenza, da infelicità a contentezza e la definisce «Shandeism», cioè<br />

l’impossibilità di pensare a un soggetto serio per due minuti 33 . E’ già evidente nel I capitolo del<br />

primo libro, quando viene descritta la scena del concepimento di <strong>Tristram</strong>. L’intempestiva e inattesa<br />

domanda che la madre rivolge al padre conferisce all’evento, apparentemente tragico per le<br />

disavventure che poi si susseguiranno nella vita di <strong>Tristram</strong>, una svolta comica:<br />

Pray, my dear, quoth my mother, have you not forgot to wind up the clock? ---- Good G --! cried<br />

my father, making an exclamation, but taking care to moderate his voice at the same time, ---- Did<br />

ever woman, since the creation of the world, interrupt a man with such a silly question? (L. Sterne,<br />

<strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, p. 6)<br />

Jean Paul riferisce l’attributo tragi-komisch (J. Paul, Vorschule der Ästhetik, p.105) sia a Shakespeare<br />

sia a Sterne. Anche lo stile drammatico di Büchner è caratterizzato dall’alternarsi di eventi tragici e<br />

improvvisazioni comiche, quasi casuali, come testimoniano le parole dell’amico Wilhelm Schulz,<br />

che vede in lui la forza creatrice di uno Shakespeare:<br />

Keiner wußte es besser, als Büchner selbst, daß er kein Shakespeare war. Aber wenn irgend Einer,<br />

so hatte er das Zeug dazu es zu werden. […] Und aus tausenderlei Zeichen, aus seiner Gabe, bald<br />

tragisch erschütternde Auftritte, bald die seltsamsten und lustigsten Verwicklungen nur so als<br />

beiläufige Zugabe zur Unterhaltung zu improvisiren, leuchtete deutlich genug hervor, daß er mit<br />

voller dramatischer Schöpfungskraft ausgerüstet war 34 .<br />

Valerio, il fool, nella commedia Leonce und Lena, giustifica queste improvvisazioni comiche<br />

definendo il Witz come una via d’uscita da situazioni in cui non si sa più cosa dire 35 .<br />

Nella sua ricezione di Sterne Goethe critica la mancanza di forma del romanzo imputando allo<br />

scrittore irlandese la colpa di far credere ai tedeschi che l’umorismo risieda nella Formlosigkeit.<br />

Riconosce l’influsso che Sterne esercitò sul suo periodo giovanile: fu il primo a liberare se stesso e<br />

noi, scrive Goethe, dalla pedanteria e dal filisteismo 36 . Le testimonianze di Goethe, Herder e Lenz<br />

33 Cfr. Alan B. Howes, Laurence Sterne, <strong>The</strong> critical heritage, cit., p. 433.<br />

34 Walter Grab, Georg Büchner und die Revolution von 1848. Der Büchner-Essay von Wilhelm Schulz, cit., p. 65.<br />

35 « […] und ein Auskommen hat man jeden Augenblick mit seinem Witz, wenn man nichts mehr zu sagen weiß»,<br />

Georg Büchner, Leonce und Lena, cit., p. 107.<br />

36 Cfr. Alan B. Howes, Laurence Sterne, <strong>The</strong> critical heritage, cit., pp.434-435.<br />

10


indicano l’importanza di Sterne per lo sviluppo dello Sturm und Drang. Secondo Herder nessuno<br />

seppe rappresentare le umane debolezze come Sterne. Nemmeno Herder fu, però, in grado di<br />

cogliere le invenzioni stilistiche e i tecnicismi che fanno dell’opera sterniana, una parodia del<br />

romanzo tradizionale 37 . Gli anni dal 1770 al 1820 sono gli anni di pieno sviluppo del genio<br />

letterario tedesco. Sterne con la sua opera non suggerisce solo temi, personaggi e situazioni, ma<br />

anche un delicato equilibrio tra sentimento e umorismo, tra cuore e ragione al centro del dibattito<br />

dell’epoca. Nella Romantische Schule di Heine l’equilibrio sterniano tra sentimento e umorismo<br />

diventa il contrasto tra cuore e labbra. Heine, dando seguito alla storia mitologica del poeta nato<br />

dalle muse, trova una giustificazione per questo contrasto, e ne fa una descrizione divertente, ricca<br />

di vivaci particolari, quasi un’ipotiposi. La dea della tragedia, in un eccesso di affettuosità, avrebbe<br />

baciato il cuore del bambino così violentemente da farlo sanguinare, e da quel momento egli riuscì a<br />

comprendere tutte le sofferenze della terra. Ma la figlia più giovane di Mnemosyne, la dea dello<br />

scherzo, cercò di rasserenarlo con risate e canti. Per questo motivo, ogni qualvolta Sterne intendeva<br />

esprimere le commozioni più intime e profonde del cuore, uscivano dalle sue labbra parole<br />

piacevoli e divertenti 38 . Emblema di questa combinazione tra sentimento e comicità è il parroco<br />

Yorick, che muore pronunciando una battuta comica, sorriso e pianto si incontrano sulle sue labbra.<br />

Sterne non era conosciuto solo in ambito letterario, ma anche in ambito medico scientifico. Il<br />

romanzo di Sterne propone, infatti, una parodia del sapere enciclopedico dell’illuminismo che tende<br />

a definire e differenziare, ma in questa riflessione critica riesce a dare un quadro delle conoscenze<br />

scientifiche e medico-anatomiche del proprio tempo. Degne di nota sono, ad esempio, le tesi sul<br />

parto di Walter Shandy. Il medico Johann Christian Reil nel suo Rhapsodien über die Anwendung<br />

der psychischen Curmethode auf Geisteszerrüttungen menziona Sterne insieme a Newton e<br />

