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Quattro porte su 'Petrolio', di Carla Benedetti - Il primo amore

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neanche Carlo II (cioè Carlo buono, o Karl) si ribella al potere repressivo dellostato (p. 43).Ma questo non è il punto <strong>di</strong> arrivo <strong>di</strong> Pasolini. E’ semmai il punto <strong>di</strong>partenza, il nodo da cui riparte la <strong>su</strong>a attività artistica e saggistica nell’ultimoperiodo della <strong>su</strong>a vita, che è forse il più fertile e più interessante per noi oggi, eche comprende anche Petrolio. La <strong>su</strong>a mossa consiste appunto nel rimettere in<strong>di</strong>scussione quel verdetto pseudo-epocale, semplificante, apocalittico, e indefinitiva inibente (la possibilità della ribellione, o della resistenza al potere, èqui ad<strong>di</strong>rittura liquidata come illusoria), cercando un’altra visione del potere,altri occhiali.La visione del potere che c’è in Petrolio certamente non è rosea. E’ anzicupa, mortale, violenta. Ma non è apocalittica, e nemmeno chiudente. Essariporta in <strong>primo</strong> piano il conflitto, la lacerazione, nei corpi come nelle menti, econ essa anche la possibilità <strong>di</strong> resistenza. E’ quin<strong>di</strong> una visione aperta,spalancata <strong>su</strong>lla realtà totale e <strong>su</strong>ll’alterità (mentre le descrizioni tardomodernedel potere si sono come mangiate l’alterità).Una seconda interpretazione possibile è che con “vincoli puerili” Pasoliniintendesse “passivi”, “privi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa” – come il corpo <strong>di</strong> Carlo che giace <strong>su</strong>pino,privo <strong>di</strong> coscienza, mentre è Carlo stesso a vederlo, come dall’esterno:Così Carlo osservava, ai <strong>su</strong>oi pie<strong>di</strong>, il proprio corpo <strong>su</strong>pino [...] La totalepassività <strong>di</strong> quella specie <strong>di</strong> giustiziato – fucilato o fatto morire <strong>di</strong> fame – checon l’immobilità obbe<strong>di</strong>ente del <strong>su</strong>o corpo, quasi con l’offerta <strong>di</strong> esso, con la<strong>su</strong>a <strong>di</strong>sponibilità ciecamente passiva, quasi infantile – pareva approvarel’opera dei <strong>su</strong>oi carnefici – come i poveri corpicini degli ebrei a Dachau o aMauthausen. L’ultimo atto logico era quell’offerta <strong>di</strong> sé, del corpo <strong>di</strong> piccoloborghese intellettuale, incapace <strong>di</strong> offendere e destinato a essere imbelle, avenir punito (p. 12).C’è in Carlo, come ho detto, una volontà <strong>di</strong> non opporsi alla propria<strong>di</strong>ssociazione. Egli non ce la fa ad accettare il compromesso, quel compromesso“a cui solo la specializzazione politica o letteraria presta gli alibi, le abilità, glistrumenti” (p. 30). Non è in grado, come invece altri intellettuali, <strong>di</strong> fare delproprio “stato schizoide uno stato naturale e dell’ambiguità un modo <strong>di</strong> essere”.<strong>Il</strong> che è già una resistenza al potere, anche se da vittima.

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