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ISSN 2038-8292Rivista del Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e CastagnoPIANODI UTILIZZAZIONEDEI SUOLI AGRICOLINELL’AREA DISALVAGUARDIA DELLAGO DI VICO(ai sensi della Deliberazionedella Giunta Regionalen. 218 del 13.05.2<strong>01</strong>1)Modalità operative elinee guida pianificatenell’ambito di unacollaborazione traComune di Caprarolae Università dellaTusciaAnno IV, numero 1 - 2<strong>01</strong>3


Rivista del Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e CastagnoPIANODI UTILIZZAZIONEDEI SUOLI AGRICOLINELL’AREA DISALVAGUARDIA DELLAGO DI VICO(ai sensi della Deliberazionedella Giunta Regionalen. 218 del 13.05.2<strong>01</strong>1)Modalità operative elinee guida pianificatenell’ambito di unacollaborazione traComune di Caprarolae Università dellaTusciaAnno IV, numero 1 - 2<strong>01</strong>3


<strong>CeFAS</strong>AZIENDA SPECIALEFORMAZIONE E SVILUPPOCamera di Commercio ViterboLa Nocciola TondaGentile RomanaLa Nocciola TondaGentile RomanaLa coltivazione del nocciolo (Corylus avellana) rappresenta, da decenni, una delle eccellenze della Tuscia Viterbese. Oltre 17mila ettaridei terreni, in gran parte ricadenti nel territorio dei Monti Cimini, ospitano questo vero e proprio fiore all’occhiello dell’agricoltura localee producono oltre 400mila quintali di nocciole ogni anno. La nocciola Tonda Gentile Romana costituisce l’ingrediente principale di moltiprelibatezze, soprattutto dolciarie, che quotidianamente sono presenti sulle tavole delle famiglie. Offrire il giusto tributo alla nocciola eaiutarla a farsi sempre di più conoscere ed apprezzare dal grande pubblico e non solo per la propria bontà, ma anche perché alimentodalle importanti virtù nutraceutiche, ha spinto a proporre al Ministero delle Politiche Agricole il progetto. “Miglioramento della filieracorilicola laziale”, risultato tra i vincitori di un bando nazionale e che vede AOP Nocciola Italia, <strong>CeFAS</strong> e Università degli Studi dellaTuscia associati nel contribuire alla valorizzazione, promozione e sviluppo della produttività della nocciola.Camera di CommercioViterboIniziativa realizzata nell’ambito del progetto “Miglioramento della filiera corilicola laziale” D.D. MIPAAF 17304 del 14.09.2<strong>01</strong>1


Il Piano Unico di Utilizzazione Aziendale:uno strumento per certificarela produzione del noccioloEUGENIO STELLIFERI, Sindaco di Capraroladi realizzare un Piano Unico di Utilizzazione Aziendale (detto anche PUA), è nata non soltantoper far fronte ad un’esigenza imposta dalla Deliberazione Regionale 218 del 13.05.2<strong>01</strong>1, ma anche perL’ideafornire agli agricoltori della zona un valido strumento per poter pianificare, ottimizzare e soprattutto“certificare” la coltivazione del nocciolo che da tempo si distingue in Italia e nel Mondo per l’elevata qualità delprodotto e per l’alta specializzazione degli operatori del settore.Questo strumento oggi, si rende più che mai utile ed indispensabile, in quanto è in grado in maniera chiara edinequivocabile, di smentire quelle voci male informate, che accusavano il mondo agricolo caprolatto come la principalecausa di un’alterazione delle acque del Lago di Vico.Sicuramente l’agricoltura è stata nel passato una tra le tante cause che hanno peggiorato la qualità delle acque dellago di Vico, ma ritengo che oggi si possa parlare tranquillamente di un’agricoltura molto più specializzata e all’avanguardia,molto diversa rispetto a quella praticata 30-40 anni fa che, per necessità o mancanza di mezzi adeguati,veniva effettuata, come nel resto del Mondo, con principi attivi di sintesi e tecniche colturali che hanno comportatoripercussioni negative sull’ambiente.Oggi dobbiamo assolutamente evitare l’eutrofizzazione delle acque del Lago di Vico, ed infatti la costante attenzionee l’elevata specializzazione degli agricoltori locali che ricorrono all’applicazione di tecniche molto più efficienti,vanno proprio verso questa direzione.In questo contesto il PUA diventa uno strumento indispensabile per la continuazione e l’affermazione di questatendenza. Il Piano di Utilizzazione infatti non ha la pretesa di stravolgere le pratiche agronomiche svolte sul nocciolo,frutto di anni di esperienza, dedizione, fatica e duro lavoro di chi oggi vanta un prodotto ritenuto fra i miglioridel settore, in quanto gli agricoltori stessi, presa coscienza del problema, da tempo hanno adottato misureper ridurre gli effetti negativi sulle acque del Lago di Vico.Con questo progetto inoltre il Comune di Caprarola ha reso possibile una concertazione tra Associazioni di Produttorie Tecnici esperti nel settore e nella ricerca, per fornire un Piano di Utilizzazione ad ogni azienda che operaall’interno della caldera del Lago di Vico, in modo da poter abbattere vertiginosamente i costi che, altrimentiavrebbero dovuto sostenere i singoli agricoltori, se costretti a redigere il Piano autonomamente.Altro obiettivo molto importante è quello di rendere il Comune di Caprarola un valido punto di riferimento nonsolo per gli agricoltori, ma anche per chi non conosce il settore agricolo, in quanto, grazie al contributo offertodall’Università degli Studi della Tuscia e da altre strutture associative di produttori, sarà possibile fornire, comein questo caso, un approfondito materiale informativo.1.2<strong>01</strong>3 7


Descrizione delle aree di salvaguardia dellecaptazioni superficiali del lago di Vico, strumenti ditutela del paesaggio e pressione antropicasull’ambiente della riserva naturaleDescription of protected areas of , instruments for theprotection of landscape and description of human pressureeffetcs on nature reservePIERLUIGI MORGANTIResponsabile Area Tecnica - LL.PP. - Manutenzioni - Agricoltura - AmbientePatrimonio del Comune di CaprarolaANDREA VINCENZIAgronomo Area Tecnica - LL.PP - Manutenzioni - Agricoltura - AmbientePatrimonio del Comune di CaprarolaROBERTO RICCIAssessore Agricoltura, Ambiente, Caccia e Pesca del Comune di CaprarolaParole chiave: Agricoltura sostenibile, nocciolo; castagno, pressione antropica, eutrofizzazione.Keywords: Sustainable agriculture, hazelnut, chestnut, human pressure, eutrophication.AbstractIl bacino del lago di Vico presenta un’elevata coesistenza di elementi ad alto valore naturalistico chehanno portato nel 1982 all’istituzione della omonima Riserva Naturale Regionale, classificata Sito diImportanza Comunitaria (SIC) e Zona di Protezione Speciale (ZPS). Le attività antropiche svolte all’internodella Riserva, sono state recentemente oggetto di valutazione di impatto ambientale, per accertarnel’eventuale concorso all’attuale eutrofizzazione delle acque lacustri. Tra le pressioni antropiche sottoaccusa si evidenzia anche la coltivazione del nocciolo e del castagno, tipiche di questa zona. Con lafinalità di attenuare le pressioni indotte dalla coltivazione delle colture presenti nell’area, si intende proporremodelli sostenibili di conduzione delle aree coltivate ricadenti all’interno dell’area di salvaguardia,da destinare ai singoli imprenditori agricoli per garantire loro la possibilità di continuare a condurre lecolture con un approccio sostenibile, e nel contempo garantire la salvaguardia del paesaggio circostante.The basin of has a high co-existence of elements of high natural value that led to the establishmentin 1982 of the homonymous Regional Nature Reserve, ranked Site of Community Importance (SCI) andSpecial Protection Area (SPA). Human activities carried out within the Reserve, have recently been thesubject of an environmental impact assessment, to determine whether the current competition eutrophicationof the lake water. Among the pressures under indictment also highlights the cultivationof hazelnut and chestnut, typical of this area. With the aim to reduce the pressures induced by the cultivationof crops in the area, we intend to propose sustainable patterns of conduct of cultivated areasfalling within the scope of protection, to be allocated to individual farmers to provide them the opportunityto continue lead to crops with a sustainable approach, and at the same time ensure the protectionof the surrounding landscape.8 1.2<strong>01</strong>3


1. Descrizione paesaggistica dellaRiserva Naturale del lago di Vico,strumenti di tutela del paesaggioe della biodiversitàIl lago di Vico è compreso nella parte settentrionale delTevere e, insieme al lago di Bracciano e di Bolsena, faparte del complesso dei laghi vulcanici tipici di quest’area.Tra questi, il lago di Vico è quello di più modestedimensioni (40 kmq) e situato alla quota più elevata(620 m s.l.m. di altitudine media). Le pendici esternedella caldera degradano verso il mar Tirreno ad oveste la valle del Tevere ad est. L’emissario, il Rio Vicano,sbocca nella parte sud da un incile artificiale realizzatonella parte sud-occidentale del bacino; probabilmentequesto è stato scavato nel XVI secolo dai Farnese, si trovaad un’altitudine media di 510 metri s.l.m. ed è affluentedel Treia, quindi del Tevere. I maggiori rilievidel bacino sono situati nella parte nord ed occidentaledel lago e raggiungono con il monte Fogliano e ilmonte Venere rispettivamente 965 m e 838 m s.l.m..Per quanto riguarda i caratteri fondamentali dei suolisi attesta una certa variabilità legata alle pendenze ealle esposizioni. La piovosità media annua della calderadel lago di Vico è di circa 1.400 mm, molto superiorerispetto alla media di circa 1.000 mm dell’area del bacinodel Tevere, anche se negli ultimi anni si è registratoun calo di piovosità che ha portato ad una media dellepiogge dal 1965 ad oggi di circa 1.100 mm. Il tempoteorico di ricambio delle acque lacustri è stimato in17 anni, a segno di una modesta vivacità idrologica. Ilbacino lacustre non presenta un immissario.Il paesaggio dell’area in questione può essere consideratocome un grande sistema “socio-ecologico” conle seguenti caratteristiche:• un’unica unità fisica;• un pregevole patrimonio paesaggistico;• suscettibilità ambientale da parte delle attività antropiche.Nel bacino del lago di Vico è presente un’elevata coesistenzadi elementi ad alto valore naturalistico che hannoportato nel 1982 all’istituzione della omonima RiservaNaturale Regionale. Per molti anni la Riserva èstata confinata solo nel territorio di competenza amministrativadel comune di Caprarola, con l’esclusionedella porzione della caldera sotto giurisdizione delComune di Ronciglione. Con la Legge Regionale n. 24del 24 dicembre 2008 è stata abrogata la precedente leggeistitutiva e il consiglio Regionale del Lazio ha approvatol’ampliamento dei confini della Riserva alla partedi lago ricadente nei limiti amministrativi del Comunedi Ronciglione, ovvero la zona sud-ovest. Con la nuovaestensione di 4.109 ettari rispetto ai precedenti 3.346Ha, la Riserva comprende ora l’intero bacino imbriferodalla tipica forma a ferro di cavallo e la cinta montuosache circonda il lago di origine vulcanica.Una zona particolarmente interessante dal punto di vistapaesaggistico è la zona delle “pantanacce” formatada acquitrini, canneti e giuncheti che ospitano speciedi uccelli acquatici e d’ambiente lacustre propriamentedetto con una ricca fauna ittica. Allontanandosidal lago e salendo verso Monte Venere si incontranoi prati-pascoli naturali, i noccioleti e i castagneti dafrutto. Nelle zone a maggiore altitudine sono presentidiverse tipologie forestali tipiche dell’orizzonte submontanoe montano inferiore. Obiettivi della Riservasono far convivere le attività tradizionali locali con lasalvaguardia ambientale. Il nocciolo è la coltura maggiormentecoltivata nella caldera del lago di Vico, oramaida alcuni decenni. I comuni che si affacciano sullago e che hanno limiti amministrativi ricadenti all’internodella Riserva, presentano infatti numeroseaziende condotte a noccioleto, per lo più in regimeasciutto, per una estensione totale prossima ai 1.000 ettari.Più in quota sono inoltre presenti i castagneti dafrutto, condotti per lo più con tecniche di gestione conservative.La Riserva Naturale del lago di Vico, è classificata Sitodi Importanza Comunitaria (SIC) e Zona di ProtezioneSpeciale (ZPS), e concorre alla costituzione dellaRete Natura 2000, su base nazionale, concepita ai finidi tutela della biodiversità europea attraverso la conservazionedegli habitat naturali e delle specie animalie vegetali di interesse comunitario.Il SIC individuato nell’area di interesse è “Monte Foglianoe Monte Venere (IT6<strong>01</strong>0023)”. Tale SIC rientra1.2<strong>01</strong>3 9


nella tipologia della regione biogeografica mediterranea,e si estende per 617,7 Ha con una altitudine mediadi 628 m s.l.m. e comprende i limiti amministratividei comuni di Caprarola, Ronciglione, Vetralla eViterbo.La ZPS “Lago di Vico, Monte Venere, Monte Fogliano(IT6<strong>01</strong>0057)” rientra anch’essa nella tipologia dellaregione biogeografica mediterranea, si estende per2.118,7 Ha con una altitudine media di 567 m s.l.m.e anch’essa comprende i limiti amministrativi dei comuniviterbesi di Caprarola, Ronciglione, Vetralla e Viterbo.2. Pressione antropica ed impattoambientale sulle acque lacustrie sull’ambiente naturale dellaRiservaLe attività antropiche svolte all’interno della Riserva,sono state recentemente oggetto di valutazione di impattoambientale, secondo quanto si evince dai recentirapporti ARPA, per l’eventuale concorso all’attuale eutrofizzazionedelle acque lacustri, tanto da indurre laRegione Lazio all’emanazione della Delibera Regionalen. 539 del 2 Novembre 2<strong>01</strong>2 avente per oggetto l’Individuazionedelle aree di salvaguardia delle captazionisuperficiali del Lago di Vico (attuazione della D.G.R.5817 del 14/12/1999). Con tale delibera la RegioneLazio ha inteso delimitare le cosiddette aree di rispettoe protezione entro cui rientra tutta la caldera del lagodi Vico, proprio per la salvaguardia dell’ambiente naturaledell’area.Per quanto riguarda il settore agricolo, l’articolo 8 ditale DGR recita testualmente “nelle zone di rispettosono vietati l’insediamento dei seguenti centri di pericoloe lo svolgimento delle seguenti attività: spandimentodi concimi chimici fertilizzanti o pesticidi, salvoche l’impiego di sostanze sia effettuato sulla base diuno specifico Piano di Utilizzazione che tenga contodella natura dei suoli, delle colture compatibili, delletecniche agronomiche impiegate e delle vulnerabilitàdelle risorse idriche”.Dunque, tra le pressioni antropiche sotto accusa si rinvieneanche la coltivazione del nocciolo, che tramitela consueta e necessaria somministrazione di concimichimici e prodotti fitosanitari, già a partire dagli anni’70, potrebbe avere contribuito all’accumulo di questesostanze eutrofizzanti nel terreno e quindi, attraversoi fenomeni di lisciviazione ed erosione, aver raggiuntoil bacino lacustre, soprattutto durante gli anniin cui i noccioleti venivano lavorati con fresature e rullatureperiodiche.Proprio in considerazione di questo fatto è importantesottolineare che da molti anni è divenuta pratica comunela tecnica dell’inerbimento con conduzione a pratinodei corileti, limitando fortemente eventuali fenomenidi lisciviazione.Con lo stesso intento lo scopo del progetto è quellodi proporre modelli sostenibili di conduzione delle areecoltivate ricadenti all’interno dell’area di salvaguardia,da destinare ai singoli imprenditori agricoli che partecipanoalla stesura del Piano di Utilizzazione AgricolaCollettivo proposto dal Comune di Caprarola chesi è avvalso dell’Ufficio Tecnico - “LL.PP. - Manutenzioni- Agricoltura - Ambiente - Patrimonio”, dellecompetenze di una equipe di esperti dell’Universitàdella Tuscia (Dipartimento DAFNE) e di professionistioltre che della collaborazione di Associazionidi Produzione e di Categoria, per delineare al megliolinee guida operative che consentano agli imprenditoriagricoli la possibilità di continuare a condurre lecolture, con un approccio sostenibile, permettendo daun lato la salvaguardia del territorio e dall’altro la tuteladi una delle eccellenze del Settore Agricolo Nazionale.10 1.2<strong>01</strong>1


