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Diamo una mano ai nostri ragazzi - La Rocca - il giornale di Sant ...

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<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Francesco Orazio Olivieri nasce aPennab<strong>il</strong>li nel 1680 da <strong>una</strong> famiglianob<strong>il</strong>e. A vent’anni entra nelconvento dei frati Cappuccini <strong>di</strong> Pietrarubbia.Nel 1712 parte missionarioper <strong>il</strong> Tibet. Vi giunge nel 1716 dopoun durissimo viaggio. Stu<strong>di</strong>a la lingua,e comp<strong>il</strong>a un vocabolario italiano-tibetano,<strong>il</strong> primo in <strong>una</strong> lingua occidentale,ricco <strong>di</strong> 35 m<strong>il</strong>a vocaboli. Riesce adacquistare un terreno e ad e<strong>di</strong>ficare unconvento a Lhasa e a pre<strong>di</strong>care liberamente<strong>il</strong> cristianesimo e fare proselitismo.Il popolo rispetta fra Orazio comePERSONAGGILETTEREDa Pennab<strong>il</strong>li al TibetGenn<strong>ai</strong>o / Febbr<strong>ai</strong>o 2009un uomo santo. Si forma presto <strong>una</strong>piccola comunità <strong>di</strong> convertiti, però, <strong>il</strong>proselitismo dei cappuccini preoccup<strong>ai</strong> monaci bud<strong>di</strong>sti e i cristiani vengonoduramente puniti. Fra’ Orazio nel 1745è costretto ad abbandonare <strong>il</strong> Tibet,e morirà <strong>di</strong> lì a poco per le sofferenzepatite e anche per <strong>il</strong> <strong>di</strong>spiacere dovutoall’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> portare avanti la suamissione.Quella <strong>di</strong> Orazio Olivieri fu <strong>una</strong> vitaricca <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> testimonianza. Nonesitò a rientrare in Italia per perorare<strong>ai</strong>uti alla causa della conversione dei tibetanie poi a tornare <strong>di</strong> nuovo in Tibetnonostante la consapevolezza che viaggi<strong>di</strong> quel genere costavano spesso la vita achi li compiva. Da qualche anno vieneproposta <strong>una</strong> immagine <strong>di</strong> Orazio comeuomo del <strong>di</strong>alogo, o meglio <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogofine a sé stesso, mentre invece tutti isuoi sforzi erano per la conversione alla“vera fede”, pur nel rispetto degli altri,e <strong>di</strong> confutazione degli errori del bud<strong>di</strong>smo.Le sue sofferenze e le sue speranzesono in parte visib<strong>il</strong>i anche nella letterache ripren<strong>di</strong>amo “liberamente” in questastessa pagina.Una lettera <strong>di</strong> Orazio Olivieri da “Catmandù”APietro Leone Olivieri Arcipretedella Cattedrale <strong>di</strong> Penna deB<strong>il</strong>liCarissimi Fratelli, da un’altra mia viavvis<strong>ai</strong> che per grazia <strong>di</strong> Dio, ed intercessionedella B:ma Vergine ero giuntoin detto luogo assieme con altri 10Compagni tutti sani e salvi essendostati sopra <strong>il</strong> mare 6 mesi e 18 giorni;dopo riposati alcuni giorni, ci portassimoa Patnà 28 giorni mettessimoper <strong>il</strong> viaggio, dove giungessimo li 6decembre e nel mese <strong>di</strong> Gen<strong>ai</strong>o partissimoper Nepal, ove arrivassimo li6 Febraro, e per Apr<strong>il</strong>e volevamo partireper Lhasa nel Thibet, ma stantel’influenza de V<strong>ai</strong>oli, che da 30 anniin quà non erano stati nel Thibet, nesono morti <strong>una</strong> gran quantità, che hacausato come <strong>una</strong> peste, che perciò <strong>il</strong>Re ha proibito, che Nessuno possa entraredentro <strong>il</strong> Thibet, onde con <strong>una</strong>mia lo supplic<strong>ai</strong> della permissione, ed<strong>il</strong> Re benignamente ci ha mandato unPassaporto amplo per potere andare aLhasa, ed un altro Passaporto ancoraci ha mandato <strong>il</strong> suo Primogenito; cheperciò <strong>il</strong> giorno del nostro glorioso PatriarcaS. Francesco dopo la S.Messapartiremo per Lhasa, che perciò vi pregotutti a tenerci continuamente raccomandatinelle vostre orazioni acciòci <strong>di</strong>a grazia, e forza <strong>di</strong> resistere a tuttii travagli, e patimenti, e che Id<strong>di</strong>o sicompiaccia <strong>di</strong> <strong>il</strong>luminare queste povereAnime per conoscere la vera Leggeper evitare le pene dell’Inferno ed acquistarela gloria del Para<strong>di</strong>so.Qui in Necpal dopo <strong>il</strong> mio arrivo siè presentato un libro tradotto in questalingua sopra la cognizione del veroDio, che in lui solo si deve sperare, equello unicamente si deve amare, qualefu letto alla presenza del medesimoRe, Vice Re, e Sacerdoti degli Idoli, erispose, che avrebbe fatto congregare isacerdoti degli Idoli e piu virtuosi per<strong>di</strong>sputare coi Padri; e dopo molte <strong>di</strong>sputese si conoscerà, e risolverà, che lanostra Legge sia la vera esso medesimola prenderà assieme <strong>ai</strong> suoi Sud<strong>di</strong>ti, <strong>di</strong>poi ci ha dato <strong>il</strong> Priv<strong>il</strong>egio della Libertà<strong>di</strong> Coscienza, ed anche ci ha donato<strong>una</strong> casa con l’Instrumento che nepotiamo farne, che voliamo, ed anchevenderla: <strong>il</strong> Re <strong>di</strong> Catmandù ancoraci ha dato <strong>il</strong> Priv<strong>il</strong>egio della libertà <strong>di</strong>Coscienza, e quanto prima se li presenterà<strong>il</strong> suddetto libro, ed anche <strong>una</strong>ltro che confuta gli errori <strong>di</strong> questaLegge.Io poi come ho detto <strong>di</strong> sopra partoper <strong>il</strong> Thibet li 4 Ottobre 1740: conun gran peso <strong>di</strong> 60 anni che un mesee pochi giorni doppo finisco, e benchèsia <strong>il</strong> minore <strong>di</strong> età <strong>di</strong> tutti loro altritre, nulla<strong>di</strong>meno perchè nescitis <strong>di</strong>em,neque horam, mi vado ogni giornopreparando per <strong>il</strong> tremendo passo perl’altra vita, e così credo faccino loroaltri ancora, ma però Pietro Leonecome Ecclesiastico non ho dubbio alcunoche non stia sempre preparato,ma Antonio come Secolare, è che credonon pensi molto alla morte, però alui principalmente è in<strong>di</strong>rizata la miaesortazione, che perciò l’esorto ad accomodarepresto i suoi figli (giacchènon ho potuto avere la consolazione<strong>di</strong> vederne accomodato qualched’unoprima <strong>di</strong> partire dall’Italia, come sempreavrei creduto per tante persuasionid’altri e mie) perchè alla morte gli saràd’un gran travaglio e pena, ma adessoche avete tempo premonitevi per queltremendo passo con fare <strong>una</strong> buonaConfessione generale, e poi frequentatespesso i <strong>Sant</strong>i Sacramenti dellaPenitenza ed Eucarestia, con accomodareben bene tutte le cose vostre inquanto prima all’anima, e poi dellaCasa per <strong>il</strong> non avere in quel passo apensare ad altro che all’anima, e conpregarvi a tutti a tenermi raccomandaticaldamente nelle vostre orazioni,e particolarmente alla B:ma V:e restocon supplicare um<strong>il</strong>mente la SS:ma V:e acciò vi tenga tutti sotto <strong>il</strong> suo SS:mo Manto, e vi prego a riverirmi tuttii Parenti ed Amici D.Vs. Aff:mo FratelloF. Francesco Orazio.19 Sett. 1740Genn<strong>ai</strong>o / Febbr<strong>ai</strong>o 2009RASSEGNA LETTERE STAMPAIl Mattatore a S. AgataRipren<strong>di</strong>amo un articolo del2000 senza commenti per leimprecisioni contenute.Una sera <strong>il</strong> viaggio si fermò in un piccolopaese vicino a San Marino, <strong>Sant</strong>’AgataFeltria. Arrivarono lì perchéc’era un teatro che non era stato piùriaperto dal Settecento (sic!). Il luogoideale per <strong>il</strong> progetto dantesco cheVittorio Gassman stava elaborandoper la R<strong>ai</strong> con