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Le protesi della mano: disegno e selezione dell'impianto - Giornale ...

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G.I.O.T. 2007;33:229-2362007;33:XX-XX<strong>Le</strong> <strong>protesi</strong> <strong>della</strong> <strong>mano</strong>: <strong>disegno</strong> e <strong>selezione</strong> dell’impiantoHand prosthesis: design and choice of implantG.F. BerzeroC. GrandisA. ScaleseRiassuntoGli AA. descrivono l’utilizzo delle <strong>protesi</strong> nel trattamento delle affezioni degenerativee post-traumatiche <strong>della</strong> <strong>mano</strong>, cominciato nella metà degli anni ’60, dopo unafase pionieristica. Essi analizzano le indicazioni d’uso nei vari distretti anatomici,valutando l’evoluzione del <strong>disegno</strong> ed il differente utilizzo dei vari materiali dicostruzione.Il monoblocco in silastic di Swanson è ancora il modello più noto, se non il più utilizzatonel bagaglio terapeutico per la facilità di impianto e di revisione, per l’assenzadi dolore. <strong>Le</strong> <strong>protesi</strong> in titanio, dopo una fase di speranza, hanno evidenziato il lorolimite, soprattutto per la rigidità degli impianti.<strong>Le</strong> <strong>protesi</strong> anatomiche non vincolate con fulcro articolare fisso, realizzate in pirocarbonioappaiono oggi assai promettenti, sia per l’ottima tollerabilità biologica che perla fissazione ossea apposizionale che inducono; esse realizzano una biomeccanicasimile a quella fisiologica che consente il risparmio dei legamenti ed una distribuzioneomogenea delle forze, aumentando l’arco di movimento articolare. Come inaltri distretti corporei, anche nella <strong>mano</strong> non esiste attualmente una <strong>protesi</strong> “ideale”e solo l’integrazione delle conoscenze <strong>della</strong> medicina, con quelle dell’ingegneria edello studio dei biomateriali può portare a sempre nuovi miglioramenti tecnici.Parole chiave: impianto, <strong>protesi</strong>, <strong>mano</strong>SummaryCentro di Chirurgia <strong>della</strong> ManoIRCCS, Istituto Ortopedico “R.Galeazzi”, MilanoRelazione presentata nel corsodel 92° Congresso NazionaleS.I.O.T., Bologna 11-15 novembre2007Authors describe prosthesis’ growing in treatment degenerative and post-traumaticdiseases of the hand. The experience began the firtst half of the sixties, after a pioneer’speriod. They analysed the indications of use in different anatomic districts,thinking of the different materials used.The silastic Swanson implant is also painless and is now the most famous and usedfor its implant semplicity properties and secondary surgical reprise, maintening aprimary position in the therapeutic planning.Titanium prostheses, after a hopefull period, have been over their limits, especiallyabout the rigidity of implants.The pyrocarbon anatomical non constrained prostheses with fixed articular fulcrumcould be promising to the good biological tollerability and to the bony’s appositionalfixation. They have created a biomechanics which is as normal, sparing ligaments,giving an homogenous distribution of the strength and improving the arch of movement.As in others body districts, even in the hand actually doesn’t exist an ideal229


<strong>Le</strong> <strong>protesi</strong> <strong>della</strong> <strong>mano</strong>prosthese: only the integration between medicine knowledge,engineering and biotechnology can lead to newthechnical improvements.Key words: implant, prosthesis, handIntroduzioneL’utilizzo delle <strong>protesi</strong> articolari è di assai più recenteintroduzione nel polso e nella <strong>mano</strong> rispetto all’artoinferiore, in quanto le ossa tubulari delle falangi e deimetacarpali tollerano male l’applicazione di un impiantometallico a cerniera fissa. Nel 1955 Batemann applicò laprima endo<strong>protesi</strong> metallica con gambo midollare allaPIP e nel 1959 Brannon 1 sviluppò una <strong>protesi</strong> metallica acerniera per le