Criteri di lotta integrata alle malattiedel nocciolo nell’ambito della progettazionedi recupero del lago di VicoIntegrated pest management of hazelnut diseases in Vico Lake districtLEONARDO VARVARO E ALFREDO FABIDipartimento di Scienze e tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia, Universitàdella Tuscia, Viterbo - Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e sul Castagno, ViterboParole chiave: Nocciolo, malattie fungine, malattie batteriche, lotta integrata.Keywords: Hazelnut, fungal diseases, bacterial diseases, integrated pest management.AbstractIl lavoro presenta un quadro completo sulle principali metodiche di lotta integrata alle malattie del nocciolonel comprensorio corilicolo del lago di Vico (Alto Lazio). Lo studio approfondito di questo aspettosi è reso necessario in seguito alla complessa situazione ambientale in cui si è venuto a trovare l’agroecosistemadel lago stesso. La Regione Lazio, infatti, ha recentemente emanato una Delibera Regionale(n° 218/2<strong>01</strong>1) con la quale ha inteso delimitare le cosiddette aree di rispetto e protezione entrocui rientra tutta la caldera del lago di Vico, per la salvaguardia dell’ambiente naturale dell’area. In particolareè prescritta, tra l’altro, l’utilizzazione di pesticidi, salvo che l’impiego di tali sostanze sia effettuatosulla base di uno specifico Piano di Utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, dellecolture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e delle vulnerabilità delle risorse idriche.Questo lavoro rappresenta un contributo per chiunque abbia interesse ad applicare le tecniche dilotta integrata e a basso impatto ambientale nei confronti delle malattie di una delle colture più tipichee tradizionali del Viterbese, al fine di ottenere una produzione sana, di qualità, nella salvaguardiadell’agroecosistema.The paper presents a comprehensive overview of the main methods of integrated pest managementtechniques towards the major hazelnut diseases in Vico Lake district (Province of Viterbo). The thoroughstudy of this phytopathogenic aspect was necessary due to the complex environmental situationof the agro-ecosystem of the lake itself. The Latium Regional Government, as a matter of fact, has recentlyissued a regulation to define the so-called areas of respect and protection within which thewhole area falls, for the protection of its natural environment. In particular, pesticides are prohibited,except that the use of such substances is carried out on the basis of a specific utilization plan whichtakes into account the nature of the soils, compatibility of crops, the agronomic techniques employedand vulnerability of water resources. This work could be also helpful to anyone who is interested toapply integrated pest management techniques with low environmental impact, towards the diseasesof one of the most typical and traditional crop of the whole Province of Viterbo, in order to achieve aproduction of quality but also in a more healthy and environmentally friendly way.1. INTRODUZIONEIl nocciolo è ormai da alcuni decenni la coltura maggiormentecoltivata nella caldera del lago di Vico. Essaè andata gradatamente a sostituire quasi del tutto le coltivazionidi vite, olivo, seminativi e pascoli che per lungotempo avevano contribuito a sostentare l’economiaagricola del territorio. Attualmente sul bacino del Lagodi Vico insiste l’omonima Riserva Naturale regionale.Con la Legge Regionale n. 24 del 24 dicembre 2008il consiglio Regionale del Lazio ha infatti ufficialmente1.2<strong>01</strong>3 11


stabilito confini e superficie della riserva compresa neiComuni di Caprarola e Ronciglione. Con la nuovaestensione di 4.109 ettari la Riserva comprende ora l’interobacino imbrifero dalla tipica forma a ferro di cavalloe la cinta montuosa che circonda il lago di originevulcanica.I comuni che si affacciano sul lago e che hanno limitiamministrativi ricadenti all’interno della Riserva, comprendonoinfatti numerose aziende condotte quasi completamentea noccioleto, per lo più in regime asciutto,per una estensione totale prossima ai 1.000 ettari.Attualmente i frutteti (comprendenti noccioleti, ma anchecastagneti, soprattutto da frutto) occupano circail 26% di tutta la superficie della Riserva e ben l’85% ditutta la superficie agraria totale è occupata dalla colturadel nocciolo; nel restante 15% insiste soprattutto il castagno(ARPALAZIO, 2<strong>01</strong>2).Le attività antropiche svolte all’interno della Riserva,per lo più agro-silvo-pastorali, sono state recentementeoggetto di valutazione di impatto ambientale evi è il dubbio che possano avere concorso alla attualeeutrofizzazione delle acque lacustri. La Regione Lazio,pertanto, ha provveduto all’emanazione di una DeliberaRegionale (n° 218/2<strong>01</strong>1). Con tale Delibera la Regioneha inteso delimitare le cosiddette aree di rispetto e protezioneentro cui rientra tutta la caldera del lago di Vico,corileti inclusi, proprio per la salvaguardia dell’ambientenaturale dell’area. In particolare, l’articolo 8 di taleD.G.R. vieta, tra l’altro l’utilizzazione di pesticidi, salvoche l’impiego di tali sostanze sia effettuato sulla basedi uno specifico Piano di Utilizzazione che tenga contodella natura dei suoli, delle colture compatibili, delletecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilitàdelle risorse idriche”. La coltura del nocciolo puòandare incontro infatti ad attacchi di patogeni batterici,fungini e virali, che causano danni anche notevoli(Varvaro et al., 2<strong>01</strong>1). I mezzi di controllo chimici neiconfronti delle malattie da essi causate hanno rappresentato,soprattutto nel passato, una parte preponderantedelle metodiche di controllo, comportando di conseguenzauna pressione antropica e un impatto ambientaledi un certo rilievo sulle acque lacustri e sull’ambientenaturale della Riserva. L’Amministrazionedel principale Ente pubblico di questo territorio, ovveroil Comune di Caprarola, ha sentito pertanto la necessitàdi redigere un apposito Piano di Utilizzazionedei suoli Agricoli nell’Area di salvaguardia del Lago diVico. Per far ciò si è avvalsa della collaborazione del DipartimentoD.A.F.N.E. dell’Università della Tuscia cheha messo a disposizione docenti e tecnici esperti nelletematiche specifiche richieste. Questo lavoro, prendendospunto dall’operato degli Autori nell’ambito diquesta collaborazione, vuole essere un contributo pertutti coloro i quali hanno interesse ad applicare le tecnichedi lotta integrata e a basso impatto ambientalenei confronti delle malattie di una delle colture più tipichee tradizionali del Viterbese, al fine di ottenere unaproduzione sana e di qualità, nella salvaguardia dell’agroecosistema.2. DIFESA INTEGRATA NEI CONFRONTIDELLE MALATTIE DEL NOCCIOLONELL’AREALE DEL LAGO DI VICO:GENERALITÀGli aspetti biologici ed epidemiologici delle più importantimalattie batteriche, fungine e virali sono statitrattati nel numero 1 di Corylus&Co edito nel 2<strong>01</strong>1(Varvaro et al., 2<strong>01</strong>1). Si invita, pertanto, il lettore a fareriferimento a questa pubblicazione per conoscere gliaspetti più generali della situazione fitosanitaria dellacorilicoltura nel Viterbese. Per quanto riguarda, invece,i criteri pratici di intervento consigliati per il controllodelle suddette avversità, è opportuno fare riferimentoalle “Norme tecniche di difesa integrata e controllodelle erbe infestanti” pubblicate periodicamentedalla Regione Lazio in relazione all’applicazione dellamisura 214.1 - Agricoltura Integrata- riguardante ilProgramma di Sviluppo Rurale 2007-2<strong>01</strong>3 attuativo delregolamento Ce n.1698/2005. In particolare, in questolavoro è stato preso come riferimento l’ultimo aggiornamentodell’allegato alle suddette norme pubblicatonel giugno 2<strong>01</strong>2. Si ritiene necessario non scostarsida queste norme tecniche per tutti coloro che operanonell’areale del lago di Vico in quanto, sulla basedella recente normativa (D. Lgl. 150 del 14.08.2<strong>01</strong>2,121.2<strong>01</strong>3


ecepimento della Direttiva 2009/128/CE, che istituisceun quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzosostenibile dei pesticidi), tutti gli utilizzatoriprofessionali di prodotti fitosanitari dovranno applicarei principi generali della difesa integrata obbligatoriaa partire dal 1 gennaio 2<strong>01</strong>4. Di seguito verrannodiscussi questi criteri di intervento relativamente alleprincipali malattie del nocciolo; essi saranno integratida opportune precisazioni, osservazioni, e suggerimentidegli Autori, sulla base degli studi effettuati nell’ambitodella lotta integrata (Fabi e Varvaro, 2000; Fabiet al., 20<strong>01</strong>; Varvaro et al., 20<strong>01</strong>) e dell’epidemiologiarelativa alle colture del nocciolo (Fabi et al., 2003; Fabiet al., 2005; Lamichhane et al., 2<strong>01</strong>3) nel Viterbese.3. DIFESA INTEGRATA NEI CONFRONTIDELLE MALATTIE BATTERICHE DEL NOCCIOLONELL’AREALE DEL LAGO DI VICOPer quanto riguarda la NECROSI BATTERICA causata daXanthomonas arboricola pv. corylina, gli interventiagronomici consigliati sono l’eliminazione degli organiinfetti con le operazioni di potatura, la disinfezione degliattrezzi di potatura e dei tagli con solfato di rame ocon ipoclorito di sodio al 3%, la corretta effettuazionedi concimazioni ed irrigazioni equilibrate. Nel caso sidebba prendere in considerazione la necessità di effettuaretrattamenti con sostanze chimiche, si raccomandadi intervenire con prodotti rameici registrati sullacoltura contro la batteriosi. In particolare si raccomandanodue trattamenti effettuati alla caduta delle fogliee subito dopo la potatura; se necessario, effettuareun altro trattamento alla ripresa vegetativa o in seguitoalle gelate tardive primaverili (Lamichhane et al.,2<strong>01</strong>3). Le stesse operazioni possono essere considerateefficaci anche in presenza di MORIA DEL NOCCIOLO, causatada Pseudomonas avellanae. In questo caso, risultamolto importante effettuare anche opportune sistemazioniidraulico-agrarie volte ad assicurare un buondrenaggio al terreno. Per quanto riguarda la lotta chimica,in caso di attacco grave è necessario prevedere3 o 4 trattamenti con prodotti rameici o di sintesi registratisulla coltura, due dei quali autunnali (inizio cadutafoglie e metà caduta foglie) e gli altri alla ripresavegetativa. In caso di attacco lieve, invece, limitarsi a2 trattamenti, il primo alla caduta delle foglie e l’altroalla ripresa vegetativa. In ogni caso il trattamentodeve essere fatto quando sopraggiungono fattori predisponentil’infezione (es. gelate tardive primaverili ograndinate) (Balestra et al., 2004)4. DIFESA INTEGRATA ALLE MALATTIEFUNGINE DEL NOCCIOLO NELL’AREALEDEL LAGO DI VICOPer quanto riguarda le malattie fungine, la più diffusaè il MAL DELLO STACCO, causata da Cytospora corylicola.In questo caso gli interventi agronomico-colturaliconsigliati, efficaci anche sulle altre malattie del legno(CANCRO RAMEALE causato da Biscogniauxia mediterraneae/o Phomopsis sp. e “SLOW DECLINE”, il cui agenteeziologico è Fomitiporia mediterranea) (Pilotti et al.,2<strong>01</strong>0), prevedono la sostituzione dei vecchi impiantidebilitati, preferendo possibilmente l’allevamentomonocaule nei nuovi impianti, la pratica di concimazionie irrigazioni equilibrate, un’idonea sistemazionedel terreno (drenaggio) e la buona norma di bruciarei residui di potatura e le parti infette in tempi rapidi. Perquanto riguarda invece gli interventi chimici, essi si devonolimitare a trattamenti con prodotti rameici registratisulla coltura solo in caso di infezioni gravi, effettuatia fine estate ed alla ripresa vegetativa. E’ possibile, semprein fase di potatura, usare mastici addizionati con prodottifungicidi autorizzati per proteggere i tagli o le feritepiù ampie e profonde.Meno diffusi sono i MARCIUMI RADICALI causati da Armillariamellea e, ancor più raramente, da Rosellinia necatrix.Le principali cause predisponenti la malattia sonol’eccesso di umidità del substrato, il carattere fortementeargilloso del suolo, gli attacchi di roditori ed insetti terricolie i danni apportati all’apparato radicale ed al piedecon lavorazioni inadeguate. Le piante colpite da Armillariamellea (Fig. 1) presentano scarso vigore vegetativoe clorosi diffusa con susseguente appassimentoe disseccamento della chioma. Sotto la corteccia, a livellodegli organi colpiti, si possono facilmente osser-1.2<strong>01</strong>3 13


Fig. 1. Carpofori di Armillaria mellea alla base di una pianta di nocciolo.vare masse di micelio di colore bianco-crema con la tipicaconformazione a ventaglio. Solo in stadi avanzatidella malattia si potranno riscontrare le rizomorfe ei corpi fruttiferi del fungo, i cosiddetti “chiodini”(Varvaro, 1993).In questo caso gli interventi si limitano alla sola lottaagronomica. E’ necessario rimuovere ogni fattoreche possa indurre uno stato di squilibrio dell’apparatoradicale, come il ristagno idrico, il depauperamentodel terreno di sostanza organica, o limitare i periodidi prolungata siccità in terreni sciolti. Occorreinoltre estirpare tutte le piante colpite, insieme a tuttii residui vegetali presenti nel terreno dopo lo scavo.La fossa va successivamente trattata con calce idratae solfato di rame in polvere nel rapporto di 2:1. E’ possibileprocedere alla sostituzione delle piante solo dopoalmeno un anno. Nell’areale del Lago di Vico sono presentianche altre malattie fungine che attaccano direttamentefrutti, come il MARCIUME DEI FRUTTI,causato da Monilinia fructigena. E’ consigliabile difenderela coltura dal patogeno mediante eliminazionedelle nocciole colpite e protezione delle piante daagenti che provocano ferite, che favoriscono la penetrazionedel patogeno. Nel caso si debbano adottareinterventi di tipo chimico, è opportuno trattare la colturain un’unica soluzione al momento della differenziazionedel frutticino, solo in annate particolarmentefavorevoli allo sviluppo del patogeno, conprodotti registrati sulla coltura contro il patogeno (Librandiet al., 2006). Un’altra malattia che attacca i fruttima che sempre con maggiore incidenza sta causandodanni anche sui rametti dell’anno è la NECROSI GRI-GIA oSECCUME DEI RAMETTI, il cui agente patogeno èstato solo di recente individuato in Fusarium lateritium(Belisario et al., 2003). Di questo patogeno non sonoancora noti con certezza taluni aspetti epidemiologici,le cause che predispongono la malattia, la suscettibilitàdell’ospite, nonché i precisi fattori ambientali14 1.2<strong>01</strong>3


e agronomici che la influenzano. Anche per questo motivoesso non è ancora stato inserito nelle linee guidadi lotta integrata della regione Lazio. Pur tuttavia esistonoprodotti registrati sulla coltura che possono essereutilizzati per la difesa chimica e che sono stati oggettodi recenti sperimentazioni (Magro et al., 2008).La loro reale efficacia però non è ancora ben quantificabile,sia per i motivi sopra indicati ma anche perchénon sono ancora del tutto chiare le più efficaci modalitàdi applicazione dei prodotti,. In ogni modo è benericordare che eventuali trattamenti devono essereeffettuati con le dosi, i tempi e i modi indicati in etichetta.Infine, occorre spendere alcune parole riguardole malattie tipicamente fogliari, come la MA-CULATURA FOGLIARE e il MAL BIANCO. La prima, chiamataanche Gloeosporiosi (Fig. 2), è causata da Piggotiacoryli (Gloeosporium coryli) un fungo appartenenteall’ordine Melanconiales. In realtà esso può attaccaresecondariamente anche le gemme, gli amenti e i fruttidel nocciolo e, talora, anche i rametti che possonoandare incontro a disseccamento. In questo caso, all’iniziodella ripresa vegetativa, è possibile osservare l’attaccosulle gemme infette che si presentano imbrunitee si staccano facilmente, oppure sui germogli che siindeboliscono e tendono a deperire. Gli amenti infettiappaiono completamente o parzialmente imbruniti.Successivamente, all’inizio dell’estate, iniziano ad esserecolpite le foglie. Queste presentano macchierosso-brune che spesso sono circondate da un aloneverdastro chiaro. Queste foglie sono destinate a cadereprecocemente. Il fungo produce su tutti gli organi colpitii corpi fruttiferi (acervuli) sotto forma di pustolescure. Il patogeno è favorito dall’umidità, spesso presentemaggiormente in noccioleti situati nei fondovalle(Tavella e Gianetti, 2006). Nel caso si presentino condizioniclimatico-ambientali favorevoli allo sviluppodel fungo, è possibile intervenire alla ripresa vegetativacon un trattamento rameico. In genere, comunque, ilpatogeno risulta agevolmente controllato da parte deicomuni trattamenti rameici effettuati contro altremalattie più importanti, come il mal dello stacco e mediantecorrette operazioni colturali.La seconda tipica malattia fogliare, il Mal bianco o oidio,è causata da Phyllactinia guttata (Phyllactiniacorylicola) Questa malattia si manifesta in forma di efflorescenzabiancastra sulla pagina inferiore delle foglie.La sua incidenza risulta più bassa nei noccioletisituati più in quota e maggiore in quelli in pianura. Lacomparsa, generalmente tardiva, a fine estate, non provocaabitualmente danni apprezzabili alle piante e nonrichiede pertanto la necessità di effettuare trattamenti.Tuttavia, nei casi in cui compare in forma precoceed intensa, causa defogliazione anticipata e quindimaturazione incompleta delle gemme, con diminuzionedella resistenza ai freddi invernali e del vigorealla ripresa vegetativa nella primavera seguente (Tavellae Gianetti, 2006). Non è nota con certezza la modalitàdi svernamento e non risulta sia stato osservatomicelio ibernante nelle gemme. Anche il ruolo dellefruttificazioni ascofore non sembra sia stato ben chiaritonella conservazione del parassita da un anno al successivo.In ogni modo, nel caso di attacchi gravi e precoci,è possibile intervenire con prodotti a base di zolfo,giustificati però solo in giovani impianti.5. CONCLUSIONIE’opportuno ribadire il ruolo che la difesa integrata dellacoltura del nocciolo, come pure di tutte le altre coltivazionipresenti nel vulnerabile areale del Lago di Vico,svolge nell’ambito di una corretta gestione sostenibiledel territorio. Essa si deve quindi sviluppare valorizzandoprioritariamente tutte le soluzioni alternativealla difesa chimica che possano consentire di razionalizzaregli interventi salvaguardando la salute deglioperatori e dei consumatori e allo stesso tempo limitandoi rischi per l’ambiente, in un contesto di agricolturasostenibile (a tal proposito va ricordata la ormaistorica “Decisione 3864/96 del Comitato Star dellaUE”). Particolare importanza va quindi posta, nelrispetto della normativa vigente, nell’attuazione di tuttii quegli interventi che sono tesi a:• adottare sistemi di monitoraggio razionali che consentanodi valutare adeguatamente la situazione fitosanitariadelle coltivazioni;1.2<strong>01</strong>3 15