l’ <strong>ai</strong>uto del regista RubinoRubini: «<strong>La</strong> lettura <strong>di</strong> Vittorioracconta Rubinidoveva avere comunqueun percorsoteatrale, chesi concretizzav<strong>ai</strong>n riprese in questipiccoli gioielli<strong>di</strong>menticati dellaprovincia italiana.Ricordo ancora <strong>il</strong>volto turbato delsindaco del paese,quando si vide arrivareun non an-Rino e Teresa Borghesinunciato Gassmanche gli chiedeva in prestito <strong>il</strong> teatrino.E ricordo ancora ciò che Vittorio mi<strong>di</strong>sse quando abbandonammo <strong>il</strong> paese:“Rubino, quando scoprì Troia,Schliemann dovette sentirsi più omeno come noi due oggi”. Aveva ragione:aprendo le porte <strong>di</strong> quel teatrosi <strong>di</strong>schiuse <strong>di</strong> fronte a noi un mondofermo nel tempo; avremmo fattobene a richiuderle perché poi la politicaci ha messo le mani e non so cosasia accaduto a quel piccolo gioiello».Rubini (che si definisce un «portatoresano <strong>di</strong> Dante: ne so alcune parti amemoria per mia passione e non persfoggio, ricordo serate in cui, nellestorie, io e Vittorio facevamo a garachi se ne ricordava <strong>di</strong> più. Ovviamentevinceva lui») farà da introduttore,domani, alla lettura «virtuale» cheGassman darà in piazza della Signoria.Si tratta, infatti, della proiezione<strong>di</strong> alcune puntate R<strong>ai</strong> in cui <strong>il</strong> Mattatoresprofondava nei versi con <strong>una</strong>voluttà senza pari: «Gassman spiegaRubini è stato l’ultimo grande <strong>di</strong>citoreottocentesco nel senso più alto deltermine. Sapeva che <strong>di</strong>re significa <strong>il</strong>luminare.Vittorio aveva capito tutto<strong>di</strong> Dante. Aveva tutto chiaro, e la suadeclamazione era al tempo stesso <strong>di</strong>grande qualità estetica senza tra<strong>di</strong>re <strong>il</strong>contenuto. Era, in poche parole, <strong>una</strong>forma raffinatissima <strong>di</strong> informazioneculturale».Fulvio Paloscia Repubblica17 settembre 2000pagina FIRENZESotto, riconoscib<strong>il</strong>i: <strong>il</strong> Card. Lercaro, P. GiulioMambelli, P. Gianfranco Liveranie don Paolo Rabitti, <strong>di</strong>venuto poi Vescovodella nostra Diocesi<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Padre Piotra Marellae LercaroCosì s’intitola un album popolare (E<strong>di</strong>zioniTempi Nuovi) che, attraverso l’alternanza<strong>di</strong> testi e <strong>di</strong>segni, racconta l’amicizia del<strong>Sant</strong>o con due figure emblematiche dellaChiesa bolognese: <strong>il</strong> prete che raccoglieval’obolo per i suoi poveri, stendendo davanti<strong>ai</strong> passanti <strong>il</strong> suo mitico cappello e <strong>il</strong>car<strong>di</strong>nale, protagonista del Conc<strong>il</strong>io, chegovernò la <strong>di</strong>ocesi petroniana per 16 anni.L’opera e<strong>di</strong>toriale, curata da Giusy Ferro eCarlo Vietti (<strong>il</strong>lustrazioni <strong>di</strong> Rachele Ferro)è stata presentata sabato nella CappellaFarnese <strong>di</strong> Palazzo d’Accursio.Spiegano gli autori: «Abbiamo cercato <strong>di</strong>portare <strong>una</strong> piccola pietra alla storia <strong>di</strong> sanPio, ripercorrendo <strong>il</strong> suo rapporto con duebolognesi d’azione, come Lercaro e donOlinto Marella, accom<strong>una</strong>ti dal fatto <strong>di</strong>aver lasciato <strong>una</strong> traccia indeleb<strong>il</strong>e e originale<strong>di</strong> spiritualità e <strong>di</strong> opere concrete».Nella prefazione monsignor DomenicoD’Ambrosio, arcivescovo <strong>di</strong> Manfredonia,ricorda che i tre protagonisti del libro«secondo la particolarità della loro testimonianza,ci hanno raccontato le “gran<strong>di</strong>opere” del Signore». (S.Andr.)

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