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Orizzonte Magazine n°1 -2016

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Mensile di<br />

attualità e cultura<br />

Anno 3 N. 1<br />

Gennaio <strong>2016</strong><br />

ROMANI<br />

IN VAL D’AOSTA<br />

dieta vegana:<br />

istruzioni per l’uso<br />

Quando una scelta di vita inizia a tavola<br />

scolpire con i lego<br />

Allo Spazio Eventi Tirso di Roma la<br />

mostra di Nathan Sawaya<br />

fashion & models<br />

Miss & Mister <strong>Orizzonte</strong> web 2015<br />

la cassata siciliana<br />

Un dolce dall’origine antica, raffigurato<br />

in un affresco della villa romana<br />

di Oplontis<br />

il cimitero delle fontanelle a napoli


2 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 3


IN PRIMO PIANO<br />

6 Romani in Val d’Aosta.<br />

cultura<br />

18 Il Cimitero delle Fontanelle<br />

a Napoli.<br />

34 Arte e tecnologia:<br />

scolpire con i Lego.<br />

notizie e curiositA’<br />

23 Mostre all’<strong>Orizzonte</strong>.<br />

fashion & models<br />

54 Miss & Mister<br />

<strong>Orizzonte</strong> web 2015.<br />

56 Aspiranti Fotomodelle:<br />

Come truccarsi per<br />

un servizio fotografico.<br />

rubriche<br />

38 Riflessioni di una single<br />

Non è il tuo principe azzurro se...<br />

43 <strong>Orizzonte</strong> Food<br />

La Cassata siciliana.<br />

48 Dieta vegana:<br />

istruzioni per l’uso.<br />

50 Lo sapevate che<br />

L’Alliaria.<br />

65 Oroscopo del mese.<br />

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna<br />

parte della pubblicazione può essere<br />

riprodotta, rielaborata o diffusa senza<br />

espressa autorizzazione. della Direzione.<br />

Le opinioni espresse negli articoli<br />

impegnano solo gli autori e non coinvolgono<br />

né rappresentano il pensiero<br />

della Direzione.<br />

4 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


EDITORIALE<br />

È finalmente arrivato il freddo inverno, con buona<br />

pace di quanti si stavano lamentando per il protrarsi<br />

della bella stagione. È giunto a tranquillizzare, con le<br />

sue precipitazioni, gli amministratori e gli abitanti delle<br />

grandi città, preoccupati delle polveri sottili ma più<br />

propensi ad affidarsi all’alea metereologica piuttosto<br />

che ad adottare provvedimenti nei confronti delle ciminiere<br />

industriali e delle caldaie condominiali. Danze<br />

della pioggia e ceri ai santi protettori hanno evidentemente<br />

funzionato, anche se la neve blocca le autostrade<br />

e favorisce il dissesto idrogeologico.<br />

Ma di risolvere il problema alla radice non se ne<br />

parla. Secondo l’Italian Climate Network a causa delle<br />

emissioni di gas ad effetto serra l’Italia si va scaldando<br />

con una velocità doppia rispetto a quella di tutto il<br />

pianeta; significa che, in particolare nel nostro Paese,<br />

occorrono politiche specifiche sulla riduzione dei gas<br />

serra, strategie di adattamento alle conseguenze derivanti<br />

dalle variazioni climatiche, interventi preventivi di<br />

breve e medio periodo, ma non sembra che si muova<br />

alcunché, riti esoterici e cerimonie propiziatorie a parte.<br />

In breve queste giornate difficili verranno dimenticate<br />

sino alla prossima emergenza meteorologica, non<br />

considerando che questi cambiamenti sono segnali da<br />

considerare con attenzione, facendone tesoro come<br />

serio indirizzo di programmazione.<br />

Intanto il freddo è giunto a fare la sua parte; le<br />

temperature si sono drasticamente abbassate, anche<br />

al livello del mare, i condizionatori ansimano per la<br />

fatica e perfino le idee si ghiacciano in questo inverno<br />

repentino e gelido.<br />

Nevica, governo ladro!<br />

Franco Ardito<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong><br />

Mensile di attualità e cultura<br />

Anno 3 n. 1 - Gennaio <strong>2016</strong><br />

Reg. trib. di Bari n° 19/2014<br />

Franco Ardito<br />

Direttore Responsabile<br />

Angelo Ferri<br />

Direttore Editoriale<br />

Redazione<br />

via dei Mille, 50/A - 70126 Bari (BA)<br />

tel.: 080 9697552<br />

e-mail: direzione@orizzontemagazine.it<br />

www.orizzontemagazine.it<br />

La collaborazione avviene su invito.<br />

Articoli e materiali non si restituiscono.<br />

La Direzione si riserva di adattare<br />

testi, illustrazioni e fotografie alle<br />

esigenze della pubblicazione.<br />

Articoli e immagini vanno inviati per<br />

e-mail a:articoli@orizzontemagazine.<br />

it Gli articoli dovranno pervenire in<br />

formato doc o docx e le immagini in<br />

formato jpeg, con una risoluzione<br />

non inferiore a 300 ppi.<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 5


ROMANI IN VAL D’AOSTA<br />

di Fabrizio Capra<br />

6 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


L<br />

a Valle d’Aosta è una<br />

regione ricca di storia,<br />

cultura, ambiente e<br />

tradizioni, una regione<br />

che affascina, con i suoi castelli<br />

e con le sue alte montagne mete<br />

di fantastiche escursioni, che<br />

ingolosisce con le sue proposte<br />

enogastronomiche.<br />

Il territorio che oggi è la Vallée<br />

ha ricoperto anche una grande<br />

importanza strategica fin dai<br />

tempi degli antichi romani che<br />

utilizzarono quest’area per fini<br />

strategici.<br />

Questo articolo si pone come<br />

obiettivo quello di condurre il<br />

lettore a scoprire ciò che resta<br />

della presenza e del passaggio<br />

degli antichi romani in Valle d’Aosta,<br />

senza dimenticare che un<br />

viaggio in questa regione deve<br />

abbracciare tutto ciò che la regione<br />

stessa offre.<br />

La presenza romana<br />

I romani rivolsero la loro attenzione<br />

verso queste aree alla fine<br />

della seconda guerra punica, poiché<br />

i Galli, alleati dei Cartaginesi,<br />

rappresentavano una pressante<br />

minaccia e l’attuale Valle d’Aosta<br />

fu considerata un avamposto a<br />

difesa della pianura padana.<br />

Fu dal I secolo a.C., quando si avviò<br />

la progressiva conquista della<br />

Gallia, che le cose cambiarono.<br />

I valichi del Piccolo San Bernardo<br />

(Alpis Graia) e Gran San Bernardo<br />

(Alpis Pœnina) diventarono<br />

strategici; contemporaneamente<br />

sorse il problema del controllo<br />

della valle abitata in quei tempi<br />

dai Salassi, popolazione liguregallica<br />

che si era insediata in<br />

queste zone nel II secolo a.C.,<br />

un vero ostacolo per il passaggio<br />

dei soldati e dei mercanti lungo<br />

la Via delle Gallie.<br />

I Salassi, già sconfitti nel 143 a.C.<br />

dalle legioni del console Appio<br />

Claudio Pulcro, resistettero alla<br />

dominazione romana ma furono<br />

definitivamente sconfitti nel 25<br />

a.C., più con stratagemmi che<br />

con la forza, dal futuro console<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 7