Fig. 2. Attacco di Piggotia coryli su foglie di nocciolo.• favorire l’utilizzo degli organismi ausiliari;• promuovere la difesa fitosanitaria attraverso metodibiologici, biotecnologici, fisici, agronomici in alternativaalla difesa chimica;• limitare l’esposizione degli operatori ai rischi derivantidall’uso dei prodotti fitosanitari (dispositivi di protezionepersonale, DPI, ecc.);• razionalizzare la distribuzione dei prodotti fitosanitarilimitandone la quantità, lo spreco e le perdite perderiva: attraverso la definizione di volumi d’acqua diriferimento e metodiche per il collaudo e la taraturadelle attrezzature;• limitare gli inquinamenti puntiformi derivanti da unanon corretta preparazione delle soluzioni da distribuiree dal non corretto smaltimento delle stesse;• ottimizzare la gestione dei magazzini in cui si conservanoi prodotti fitosanitari;• smaltire adeguatamente i contenitori dei prodotti fitosanitari..Inoltre, nella Decisione 3864/96 del Comitato Star dellaUE sono stati stabiliti dei vincoli e consigli nella scel-ta dei prodotti fitosanitari sulla base dei criteri sopra descritti.In particolare per quanto riguarda l’articolo relativoalla tossicità per l’uomo, sono stati applicati i seguenticriteri:• Esclusione o forte limitazione, in caso di mancanzadi alternative valide, dei prodotti tossici e molto tossici;• Esclusione o forte limitazione, in caso di mancanzadi alternative valide, di prodotti Xn con frasi di rischiorelative ad effetti cronici sull’uomo (ad es. R48, R60e R61);• Obbligo di dare preferenza alle formulazioni Nc, Xie Xn quando della stessa sostanza attiva esistano ancheformulazioni di classe tossicologica T o T+ ;• Obbligo di dare preferenza alle formulazioni Nc e Xiquando della stessa sostanza attiva esistano formulazionia diversa classe tossicologica (Xn, T o T+) confrasi di rischio relative ad effetti cronici sull’uomo.In ogni modo, relativamente alla lotta chimica, non sifinirà mai di ricordare di utilizzare solo principi attiviregistrati sulle colture, rispettando dosi, modalità di im-16 1.2<strong>01</strong>3


piego e tempi di sicurezza. Si consiglia, prima di effettuarequalsiasi trattamento di tipo chimico, di verificarela registrazione del prodotto da somministrare alla colturasul sito istituzionale del Ministero della Salute:“http://www.salute.gov.it/fitosanitariwsWeb_new/FitosanitariServlet”.I trattamenti stessi devono essere effettuatisolo in caso di effettiva necessità, valutata di voltain volta dai tecnici specializzati che forniscono assistenza,anche con il supporto delle Associazioni di Produttori.Queste accortezze sono particolarmente importantise si considera che tutte le operazioni relativeai trattamenti chimici effettuati nell’areale del lagodi Vico possono provocare inquinamento delle acquesuperficiali e, soprattutto, delle falde sotterranee, vistoe considerato che la permeabilità delle rocce presentinel sottosuolo della caldera del Lago di Vico, ma anchedel territorio esterno circostante, risulta particolarmentealta (Amministrazione Provinciale di Viterbo,2000).BIBLIOGRAFIAAMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VITERBO, SETTORE TUTELA ACQUE (2000). Il Catasto degli Scarichidella Provincia di Viterbo – a cura di Fabi A., G. Cerri e A Crisà - INFOTEAM S.R.L, 233 PAGG.ARPALAZIO (2004 – 2<strong>01</strong>2). SCRITTI E DOCUMENTI.BALESTRA G.M., G. VUONO, A. GENTILI, A. FABI e L. VARVARO (2004). Importance of agronomical practiceson dieback disease of hazelnut in central Italy. Journal of Plant Pathology, 86 (4, Special Issue), 308.BELISARIO A, A CORAMUSI, A. CIVENZINI e M. MACCARONI (2003). La necrosi grigia della nocciola. L’InformatoreAgrario, 59 (6), 71-72FABI A. e L. VARVARO (2000). Bacillus pumilus as antagonist of some bacterial pathogens of tomato. Proc. of 5 th.Congress of the European Foundation for Plant Pathology. Taormina – Giardini Naxos, September 19st-22th, 531-533.FABI A., M. BIANCHETTI, L. ZOLLA e L. VARVARO (20<strong>01</strong>). Preliminary characterization of some metabolitesproduced by Bacillus pumilus active in bio-control of coryneform bacteria. Journal of Plant Pathology, 83 (2), 234.FABI A., G. M. BALESTRA, G. VUONO e L. VARVARO (2003). The dieback of hazelnut in Province of Viterbo:a study on the correlation among the diffusion of disease, land characteristics and climatic parameters by using GPS/GIStechnology. Journal of Plant Pathology, 85 (4, Special Issue), 282.FABI A., C. BELLI, G. VUONO, G. M. BALESTRA e L. VARVARO (2005). Innovative strategies in epidemiologicalstudies of hazelnut dieback by using G.P.S./G.I.S. and A.Sp.I.S. technology. Acta Horticulturae, 686, 427-433.LAMICHHANE J.R., A. FABI, R. RIDOLFI e L. VARVARO, 2<strong>01</strong>3. Epidemiological study of hazelnut bacterial blightin Central Italy by using laboratory analysis and geostatistics. PLOS ONE, 8 (2), e56298, 14 pp.LIBRANDI I, M GALLI e A. BELISARIO (2006). Le patologie del frutto del nocciolo in Italia, con particolare riguardoalla zona del Viterbese. Petria, 16 (1), 125-134.MAGRO P., E. MARCUCCI e M. EGITTO (2008). Tebuconazole efficacy in the control of “Grey Necrosis” of hazelnut.Proc. 7 th International Congress on Hazelnut, 23-27 Giugno, Viterbo, Italy, 144PILOTTI M., L. TIZZANI, A. BRUNETTI, F. GERVASI, G. DI LERNIA e V. LUMIA (2<strong>01</strong>0). Molecular identificationof Fomitiporia mediterranea on declining and decayed hazelnut. Journal of Plant Pathology, 92 (1), 115-129.TAVELLA L. e G GIANETTI, 2006. Le principali avversità del nocciolo in Piemonte. Petria, 16 (1), 45-58.Varvaro L. (1993). Le fitopatie del nocciolo nell’alto Lazio: un triennio di osservazioni e di strategie di lotta. L’informatorefitopatologico, 2, 54-58VARVARO L., M. ANTONELLI, G. M. BALESTRA, A. FABI e D. SCERMINO, 20<strong>01</strong>. Control of phytopathogenicbacteria in organic agriculture: cases of study. Journal of Plant Pathology, 83 (3), 244.VARVARO L., A. FABI, P. MAGRO e B. PAPARATTI (2<strong>01</strong>1). Aspetti fitosanitari della corilicoltura nel Viterbese.Corylus&Co, 2 (1), 21-37.1.2<strong>01</strong>3 17


Scopri i sapori veri della terra degli EtruschiCarni fresche bovine,ovine e suineVini DOC e IGTConiglio VerdeLeprino di ViterboProdotti CaseariOlio extra vergine di olivaDOP “Canino” e DOP “Tuscia”Carni lavorateProdotti da fornoPatata dell’Alto LazioProdotti Alta TusciaNocciole dei CiminiMielee prodotti apisticiCavolfiore biancoe cavolo broccoloromanescoSalumi, formaggi, patate, carni, cavolfiore e broccoli, prodotti alta tuscia,olio Dop Canino e Dop Tuscia, formaggi, ciliegie, dolci, miele, nocciole dei cimini,vini Doc e Igt: sono alcuni dei prodotti a Marchio Tuscia Viterbese,istituito dalla Camera di Commercio di Viterbo per valorizzaree promuovere i prodotti tipici di qualità della provincia di Viterbo.Camera di CommercioViterboCiliegia della Tusciawww.tusciaviterbese.itProdotti di pasticceriaSportello Marchio Tuscia ViterbeseViale Trieste, 127 – <strong>01</strong>100 VITERBOTel. 0761.324196 Fax 0761.345974


“Una definizione operativadi agricoltura sostenibile”A working definition of sustainable agricultureRECANATESI F., RIPA M.N., LEONE A.Dipartimento di Scienze e tecnologie per l’agricoltura, le foreste, la natura e l’energia,Università della Tuscia, ViterboParole chiave: Agricoltura sostenibile, fonti diffuse d’inquinamento, erosione del suolo.Keywords: Sustainable agriculture, non point source pollution, soil erosion.AbstractL’erosione del suolo rappresenta in tutta Europa un problema, perché, oltre che la perdita di fertilitàdei suoli, genera l’esportazione dei nutrienti ai corpi idrici provocandone l’inquinamento. In ambientemediterraneo tale processo è particolarmente rilevante dal momento che il clima, caratterizzato da lunghiperiodi di siccità seguiti da intense precipitazioni, favorisce l’erosione del suolo. Numerose ricerchecondotte in questo campo hanno esaurientemente descritto tale processo, dimostrando che ilregime climatico e l’uso del suolo sono i due fattori principali di regolazione del fenomeno. L’interazionetra questi fattori è comunque complessa e, quindi, rimangono necessari studi sperimentali cheindagano sulla produzione di carichi di nutrienti per differenti usi del suolo. Nel presente lavoro vengonoriportati i risultati di un monitoraggio eseguito nel bacino idrografico del Lago di Vico (Italiacentrale) per la determinazione dell’esportazione di fosforo al lago da quattro sotto–bacini, caratterizzatida un diverso uso del suolo. Il monitoraggio ha evidenziato come ci sia un differente apportodi fosforo, a parità di evento climatico, da parte dei diversi usi del suolo e come questi dati contribuisconoa pianificare scelte, scientificamente supportate, per l’ottimale assetto del territorio e tuteladel corpo idrico.The erosion of the soil is a Europe-wide problem, due to the fact that, other than loosing fertility ofthe soil, it carries nutrients into water bodies, thereby causing pollution. Within the Mediterranean, thisprocess is particularly important as the climate, which is characterised by long periods of drought, followedby intense precipitation, favours soil erosion. Research carried out in this field has amply describedthis process, showing that the climate and land use/land cover (LU/LC) are the two main factorsregulating this phenomenon. However, the interaction between these factors is complex and experimentalresearch is needed to understand the production of loads of nutrients for different uses of thesoil. This paper shows the results of a long time monitoring using high resolution data and runoff samples,carried out in the Lake Vico basin (central Italy) to determine the phosphorus (P) export from fourdifferent LU/LC classes in the same climactic event. Monitoring highlights how LU/LC plays a fundamentalrole in terms of phosphorus load and how these data contribute to the planning of scientificallysupported choices in land management aimed to control water pollution from non point pollutionsources.1. INTRODUZIONEIl lago di Vico è biotopo di particolare valore paesaggisticoed ambientale, la cui caratteristica peculiare èil corpo idrico, che occupa oltre un quarto dell’interobacino ed è caratterizzato da una decisa ed intrinsecasensibilità ambientale, legata all’origine vulcanica dellago, che riduce fortemente la sua “vivacità” idrologica.Esso, infatti, è privo di immissario e presenta tempimolto lunghi di rinnovo delle acque e, quindi, tendenzaalla concentrazione degli inquinanti e dei nu-1.2<strong>01</strong>3 19


trienti che vi giungono dal bacino. La concentrazionedi questi ultimi, in particolare il fosforo, si è decisamenteaccresciuta nell’ultimo decennio, pur in assenza di carichicivili ed industriali di rilievo nel bacino.Scopo di questo studio è stata l’individuazione dellearee a rischio di asportazione del fosforo al lago, la relativaefficienza (spazializzata) dell’attuale pratica diattenuazione del rischio stesso sulle aree coltivate a noccioloe castagno, la relativa sostenibilità rispetto alla qualitàdelle acque del lago. Di conseguenza, è stato affrontatoil problema dello stato di qualità delle acquee delle cause della sua alterazione, con i possibili rimedidi agricoltura “sostenibile”, definizione spesso sfuggente,per la quale il presente caso di studio rappresentaun concreto esempio.In tale ambito, prima ancora che il vero e proprio inquinamento,per un lago il problema immediato consistenell’alterazione dello stato trofico e del suo primoindicatore, ovvero la concentrazione di fosforo presentenelle acque (principale fattore limitante della crescitaalgale per Vico, vedi IRSA-CNR, 1980) e, quindi,dell’individuazione delle sue fonti, che sono soprattuttodi origine litogenetica e diffusa agricola.La tutela dell’ecosistema acquatico e l’analisi degli impattidell’attività antropica su di esso è quindi elementofondamentale di gestione dell’habitat.In passato, la qualità delle acque del lago di Vico è stataoggetto di una serie di ricerche, a cura di:• Istituto Italiano di Idrobiologia, nel 1968-70 (Barbantiet al., 1971).• Istituto Ittiogenico della Regione Lazio, nel 1985-86 (Gelosi et al., 1985).• Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Universitàdella Tuscia, con la cui collaborazione è stata effettuatauna campagna negli anni 1992-93 da partedi ricercatori finlandesi (maggiori dettagli in Franzoi,1997 e Leone, 2000, quest’ultima relazione disponibilein formato pdf, a richiesta).• Il lago è ormai da tempo monitorato, come “corpo idricosensibile”, ai sensi del D. Lgs. 152/1999 e successivoD. Lgs. 152/2006, dall’Agenzia Regionale per laProtezione dell’Ambiente di Viterbo (ARPA Lazio).I primi studi degli anni ‘60 hanno segnalato, tra l’altro,lo stato di oligo-mesotrofia delle acque lacustri, comeè naturale per bacini di origine vulcanica. Le ricerchee le evidenze sperimentali più recenti rivelano inveceuna preoccupante evoluzione verso un incremento dellatrofia del lago, espressa, prima di tutto, da un anomaloincremento della concentrazione del fosforo nelleacque lacustri. In tal senso, c’è un buon accordo trai risultati dell’approccio territoriale-modellistico (Leonee Marini, 1993; Leone et al., 20<strong>01</strong>) ed i più recentimonitoraggi (Franzoi, 1997; ARPA, 2004-2<strong>01</strong>1).2. METODOLOGIALa mobilizzazione degli inquinanti agricoli di originediffusa (i nutrienti come fosforo e azoto ed i pesticidi)è stata simulata attraverso opportuna modellisticaambientale aggiornando uno studio a suo tempo perlo studio commissionato dall’Amministrazione provincialedi Viterbo negli anni 1998-2000 (per ulterioridettagli si rimanda alla relativa relazione: Leone,2000).Il modello utilizzato è GLEAMS (Leonard, R.A.,W.G. Knisel, and D.A. Still. 1987. GLEAMS: Groundwaterloading effects of agricultural management systems.Transactions of ASAE, 30(5):1403-1418). Conil quale è simulata la mobilizzazione a scala di campodi azoto, fosforo e dei principali pesticidi, soprattuttoerbicidi, per i seguenti scenari:a) coltivazione del nocciolo con sistemi convenzionali,essenzialmente quella che si è protratta tra l’impulsomassiccio a questo tipo di pratica agricola neglianni ‘50 e ‘60 e i primi anni ‘90 del secolo scorso.Dal punto di vista della mobilizzazione delle fontidiffuse agricole (in seguito FDA), il problema dimaggiore rilievo sta nella necessità di avere suolipraticamente nudi, per agevolare la raccolta meccanizzata.b) coltivazione del nocciolo con i sistemi di agricolturasostenibile, in attuazione del programma dellaComunità Europea n. 2078/92 (la riforma dellapolitica agricola comunitaria cosiddetta “McSharry”), che ha fortemente incentivato, nel caso2<strong>01</strong>.2<strong>01</strong>3