articolazioni digitali, mentre Flatt iniziò nelmedesimo anno la <strong>protesi</strong>zzazione delle metacarpo-falangeenell’artrite reumatoide; a questi tentativi seguirononegli anni Settanta numerosi modelli realizzati in varimateriali (metallo-ceramica, silicone), vincolati e caratterizzatida design a cerniera o di tipo ball-and-socket,vincolati e caratterizzati da differenti tipi di fissazione.Tali modelli ebbero breve vita per i gravi inconvenientiche produssero: riassorbimento osseo e mobilizzazione<strong>protesi</strong>ca secondaria, difficoltà di fissazione mediantecemento degli impianti nelle piccole diafisi delle ossatubulari <strong>della</strong> <strong>mano</strong> ed ampia resezione ossea che rendevadifficile una reprise chirurgica.Nel settembre 1974, in occasione del LIX congresso <strong>della</strong>SIOT, Bedeschi e Luppino 2 , hanno presentato la relazione“Endo<strong>protesi</strong> articolari del polso e <strong>della</strong> <strong>mano</strong>” cherappresenta la prima disamina critica delle caratteristichestrutturali e biomeccaniche delle varie <strong>protesi</strong> allora inuso, analizzando il loro comportamento clinico in un’applicazioneancora sperimentale.Molti progressi sono stati successivamente realizzati,anche se nella <strong>mano</strong> e nel polso, come in altri distrettischeletrici, non esistono <strong>protesi</strong> perfette e le ricerche tecnologicheed applicative sono in continua evoluzione. <strong>Le</strong>scelte terapeutiche variano tra la sostituzione articolaremediante <strong>protesi</strong> ad asse fisso o la resezione-artroplasticamediante impianti.Per quanto riguarda il materiale di costruzione, abbandonatedel tutto le <strong>protesi</strong> metalliche, attualmente vengono utilizzate<strong>protesi</strong> in silicone, polietilene, ceramica ed in pirocarbonio.Alle <strong>protesi</strong> fissate mediante cemento, vengonogeneralmente preferite quelle non cementate (Fig. 1).Impianti in siliconeNegli anni ’60 Swanson, nell’intento di migliorare irisultati <strong>della</strong> resezione-artroplastica semplice mediantel’applicazione di un impianto, propose un modelloinnovativo, caratterizzato da un monoblocco a cernieraflessibile realizzato in silicone 3 ; esso agisce comespaziatore dinamico nell’intento di realizzare questaequazione: resezione ossea + impianto = articolazionefunzionale, mantenendo uno spazio articolare nell’articolazionericostruita e stimolando lo sviluppo di unareazione connettivale di incapsulamento, che, unitamentealla ricostruzione accurata degli apparati legamentosi emuscolo-tendinei, è in grado di garantire la fissazionedell’impianto. Gli steli, non fissati nei canali midollari,rendono possibile un “effetto pistone” che ha lo scopodi distribuire le sollecitazioni meccaniche generate dallaflesso-estensione, permettendo una distribuzione delleforze, su una sezione più ampia, che consente all’impiantodi posizionarsi idealmente rispetto all’asse di rotazionedell’articolazione.L’impianto in silicone, poi, grazie al suo basso modulodi elasticità, appare in grado di assorbire le forze,favorendo nel tempo un’apposizione ossea secondaria.L’applicazione dell’impianto richiede infine un sacrificioosseo modesto che, in caso di insuccesso, rende possibilel’applicazione di un altro impianto o l’esecuzione di unaartrodesi 4 .Oziosa la discussione sul termine di “<strong>protesi</strong>” per ilmodello Swanson ed i suoi derivati, definiti più frequentemente“spaziatori dinamici”; infatti ogni <strong>protesi</strong>,vincolata, semivincolata o anatomica è uno spaziatoreche sostituisce un’articolazione al fine di riprodurne laFig. 1. Esempi di <strong>protesi</strong> di metacarpo-falangea in vari materiali e design: <strong>protesi</strong>metallica di Flatt, di Nicolle, di Niebauer-Cutter e di Swanson.230