Aulo Terenzio Varrone Murena,<br />

allora luogotenente, che fu messo<br />

a capo di un consistente esercito<br />

da Cesare Augusto.<br />

Iniziavano così cinque secoli di<br />

dominazione romana.<br />

È di quell’epoca la fondazione di<br />

Augusta Prætoria Salassorum, l’attuale<br />

Aosta, su modello dell’accampamento<br />

militare romano:<br />

una cittadella fortificata, che doveva<br />

garantire la percorribilità delle<br />

vie consolari che collegavano l’alta<br />

Italia con l’Europa nord occidentale.<br />

Nata al culmine di una straordinaria<br />

sperimentazione urbanistica,<br />

raccolse e sintetizzò le migliori<br />

esperienze architettoniche della<br />

Roma imperiale: la pianta, rigorosamente<br />

rettangolare (lato maggiore<br />

di 724 metri e quello minore<br />

di 572 metri) e sistemata topograficamente<br />

con l’asse maggiore<br />

parallelo all’andamento della valle,<br />

nell’ansa che precede l’incontro<br />

del torrente Buthier con la Dora.<br />

L’attuale via centrale è l’asse rettilineo<br />

del “decumanus maximus”,<br />

quel tratto della strada delle Gallie<br />

che, proveniente da Roma, passava<br />

sotto l’Arco di Augusto e dalla<br />

Porta Praetoria e conduceva alla<br />

corrispondente porta occidentale.<br />

Caduto l’impero romano, le successive<br />

invasioni barbariche la distrussero<br />

quasi completamente e<br />

nel decimo secolo della superba<br />

città romana non rimanevano<br />

che i monumenti imperiali e alcuni<br />

monconi di edifici privati.<br />

Cosa vedere<br />

Iniziamo questo viaggio della presenza<br />

romana in Valle d’Aosta<br />

scrivendo del capoluogo.<br />

AOSTA<br />

Numerose e importanti le testimonianze<br />

giunte a noi di quella<br />

che è stata Augusta Prætoria Salassorum.<br />

8 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


Arco di Augusto<br />

Lo si trova passato il ponte sul<br />

torrente Buthier: si tratta di un<br />

imponente arco onorario dedicato<br />

all’imperatore Augusto,<br />

costruito anche per affermare la<br />

presenza e la potenza di Roma.<br />

L’architettura è tipica del tardo<br />

periodo repubblicano e si presenta<br />

a un solo fornice a tutto<br />

sesto, largo 8,29 metri. I pilastri<br />

che lo fiancheggiano presentano<br />

ai quattro angoli delle semicolonne<br />

su basi attiche sormontate<br />

da capitelli corinzi, le stesse che<br />

scompartiscono le facciate e i lati.<br />

In origine queste superfici erano<br />

interrotte dai rilievi con probabile<br />

figurazione a trofei che erano collocati<br />

nelle quattro nicchie della<br />

facciata. Una trabeazione dorica<br />

a triglifi e metope chiude in alto<br />

quel che rimane del monumento,<br />

da secoli privo dell’attico sul quale<br />

era apposta, a lettere di bronzo,<br />

l’iscrizione dedicatoria. Nel 1716 il<br />

Conseil des Commis decise di preservare<br />

il monumento dalle infiltrazioni<br />

d’acqua ricoprendolo con<br />

un tetto d’ardesia. L’Arco fu definitivamente<br />

restaurato dal negli<br />

anni 1912-1913; uno scavo nelle<br />

sue vicinanze, risalente ai primi<br />

anni del ‘900, portò alla luce due<br />

grandi lettere in bronzo dorato,<br />

con tutta probabilità appartenenti<br />

all’iscrizione dedicatoria.<br />

Porta Praetoria<br />

Il monumento si trova tra via<br />

Sant’Anselmo e via Porta Praetoria.<br />

Situata nella parte orientale<br />

delle mura, era l’accesso<br />

principale alla città. Era dotata<br />

di tre aperture, ancor oggi visibili:<br />

quella centrale per i carri e<br />

quelle laterali per i pedoni. L’area<br />

all’interno delle aperture era utilizzata<br />

come cortile d’armi; nella<br />

sua parte meridionale, il terreno<br />

è stato scavato fino a raggiunge-<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 9


e il presunto livello del suolo in<br />

epoca romana (circa due metri al<br />

di sotto del livello attuale, la differenza<br />

è dovuta ai materiali traspostati<br />

dalle piene fluviali). Nelle<br />

aperture rivolte all’esterno sono<br />

ancora visibili le scanalature entro<br />

cui correvano le cancellate che di<br />

notte venivano calate. Nella facciata<br />

orientale si possono notare<br />

alcune delle lastre di marmo che<br />

rivestivano l’intero monumento,<br />

all’interno costituito di blocchi di<br />

puddinga. Nel Medioevo fu addossata<br />

alla Porta Praetoria una<br />

cappella dedicata alla Santissima<br />

Trinità (ora non ne resta che una<br />

nicchia).<br />

Cripotoportico forense<br />

Il suo scopo principale era di costituire<br />

una struttura di contenimento<br />

e di regolarizzazione del<br />

terreno che in quella zona della<br />

città doveva essere in leggera<br />

pendenza da nord a sud e creava<br />

un dislivello tra l’area sacra e l’adiacente<br />

platea forense. Il colonnato<br />

marmoreo (porticus triplex)<br />

che lo sovrastava (ormai distrutto<br />

e del quale non rimangono<br />

evidenze archeologiche) fungeva<br />

invece da scenografica cornice ai<br />

due originari templi gemelli della<br />

terrazza sacra. Ci troviamo nel<br />

settore nord del complesso forense<br />

di età romana, proprio di<br />

fronte all’ingresso della Cattedrale,<br />

in corrispondenza di un’area<br />

10 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


sacra sopraelevata grazie al passaggio<br />

di un decumano minore,<br />

all’incirca corrispondente all’attuale<br />

via Mons. De Sales.<br />

Si articola in tre bracci disposti<br />

a ferro di cavallo e divisi internamente<br />

in due navate voltate a<br />

botte con una sequenza centrale<br />

di archi ribassati. I due bracci laterali<br />

misurano 71,80 metri; quello<br />

centrale, più esteso, raggiunge una<br />

lunghezza interna di 87,10 metri.<br />

In origine due accessi monumentali<br />

dovevano aprirsi alle estremità<br />

delle ali laterali, ai lati della<br />

scalinata centrale. Le gallerie sono<br />

illuminate da una serie di finestrelle<br />

strombate che assicurano<br />

anche un idoneo ricambio d’aria;<br />

nel corso dell’anno la temperatura<br />

all’interno del criptoportico si<br />

mantiene costante.<br />

Si potrebbe ritenere che si trattasse<br />

di una struttura di prestigio<br />

legata tanto al culto imperiale,<br />

all’autocelebrazione dei notabili<br />

locali così come delle corporazioni<br />

religiose o professionali cittadine,<br />

fatto che legittima la supposizione<br />

che i criptoportici possano<br />

essere letti come ambienti dotati<br />

di una funzione politico-liturgica<br />

particolare: una sorta di luogo<br />

“cerniera” tra il sacro (l’area sacra<br />

e i relativi edifici templari) e<br />

il profano (cioè la vera e propria<br />

“pubblica piazza”).<br />

Le strutture del Criptoportico<br />

continuarono a essere utilizzate<br />

anche nei secoli successivi,<br />

quando vennero trasformate in<br />

cantine e denominate, per consuetudine<br />

popolare, “Marché des<br />

Romains”.<br />

Piazza Giovanni XXIII - Aosta - Tel.<br />

n. 3357981505<br />

Teatro romano<br />

La sola facciata attualmente visibile<br />

è quella meridionale, alta ben<br />

22 metri, caratterizzata da una<br />

serie di contrafforti e di arcate e<br />

alleggerita da tre ordini sovrapposti<br />

di finestre di varia forma e<br />

dimensione.<br />

Ben individuabili sono pure le gradinate<br />

a emiciclo che ospitavano<br />

gli spettatori (cavea), l’orchestra (il<br />

cui raggio è di 10 metri), e il muro<br />

di scena (ora ridotto alle sole fondamenta)<br />

che un tempo si innalzava<br />

col suo ricco prospetto ornato<br />

di colonne, di marmi e di statue.<br />

Si è calcolato che il Teatro potesse<br />

contenere tre o quattromila<br />

spettatori; alcuni studiosi ritengono<br />

che fosse dotato di copertura<br />

fissa.<br />

Le ultime ricerche condotte sulle<br />

murature hanno permesso di<br />

ipotizzare che le strutture attualmente<br />

visibili non siano nate tutte<br />

in prima fase (I sec. a.C.), ma che<br />

siano il frutto di successive modificazioni<br />

avvenute ancora in epoca<br />

antica.<br />

Via Porta Praetoria, angolo Via du<br />

Baillage - Aosta - Tel. n. 0165231665<br />

Le mura della città<br />

La cinta muraria formava un rettangolo<br />

di 724 metri per 572 ed<br />

era costituita da uno strato interno<br />

di ciottoli fluviali e malta e uno<br />

esterno di blocchi di travertino.<br />

I tratti in cui sono ancora ben visibili<br />

sono via Hotel des Monnaies,<br />

via Carducci, via Carrel (in corrispondenza<br />

della stazione degli<br />

autobus), via Monte Solarolo, via<br />

Abbé Chanoux. In via Festaz, specialmente<br />

al suo incrocio con via<br />

Vevey, si possono vedere le brecce<br />

aperte nelle mura per il passaggio<br />

delle moderne vie cittadine.<br />

Le torri perimetrali<br />

Le torri erano due per ogni porta,<br />

quattro angolari, più altre<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 11