Leibnitz, ai quali si riconosce una parte di irrazionalità. Il mondo è un bedlam abitato da esseri<br />

irrazionali, «eine Horde vernunftloser Wesen», che stanno al fianco di personaggi geniali, come<br />

possono essere Newton, Leibnitz o Sterne 39 .<br />

Dopo aver definito l’importanza di Shakespeare e Sterne negli studi di Georg Büchner e nel sistema<br />

letterario tedesco tra il XVIII e il XIX secolo, è necessario verificare la presenza dei due autori nei<br />

testi e valutare le acquisizioni di nuovo senso che sono derivate dalle relazioni intertestuali,<br />

partendo, però, da alcune considerazioni preliminari.<br />

- Nelle opere di Büchner non è sempre chiara la distinzione tra citazioni dirette, allusioni o<br />

richiami e citazioni indirette: «It is of course impossible to separate in a quasi chemical way<br />

37 Bernhard Fabian, <strong>Tristram</strong> Shandy and Parson Yorick among some German Greats in: <strong>The</strong> Winged Skull, Papers<br />

from the Laurence Sterne Bicentenary Conference, <strong>The</strong> Kent State University Press, 1971, p. 196.<br />

38 Cfr. Heinrich Heine, Die romantische Schule, cit., pp. 129-130.<br />

39 Cfr. Johann Christian Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Curmethode auf Geisteszerrüttungen,<br />

Halle, Curtsche Buchhandlung, 1895, p. 8. La scelta di citare questo testo viene dettata dal fatto che si tratta di un testo<br />

conosciuto da Büchner e che si inserisce nel dibattito psicologico nella metà del 1800.<br />

11


the ‘direct’ from the ‘indirect’ Shakespearian elements in Büchner’s plays» 40 . La<br />

considerazione di Majut, qui limitata ai soli elementi shakespeariani, può essere estesa a tutti<br />

i modi di citare da parte dell’autore.<br />

- Le citazioni sono sempre tradotte nella lingua di arrivo, così da rappresentare un tutt’uno<br />

con il nuovo testo in cui sono inserite.<br />

- Le citazioni marcate indicano una maggiore intenzione all’intertestualità da parte<br />

dell’autore, non modificano l’ipotesto, hanno valore performativo, in quanto fungono da<br />

agente interpretante, o da argumentum ab auctoritate.<br />

- Citazioni indirette e allusioni hanno un maggiore grado d’inclusione nel testo, sono più<br />

diffuse e subiscono spesso una trasformazione tematica: forniscono il frame ad un contenuto<br />

diverso dall’ipotesto oppure, al contrario, uno stesso contenuto viene inserito in una diversa<br />

cornice.<br />

- Saranno oggetto di un’analisi più approfondita quegli inserimenti nel testo che<br />

contribuiscono a chiarificare ed esemplificare la concezione di teatro e gli aspetti di<br />

teatralità.<br />

La tecnica stessa della citazione può essere considerata come un procedimento teatrale: nelle parole<br />

citate Büchner riesce a far vivere le proprie parole. Da una realtà artificiosa, perché riprodotta,<br />

traspare una realtà viva, spesso più tragica della precedente. Il teatro per Georg Büchner non è<br />

soltanto una scelta letteraria, ma un modo di porsi di fronte alla vita e di interpretarla.<br />

Nel secondo atto del dramma Danton’s Tod, riferendosi alla situazione della Francia rivoluzionaria,<br />

Danton dice agli amici, che tentano di convincerlo alla fuga: «wir stehen immer auf dem <strong>The</strong>ater,<br />

wenn wir auch im Ernst erstochen werden». (G. Büchner, Danton’s Tod, p. 40) Ciò che sembra un<br />

gioco teatrale si rivela qui in tutta la sua tragica serietà, il mistero della vita è ancora più doloroso e<br />

più grande di quello della rivoluzione. Il rapporto tra mondo e teatro, tra realtà e apparenza è un<br />

tema centrale anche per Shakespeare:<br />

This wide and universal theatre<br />

Presents more woeful pageants than the scene<br />

Wherein we play in. 41<br />

E’ il duca spodestato nella commedia romantica As you like it a pronunciare queste parole. Jaques,<br />

nobile al suo seguito, continua dicendo che il mondo è tutto un palcoscenico, dove tutti sono attori e<br />

descrive le sette età che l’uomo interpreta nel corso della sua vita. Il rapporto tra mondo e teatro<br />

diventa quindi un rapporto di similitudine. Il teatro è la metafora del mondo, il cui scopo è, come<br />

sostiene Amleto, porgere uno specchio alla natura che mostri alla virtù il suo volto, al vizio la sua<br />

immagine, all’epoca stessa, alla sostanza del tempo la loro forma:<br />

40 Rudolf Majut, Some Literary Affiliations of Georg Büchner with England, cit., p. 32.<br />

41 William Shakespeare, As you like it, in: William Shakespare, Le commedie romantiche, Milano, I Meridiani,<br />

Mondadori, 1982, p. 521.<br />

12


For anything so o’erdone is from purpose of playing, whose end, both at the first and now, was and<br />

is to hold as ‘twere the mirror up to nature; to show virtue her feature, scorn her own image, and the<br />

very age and body of the time his form and pressure. (Shakespeare, Amleto, pp. 120-122)<br />

Büchner non si limita a rappresentare le cose così come sono attraverso uno specchio, vuole anche<br />

indagarne le cause. Per usare un’efficace metafora dell’amico Wilhelm Schulz non gli basta<br />

mostrare le radici del male, ma vuole riconoscere anche il verme che le rode 42 , senza riuscire a<br />

trovare la soluzione per estirparlo. E’ per questo motivo che riusciamo a identificarci con un<br />

personaggio come Amleto, ma non con un Danton, un Woyzeck o un Leonce. Anche se il suo agire<br />

diventerà causa della sua stessa tragedia Amleto riesce a compiere la sua vendetta. Danton, l’eroe<br />

popolare, non riesce a farsi comprendere dal suo popolo, che continua a rimanere sottomesso, anche<br />

dopo il suo sacrificio. Il principe Leonce denuncia l’inutilità, il meccanismo inceppato di una certa<br />

aristocrazia, ma in alternativa non riesce a creare nient’altro che un’utopica arcadia e rimane<br />

invischiato nello stesso cattivo teatro della politica. Nel dramma Woyzeck, possiamo provare<br />

compassione per il protagonista, ma siamo più inclini a riconoscerci nei carnefici, rappresentanti di<br />

una certa borghesia, piuttosto che nella vittima. Diversa è la concezione di teatralità di Laurence<br />