G.F. Berzero et al.funzione: pertanto lo spaziatore in silicone svolge lastessa funzione e si può considerare, a buon diritto, una“<strong>protesi</strong>”.L’impianto venne migliorato nel 1974, utilizzando unnuovo tipo di silicone (HP), e arricchito negli anni ’80dall’applicazione di grommets in titanio, allo scopo diimpedire l’infossamento dell’impianto nell’osso 5 .I vantaggi di tale tipo di impianti sono rappresentati daun tempo chirurgico relativamente breve e da una soddisfacentefunzionalità post-operatoria; il limite, invece,è rappresentato dall’impossibilità di ottenere un arcodi movimento simile al normale e dalla rottura degliimpianti 6 .Pertanto nel 1987, Avanta ha proposto un nuovo elastomerodel silicone (silflex II), caratterizzato da un designpiù largo e rattangolare per dare maggiore stabilitàrotazionale e dotato di un centro di rotazione più volare.L’ultimo modello apparso in commercio (Neuflex) presentaun sistema a cerniera in flessione volare di 30°, alfine di riprodurre il normale atteggiamento ortomorficodelle metacarpo-falangee; anche questo modello presentasteli rettangolari per assicurare migliore stabilità rotatoriae per ridurre l’effetto pistone, diminuendo le abrasioni delmateriale sull’osso e la formazione di detriti di silicone(Fig. 2 a, b).È opinione comune 7 che gli impianti in silicone rappresentinoancora il golden standard nella chirurgia dellearticolazioni reumatoidi.Alcuni problemi restano però ancora non del tutto risolti.La revisione delle casistiche nei controlli a lungo termineha mostrato un’alta percentuale di rottura degli impiantiper cedimento del materiale (che raggiunge il 50% neifollow-up più lunghi 8 ). L’utilizzo del silastic tipo HP piùresistente ha però ridotto drasticamente (5%) tale complicanzasecondo Bass 9 .Per alcuni AA., le <strong>protesi</strong> in silicone sono instabili; nella<strong>mano</strong>, come in altri distretti anatomici, non esiste unastabilità intrinseca dei capi articolari, i quali, privati deglielementi capsulari, tendinei e legamentosi, tendono adissociarsi. Soltanto l’accurata ricostruzione dei tessutimolli periarticolari è in grado di garantire la stabilità dell’impianto(Tab. I).Assai raramente gli impianti in silicone appaiono fonte didolore, anche in presenza di un risultato clinico e radiograficonon soddisfacente; la probabile ragione di ciò èil basso impatto del silicone sull’osso, assai inferiore aquello dei metalli rigidi o dei polimeri ad alta densità(titanio, poliestere) 10 .BAFig. 2. a) Protesi Neuflex per la metacarpo-falangea. b) Schema <strong>della</strong> <strong>protesi</strong> chemostra il centro di rotazione volare.Molto si è discusso negli anni ’80 e ’90 sul rischio disiliconite locale e/o sistemica, ossia sulla formazione dicisti ossee, reattive a reazione da corpo estraneo a microparticelledi silicone.In alcuni distretti anatomici (scafoide, semilunare, caputulnae e capitello radiale) sono descritti casi di gravidisseminazioni che appaiono però correlati ad impiantisottoposti a sovraccarico funzione per sovradimensionamentodell’impianto o per erroneo allineamento assialedello stesso; pertanto questi modelli sono stati ritirati dalcommercio e sostituiti da analoghi in titanio.Il rilascio di detriti e la fagocitosi secondaria sono glieventi chiave <strong>della</strong> reazione siliconitica che appare quindilegata non al materiale intrinseco, ma al rilascio di particelleda parte dello stesso.Per le articolazioni digitali, studi a lungo termine non neriportano alcun caso 7 11 , mentre per il trapezio l’incidenzaè minima 12 ; i problemi riguardanti la rottura, l’osteolisie l’infossamento sono del resto ben noti anche con altrimateriali.L’usura del silicone appare infine minore se si usa siliconeCSE, rispetto a quello HP.231


