esempio, nel complesso torinese lavorano soltanto 4 uomini).Al termine della guerra il governo italiano affida alle Officine la costruzi<strong>on</strong>e di locomotori, cui segue, nel corso degli anniVenti, la realizzazi<strong>on</strong>e di opere infrastrutturali e impianti idroelettrici. Alla vigilia del sec<strong>on</strong>do c<strong>on</strong>flitto m<strong>on</strong>diale, la societàsi presenta come una realtà adatta a sostenere lo sforzo richiesto dalla nuova produzi<strong>on</strong>e di guerra, che vede impegnata unaforza lavoro altamente qualificata, composta, a Torino, da 300 impiegati e 1.300 operai, chiamati a produrre granate, portasiluri, carri ferroviari trattori, telef<strong>on</strong>i militari da campo, apparecchi radio e vari tipi di macchinari elettrici. I bombardamentialleati, le mine tedesche e gli sc<strong>on</strong>tri insurrezi<strong>on</strong>ali dell’aprile 1945 lasciano allo stabilimento di Torino un’eredità pesante,che però n<strong>on</strong> impedisce la ripresa dei lavori già nel maggio 1945, quando le Ferrovie dello Stato commissi<strong>on</strong>ano alla SNOSla ricostruzi<strong>on</strong>e di quattro locomotori elettrici danneggiati dagli eventi bellici. Negli anni successivi, l’attività dell’aziendariprende attraversando fasi alterne fino al 1960, quando a seguito di una prof<strong>on</strong>da crisi la SNOS, che impiega circa 4.000dipendenti, è costretta a un ridimensi<strong>on</strong>amento che vede la cessi<strong>on</strong>e alla Fiat del comparto ferroviario, che c<strong>on</strong>tinua laproduzi<strong>on</strong>e nello stabilimento di Savigliano fino al 2000, anno in cui il complesso è ceduto alla Alstom, azienda franceseleader nell’ingegneria ferroviaria. Il complesso di Torino c<strong>on</strong>osce invece un destino differente. La presenza dell’ENEL comeprincipale committente orienta la produzi<strong>on</strong>e aziendale verso la fabbricazi<strong>on</strong>e di alternatori, trasformatori e impianti elettrici.Il 1975 segna l’ultima fase di ric<strong>on</strong>versi<strong>on</strong>e dell’azienda: acquisita dalla statunitense General Electric, passa dall’attivitàdi produzi<strong>on</strong>e a quella di manutenzi<strong>on</strong>e. Ridotto a 80 dipendenti, lo stabilimento di Torino chiuderà definitivamente i battentinel 2005. Oggi, sull’area ex SNOS, sorg<strong>on</strong>o un centro commerciale e dei complessi residenziali.LanciaIl 29 novembre 1906 Vincenzo Lancia, figlio di Giuseppe, imprenditoredell’industria c<strong>on</strong>serviera, f<strong>on</strong>da insieme a ClaudioFogolin, ex collaudatore Fiat, la società in nome collettivo Lanciae C. Inizialmente lo stabilimento si insedia nei locali dellaex fabbrica automobilistica Itala, nell’isolato compreso tra levie D<strong>on</strong>izetti e Ormea, nel quartiere di San Salvario. Dopo illancio, nel 1907, del suo primo modello, l’HP 12, l’aziendac<strong>on</strong>osce un periodo di espansi<strong>on</strong>e culminato c<strong>on</strong> l’acquisizi<strong>on</strong>e di uno stabile in corso Dante, utilizzato per il collaudodei veicoli. Due anni più tardi la Lancia, che c<strong>on</strong>ta un ingente patrim<strong>on</strong>io immobiliare (e cioè l’intero isolato compresotra le vie D<strong>on</strong>izetti, Petrarca, Ormea e Pietro Giuria), appare una realtà produttiva ampiamente c<strong>on</strong>solidata, sebbene lasua vocazi<strong>on</strong>e fosse più artigianale che industriale: 131 autovetture nel 1908, 150 nel 1909 e 258 nel 1910, c<strong>on</strong>tro le1.698 uscite, nello stesso anno, dagli stabilimenti Fiat. A partire dal sec<strong>on</strong>do decennio del ‘900, grazie alla maggiordiffusi<strong>on</strong>e dell’elettricità che scioglie il vincolo della dipendenza dall’energia idraulica, la Lancia getta le basi per il propriodefinitivo c<strong>on</strong>solidamento. Nel 1911 Vincenzo Lancia acquista tre lotti di terreni tra i corsi Peschiera, Racc<strong>on</strong>igi el’attuale via Envie, in borgo San Paolo, tessendo così un legame c<strong>on</strong> il quartiere destinato a diventare molto prof<strong>on</strong>do ea caratterizzare l’intera parabola aziendale: nel 1920, ad esempio, un dipendente su due proviene dal borgo, e un altro37,8% abita poco più l<strong>on</strong>tano. Un rapporto che resta forte anche negli anni successivi: nel 1954, ad esempio, il 45%18