specifico, l’inerbimento dei noccioleti, a difesa delsuolo. Tale misura, per ovvi motivi, è importanteanche per la riduzione dell’esportazione delleFDA dai suoli coltivati.Attraverso le simulazioni modellistiche, si sono effettuaticonfronti quantitativi di questi scenari. Per ulterioridettagli si rimanda alla suddetta relazione (Leone,2000).Con il presente studio si sono estesi alla scala di bacinoi precedenti risultati della scala di campo, per giungereai carichi reali di fosforo sul lago e definire con precisionequantitativa la sostenibilità dei sistemi agrari delbacino stesso. Si è preso in considerazione il fosforoper vari motivi:• insieme all’azoto, è il principale fattore limitante dellacrescita algale.• la sua mobilizzazione è di più immediata valutazionequantitativa. Infatti, esso è sempre preso come nutrientedi riferimento per le classificazioni del gradodi trofia dei laghi, sia a livello scientifico (Vollenweider,1976; OECD, 1982; Sharpley et al.,1994), sia normativo (vedi il Testo Unico Ambiente:D. Lgs. 152/2006).Il vantaggio di un tale approccio consiste nell’avere siai benefici della simulazione molto dettagliata chesolo la scala di campo può assicurare, sia quelli dell’areavasta di indagine e, quindi, i carichi reali sul lago,ricavabili dalla scala di bacino. Nel primo caso è possibilefocalizzare le pratiche colturali ottimali con il dettaglioche solo la scala di campo consente. Nel secondosi inseriscono le valutazioni che conseguono dall’analisidi dettaglio nel contesto ambientale, nel caso specificocostituito dalla qualità del lago.Tale approccio si rivela, contemporaneamente, disemplice e sintetica applicazione, ma anche in gradodi interpretare la complessità dei fenomeni di mobilizzazionedelle FDA.È infatti universalmente riconosciuto che la produzionedi FDA avviene nel bacino idrografico e dipende dalsuo assetto “paesaggistico” (fisico e antropico: clima,suoli, morfologia, idrografia e uso e copertura del territorio).Di conseguenza, il controllo non può che esserebasato sulla gestione del territorio agricolo, ma ancheforestale e naturale, per il ruolo di filtro degli inquinantiesercitato dalla vegetazione, almeno quella ripariale(Haycock and Muscutt, 1995).Soprattutto, però, modelli “manageriali” comeGLEAMS consentono di focalizzare il dettaglio dellepratiche gestionali dei suoli coltivati, che è il fattorefondamentale della questione. GLEAMS, infatti, focalizzatutti i fattori che influenzano gli impatti sui corpiidrici delle pratiche agronomiche:• Tipologie colturali, sia singole (arboreti, seminativiin monocoltura), che in rotazione.• Lavorazioni.• Input di agrochimici: quantità, date, tipologie di prodotto(nutrienti e pesticidi) e di somministrazione.• Spandimento di reflui (sia zootecnici che civili) e pratichedi sovescio.In tal modo, è possibile confrontare i vari scenari chederivano dalle diverse pratiche agronomiche e sceglierequelli sostenibili o di compromesso ottimale fra impattiambientali, risultati economici e accettabilità da partedegli agricoltori.Nascono di conseguenza la pratiche ottimali spesso indicatecon l’acronimo anglosassone BMPs, (Best ManagementPractices), di cui la copertura di erbe spontaneeprevista dal regolamento 2078/92/CEE è unesempio.Occorre poi inserire le BMPs nello specifico scenarioterritoriale, a sua volta interagente con lo specifico corpoidrico e la sua relativa vulnerabilità.Oltre che i carichi reali sul lago, tale approccio consentedi focalizzare le zone di maggior rischio, dove concentraregli sforzi di sostenibilità ambientale e di relativosostegno (anche finanziario) agli agricoltori.È infine possibile una stima dell’efficienza ambientaledell’intervento.2.1 Applicazione del modello GLEAMSIl modello GLEAMS ha simulato 50 annate idrologicheper la stazione pluviometrica di Ronciglione, chedispone di una serie sufficientemente lunga (inizia nel1919) di dati giornalieri di precipitazione, integrata,per i bilanci idrologici, dai dati di temperatura (sem-1.2<strong>01</strong>3 21


pre Ronciglione) vento, umidità relativa e radiazionesolare (per questi ultimi si è ricorsi alla stazione di Viterbo).Per ulteriori dettagli su questi argomenti si rimanda allarelazione di Leone (2000).L’estensione alla scala di bacino è stata effettuata medianteil seguente semplice meta-modello di correlazionefra carichi antropici e un unico parametro di contesto,scelto perché significativo e di più semplice disponibilitàpratica:Y = a * x b [1]Ove la variabile dipendente Y (erosione del suolo edasportazione di fosforo a seconda dei casi) è stata correlataalla pendenza x, che si è visto essere la variabiledi gran lunga più significativa dal punto di vista dei duefenomeni indagati.Un meta-modello è una semplice formula, esplicitamentecorrelata al principale fattore limitante il fenomenostudiato, in questo caso la pendenza. Tutti gli altrifattori (clima, suoli, operazioni colturali, ecc.) nonsono però trascurati, ma rientrano in forma implicitanei coefficienti a and b dell’equazione [1].Nella tabella 1 sono riportati i risultati del modelloGLEAMS su cui è stata effettuata la regressione, mentrein tabella 2 si hanno i coefficienti a and b per l’erosionedel suolo e l’asportazione di fosforo.Tab. 1 Risultati della simulazione con il modello GLEAMSal variare della pendenzaTab. 2 Parametri della regressione sui dati di tabella 1.221.2<strong>01</strong>3


Fig. 1 Asportazione di fosforo senza (A) e con BMP (Regolamento 2078/92/CEE) (B).ABLa pendenza è stata ricavata dal modello digitale del terreno,redatto specificamente per il bacino del lago diVico, con passo 20 m.Ove P esp,conv e P esp,BMP sono, rispettivamente, leesportazioni di fosforo con le pratiche convenzionalie l’adozione della BMP, i cui valori quantitativi assumonola formulazione analitica dell’equazione [1], coni coefficienti della tabella 2.In figura 1 si riporta invece la zonazione del rischio diasportazione del fosforo, con la pratica agricola convenzionalee la BMP adottata.Un ragionamento analogo può essere effettuato in terminidi efficienza della BMP, il cui esito sulla riduzionedi esportazione di P è diverso a seconda del contesto,nel caso specifico a seconda della pendenza. La seguenterelazione, che fornisce numericamente l’efficienzadella pratica, può essere agevolmente cartografata(vedi mappa in figura 2).Fig. 2 Efficienza degli interventi con BMP.1.2<strong>01</strong>3 23


2.2 Il monitoraggio dell’apporto dinutrienti al lago e validazione delleapplicazioni modellisticheIl monitoraggio è in corso dal 1998. Per la descrizionee gli elementi di dettaglio del sistema sperimentale,si rimanda alla relazione di Leone (2000).Nel presente rapporto si descrivono gli ulteriori dati acquisitisino a oggi (tabella 3) e, quindi, l’aggiornamentorispetto a quanto già relazionato in Leone (2000). Poichéle dinamiche dell’azoto sono state già chiarite conil monitoraggio dei primi anni (vedi Leone, 2000), l’approfondimentoè stato dedicato al fosforo e, quindi, deldeflusso delle acque di pioggia e relativa asportazionedalle principali componenti del paesaggio del bacinovicano, che sono le seguenti, mentre in figura 3 si riportail relativo schema:il sottobacino più importante dal punto di vista idrologico,rappresentativo dell’uso del suolo “misto”(agricoltura e boschi, essenzialmente) dell’intera calderadi Vico (bacino A in figura 3, fosso Scardenato).le aree a esclusivo uso agricolo (noccioleto, bacino Bin figura 3). Le aree a esclusiva copertura forestale, senzaceduazione e con un taglio effettuato nel 2003-04,rispettivamente bacino C-1 e C-2. Il lavoro sperimentalecondotto ha consentito di validare i risultatidelle simulazioni modellistiche ed è stato oggetto di numerosepubblicazioni scientifiche sulle riviste di maggiorrilievo internazionale nel campo della pianificazioneambientale (vedi Leone e Marini, 1993; Leone e Preti,1997; Leone et al., 20<strong>01</strong>; Ripa et al., 2006; Leone etal., 2008; Garnier et al., 2009; Recanatesi et al., 2<strong>01</strong>2).Questi dati hanno immediate ricadute applicative, descritteal paragrafo seguente.Bacino ABacino BBacino C2Bacino C1Fig. 3 Carta dell’uso del Suolo e bacini oggetto di monitoraggio.241.2<strong>01</strong>3


Tab. 3 Caratteristichedegli eventimeteorologici e deirelativi carichi di nutrienti(kg P/ha) registratinei bacinimonitorati.1.2<strong>01</strong>3 25


3. RISULTATISul piano applicativo, i risultati principali di questi studisi possono così sintetizzare:1) Il principale fattore limitante i deflussi superficiali(e quindi l’erosione del suolo e l’asportazione delfosforo) è l’aggressività climatica (fattore R-USLEdell’equazione di Wishmeier e Smith; per i dettaglidi calcolo vedi Leone, 2000). La correlazione èsempre molto significativa, con coefficienti di determinazione(r 2 ) maggiori di 0,9 in tutti i casi (comeè noto in Statistica, questo significa che oltre il 90%della varianza dei dati è spiegata dal solo coefficienteR-USLE.), salvo per il bacino misto A, cosa spiegabileproprio con la disomogeneità della coperturadel territorio. Comunque, anche in questo bacinor 2 è significativo ed elevato (superiore a 0,7).2) I carichi agricoli sono molto elevati: da 1 a oltre 3kg/ha per ogni evento.3) I carichi dai bacini forestali possono essere altrettantoelevati, soprattutto nel periodo temporale successivoalla ceduazione. Gli stessi carichi decrescononel tempo, per effetto della ripresa del soprassuolo.4) L’impatto reale non è costituito dai carichi unitari,ma da fosforo trasportato al recettore finale dallarete idrografica (nel caso specifico il fosso Scardenato).5) I carichi unitari, agricoli e forestali, generalmentesi attenuano quando il deflusso, dalle singole superficiomogenee a nocciolo e bosco, passa nella reteidrografica (fosso Scardenato), ma ciò non sempreaccade e lo Scardenato più di una volta porta al lagocarichi molto simili a quelli asportati dalle superficiomogenee, agricole e forestali, con valori quantitativimolto elevati, anche superiori ai 2 kg/ha.6) Per altro verso, il lago di Vico, sul piano idrobiologico,ha caratteristiche intrinseche di elevatavulnerabilità, per due motivi: uno di ordine generale,perché il lago è vulcanico e, come tale, ha undebole ricambio delle acque; l’altro di carattere specificodi Vico (vulnerabilità intrinseca), che, tra igrandi laghi vulcanici laziali, è nettamente il più vulnerabile,come mostra il grafico di figura 4A. Nona caso, esso è il primo a mostrare i sintomi evidentidell’anomala evoluzione trofica in atto, con le bennote fioriture algali degli ultimi anni.7) Ne conseguono carichi molto rilevanti provenientidal bacino sul lago, sensibilmente attenuati, però,dalla scarsa vivacità idrologica del lago, dovuta soprattuttoalla notevole permeabilità dei suoli. Ciòrende raro il fenomeno del deflusso superficiale, peraltro ulteriormente attenuato dall’adozione della tecnicadel manto erboso “pratino” prevista dal regolamento2078/92/CEE. Occorrono, infatti, valoridi R-USLE (si è stimato un valore minimo di 19,9MJ*mm*ha -1 *h -1 *anno -1 perché si generi deflusso)molto elevati (quindi statisticamente di bassa frequenza)per generare deflusso, erosione ed asportazionedi fosforo. Questo è il principale fattore dinaturale difesa dell’ambiente lacustre, altrimenti destinatoad un declino della qualità ancora più rilevantedi quanto non sia oggi.8) Consegue da quanto detto al punto 4) l’importanzadella strategia di intercettazione dei deflussi con barrierefiltro e strutture del paesaggio che intercettanoe creano ostacolo al fenomeno di esportazione degliinquinanti.3.1 Analisi della sostenibilità dell’agricolturaApplicazione del modello di VollenweiderL’applicazione del modello di Vollenweider (1976) consentela stima della concentrazione media di fosforo nelleacque del lago, dopo un tempo sufficientemente lungoaffinché si abbia un assetto definitivo dell’ecosistemalacustre. Partendo dal presupposto che lo stato troficodi un lago dipende dalla sua morfologia e dal caricodi P conseguente alle attività antropiche, Vollenweider(1976) ha proposto la seguente relazione, poiripresa dall’O.E.C.D. (1982) e dal testo unico italianosulla tutela delle acque (D. Lgs. 152/2006 e s.m.i.):261.2<strong>01</strong>3


ove:= concentrazione di P all’equilibrio (a lungo periodo), [mg/L]L(P) = carico specifico superficiale [kg di P/km 2 di specchio lacustre];z = profondità media del lago [m];t w = tempo teorico di rinnovo delle acque del lago [anni].Il carico specifico è calcolato in termini di produzione di P attribuibile ad ogni fonte, rapportato airelativi coefficienti di afflusso al lago (detta anche esportazione):L(P) = C f A f + C ag A ag + C u A u + C a A 0 + C ru ´ N a´(1 – SR)ove:C f = coefficiente di esportazione per il territorio forestale.C ag = coefficiente di esportazione per il territorio agricolo.C u = coefficiente di esportazione per le aree urbanizzate.C a = coefficiente di esportazione degli apporti atmosferici.C ru = coefficiente di esportazione relativo all’impatto sul lago del sistema dei reflui urbani.A f = superficie forestale (ha).A ag = superficie agricola (ha).A u = superficie urbanizzata (ha).A 0 = area del lago (ha).N a = numero di abitanti serviti da fosse settiche (perdenti).SR = coefficiente legato ad eventuali fattori di ritenzione del suolo (assenti in questo caso).Tab. 4 Carico difosforo nel bacinodel lago di Vicoper due scenariagricoli edapplicazione delmodello diVollenweider.1.2<strong>01</strong>3 27


In tabella 4 si riportano i risultatidell’applicazione del modello,per l’uso del suolo che deriva dallepratiche agricole convenzionalie con la BMP derivante dall’adozionedel regolamento2078/92/CEE.I valori di concentrazione ricavaticon il modello di Vollenweidersono significativi per varieragioni:1) Il dato “attuale” (48,1 mg/L)è in linea con le concentrazionimedie riscontrate dai monitoraggi ARPAdegli ultimi anni, che quindi costituiscono un testdi validazione del modello di Vollenweider.2) Il dato di 22,5 mg/L è il trend evolutivo in atto, grazieall’implementazione della BMP, ovviamente nettamentemigliorativo della situazione.3) Rielaborando i dati di Barbanti et al. (1971) (vediLeone e Marini, 1993), e applicando la metodologiasuggerita dal D. Lgs. 152/2006 (indice MEI) siricava un dato di concentrazione naturale di P paria 14 mg/L.Sulla base di queste considerazioni si è elaborata la tabella5, che mette a confronto i tre scenari che derivatodalle precedenti elaborazioni, in termini di trend evolutivodello stato trofico del lago, ovvero, rispettivamente:1) Stato trofico conseguente alla gestione agricola convenzionale,che può ancora essere considerato lo scenarioattuale, considerata la normale inerzia del sistemaambientale, che ancora si deve adattare alcambio di gestione (e conseguente riduzione dei carichi)avvenuta negli ultimi 15-20 anni.2) Stato trofico conseguente alla gestione agricola conBMP (“pratino” ex 2078/92CEE).3) Sistema naturale.La classificazione trofica è stata effettuata con la metodologiaprobabilistica O.E.C.D. (per i dettagli si rimandaa Leone, 2000), che è quella scientificamentepiù corretta, perché tiene conto della naturale variabilitàdello stato trofico di un lago, che non è mai statico.Tab. 5 Frequenze di stato trofico in funzione della concentrazione di fosforo.Queste considerazioni portano ad un’analisi rigorosae quantitativa della sostenibilità dei sistemi agricoli delbacino del lago. Infatti, la relazione di Vollenweider sipresta molto bene alle analisi di carico antropico e deifattori di vulnerabilità intrinseca, per lo specifico dei sistemiambientali analizzati. I grafici di figura 4 sintetizzanoquesti aspetti, mostrando come, a parità di caricoesterno, i caratteri specifici inducono impattimolto diversi.Fig. 4 Applicazioni del modello di Vollenweider al lago diVico e stima dei carichi sostenibili in funzione della vulnerabilitàintrinseca di un lago.28 1.2<strong>01</strong>3