<strong>Le</strong> <strong>protesi</strong> <strong>della</strong> <strong>mano</strong>Tab. I. Protesi di Swanson.Autore Anno N° casiSwanson 1972 358Swanson: revisioni critiche 3409Engleret 1973 81Gschwend 1974 200Weingarden 1974 159Allieu 1974 154Ferlic 1975 162Mannenferlt ed Anderson 1975 162Hagert 1975 104Beckenbaugh 1976 186Madden 1977 238Christie 1977 16Egloff e Verdan 1977 69Kay 1978 34Haber 1979 116Poulenas ed Egloff 1983 88Blair 1984 115Bieber 1986 210Vahvanen e Viljakka 1986 107Jensen 1986 74Hamalaimen e Raemy 1987 80Simmen e Gscwend 1988 207Klompmaker 1989 171Maurer 1990 446Stothard 1991 86Wilson 1993 185Kirschenbaum 1993 144Olsen 1994 60Vezina 1995 49Chauhan 1995 102Totale 7.554PROTESI IN TITANIOLa comparsa di reazioni siliconitiche osservate in specifichesedi anatomiche (scafoide e semilunare) o in impiantisottoposti ad attività eccessiva oppure applicati secondotecniche non corrette con errati allineamenti assiali o conimpianti sovradimensionati, ha indotto a commercializzaredal 1985 degli impianti in titanio, realizzati secondo ildesign dei corrispondenti modelli in silastic per scafoide,semilunare ed a. trapezio-metacarpale 13 .Dopo un periodo iniziale di speranza, la rigidità del materialeutilizzato, ha evidenziato la comparsa di instabilitàrotatoria e sublussazione, con progressiva evoluzioneverso instabilità e collasso carpale ed aggravamento dellealterazioni degenerative intercarpali e radio-carpiche.Minori problemi si sono presentati invece con gli impianticondilari convessi per la trapezio-metacarpale che,soprattutto negli USA, vengono ancora largamente utilizzati,in presenza di un buon stock osseo; nei casi digrave artrosi peritrapeziale si preferiscono invece altresoluzioni terapeutiche.PROTESI ANATOMICHE NON VINCOLATEIN PIROCARBONIOFin dagli anni ’70, successivamente alla introduzione degliimpianti in silastic da parte di Swanson e Neibauer, sievidenziò la necessità di disporre di un impianto con unfulcro articolare fisso; a quel tempo l’esperienza di utilizzodi <strong>protesi</strong> cementate in polietilene ed in metallo apparivapromettente, ma gravata da importanti problemi irrisolti.Nel 1983, Beckenbaugh pensò pertanto di utilizzare unmateriale di costruzione che presentasse una fissazionebiologica e con un design semplice tipo ball and socket. Ilmateriale scelto fu il pirocarbonio, prodotto dalla fissionenucleare e composto da un mix di strutture cristalline concaratteristiche proprie sia <strong>della</strong> grafite che del diamante;esso possiede proprietà di alta resistenza alla rottura eall’usura, una totale inerzia chimica che si traduce in altabiocompatibilità ed un modulo di elasticità simile a quellodell’osso corticale.Utilizzato inizialmente in chirurgia valvolare cardiaca,negli anni ’80 è avvenuta la prima applicazione ortopedicadel pirocarbonio sull’uomo con impianti MCP(1979-1987) eseguiti in via sperimentale alla Mayo Clinic(USA) 14 .Negli anni ’90 sono iniziati i primi impianti di <strong>protesi</strong>metacarpo-falangee (MCP) ed i primi impianti di <strong>protesi</strong>parziali si scafoide (APSI).Il miglioramento dei biomateriali ha portato così negli anni’80 alla concezione di un modello di artro<strong>protesi</strong> non vincolata,dal design innovativo con caratteri distintivi dai modelliprecedenti in silicone, dotato di una biomeccanica similea quella fisiologica che consente il risparmio dei legamentied una distribuzione delle forze sia sull’osso che sui legamentistessi, al fine di aumentarne il grado di articolarità;esso, dotato di un centro di rotazione prossimo a quelloarticolare fisiologico, presentava caratteri di tipo anatomicoparagonabili ad altri distretti articolari di maggiori dimensioni,ricercando una modularità negli impianti.232