Sterne, anche se presenta le caratteristiche di una riflessione sul medium, che ci riporterà a<br />

Shakespeare e Büchner. Sterne, non solo definisce il suo romanzo un’opera drammatica, ma indica<br />

come scopo della rappresentazione rendere giustizia ai personaggi portati sulla scena, che non sono<br />

responsabili delle loro azioni, perché esse vengono distorte dalla fatalità:<br />

Let that be as it may, as my purpouse is to do exact justice to every creature brought upon the stage<br />

of this dramatic work. (L. Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, p. 17)<br />

But there is a fatality attends the actions of some men: Order them as they will, they pass thro’ a<br />

certain medium which so twists and refracts them from their true directions (L. Sterne, <strong>The</strong> life and<br />

opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, pp. 20-21) 43<br />

C’è in Sterne una sorta di bonaria rassegnazione nella rappresentazione degli accadimenti della vita,<br />

che nel XXXIX capitolo dell’ottavo libro vengono considerati come «this whimsical theater of<br />

ours». Più volte nel corso del romanzo sono utilizzati elementi propri della teatralità, espressioni<br />

tipiche di un palcoscenico come, ad esempio, calare il sipario: «You dropp’d a curtain at the stairs<br />

foot». (L. Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, p. 235) Lo stesso stile narrativo, quello<br />

della conversazione, ha lo scopo far entrare il lettore reale/ empirico nell’opera realizzando una<br />

mimesi quasi teatrale:<br />

Writing, when properly managed, (as you may be sure I think mine is) is but a different name for<br />

conversation […] <strong>The</strong> truest respect which you can pay to the readers understanding, is to halve this<br />

matter amicably, and leave him something to image, in his turn, as well as yourself. (L. Sterne, <strong>The</strong><br />

life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, p. 88)<br />

42 Cfr. Walter Grab, Georg Büchner und die Revolution von 1848. Der Büchner-Essay von Wilhelm Schulz, cit., p. 72.<br />

43 Le citazioni sono tratte dal capitolo X del primo libro del <strong>Tristram</strong>, dove numerosi sono i richiami a Shakespeare, in<br />

particolare ad Amleto, atto V.2: «<strong>The</strong>re is a divinity that shapes our ends […]».<br />

13


Lettore e narratore non sono nel rapporto di pubblico e autore, ma nel ruolo d’interlocutori. Come<br />

nella rappresentazione drammatica, che esclude l’autore, anche nel romanzo l’autore empirico<br />

lascia spazio ad un autore-narratore che dichiara di volere scrivere la storia della sua vita, come<br />

Orazio ab ovo. Per evitare che il narratore possa essere identificato con l’autore empirico, Shandy fa<br />

nascere <strong>Tristram</strong> cinque anni dopo la propria data di nascita. Il lettore viene incorporato nell’opera<br />

come personaggio, apostrofa l’autore-narratore o viene da lui apostrofato con il discorso diretto. Per<br />

usare la terminologia di Eco la differenza tra il lettore modello e il lettore empirico si assottiglia<br />

nella figura di un lettore virtuale, un narratario extradiegetico oppure un fiktiver Leser, come viene<br />

definito da Michelsen 44 , che interagisce con l’autore, sembra essere da lui conosciuto, viene<br />

chiamato signore o signora. La citazione, che segue, è solo uno dei tanti esempi d’interlocutore<br />

virtuale nel romanzo:<br />

- But pray, Sir, What was your father doing all December, - January, and February? – Why,<br />

Madam, - he was all the time afflicted with a Sciatica. (L. Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong><br />

Shandy, p. 9)<br />

Anche l’uso dei trattini concorre a evidenziare la teatralità del romanzo:<br />

Shut the door<br />

Questo esempio, inserito quasi a fine pagina del capitolo IV nel primo libro, sembra un’indicazione<br />

di regia: è come se l’autore si alzasse, andasse a chiudere la porta e ritornasse. Oppure, con<br />

riferimento alla citazione precedente dalla pagina 9 del romanzo, i trattini possono essere<br />

interpretati come segni di un discorso. Gli aspetti tipografici del <strong>Tristram</strong> Shandy evidenziano il<br />

passaggio tra oralità, l’arte della conversazione, e scrittura.<br />

Nelle opere di Georg Büchner l’uso di trattini, la mancanza di segni d’interpunzione prima di un<br />

discorso diretto, l’irregolarità nell’uso della punteggiatura rispetto alle regole ortografiche del<br />

periodo richiamano la sua preferenza per la scrittura teatrale anche nella prosa: «-- So lebte er hin.»<br />

Sterne definirebbe probabilmente la conclusione della novella Lenz come un esempio di «one of the<br />

neatest examples of that ornamental figure in oratory, which Rhetoricians stile Aposiopesis» (L.<br />

Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, p. 81), un'interruzione improvvisa, o una<br />

sospensione del discorso, per dare l'impressione di non poter o non voler proseguire, ma lasciando<br />

intuire al lettore la conclusione e creando una maggiore connotazione emotiva. L’uso di una<br />

determinata veste tipografica, non solo dei trattini, ma anche degli asterischi, che Sterne chiama<br />

stelle, delle pagine marmorizzate, delle pagine bianche o completamente nere, fanno parte di una<br />

strategia narrativa, allo stesso modo delle prolessi ed analessi, delle numerose digressioni o delle<br />

esortazioni per il lettore a riempire gli spazi vuoti con la propria immaginazione. Il corso delle idee<br />

della narrazione viene così interrotto, non casualmente o per una mancanza di forma, come nella<br />