Consegue da questa analisi che la situazione attuale deicarichi esterni appare abbastanza vicina alla sostenibilità,essendosi questi ridotti della metà circa, essendo passatidagli 0,31 dei sistemi convenzionali a 0,15 con l’adozionedella BMP.Questo dato di fatto porta ai seguenti tre punti focalidella strategia di tutela del lago:2) Intervenire a scala di campo (con tecniche colturali)sulle aree ancora rilevanti dal punto di vista dell’esportazionedi fosforo, tenendo però conto delleefficienze sempre minori che avrebbero ulterioriBMP alla scala di campo. Ne consegue che, perla tutela del lago, “stressare” ulteriormente i processiagricoli non è la strategia migliore, sempre a pattodi perseguire con rigore il controllo dell’effettiva applicazionedella tecnica del “pratino”.2) Migliorare l’effetto tampone del paesaggio, con strutturevegetate che esplichino azione di filtro degli inquinantie aree di ritenzione nelle aree strategicheda questo punto di vista.3) Intervenire sui carichi interni di fosforo.3.2 I carichi interni di fosforoL’analisi sin qui condotta riguarda il carico esterno difosforo, ossia quello proveniente al lago dal suo bacinoidrografico, la maggior parte del quale si depositanei sedimenti del fondo. Il fosforo sedimentato in formaorganica viene mineralizzato e, in particolari condizionichimico-fisiche, in caso di carenza di ossigenoal fondo, è nuovamente rilasciato all’acqua sovrastanteper ritornare di conseguenza in circolazione.Si origina così un nuovo carico di fosforo, detto interno,definito come il flusso di nutrienti dai sedimenti all’acquasovrastante. Nel rilascio sono pertanto coinvoltidue processi distinti e quasi simultanei:a) mobilizzazione delle forme particolate di fosforo informe solubili per via fisica, chimica e biologica;b) trasporto nell’acqua soprastante, che si effettua soprattuttoper via fisica (convezione e diffusione).La quantità e la velocità di rilascio di fosforo sono influenzateda numerosi fattori ambientali, che rendonotale fenomeno di natura così complessa che a tutt’oggiuna sua definizione in uno schema generale risultaimpossibile. Nel seguito sono presentati i principalimeccanismi e fattori di regolazione del trasporto.3.3 Ossigenazione dei sedimential fondo lagoL’ossigenazione dei sedimenti è determinata dallaconcentrazione di sostanza organica che si accumulasul fondo della cuvetta lacustre. Infatti la mineralizzazionedella sostanza organica, che avviene entro i sedimentie che porta alla liberazione di nutrienti, richiedeuna grande quantità di ossigeno. Quando la produzioneprimaria è elevata, la mineralizzazione della sostanzaorganica autoctona è talmente intensa da provocare condizionianossiche nei sedimenti.Quando la concentrazione di ossigeno delle acque sovrastantei sedimenti è maggiore di 2 mg/L, si formauna “micro-zona” ossidata, la quale funge da barrieraalla diffusione del fosforo dell’acqua interstiziale.Quando questa si riduce fino a sparire, tutto il sedimentoè in anossia. In queste condizioni si installano batterianaerobici i quali, mediante la loro respirazione, produconoun ambiente fortemente riducente che provocail rilascio di fosforo.3.4 Fosforo nell’acqua interstizialeIl fosforo disciolto contenuto nell’acqua interstiziale,anche se rappresenta una frazione estremamente piccola(circa l’1%) del fosforo totale del sedimento, è digrande importanza perché ne costituisce la frazione piùdirettamente scambiabile con l’acqua soprastante.La concentrazione di fosforo nell’acqua interstiziale ègeneralmente superiore (5-20 volte) a quella dell’acquasoprastante, assicurando un gradiente di concentrazionefavorevole al rilascio.3.5 DiffusioneSe il sedimento lacustre non viene disturbato da movimentiorizzontali e verticali dell’acqua sovrastante, ladiffusione costituisce il principale processo di trasportodi fosforo dai sedimenti anossici all’acqua.Tale trasporto è generalmente determinato dal gradientedi concentrazione esistente tra l’acqua interstizialee quella sovrastante.1.2<strong>01</strong>3 29


3.6 TurbolenzaAnche se a tutt’oggi non è possibile determinare l’esattainfluenza della turbolenza, non vi è dubbio che il trasportodi fosforo disciolto è esaltato dal rimescolamentodei sedimenti. Esperimenti di laboratorio e in situ hannodimostrato che l’agitazione o le correnti turbolentefanno aumentare il livello di fosforo nell’acqua sovrastantei sedimenti, fino a che la risospensione del sedimentostesso non porta ad una nuova caduta di concentrazioneper fenomeno di adsorbimento.3.7 ConvezionePer azione delle reazioni anaerobiche di fermentazioneprovocate dal metabolismo batterico, specialmentein laghi altamente eutrofici, si manifesta una produzionedi azoto molecolare, metano e anidride carbonica.L’acqua interstiziale diventa leggermente sovrasaturatafino a formare bolle di gas, che, spontaneamente o pereffetto di altri fattori fisici, sono rilasciate nell’acqua sovrastante.Tali bolle, che non vengono ridisciolte totalmentenell’acqua sovrastante, causano un trasportodi massa e correnti verticali con risospensione deisedimenti, che possono divenire la più significativa fontedi ricircolazione del fosforo nelle aree produttive dilaghi a bassa profondità.Fenomeni di convezione sono possibili anche per effettodella compattazione dei sedimenti.3.8 BioturbazioneL’effetto della bioturbazione sembra soprattutto esseredi tipo fisico, vale a dire il rimescolamento dello stratosuperficiale di sedimenti. Ciò favorisce una maggioreinfluenza dei fattori chimici quali il pH e il potenzialeredox. Il risultato è generalmente quello di potenziarela velocità di rilascio del fosforo, anche se in qualchecaso si è invece rilevato un suo adsorbimento da partedel substrato, probabilmente per effetto di un aumentodel potenziale di ossido-riduzione in sedimentiridotti.Errata CorrigeNel lavoro “Aspetti fitosanitari della corilicoltura nel Viterbese” di Leonardo Varvaro, Alfredo Fabi, PaoloMagro e Bruno Paparatti, pubblicato sul numero 1 (2<strong>01</strong>1) di questa rivista, va aggiunto alla fine del paragrafo3.3 Slow decline (Lento deperimento) il riferimento bibliografico: (Pilotti et al., 2<strong>01</strong>0).Inoltre, va inserito nella Bibliografia dello stesso lavoro il citato riferimento per esteso:PILOTTI M., L. TIZZANI, A. BRUNETTI, F. GERVASI, G. DI LERNIA, V. LUMIA, 2<strong>01</strong>0. Molecularidentification of Fomitiporia mediterranea on declining and decayed hazelnut. Journal of Plant Pathology, 92(1), 115-129.30 1.2<strong>01</strong>3


BIBLIOGRAFIAARNOLD J. G.; FOHRER N. (2000). SWAT: current capabilities and research opportunities in applied watershedmodeling. Hydrol. Process. 19, 563–572 (2005)ARPA – Agenzia regionale Protezione Ambiente (2004-2007). Scritti e Documenti.Barbanti L., Bonomi G., Carollo A., Chiaudani G., Ferrari, I., Gerletti M., Nocentini A.M., Ruggiu D., Tonolli L.1971. Limnologia ed ecologia dei laghi di Bolsena, Bracciano, Trasimento e Vico: situazione attuale e prevedibiliconseguenze derivanti da una loro utilizzazione multipla. Memorie dell’Istituto Italiano di Idrobiologia, Pallanza(NO).FRANZOI P. (1997). Ricerche sull’ecologia dell’ittiofauna del lago di Vico. Relazione finale sull’attività svolta,Università della Tuscia, Dipartimento di Scienze Ambientali.GARNIER, M. RECANATESI, F. RIPA, N. LEONE, A. (2008). Integrated nutrient management to control waterpollution. A further step ahead referred to an Italian Lake Basin( Conference Paper ). American Society of Agriculturaland Biological Engineers - Conference on 21st Century Watershed Technology: Improving Water Qualityand Environment 2008.GELOSI E., M. BAZZANTI, P. COLOMBARI, O. FERRARA, L. MASTRANTUONO, G. NICOTRA, M. SE-MINARA (1985). Physico-chemical and biological characteristics of Lake Vico (Central Italy), preliminary results.International Symposium on Environmental Biogeochemistry, ViterboHAYCOCK N.E., MUSCUTT A.D. (1995). Landscape management strategies for the control of diffuse pollution,Landscape and Urban Planning, 31:313-321.LEONARD, R.A., W.G. KNISEL, AND D.A. STILL. (1987). GLEAMS: Groundwater loading effects of agriculturalmanagement systems. Transactions of ASAE, 30(5):1403-1418.LEONE A., (2000). Assetto territoriale del bacino del lago di Vico e tutela del corpo idrico. Provincia di Viterbo(Viterbo)LEONE A., RIPA M.N., BOCCIA L., LO PORTO A. (2008). Phosphorus export from agricultural land: a simpleapproach. Biosystems Engineering. Vol.1<strong>01</strong>, Issue 2, October 2008, Pag. 270–280LEONE A., MARINI R. (1993). Assessment and Mitigation of the Effects of Land Use in a Lake Basin (Lake Vicoin Central Italy), Journal of Environmental Management, 39:39-50.LEONE A.; PRETI F. (1997). Environmental fate of agricultural chemicals: the diffuse pollution sources problem.Education In Chemistry. 5:57-76LEONE A.; PRETI F.; RIPA M. N.; BENIGNI G. (20<strong>01</strong>). Evaluation of agricultural nutrient diffuse sources andrelated land management. RIVISTA DI INGEGNERIA AGRARIA. 1:20-25O.E.C.D. (1982). Eutrophication of Waters. Monitoring, Assessment and Control. Organization for EconomicCooperation and Development, Parigi.RECANATESI F., RIPA M.N., LEONE A., LUIGI PERINI, LUCA SALVATI (2<strong>01</strong>2). Land Use,Climate AndTransport Of Nutrients: Evidence Emerging From The Lake Vicocase Study. Environmental Management (accepted).RIPA M.N., LEONE A., GARNIER M., LO PORTO A., (2006). Agricultural Land Use and Best ManagementPractices to Control Nonpoint Water Pollution. Environmental Management. Vol. 38, Issue 2, pag. 253-266SHARPLEY A. N. ET AL. (1994). Managing Agricultural Phosphorus for Protection of Surface Waters: Issuesand Options. Journal of Environmental Quality, 23:437-451.VOLLENWEIDER, R. A. (1976). Advances in defining critical loading levels for phosphorus in lake eutrophication.Mem. Ist. Ital.Idrobiol. 33: 53–83.1.2<strong>01</strong>3 31


Programma Operativo AOPAssicurare la programmazione della produzione e l’adeguamentodella stessa alla domanda;Promuovere la concentrazione dell’offerta ed effettuarel’immissione sul mercato della produzione degli aderenti;Ottimizzare i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione;Pianificazione della produzione;Migliorare la qualità dei prodotti;Incrementare il valore commerciale dei prodotti;Promuovere la commercializzazione dei prodotti freschi e trasformati;Promuovere pratiche colturali e tecniche di produzionerispettose dell’ambiente;Prevenire e gestire le crisi per tutelare i redditidei produttori e ridurre i ritiriVia San Giovanni snc<strong>01</strong>037 Ronciglione (VT)Casella Postale n. 76e-mail: aopnocciolaitalia@live.it


Studio pedologico di alcuni suolidel lago di VicoPedological study of soils of Lago di VicoSTEFANO GREGODipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia (DAFNE)Università della Tuscia, ViterboSARA MARINARIDipartimento per l’Innovazione dei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali (DIBAF)Università della Tuscia, ViterboGILMO VIANELLODipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari - Università di BolognaLIVIA VITTORI ANTISARIDipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari - Università di Bologna.Parole chiave: Corylus avellana L., agricoltura sostenibile, sostanza organica, metalli pesanti, arsenico.Keywords: Corylus avellana L., sustainable agriculture, organic matter, heavy metals, arsenic.AbstractNella caldera del Lago di Vico sono stati aperti dei profili di suolo nell’area coltivata a noccioleto e indue aree naturali di Monte Vergine e Monte Fogliano. Lo studio ha riguardato le caratteristiche pedologichee chimiche con particolare riguardo alla presenza di ioni contaminanti. Dai profili studiati siè evidenziato come le zone più critiche tra le aree indagate siano da riferirsi alle unità geomorfologicheinteressate da coltivazioni intensive sia per la forte carenza della componente organica sin negliorizzonti superficiali, sia in parte per la elevata concentrazione di elementi contaminanti con particolareriferimento all’arsenico.In the caldera of Vico Lake have been opened soil profiles in two nut cultivated areas and two naturalareas of Monte Venere and Monte Fogliano. The study was conducted on soil pedological and chemicalcharacteristics with particular attention to the presence of contaminant ions. The results have shownthat the most critical areas are to be referred to the geo-morphological units affected by intensive farmingfor the acute shortage of soil organic matter in superficial horizons, and in part to the high concentrationof contaminants with particular concern to arsenic.1. INTRODUZIONELa caldera del lago di Vico è caratterizzata da una seriedi unità morfo-pedologiche che si sviluppano perfasce più o meno regolari e che si dipartono dal bordodel lago il cui livello medio è posto a circa 510 ms.l.m.. Tra i 510 e 512 m s.l.m. sono presenti aree paludoseche vengono sommerse durante la stagione invernaleed in alcuni periodi primaverili. Tra i 512 edi 540 m s.l.m. si ha un’ampia fascia caratterizzata da unasequenza di terrazzi lacustri quasi interamente coltivatia nocciolo, che, solamente nei lembi più alti, vengonosostituiti dalla coltivazione del castagno da frutto.Questa unità può venire a sua volta suddivisa in duesotto-unità: quella dei terrazzi lacustri bassi (UnitàTLb) posta tra i 512 e 520 m s.l.m., interessata da fenomenidi idromorfia per la presenza della falda prossimaalla superficie, e quella dei terrazzi lacustri alti(Unità TLa) posta tra i 520 ed i 540 m s.l.m., a drenaggiobuono. Nelle aree di raccordo tra le pareti dellacaldera e i terrazzi lacustri alti si rinviene una stret-1.2<strong>01</strong>3 33


ta fascia compresa tra i 540 ed i 560 m s.l.m. caratterizzatada depositi colluviali (Unità CL), provenienti dallesovrastanti pareti, la cui copertura vegetale è quasisempre di tipo boschivo a faggio, cerro e castagno a secondadelle esposizioni. Al di sopra dei 560 m s.l.m., sinoall’orlo della caldera, le ripide pareti costituite da laveleucitiche, spesso ricoperte da materiale piroclastico,presentano coperture boschive a cerro e a faggio.Una particolare unità è quella che circonda le pendicidi Monte Venere (Unità MV) compresa tra i 600 egli 836 m s.l.m. e caratterizzata da depositi piroclastici,occupata da ceduo di cerro nei versanti esposti a Sude da faggeta in quella a Nord; alle altitudini più bassesi rinvengono in questa area coltivi di noccioleto perlo più abbandonati. Nella presente indagine si è postal’attenzione sulle quattro unità TLb, TLa, CL ed MV,riportate in Fig. 1, al fine valutare il grado di influenzadell’azione antropica sui suoli in esse presenti.TLaMV2. Descrizione dei suoli dei terrazzilacustri bassi (Unità TLb)Il profilo di suolo esaminato, situato a quota 517 ms.l.m., ricade su un terrazzo lacustre basso interamenteutilizzato a noccioleto specializzato adulto attualmenteinerbito. Il substrato pedogenetico è caratterizzatoda tufiti incoerenti a granulometria variabile.Il suolo di tipo ABC, con B cambico e C a gley, si presentaprofondo, di colore da bruno grigiastro molto scuroin superficie a bruno grigiastro in profondità, con tessiturada franco sabbioso argillosa ad argillosa. La strutturaè poliedrica negli orizzonti superficiali con debolegrado di aggregazione per passare a prismatica in profondità;da acido in superficie a sub-acido in profondità,mostra un contenuto in carbonio organico moltopovero lungo tutto il profilo. Il contenuto in fosforoassimilabile risulta eccessivo in superficie, evidentementelegato ad interventi antropici, per poi divenireda scarsamente dotato a molto povero a partire dai 30cm di profondità; i valori divengono superiori ai 20mg/kg al di sotto dei 160 cm di profondità dove il contenutoin argilla è superiore al 60%. Quest’ultimo carattere,associato alla risalita della falda, influisce decisamentesul drenaggio che risulta più lento, determinandouna scarsa circolazione dell’ossigeno con evidentieffetti riducenti e con conseguente liberazione diferro ferroso (Fe 2+ ). L’intenso rimaneggiamento del suolodovuto alle ripetute lavorazioni condotte in passato,(negli anni ’70 -‘80 il suolo dei corileti era prevalentementegestito con fresature periodiche), ha favoritola mineralizzazione della sostanza organica impeden-CLTLbFig. 1 Localizzazione delle 4 unità morfo-pedologiche individuate per lo studio dei profili.341.2<strong>01</strong>3


