Uomini e d<strong>on</strong>ne provenienti da ogni parte del m<strong>on</strong>do, portano nel nostro Paese un intreccio di culture, tradizi<strong>on</strong>i e costumidiversi: il 40% dei nuovi arrivati proviene da un Paese comunitario, gli africani sfiorano il 30% (due terzi dal Nord Africa),la parte restante proviene dai Paesi dell’Est e da quelli balcanici (nei quali si era frantumato il blocco sovietico). Tra questiultimi occorre citare il caso della ex Jugoslavia, teatro a partire dal 1991 di una sanguinosa guerra civile, che riversa sulterritorio italiano masse di profughi in fuga, la cui accoglienza in Italia p<strong>on</strong>e problemi di c<strong>on</strong>vivenza e di inserimento neltessuto sociale del nostro paese.Torino è una tra le città italiane maggiormente toccata da questi fenomeni migratori. I dati statistici evidenziano come la presenzadi cittadini stranieri in città sia notevolmente aumentata negli ultimi dieci anni, passando dalle 41.665 unità del 2001alle 61.223 del 2003, per poi giungere alle 84.843 del 2006, alle 115.809 del 2008 fino alle 129.067 del 2010. Le comunitàpiù rappresentative s<strong>on</strong>o quella romena (52.196), albanese (5.710) e moldava (4.146) per quanto riguarda i Paesi europei;marocchina (19.424), egiziana (4.024), nigeriana (3.256) e tunisina (1.633) per il c<strong>on</strong>tinente africano; peruviana (8.808),brasiliana (2.073) ed ecuadorena (1.540) per il Sudamerica; cinese (5.518) e filippina (3.189) per l’Asia.San Salvario è una delle aree cittadine maggiormente coinvolte dall’immigrazi<strong>on</strong>e straniera. Quartiere difficile, ghetto cittadino,luogo di microcriminalità e delinquenza: così, fino a pochi anni San Salvario appariva nell’immaginario collettivo dimolti Torinesi. Un quartiere che a partire dai primi anni Novanta vede aumentare notevolmente la percentuale di popolazi<strong>on</strong>eimmigrata, la cui presenza provoca esasperazi<strong>on</strong>e sociale e focolai di tensi<strong>on</strong>e, tesi a identificare nell’immigrato il resp<strong>on</strong>sabiledella situazi<strong>on</strong>e di degrado e illegalità venutasi a creare sul territorio. Una realtà l<strong>on</strong>tana, perché oggi nel quartiere sirespira un’aria nuova e vitale. Le vie e le piazze di questo antico ri<strong>on</strong>e s<strong>on</strong>o diventate un esempio di integrazi<strong>on</strong>e, uno spaziomulticulturale, un simbolo della c<strong>on</strong>vivenza tra italiani e stranieri. Un percorso tracciato a fatica, che è riuscito a mutare radicalmenteil volto a uno degli spazi urbani più degradati, trasformandolo in un quartiere laboratorio, vivace e in fermento,dove fiorisc<strong>on</strong>o iniziative, nasc<strong>on</strong>o associazi<strong>on</strong>i, botteghe artigiane e attività commerciali, si organizzano e si sperimentanoiniziative culturali ed eventi di grande portata che hanno gettato una ventata di creatività per le strade del borgo.LE FABBRICHEFiat Grandi MotoriFin dal 1884 sorg<strong>on</strong>o nel cuore della Barriera di Milano le OfficineMeccaniche Michele Ansaldi, complesso deputato allacostruzi<strong>on</strong>e di macchine utensili, che impiega circa 300 operai.Nel 1905 Michele Ansaldi, f<strong>on</strong>datore della fabbrica, siglaun accordo c<strong>on</strong> Giovanni Agnelli: nasce la Fiat Ansaldi che sispecializza nella produzi<strong>on</strong>e di vetture leggere a quattro cilindri.Un passaggio legato a una precisa strategia di mercato,che vede la Fiat, attraverso procedimenti associativi, legare alla propria orbita altre società. Una di queste è il cantiere navaleSan Giorgio di Muggiano, nel Golfo di La Spezia, assorbito dall’azienda torinese nel 1905: nasce la Fiat San Giorgio,che ha nella costruzi<strong>on</strong>e di torpediniere e sommergibili le sue lavorazi<strong>on</strong>i principali e che produce nello stabilimento torinesemotori marini e tubi di lancio. Nel 1908 esce dai reparti dello stabilimento il primo motore diesel. Nel 1916 la Fiat San14