G.F. Berzero et al.Questa artro<strong>protesi</strong> consta di due componenticostituiti da un substrato digrafite rivestito da un sottile strato inpirocarbonio (di 0,42 mm); il designsemplice per la metacarpo-falangea,proposto nel 1979, è di tipo concavoconvesso,non vincolato, con testaemisferica. Gli steli, di tipo offset,presentano superficie piatta, in mododa consentire un buon inserimentonei canali midollari, permettendo ilripristino di un corretto allineamentoassiale e di un buon arco di movimento(Fig. 3 a, b).La sua applicazione richiede una resezioneossea minima, al fine di preservareil legamenti collaterali, fontedi stabilità e di mantenere un’ampiasuperficie cortico-spongiosa di sostegno,per ottimizzare la distribuzionedelle forze nel corso del movimentoarticolare. La strumentazione chirurgicaancillare consente un immediatopress-fit dell’impianto; l’interfacciaosso-pirocarbonio è infine biologicamente attiva e sirimo<strong>della</strong> in continuazione secondo le forze applicate,in ottemperanza alla legge di Wolf. Studi clinici e radiograficihanno dimostrato un’ottima osteointegrazionedell’impianto; in un periodo compreso tra 3 e 6 mesidall’intervento gli impianti, pur mostrando una certamobilità nei canali midollari, appaiono ben fissati dallaformazione di osso apposizionale. Tale processo di rimo<strong>della</strong>mentoosseo continua nei due anni successivi edappare talvolta caratterizzato da un modesto scivolamentodell’impianto dalla sua posizione originale.Il modello per la PIP ha un design anatomico bicondilarecon un’incisura centrale (Fig. 4 a, b).<strong>Le</strong> indicazioni d’uso delle <strong>protesi</strong> anatomiche in pirocarboniosi estendono al trattamento di artrosi, di artropatiepost-traumatiche e di anchilosi articolari. Esse mal si prestanoall’utilizzo nei pazienti reumatici, nei quali la qualitàdell’osso è scadente ed è difficile la ricostruzione delleparti molli, soprattutto nei casi di grave deformità di tuttala catena digitale. In tali pazienti, soprattutto in presenzadi deviazione assiale con severa lassità legamentosa, dideficit di estensione delle MP, di lussazione volare <strong>della</strong>prima falange e di scarso bone stock, l’impianto in silasticappare ancora oggi preferibile.ABFig. 3. a) Aspetto radiografico pre-operatorio di artropatia metacarpo-falangea post-traumatica. b) Aspetto radiograficodopo applicazione di <strong>protesi</strong> in pirocarbonio. c) Design <strong>della</strong> <strong>protesi</strong>.<strong>Le</strong> controindicazioni sono rappresentate da: presenza dideficit circolatori, cutanei, inadeguato stock osseo, sepsio infezioni in fase attiva 15 .PROTESI TRAPEZIO-METACARPALIEsistono in commercio varie soluzioni tecniche rappresentateda:– impianti monoblocco di silastic (Swanson, Ashworth-Blatt, Kapandji, …);– <strong>protesi</strong> cementate (de La Caffinière, Lima, Guepar,Avanta, …);– <strong>protesi</strong> non cementate (Arpe, Roseland, Tripodal,PI 2, …).Protesi di SwansonAgisce come uno spacer monoblocco che sostituisce iltrapezio (Swanson, 1970); esso presenta uno stelo endomidollareche la fissa nel primo metacarpale, ma è privodi stabilizzazione sulle ossa carpali, richiedendo pertantoun incapsulamento fibroso ed una buona validità delloapparato capsulo-legamentoso, che deve essere conservatoo rafforzato, per garantire corretti rapporti articolari.C233


<strong>Le</strong> <strong>protesi</strong> <strong>della</strong> <strong>mano</strong>CABde La Caffinière, Lima, Guepar, Avanta, …), nell’intentodi riprodurre una enartrosi artificiale è attualmente di usolimitato, in quanto il trapezio sclerotico ed assottigliatodalla degenerazione artrosica, mal sopporta l’applicazionedi un “neo-cotile”, cementato o no. Ciò determina frequentementemobilizzazione <strong>della</strong> componente trapezialee lussazione.Migliore fortuna presentano gli impianti condilari, a unao a due componenti.L’impianto condilare convesso in titanio trova indicazionesolo in presenza di uno stock osseo adeguato,mentre l’impianto metallo-polietilene di Linscheid(<strong>protesi</strong> SR) si propone di realizzare un resurfacingarticolare 17 .Risultati promettenti si attendono dalle <strong>protesi</strong> in pirocarboniodi sostituzione totale del trapezio sec. Bellemere(<strong>protesi</strong> PI 2) 18 , o di interposizione semplice (Pyrodisk,Hamlin, 2003) (Fig. 5 a, b, c, d).PROTESI CARPALIFig. 