otto: venti in tutto. Per il loro<br />

numero, per la forte sporgenza<br />

verso l’esterno e per il risalto dato<br />

loro da un doppio ordine di<br />

finestrelle arcuate poste su tutti<br />

e quattro i lati, bisogna pensare<br />

che la loro funzione fosse anche<br />

quella di fungere da elemento<br />

decorativo: la cinta muraria, infatti,<br />

non era stata costruita solo<br />

con un intento difensivo, ma<br />

anche col desiderio di creare<br />

una delimitazione monumentale<br />

dell’area urbana.<br />

Nei secoli successivi alla caduta<br />

dell’impero romano Aosta conobbe<br />

una fase di abbandono<br />

e di forte declino; nel corso del<br />

medioevo gli abitanti tornarono<br />

a poco a poco, le abitazioni si<br />

strinsero lungo le vie principali<br />

e i nobili appoggiarono le loro<br />

case forti e i loro castelli alle<br />

vecchie mura. Molti bastioni furono<br />

adattati a dimora feudale,<br />

e alcune torri vennero sopraelevate<br />

e trasformate utilizzando<br />

il paramento esterno delle<br />

mura che venne in gran parte<br />

asportato.<br />

Le sole torri che hanno parzialmente<br />

conservato l’aspetto originario<br />

sono quelle del Lebbroso<br />

e del Pailleron, restaurata,<br />

quest’ultima, da Alfredo D’Andrade<br />

nel 1894.<br />

12 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


A nord-ovest della città, dalle<br />

mura romane si erge la suggestiva<br />

Tour Neuve, mentre all’angolo<br />

nord orientale, la Torre dei Balivi<br />

si pregia di ospitare la scuola di<br />

musica “Conservatoire de la Vallée<br />

d’Aoste”.<br />

Accanto all’area archeologica del<br />

Teatro Romano è possibile ammirare<br />

la Tour Fromage; a sud delle<br />

mura sorge infine la leggendaria<br />

Torre di Bramafam.<br />

Ponte romano<br />

Provenendo dalla Bassa Valle, il<br />

primo monumento antico di Aosta<br />

che accoglie il visitatore è il<br />

ponte romano gettato sull’antico<br />

corso del torrente Buthier. Esso<br />

caratterizza il quartiere orientale<br />

della città, chiamato appunto del<br />

Pont de Pierre, cioè del ponte<br />

di pietra. Parallelo a corso Ivrea,<br />

poco lontano dall’Arco di Augusto,<br />

il ponte è perfettamente<br />

conservato e tuttora utilizzato<br />

per il transito, anche se nel corso<br />

del medioevo il torrente Buthier<br />

ha cambiato sede e le acque non<br />

scorrono più sotto la sua unica<br />

arcata a schiena d’asino di 17,16 m<br />

di apertura. Largo circa 6 metri,<br />

venne costruito in età augustea<br />

con blocchi di pietra, secondo i<br />

consueti modelli romani.<br />

Villa romana<br />

Si tratta delle fondamenta di<br />

un’elegante abitazione romana,<br />

esterna alla cinta muraria della<br />

città; sono riconoscibili alcuni locali,<br />

con resti di pavimentazione<br />

in mosaico e tracce di un impianto<br />

di riscaldamento. L’indagine<br />

archeologica nella villa suburbana<br />

in regione Consolata fece seguito<br />

nel 1971 a lavori edili, riportando<br />

in luce la maggior parte delle<br />

strutture antiche al momento<br />

visibili; ulteriori scavi, a metà degli<br />

anni ‘80, ampliarono le conoscenze<br />

della parte centrale del<br />

complesso: atrium tetrastilo con<br />

impluvium, tablinum.<br />

Anteriore alla fondazione della<br />

città, la villa presenta una pianta<br />

di forma rettangolare, compatta,<br />

in cui predominano gli ambienti a<br />

carattere residenziale (pars urbana),<br />

riservati al dominus e ai suoi<br />

ospiti, rispetto a quelli di servizio,<br />

di deposito e, eventualmente, di<br />

lavorazione di prodotti agricoli<br />

(pars rustica e fructuaria); la presenza<br />

di questi ultimi, seppur limitata,<br />

indica una connessione con<br />

attività esercitate in un fundus<br />

(podere, tenuta).<br />

Regione Consolata - Aosta - Tel. n.<br />

0165275902 (Museo Archeologico<br />

Regionale)<br />

Area funeraria<br />

Questa importante necropoli<br />

di epoca romana si trova a circa<br />

200 metri dalla Porta Decumana,<br />

lungo la strada che conduceva alla<br />

Alpis Graia (colle del Piccolo San<br />

Bernardo). È un rinvenimento analogo<br />

a quello di altre necropoli site<br />

presso la Porta Praetoria e la Porta<br />

Principalis Sinistra, altri accessi<br />

ad Augusta Praetoria (Aosta).<br />

Il sito ha avuto un lungo periodo<br />

d’uso, dal I secolo d.C. fino alla<br />

fine del primo millennio, quando<br />

iniziò il progressivo abbandono.<br />

La necropoli è stata quindi usata<br />

sia in epoca romana sia in epoca<br />

paleocristiana; era abbastanza<br />

usuale la compresenza di sepolture<br />

pagane e cristiane, così come<br />

molto simili erano i riti legati al<br />

culto dei defunti.<br />

Nell’area si trovano tre mausolei<br />

con destinazione funeraria ad aula<br />

rettangolare, noti come cellae<br />

memoriae, risalenti al IV secolo.<br />

Una basilica paleocristiana, la cui<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 13


datazione va dalla fine del IV a<br />

tutto il V secolo, ha evidenti somiglianze<br />

con edifici cristiani analoghi<br />

sorti su necropoli romane<br />

fuori le mura.<br />

Corso Battaglione, 10/B - Aosta -<br />

Tel. n. 0165275911<br />

Porta Decumana<br />

Il Decumanus Maximus (attuali vie<br />

Porta Pretoria, De Tillier e Aubert)<br />

si presentava a doppia cortina<br />

e a tre passaggi fiancheggiati<br />

da torri; questa porta venne riadattata<br />

e rimase in uso per tutto<br />

il medioevo e l’età moderna. Collegava<br />

la Porta Praetoria all’uscita<br />

occidentale della citta romana: la<br />

Porta Decumana.<br />

La porta rimase in piedi fino al<br />

1812, anno in cui fu demolita per<br />

ordine del prefetto del Dipartimento<br />

della Dora, in vista del risanamento<br />

del quartiere e dell’allargamento<br />

della strada. I risultati<br />

di una serie di campagne di scavo<br />

condotte in quest’area tra il 1988<br />

e il 1991, in concomitanza con la<br />

ristrutturazione dell’ex Ospizio di<br />

Carità per la realizzazione della<br />

nuova Biblioteca Regionale, hanno<br />

permesso di delineare la fisionomia<br />

originaria della porta.<br />

La torre situata sul lato nord<br />

dell’attuale via Aubert è ancora<br />

conservata per un’altezza considerevole,<br />

quella meridionale, invece,<br />

quasi interamente rasata a<br />

livello delle fondazioni, è visibile<br />

14 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


nei locali interrati della Biblioteca<br />

Regionale. Gli scavi hanno riportato<br />

alla luce anche un tratto del<br />

basolato del decumanus maximus<br />

e parte di una cloaca.<br />

Mar-Museo Archeologico<br />

Regionale<br />

L’allestimento si articola in un<br />

percorso tematico e cronologico.<br />

Ampio spazio è dedicato alla romanizzazione<br />

che prende le mosse<br />

dal plastico di Augusta Prætoria<br />

e dal miliario costantiniano posto<br />

lungo la via delle Gallie. Seguono<br />

le due sale dedicate ai rituali funerari<br />

dove sono presentati alcuni<br />

corredi rinvenuti all’interno delle<br />

tombe, oltre alla ricostruzione<br />

del letto funerario della necropoli<br />

di San Rocco situata all’ingresso<br />

orientale della città romana. Gli<br />

spazi dedicati all’epigrafia funeraria<br />

e ai culti della regione espongono<br />

vari reperti su cui spiccano<br />

il noto Balteo bronzeo con scene<br />

di battaglia tra Barbari e Romani e<br />

il busto di Giove Graio in argento<br />

sbalzato, rinvenuto sul Colle del<br />

Piccolo San Bernardo, associato a<br />

un ricco corredo rituale.<br />

L’edilizia pubblica è rappresentata<br />

sia da una raccolta di stampe con<br />

i principali monumenti aostani, sia<br />

da frammenti scultorei e porzioni<br />

di affreschi, mentre la vita quotidiana<br />

è presentata attraverso le<br />

suppellettili da tavola e da cottura<br />

allestite attorno alla ricostruzione<br />

di un thermopolium (locale pubblico<br />

dove si servivano vivande e<br />

bevande) di modello pompeiano.<br />

L’esposizione sulla romanità si<br />

conclude con reperti relativi agli<br />

ornamenti personali, al lusso e al<br />

benessere.<br />

Piazza Roncas, 12 - Aosta - Tel. n.<br />

0165275902 - e-mail: mar@regione.vda.it<br />

- sito: www.regione.vda.it/<br />

cultura/mostre_musei/musei/mar_<br />

aosta/default_i.asp<br />

La strada delle Gallie<br />

La strada consolare delle Gallie,<br />

costruita per collegare Roma alla<br />

Valle del Rodano, rimase in uso<br />

praticamente fino all’800, ed è<br />

oggi visibile in alcune tracce stupefacenti<br />

per la titanica perfezione<br />

dell’opera creata dai romani: pareti<br />

rocciose tagliate, tratti di terreno<br />

accidentato spianati, muri di<br />

sostegno costruiti sugli strapiombi<br />

delle montagne, arditissimi ponti<br />

innalzati a scavalcare i torrenti.<br />

La strada procedeva per segmenti<br />

rettilinei, collegati tra loro ad<br />

angolo acuto. Il fondo stradale, di<br />

larghezza compresa tra 3,5 e 4,6<br />

metri, era spesso tagliato nella viva<br />

roccia, e vi rimangono i solchi<br />

tracciati dai carri.<br />

Donnas<br />

Arco via delle Gallie<br />

Si tratta di uno dei punti più caratteristici<br />

e spettacolari della Via<br />

delle Gallie, dimostrazione imponente<br />

della quantità immane di<br />

roccia scalpellata dal fianco della<br />

montagna per far posto alla sede<br />

stradale, per una lunghezza di 221<br />

metri. L’arco, ricavato nella roccia<br />

viva, ha l’archivolto accuratamente<br />

lavorato e rifinito a mostrare<br />

una pseudomuratura, splendido<br />

esempio dell’abilità ingegneristica<br />

romana: 4 metri di spessore, 4<br />

metri di altezza e quasi 3 metri di<br />

larghezza, che illustrano eloquentemente<br />

la mole di roccia asportata,<br />

mostrando tutta la raffinatezza<br />

di una tecnica stradale mai<br />

più raggiunta fino ai viadotti e alle<br />

gallerie moderne.<br />

Nel Medioevo servì come porta<br />

del Borgo, che veniva chiusa durante<br />

la notte; le altre difese erano<br />

naturali: da una parte la mon-<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 15


