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Campo de'fiori

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50Bassano RomanoChiesa con Monastero diSan Vincenzo Martire.Statua del Redentoredi Michelangelo BuonarrotiCaprese 1475 - Roma 1564Nel Comune di Bassano Romano, sullaStatale Cassia e poco distante da Sutri,nella Chiesa di San Vincenzo Martire,appartenente all’Ordine dei MonaciBenedettini Silvestrini, e’ conservata lastatua del Cristo Redentore, opera scultoreapoco conosciuta del Sommo Maestroe prima versione incompiuta del Cristo diMichelangelo, tuttora collocato e conservatonella Chiesa di Santa Maria SopraMinerva in Roma.I lavori di costruzione della ChiesaViterbese, edificata per volere di VincenzoGiustiniani, iniziarono il 20 Novembre 1618e si conclusero nel 1641, sul progetto elaboratodall’Architetto Ticinese CarloMaderno, (1556-1629), autore del prolungamentodella Basilica Vaticana e protagonistaindiscusso del Barocco Romano.La storia di quest’opera scultorea delBuonarroti e’ alquanto singolare: in unalettera del Giugno 1607, tra FrancescoBuonarroti e Michelangelo il Giovane, eredidel Maestro, emerge chiaramente che unaStatua del loro illustre antenato era in venditaa Roma presso la bottega di un antiquarioe responsabile delle trattative eraun modesto Pittore, Domenico Passignano,della corte della FamigliaGiustiniani. Nella Lettera l’opera vienedescritta in modo sommario, ma definita al“Naturale” e chiamata “borza”, ovveroopera abbozzata, “al medesimo gradoche il San Matteo dell’Opera e iPrigioni di Pitti”.Uno Storico Romano del XVI secolo,Ulisse Aldovrandi, nel 1542 scoprì questaStatua nel giardino di un palazzoappartenente a Metello Vari che il 14Giugno 1514, stipulò con Michelangelo uncontratto per l’esecuzione di un CristoRedentore da collocare nella Chiesa diSanta Maria sopra Minerva.<strong>Campo</strong> de’ fioriL’Opera venne lasciata incompiuta perchèdurante le fasi dell’esecuzione comparvenel marmo, in corrispondenza del volto delCristo, una “vena Nera”, difetto delmarmo, che pregiudicò totalmente il proseguimentodel lavoro.Il Maestro Fiorentino abbandonò così illavoro, lasciandolo incompiuto nella suaCasa Romana di Macel De’ Corvi.Michelangelo, successivamente, scolpì laseconda e definitiva versione tra il 1519-20, che Metello Vari consegnò alla Chiesadi Santa Maria sopra Minerva dove tuttorasi trova e per risarcirlo del lavoro gli consegnòanche l’iniziale abbozzo che il NobileRomano posizionò nel suo giardino.Dopo la morte di Michelangelo avvenutanel 1564, la prima versione dell’operarimase nel giardino del palazzo dellaFamiglia Vari, fino ad arrivare al 1638quando Vincenzo Giustiniani l’acquistae la fa collocare al piano terreno dell’omonimoPalazzo sito in Roma.Nel 1644, Andrea Giustiniani in occasionedelle sue Nozze con Maria Pamphili,nipote di Papa Innocenzo X, la fece trasportaree collocare nella Chiesa di SanVincenzo Martire in Bassano Romano, dapoco completata dall’Architetto VincenzoPeparelli, allievo del Maderno.Il 1638 è la data chiave per capire le successivevicende dell’Opera Viterbese:prima di essere collocata al piano terra delPalazzo in Roma, Vincenzo Giustiniani facompletare la statua da qualche modestoscultore Romano, di cui si ignora il nome,secondo una prassi ormai consolidata nellaRoma del ‘600, che vede opere scultoreedel periodo Classico e non, rifinite e completatenelle parti mancanti.Oggi, osservando l’opera conservata nellaChiesa di San Vincenzo Martire, è difficilestabilire quanto di essa sia opera diMichelangelo e dell’ignoto scultore, cheebbe l’assoluto privilegio di intervenire suun opera Michelangiolesca.Nel 1564, anno della morte diMichelangelo Buonarroti, tante sue opererisultano non completate: i palazzi delCampidoglio, la Laurenziana e la stessaBasilica Vaticana che viene completatacento anni più tardi dallo stesso Maderno.Comunque, sotto la patina e la finitura seicentesca,si avverte pienamente l’AutoritàArtistica di Michelangelo, in una composizionetotalmente diversa dal Cristo dellaMinerva, in particolare nella torsione delbusto e del volto e nell’esecuzione di alcunidettagli delle gambe e del bacino.E’ una testimonianza mirabile del linguaggioMichelangiolesco, che ha un precedentein alcuni disegni anatomici conservati alMuseo del Louvre in Parigi.L’Opera di Bassano, è dunque un capolavorodella statuaria Cinquecentesca, che ilViterbese conserva gelosamente a testimonianzadi un fulgido e ricco passato.Testimonia, inoltre, l’attivismo artisticodella Famiglia Giustiniani, che, al paridei Farnese, ha lasciato opere d’arte diincommensurabile valore ed importanza.Fino al 1970 la Statua era collocatasull’Altare Maggiore e successivamentevenne posizionata nella cappella lateraledestra della Chiesa di San Vincenzo, dovetuttora è esposta al pubblico.Prof. Arch. Enea CisbaniMitiDei edEroidi Barbara PastorelliLa dea Atena è figlia di Meti e di Zeus . Laleggenda più diffusa narra che questanascesse dalla testa del padre, dopo chequesto aveva ingoiato la moglie, per timoreche da lei nascesse un erede talmenteforte, da riuscire a spodestarlo.La dea balzò fuori armata di lancia e scudoemettendo un urlo che fece tremare l’interoMonte Olimpo e tutta la terra. Fu allevataassieme ad una giovinetta di nomePallade e si racconta che un giorno, mentrele due fanciulle si stavano esercitandoin un combattimento, la dea, involontariamente,ferì a morte la sua amica.Disperata per quel che era accaduto, piansetalmente tanto la morte di questa, cheda quel giorno aggiunse al suo nome quellodi Pallade. In tutte le storie in cui simenziona Atena, questa viene descrittacome la vergine guerriera, colei che nessunomai riuscì a dominare.Efesto, per aver aiutato Zeus a farla venireal mondo, aveva preteso di sposarla.Questa era divenuta sua moglie, ma loaveva sempre respinto, riuscendo così arimanere una vergine (Parthenos).Atena è la dea della sapienza e della guerra.Poiché nella guerra di bellezza conAfrodite ed Era fu scartata da Paride, benchégli avesse offerto la saggezza e la vittorianei combattimenti,giuròeterno odio aiTroiani. Durantela guerra di Troiainfatti parteggiòper gli Achei proteggendo,in particolare,Odisseo(Ulisse).Dai romani ladea è notoriamenteconosciutacol nome diMinerva.

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