do di fatto il processo di andisolizzazione. Il suolo vieneclassificato come AQUANDIC DYSTRUDEPT(SSS, 2<strong>01</strong>0) e ANDIC CAMBISOL Dystric Oxyaquic(IUSS, 2007).3. Descrizione dei suoli dei terrazzilacustri alti (Unità TLa)Il profilo di suolo esaminato, situato a quota 528 ms.l.m., ricade su un terrazzo lacustre alto interamenteutilizzato a noccioleto specializzato di nuovo impianto.Il substrato pedogenetico è caratterizzato da tufitiincoerenti a granulometria argilloso sabbiosa. Il suolodi tipo ABC, con B cambico, si presenta profondo,di colore da bruno grigiastro scuro in superficie a brunogrigiastro in profondità, con tessitura che da argillosain superficie diviene argilloso sabbiosa in profondità.La struttura è poliedrica negli orizzonti superficiali conmoderato grado di aggregazione per passare a prismaticain profondità; da acido in superficie a subacido in profondità,mostra un contenuto in carbonio organico cheda scarsamente dotato nei primi 30 cm diviene decisamentemolto povero negli orizzonti più profondi. Ilcontenuto in fosforo assimilabile scarsamente dotatonei primi 30 cm diviene molto povero (< 7 mg/kg) finoa 120 cm di profondità dove si ha un leggero incrementoda attribuirsi all’aumentare della frazione argillosa.Come già espresso relativamente alla precedente unità,anche in questo caso il rimaneggiamento del suolo,seppur effettuato in tempi più recenti, ha portato aduna rapida mineralizzazione della sostanza organica impedendodi fatto il processo di andisolizzazione. Il suoloviene classificato come ANDIC DYSTRUDEPT.(SSS, 2<strong>01</strong>0) e ANDIC CAMBISOL Dystric (IUSS,2007).4. I suoli dei depositi colluviali(unità CL)Il profilo di suolo esaminato, situato a quota 536 ms.l.m., ricade su depositi colluviali a granulometria prevalentementefranco sabbioso argillosa con coperturaboschiva prevalente di cerro. Il suolo di tipo ABC, conB cambico, si presenta profondo, di colore da nero insuperficie a bruno molto chiaro in profondità, con tessiturafranco sabbioso argillosa che in profondità divienefranco sabbiosa e con presenza di scheletro superioreal 40% in volume lungo tutto il profilo. La struttura ègrumosa con debole grado di aggregazione nei primi35-50 cm per divenire poi incoerente in profondità;omogeneamente sub-acido lungo tutto il profilo, mostraun contenuto in carbonio organico ben dotato neiprimi 30 cm, per divenire molto povero lungo tutta larestante porzione di profilo. Il contenuto in fosforo assimilabilerisulta scarsamente dotato fino ai 110 cm diprofondità per poi divenire molto povero in profondità.Il suolo viene classificato come VITRANDICDYSTRUDEPT (SSS, 2<strong>01</strong>0) e VITRIC ANDICCAMBISOL Humic Dystric (IUSS, 2007).5. I suoli di versante di Monte Venere(unità MV)Il profilo di suolo esaminato ricade su un versante espostoa sud-ovest, con pendenze comprese tra il 30 ed il35% che nel sito esaminato risente di passati interventidi sistemazioni terrazzate per impianti di noccioleti cheappaiono ora abbandonati ed in via di rinaturalizzazioneda parte della cerreta. Il substrato pedogenetico è caratterizzatoda piroclastici, emersi dal parossismo finaledi Monte Venere, ricchissimi di materiali amorfi.Il suolo di tipo ABC, si presenta profondo, di colore dabruno scuro in superficie a bruno giallastro in profondità,con tessitura uniforme franco sabbioso argillosae con scheletro che da scarso in superficie divieneprogressivamente frequente in profondità. La strutturaè grumosa negli orizzonti superficiali ma con debolegrado di aggregazione ed una densità apparenteminore di 0,8. Uniformemente sub-acido in tutti gli orizzonti,mostra un contenuto di carbonio organico da ricconei primi 25 cm a ben dotato sino a 75-80 cm ad evidenziarecome la naturalizzazione spontanea stia favorendoil reintegro della componente organica ed i processidi umificazione. Appare invece molto povero lungotutto il profilo il contenuto in fosforo assimilabile,sempre inferiore ai 3,5 mg/kg. La ritenzione dei fosfatiè da attribuire ad un contenuto significativo di Silicio(Si) e all’elevata presenza di materiali amorfi. Il substratopedogenetico ed i dati chimico-fisici attribuiscono a tale1.2<strong>01</strong>3 35


Tab. 1 Valori di concentrazione limite accettabili di elementi e composti inquinanti nel suolo e sottosuolo riferiti allaspecifica destinazione d’uso di siti da bonificare (D.Lgs. 152/06, allegato 5, tabella 1).suolo i caratteri di andicità. Il suolo viene classificatocome TYPIC HAPLUDAND (SSS, 2<strong>01</strong>0) e UMBRICANDOSOL Dystric.6. VALUTAZIONI SULLA QUALITÀDEI SUOLII suoli delle unità morfo-pedologiche TLb e TLa presentanouna significativa carenza di carbonio organicoanche negli orizzonti di superficie dove si evidenzianoperaltro condizioni di acidità. Tali condizioni sonoda ascrivere alle lavorazioni continuate e mediamenteprofonde del passato, che hanno portato alla rapidamineralizzazione della componente organica senzache questa sia stata adeguatamente reintegrata neltempo. L’effetto antropico su questi suoli è per altro evidenziatodalle eccessive concentrazioni di fosforo disponibilenegli orizzonti superficiali.I suoli dell’unita morfo-pedologica CL mostrano unaadeguata presenza di carbonio organico solo nei primi35 cm, di contro la disponibilità di fosforo è buonasino ad un metro di profondità; si consiglia una accuratagestione del bosco per evitare fenomeni dierosione superficiale.I suoli dell’unità morfo-pedologica MV mostrano unabuona distribuzione di carbonio organico sino ad 80cm di profondità ad evidenziare come gli impoverimentidovuti alle passate coltivazioni siano stati reintegrati dall’effettodi naturalizzazione del bosco.7. VALUTAZIONI SUL LIVELLO DIINQUINAMENTO DEI SUOLILe valutazioni relative al livello di inquinamento dei suolifanno riferimento ai valori di concentrazione limiteaccettabili di elementi e composti inquinanti nel suoloe sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d’usodei siti da bonificare ( D.Lgs. 152/06, allegato 5, tabella1) riportati nella tabella 1.I suoli delle unità morfo-pedologiche TLb e TLa presentanoun contenuto in arsenico decisamente superioreai 50 mg/kg in tutti gli orizzonti del profilo; vengonoinoltre superati i limiti di legge per cobalto (> 20mg/kg) e vanadio (90 mg/kg).Nel suolo dell’unità morfo-pedologica CL vengono superatii limiti di legge per arsenico (> 20 mg/kg), percobalto (> 20 mg/kg) e vanadio (90 mg/kg).Il confronto con i valori medi di alcuni microelemen-361.2<strong>01</strong>3


sezione scientifica scientiphic sessionti presenti nelle rocce della caldera di Vico tratti dallabibliografia (Perini et al, 20<strong>01</strong>) e riportati nella Tabella2, evidenzia come la concentrazione nei suoli di cobaltoe vanadio distribuita uniformemente lungo tutti i profilipossa considerarsi litogenetica, come del restoquella di cromo e stronzio.Nei litotipi indagati da Perini e collaboratori non vieneinvece segnalata la presenza di arsenico la cui concentrazionenei suoli potrebbe essere dovuta a varie concause.In primo luogo, vista la natura vulcanica dei suoli,è presumibile che la dotazione di arsenico possa avereorigine litogenetica (Lulli et al., 1985). Nelle aree interessateda coltivazioni, in particolare ove sono statecondotte nel passato lavorazioni continue, la mineralizzazionedella sostanza organica e l’eventuale progressivaacidificazione degli strati superficiali di suolopossono avere concorso alla mobilitazione e relativa stratificazionedell’arsenico. Infatti, da una analisi dei valoririlevati nei profili si osserva come, mentre nelle areeinteressate dalla corilicoltura specializzata i livelli di arsenicosono elevati e raggiungono la massima concentrazionea profondità di 120-160 cm (103,5 ppmdi As) nella località Pantanello, e di 40 cm nella localitàPantanacce / Valle di vico (100 ppm da As), nellearee boscate il contenuto è sempre prossimo o inferiorea 30 ppm. L’elevata presenza di arsenico nel profilodei suoli coltivati può essere legata in minima parteanche all’accumulo per apporti esterni. Le cause potrebberoessere imputate infatti, almeno per le coltivazionicondotte in irriguo, ad un impiego di acque irriguead elevata concentrazione di arsenico prelevateda pozzi. L’origine litogenetica dell’arsenico sembra comunqueessere anche comprovata dal fatto che tuttala provincia di Viterbo ha problemi dovuti all’elevatocontenuto dell’elemento nelle acque. Uno studio storicosulla tipologia di fitofarmaci ed erbicidi e/o su eventualiconcimazioni fosfatiche spinte nei decenni passatipotrebbe fornire importanti informazioni riguardantiil contributo eventuale delle pratiche agricole allapresenza dell’arsenico nei suoli studiati.8. CONSIDERAZIONI GENERALIDai profili studiati si è evidenziato come le zone più critichetra le aree indagate siano da riferirsi alle unità geomorfologicheinteressate da coltivazioni intensive siaper la forte carenza della componente organica sin dagliorizzonti superficiali, sia in parte per la elevata concentrazionedi elementi contaminanti con particolareriferimento all’arsenico. Per meglio definire il fenomenosarebbe opportuno eseguire un rilievo speditivo lungosezioni trasversali ai differenti terrazzi lacustri conprelievo di campioni di suolo a profondità prefissate,monitorando nel contempo le eventuali acque utilizzateper l’irrigazione degli impianti condotti in irriguo.Inoltre, per valutare le modalità di movimento di alcunielementi nel suolo sarebbe opportuno collocare una seriedi canne piezometriche lungo una sezione che attraversii diversi ordini dei terrazzi lacustri.Lago di VicoLctP(LSr)_TPppmBaCrCoNiPbSrVLctP(HSr)LctP(LSr)Lct PLctTP_PTMonte VenereLct_TP Lct_PTab. 2 Valori medi di alcuni microelementi presenti nelle rocce della caldera di Vico secondo Perini et al. 20<strong>01</strong>.1.2<strong>01</strong>3 37


BIBLIOGRAFIABIDINI D., DABIN B., DE CAROLIS M.G., LORENZONI P., LULLI L., MADONNA M., QUANTIN P., RA-GLIONE M. (1985), Studio pedologico dell’apparato vulcanico di Vico (Lazio): V-Memorie della carta dei suolidella caldera”– Annali Istituto Sperimentale Studio e Difesa Suolo, Vol. XVI, 227-246.HATLEY W., DICKINSON N.M., CLEMENTE R., FRENCH C., PIEARCE T.G., SPARKE S., LEPP N.W., (2009),Arsenic stability and mobilization in soil at an amenity grassland overlyng chemical waste (St. Helens, UK). EnvironmentalPollutio, 157 (3): 847-856.IUSS, Working Group WRB, (2007), World Reference Base for Soil Resources 2006, first update 2007. WorldSoil Resources Reports No. 103, FAO, Rome.LULLI L., BIDINI D., QUANTIN P., LORENZONI P., RAGLIONE M. (1985). Studio pedologico dell’apparatovulcanico di Vico (Lazio): III-Andisuoli e suoli bruni andici. Annali Istituto Sperimentale Studio e Difesa Suolo,Vol. XVI, 169-198.PERINI ET AL. (20<strong>01</strong>). Evolution and genesis of magmas from Vico Volcano, Central Italy: multiple differentiationpathways and variable parental magmas. Journal of Petrology, 54, 139-182.SSS, SOIL SURVEY STAFF (2<strong>01</strong>0). Keys to Soil Taxonomy, 11 th edition, USDA - NRCS, Washington D.C., USABIDINI D., DABIN B., DE CAROLIS M.G., LORENZONI P., LULLI L., MADONNA M., QUANTIN P., RA-GLIONE M. (1985). Studio pedologico dell’apparato vulcanico di Vico (Lazio): V-Memorie della carta dei suolidella caldera”– Annali Istituto Sperimentale Studio e Difesa Suolo, Vol. XVI, 227-246.HATLEY W., DICKINSON N.M., CLEMENTE R., FRENCH C., PIEARCE T.G., SPARKE S., LEPP N.W. (2009).Arsenic stability and mobilization in soil at an amenity grassland overlyng chemical waste (St. Helens, UK). EnvironmentalPollutio, 157 (3): 847-856.IUSS, WORKING GROUP WRB (2007). World Reference Base for Soil Resources 2006, first update 2007. WorldSoil Resources Reports No. 103, FAO, Rome.LULLI L., BIDINI D., QUANTIN P., LORENZONI P., RAGLIONE M. (1985). Studio pedologico dell’apparatovulcanico di Vico (Lazio): III-Andisuoli e suoli bruni andici. Annali Istituto Sperimentale Studio e Difesa Suolo,Vol. XVI, 169-198.PERINI ET AL. (20<strong>01</strong>). Evolution and genesis of magmas from Vico Volcano, Central Italy: multiple differentiationpathways and variable parental magmas. Journal of Petrology, 54, 139-182.SSS, SOIL SURVEY STAFF (2<strong>01</strong>0). Keys to Soil Taxonomy, 11 th edition, USDA - NRCS, Washington D.C., USA.38 1.2<strong>01</strong>3 1.2<strong>01</strong>2


Indagine sulla fertilità dei suoli coltivati nella caldera dellago di Vico per una gestione sostenibile delle coltureStudy of fertility of agricultural soils in the landscape of Lagodi Vico for a sustainable management of cultivationsVALERIO CRISTOFORI, CRISTIAN SILVESTRI, VITTORIO ALIMENTO, EDDO RUGINIDipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia (DAFNE)Università della Tuscia, ViterboParole chiave: Corylus avellana L., Castanea sativa Mill., fertilità del terreno, nutrizione minerale,agricoltura sostenibile.Keywords: Corylus avellana L., Castanea sativa Mill., soil fertility, mineral nutrition,sustainable agriculture.AbstractLa caldera del lago di Vico è una zona in cui è presente un’elevata coesistenza di elementi ad alto valorenaturalistico che hanno portato nel 1982 alla costituzione della Riserva Naturale dell’omonimo lago.Dei 4.109 ettari totali della Riserva Naturale, circa il 44% dei suoli è di uso agricolo e prevalentementecoltivato a nocciolo per un totale di circa 1.000 ettari. Nel corso degli ultimi decenni si è registratodunque un aumento esponenziale della superficie corilicola nell’area dei monti Cimini, che ha concorsoa sviluppare un’importante economia locale di settore. Ciò nonostante, la corilicoltura presentenella caldera del lago di Vico ha concorso negli anni al processo di eutrofizzazione delle acque lacustri,oggi accertato, quale conseguenza di frequenti fenomeni erosivi. L’obbiettivo dello studio condottoè stato di accertare lo stato di fertilità dei suoli coltivati a nocciolo e castagno da frutto presentinell’area attraverso analisi fisico-chimiche dei terreni, per sviluppare delle linee guida appropriateda destinare alla definizione di piani di concimazione sostenibili del noccioleto e del castagneto e finalizzatia limitare la deriva di minerali nelle acque lacustri.The valley of Vico Lake is an area with a high co-existence of natural value elements, thus since 1982a Natural Reserve has been established there. Of the total 4,109 hectares of natural reserve, about 1,000hectares are used for agricultural activities, mainly hazelnut cultivation. Thus, over the past decadesthere has been an exponential increase of the hazelnut cultivation in the “Cimini mountains” area, whichhas helped to develop an important sector of local economy. Nevertheless, the presence of hazelnutcultivation in the valley of Vico Lake has contributed over the years to the process of eutrophicationof the lake water, now established, as a result of frequent erosion. The aim of the study was to determinethe status of soil fertility in the hazelnut and chestnut cultivation areas through the study of soil’sphysic-chemical properties, to develop appropriate guidelines for the definition of sustainable fertilizationplans for the hazelnut and chestnut orchards.1. FERTILITÀ DEI SUOLI COLTIVATI NELLA CAL-DERA DEL LAGO DI VICO: METODOLOGIA DIINDAGINELa caldera del lago di Vico è una zona in cui è presenteun’elevata coesistenza di elementi ad alto valore naturalisticoche hanno portato nel 1982 alla costituzionedella Riserva Naturale dell’omonimo lago. Gli ampi spaziagrari che si sviluppano dalla riva del lago verso lacorona dei monti Cimini che contornano la caldera,erano in passato prevalentemente destinati a prati-pascoli,seminativi e vigneti. Più recentemente, da alcunidecenni, questi suoli sono per lo più investiti a noc-1.2<strong>01</strong>3 39