tagna e dall’altra il fiume.<br />

A quei tempi il promontorio roccioso<br />

arrivava a tuffarsi nelle acque<br />

della Dora e i Romani hanno<br />

lanciato una vera e propria sfida<br />

alla natura intagliando una roccia<br />

viva su cui hanno saputo tirare<br />

pareti perfettamente verticali e<br />

nel cui grembo hanno ricavato il<br />

sedime stradale.<br />

Una strada fondamentale, molto<br />

utilizzata nel corso dei secoli<br />

come, effettivamente, testimoniano<br />

i profondi segni lasciati dal<br />

passaggio dei carri e l’usura del<br />

piano di calpestio che, in più punti,<br />

presenta rattoppi e risarciture<br />

operate nel tempo.<br />

Poco oltre, sulla destra, si riconosce<br />

il profilo aggettante di un miliario,<br />

anch’esso nel banco roccioso,<br />

che ci informa in merito alla distanza<br />

da Augusta Praetoria (Aosta):<br />

XXXVI miglia (circa 54 km).<br />

Avise<br />

In località Pierre Taillée si conserva<br />

la parte più monumentale<br />

della Via della Gallie, che si presenta<br />

con tagli nella roccia viva e<br />

sorretta da costruzioni ciclopiche.<br />

La Pierre Taillée è un vertiginoso<br />

tratto a strapiombo tra Runaz e<br />

Derby; nel Medioevo vi fu collocato<br />

un ponte levatoio, per impedire<br />

il passaggio in caso di guerre<br />

o pestilenze.<br />

Altri luoghi<br />

Montjovet, Arvier, Mecosse, Leverogne<br />

e Runaz conservano resti<br />

o tratti della strada delle Gallie<br />

e di alcune costruzioni.<br />

I ponti<br />

Sono diciassette i ponti romani<br />

costruiti sulla strada consolare<br />

delle Gallie che ancora costellano<br />

la Valle d’Aosta. I ponti servivano<br />

non solo alla naturale funzione<br />

di punto di attraversamento ma<br />

erano un segno di potenza e solidità<br />

costruttiva.<br />

Aymavilles<br />

Il ponte-acquedotto romano di<br />

Pont d’Ael<br />

Il ponte-acquedotto di Pontel o<br />

Pont’d’Ael, situato in prossimità<br />

del villaggio situato sulla destra<br />

della strada che da Aymavilles<br />

conduce a Cogne, fu realizzato<br />

nel 3 a.C., come si evince da una<br />

16 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


iscrizione sul fronte<br />

nord, a spese e a<br />

uso di Caius Avillius<br />

Caimus originario<br />

di Patavium (Padova),<br />

potente colono<br />

romano il cui nome<br />

avrebbe battezzato<br />

la vicina località di<br />

Aymavilles. Il poderoso<br />

ponte romano,<br />

opera in muratura<br />

e blocchi di<br />

pietra da taglio, attraversa<br />

il torrente<br />

Grand Eyvia; è alto<br />

52 metri e lungo 50,<br />

ha una sola arcata<br />

ed è caratterizzato<br />

da un passaggio<br />

pedonale coperto<br />

sovrastato da una<br />

condotta, utilizzata in origine per<br />

lo scorrimento dell’ acqua.<br />

Si presenta, infatti, suddiviso in<br />

due livelli: un condotto superiore<br />

pavimentato in grosse lastre litiche<br />

squadrate (lo specus) e originariamente<br />

impermeabilizzato da<br />

apposita malta idraulica, che consentiva<br />

il passaggio dell’acqua, e<br />

un camminamento inferiore, largo<br />

circa un metro e opportunamente<br />

aerato ed illuminato, che consentiva<br />

il transito di uomini e animali.<br />

Si tratta di un raro esempio di<br />

ponte-acquedotto la cui acqua<br />

era utilizzata per scopi “industriali”,<br />

in questo caso era necessaria<br />

all’estrazione e alla lavorazione del<br />

marmo bardiglio, le cui cave sono<br />

state individuate più a valle, in località<br />

Pesse del comune di Aymavilles.<br />

Il progetto di valorizzazione ha<br />

permesso la ricostituzione dell’originario<br />

percorso ad anello, consentendo<br />

così ai visitatori, dopo<br />

essere transitati nel condotto<br />

superiore, di entrare nel livello<br />

pedonale attraverso l’accesso in<br />

sponda sinistra e uscire guadagnando<br />

la sponda destra dove sarà<br />

riprodotta, grazie ad una passerella<br />

in acciaio, l’antica strada<br />

romana di servizio ricavata nella<br />

roccia naturale e che oggi in parte<br />

non esiste più a causa della natura<br />

scistosa e friabile della roccia<br />

locale.<br />

Pont Saint Martin<br />

Ponte<br />

Si tratta di un’imponente costruzione<br />

destinata sia a durare sia a<br />

incutere rispetto. Il monumentale<br />

e ardito ponte, ancorato alla viva<br />

roccia da entrambi i lati, scavalca<br />

le acque del Lys a 23 metri di<br />

altezza con un’unica arcata della<br />

lunghezza eccezionale di 36 metri.<br />

Alla base sono visibili, scavati<br />

nella viva roccia, gli alloggiamenti<br />

per le travi lignee che hanno costituito<br />

l’impalcatura necessaria<br />

per la costruzione dell’arcata in<br />

pietra.<br />

Fino a metà Ottocento costituiva<br />

ancora il passaggio obbligato verso<br />

Aosta; non si tratta solo di uno<br />

dei più belli e meglio conservati<br />

del mondo romano ma anche il<br />

maggior ponte esistente a una<br />

sola campata: era superato solo<br />

da quello costruito da Traiano sul<br />

Danubio, poi distrutto durante le<br />

invasioni barbariche.<br />

Questo ponte è un’importante<br />

testimonianza della romanizzazione<br />

della Valle d’Aosta. Incerta<br />

la sua datazione: per alcuni sarebbe<br />

stato costruito verso il 120<br />

a.C., per altri nel 25 a.C.<br />

Saint-Vincent<br />

Si possono vedere alcuni resti del<br />

ponte romano che venne utilizzato<br />

fino al 1839 quando, l’8 giugno,<br />

lo sperone roccioso su cui<br />

poggiava la spalla destra rovinò,<br />

forse a causa di un terremoto,<br />

portando con sé l’arcata centrale.<br />

Oggi di quello che era un capolavoro<br />

lungo 49 metri resta l’inizio<br />

dell’arcata, la spalla di sostegno di<br />

levante e un’arcatella cieca.<br />

Châtillon<br />

Anche qui sono visibili i resti di un<br />

ponte romano.<br />

Molte delle informazioni sui monumenti<br />

citati sono state prese dal<br />

sito: http://www.lovevda.it/it/cultura/<br />

architettura-romana<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 17


IL CIMITERO DELLE<br />

FONTANELLE a napoli<br />

di Carmen Lilia Stolfi<br />

18 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


S<br />

e c’è una città in cui<br />

la percezione tra il<br />

mondo dei morti e<br />

quello dei vivi è veramente<br />

sottile è Napoli.<br />

Il culto dei morti è profondamente<br />

sentito dal popolo partenopeo.<br />

Basta aggirarsi per i<br />

vicoli della città per scorgere<br />

edicole contenenti statuine di<br />

anime avvolte dalle fiamme (ani-<br />

me del Purgatorio) o fotografie<br />

di defunti.<br />

In queste strade è impossibile<br />

non percepire l’anima religiosa<br />

e al contempo pagana che definisce<br />

questa città, che non è<br />

solo rappresentata dal mare,<br />

dal sole violento o dal vociare<br />

insistente della gente. Napoli<br />

è soprattutto una città ricca di<br />

misteri, miti e leggende.<br />

Uno dei luoghi di culto più rappresentativi<br />

e più misteriosi della<br />

“cultura napoletana dei morti” è il<br />

Cimitero delle Fontanelle, (in napoletano<br />

‘O Campusanto d‘e Funtanelle)<br />

ubicato all’interno di una<br />

cava di tufo, nel quartiere Sanità.<br />

Il cimitero è noto perché si svolgeva<br />

un particolare rito, detto delle<br />

“anime pezzentelle”, che consisteva<br />

nell’adozione e nella venerazione<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 19