44 Peter Michelsen, Laurence Sterne und der deutsche Roman des 18. Jahrhunderts, cit., p. 16.<br />

14


critica di Goethe, quanto piuttosto per una riflessione sul medium, che non solo mette in luce i limiti<br />

della scrittura, «die Grenze des Mediums Schrift» 45 , ma si interroga anche sulle possibilità di<br />

riprodurre fedelmente la realtà, sia quella esteriore, sia quella interiore dell’animo umano. Di qui<br />

l’importanza della gestualità per riprodurre l’intimità del personaggio, che però, non viene a<br />

sostegno della comunicazione verbale, bensì ne sottolinea l’inadeguatezza. Lo zio Toby esprime i<br />

propri sentimenti con semplici gesti di affetto, non con parole, come quando, nel capitolo XXIX del<br />

terzo volume, di fronte al dolore del fratello per il naso schiacciato di <strong>Tristram</strong>, sposta un po’ avanti<br />

la tenda, tira fuori un fazzoletto di cambrì, emette un profondo sospiro, ma la sua bocca rimane<br />

chiusa.<br />

Ai trattini Büchner si riferisce direttamente nella commedia Leonce und Lena attraverso le parole di<br />

Valerio: «Und Sie Prinz, sind ein Buch ohne Buchstaben, mit nichts als Gedankenstrichen» 46 . (G.<br />

Büchner, Leonce und Lena, p. 107) Valerio e il principe si rendono conto di non essere nient’altro<br />

che una finzione teatrale, non molto diversi dagli automi che finiranno per interpretare. Anche qui si<br />

tratta di una riflessione sul medium, il gioco del teatro nel teatro, che trova conferma alla fine della<br />

commedia quando il principe Leonce invita i presenti ad andarsene a casa, perchè il gioco<br />

ricomincia domani in tutta calma e tranquillità. «Wollen wir ein <strong>The</strong>ater bauen?» (G. Büchner,<br />

Leonce und Lena, p. 128), chiede Leonce. La principessa Lena si appoggia a lui e scuote il capo,<br />

significando che con la fine della rappresentazione è finito tutto. E’ la stessa testimonianza fornita<br />

da Danton: quando si strappano le maschere se ne vanno anche le facce 47 . Per Büchner il rapporto<br />

tra io e maschera è annientante; la maschera diventa, così, emblema di un nichilismo perfetto,<br />

perché dietro ad essa non c’è nulla, c’è solamente un io che, al di fuori della rappresentazione, non<br />

ha più ragione di essere. L’immagine allegorica usata da Leonce è una sala vuota, alla fine del ballo,<br />

quando i ballerini si tolgono la maschera e si guardano con occhi spenti: «[…] die letzten Tänzer<br />

haben die Masken abgenommen und sehen mit todmüden Augen einander an.» (G. Büchner, Leonce<br />

und Lena, p. 103) Per Amleto il tema della maschera s’inserisce tra gioco teatrale e realtà, the play<br />

within the play. Ci sono cose che sono solo apparenza, che un uomo può fingere, e altre cose dentro<br />

di sé che non può mostrare 48 ; la capacità dell’attore di forzare l’animo a questa finzione viene<br />

definita da Amleto mostruosa:<br />

Is it not monstrous that this player here,<br />

But in a fiction, in a dream of passion,<br />

45 Felix Sprang, <strong>Tristram</strong> Shandy und die Anthropologia nova – Systematik in Literatur und Medizin, in: Medizinische<br />

Schreibweisen: Ausdifferenzierung und Transfer zwischen Medizin und Literatur (1600-1900), hrsg. Pethes, Nicholas e<br />

Sandra Richter, Tübingen, Niemeyer, 2008, p. 186.<br />

46 Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: «VALERIO. E lei Principe non è altro che un libro vuoto, senza<br />

lettere, con le pagine stampate a trattini.», in: Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, Milano, Adelphi 1966 e<br />

1978, p. 103.<br />

47 «Lacroix: […] man müsse die Masken abreißen. Danton: Dann werden die Gesichter mitgehen.» Georg Büchner,<br />

Danton’s Tod, cit., p. 30.<br />

48 «For they are actions that a man might play; But I have that within which passes show», William Shakespeare,<br />

Amleto, cit., p. 22.<br />

15


Could force his soul so to his own conceit<br />

That from her working all his visage wann'd,<br />

Tears in his eyes, distraction in's aspect,<br />

A broken voice, and his whole function suiting<br />

With forms to his conceit? (Shakespeare, Amleto, p. 102)<br />

Il teatro shakespeariano è un teatro che problematizza se stesso. Le scene di riflessione sul teatro<br />

interrompono il processo di mimesi per far irrompere il mondo esterno, hanno un effetto framebreaking<br />

che ci permette di distinguere per un attimo la rappresentazione dalla realtà. E’ la propria<br />

idea del mondo, alla quale l’attore tenta di dare una forma; parallelamente l’ambiguità tra interiorità<br />

ed esteriorità, tra animo e mondo, domina nel romanzo di Sterne, e riguarda naturalmente anche<br />

l’identità personale. <strong>Tristram</strong> è in imbarazzo quando deve definirsi rispetto all’altro:<br />

— My good friend, quoth I — as sure as I am I—and you are you—<br />

—And who are you? said he. —Don’t puzzle me; said I. (L. Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of<br />

<strong>Tristram</strong> Shandy, p. 434)<br />

Shakespeare, nel dramma storico Richard II, usa un gioco di parole per dimostrare quest’ambiguità.<br />

Esortato da Bolingbroke a cedere la corona Riccardo risponde:<br />

Ay, no. No, ay; for I must nothing be.<br />

<strong>The</strong>refore no no, for I resign to thee. 49<br />

In questi due versi l’autore gioca con l’omofonia, dato che ay significa sì, ma è omofono di I, io.<br />

Non si tratta quindi di mettere in discussione solo un sì o un no, ma anche il valore stesso della<br />

persona, dell’io. Consegnando se stesso è come se Riccardo non rassegnasse la corona, poiché il suo<br />

io non vale più nulla. Mettere in relazione l’affermazione e la negazione con il valore dell’io<br />

fornisce uno spunto significativo per l’interpretazione del trattino che Woyzeck pone tra il sì e il no,<br />

in cui si riflette tutta la contradditorietà dell’esistenza umana 50 , il conflitto tra io e non io, tra io e<br />

mondo, tra bene e male:<br />

Sehn Sie so ein schön festen grauen Himmel, man könnte Lust bekomm, ein Kloben<br />

hineinzuschlage und sich daran zu hänge, nur wege des Gedankenstrichels zwischen Ja und nein ja–<br />

und nein, Herr Hauptmann ja und nein? Ist das nein am ja oder das ja am nein Schuld? Ich will<br />

drüber nachdenken. 51<br />

Il cielo è di un grigio impenetrabile, non c’è alcuno squarcio di blu, quasi a presagire una colpa,<br />

l’impossibilità di riconciliare ja e nein. Il termine Schuld oltre al significato di colpa ha in sè anche<br />

quello di debito, pertanto sì e no sono in rapporto di dipendenza, ma rimangono divisi da quel<br />

trattino. Woyzeck non riesce a penetrare il mistero dell’esistenza umana, l’uomo rimane per lui un<br />

