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MADRUGADA - Associazione Macondo

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si 1-23% e 23-42%, mentre è migliorata per le classi 42-63% e 84-100%.Tra i vari dati osservati è spiccato il declino del tassodi iscrizione nella scuola secondaria nei gruppi intermedi,dove la crescita rispetto al periodo 1960-1980 è calatadi un punto percentuale: si tratta dei paesi con reddito medio-bassoche hanno visto ridursi le loro potenzialità di sviluppo.ConclusioniLo studio conferma quindi il peggioramento della posizionerelativa dei paesi poveri e delle aree meno ricche nelcontesto mondiale. Il risultato di questa ampia comparazionetra paesi, nel tempo e sulla base di categorie statisticheconvenzionali, mostra un chiaro deterioramento delprogresso nel periodo della globalizzazione. Ciò non dimostrache le politiche economiche connesse alla globalizzazionesiano responsabili di tale risultato, ma nemmeno chesiano neutrali. I fatti delle crisi più recenti sono stati ampiamentestudiati ed indicano nelle politiche di liberalizzazionefinanziaria la causa prima delle crisi economiche esociali. Ad esempio, ricordiamo che la Russia ha perso lametà del proprio PNL nell’arco di pochi anni; l’est asiaticoha conosciuto alla fine degli anni Novanta una durissimacrisi finanziaria; così come l’Argentina che non ha soldi néper pagare i dipendenti pubblici né tanto meno il servizioal debito: i prestiti del FMI serviranno a pagare parte deldebito estero salito alle stelle (128.000 milioni di dollari,circa il 40% del PIL argentino.Pareri sulla globalizzazionePrendiamo in esame le differenti tesi sulla globalizzazione di:Robert WadeProfessore di politica economica alla London School of Economics e membro alla Wissenshaftskolleg in Berlin.Leonardo UrbaniProfessore di urbanistica all’Università di Palermo, membro dell’Opus Dei evicepresidente dell’Istituto universitario per la cooperazione internazionale.Giovanni PeriUniversità Bocconi e Istituto Universitario Europeo.Paul SamuelsonProfessore di Economia al Massachussetts Institute of Technology e premio Nobel per l’economia nel 1970.IIIIn un articolo sul Corriere della Sera, uno dei sostenitorientusiasti della globalizzazione, Giovanni Peri, professoredella Bocconi di Milano, facendo propria la forte linea dipensiero affermatasi in Italia sull’asse Ruggero-D’Alema, hasostenuto che la globalizzazione “aiuta i poveri”. Per farlosi è servito dei risultati di una indagine della Banca Mondiale(ovviamente) che dimostra come la correlazione trala crescita del reddito medio di un paese e quella del quintopiù povero della rispettiva popolazione sia migliorata. Ilprof. Peri afferma che quando l’economia cresce, a seguitodell’apertura degli scambi nazionali e allo sviluppo dei mercatifinanziari, essa va a beneficio di tutti. Come se nonbastasse e dimostrando scarsa attenzione al dibattito, Periaggiunge che «gli economisti di tutto il mondo la pensanodiversamente» da chi mette in discussione la globalizzazione.Eppure qualche economista che dissente con Peri,Ruggero e D’Alema esiste. Un noto economista americano,Robert Wade, riferendosi a studi basati sempre su datidella World Bank, mette in evidenza l’aumento delle disuguaglianzedel reddito che si è accelerato negli ultimi venticinqueanni. Dal suo articolo, apparso sull’Economist (28aprile 2001) emerge che, dal 1988 al 1993, è aumentata laquota del reddito mondiale detenuto dal 10% della popolazionepiù ricca (da 48 a 52%) ed è diminuita, invece,quella detenuta dal 10% della popolazione più povera (da0,80% a 0,64%). Nel 1993 la maggior parte della popolazionemondiale aveva un reddito pro capite inferiore ai1.500 $ l’anno (gran parte dell’Africa, dell’India, dell’Indonesiae della Cina rurale), mentre nello stesso anno i maggioripaesi industrializzati avevano redditi pro capite annuisuperiori agli 11.500$. Solo un’irrisoria percentuale dellapopolazione mondiale rientrava nelle classi di reddito intermedie.Una così iniqua distribuzione del reddito è un segnaledella diffusione della povertà e della miseria: è perciònecessario agire sulle cause profonde di questo meccanismoglobale, e non cercare soluzioni su aspetti parziali(quello che Wade denuncia agli organismi internazionali comela Banca Mondiale); bisogna intervenire sulla ragionedi scambio che da decenni è troppo sfavorevole per i paesiesportatori di beni agricoli e di materie prime, e cioèquelli che rappresentano il Sud del mondo.La denuncia delle disuguaglianze nell’epoca dellaglobalizzazione proviene anche dal professore Leonardo Urbani,il quale afferma che «la globalizzazione ha per protagonistasoltanto un quinto della terra, ovvero gli USA edil Canada, l’Europa con la Valle Padana, l’asse renano e ilSud dell’Inghilterra, il Giappone e l’Australia. Gli altri quattroquinti la subiscono. Le aree che abbiamo detto attraggonosempre maggiori risorse ed energie, disponendo tral’altro dei centri studi e, soprattutto, della gestione finanziaria.(…) I geniacci delle borse sono riusciti a fare in modoche il gioco della valuta non sia più legato ai mercatireali, ma ne abbia uno proprio. (…). La globalizzazione, infatti,non è più alla ricerca dei mercati terzi, dove potercercare una nuova ricchezza, ma questa ricchezza la sta sviluppandonei mercati interni, un’area in competizione conl’altra. In questi paesi, infatti, le società transnazionalistanno realizzando prodotti sempre più sofisticati che il poveronon può permettersi». Un’idea del peso preponderantedegli scambi finanziari internazionali (valuta, titoli di

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