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Organo ufficiale della Società Italiana di Vittimologia (S.I.V.)

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là del concetto tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> vittima neiproce<strong>di</strong>menti penali internazionali. Questo èpossibile, quando si tratta <strong>di</strong> vittime <strong>di</strong> genoci<strong>di</strong>o.In altre parole, se si tratta <strong>di</strong> genoci<strong>di</strong>o, unainterpretazione certamente plausibile è che levittime <strong>di</strong> questi crimini siano costituitedall’umanità nella sua interezza.Senza affrontare tutti i corollari <strong>di</strong> questadefinizione, <strong>di</strong> cui abbiamo brevemente <strong>di</strong>scussonel paragrafo introduttivo, risulta evidente cheessa pone un problema assai complessoall’interprete, sia esso il giu<strong>di</strong>ce, il procuratore ol’avvocato, nell’identificare chi potrà essereconsiderato vittima con <strong>di</strong>ritto ad unapartecipazione giu<strong>di</strong>ziale. Forse, ancora <strong>di</strong> più ilproblema si pone al legislatore che intendaistituire una giuris<strong>di</strong>zione internazionale con ilfine, fra gli altri, <strong>di</strong> dare una voce alle vittime. Se,in altre parole, vittima del genoci<strong>di</strong>o e dei criminiinternazionali in genere è l’umanità nel suocomplesso, come è possibile permettereun’effettiva e realistica gestione <strong>della</strong>partecipazione <strong>di</strong> questa – invero assai ampia –categoria, allo svolgimento del processo penaleinternazionale? In realtà, la soluzione a questo<strong>di</strong>lemma risiede nella consapevolezza che iltermine umanità non descrive la vittima o il benegiuri<strong>di</strong>co protetto, bensì l’offesa contro uncomune senso <strong>di</strong> umanità che tutti gli esseri umanicon<strong>di</strong>vidono o dovrebbero con<strong>di</strong>videre. Comeappare chiaro dalle riflessioni qui brevementetratteggiate, una delle questioni principaliaffrontata nell’occasione <strong>della</strong> partecipazionegiu<strong>di</strong>ziale delle vittime, appare essere quella <strong>della</strong>definizione stessa <strong>di</strong> vittima nel contesto deicrimini internazionali. Questa, in realtà,sembrerebbe rappresentare un nodo talmentefondamentale da essere <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>mento ad unaqualsiasi risoluzione <strong>della</strong> questione più ampiasulla partecipazione giu<strong>di</strong>ziale. Come si può, inaltre parole, <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> partecipazione giu<strong>di</strong>zialedelle vittime nei processi penali internazionali seprima non si è concor<strong>di</strong> nel definire chi possaessere considerata una vittima a tale fine?I primi processi penali internazionali per crimini<strong>di</strong> guerra e contro l’umanità sono stati quelli,celeberrimi, <strong>di</strong> Norimberga e Tokio 23 . In queiproce<strong>di</strong>menti, che ora appaiono assai lontani dallanostra sensibilità contemporanea sul giustoprocesso e sui <strong>di</strong>ritti degli imputati, le vittime nonavevano alcuno status particolare. In altre parole,le vittime non avevano nessuna possibilità <strong>di</strong>costituirsi parte civile. Non esisteva nessunaregolamentazione del <strong>di</strong>ritto a compensazione orisarcimento danni, e non era previsto alcunorgano specifico che si occupasse <strong>della</strong> protezionedei loro interessi 24 . Il problema era stato risoltoomettendo totalmente la questione <strong>della</strong>partecipazione. Considerata la situazione da unaltro punto <strong>di</strong> vista, si può ritenere che ilsod<strong>di</strong>sfacimento degli interessi delle vittimedoveva essere identificato nella circostanza stessache, per la prima volta nella storia, si celebrava unprocesso internazionale per crimini così seri.Nonostante l’esperienza dei processi <strong>di</strong>Norimberga e Tokio e l’espressa volontà nel 1948<strong>di</strong> creare una Corte Penale Internazionale, ci sono23Sul processo <strong>di</strong> Norimberga, la bibliografia èvastissima. Recentemente, si veda Mettraux G. (e<strong>di</strong>tedby), Perspectives on the Nuremberg Trial, Oxford,Oxford University Press, 2008, che raccoglie testi eriflessioni degli ultimi sessant’anni in riferimento aquegli avvenimenti. In merito al processo <strong>di</strong> Tokio, leriflessioni più penetranti sono forse quelle del giu<strong>di</strong>ceRöling B. in Cassese A. (e<strong>di</strong>ted by), The Tokyo Trialand Beyond: Reflections of a Peacemonger,Cambridge, Polity Press, 1993.Rivista <strong>di</strong> Criminologia, <strong>Vittimologia</strong> e Sicurezza – Vol. VI – N. 3 – Settembre-Dicembre 2012 21

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