49 William Shakespeare, Richard II, IV.1, Harmondsworth, Penguin Books, 1981, p. 131.<br />

50 Si veda anche l’interpretazione di Hinderer, in: Walter Hinderer, Büchner-Kommentar zum dichterischen Werk,<br />

München,Winkler Verlag, 1977, p. 253.<br />

51 Georg Büchner, Woyzeck, in: Büchner Dichtungen, ed. Henri Poschmann, Band 13, cit., p. 161. Di seguito si indica la<br />

traduzione di G. Dolfini: «Vede, un cielo così bello, fisso, grigio; verrebbe voglia di piantarci un chiodo e di<br />

impiccarcisi, solo per quella lineetta fra sì e ancora sì, e no. Signor capitano sì o no? Il no c’è perché c’è il sì, o il sì<br />

perché c’è il no? Ci devo pensar su», in: Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, cit., p. 146.<br />

16


abisso, non riesce a gettare quel ponte tra due mondi, tra ragione e natura, che nemmeno la filosofia<br />

e la scienza sono riuscite a legare 52 . A interpretare nel modo migliore questa condizione umana è la<br />

figura del Narr, o del fool, che però non viene compreso e pertanto rischia di essere ritenuto pazzo.<br />

Jaques, personaggio già menzionato della commedia As you like it, vorrebbe essere un mattobuffone<br />

e indossarne la livrea:<br />

O that I were a fool!<br />

I am ambitious for a motley coat. (Shakespeare, As you like it, p. 515)<br />

Continua fornendo una descrizione dei motivi che lo portano a desiderare di essere un matto: poter<br />

aver libertà di soffiare come il vento su chiunque, poter parlare di cuore e ripulire questo mondo<br />

infetto, «the foul body of the infected world». I due versi citati, ma nella traduzione tedesca, «O<br />

wäre ich doch ein Narr!/ Mein Ehrgeiz geht auf eine bunte Jacke», costituiscono il motto che apre il<br />

primo atto della commedia Leonce und Lena, quasi come a voler suggerire un’interpretazione. La<br />

citazione è marcata graficamente, anche se manca il nome di Shakespeare. La struttura del primo<br />

atto è simile nelle due commedie. Leonce und Lena si apre con Leonce che sta oziando e il suo<br />

precettore, nella commedia shakespeariana corrispondono Orlando e Adam, il servitore. L’atto si<br />

chiude con l’entrata in scena di Lena e della governante, di cui Rosalind e Clelia sono le figure<br />

parallele. Se si considera la sola azione principale escludendo la ricchezza d’intrecci secondari<br />

presenti in As you like it anche la struttura concisa del contenuto rivela analogie tra le due<br />

commedie, che rispecchiano uno schema tradizionale: fuga da palazzo, ricerca di un luogo ameno<br />

dove trovare rifugio, travestimento, agnizione finale e happy end con matrimonio. Per Shakespeare<br />

si tratta, però, di una riconciliazione tra due mondi, quello arcadico della foresta di Arden e quello<br />

di corte che per Büchner non sarebbe invece possibile. L’arcadia sognata da Leonce e Valerio<br />

rimane un’allegorica utopia. Non a caso il personaggio di Jaques, citato nel motto, è proprio colui,<br />

che si sottrae ai festeggiamenti e non vuole partecipare alle danze. Jaques è un personaggio<br />

malinconico, che viene deriso per il suo pessimismo, si trova quindi a metà strada tra l’infelice<br />

principe e il servo buffone, Valerio, che riesce a vedere la loro condizione in modo critico e<br />

smaliziato.<br />

Nel saggio Tracce di Shakespeare nel Dantons Tod l’autrice individua il collegamento tra il fool<br />

shakespeariano di King Lear e il Narr di Büchner: entrambi sono fonte di verità, per quanto sgradita<br />

essa possa essere 53 . La figura del Narr in Woyzeck ha una più forte connotazione sociale,<br />

52 «Die Frage nach einem solchen Gesetze führte von selbst zu den zwei Quellen der Erkenntnis, aus denen der<br />

Enthusiasmus des absoluten Wissens sich von je berauscht hat, der Anschauung des Mystikers und dem Dogmatismus<br />

der Vernunftphilosophen. Daß es bis jetzt gelungen sei, zwischen letzterem und dem Naturleben, das wir unmittelbar<br />

wahrnehmen, eine Brücke zu schlagen, muß die Kritik verneinen.» Georg Büchner, Über Schädelnerven, in: Büchner<br />

Schriften Briefe Dokumente, ed. Henri Poschmann, Band 13, cit., p. 159.<br />

53 Riguardo al tema dell’individuo irresponsabile come fonte di verità l’autrice cita Lacroix in Danton’s Tod: «Narren,<br />

Kinder und — nun?— Betrunkne sagen die Wahrheit» (I. 4). Cfr. Inge Lise Rasmussen Pin, Tracce dei drammi di<br />

William Shakespeare nel Dantons Tod, in: «Studi germanici»: rivista bimestrale - N.S. 17/18 (1979-80), Roma, Ateneo,<br />

p. 189.<br />

17


appresenta la vita della gente povera e semplice, e poiché si esprime citando favole o Volkslieder,<br />

rispecchia anche una certa saggezza popolare.<br />

Il gioco meta-teatrale, che diventa quasi una proiezione della mente, nel senso che niente di ciò che<br />

accade sulla scena sembra più reale, fa da sfondo a tutta la commedia Leonce und Lena. Valerio<br />

nella scena iniziale immagina di essere Alessandro il Grande e fa sfilare davanti a sé un esercito<br />

d’insetti, i cui nomi evocano gli elfi di Titania nella commedia Midsummer Night’s Dream, le stesse<br />

nozze vengono celebrate in effigie, e anche Leonce come Amleto riflette sulle sue capacità di attore.<br />

