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Economia e sviluppo industriale

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sulla produttività a lungo termine. 53 Guardando alle potenzialità<br />

del turismo come industria integrativa dei settori<br />

produttivi in declino, si rifiutavano alcune soluzioni<br />

che avrebbero stravolto l’ambiente ecologico. Il turismo<br />

entrava nell’indagine economica come fattore risolutivo<br />

dello <strong>sviluppo</strong> anche in considerazione dell’incremento<br />

del passaggio degli stranieri dai transiti della<br />

provincia. Se la società civile si preoccupava di una rivalutazione<br />

«controllata» della montagna, l’Amministrazione<br />

provinciale, sia pure senza contraddizione con la<br />

prima, presentò uno Studio sul potenziamento delle risorse<br />

idriche dell’Alto Novarese che faceva intravvedere nuove<br />

prospettive per rivalutare la montagna attraverso lo<br />

sfruttamento capillare dei piccoli salti idrici forniti dai<br />

ruscelli montani a vantaggio di piccole imprese agricole.<br />

54 Dall’indagine risultava che nella montagna novarese<br />

vi erano le condizioni per favorire la permanenza o la<br />

costituzione di nuove aziende montane una volta elettrificate<br />

e rese autosufficienti. Nessuno però ha mai creduto<br />

che l’agricoltura ossolana avrebbe potuto aspirare<br />

ad un ruolo che andasse al di là di una attività integrativa<br />

rispetto ad altri settori produttivi. Un altro studio,<br />

affidato all’Università Bocconi di Milano, analizzava i<br />

fatti economici fornendo diagnosi e proposte operative<br />

per uscire dalla stagnazione. 55 La causa della crisi fu addebitata<br />

all’incapacità di far fronte alla divisione nazionale<br />

e internazionale del lavoro, allo spostamento dell’area<br />

economica del Paese verso oriente, all’incremento<br />

del mercato tedesco, alla mancanza di ammodernamento<br />

delle vie di comunicazione. La conclusione a cui<br />

perveniva la ricerca, analizzando l’approvazione sociale<br />

dell’imprenditore nell’Ossola, era che questi non veniva<br />

accolto da un sistema favorevole in quanto gli atteggiamenti<br />

socio-culturali dominanti erano tali da inibire<br />

il manifestarsi diffuso di orientamenti imprenditoriali<br />

costruendo un quadro di valori al cui interno l’emergere<br />

dell’imprenditore diventava altamente improbabile.<br />

La causa del problema sarebbe l’aver convissuto con attività<br />

economiche che avevano all’interno schemi limitati<br />

sotto il profilo di tre dimensioni: quella del rischio, quella<br />

dell’innovazione e quella dell’organizzazione. 56 Pertanto,<br />

l’imprenditore — abituato a sfruttare ciò che è già dato<br />

— svilupperebbe minori propensioni a comportarsi come<br />

agente di trasformazione, di creazione tendendo a ripie-<br />

gare su schemi ripetitivi e a discostarsi sensibilmente dal<br />

prototipo schumpeteriano che accetta il rischio.<br />

In altri termini, ai nostri giorni mancherebbe nell’Ossola<br />

l’imprenditore capitalista che accetta il rischio accanto<br />

alla razionalizzazione dei fattori della produzione,<br />

per colpa di un individualismo e di un localismo che farebbero<br />

rinchiudere nel proprio mondo culturale senza<br />

aperture verso l’esterno innovativo.<br />

Se è vera questa analisi per i nostri giorni, c’è da osservare<br />

che nel passato le cose andarono diversamente tanto<br />

che in più occasioni si è avuto modo di sottolineare la<br />

presenza di una imprenditorialità privata e di una apertura<br />

all’innovazione da parte della classe politica locale.<br />

Per avvalorare quanto si va dicendo vale la pena riferire<br />

la vicenda esemplare avvenuta dopo che la Mannesman<br />

declinò l’invito ad insediarsi nell’Ossola. La classe<br />

politica locale e i ceti abbienti costituirono un comitato<br />

Pro Industria nel quale furono inseriti i nomi più prestigiosi<br />

di Ossolani con lo scopo di bandire un concorso<br />

per fare installare a Domodossola uno stabilimento<br />

<strong>industriale</strong> che desse occupazione e reddito. Il Comune<br />

avrebbe incentivato qualsiasi iniziativa con un premio<br />

di £ 10.000.<br />

Non mancarono le proposte: uno stabilimento di flaconeria<br />

e di chimica da Somma Lombardo; un cotonificio<br />

da Garesio; un’attività meccanica offerta dall’ingegnere<br />

De Benedetti di Torino; altre proposte giunsero<br />

da Vado Ligure (officina meccanica), da Milano (calzettificio),<br />

da altri stabilimenti tessili. Il dibattito non fu di<br />

semplice portata, così come oggi non è semplice valutare<br />

l’insediamento <strong>industriale</strong> che alla fine si realizzò alla<br />

periferia della città con una fabbrica di funi e generi affini<br />

dei Fratelli Zanelli di Palazzolo sull’Oglio. La scelta<br />

era stata affidata ad un consulente aziendale, tale Cesare<br />

Boccardo di Intra, che scartò le offerte del cotonificio<br />

e della meccanica finendo col valutare la produzione di<br />

cordami ottimamente inseribile nel contesto produttivo<br />

pel suo genere di manufatti e per la vastità dei suoi articoli<br />

e del loro impiego <strong>industriale</strong> consentendo l’occupazione<br />

a 100 addetti come aveva previsto il capitolato del<br />

Comune. 57 Certo non fu esente la valutazione di certi<br />

ambienti restii ad ammassare un gran numero di mano<br />

d’opera e forse si volle scegliere un settore produttivo<br />

nuovo. Il capitale azionario della società bresciana fu<br />

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