4. a) Aspetto Rxgrafico in A.P. di <strong>protesi</strong> interfalangea in pirocarbonio. b) AspettoRxgrafico in <strong>protesi</strong> laterale. c) Design <strong>della</strong> <strong>protesi</strong>.Consente la correzione <strong>della</strong> deformità del pollice, unmiglioramento <strong>della</strong> motilità e <strong>della</strong> forza prensile,in assenza di dolore in oltre il 90% dei soggetti. Nel15% dei casi si osserva radiograficamente una sublussazionedi 1/3 dell’impianto, che tuttavia è ben tollerata;nel 19% dei casi si osserva usura del materiale(minore se si usa silicone CSE, rispetto a quello HP),localizzata caratteristicamente all’angolo antero-ulnaredell’impianto e negli impianti sublussati. Meno frequenteappare invece la rottura <strong>della</strong> <strong>protesi</strong> (Swanson,1981; Allieu, 1983; Conolly, 1993; Lupino, 1996;Kirchenbaum, 1996) 16 .<strong>Le</strong> sue indicazioni d’uso sono rappresentate da: artrosiperi-trapeziale, A.R. e soggetti con bassa sollecitazionefunzionale.Protesi articolari totaliLa sostituzione articolare totale mediante l’utilizzo di<strong>protesi</strong> a 3 componenti a cinematica sferica, con centro dirotazione fisso (in cromo-cobalto ed in polietilene, tipo<strong>Le</strong> <strong>protesi</strong> parziali di scafoide tipo APSI e di capitato tipoRCPI, realizzate in pirocarbonio rappresentano un’importanteinnovazione nella chirurgia <strong>protesi</strong>ca delle ossacarpali.La APSI concepita da Allieu e Pequignot è una <strong>protesi</strong>parziale di scafoide non fissata a forma ovoidale per consentireuna mobilità adattativa nei movimenti <strong>della</strong> primafiliera e per ristabilire la geometria variabile del carponell’intento di coniugare mobilità e stabilità.<strong>Le</strong> sue finalità sono rappresentate dal ripristino <strong>della</strong> funzionedel polo prossimale (shifting reciproco radio-carpicoed intra-carpico) e dalla prevenzione dell’evoluzioneverso il collasso carpale (SNAC wrist) e l’artrosi e lorocorrezione 19 .<strong>Le</strong> sue indicazioni d’uso sono rappresentate dal trattamentodi pseudoartrosi con polo prossimale di piccoledimensioni e/o con necrosi polare e nell’insuccessochirurgico di pregressi interventi di osteosintesi, innestiossei, altre <strong>protesi</strong>.I risultati clinici e radiografici basati sull’esperienzadi applicazione nel mondo di 1.500 impianti dal 1995,appaiono ottimi nel tempo medio, con particolare riferimentoad un rapido sollievo dal dolore, ad una buonacompatibilità ossea, all’assenza di modificazioni neltempo <strong>della</strong> <strong>protesi</strong> ed infine all’ottima stabilità dell’impianto20 (Fig. 6 a, b).234


G.F. Berzero et al.ABDCFig. 5. Possibilità <strong>protesi</strong>che nella a. trapezio-metacarpale. a) Impianto monoblocco in silastic di Swanson. b) Artro<strong>protesi</strong> di La Caffinière. c) Protesi SR di Linscheid. d) Protesi PI 2.Anche la <strong>protesi</strong> di rivestimento per la a. scafo-trapezio-trapezoidearealizzata in pirocarbonio e denominataSTPI, appare assai promettente in quanto realizza unaresezione ossea minima e lascia aperte, in caso di insuccesso,tutte le altre opzioni terapeutiche di trattamento diquesta localizzazione artrosica 21 .IL FUTUROIl futuro dell’artroplastica <strong>protesi</strong>ca nel trattamento dellelesioni reumatiche e post-traumatiche <strong>della</strong> <strong>mano</strong> dipenderàdal raggiungimento di obiettivi integrati da parte<strong>della</strong> chirurgia ortopedica, dell’ingegneria biomeccanica,<strong>della</strong> biologica e dei biomateriali.Il concetto ideale di una ricostruzione articolare consistenell’accettazione dell’impossibilità di realizzare unmodello articolare perfetto, che appaia come il duplicatodi un’articolazione anatomica, fissando le finalità raggiungibiliper apportare ai pazienti un risultato funzionalein grado di migliorare la qualità di vita per un periodosufficientemente lungo, ad un costo economico basso.Saranno sempre più necessari studi più approfonditidi anatomia, di cinematica, di fisiologia articolare, ditolleranza tissutale, unitamente allo studio delle caratteristichemeccaniche dei materiali, alla valutazioneclinico-radiografica di ampie casistiche, allo sviluppo disistemi standardizzati di valutazione e di comparzionedei risultati.Per molti anni ancora è presumibile che la resezioneartroplasticamanterrà comunque un posto primario nell’arsenaleterapeutico del chirurgo <strong>della</strong> <strong>mano</strong>.235