Nella scena 2. del primo atto Leonce incontra davanti ad una locanda Lena, anch’essa in fuga, e<br />

dopo averle parlato, ancora trasognato, si rivolge a Valerio:<br />

O lieber Valerio! Könnte ich nicht auch sagen: «sollte nicht dies und ein Wald von Federbüschen<br />

nebst ein paar gepufften Rosen auf meinen Schuhen-?» 54<br />

La citazione riporta fedelmente nella traduzione tedesca le parole di Amleto nella scena 2. del terzo<br />

atto, che così si esprime dopo la recita degli attori:<br />

Would not this, sir, and a forest of feathers, if the rest<br />

of my fortune turn Turk with me, with Provincial<br />

roses on my razed shoes, get me a fellowship in a cry<br />

of players (Shakespeare, Amleto, p. 138)<br />

Il riferimento intertestuale non solo è voluto e marcato da incipit, ma fornisce anche un codice<br />

interpretativo, ampliando il significato del testo d’arrivo. Amleto si compiace di aver escogitato uno<br />

stratagemma vincente per mettere il re di fronte alla sua colpa, il successo di questo piano sarebbe<br />

sufficiente per ottenere una parte in una compagnia di attori. Senza la conoscenza del pretesto il<br />

lettore non potrebbe capire che Leonce sta speculando su come, egli abbia interpretato la scena con<br />

Lena. Fa la parodia di se stesso e ironizza sul suo ruolo di attore. Nella scena 1. del terzo atto<br />

Büchner cita nuovamente Shakespeare in totale concordanza con l’ipotesto. Anche questa citazione<br />

è marcata. Valerio chiede al principe la nomina a ministro in cambio del buon esito del matrimonio<br />

con Lena, e rinnega il vecchio Valerio, come il nuovo re Enrico IV nega di conoscere Falstaff,<br />

dissoluto compagno di bagordi del figlio:<br />

Valerio: -«Was will der Kerl? Ich kenne ihn nicht! Fort Schlingel» (G.Büchner, Leonce und Lena,<br />

p.120)<br />

King: I know you not, old man. Fall to thy prayers. (Shakespeare, Henry IV, p. 786)<br />

Shakespeare anticipa un cambiamento nel regno di Enrico IV, un ravvedimento del figlio. Anche<br />

Valerio vuole dismettere i panni del buffone per diventare ministro, ma il cambiamento non<br />

avviene, perché egli sarebbe ministro di un regno che non esiste. Rimane comunque significativo<br />

54 Georg Büchner, Leonce und Lena, cit., p. 116. Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: «O caro Valerio, non<br />

potrei dir dunque: ‘e tutto questo e una selva di piume e qualche gonfia rosa sulle mie scarpe non dovrebbe…?’», in:<br />

Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, cit., p. 112.<br />

18


che Valerio abbia identificato il suo vecchio sé con Falstaff, riconoscendosi il ruolo di fool<br />

all’interno della commedia.<br />

I repentini cambi di scena, soprattutto tra interni ed esterni, il rapido succedersi dei dialoghi, quasi<br />

dei flash, segnalano che lo scopo del teatro di Büchner, come del teatro shakespeariano e della<br />

tecnica narrativa di Sterne, è quello di mostrare più che di raccontare, showing piuttosto che telling.<br />

La teatralità in questi autori è in rapporto diretto con la visualizzazione. L’esempio più clamoroso è<br />

costituito dalla rappresentazione della morte che diventa anche un esperimento di visualizzazione.<br />

Danton, nel secondo atto, dice di guardare la morte attraverso l’occhialino. Usare uno strumento<br />

visivo significa non solo guardare da lontano, ma anche con occhio clinico, con audace fedeltà alla<br />

realtà. Ogni cosa in Büchner parla la propria lingua anche se atroce e crudele come nel caso della<br />

morte di Maria nel dramma Woyzeck:<br />

Woyzeck. Nimm das und das! Kannst du nicht sterben? So! so! Ha sie zuckt noch, noch nicht, noch<br />

nicht? Immer noch? stößt zu. Bist du tot? Tot! Tot! 55<br />

Le fasi della morte sono le stesse che accompagnano la morte di Desdemona nell’Othello di<br />

Shakespeare. La citazione non è marcata, ma il parallelismo è evidente:<br />

Othello. […] Not dead ? Not quite dead ?<br />

I that am cruel am yet merciful,<br />

I would not have thee linger in thy pain.<br />

So, so [...]<br />

She’s dead [...]<br />

Ha! No more moving?<br />

Still as the grave [...]<br />

I think she stirs again: no. 56<br />

Nel X capitolo del sesto libro, <strong>The</strong> Story of LE FEVER concluded, Sterne non descrive una morte<br />

violenta, in questo caso è la natura a reclamare i suoi diritti, tuttavia la visione della vita che<br />

abbandona il corpo è resa nitida dall’uso delle pause, dalle assonanze e dalle ripetizioni. Nella<br />

propria scrittura Sterne riesce a visualizzare l’oralità, il movimento e la gestualità del mezzo<br />

teatrale:<br />

Nature instantly ebb'd again,—the film returned to its place, —the pulse fluttered—stopp'd — went<br />

on —throb'd —stopp'd again— moved—stopp'd —shall I go on ?—No. (L. Sterne, <strong>The</strong> life and<br />

opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, pp. 353-354)<br />

Büchner si riferisce direttamente a Sterne nella 3. scena del primo atto della commedia. La citazione<br />

diretta, fa riferimento a un noto aneddoto della vita di Walter Shandy, che, la prima domenica di<br />

ogni mese, ricarica una grande pendola in cima alla scala di servizio, per ricordarsi dei suoi doveri<br />

