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Lesioni capsulo legamentose acute della caviglia: trattamento ...

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s58A. FERRETTI, F. MORELLICLASSIFICAZIONELe lesioni <strong>legamentose</strong> vengono abitualmente classificatein tre gradi a seconda <strong>della</strong> gravità del danno. Nelle lesionidi primo grado il legamento è semplicemente stirato;macroscopicamente il legamento è intatto e presenta solomicroscopici focolai emorragici; mantiene la sua continuitàe resistenza alla trazione. In questi casi il <strong>trattamento</strong> èesclusivamente sintomatico e focalizzato sulla risoluzionedel dolore che normalmente scompare in pochi giorni.Nelle lesioni di secondo grado il legamento è parzialmenterotto, talora a più livelli; mantiene la sua continuità maè funzionalmente indebolito; il quadro clinico è di solitopiù serio con versamento ematico e tumefazione articolare:l’articolazione rimane, come nelle lesioni di I grado,stabile. Il <strong>trattamento</strong> è conservativo ma può richiederel’applicazione di un tutore di protezione che garantiscaquella quiete meccanica utile, soprattutto nelle fasi iniziali,a garantire un processo di cicatrizzazione più efficace.Nelle lesioni di III grado invece il legamento è completamenterotto; perde interamente la sua continuità e lasua funzione generando una mobilità preternaturale <strong>della</strong><strong>caviglia</strong>, la lassità articolare appunto. Ed è in questi, esolo in questi, casi che può trovare talora indicazione un<strong>trattamento</strong> chirurgico del danno legamentoso 1 2 .Oltre a questa classificazione, comune peraltro a tuttele lesioni <strong>legamentose</strong>, ne esiste un’altra, più specificaper la <strong>caviglia</strong> che distingue le lesioni in singole, se interessanosolo il legamento peroneo-astragalico anteriore(LPAA), il primo normalmente coinvolto dalla sollecitazionedistorsiva, e doppie, se cioè interessano anche il legamentoperoneo-calcaneare (LPC); è noto infatti che il terzolegamento dell <strong>caviglia</strong>, il peroneo-astragalico posteriore(LPAP) può rompersi quasi esclusivamente per traumi diparticolare gravità come fratture e lussazioni.DIAGNOSIL’inquadramento diagnostico di una distorsione di <strong>caviglia</strong>non può limitarsi, a livello specialistico, al semplicetermine, clinicamente corretto ma insufficiente, di distorsione,concetto questo alla portata dello stesso paziente,ma deve cercare di individuare la sede e l’entità deldanno e cioè se trattasi di lesione di I, II o III grado ed inquesto caso se sia coinvolto uno solo o entrambi i legamentidel compartimento esterno. Non vi è dubbio chel’aspetto più delicato sia il riconoscimento delle distorsioniinstabili (III grado) che producono una lassità articolaree che potrebbero richiedere una particolare attenzioneterapeutica.Dopo l’anamnesi, nella quale devono essere individuati ilmeccanismo traumatico, la sensazione soggettiva al momentodel trauma (il “crack”, talora avvertito dal pazientepuò essere suggestivo per una lesione importante oltreche per una frattura) ed il grado dell’impotenza funzionale,di solito marcata nei casi più gravi, si deve procederecon l’esame obiettivo, sempre tenendo bene in mente lapossibilità <strong>della</strong> presenza di una frattura (malleoli!). Lasede del dolore può essere un buon indicatore <strong>della</strong> sedereale del danno: nelle lesioni <strong>legamentose</strong> questa si situapreferibilmente subito al davanti del malleolo peroneale(LPAA). Quando il quadro clinico non consente di escludereuna frattura è doveroso eseguire un esame rx standardprima di procedere ulteriormente alla valutazione <strong>della</strong>lassità articolare che, come abbiamo detto, è l’elementocaratteristico delle lesioni di III grado. Una volta esclusedelle fratture si può tranquillamente procedere all’esecuzionedei test di lassità legamentosa: il test del cassettoastragalico anteriore ed il test dell’inversione, eseguiti incomparativa procedendo inizialmente dal alto sano.Purtroppo l’esecuzione di questi test in fase acuta è resodifficile dalla tumefazione, dal dolore e dalla contratturadi difesa del paziente per cui è necessario spesso avereuna grande pazienza, cercare di ottenere il dovuto rilasciamentodel paziente, ripetendo più volte con dolcezzale manovre fino a raggiungere l’obiettivo di una attendibilevalutazione <strong>della</strong> lassità. Dobbiamo sempre considerareche, in entrambi i test, la mano dell’esaminatore afferrail calcagno e quindi muove simultaneamente due articolazioni(tibio-tarsica e sottoastragalica): nella realtà deifatti quindi la valutazione clinica <strong>della</strong> lassità articolare<strong>della</strong> tibio-tarsica, e quindi il riconoscimento in fase acutadi una lesione di III grado, può risultare estremamentedifficile anche in mani esperte.A causa del’obbiettiva difficoltà di una diagnosi clinicaattendibile si può far ricorso alle indagini strumentali, graziealle quali siamo oggi in grado di quantificare esattamentel’entità del danno e di poter quindi formulare unadiagnosi completa.Detto delle radiografie standard, necessarie praticamentesempre per escludere fratture, le tecniche oggi disponibilicomprendono l’ecografia, la RM e le radiografie dinamiche,essendo la TC destinata solo ad un ulteriore approfondimentodiagnostico sullo scheletro e non sulla componentelegamentosa articolare oggetto del presente lavoro.L’ecografia permette di evidenziare soprattutto l’edemaed il versamento che accompagna la lesione legamentosa;talora evidenzia l’interruzione dei fasci legamentosianche se non può distinguere sempre una lesione completa(III grado) da una estesa ma incompleta (II grado) ed èquindi spesso inconclusiva per i nostri scopi.La Risonanza Magnetica è sicuramente più precisa edattendibile fornendo spesso quadri anatomici di rara evidenza.Potendo talora sfruttare l’effetto contrastograficodell’emartro i legamenti risultano ancora più evidenti e lelesioni facilmente interpretabili. Tuttavia anche in questocaso non sempre un danno esteso ma incompleto puòessere distinto da uno completo. Inoltre un elemento fon-

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