di un cranio (detto “capuzzella”) in<br />

cambio di protezione.<br />

Ma vediamone l’origine.<br />

Verso la metà del 1600 Napoli fu<br />

martoriata dalla peste, che ne decimò<br />

la popolazione. A seguito di<br />

questo evento fu dato ordine di<br />

riaprire la cava e furono stipate al<br />

suo interno oltre 250.000 salme.<br />

A questa disgrazia ne seguirono<br />

altre: carestie, rivolte popolari<br />

e cinque eruzioni del Vesuvio e<br />

ogni volta si utilizzò questa cava<br />

per accogliere i defunti.<br />

Nel 1837, un’ordinanza bandì gli ossari<br />

da tutte le chiese della città e fu<br />

ordinato di trasferire queste grosse<br />

cataste di resti mortali all’interno<br />

dell’Ossario delle Fontanelle.<br />

Il Cimitero rimase abbandonato<br />

fino al 1872, quando Don Gaetano<br />

Barbati, con l’aiuto di alcune<br />

popolane del rione Sanità, chiamate<br />

“e’ maste”, riordinò, nella<br />

maniera in cui sono disposti ancora<br />

oggi, tutti i resti mortali accatastati<br />

disordinatamente.<br />

E’ così che nasce il Cimitero delle<br />

Fontanelle. Una grossa cava di tufo<br />

utilizzata per accogliere migliaia<br />

di teschi e ossa di napoletani che<br />

per un motivo o per l’altro erano<br />

stati costretti a lasciare la vita<br />

terrena. Anonimi, ad eccezione<br />

di due scheletri: quello di Filippo<br />

Carafa Conte di Cerreto dei<br />

Duchi di Maddaloni, morto il 17<br />

luglio 1797, e di Donna Margherita<br />

Petrucci morta il 5 ottobre<br />

1795. Entrambi riposano in bare<br />

protetti da vetri, ed è possibile<br />

notare come il volto della donna<br />

si sia completamente mummificato<br />

con la bocca spaventosamente<br />

spalancata. La leggenda vuole<br />

che la donna sia morta soffocata<br />

a causa di uno gnocco che le era<br />

andato di traverso.<br />

Entrando si ha l’impressione di<br />

essere accolti in una cattedrale<br />

sospesa tra l’oscurità e i fasci di<br />

luce che la squarciano, proiettati<br />

verso questi migliaia di teschi che<br />

sono lì in attesa di essere scelti. Si,<br />

perché la pietas popolare napoletana<br />

ha istituito un vero e proprio<br />

culto, quello appunto delle “anime<br />

pezzentelle”, che richiama arcaiche<br />

tradizioni di tipo pagano, diventando<br />

un medium di interazione tra il<br />

mondo dei vivi e quello dei morti.<br />

I napoletani, in particolare le donne,<br />

si recano sul posto e scelgono<br />

un teschio che l’anima gli ha<br />

indicato in sogno e che, da quel<br />

momento, entra a far parte della<br />

famiglia del devoto.<br />

Ma pregare per i morti a Napoli<br />

non è mai un percorso a senso<br />

unico; si prega sì per la salvezza<br />

dell’anima (la richiesta delle anime<br />

è sempre la stessa: tutte hanno<br />

bisogno del “refrigerio”) ma al<br />

contempo si richiedono benefici<br />

di carattere pratico, come trovare<br />

marito o, magari, ricevere la combinazione<br />

vincente al gioco del<br />

lotto. Se la grazia è concessa, il te-<br />

20 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


schio viene custodito, per chi può<br />

permetterselo, in una teca (scarabattolo)<br />

di marmo, con la scritta<br />

“Per Grazia Ricevuta”, alla quale<br />

seguono nome, cognome e anno<br />

di adozione del devoto. In caso<br />

contrario si utilizza una semplice<br />

scatola di latta, magari dei biscotti.<br />

Se il teschio è particolarmente<br />

“generoso” viene addirittura<br />

messo in sicurezza, chiudendo la<br />

teca con un lucchetto, ma se le<br />

richieste non sono state esaudite,<br />

lo si abbandona a se stesso e lo si<br />

sostuisce con un altro.<br />

C’è poi l’abitudine di lasciare<br />

messaggi all’interno dei teschi;<br />

per esempio: “Anima bella venitemi<br />

in sogno e fatemi sapere come vi<br />

chiamate. Fatemi la grazia di farmi<br />

uscire la mia serie della cartella nazionale.<br />

Anima bella fatemi questa<br />

grazia, a buon rendere…”<br />

E’ naturale che una simile pratica<br />

non abbia mai goduto delle simpatie<br />

del clero, tanto che in un editto<br />

del 1969 l’allora cardinale Corrado<br />

Ursi vietò ufficialmente questa<br />

pratica definendola ”aberrante e<br />

superstiziosa”. Il cimitero fu chiuso<br />

ed è stato riaperto solo nel 2010.<br />

Percorriamo ora i vari ambienti<br />

del cimitero e le varie personificazioni<br />

delle “capuzzelle”. Nella<br />

navata centrale, subito sulla sinistra,<br />

nel bel mezzo di uno spazio<br />

di grande impatto visivo ed emozionale,<br />

sorge quella che potrebbe<br />

essere definita “l’ossoteca”,<br />

una cappella colma di tibie e femori<br />

al cui centro spunta la figura<br />

di un Cristo risorto.<br />

Proseguendo, in una cavità, sempre<br />

sulla sinistra, ci si imbatte<br />

nell’inquietante simulacro acefalo<br />

del “Monacone”. La statua decapitata<br />

rappresenta San Vincenzo<br />

Ferrer, col tipico abito bianco-nero<br />

domenicano, la cui testa mancante<br />

è stata sostituita, da sconosciuti,<br />

con un teschio, rimosso<br />

durante il periodo di sistemazione<br />

del cimitero.<br />

Nel fondo, si trova forse lo spazio<br />

più noto, detto il “Tribunale”,<br />

per la presenza di tre croci con<br />

una base di teschi. Qui, secondo<br />

quanto si racconta, si riunivano i<br />

vertici della camorra per svolgere<br />

le loro cerimonie, prestare i giuramenti<br />

di sangue ed emettere<br />

condanne a morte.<br />

Proprio la corsia alla destra del<br />

Tribunale ospita uno dei teschi più<br />

famosi di questo cimitero, quello<br />

del Capitano, talmente importante<br />

per il popolo partenopeo che<br />

viene conservato in una teca di<br />

vetro per difenderlo dall’umidità<br />

e dall’incuria dei più curiosi.<br />

La leggenda racconta che questo<br />

teschio fu adottato da una povera<br />

ragazza, che gli rivolse tutte le<br />

sue cure e preghiere, supplicandolo<br />

perché le facesse trovare<br />

marito. La sua richiesta fu esaudita;<br />

giunse il giorno delle nozze<br />

e tra gli ospiti si presentò un<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 21


uomo sconosciuto, vestito da carabiniere;<br />

avvicinatosi allo sposo,<br />

l’invitato misterioso aprì la giacca,<br />

mostrando che il proprio corpo<br />

non era composto di carne ma di<br />

ossa. A quella scena i due sposi si<br />

spaventarono a tal punto da morire<br />

e si dice che i loro corpi, o<br />

meglio le loro ossa, siano conservate<br />

all’interno del cimitero sotto<br />

la statua di Gaetano Barbati.<br />

Un’altra “capuzzella” di spicco<br />

all’interno del cimitero è quella di<br />

donna Concetta, più nota come<br />

“a’ capa ca suda”. La particolarità<br />

di questo cranio è la sua lucentezza:<br />

mentre tutti gli altri teschi sono<br />

ricoperti di polvere, quest’ultimo<br />

è sempre ben lucido, forse<br />

perché raccoglie meglio l’umidità<br />

di quel luogo sotterraneo. Secondo<br />

la tradizione anche donna<br />

Concetta si presta a esaudire le<br />

grazie, e se la mano di chi tocca il<br />

teschio si bagna è segno che il suo<br />

desiderio si realizzerà.<br />

Negli anni settanta c’era l’abitudine<br />

di sostare fuori dal cancello<br />

del cimitero, per aspettare le<br />

ombre mandate da Don Francesco,<br />

un cabalista spagnolo, che<br />

avrebbero rivelato i numeri da<br />

giocare al lotto.<br />

Si vuole che qui riposino anche<br />

i resti del poeta Giacomo Leopardi,<br />

morto durante il colera nel<br />

1836. La sua tomba è in realtà<br />

all’interno del Parco Vergiliano,<br />

ma si insiste sul pensiero che le<br />

spoglie del famoso poeta siano<br />

conservate all’interno di questo<br />

Cimitero.<br />

Anche se tutto questo può sembrare<br />

grottesco, di fatto a Napoli<br />

il mondo dei vivi non è mai completamente<br />

distinto da quello dei<br />

morti: è la stessa conformazione<br />

morfologica della città, caratterizzata<br />

da un sottosuolo cavernoso,<br />

che racconta quanto sia labile<br />

questo confine, che non di rado<br />

perde i suoi margini, permettendo<br />

ai morti di sconfinare e di dare<br />

spazio alle più stravaganti leggende<br />

metropolitane, di stampo<br />

prettamente partenopeo.<br />

Foto di Carmen Lilia Stolfi<br />

22 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 23


MOSTRE ALL’ORIZZONTE<br />

di Fabrizio Capra<br />

Questa nuova rubrica non vuol essere una semplice elencazione di mostre<br />

in corso, ma una serie di consigli. Trattandosi di suggerimenti, non vogliamo<br />

appesantire le segnalazioni, pertanto per le informazioni sulle singole mostre<br />

(orari, biglietti, ecc.) vi rimandiamo ai link che riportiamo. La rubrica verrà<br />