<strong>Le</strong> <strong>protesi</strong> <strong>della</strong> <strong>mano</strong>ABFig. 6. a) Pseudoartrosi di scafoide carpale. b) Trattamento mediante <strong>protesi</strong> APSI.BIBLIOGRAFIA1Brannon EW, Klein G. Experience with a finger joint prosthesis.J Bone Joint Surg 1959;41A:87-102.2Bedeschi P, Lupino T. Endo<strong>protesi</strong> articolari del polso e <strong>della</strong><strong>mano</strong>. Relazione al LIX Congresso <strong>della</strong> Società Italiana diOrtopedia e Traumatologia, Cagliari 30 settembre-3 ottobre1974.3 Swanson A. Silicone rubber implants for replacement ofarthritic or destroyed joints in the hand. Surg Clin North Am1968;48:1113-27.4Swanson A. Flexible implant resection arthroplasty in thehand and extremities. St. Louis: CV Mosby Company 1973.5Swanson A, de Groot Swanson G, Ishikawa H. Use of grommetsfor flexible implants resection arthroplasty of metacarpo-phalangealjoint. Clin Orthop Rel Res 1997;342:22-31.6Grandis C, Berzero GF, Bassi F. La sinoviectomia e lacorrezione delle deformità delle metacarpo-falangee delledita lunghe. <strong>Giornale</strong> Italiano di Ortopedia e Traumatologia2003;29(Suppl 2):735-40.7Kirschenbaum D, Schneider LH, Adams DC. Arthroplasty ofthe metacarpo-phalangeal joints with use of silicone-rubberimplants in patients with rheumatoid arthritis. J Bone JointSurg 1993;75A:3-12.8Beckenbaugh RD, Dobyns JH, Linscheid RL, Bryan RS.Review and analysis of silicone rubber matacarpo-phalangealimplants. J Bone Joint Surg 1976;58A:483-7.9Bass RL, Stern PJ, Nairus JP. High implant fracture incidencewith setter silicone metacarpo-phalangeal joint arthroplasty.J Hand Surg 1996;21A:813-8.10 Grandis C, Boniforti B, Berzero GF. Esistono ancora indicazioniall’utilizzo delle <strong>protesi</strong> in silicone? Riv Chir Mano2006;43:242-6.11 Maurer RJ. Long term follw-up of Swanson MP arthroplastyfor rheumatoid arthritis. J Hand Surg 1990;15:818-21.12 Peimer CA, Medige J, Eckert BS. Reactive synovitis aftersilicone arthroplasty. J Hand Surg Am 1985;10:47-60.13Swanson A, de Groot Swanson G. Titanium implant arthroplastiesfor lunate, scaphoid and trapezio-metacarpal joints.In: Simmen B, Allieu Y, Lluch A, Stanley J, Martin D, eds.Hand arthroplasties. 2000, p. 161-72.14 Beckenbaugh R. Preliminary experience with non cementednonconstrained total joint arthroplasty for the metacarpophalangealjoints. Orthopaedics 1983;6:962-5.15 Cook S, Beckenbaugh R, Redondo J. Long term follow-upof pyrolitic carbon metacarpo-phalangeal implants. J BoneJoint Surg 1999;81A:635-47.16Kirschenbaum D, Hunter J. Silicone implant replacement ofthe trapezium. Operative Techn Orthop 1996;6:106-10.17 Bainbrige LC, Linscheid RL, Raine RA, Rostek M. Surfacereplacement prostheses: preliminary experience with Avantaprostheses. In: Simmen B, Allieu Y, Lluch A, Stanley J,Martin D, eds. Hand Arthroplasties. 2000.18 Bellemere P, Chaise F. Utilizzo <strong>della</strong> <strong>protesi</strong> PI2 nel trattamento<strong>della</strong> rizoartrosi: esperienza preliminare. Riv ChirMano 2006;43:360-3.19Pequignot JP, Lussiez B, Allieu Y. Implant adaptatif du scafoideproximal. Chir Main 2000;2:276-85.20 Berzero GF, Grandis C, Bassi F, Allieu Y. Trattamento dellepseudoartrosi di scafoide carpale mediante <strong>protesi</strong> parzialeAPSI. Riv Chir Mano 2004;41:1-7.21 Berzero GF, Grandis C, Boniforti B. Trattamento dell’artrosiscafo-trapezio-trapezoidea mediante impianto STPI: risultatipreliminari. Riv Chir Mano 2006;43:231-5.236

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