anche dalle imprese tessili, la cui produzi<strong>on</strong>e passa dagli 11,5 mili<strong>on</strong>i di chilogrammi del 1930 ai 47 mili<strong>on</strong>i di chilogrammidel 1936. Alla vigilia del c<strong>on</strong>flitto m<strong>on</strong>diale la SNIA impiega a Torino poco meno di 2.000 dipendenti: 1.350 nello stabilimentodi fibre tessili ed artificiali e 620 in quello per lavorazi<strong>on</strong>i meccaniche. Nel 1954 lo stabilimento di produzi<strong>on</strong>e fibree tessuti chiude, mentre quello meccanico, che nel 1961 occupa 496 lavoratori, c<strong>on</strong>tinua la sua attività ancora per qualcheanno. Dopo la chiusura, la SNIA cede la struttura di Torino Stura alla Michelin, che la utilizza fino ai primi anni Ottanta. Oggisulla stessa area sorge un ipermercato.Villaggio SNIANel 1925, in prossimità dello stabilimento di Abbadia di Stura,lungo la direttrice dell’attuale corso Vercelli, la SNIA costruisceun villaggio dove alloggiare i propri dipendenti. Affidatoall’architetto Vittorio Tornielli, il progetto prevede la costruzi<strong>on</strong>edi un complesso destinato a ospitare, in ordine gerarchico,tutti i dipendenti: 11.000 vani in grado di accogliere icirca 15.000 lavoratori che la società intende inizialmente impiegarenel proprio stabilimento. Le cose però andranno diversamente.Infatti, in fase di costruzi<strong>on</strong>e, il progetto è oggettodi un drastico ridimensi<strong>on</strong>amento: s<strong>on</strong>o costruiti 576 vani, al cui interno trovano spazio 800 dipendenti. Le abitazi<strong>on</strong>i,isolate dal resto della città, s<strong>on</strong>o povere di infrastrutture e servizi, ad eccezi<strong>on</strong>e di una chiesa, un lavatoio e pochi negoziadibiti alla vendita dei generi di prima necessità. Lasciato per anni in c<strong>on</strong>dizi<strong>on</strong>i di degrado, il complesso è stato da pocooggetto di un’opera di restauro curata dalla Città di Torino.SupergaNata a Torino nel 1916, la Superga si specializza fin da subito nella produzi<strong>on</strong>e di materiale in gomma alla quale affiancalavorazi<strong>on</strong>i di tipo calzaturiero: stivali in gomma, suole e tacchi per calzaturedi cuoio, pantofole in panno e, soprattutto, calzature da tennis (il notomodello 2.750 prodotto per la prima volta nel 1925) che caratterizzerannola storia del marchio, c<strong>on</strong>tribuendo in maniera rilevante al suo successo suscala nazi<strong>on</strong>ale e internazi<strong>on</strong>ale.Se gli anni Venti e Trenta n<strong>on</strong> fanno registrare mutamenti nelle strategieproduttive, l’entrata in guerra dell’Italia imp<strong>on</strong>e alla Superga una diversificazi<strong>on</strong>edelle lavorazi<strong>on</strong>i: accanto a quella dei tradizi<strong>on</strong>ali articoli in gomma,inizia così la produzi<strong>on</strong>e di maschere antigas. Dichiarata industria ausiliariae danneggiata pesantemente dalle incursi<strong>on</strong>i alleate, al termine del c<strong>on</strong>flittol’azienda elabora un programma di rilancio della produttività che culmina,nel 1951, c<strong>on</strong> l’acquisto della società da parte del gruppo milanese Pirelli,16
che diventa proprietario a tutti gli effetti del marchio Superga. A partire dalla sec<strong>on</strong>da metà degli anni Cinquanta, la Supergaraggiunge livelli produttivi significativi. Un successo suggellato dall’apertura, nel 1964, di un nuovo complesso produttivoa Triggiano (Bari), all’interno del quale s<strong>on</strong>o impiegati 439 lavoratori che, uniti ai 1.371 (1.210 operai, 161 impiegati e 9dirigenti) dislocati in quello di Torino, portano il gruppo ad avere una forza occupazi<strong>on</strong>ale di 1.800 dipendenti, la gran partedei quali, elemento comune a tutto il settore calzaturiero, è costituito da manodopera femminile.Verso la fine degli anni Sessanta