aggiornata ogni mese.<br />

Milano<br />

Palazzo Reale<br />

(Piazza del Duomo 12)<br />

Da Raffaello a Schiele. Capolavori<br />

dal Museo delle Belle<br />

Arti di Budapest<br />

fino al 7 febbraio <strong>2016</strong><br />

http://www.daraffaelloaschiele.it/<br />

la-mostra/<br />

76 opere hanno lasciato temporaneamente<br />

il Museo di Belle<br />

Arti di Budapest per essere<br />

esposte nelle sale di Palazzo<br />

Reale a Milano. Raffaello, Tintoretto,<br />

Durer, Velasquez, Rubens,<br />

Goya, Murillo, Canaletto, Manet,<br />

Cezanne, Gauguin e tantissimi<br />

altri grandi artisti saranno presenti<br />

con opere straordinarie.<br />

Un’occasione unica per un viaggio<br />

nella storia dell’arte dal Cinquecento<br />

al Novecento.<br />

Alfons Mucha e le atmosfere<br />

Art Nouveau<br />

fino al 20 marzo <strong>2016</strong><br />

La mostra consente di tuffarsi nel<br />

mondo prezioso ed elegante del<br />

Liberty, lo stile che a cavallo tra<br />

Otto e Novecento caratterizzò<br />

il mondo dell’arte, dell’architettura,<br />

dell’artigianato e dell’arredo<br />

dell’intero contesto europeo raggiungendo<br />

vette di ineguagliata<br />

raffinatezza.<br />

Simbolismo. I fiori del male.<br />

fino al 5 giugno<br />

Occasione unica per ammirare<br />

una splendida panoramica su una<br />

delle correnti più curiose ed originali<br />

della storia dell’arte. L’arte<br />

del Simbolismo parla di emozioni,<br />

di paure, di sensazioni profonde,<br />

quelle che si trovano nell’intima<br />

essenza delle cose, una volta scalfita<br />

la mera apparenza del reale.<br />

L’artista simbolista diventa una<br />

sorta di profeta che, con la sua<br />

sensibilità straordinaria riesce a<br />

cogliere il cosmo nascosto e misterioso<br />

del mondo, traducendolo<br />

in una figuratività che lo palesa<br />

in tutto il suo vigore.<br />

24 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


Gallerie d’italia<br />

(Piazza alla Scala)<br />

Hayez<br />

fino al 21 febbraio <strong>2016</strong><br />

http://www.gallerieditalia.com/hayez/<br />

Il percorso espositivo segue una<br />

successione cronologica, che rievoca<br />

insieme la vita e il percorso<br />

creativo del grande pittore: dagli<br />

anni della formazione tra Venezia<br />

e Roma, ancora nell’ambito del<br />

Neoclassicismo, sino all’affermazione,<br />

a Milano, come protagonista<br />

del movimento Romantico e<br />

del Risorgimento accanto a Verdi<br />

e Manzoni, con i quali ha contribuito<br />

all’unità culturale dell’Italia.<br />

La sequenza di opere, tra cui capolavori<br />

più noti accanto ad altri<br />

presentati al pubblico per la prima<br />

volta - inedito l’accostamento<br />

delle tre versioni del Bacio<br />

- rivela la grandezza di Hayez nel<br />

padroneggiare generi diversi, come<br />

la pittura storica e il ritratto,<br />

la mitologia, la pittura sacra e un<br />

ambito allora di gran moda come<br />

l’orientalismo, sino a giungere<br />

alle composizioni dove trionfa il<br />

nudo femminile, declinato in una<br />

potente sensualità che lo rende<br />

unico nel panorama del Romanticismo<br />

italiano e europeo.<br />

Mudec (via Tortona 56)<br />

www.mudec.it<br />

Gauguin. Racconti dal paradiso<br />

fino al 21 febbraio <strong>2016</strong><br />

Il progetto consta di circa 70<br />

opere, capolavori pittorici e<br />

scultorei, comprensivi di artefatti<br />

polinesiani e immagini di do-<br />

cumentazione dei diversi luoghi<br />

visitati dall’artista.<br />

Barbie – The icon<br />

fino al 13 marzo <strong>2016</strong><br />

Definirla una bambola sarebbe riduttivo.<br />

Barbie è un’icona globale,<br />

che in 56 anni di vita è riuscita ad<br />

abbattere ogni frontiera linguistica,<br />

culturale, sociale, antropologica.<br />

Galleria Gammanzoni<br />

(Via A. Manzoni 45)<br />

www.gammanzoni.com/<br />

La belle époque<br />

fino al 21 febbraio<br />

L’affascinante mondo della Belle<br />

Époque è al centro di questa<br />

mostra, che indaga l’opera di<br />

tre eccellenti pittori italiani che<br />

seppero confrontarsi con l’arte<br />

dell’Impressionismo, maturando<br />

un linguaggio moderno e autonomo,<br />

che fece di loro tra i migliori<br />

cantori della Parigi fin de siècle:<br />

Giovanni Boldini, Giuseppe De<br />

Nittis e Federico Zandomeneghi.<br />

PAVIA<br />

Scuderie Castello Visconteo<br />

(Viale Xi Febbraio, 35)<br />

Tranquillo Cremona e la scapigliatura<br />

dal 26 febbraio al 5 giugno <strong>2016</strong><br />

Collegandosi idealmente con la<br />

grande esposizione “Tranquillo<br />

Cremona e gli artisti lombardi del<br />

suo tempo”, allestita nel 1938 nel<br />

Castello Visconteo e inaugurata<br />

dal Re Vittorio Emanuele III, la<br />

mostra intende rendere omaggio<br />

al gruppo scapigliato, partendo<br />

dalla ricerca dell’iniziatore<br />

del nuovo linguaggio stilistico,<br />

Tranquillo Cremona - che a Pavia<br />

è nato e si è formato alla Civica<br />

Scuola di pittura - per indagare il<br />

movimento in tutte le sue diverse<br />

espressioni artistiche.<br />

Palazzo Vistarino<br />

(Via Sant’Ennodio 26)<br />

Picasso e le sue passioni<br />

fino al 20 marzo <strong>2016</strong><br />

L’esposizione, curata da Lola Duran,<br />

propone più di 200 opere<br />

tra disegni, ceramiche e oli, provenienti<br />

da importanti raccolte<br />

private di tutto il mondo e dal<br />

museo di Mija Malaga, e illustra,<br />

nei suoi contenuti più autentici, i<br />

temi e le passioni che hanno dato<br />

vita alla creatività di Pablo Picasso<br />

e ne hanno influenzato l’esperienza<br />

umana e artistica.<br />

TORINO<br />

Palazzo Chiablese<br />

(Piazzetta Reale)<br />

Matisse e il suo tempo<br />

http://www.poloreale.beniculturali.<br />

it/index.php/it/eventi/141-matisse-e-il-suo-tempo-la-collezionedel-centre-pompidou<br />

fino al 15 maggio <strong>2016</strong><br />

Con 50 opere di Matisse e 47 di<br />

artisti a lui coevi, quali Picasso,<br />

Renoir, Bonnard, Modigliani, Mirò,<br />

Derain, Braque, Marquet, Léger<br />

- tutte provenienti dal Centre<br />

Pompidou - la mostra si prefigge<br />

di mostrare le opere di Matisse attraverso<br />

l’esatto contesto delle sue<br />

amicizie e degli scambi artistici con<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 25


