Happenings - Zanotta SpA
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Il design apre la mente<br />
<strong>Happenings</strong><br />
n.4 /07 p.4<br />
L’INCONTRO<br />
Ci sono discipline in grado di<br />
dare una visione del mondo.<br />
Forse tutto è arte, anzi design.<br />
Parola di Daverio<br />
La Blow<br />
all’Eurodomus<br />
del ‘69. Sopra,<br />
Daverio.<br />
Gli incarichi di Philippe Daverio<br />
nel mondo della cultura e<br />
dell’arte spaziano dal ruolo di<br />
gallerista, a quello di amministratore<br />
pubblico (è stato assessore alla cultura<br />
e responsabile del restauro e rilancio di<br />
Palazzo Reale a Milano), a consulente<br />
per case editrici (Skira), di autore e<br />
conduttore di programmi tv (il<br />
seguitissimo Passepartout) e di docente<br />
universitario (Disegno industriale a<br />
Palermo e Storia del design a Milano).<br />
Ha affiancato i fratelli in avventure tra<br />
design e arte: con Pierre la promozione<br />
all’estero di <strong>Zanotta</strong>, Gabbianelli e Cini<br />
& Nils; con Paul, la prima mostra<br />
europea di Louis Confort Tiffany a<br />
Losanna. Dal ’90 ha inizio con Elena<br />
Pron la raccolta dei prototipi del design<br />
italiano (Sottsass, in primis). Ha scritto<br />
dal 2005 Il design nato a Milano. Storia<br />
di ragazzi di buona famiglia, Il museo.<br />
Comunicazione e design e Un’altra storia<br />
del design e un modesto tentativo di<br />
interpretazione, tutti per Edizioni<br />
POLI.design. Abbiamo incontrato<br />
Daverio all’evento Emozioni italiane<br />
durante la settimana del mobile,<br />
quando Jean Blanchaert presentava<br />
nello <strong>Zanotta</strong> Shop i suoi disegniomaggio<br />
al design di <strong>Zanotta</strong> e agli<br />
aromi del Berlucchi.<br />
E, un mese dopo, ai Giovedi della<br />
Design Library per la presentazione del<br />
bel libro di Giulio Castelli La Fabbrica<br />
del design: conversazione con i<br />
protagonisti del design italiano.<br />
D. Perché le piace tanto il design?<br />
R. Perché il design, come l’arte, apre la<br />
mente e genera un dialogo con la<br />
società. Così come un quadro di<br />
Fontana in salotto può comunicare,<br />
essere un messaggio potente…<br />
D. Cosa è cambiato dagli anni d’oro del<br />
design a oggi?<br />
R. L’Italia di allora aveva una profonda<br />
fiducia in se stessa e aveva le idee<br />
chiare su obiettivi e modelli. Guardava<br />
al mondo con spirito critico e sapeva<br />
riconoscere la vera creatività, come ho<br />
detto più di una volta. A quei tempi<br />
architetti e imprenditori capivano che<br />
Lucio Fontana era importante anche se<br />
costava poche lire. Ricordo quando<br />
organizzammo l’occupazione della<br />
Triennale nel ’68, erano tempi in cui<br />
l’arte sosteneva un ruolo di<br />
informazione. C’era una<br />
contaminazione continua col design e<br />
gli ambienti dei progettisti. E ci siamo<br />
divertiti moltissimo. Fu il periodo in cui<br />
Ettore Sottsass scoprì l’India e<br />
trasformò Shiva in un mobililetto…<br />
Un’altra immagine: le poltrone<br />
gonfiabili Blow dentro la Triennale<br />
occupata. Ecco, la <strong>Zanotta</strong> ha avuto<br />
quella capacità di costruire un dialogo<br />
non solo coi designer, ma anche col<br />
mondo. Di creare una “visione del<br />
mondo” e da qui la nascita di quelli che<br />
vengono chiamati i “classici” del<br />
design. Se qualcuno è capace di crearli<br />
vuol dire che è in grado di stabilire una<br />
concezione del mondo. Così come<br />
hanno fatto certi maestri come<br />
Magistretti, Albini, Ponti, Castiglioni che<br />
imposero una visione nuova del mondo,<br />
animati dall’idea di migliorare la vita…<br />
Una Bauhaus all’italiana. Ma anche oggi<br />
ci sono imprenditori illuminati, almeno<br />
credo, è che si deve reinventare un’altra<br />
visione del mondo.<br />
D. Cosa possiamo immaginare oggi di<br />
innovativo per il design?<br />
R. Forse un “landscape design” o un<br />
“city design”, con una visione molto più<br />
ampia. Ma sono i ventenni che devono<br />
dircelo. A patto che riescano a farlo<br />
nonostante la mancanza di riferimenti e<br />
di centri di aggregazione… Fatto salva la<br />
rete, ovviamente.<br />
D. Un’ultima domanda, a proposito di<br />
contaminazioni e riferimenti tra arte e<br />
design. È recente la messa a punto della<br />
legge per la tutela dei prodotti di design<br />
in quanto opere dell’ingegno, come già<br />
avviene per l’arte. Ci sono però ancora<br />
questioni sospese a proposito del<br />
design riproducibile industrialmente e al<br />
fatto che non è il designer a fabbricare<br />
con le sue mani il prodotto come<br />
avviene per l’artista. Cosa ne pensa?<br />
R. Penso che sia giusto tutelare il<br />
design. Una cosa, infatti, è creare una<br />
corrente di pensiero, dei riferimenti<br />
culturali fatti di forme, funzioni,<br />
colori, materiali che possono anche<br />
fungere da “faro” per altri. E un altro è<br />
farsi replicare dal primo arrivato.<br />
Serve una normativa precisa che tuteli<br />
le opere di design.