Giorgio è ceduta alla genovese Ansaldo. Durante la prima guerra m<strong>on</strong>diale, dalla fabbrica esc<strong>on</strong>o più di 100 motori, seguitisubito dopo il c<strong>on</strong>flitto da motori per le mot<strong>on</strong>avi c<strong>on</strong> una potenza che arriva a toccare i 1.400 cavalli. Nel 1923 lo stabilimentoè riacquistato dalla Fiat, che inaugura la sezi<strong>on</strong>e Grandi Motori, destinata alla costruzi<strong>on</strong>e di motori diesel perqualsiasi applicazi<strong>on</strong>e, in particolare per uso marino. Nasce così il più grande stabilimento della Barriera di Milano, uncuore pulsante il cui battito roboante arriva a farsi sentire in ogni spazio del territorio, soprattutto durante le prove, quandosi sent<strong>on</strong>o ruggire il motore e tremare i vetri delle finestre. Tra il 1923 e il 1928 il complesso è al centro di un ampliamento,che porta la Grandi Motori, dove nel 1935 s<strong>on</strong>o occupati 5.000 dipendenti, a svilupparsi su una superficie di 115.000 metriquadrati. Durante la sec<strong>on</strong>da guerra m<strong>on</strong>diale l’azienda, vittima delle bombe alleate, lega il proprio nome a quello dellaResistenza: tra i lavoratori, molto attivi nelle agitazi<strong>on</strong>i operaie c<strong>on</strong>tro il fascismo e la guerra, agisc<strong>on</strong>o fin dal 1944 le SAPinterne allo stabilimento. Terminata la guerra, i primi segnali di ripresa si registrano a partire dal 1948, mente tra il 1951 eil 1954 la fabbrica è al centro di un ampliamento che c<strong>on</strong>sente di aumentare le capacità produttive. Un periodo coincidentec<strong>on</strong> un incremento delle commesse portando l’azienda, che nei primi anni Sessanta impiega circa 4.000 addetti, allo splendoredi un tempo. Nell’ottobre del 1966, Fiat e Iri siglano un accordo per la creazi<strong>on</strong>e a Trieste della Società Grandi Motoridi Trieste. Il nuovo complesso è inaugurato nel 1971, e assorbe, tra operai, impiegati, tecnici e dirigenti, circa 3.000 dipendenti,molti dei quali provenienti dalla Grandi Motori di Torino, che cessa in questi anni la propria attività. Oggi l’area exGrandi Motori è destinata ad essere abbattuta.SNIA - ViscosaNel 1917 Riccardo Gualino e Giovanni Agnelli f<strong>on</strong>dano la Società di Navigazi<strong>on</strong>e Italo-Americana (SNIA), che si occupa ditrasportare combustibile dall’Italia agli Stati Uniti. Dopo la prima guerra m<strong>on</strong>diale, l’attività dell’azienda c<strong>on</strong>osce una bruscafrenata, inducendo la società a orientarsi su altri obiettivi. Il ramo sul quale c<strong>on</strong>centrare l’attenzi<strong>on</strong>e è quello delle fibretessili e artificiali la cui richiesta c<strong>on</strong>osce nel periodo post bellico una notevole impennata. Sull’<strong>on</strong>da della nuova strategiaimprenditoriale, la SNIA acquista nel 1920 la Società Viscosa di Pavia, proprietaria del sec<strong>on</strong>do stabilimento italiano difibre chimiche a Venaria Reale, della Società Italiana Seta Artificiale a Cesano Maderno e di altri complessi minori dislocatiin varie località dell’Italia settentri<strong>on</strong>ale. La SNIA muta così la propria denominazi<strong>on</strong>e in SNIA-VISCOSA, irrompendo nelmercato della produzi<strong>on</strong>e di fibre artificiali e recitando un ruolo di primo piano: nel solo 1927, ad esempio, produce oltre13 mili<strong>on</strong>i di chilogrammi di filati artificiali, la gran parte dei quali trova sbocco verso mercati nazi<strong>on</strong>ali ed esteri. Nel 1935,a quindici anni dalla sua f<strong>on</strong>dazi<strong>on</strong>e, la SNIA-VISCOSA è un vero e proprio colosso capace di impiegare nei suoi dodicistabilimenti circa 20.000 operai.Tra gli stabilimenti principali vi è quello di Torino, ubicato nel territorio dell’Abbadia di Stura, ai margini della Barriera diMilano, la cui costruzi<strong>on</strong>e inizia nel 1925. Una struttura dalla superficie di oltre due mili<strong>on</strong>i di metri quadrati, che iniziala produzi<strong>on</strong>e nel 1926. La scelta di Abbadia di Stura è dovuta alla vicinanza al complesso Snia di Venaria, all’adiacenzaalla già programmata autostrada Torino-Milano e alla vol<strong>on</strong>tà di isolare la fabbrica per evitare ai lavoratori, in gran parteimmigrati dal veneto, i c<strong>on</strong>tatti c<strong>on</strong> quelli delle altre industrie cittadine. Nel 1927 la società c<strong>on</strong>solida la propria presenzain città, impiantando in Borgo San Paolo, una struttura adibita alle lavorazi<strong>on</strong>i meccaniche. Dopo aver superato gli effettidella grave crisi del 1929, la SNIA inizia nel 1931, prima in Italia, la fabbricazi<strong>on</strong>e del fiocco, fibra corta che può essere filata15