55 Georg Büchner, Woyzeck, in: Büchner Dichtungen, ed. Henri Poschmann, Band 13, cit., p. 169. Di seguito si indica la<br />

traduzione di G. Dolfini: «Te’ questo, e questo! Non riesci a morire? Così, te’! … ah, si muove ancora; non basta? Non<br />

ancora? E allora te’… (colpisce ancora) Sei morta? Morta! Morta!», in: Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio<br />

Dolfini, cit., p. 157.<br />

56 William Shakespeare, Othello, in: Teatro completo di William Shakespeare, Le tragedie, Volume IV, Milano, I<br />

Meridiani, 1976, p. 526.<br />

19


coniugali. Büchner non si limita a riferire l’abitudine di Walter Shandy, ma invocando di<br />

possederne l’orologio ne condivide la filosofia:<br />

LEONCE allein: - Hm! Heiraten! Das heißt einen Ziehbrunnen leer trinken. O Shandy, alter<br />

Shandy, wer mir deine Uhr schenkte! – 57<br />

Nell’orologio sterniano si rispecchia il tema della conflittualità, della dicotomia tra ragione e natura.<br />

Tale dicotomia condiziona anche i rapporti umani: la libera volontà e l’identità vengono<br />

compromessi dai condizionamenti culturali e sociali. Forse è proprio in questo senso che può essere<br />

spiegata la citazione del vecchio Shandy, come parodia di un individuo condizionato dai dettami<br />

pratici della ragione. Prestabilito e condizionato sembra essere anche il meccanismo dell’amore, o<br />

meglio l’istituzione del matrimonio, che nel rapporto fisico con il coniuge rimanda al meccanismo<br />

dell’orologio. Nella fantasia di Leonce quell’orologio diventa l’unico modo per sopportare la noia<br />

di un’esistenza così condizionata. Per sfuggire alla noia i personaggi di Sterne si dedicano al loro<br />

passatempo preferito, ognuno cavalca il proprio hobby horse: Walter Shandy si dedica all’attività<br />

intellettuale, lo zio Toby alla ricostruzione di battaglie. La citazione indiretta che segue rimanda<br />

all’ossessione di cavalcare il proprio cavallo a dondolo:<br />

LEONCE O Gott! Die Hälfte meines Lebens soll ein Gebet sein, wenn mir nur ein Strohhalm<br />

beschert wird, auf dem ich reite, wie auf einem prächtigen Roß, bis ich selbst auf dem Stroh liege. 58<br />

Leonce spera che qualcuno gli regali un filo di paglia sul quale poter cavalcare come su un<br />

magnifico destriero. Questa citazione è immediatamente preceduta da un’allusione al passatempo<br />

principesco, Liebhaberei, che Leonce sta cercando, un sonaglietto per bambini, Kinderrassel, che lo<br />

accompagni fino alla morte. L’isotopia del passatempo ludico non ricorre solo all’interno della<br />

commedia, ma si estende anche in ulteriori riferimenti nei drammi Danton’s Tod e Woyzeck. Per<br />

Marion, una delle prostitute di Danton, tutto dipende da quel passatempo, grazie al quale può<br />

attribuire un significato all’esistenza: «Es läuft auf eins hinaus, an was man seine Freunde hat, an<br />

Leibern, Christusbildern, Blumen oder Kinderspielsachen» 59 .<br />

Nel secondo manoscritto di Woyzeck, conosciuto nelle diverse edizioni come Handschrift 2, il<br />

capitano esorta il dottore, che arriva correndo, a non cavalcare così nell’aria sul suo bastone:<br />

«Reiten Sie doch nicht auf Ihrem Stock in die Luft.» (Woyzeck Studienausgabe, p.74) Anche la<br />

caricatura delle due figure, che Büchner disegna a margine dello stesso manoscritto, suggerisce<br />

l’immagine di un dottore arrogante e presuntuoso per la troppa certezza che ripone nella sua ruling<br />

passion: l’attività scientifica. Nell’ultimo manoscritto, Handschrift 4, Büchner cambia il verbo<br />

57 Georg Büchner, Leonce und Lena, cit., p. 107. Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: « LEONCE. Hm!<br />

Sposarsi! Vuol dire vuotare un pozzo a forza di bere. O Shandy, vecchio Shandy, chi m’ha regalato il tuo orologio!», in:<br />

Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, cit., p. 104.<br />

58 Ibid., p. 115. Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: «La metà della mia vita sarà una preghiera solo che<br />

qualcuno mi regali un filo di paglia sul quale io possa cavalcare come su un magnifico destriero, finché io stesso non<br />

giaccia sulla paglia.», in: Georg Büchner,Teatro, cit., p. 111.<br />

59 Georg Büchner, Danton’s Tod, cit., p. 28. Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: «S’arriva sempre allo stesso<br />

punto, là dove più si ha gioia: il corpo, le immagini di Cristo, i fiori o i giocattoli», in: Georg Büchner,Teatro, cit., p. 23.<br />

20


eiten, cavalcare, in rudern, remare, e conseguentemente anche le preposizioni: «Rudern Sie mit<br />

ihrem Stock nicht so in der Luft.» (Woyzeck Studienausgabe, p.96) Così trasformata, la frase rompe<br />

con l’isotopia del passatempo e rimanda invece all’espressione usata da Amleto, quando critica il<br />

primo attore:<br />

Nor do not saw the air too<br />

much with your hand, thus, but use all gently […]<br />

with this special observance,<br />

that you o’erstep not the modesty of nature. (Shakespeare, Amleto, p. 120)<br />

Amleto ci riporta alla riflessione sul teatro e ne sottolinea gli elementi di criticità: è disturbato, fin<br />

nel profondo dell’animo, nel sentire un attore che fa a pezzi la passione per rintronare il pubblico, il<br />

quale del resto non apprezza che mimi insensati e fracassi. Camille nel secondo atto di Danton<br />

pretende che il pubblico vada per la strada a riappropriarsi della realtà, perché a teatro dimentica<br />

Dio e la sua luminosa creazione in nome dei cattivi copisti:<br />

Setzt die Leute aus dem <strong>The</strong>ater auf die Gasse: ach, die erbärmliche Wirklichkeit!<br />