cioleto, spesso in condizioni di monocoltura, con coltivazioneprevalente della cultivar Tonda Gentile Romanae Nocchione impiegato come impollinatore, e piùin quota a castagneto da frutto, con impiego di Marronee Castagna viterbesi. Queste due colture arboreecaratterizzano dunque in maniera marcata il paesaggioagrario dell’area. La prevalente utilizzazione dei suoliagrari per la coltivazione del nocciolo colloca la RiservaNaturale del lago di Vico tra le aree italiane riconosciutetra le più vocate per la corilicoltura (Rugini e Cristofori,2<strong>01</strong>0; Rugini e Cristofori, 2<strong>01</strong>1, Cristofori et al.,2<strong>01</strong>1).La coltivazione di queste specie da frutta secca, in condizionisemi-intensive e in monocoltura, può avere contribuitonel tempo alla attuale eutrofizzazione delle acquelacustri accertata dagli Enti competenti in materiadi monitoraggio delle acque, favorendo ad esempiofenomeni erosivi molto marcati durante i primi decennidi coltivazione, quando i suoli venivano ripetutamentelavorati (Antinelli, 1980).Con la finalità di redigere delle linee guida di conduzionedei frutteti presenti nella Riserva, mirate a preservarelo stato delle coltivazioni all’interno delle areedi rispetto, e di fornire delle indicazioni, da adottare subase quinquennale, per una coltivazione sostenibile deisuoli agricoli ricadenti nella stessa area, è stato condottouno studio diffuso sull’attuale stato di fertilità deisuoli coltivati attraverso analisi fisico-chimiche, da impiegareper la definizione di opportuni piani di concimazionesostenibili, che da un lato garantiscano al coltivatorerese produttive adeguate, e dall’altro siano rispettosedell’ambiente naturale circostante.Fig. 1 Rappresentazione schematica dei siti di campionamentodei terreni coltivati a noccioleto e castagneto da frutto.1.1 Descrizione dei siti e delle modalità dicampionamento del terreno nei noccioletie nei castagneti da frutto ricadenti nell’areadi interesseIn Fig. 1 sono riportati i siti di campionamento dei terrenisottoposti ad analisi fisico-chimiche, ed individuatiall’interno di noccioleti e castagneti da frutto rappresentatividelle varie aree coltivate presenti nell’area disalvaguardia, omogenee per caratteristiche espositive,e di rischio erosivo.Durante il mese di marzo 2<strong>01</strong>2, prima che gli agricoltorieffettuassero le concimazioni, sono stati eseguitii prelievi dei campioni di terreno. Ogni sito (evidenziatoin rosso in fig. 1), era rappresentato da appezzamentiomogenei di aziende corilicole e castanicole del-Fig. 2 Campionamento del terreno (carotaggio) con ausilio di trivella manuale (profondità di carotaggio 0-40 cm),e schema ad “X” adottato per il campionamento del terreno in ogni sito di studio individuato.40 1.2<strong>01</strong>3


la dimensione compresa tra 1 e 2 ettari, entro cui sonostati eseguiti 5 carotaggi con impiego di trivella manualesecondo uno schema ad “X” (Fig. 2). I singoli carotaggihanno interessato un profilo di terreno compreso entroi primi 40 cm.Per ogni sito, i carotaggi eseguiti sono stati successivamentemescolati tra loro a costituire un singolo campionedi terreno rappresentativo, da impiegare per lesuccessive analisi fisico-chimiche. L’analisi tessituraledei campioni di terreno tramite impiego di “levigatoredi Andreasen” è stata eseguita presso i laboratori dichimica del suolo del DAFNE - Università della Tuscia(responsabile Prof. Stefano Grego). Le analisi chimichedei campioni di terreno reperiti sono state inveceeseguite in collaborazione con l’ASSOFRUTTI s.r.l. (laboratorioanalisi chimico/microbiologico - Loc. San Valentino,Caprarola - VT), tramite adozione di metodologieufficiali, e hanno riguardato i seguenti parametri:- Reazione o pH (1:2,5), metodo ufficiale ISO 10390;- Calcare totale, espresso in g/kg di s.s., metodo ufficialeISO 10693;- Sostanza organica, espressa in come % di s.s., metodoufficiale ISO 10694;- Nitrati, espressi in ppm, metodo ufficiale n° IV del21/10/1999;- Nitriti, espressi in ppm, metodo ufficiale n° IV del21/10/1999;- Cloruri, espressi in ppm, metodo ufficiale n° IV del21/10/1999;- Solfati, espressi in ppm, metodo ufficiale n° IV del21/10/1999;- Fosfati, espressi in ppm, metodo ufficiale n° IV del21/10/1999;- Floruri, espressi in ppm, metodo ufficiale n° IV del21/10/1999;- Fosforo assimilabile, espresso in ppm, metodo ufficialen° XV.3 del 21/10/1999;- Ferro assimilabile, espresso in ppm, metodo Lindsay-Norwell;- Rame assimilabile, espresso in ppm, metodo ufficialen° XII del 21/10/1999;- Manganese assimilabile, espresso in ppm, metodo ufficialen° XI del 21/10/1999;- Zinco assimilabile, espresso in ppm, metodo ufficialen° XII del 21/10/1999;- Calcio scambiabile, espresso in ppm, metodo ufficialen° XIII.5 del 21/10/1999;- Magnesio scambiabile, espresso in ppm, metodo ufficialen° XIII.5 del 21/10/1999;- Potassio scambiabile, espresso in ppm, metodo ufficialen° XIII.5 del 21/10/1999;- Sodio scambiabile, espresso in ppm, metodo ufficialen° XIII.5 del 21/10/1999;- Capacità di scambio cationico (C.S.C.), espressa inmeq, metodo ufficiale n° XIII.2 del 21/10/1999;- Calcio, espresso in meq, metodo ufficiale n° XIII.2del 21/10/1999;- Magnesio, espresso in meq, metodo ufficiale n°XIII.2 del 21/10/1999;- Potassio, espresso in meq, metodo ufficiale n° XIII.2del 21/10/1999;- Sodio, espresso in meq, metodo ufficiale n° XIII.2 del21/10/1999;- Saturazione Basica, espresso in % sulla s.s., metodoufficiale n° XIII.2 del 21/10/1999;- Rapporto Mg/K, metodo ufficiale n° XIII.2 del21/10/1999.Dalla interpretazione di insieme delle caratteristiche fisico-chimichedei suoli coltivati, sono state messe a puntole linee guida per la definizione di piani di concimazioneannuali sostenibili e basati sull’ottimizzazioned’uso dei singoli elementi minerali, per far fronte adeventuali problemi di deriva degli stessi, che possonoconcorrere alla eutrofizzazione delle acque lacustri.2. DESCRIZIONE DEI RISULTATI OTTENUTI EDELLE LINEE GUIDA PER LA DEFINIZIONE DIPIANI DI CONCIMAZIONE E DI GESTIONE DELSUOLO SOSTENIBILIPer la descrizione puntiforme delle caratteristiche fisico-chimichedei suoli campionati in aziende rappresentativericadenti all’interno della Riserva Naturale,sono state formulate apposite schede tecniche descrittive,secondo le modalità di Fig. 3.1.2<strong>01</strong>3 41


Fig. 3 Esempio di scheda descrittiva delle caratteristiche fisico-chimichedei suoli prelevati dai siti riportati in fig. 1.16, 36, 37, 38, 42, 43) mentre terreni prevalentementeargillosi (A) e franco-argillosi (FA) interessavano unaporzione della località “Pantanello” in prossimità delbacino lacustre e un’area coltivata contigua al versanteorientale di Monte Venere (siti 9, 13, 14, 16, 17, 18,19, 21, 27 e 34).2.2 Caratteristiche chimiche dei suoli coltivatiricadenti all’interno della caldera dellago di VicoAl fine di valutare lo stato generale di fertilità dei suolicoltivati ricadenti all’interno dell’area di salvaguardia,sono stati considerati i principali parametri chimicideterminati durante le analisi, per una loro interpretazioned’insieme. Tale approccio è infatti utile non soltantoper accertare i livelli di fertilità dei suoli, ma ancheper tracciare delle linee guida per la definizione deipiani di concimazione sostenibili da adottare nel comprensorio.I parametri chimici considerati per tale scopo erano ilcontenuto di sostanza organica, la reazione o pH delterreno, la capacità di scambio cationico, il contenutodi nitrati, il potassio scambiabile, il fosforo assimilabile,il calcio scambiabile e il magnesio scambiabile.La valutazione di tali parametri è stata effettuata secondole modalità di classificazione ufficiale adottata dall’OsservatorioNazionale Pedologico per la Qualità delSuolo (MIPAAF, 1994).2.1 Caratteristiche tessiturali dei suoli coltivatiricadenti all’interno della caldera dellago di VicoLo studio della granulometria dei suoli coltivati ricadentiall’interno dell’area di salvaguardia, ha evidenziatouna certa omogeneità tessiturale nei primi 40 cm di profilo,con terreni in prevalenza franco-sabbioso-argillosi(FSA). Una presenza di suoli prevalentemente sabbiosi(S) e franco-sabbiosi (FS) è emersa in prossimità dellelocalità “Nocicchiola” e “Campo della morte” (siti2.2.1 Contenuto di sostanza organicaSecondo la classificazione di Gaucher (Giardini,2002), i suoli agrari possono considerarsi mediamentefertili se caratterizzati da un contenuto medio di sostanzaorganica compreso tra l’1,5 e il 3%.Dalle analisi condotte nei siti descritti (grafico 1) è emersoche oltre la metà dei suoli agrari presentavano un contenutodi sostanza organica basso o molto basso, nonsuperiore all’1,5%, ed in alcuni casi inferiore allo 0,5%(campioni 1, 8, 13, 16, 41 e 43). Soltanto un numerolimitato di siti presentava un contenuto elevato di sostanzaorganica, superiore al 3% (campioni 21, 22, 23,30 e 31), mentre altri sei siti presentavano un contenutomedio di sostanza organica e compreso tra il 2 e42 1.2<strong>01</strong>3


Grafico 1 Contenuto insostanza organica neisuoli coltivati ricadentiall’interno della calderadel lago di Vico. I siti 15,24 e 40 sono coltivati acastagneto da frutto(contenuto medio di sostanzaorganica compresotra 1,5 e 3%).il 2,5% (campioni 11, 14, 18, 34, 35 e 42). Nel complessol’area studiata presenta un quadro generale caratterizzatoda un depauperamento diffuso del contenutodi sostanza organica nei primi 40 cm di profilo deisuoli coltivati a nocciolo, in particolare se comparati aicontenuti rilevati in suoli coltivati a castagno da frutto,che sono risultati tutti ben dotati di sostanza organica(siti 15, 24 e 40). Sono inoltre emerse poche eccezionidove la sostanza organica nei noccioleti è ancoraben rappresentata (porzione della località Procojoin prossimità del bacino e località Lido dei pioppi, pressoil comune di Ronciglione), o presente in livelli medi(corileti del versante nord-est del Monte Venere e areacentrale delle Pantanacce).2.2.2 Reazione del suolo (pH)La reazione dei suoli studiati è risultata molto omogeneae per lo più caratterizzata da valori di pH compresi tra5 e 6 (Grafico 2). Alcuni siti evidenziavano un pH lievementesuperiore a 6 (campioni 1, 4, 5 e 37), mentreGrafico 2 Reazione (pH)dei suoli coltivati ricadentiall’interno della calderadel lago di Vico. Isiti 15, 24 e 40 sono coltivatia castagneto dafrutto.1.2<strong>01</strong>3 43


i siti 21, 22 e 34 presentavano valori lievemente inferioria 5.L’area studiata, nel suo insieme, è dunque caratterizzatada pH sub-acido o moderatamente acido, da ritenersiidoneo per la coltivazione del nocciolo (Roversi,2002). È opportuno comunque ricordare che in tali suolila reazione sub-acida o acida potrebbe agire negativamentesulla disponibilità di calcio, manganese e molibdeno,e potrebbe indurre una parziale insolubilizzazionedel fosforo (fig. 4).Fig. 4 Disponibilità dei vari elementi minerali in funzionedella reazione del suolo. I suoli studiati presentanoreazione prevalentemente compresa tra 5 e 6,5 (trattada Giardini, 2002).2.2.3 Capacità di Scambio CationicoLa capacità di scambio cationico (C.S.C.), dal puntodi vista agronomico, può essere considerata come unserbatoio in cui sono “riposti” i cationi di scambio (calcio,magnesio, sodio, potassio) in forme prontamenteutilizzabili dalle colture, e nei suoli coltivati oscillatra valori di 5 e 50 meq su 100 g di terreno. Tutti i terrenidei siti studiati (grafico 3) presentavano unaC.S.C. media (valori compresi tra 10 e 20 meq/100 gdi terreno). Solo in rari casi i valori sono risultati medio-bassie inferiori a 10, mentre il sito 1 presentava unaC.S.C. molto elevata (superiore a 40). Anche nelcaso di tale parametro chimico si può dunque affermareche i suoli coltivati dell’area presentano elevata uniformità.2.2.4 Contenuto di nitratiMentre nei campioni analizzati non è mai emersa la presenzadi nitriti, vari siti presentavano un contenuto dinitrati piuttosto variabile (grafico 4).Nel complesso il contenuto di nitrati non superava le80-100 parti per milione (ppm), con la sola eccezionedei siti 30 e 34, dove raggiungeva valori significativamentesuperiori.Da una analisi generale dei risultati si può osservarecome il contenuto medio di nitrati nell’area sia di pocosuperiore a 50 ppm, senza evidenziare, tra l’altro, particolaridifferenze tra siti coltivati a nocciolo e a castagnoda frutto.È inoltre opportuno ricordare che l’eterogeneità nel contenutodi nitrati osservato nei vari siti è profondamenteinfluenzata da una serie di fattori antropici (lavorazionie gestione del frutteto) e ambientali (lisciviazione e percolazione,attività microbica, contenuto e qualità dellasostanza organica), tale da conferire al parametro consideratoun elevato dinamismo nel suolo.2.2.5 Potassio scambiabileLa valutazione agronomica del potassio, catione monovalentescambiabile importante per la nutrizione dellepiante, è normalmente riferita alla tessitura del terreno,come riportato in tabella 1.Considerando che i suoli analizzati presentavano perlo più tessitura franco-sabbioso-argillosa, possiamo assimilarela collocazione degli stessi nella categoria deisuoli franchi.Sulla base di tale premessa è possibile affermare che l’areaoggetto di indagine presenta suoli coltivati che hannouna normale o elevata dotazione di potassio scam-44 1.2<strong>01</strong>3


Grafico 3 Capacità discambio cationico(C.S.C.) dei suoli coltivatiricadenti all’internodella caldera del lago diVico. I siti 15, 24 e 40sono coltivati a castagnetoda frutto.biabile (Grafico 5), con la sola eccezione di alcuni siti(campione 30, 31 e 34) dove il potassio scambiabile èrisultato significativamente inferiore alle 100 ppm.Dal giudizio complessivo di tale parametro, accertatala sua normale o buona disponibilità nei suoli in questione,tra l’altro di origine vulcanica e quindi ben dotatidi tale elemento, si può proporre un approccio piùsostenibile nella somministrazione di tale macro-elemento,che potrebbe ad esempio essere integrato nelsuolo ad anni alterni (impiego di concimi ternariNPK alternati a binari NP).2.2.6 Fosforo AssimilabileNel complesso, la frazione di fosforo assimilabile osservataalle analisi risulta essere molto poco rappresentata(Grafico 6). Come si può osservare dai risultatiinfatti, la maggior parte dei campioni presentavanovalori di fosforo assimilabile molto bassi (valori in-Grafico 4 Contenuto dinitrati rilevato nei suolicoltivati ricadenti all’internodella caldera dellago di Vico. I siti 15, 24e 40 sono coltivati a castagnetoda frutto.1.2<strong>01</strong>3 45