del pers<strong>on</strong>ale Lancia risiede in un territorio compreso nel quadrilatero tra i corsi Brunelleschi, Rosselli, Francia e Li<strong>on</strong>e.Il trasferimento in borgo San Paolo coincide c<strong>on</strong> una fase di crescita della Lancia che passa dai 390 operai del 1911 ai469 del 1914, anno in cui la produzi<strong>on</strong>e annuale di veicoli si attesta sulle 457 unità. Durante il primo c<strong>on</strong>flitto m<strong>on</strong>diale,la Lancia si c<strong>on</strong>centra soprattutto sulla produzi<strong>on</strong>e di veicoli militari, in particolar modo autocarri, abband<strong>on</strong>ando quasitotalmente quella di autovetture, come evidenziano i dati sulla produzi<strong>on</strong>e: tra il 1915 e il 1917 le automobili prodotte s<strong>on</strong>o400, scese ad appena 35 nel 1918, quando aumentano sensibilmente gli autocarri, passati a 859 unità a fr<strong>on</strong>te dei 118 del1915. Negli stessi anni l’azienda tenta anche di dedicarsi alla produzi<strong>on</strong>e di motori aerei, senza però ottenere risultati soddisfacenti.Al termine del c<strong>on</strong>flitto, la Lancia c<strong>on</strong>solida la propria presenza sul territorio ampliando i reparti produttivi di viaM<strong>on</strong>ginevro che arrivano a occupare una superficie di 60.000 mq, e inaugurando, nel 1919, un nuovo stabilimento (visibileancora oggi), ubicato tra i corsi Racc<strong>on</strong>igi e Peschiera. Tra il 1922 e il 1925 la Lancia, impegnata in una produzi<strong>on</strong>ecaratterizzata da elevati standard qualitativi che nel 1923, c<strong>on</strong> il lancio della Lambda tocca probabilmente il punto più alto,c<strong>on</strong>osce una cospicua crescita degli utili. Una situazi<strong>on</strong>e che, a partire dagli anni Trenta, porta l’azienda ad affiancare allaproduzi<strong>on</strong>e di autovetture, quella di autocarri, autobus urbani e veicoli industriali, come il Pentajota, il Tetrajota e l’Omicr<strong>on</strong>.È in questo periodo che l’azienda adotta come denominazi<strong>on</strong>e per le proprie vetture le lettere dell’alfabeto greco (tendenzache c<strong>on</strong>tinua ancora oggi) per poi sostituirle c<strong>on</strong> nomi di torri dell’antichità classica, come dimostrano l’Aurelia, l’Augusta,l’Aprilia e l’Artena. Nel 1935, lo scoppio della guerra d’Etiopia e il c<strong>on</strong>seguente aumento di richieste di commesse militariportano l’azienda a c<strong>on</strong>centrarsi soprattutto sulla produzi<strong>on</strong>e di autocarri, che ha nel governo italiano uno dei maggioricommittenti. L’anno successivo, su precisa richiesta del regime fascista che intende “favorire l’incremento industriale nelleregi<strong>on</strong>i redente”, l’azienda inaugura un nuovo stabilimento a Bolzano all’interno del quale sorg<strong>on</strong>o i reparti di f<strong>on</strong>deria equelli di produzi<strong>on</strong>e di veicoli industriali.C<strong>on</strong> lo scoppio della sec<strong>on</strong>da guerra m<strong>on</strong>diale, la produzi<strong>on</strong>e bellica c<strong>on</strong>tinua a rappresentare la principale attività dellostabilimento che a partire dal 1942, quando occupa 7.026 dipendenti, inizia a essere vittima dei bombardamenti alleati,che danneggiano pesantemente immobili e macchinari. Nell’immediato dopoguerra, la stagnazi<strong>on</strong>e del mercato dei veicoliindustriali apre un periodo di difficoltà per c<strong>on</strong>trastare il quale n<strong>on</strong> s<strong>on</strong>o sufficienti i primi modelli costruiti in tempo di pace,come l’Ardea, l’Appia e, soprattutto, l’Aurelia, uscita per la prima volta dai cancelli di via M<strong>on</strong>ginevro nel 1950. Nel 1956,nell’ottica di un accorpamento degli uffici aziendali, viene ultimata la produzi<strong>on</strong>e del grattacielo Lancia, una costruzi<strong>on</strong>edi oltre settanta metri di altezza destinata a c<strong>on</strong>notare lo spazio urbano circostante. L’anno precedente Adele Lancia, chedopo la morte del marito Vincenzo rileva la presidenza dell’azienda, cede l’intero assetto azi<strong>on</strong>ario della società al gruppoPesenti, che negli anni seguenti provvede all’ammodernamento delle unità produttive di Torino e Bolzano e alla costruzi<strong>on</strong>edell’imp<strong>on</strong>ente stabilimento di Chivasso. Nel 1968 la Lancia occupa complessivamente 10.182 operai e 1.940 impiegati,distribuiti nei tre complessi di Torino, Chivasso e Bolzano che produc<strong>on</strong>o annualmente 37.065 vetture e 2.432 autoveicoliindustriali. Numeri che n<strong>on</strong> evitano all’azienda un progressivo declino sia nel mercato delle autovetture, sia in quello deiveicoli industriali. Nel 1969 l’azienda è acquisita dalla Fiat che, nell’ottica di una ristrutturazi<strong>on</strong>e aziendale, chiude lo stabilimentodi borgo San Paolo, c<strong>on</strong>centrando l’intera produzi<strong>on</strong>e nella struttura di Chivasso. Due anni più tardi cessa la produzi<strong>on</strong>eanche il complesso di Bolzano, deputato esclusivamente alla produzi<strong>on</strong>e di veicoli industriali. Nel 1993 la Fiat cede laLancia alla Carrozzeria Maggiora, che c<strong>on</strong>tinua la produzi<strong>on</strong>e fino al 2003, anno della definitiva cessazi<strong>on</strong>e delle attività.19