il periodo di espansi<strong>on</strong>e subisce una netta flessi<strong>on</strong>e portando a una diminuzi<strong>on</strong>e dellamanodopera impiegata nello stabilimento di Torino, passata dai 1.371 addetti del 1969 ai 1.234 del 1970, fino ad arrivareai 1.148 dipendenti del 1971. È l’inizio di una lunga crisi, testim<strong>on</strong>iata da una nuova riduzi<strong>on</strong>e dei dipendenti, il cui numero,nel 1976, amm<strong>on</strong>ta a 751 unità. Una situazi<strong>on</strong>e alla quale n<strong>on</strong> si riesce a far fr<strong>on</strong>te nemmeno c<strong>on</strong> la sostituzi<strong>on</strong>e di antichelavorazi<strong>on</strong>i (stivali e pantofole) c<strong>on</strong> calzature per sport e tempo libero: nel 1981 il bilancio è in attivo di poche decine dimili<strong>on</strong>i, mentre nel 1985 chiude lo stabilimento di Triggiano. Nello stesso periodo i vertici aziendali decid<strong>on</strong>o di ampliare ilprocesso di terziarizzazi<strong>on</strong>e della produzi<strong>on</strong>e assegnando le lavorazi<strong>on</strong>i ad imprese dislocate soprattutto in Asia (Ind<strong>on</strong>esia,Malesia, Taiwan, Sri Lanka e Cina) e nell’Est Europeo (Jugoslavia e Cecoslovacchia).Nel 1992, la Superga è rilevata da una società di venture capital, la Sopaf, che annuncia la vol<strong>on</strong>tà di trasferire all’esteroil totale delle produzi<strong>on</strong>i lasciando nello stabilimento di Torino (dove nel 1995, i 301 dipendenti c<strong>on</strong>tinuavano a svolgereappena il 13,4% delle produzi<strong>on</strong>i) le lavorazi<strong>on</strong>i più particolareggiate. Nel 1998 l’azienda attraversa un nuovo periodo didifficoltà che rende indispensabile la vendita del patrim<strong>on</strong>io immobiliare dell’area di via Verolengo e il trasferimento a Rivolidell’attività produttiva. Nel 2004 il gruppo BasicNet acquista la licenza m<strong>on</strong>diale per produrre e distribuire i prodotti Superga,c<strong>on</strong>tribuendo in maniera significativa al rilancio che lo storico marchio torinese ha c<strong>on</strong>osciuto in questi ultimi anni. Attualmentesull’area ex Superga sorg<strong>on</strong>o edifici residenziali, mentre la palazzina dirigenziale di via Verolengo e il magazzinodi via Orvieto s<strong>on</strong>o stati c<strong>on</strong>servati e destinati a nuovi usi.Società Nazi<strong>on</strong>ale Officine di Savigliano (SNOS)F<strong>on</strong>data nel 1880, la Società Nazi<strong>on</strong>ale Officine di Savigliano,nel cui stabilimento lavorano circa 640 operai, orienta la propriaattività verso la produzi<strong>on</strong>e di materiale rotabile. Nel 1881assorbe la Società An<strong>on</strong>ima Italiana Ausiliare di strade ferrate,tramvie e lavori pubblici, azienda torinese di capitale belga,ereditand<strong>on</strong>e la forza lavoro (circa 700 dipendenti) e lostabilimento di corso Mortara. Un passaggio che c<strong>on</strong>sente diaffiancare alle tradizi<strong>on</strong>ali lavorazi<strong>on</strong>i di materiale rotabile quelle di macchinari elettrici, costruzi<strong>on</strong>i impiantistiche ed elettromeccaniche,portando a un aumento della manodopera nello stabilimento di Savigliano e in quello di Torino, dove nel1914, lavorano 978 dipendenti. Durante la prima guerra m<strong>on</strong>diale l’azienda modifica le proprie strategie orientandosi versola costruzi<strong>on</strong>e di materiale bellico: dai reparti di corso Mortara esc<strong>on</strong>o infatti bombe, pezzi per artiglieria, apparati motoriaere<strong>on</strong>autici e navali. Una produzi<strong>on</strong>e affidata in gran parte a manodopera femminile che, chiamata a sostituire gli uominiimpegnati al fr<strong>on</strong>te, registra tra il 1915 e il 1918 il maggior numero di presenze nella lunga storia della società (nel 1914, ad17