Grafico 6 Fosforo assimilabilerilevato nei suolicoltivati ricadenti all’internodella calderadel lago di Vico. I siti 15,24 e 40 sono coltivati acastagneto da frutto.mento, in quanto piuttosto presente sia nel seme chenel guscio.Sarà dunque opporuno prevedere delle intergazioni periodichedi calcio nei piani di concimazione, anche trramitesomministrazioni per via fogliare.2.2.8 Magnesio scambiabileIl magnesio, nonostante il suo ruolo fisiologicamenteimportante, è richiesto dalle piante in quantità assai minoririspetto al calcio ed ai macro-elementi.In particolare, somministrazioni di questo elementosono consigliabili in colture realizzate su terreni caratterizzatida contenuti di magnesio scambiabile inferiorea 50 ppm, mentre, anche nel caso di colture esigenticome i fruttiferi, e dunque anche il nocciolo e ilcastagno, la somministrazione di magnesio non ha particolarieffetti migliorativi quando nel suolo è presentein contenuti superiori alle 50 ppm. Nel caso specifico(Grafico 8), tutti i siti analizzati nell’area oggettodi studio presentavano contenuti superiori a 100 ppmGrafico 7 Calcio scambiabilerilevato nei suolicoltivati ricadenti all’internodella calderadel lago di Vico. I siti 15,24 e 40 sono coltivati acastagneto da frutto.1.2<strong>01</strong>3 47


Graf. 8 Magnesio scambiabilerilevato nei suolicoltivati ricadenti all’internodella calderadel lago di Vico. I siti 15,24 e 40 sono coltivati acastagneto da frutto.e con alcuni siti (campioni 1, 2, 26, 27, 28 e 29) dovetale elemento era presente per oltre 400 ppm.I suoli coltivati ricadenti nell’area oggetto di studio nonpresentano dunque alcuna limitazione per tale elemento,che di fatto può essere omesso dai piani di concimazione.3. ACCERTAMENTO DELLO STATO DI FERTI-LITÀ DEI SUOLI COLTIVATI RICADENTI AL-L’INTERNO DELLA CALDERA DEL LAGO DIVICO E DESCRIZIONE DELLE LINEE GUIDA PERPIANI DI CONCIMAZIONE SOSTENIBILISulla base delle analisi condotte nelle varie aree del comprensoriostudiato è emerso un quadro generale piuttostoomogeneo che conferma il depauperamentodella fertilità dei suoli coltivati a nocciolo, che insistonoormai su tali aree da alcuni decenni e sono condotti quasiesclusivamente in monocoltura specializzata. Tale riduzionedella fertilità è da imputare per lo più al limitatocontenuto di sostanza organica nei primi 40 cm diterreno osservato, ed a fenomeni erosivi piuttosto frequentinell’area sottesa alla Riserva Naturale, particolarmenteaggressivi negli anni ’70-’80, quando i suolivenivano ripetutamente lavorati (Antinelli, 1980).Un quadro diverso è emerso invece per i suoli coltivatia castagno da frutto, che presentano una buona fertilità,con contenuti di sostanza organica sempre superiorial 3-4%. La migliore fertilità dei suoli coltivati a castagnorispetto a quelli coltivati a nocciolo è senz’altroriconducibile alle tecniche conservative di gestione deicastagneti che nei vari decenni sono state adottate. Lacoltura del castagno è infatti tradizionalmente condottasenza lavorazione del suolo, e limitando il controllo delleinfestanti al solo sfalcio manuale e successiva bruciaturadei residui vegetali (nel passato), o meccanico(più recentemente). Tale modalità di gestione del castagneto,oltre ad attenuare i fenomeni erosivi puntiformi,anche a fronte di pendenze elevate che caratterizzanouna parte dei castagneti dell’area, garantisce unamaggiore stabilità della sostanza organica, che viene mineralizzatapiù lentamente e gradualmente rispetto aquanto non avvenga nei suoli lavorati (Giardini,2002). Inoltre, da una analisi delle pendenze dei suolidell’area di studio, nonché dalla osservazione del rischioerosivo ad essa direttamente correlato (datinon riportati), emerge che i corileti insistono in fascetrofiche pianeggianti o poco acclivi (figura 5), ed in partein prossimità delle acque lacustri (località Procojoe Pantanello). Tali ambienti coltivati sono quindi oggettodi fenomeni erosivi per lo più dovuti alle rigidependenze che invece caratterizzano le aree forestali a48 1.2<strong>01</strong>3


monte della fascia coltivata. In tal senso dunque, piuttostoche limitare l’apporto di concimi nei noccioletisarebbe opportuno adottare strategie di contenimentodei fenomeni erosivi già a partire dalle aree forestali.Fig. 5 Corileti in piena fioritura in una vasta zona dellacaldera del lago di Vico: si noti come questi presentanogiacitura quasi esclusivamente pianeggiante.3.1 Descrizione delle linee guida per la definizionedi piani di concimazione sostenibiliI suoli agrari della caldera del lago di Vico coltivati a nocciolosono generalmente poco dotati in sostanza organicae, in alcuni siti, questa è addirittura quasi assente(inferiore allo 0,5%). Inoltre, la dotazione di fosforo assimilabilee di calcio scambiabile è complessivamentebassa o medio-bassa, e considerata dunque fattore limitantein termini di fertilità generale dell’ambiente dicoltivazione.Gli altri elementi minerali sono invece generalmenteben rappresentati nelle forme scambiabili o assimilabili.Pertanto, da questo quadro generale omogeneoemerso è possibile affermare che i piani di concimazioneannuale nei corileti dell’area non possono subire dellediminuzioni quantitativamente cospicue, in quantonel medio periodo potrebbero emergere delle problematichea carico degli impianti, con relativo decadimentoquali-quantitativo delle produzioni.Inoltre, tra le linee guida da attuare, è necessario prescrivereun frazionamento degli interventi di concimazione,fino ad oggi eseguiti in un unico interventoprimaverile, in particolare per ottimizzare l’uso dell’azotoda parte delle piante e, più in generale, limitare laderiva di elementi minerali dal “sistema produttivo”.Il frazionamento dovrebbe prevedere un primo interventodi concimazione alla ripresa vegetativa (circa il40% del totale), un secondo intervento in inizio giugno,subito dopo la fase di allegagione delle infiorescenzefemminili (circa il 30%), e un terzo interventoin post-raccolta (restante 30%), in prossimità del piccoautunnale di crescita degli apparati radicali (Roversi,2002). Considerata inoltre la buona dotazione di potassioscambiabile riscontrata nei suoli analizzati, puòessere opportuno limitare la somministrazione diquesto elemento in anni alternati con impiego di concimiternari (NPK) e concimi binari (NP) rispettivamente.Anche la tipologia di formulati commerciali impiegatideve essere normata, promuovendo in particolarel’impiego di concimi minerali a lento rilascio oconcimi organo-minerali, almeno in quota parte (da impiegareprincipalmente durante il primo intervento diconcimazione annuale).Nelle aree caratterizzate da reazione acida, con valoridi pH prossimi a 5 (siti 2, 6, 12, 18, 19, 21, 22, 25, 26,28, 29, 30, 31 e 34), è consigliata inoltre la somministrazionedi correttivi alcalini, contenenti forme naturalie micronizzate di ossido di calcio, che non necessitanodi interramento.Non sono infine da prevedere limitazioni nell’applicazionedi concimazioni fogliari integrative, soprattuttoa favore del calcio, principalmente in periodo estivo,durante le fasi di riempimento del seme.I suoli coltivati a castagno da frutto della caldera del lagodi Vico sono, a differenza di quelli dei noccioleti, generalmenteben dotati in sostanza organica, e grazie alla1.2<strong>01</strong>3 49


Fig. 6 Interventi di trinciatura delle infestanti eseguiti inun’unica direzione, anziché ad incrociare.Fig. 7 Impiego di erbicidi per il controllo delle infestantilungo la fila nei corileti: è indispensabile omettere taletecnica di controllo negli impianti pianeggianti o moderatamenteacclivi, favorendo il controllo meccanico.loro tradizionale gestione conservativa, non presentanolimitazioni di sorta in termini di fertilità. In tal caso dunqueè possibile omettere la concimazione minerale delcastagneto, secondo quanto già diffusamente praticatonell’area, o al più effettuare moderate concimazioniannuali, in particolare negli impianti fortemente attaccatidal cinipide (Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu),al fine di migliorare lo stato vegetativo delle piantee contrastare la recrudescenza del fitofago.3.2 Ulteriori accorgimenti agronomici di contrastoai fenomeni erosiviPer limitare la deriva nelle acque lacustri di sostanze mineraliimpiegate in agricoltura, oltre all’adozione di pianidi concimazione basati sulle linee guida precedentementedescritte, è necessario adottare ulteriori accorgimentiagronomici in particolare a favore della gestionedel suolo, e di alcune sistemazioni idrauliche dell’area,al fine di attenuare i fenomeni erosivi spesso moltoaggressivi, che sono, tra l’altro, da considerarsi unadelle principali cause di eutrofizzazione delle acque dellago di Vico, in particolare durante il periodo in cui inoccioleti venivano lavorati.La gestione del suolo dei corileti e dei castagneti devedunque prevedere l’inerbimento permanente su tuttala superficie, con relativo controllo meccanico delle infestanti,da effettuarsi “a raso” soltanto in prossimità dellaraccolta. Gli interventi di trinciatura delle infestanti,in particolare durante i mesi primaverili, possono essereeseguiti in un’unica direzione, anziché ad incrociare,secondo il modello riportato in fig. 6, in particolarenegli impianti in prossimità delle acque lacustri. È altresìfondamentale eliminare o ridurre al minimo indispensabilel’impiego di erbicidi nella gestione del suolo(fig. 7), al fine di preservare per tutto l’anno un coticoerboso capace di contrastare concretamente l’erosione.Tra gli interventi agronomici da promuovereal fine di migliorare la fertilità generale dei suoli coltivatie attenuare i fenomeni erosivi, si consiglia infine,ove possibile, l’esecuzione di scarificature degli interfilariin periodo tardo-autunnale (fig. 8), nonché il ripristinodella vegetazione ripariale (canneti) nei coltiviin prossimità delle acque lacustri (fig. 9).50 1.2<strong>01</strong>3


Fig. 8 Scarificature al centro dell’interfilare in un noccioletoadulto nell’area di interesse.Fig. 9 Canneti in prossimità delle acque lacustri nella localitàPantanello. Si consiglia il ripristino e il mantenimentodella “vegetazione filtro” in prossimità della vegetazioneripariale.BIBLIOGRAFIAANTINELLI A. (1980). La nocciolicoltura nei monti Cimini. Nocciolicoltura ’80, Stampa: Tipolit. Eurographat., volumedegli atti: 51-55.CRISTOFORI V., BIGNAMI C., DE SALVADOR R., RUGINI E. (2<strong>01</strong>1). Il nocciolo in Italia: valorizzazione del prodotto einnovazione colturale per garantire competitività. Rivista di Frutticoltura e di Ortofloricoltura, 5: 44-53.GIARDINI L. (2002). Agronomia Generale. Patron Editore, Bologna, Italy.MINISTERO DELLE RISORSE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI, OSSERVATORIO NAZIONALE PEDOLOGICO PER LAQUALITÀ DEL SUOLO, 1994. Metodi ufficiali di analisi chimica del suolo con commenti ed interpretazioni. ISMEA, Roma.ROVERSI A. (2002). Esigenze nutrizionali e concimazione del nocciolo. 2° Convegno Nazionale sul Nocciolo, GiffoniV.P., Atti: 28-42.RUGINI E., CRISTOFORI V. (2<strong>01</strong>0). Luci e ombre sulla corilicoltura. Informazioni dai Georgofili, n.1/2<strong>01</strong>0, p. 4.RUGINI E., CRISTOFORI V. (2<strong>01</strong>1). La coltura del nocciolo nel viterbese: innovazioni tecnologiche e agronomiche nelrispetto della tipicità del prodotto. Corylus & co., Anno II, n. 1/2<strong>01</strong>1: 9-20. (ISSN 2038-8292).1.2<strong>01</strong>3 51


Rivista del Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e CastagnoNote redazionali su come strutturaregli articoli per la pubblicazioneI testi dei contributi, che dovranno pervenire in formato digitale su cd-rom (<strong>CeFAS</strong> VialeTrieste 127, <strong>01</strong>100 Viterbo) o tramite invio telematico (centrostudi@cefas.org), dovrannorispettare la seguente struttura:RIASSUNTO/ABSTRACTI lavori proposti devono essere corredati da una sintesi in lingua italiana e lingua ingleserispettivamente di 1.000 e 3.000 caratteri, spazi inclusi.PAROLE CHIAVEIn italiano e in inglese nel numero massimo di 5.AUTORE/IDa presentare con il seguente stile grafico:Franco Rossi, Luca BianchiIstituto di Frutticoltura, Facoltà di Agraria, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo.TITOLOMassimo 90 caratteri, spazi inclusi, da presentare con il seguente stile grafico:Lo sviluppo della corilicoltura nel LazioTESTO (compresa bibliografia)Massimo 30.000 caratteri, spazi inclusi.BIBLIOGRAFIAPer ragioni di uniformità, deve essere presentata con il seguente stile grafico:FRANCO S., PANCINO B. (2008), “Definizione e individuazione dei distretti biologici: alcune riflessioniintroduttive”, Agriregionieuropa, Anno IV, n.12.NOTEDevono essere riportate in ordine numerico alla fine del testo.TABELLE E IMMAGINILe tabelle devono essere fornite in formato Excel, mentre le immagini esclusivamentein formato JPG o TIFF con risoluzione non inferiore ai 300 dpi. Nel testo dell’articolodeve essere chiaramente identificabile il richiamo alla tabella, grafico o immagine. Allafine dell'articolo compilare l'elenco degli elementi a cui si fa riferimento nell'articolospecificando il nome del file, la tipologia dell'oggetto (Tabella o Immagine), il numerosequenziale (es. Fig. 1 o Tab. 1), la didascalia (es. Fig. 1 Mappa del Catasto Gregoriano).IMPOSTAZIONE GENERALE DEL CONTRIBUTOIl contributo dovrà essere redatto con carattere Times New Roman, corpo 12, interlinea1,5, margine destro e sinistro 3.


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ISSN 2038-8292Rivista del Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e CastagnoRivista del Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e CastagnoPIANODI UTILIZZAZIONEDEI SUOLI AGRICOLINELL’AREA DISALVAGUARDIA DELLAGO DI VICO(ai sensi della Deliberazionedella Giunta Regionalen. 218 del 13.05.2<strong>01</strong>1)Modalità operative elinee guida pianificatenell’ambito di unacollaborazione traComune di Caprarolae Università dellaTusciaAnno IV, numero 1 - 2<strong>01</strong>3Corylus & Co. - Rivista del Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e Castagnoanno IV, numero 1 - 2<strong>01</strong>3 - Periodico semestraleRegistrazione al Tribunale di Viterbo n. 4/10 del 23 Giugno 2<strong>01</strong>0ISSN 2038-8292Direttore responsabileLuigi PagliaroDirettore editorialeStefano GasbarraComitato scientificoLeonardo VarvaroAlberto ManzoDanilo MonarcaGabriele DonoSilvio FrancoAgostino TombesiRoberto BottaEddo RuginiRosario D’AcuntoDamiano AvanzatoComitato di redazioneStefano GasbarraLuigi PagliaroAnna PompeiValerio CristoforiMirko GuerrieriBarbara PancinoAlfredo FabiDaniele CiorbaFabrizio PiniProgetto grafico e impaginazioneClaudio FortugnoRedazione<strong>CeFAS</strong> Azienda Speciale della Camera di Commercio di Viterboviale Trieste 127 - <strong>01</strong>100 Viterbo - tel. 0791.324196 fax 0761.345974e-mail: centrostudi@cefas.orgStampaTipografia Agnesotti Srl - ViterboEditore<strong>CeFAS</strong> Azienda Speciale della Camera di Commercio di Viterboviale Trieste 127 - <strong>01</strong>100 Viterbo - tel. 0791.324196 fax 0761.345974e-mail: centrostudi@cefas.orgIl numero è stato chiuso in tipografia il 15 Maggio 2<strong>01</strong>3La riproduzione degli articoli o di parte di essi è vietata senza citarne la fonte.541.2<strong>01</strong>3


Rivista del Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e Castagno57811193339La buona agricoltura fa rima con ambienteSTEFANO GASBARRAIl Piano Unico di Utilizzazione Aziendale:uno strumento per certificare la produzione del noccioloEUGENIO STELLIFERI, Sindaco di CaprarolaDescrizione delle aree di salvaguardiadelle captazioni superficiali del lago di Vico,strumenti di tutela del paesaggio e pressione antropicasull’ambiente della riserva naturalePIERLUIGI MORGANTI, ANDREA VINCENZI, ROBERTO RICCICriteri di lotta integrata alle malattiedel nocciolo nell’ambito della progettazionedi recupero del lago di VicoLEONARDO VARVARO E ALFREDO FABI“Una definizione operativa di agricoltura sostenibile”RECANATESI F., RIPA M.N., LEONE A.Studio pedologico di alcuni suoli del lago di VicoSTEFANO GREGO, SARA MARINARI,GILMO VIANELLO, LIVIA VITTORI ANTISARIIndagine sulla fertilità dei suoli coltivati nella calderadel lago di Vico per una gestione sostenibile delle coltureVALERIO CRISTOFORI, CRISTIAN SILVESTRI,VITTORIO ALIMENTO, EDDO RUGINIISSN 2038-8292

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