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IL CALITRANO N. 40.qxd - Ilcalitrano.it

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N. 40 n.s. – Gennaio-Aprile 2009 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong>traversando. E per me erano i momenti dimaggiore sofferenza. La f<strong>it</strong>ta fumos<strong>it</strong>à miimpediva ogni distrazione, mi ricacciavanei pensieri più cupi. In più, acuiva i morsidella fame e della sette. L’acqua e il cibonon ci venivano negati, però la qual<strong>it</strong>àe la varietà erano uno strazio. Secca epreconfezionata, mi sforzavo di mandaregiù la mia razione giusto per riempire ivuoti dello stomaco.Dopo due giorni di percorrenza in direzioneBielorussia, giungemmo sulla rivadestra del Dnjepr, grande fiume della Polonia.Per attraversarlo non fu facile acausa della mancanza di un ponte levatoio.Caricati a bordo di zatteroni galleggianti,i vagoni della tradotta con illoro carico umano, furono traghettati sullasponda opposta. Poi raggiungemmola zona mil<strong>it</strong>are occupata dai tedeschi.Lo stato di cose che si parò davanti ainostri occhi lungo il tratto che percorremmoper raggiungere l’accampamentoci lasciò sconcertati. Lo rivedo oggi esattamentecome mi apparve nel lontanissimonovembre del ’42. Vedevo maceriedappertutto; fossati larghi e profondi scavatidalle esplosioni delle bombe; profughiin fuga in cerca di ripari di emergenza;donne con bambini in braccia emamme con figlioletti per mano; personeattempate che imprecavano verso iltreno col gesto delle mani e con paroleche non capivo; fuggiaschi con fagottisulle spalle; contadini in lacrime vicinoalle loro casupole distrutte.Io li osservavo in silenzio con una pietàed un atto di ribellione mai provati. Pensavo,immaginavo e cercavo di dare unsenso a quelle scene. Non sapevo secommiserare quelle v<strong>it</strong>time della guerrapiene di disperazione e di rabbia, o seprovare compiacimento di fronte alleprove di successo dell’avanzata delletruppe dell’“Asse” in terr<strong>it</strong>orio nemico.DIALETTO E CULTURA POPOLAREPARTICOLARI MODI DI DIRE CALITRANIMena lu viend’ scir’l’soffia il vento come un vorticeHav’ avut’ lu r’bbutt’quando una persona ha il rigetto. Che ha sempre da direLa malannata eia r’ tutt’ quanda, lu uay eia r’ chi lu ten’la mala annata è di tutti, il guaio è di chi cel’haQuegghia fac’ l’uov’ spatriat’! (oppure quessa n’ fac’l’uov’ ndo lu nir)quella signora fa l’uovo qua e là (oppure non fa l’uovo nelsetaccio)Hann’ fatt’ la cu<strong>it</strong>anzasi sono messi d’accordo(sulla spartizione dei beni)Lu tiemb’ s’eia puost’ a la v’rnil’ (si diceva d’estate)il tempo si è messo come d’invernoSc’rnata pagliaresca (d’inverno)Giornata da stare nel pagliaio (per il cattivo tempo)A la scurdataquando meno te l’aspettiPuzza r’ s’c’ror’puzza di sudoreChe so’ ssi nguacchj?cosa sono questiscarabocchiS’ la voz’ piglià f’rzosase la prese per forzaA ponda r’ iurn’ (più frequente)all’inizio del giorno; oppure“Quann’ la scura mor’ e ven’ chiar’ iuorn’”N’hav’ p’gliat’ acqua v’ndata! …ne ha preso acqua e vento!Eia fat’hà cum’ n’ n’avissa m’rì mai, e eia p’nzà cum’avissa m’rì crajdevi lavorare come non dovessi morire mai, e devi pensarecome dovessi morire domaniA l’assuta r’ viern’al termine dell’invernoA calata r’ sol’al tramonto del soleStat’ c<strong>it</strong>t’ ca ngì’ sò r’aurecchj sord’!stai z<strong>it</strong>to che ci sono le orecchie sorde!(generalmente rifer<strong>it</strong>o ai bambini)Eia morta a la f’gliannaè morta di partoLa cendra hav’ p’gliat’ culor’ha preso un colore poco buono o salutareAggirala (votala) ca s’ ard’voltala che si bruciaN’ng’eia nu parm’ r’ terra nettanon c’è un palmo di terra pul<strong>it</strong>a19

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