altri pittori.<br />

Così, per<br />

mezzo di<br />

confronti visivi<br />

con opere<br />

di artisti<br />

suoi contemporanei,<br />

sarà<br />

possibile<br />

cogliere non<br />

solo le sottili<br />

influenze reciproche<br />

o le fonti comuni di<br />

ispirazione, ma anche una sorta<br />

di “spirito del tempo”, che unisce<br />

Matisse e gli altri artisti e che<br />

coinvolge momenti finora poco<br />

studiati, come il modernismo degli<br />

anni quaranta e cinquanta.<br />

GAM (via Magenta 31)<br />

Monet. Dalle collezioni del<br />

Musée d’Orsay<br />

http://www.mostramonet.it/<br />

fino al 31 gennaio <strong>2016</strong><br />

Il Musée d’Orsay, che conserva la<br />

più importante collezione di opere<br />

di Claude Monet, ha concesso<br />

oltre quaranta capolavori per dare<br />

vita a una strabiliante mostra monografica<br />

incentrata sul maestro.<br />

Sono presenti in mostra alcune<br />

opere di carattere eccezionale,<br />

mai presentate prima in Italia: un<br />

esempio su tutti è quello del grande<br />

frammento centrale della Colazione<br />

sull’erba, opera fondamentale<br />

nel percorso di Monet per la<br />

precoce affermazione di una nuova,<br />

audace concezione della pittura<br />

en plein air, rappresentativa di un<br />

passaggio cruciale che culminerà<br />

con l’Impressionismo.<br />

VENARIA REALE (TO)<br />

Reggia di Venaria<br />

(piazza della Repubblica)<br />

www.lavenaria.it<br />

Raffaello. Il sole delle arti<br />

fino al 24 gennaio <strong>2016</strong><br />

La mostra intende accostarsi alla<br />

geniale personalità di Raffaello<br />

anche da un punto di vista inconsueto<br />

e imprevedibile, vale a dire<br />

illustrando il suo impegno creativo<br />

verso le cosiddette “arti applicate”,<br />

che tradussero nelle rispettive<br />

tecniche suoi cartoni e disegni<br />

nonché incisioni tratte dalla sua<br />

opera, e che nel corso del Cinque<br />

e Seicento costituirono il veicolo<br />

privilegiato per la diffusione e la<br />

conoscenza in Italia e nel resto<br />

d’Europa delle invenzioni figurative<br />

dell’Urbinate: arazzi, maioliche,<br />

monete, cristalli di rocca, placchette,<br />

smalti, vetri, armature, intagli.<br />

GENOVA<br />

Palazzo Ducale<br />

(piazza Matteotti 9)<br />

www.palazzoducale.genova.it<br />

Dagli impressionisti a Picasso<br />

fino al 10 aprile <strong>2016</strong><br />

La mostra sarà divisa in diverse<br />

sezioni: la prima è dedicata alla nascita<br />

del movimento che ha cambiato<br />

per sempre la storia della<br />

pittura: l’Impressionismo. La volontà<br />

di aprirsi alla luce libera della<br />

natura è una conquista che - agli<br />

albori dell’Impressionismo - passa<br />

attraverso il realismo intenso di<br />

Courbet (Bagnante addormentata<br />

presso un ruscello) e le opere narrative<br />

di pittori come Gervex e<br />

Carolus-Durand.<br />

Uno spazio autonomo sarà invece<br />

dedicato alla figura di Edgar Degas,<br />

del quale saranno presenti<br />

cinque tele che sviluppano tutti i<br />

temi fondamentali del pittore parigino:<br />

il ritratto, i cavalli e le inconfondibili<br />

ballerine.<br />

La sala principale della mostra<br />

avrà invece come tema il superamento<br />

dell’Impressionismo e<br />

l’aprirsi di nuovi orizzonti, e ruoterà<br />

attorno alla figura-chiave<br />

di Vincent Van Gogh, alla quale<br />

si affiancheranno quelle di Paul<br />

Cézanne e Henri Matisse. Saranno<br />

presenti anche dipinti di Amedeo<br />

Modigliani.<br />

26 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 27


La mostra culminerà con una sala<br />

monografica dedicata a Pablo Picasso,<br />

del quale saranno presenti<br />

sei tele, che hanno l’obiettivo<br />

di ripercorrere l’intera vicenda<br />

dell’arte del Novecento, dalla giovanile<br />

Testa di Arlecchino (1905)<br />

fino alla Donna seduta, dipinta<br />

nel 1960, quando Picasso era ormai<br />

alle soglie degli ottant’anni.<br />

VENEZIA<br />

Museo Correr (San Marco 52)<br />

www.correr.visitmuve.it<br />

Splendori del Rinascimento veneziano.<br />

Andrea Schiavone tra<br />

Tiziano, Tintoretto e Parmigianino<br />

fino al 10 aprile<br />

Nello straordinario scenario della<br />

pittura rinascimentale veneziana,<br />

in quel concerto polifonico che<br />

vedeva eccezionali personalità<br />

primeggiare in laguna, e da qui in<br />

Europa, la figura e il “suono” di<br />

Andrea Meldola detto Schiavone<br />

(Zara, 1510 c. - Venezia, 1563)<br />

s’imposero fin da subito come<br />

novità dirompenti, scardinanti e<br />

in certo modo enigmatiche.<br />

Gallerie dell’Accademia –<br />

Ala Palladio<br />

(Campo della Carità 1050)<br />

Aldo Manunzio. Il rinascimento<br />

di Venezia<br />

dal 19 marzo al 19 giugno <strong>2016</strong><br />

La mostra presenterà la storia<br />

dell’uomo che ha inventato il libro<br />

moderno e il concetto stesso di<br />

editoria, facendo di Venezia la capitale<br />

internazionale della stampa.<br />

L’esposizione, attraverso capolavori<br />

assoluti di Giorgione, Carpaccio,<br />

Giovanni Bellini, Cima da Conegliano,<br />

Tiziano, Lorenzo Lotto, Pietro<br />

Lombardo, racconterà come il progetto<br />

di Aldo e i suoi preziosi libri si<br />

intrecciarono a Venezia con un’arte<br />

nuova, nutrita dalla pubblicazione<br />

dei classici greci e latini.<br />

TREVISO<br />

Casa dei Carraresi<br />

(Via Palestro 33/35)<br />

El Greco in Italia – metamorfosi<br />

di un genio<br />

fino al 10 aprile<br />

http://www.elgrecotreviso.it/<br />

Per la prima volta al mondo<br />

un’esposizione dedicata agli anni<br />

cruciali della trasformazione di<br />

El Greco, maestro indiscusso del<br />

‘500, attraverso le tappe che hanno<br />

scandito il suo complesso iter<br />

artistico e spirituale tra Creta, l’Italia<br />

e la Spagna.<br />

Il curatore, Lionello Puppi, emerito<br />

di Ca’ Foscari, con alle spalle mezzo<br />

secolo di studi sull’artista, coadiuvato<br />

da un comitato scientifico<br />

di respiro internazionale, ricostruisce<br />

con molteplici spunti inediti le<br />

tappe di un’avventura irripetibile,<br />

indagando il processo creativo, il<br />

metodo di lavoro e la bottega di<br />

un artista controverso e non compreso<br />

nel suo periodo storico, ma<br />

definito dalla critica moderna un<br />

“visionario illuminato”.<br />

Un viaggio nel tempo e nello<br />

spazio attraverso la progressiva<br />

trasformazione dell’artista e il<br />

percorso che lo porterà alla creazione<br />

di un linguaggio che non<br />

ha paragoni possibili e alla realizzazione<br />

di capolavori assoluti.<br />

PADOVA<br />

Palazzo Zabarella<br />

(via San Francesco 27)<br />

Fattori<br />

http://www.zabarella.it/mostre/leprossime-mostre/fattori/<br />

fino al 28 marzo <strong>2016</strong><br />

28 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


Le celebri tavolette, i dipinti monumentali<br />

di soggetto risorgimentale, i<br />

magnifici ritratti, le scene di vita popolare<br />

saranno riuniti in una grande<br />

mostra che riproponga al pubblico<br />

l’assoluto protagonista, non solo<br />

della pittura macchiaiola, ma anche<br />

del naturalismo di fine secolo.<br />

POSSAGNO (TV)<br />

Museo Gipsoteca Canova<br />

(via Canova 74)<br />

www.museocanova.it<br />

Antonio Canova. L’arte violata<br />

nella Grande Guerra<br />

fino al 28 febbraio <strong>2016</strong><br />

Quando con la testa di Paolina<br />

si giocava a pallone a Possagno,<br />

i Canova esplosi dalla guerra. La<br />

cronaca fotografica dello scempio.<br />

La Ebe dimezzata. E la cronaca<br />

del conflitto nel diario di una<br />

bambina di allora.<br />

CODROIPO (UD)<br />

Villa Manin<br />

(piazza Manin 10 Passariano)<br />

www.villamanin.it<br />

Joan Mirò a Villa Manin. Soli<br />

di notte<br />

fino al 3 aprile <strong>2016</strong><br />

Una mostra evocativa ricostruisce<br />

l’universo di Miró negli ultimi<br />

trent’anni di vita, l’atmosfera dei<br />

suoi studi maiorchini, la ricerca<br />

della solitudine e la radicale trasformazione<br />

della sua arte. Oltre<br />

250 opere dell’artista, i suoi oggetti<br />

personali, tanti documenti e<br />

circa 50 scatti di grandi fotografi<br />

che lo hanno immortalato, in un<br />

inedito percorso espositivo. Una<br />

mostra che vuole essere assolutamente<br />

evocativa dei luoghi, degli<br />

ambienti, dei suoni, delle emozioni<br />

che hanno accompagnato il pittore<br />

catalano negli ultimi trent’anni<br />

di vita trascorsi a Palma di Maiorca,<br />

ispirando dal 1956 al 1983,<br />

anno della sua morte, un radicale<br />

mutamento espressivo e tecnico<br />

del suo lavoro e della sua straordinaria<br />

arte.<br />

FIRENZE<br />

Palazzo Strozzi<br />

(piazza degli Strozzi)<br />

www.palazzostrozzi.org<br />

Bellezza divina. Tra Van Gogh,<br />

Chagall e Fontana<br />

fino al 24 gennaio <strong>2016</strong><br />

Dalla pittura realista di Morelli<br />

all’informale di Vedova, dal Divisionismo<br />

di Previati al Simbolismo<br />

di Redon, fino all’Espressionismo<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 29


