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giugno - Fraternità San Carlo

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C’è una voce nella mia vita, / che avverto nel punto che muore, / voce stanca,voce smarrita, / col tremito del batticuore.Giovanni Pascoli6 fraternitàemissioneGIUGNOUna bici oltre la nebbiaDa Pavia a Roma passando per il Brasile. Come dimenticare le chiavi di casa,svegliare un sacerdote nella notte e incontrare il proprio destinodi Luca SpezialeSono nato a Pavia. Fin da piccolo la cosa che più miaffascinava era la nebbia. Percorrere con la mia biciclettale viuzze medievali del centro storico per arrivarefino alla scuola era come assistere, dalla platea di unteatro, a uno spettacolo sorprendente. Avevo una bici dacorsa velocissima e non riuscivo ad andare piano; madietro la nebbia poteva spuntare improvvisamente unpedone o una macchina. Quindi, con la testa piegata ingiù, tenevo ben stretto il manubrio e gli indici sempresui freni, pronto ad ogni imprevisto.La nebbia mi ha aiutato a comprendere che il mondoè molto più grande di quel che vedo. Che c’è semprequalcosa dietro le quinte.Sono nato in una famiglia cattolica. Di mio padrericordo la cura con cui la domenica innaffiava i geranidel nostro balcone, le stelle di natale, le violette e i ficusche teneva nel suo studio. Si chinava su di loro quasi glisussurrasse qualcosa. Quando, molti anni dopo, glichiesi perché avesse voluto fare il biologo mi disse:«Sono sempre stato attratto dal mistero della vita».Da lui ho imparato anche l’importanza del lavoro.Lavorava molto. A volte andava in laboratorio anche didomenica, e qualche volta mi portava con lui. Ricordolo stupore con cui sfogliava i suoi libri, pieni di fotografiecoloratissime scattate al microscopio e la curiositàcon cui alla sera guardavamo alcunidocumentari in televisione sugli animali.Da mia madre ho imparato a dare unnome a quel qualcosa che “stava dietro lequinte” dell’esistenza. Lei mi ha insegnatoa pregare. Quando andavamo a messasi portava dietro il messalino per seguireogni parola. Ne aveva comprato uno ancheper me. Poi all’elevazione, mentre eravamoin ginocchio, mi sussurrava all’orecchio:«Ripeti con me: Signore mio e Dio mio».Nei momenti di difficoltà, quando ero triste perché levacanze erano finite oppure quando avevo litigato conqualcuno, mi diceva: «Prega la Madonna» e io prendevoil mio rosario, regalo di mia nonna, e cominciavo a pregare.E la Madonna mi donava subito serenità.Poi ci fu l’incontro con Comunione e Liberazione. Miaffascinarono tre cose in particolare. Innanzitutto gliAvevo vistoin quel «benvenuti»un misteriosoprolungarsi dellavita di Cristoscritti di don Giussani. Ricordo che finito il liceo compraitutti i libri che aveva pubblicato. Mi colpiva la radicalitàdel suo parlare. Ma soprattutto le sue parole miaiutavano a pregare. Le fissavo a lungo e le meditavo ecosì dentro di me cresceva la certezza che Qualcunostava dietro a tutte le cose e le creava per un disegnopositivo.Poi c’erano gli amici. Mi trovai in unacomunità di gente vivace, che non volevamai dare nulla per scontato. Facevamotutto insieme e parlavamo di tutto. Nonc’erano argomenti tabù.La terza cosa che mi colpì fu la promessaaffettiva. Con i miei amici sentivamospesso ripetere le parole di Gesù:«Chi segue me avrà il centuplo». Lentamentecapii che dovevo prendere sul serio questoinvito. Come dovevo rispondere?Nell’estate del 2004 mi trovai a passare venti giorni inBrasile, a Belo Horizonte. Assieme ai miei amici piùstretti incontrai Pigi Bernareggi, un sacerdote missionarioche abitava lì da quarant’anni. Per qualche notte dormimmonella canonica della sua parrocchia. Una voltatornammo molto tardi, sarà stata l’una di notte, ci avvicinammoal cancello della chiesa di Pigi ma ci rendemmoconto che avevamo dimenticato le chiavi. C’era soloun’alternativa: svegliarlo. Lo chiamammo al telefono elui, tutto trafelato, con ancora addosso il pigiama, scesein strada, ci guardò e ci disse sorridendo: “Benvenuti!”.Questo piccolo episodio mi colpì profondamente. Senzavolerlo, cominciò a nascere dentro di me il pensiero:«Voglio diventare come quell’uomo». Per un momentoavevo visto in quel “benvenuti” come un misterioso prolungarsidella vita di Cristo che mi raggiungeva accogliendomie chiedendomi una risposta. Tornato in Italiacominciai a leggere i vangeli.Quando nel 2005 morì don Giussani capii che ilSignore mi stava chiedendo: «Cosa vuoi fare della tuavita?». Quasi inaspettatamente mi risposi: «Voglio viverecome Cristo, compiere i gesti che lui ha compiuto, impararead amare come lui ha amato». Così chiesi di entrarein seminario.L’obbedienza«Luca... Luca... ricordoappena. Ma sai, sonotanti i ragazzi che vengonoqui d’estate, a visitaregli asili della Rosetta.E tutti dormono nella canonica,li ospitiamo lì».Don Pigi Bernareggi,raggiunto telefonicamentea Belo Horizonte,ascolta sorpreso il raccontodella vocazione diLuca Speziale, di comelui, in qualche modo,c’entri. «Sono molto impressionatoda come unparticolare così piccolo,un fatto così marginalepossa risvegliare un sentimentocosì importantenel cuore di un ragazzo».Don Pigi era presidentedella Gioventù studentescanegli anni ‘60.Nel 1964 partì per il Brasile,agli albori delleesperienze missionariedi Comunione e liberazione,e da allora è lì. «Lanostra partenza fu unfatto molto significativoper la comunità di allora».Quest’anno festeggia il45° di sacerdozio. Qual èla prima cosa che raccomanderestia un preteneo ordinato? «L’obbedienza.Alle circostanzein cui Dio ti mette, e alleindicazioni dell’autoritàin quelle circostanze. Esoprattutto quando è ingioco il proprio futuro. Senon avessi obbedito, misarei perduto».Pavese doc, ingegnere, Luca ènato 29 anni fa. È il prezioso segretariodi Massimo Camisasca. Afianco, con alcuni compagni di università.In alto, una strada di Pavia(foto Francesco Negri).

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