Sie vergessen ihren Herrgott über seinen schlechten Kopisten. (G. Büchner, Danton’s Tod, p. 45)<br />

Sia Büchner sia Shakespeare sono contrari all’istrionismo, alla spettacolarità nel teatro, a coloro che<br />

non rispettano la modestia della natura, che per Büchner sono gli esponenti dell’idealismo e i<br />

politici. La metafora della commedia si estende così a una cornice più ampia, alla scena politica,<br />

dove dei cattivi attori riescono a manipolare le masse. Nella lettera alla famiglia del 9 dicembre<br />

1833 Büchner si esprime molto duramente contro principi e liberali che recitano la loro scimmiesca<br />

commedia, mentre il popolo trascina il carro su cui essi si esibiscono:<br />

«Das arme Volk schleppt geduldig den Karren, worauf die Fürsten und Liberalen ihre<br />

Affenkomödie spielen.» (G. Büchner, Briefe, p. 377)<br />

Da queste considerazioni traspare un’ironia che non è solo umorismo rasserenante, o sfogo artistico<br />

dell’assurdo 60 , come definisce Nietzsche il comico in Hamlet, bensì contribuisce a svelare<br />

condizioni sociali alienanti. Degli automi, nelle mani del consigliere provinciale, rappresentante del<br />

re, e del maestro elementare, sono anche i contadini della commedia Leonce und Lena. Con un<br />

procedimento che non gli è nuovo 61 , Büchner usa nella scena 2. del terzo atto lo stesso frame della<br />

commedia Midsummer Night’s Dream di Shakespeare, ma diversifica il contenuto. Nella scena 2.<br />

del primo atto di Midsummer Night’s Dream il gruppo di artigiani che si riunisce nella foresta ha<br />

veramente come obiettivo la rappresentazione di una commedia per festeggiare le nozze di Teseo,<br />

duca di Atene e Ippolita, regina delle amazzoni, mentre la scena descritta da Büchner assume il<br />

carattere di un travestimento con intento satirico. I contadini si preparano ai festeggiamenti per le<br />

60 «das komische als die künstlerische Entladung vom Ekel des Absurden» Nietzsche, Die Geburt der Tragödie aus dem<br />

Geiste der Musik, in: William Shakespeare Hamlet, Erläuterungen und Dokumente, Stuttgart, Reclam, 1982, p. 217.<br />

61 La scena 1 dell’atto quinto di Hamlet fornisce, per esempio, la cornice alla scena dei garzoni artigiani in Woyzeck e<br />

alla scena dei carrettieri, scena 4, atto quarto in Danton.<br />

21


nozze del principe Leonce e della principessa Lena, ma nonostante l’impegno e le parole<br />

minacciose del maestro, che funge da cerimoniere, il risultato è grottesco. Alla fine daremo un ballo<br />

trasparente, dice il maestro, per via dei buchi nelle giacchette e nei pantaloni. Quella che viene<br />

allestita è quindi una triste satira, «eine traurige Satire» 62 , in piena opposizione al fasto della<br />

cerimonia regale. Nel <strong>Tristram</strong> Shandy la critica alla società non diventa quasi mai satira, perché<br />

non distrugge l’oggetto cui è rivolta, ad eccezione della figura del dottor Slop, ma rimane a livello<br />

di farsa. Una parata farsesca di signorotti e alti personaggi, tutti montati a cavallo, è quella nel<br />

capitolo VIII del primo libro:<br />

Nor does it much disturb my rest when I see such great Lords and tall Personages as hereafter<br />

follow; ---such , for istance, as my Lord A, B, C, D, E, F, G, H, I, K, L, M, N, O, P, Q, and so on,<br />

all of a row, mounted upon their several horses; --some with large stirrups, getting on in a more<br />

grave and sober pace, ---others on the contrary, […] scouring and scampering it away like so many<br />

little party-colour’d devils astride a mortgage, —and if some of them were resolved to break their<br />

necks. —So much the better—. (L. Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, pp. 13-14)<br />

Come Büchner anche Sterne denuncia il processo di de-umanizzazione, ma nonostante la sua<br />

consapevolezza che il mondo non è esattamente come dovrebbe essere, soprattutto per i poveri, non<br />

ci perde il sonno, perché, se anche si disarcionasse uno di questi signori, se ne troverebbe subito un<br />

altro che monta peggio del precedente. Büchner tende a rifiutare questa condizione di schiavitù<br />

politica e sociale o quantomeno, a chiedersi il perché di alcune insensatezze, mentre Sterne accetta<br />

le debolezze del genere umano con un sorriso tollerante, ne scorge perfino elementi di spirito e<br />

nuovi insegnamenti:<br />

«Every thing in this world, said my father, is big with jest, —and has wit in it, and instruction too,<br />

—if we can but find it out.» (L. Sterne, <strong>The</strong> life and opinions of <strong>Tristram</strong> Shandy, p. 324)<br />

62 Cfr. Gerhard. P. Knapp, Georg Büchner 3. Vollständig überarbeitete Auflage, Stuttgart. Verlag J.B. Metzler, 2000,<br />

p.172.<br />

22


Bibliografia<br />

Letteratura Primaria<br />

Georg Büchner, Briefe von und an Georg Büchner, in: Büchner Schriften Briefe Dokumente, hrsg.<br />

Henri Poschmann, Band 13, Frankfurt am Main, Deutscher Klassiker Verlag, 1999<br />

Georg Büchner, Über Schädelnerven, in: Büchner Schriften Briefe Dokumente, hrsg. Henri<br />

Poschmann, Band 13, Frankfurt am Main, Deutscher Klassiker Verlag, 1999<br />

Georg Büchner, Danton’s Tod, in: Büchner Dichtungen, hrsg. Henri Poschmann, Band 13,<br />

Frankfurt am Main, Deutscher Klassiker Verlag, 1999<br />

Georg Büchner, Leonce und Lena, in: Büchner Dichtungen, hrsg. Henri Poschmann, Band 13,<br />

Frankfurt am Main, Deutscher Klassiker Verlag, 1999<br />

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Main, Deutscher Klassiker Verlag, 1999<br />

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23


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