di Munch o alle sperimentazioni<br />

del Futurismo, la mostra analizza<br />

e contestualizza un secolo di arte<br />

sacra moderna, sottolineando attualizzazioni,<br />

tendenze diverse e<br />

talvolta conflitti nel rapporto fra<br />

arte e sentimento del sacro.<br />

Palazzo Vecchio<br />

(piazza della Signoria)<br />

Il principe dei sogni. Giuseppe<br />

negli arazzi medicei di Pontormo<br />

e Bronzino<br />

http://museicivicifiorentini.comune.fi.it/export/sites/museicivici/<br />

materiali/MostraArazzi.pdf<br />

fino al 15 febbraio <strong>2016</strong><br />

Tornano a ‘casa’ dopo oltre 100<br />

anni i venti arazzi medicei raffiguranti<br />

le storie di Giuseppe Ebreo e<br />

realizzati dai più importanti artisti<br />

del Rinascimento. Pensati e commissionati<br />

per la Sala dei Duecento<br />

a Palazzo Vecchio da Cosimo I de<br />

Medici, furono esposti per l’ultima<br />

volta tutti insieme in occasione<br />

dell’Unità d’Italia e smembrati negli<br />

anni successivi.<br />

BOLOGNA<br />

Palazzo Fava (via Manzoni 2)<br />

Guido Reni e i Carracci un atteso<br />

ritorno. Capolavori bolognesi<br />

dai musei capitolini.<br />

fino al 13 marzo <strong>2016</strong><br />

Guido Reni, Annibale e Ludovico<br />

Carracci, Domenichino, Denis<br />

Calvaert, Sisto Badalocchio, Francesco<br />

Albani sono solo alcuni degli<br />

autori dei capolavori in esposizione.<br />

Maestri protagonisti di<br />

una stagione particolare - la fine<br />

del XVI e la prima metà del XVII<br />

secolo - che vide consolidarsi legami<br />

storici, politici, artistici tra-<br />

Bologna e Roma con la fioritura<br />

della scuola del capoluogo emiliano<br />

che, nell’Urbe, trovò il favore<br />

di mecenati e committenti di assoluto<br />

livello.<br />

Museo Civico Archeologico<br />

(via dell’Archiginnasio 2)<br />

Egitto. Splendore millenario<br />

capolavori da Leiden a Bologna<br />

fino al 17 luglio <strong>2016</strong><br />

www.mostraegitto.it<br />

La mostra Egitto. Splendore millenario.<br />

Capolavori da Leiden a Bologna<br />

è un’ esposizione di fortissimo<br />

impatto visivo e scientifico e<br />

anche un’operazione che non ha<br />

precedenti nel panorama internazionale:<br />

la collezione egiziana<br />

del Museo Nazionale di Antichità<br />

di Leiden in Olanda - una delle<br />

prime dieci al mondo - e quella<br />

di Bologna - tra le prime in Italia<br />

per numero, qualità e stato conservativo<br />

dei suoi oggetti - danno<br />

vita a un percorso espositivo di<br />

circa 1.700 metri quadrati di arte<br />

e storia. Dall’Olanda sono esposti<br />

500 reperti, databili dal Periodo<br />

Predinastico all’ Epoca Romana e<br />

importanti prestiti giungeranno<br />

dal Museo Egizio di Torino e dal<br />

Museo Egizio di Firenze.<br />

Palazzo Albergati<br />

(via Saragozza 28)<br />

Brueghel. Capolavori dell’arte<br />

fiamminga<br />

http://www.palazzoalbergati.com/<br />

mostra-brueghel-2/<br />

fino al 28 febbraio <strong>2016</strong><br />

La mostra ripercorre la storia,<br />

lungo un orizzonte temporale,<br />

familiare e pittorico di oltre 150<br />

anni portando a Bologna i capolavori<br />

di un’intera dinastia di eccezionale<br />

talento attiva tra il XVI e il<br />

XVII secolo.<br />

Brueghel, nome di una dinastia diventata<br />

nei secoli passati marchio<br />

30 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


Studio Vangi<br />

commercialisti in Modugno<br />

via S. Teresa, 14 - 70026 Modugno (BA)<br />

www.studiovangi.it<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 31


di eccellenza nell’arte pittorica,<br />

comprendeva la più importante<br />

famiglia di artisti fiamminghi a cavallo<br />

tra il XVI e XVII secolo interpreti<br />

dello splendore del Seicento.<br />

FERRARA<br />

Palazzo dei Diamanti<br />

(corso Ercole I d’Este 21)<br />

www.palazzodiamanti.it<br />

De Chirico a Ferrara. Un inverno<br />

meta-fisico<br />

fino al 28 febbraio <strong>2016</strong><br />

Una grande esposizione celebra il<br />

genio della pittura metafisica, ad un<br />

secolo dal suo arrivo a Ferrara. Era<br />

il 1915 quando Giorgio De Chirico,<br />

giunto nella città estense, cambiò il<br />

suo modo di fare arte, dipingendo,<br />

tra le bellissime architetture rinascimentali,<br />

piazze sospese nel tempo,<br />

manichini senza volto, particolari<br />

prospettive ed oggetti enigmatici. Il<br />

rapporto tra De Chirico e Ferrara<br />

è indissolubile, e dopo cento anni<br />

torna ad esprimersi<br />

ROMA<br />

Scuderie del Quirinale<br />

(via XXIV maggio 16)<br />

Accademia di Francia - Villa<br />

Medici<br />

(viale Trinità dei Monti 1)<br />

www.scuderiequirinale.it<br />

Balthus<br />

fino al 31 gennaio <strong>2016</strong><br />

Circa duecento opere, tra quadri,<br />

disegni e fotografie, provenienti<br />

dai più importanti musei europei<br />

ed americani oltre che da prestigiose<br />

collezioni private, compongono<br />

un avvincente percorso in<br />

due segmenti: alle Scuderie del<br />

Quirinale una completa retrospettiva<br />

organizzata intorno ai<br />

capolavori più noti, a Villa Medici<br />

un’esposizione che, attraverso le<br />

opere realizzate durante il soggiorno<br />

romano, mette in luce il<br />

metodo e il processo creativo di<br />

Balthus: la pratica di lavoro nell’atelier,<br />

l’uso dei modelli, le tecniche,<br />

il ricorso alla fotografia.<br />

Complesso del Vittoriano<br />

(piazza Venezia)<br />

Dal Musèe d’Orsay. Impressionisti<br />

tête-à-tête<br />

http://www.comunicareorganizzando.it/mostra/impressionisti-iprotagonisti/<br />

fino al 7 febbraio <strong>2016</strong><br />

Edouard Manet, Pierre-Auguste<br />

Renoir, Edgar Degas, Frédéric Bazille,<br />

Camille Pissarro, Paul Cézanne,<br />

Berthe Morisot: questi gli artisti<br />

presenti nella mostra. Oltre<br />

sessanta opere provenienti dal<br />

Musée d’Orsay. Attraverso un<br />

percorso tra i protagonisti impressionisti<br />

la mostra vuole mettere in<br />

luce gli aspetti innovativi essenziali<br />

nell’elaborazione di un’arte moderna<br />

evidenziando le connotazioni<br />

delle singole personalità.<br />

Palazzo Venezia<br />

(via del Plebiscito 118)<br />

Tesori della Cina Imperiale. L’Età<br />

della Rinascita fra gli Han<br />

e i Tang (206 a.C. – 907 d.C.)<br />

http://www.tesoridellacinaimperiale.it/<br />

fino al 28 febbraio <strong>2016</strong><br />

Nelle sale del Refettorio Quattrocentesco<br />

di Palazzo Venezia,<br />

saranno in mostra i capolavori<br />

dal Museo Provinciale dello Henan,<br />

uno dei maggiori musei nella<br />

Repubblica Popolare, per raccontare<br />

il passaggio dalla dinastia<br />

Han - periodo in cui l’odierna Cina<br />

comincia a prendere forma -<br />

all’Età dell’Oro della dinastia Tang<br />

32 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


Ara Pacis<br />

(lungotevere in Augusta angolo via<br />

Tomacelli)<br />

Toulouse-Lautrec. La collezione<br />

del Museo di Belle Arti<br />

di Budapest<br />

http://www.arapacis.it/mostre_ed_<br />

eventi/mostre/toulouse_lautrec<br />

fino all’8 maggio <strong>2016</strong><br />

Con circa 170 opere provenienti<br />

dal Museo di Belle Arti di Budapest,<br />

arriva al Museo dell’Ara Pacis<br />

di Roma una grande mostra<br />

su Toulouse-Lautrec, il pittore<br />

bohémien della Parigi di fine Ottocento,<br />

che ripercorre la vita<br />

dell’artista dal 1891 al 1900, poco<br />

prima della sua morte avvenuta a<br />

soli 36 anni.<br />

(581 d.C. - 907 d.C.). In mostra<br />

saranno esposti oltre 100 pezzi,<br />

tra i quali una veste funeraria di<br />

2.000 listelli di giada intessuti con<br />

fili d’oro, lacche, terrecotte invetriate,<br />

vasi, oggetti d’oro, d’argento<br />

e di giadeite, ad illustrare lo<br />

straordinario clima di prosperità<br />

e di apertura culturale di questo<br />

periodo, quando la capitale<br />

dell’Impero, l’odierna Xi’An, era il<br />

crocevia di tutti i commerci, riceveva<br />

gli ambasciatori del mondo<br />

ed èra popolata da oltre un milione<br />

di persone.<br />

Chiostro del Bramante<br />

(via Arco della Pace 5)<br />

James Tissot<br />

http://chiostrodelbramante.it/info/<br />

james_tissot/<br />

fino al 21 febbraio <strong>2016</strong><br />

Per la prima volta in Italia, l’attesissima<br />

mostra sul grande pittore<br />

francese James Tissot. Raffinato<br />

protagonista dell’élite del suo<br />

tempo, invidiato e amato in pari<br />

misura, James Tissot è un pittore<br />

la cui arte è ancora oggi per<br />

alcuni aspetti un enigma, tra influenze<br />

impressioniste e istanze<br />

preraffaellite. Francese di nascita<br />

ma britannico di adozione, vissuto<br />

a suo agio tra conservatori<br />

e liberali, Tissot celebra nei suoi<br />

quadri la vita dell’alta borghesia -<br />

il ceto portato in auge in epoca<br />

vittoriana tra rivoluzione industriale<br />

e colonialismo - trasformando<br />

la quotidianità in imprese<br />

eroiche e celebrative, mutando<br />

ogni gesto in un cliché non privo<br />

di originalità.<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 33


ARTE E TECNOLOGIA<br />

scolpire con i lego<br />

di Giorgia Marchetti<br />

e Chiara Gonfiantini<br />

A<br />

Roma ci sono mostre<br />

nei cui corridoi<br />

ogni tanto ci si<br />

dovrebbe perdere.<br />

Allestite in cornici suggestive e di<br />

pregio, sotto gli occhi di tutti, alla<br />

portata di turisti e non, le si incrocia<br />

passeggiando per il centro, ci<br />

si trova a visitarle per caso o per<br />

impegno. Mostre di classici e “importanti”,<br />

ma ce n’è una davvero<br />

irrinunciabile in questo periodo.<br />

E’ difficile incontrarla per caso<br />

perchè è distante dalle strade del<br />

turismo e del passeggio; prende<br />

poche vetrine di un angolo, all’apparenza<br />

comune, non lontano da<br />

una delle vie consolari, appena oltre<br />

la Galleria Borghese.<br />

Ci si arriva in silenzio, un po’ trepidanti<br />

e un po’ incerti: nell’immaginario<br />

collettivo l’arte si concilia mal<br />

volentieri con la modernità spiazzante<br />

della plastica e con la rigidità<br />

delle forme squadrate, eppure è<br />

tutto vero, e non potrebbe essere<br />

34 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


più di quello che<br />

già è.<br />

E’ una riflessione<br />

spontanea questa,<br />

la prima che<br />

viene alla mente<br />

non appena ci si<br />

immerge nello<br />

spazio buio della<br />

sala e ci si ritrova<br />

catapultati nel vivo<br />

della mostra,<br />

inciampando senza<br />

quasi accorgersene<br />

in migliaia e<br />

migliaia di mattoncini<br />

Lego.<br />

Quei Lego, gli<br />

stessi che tutti almeno<br />

una volta<br />

nella vita abbiamo tenuto tra le<br />

mani, sono ora abilmente trasformati<br />

in comunicazione, emozione,<br />

arte e veicoli di pensieri e<br />

verità profonde.<br />

La mostra è quella di Nathan<br />

Sawaya, un ex avvocato newyorkese<br />

che dal 2004 attribuisce<br />

loro un valore artistico che<br />

mai avevano avuto prima. Le sue<br />

opere sono studio minuzioso,<br />

dettaglio, strategia e allo stesso<br />

tempo creatività, fantasia, immaginazione.<br />

Sono in definitiva<br />

un intreccio di abilità, genialità e<br />

invenzione, in cui il pensiero diventa<br />

protagonista.<br />

Perchè in “The Art of the Brick”,<br />

questo il nome della mostra, una<br />

delle dieci al mondo da non perdere<br />

secondo la CNN, troviamo<br />

gli studi su carta che sono alla<br />

base delle creazioni di Sawaya,<br />

ma anche soluzioni intuitive e<br />

pragmatiche che conducono l’occhio<br />

e la mente dell’osservatore<br />

alla conclusione che Sawaya vuole<br />

suggerire. Nello stesso tempo le<br />

forme fluide e la monocromaticità,<br />

la discrezione assorta e la presenza<br />

con la quale le sue opere<br />

riempiono lo spazio, lasciano chi<br />

guarda libero di leggere in loro<br />

quello che desidera, di arrivare<br />

alla propria personale conclusione<br />

e di prenderne quello che<br />

vuole. “Think” è quello che ci prospetta<br />

la prima sala, e i passi che<br />

seguono non sono che pensiero<br />

ed emozione mescolate insieme,<br />

avvinghiate uno all’altra.<br />

Si trovano nelle sale seguenti capolavori<br />

dell’arte rivisti e interpretati,<br />

puntigliosamente ricostruiti e<br />

pensati, modellati fino all’ultimo<br />

particolare, fino ad uscire fuori dagli<br />

sfondi di colore sui quali siamo<br />

sempre stati abituati ad osservarli.<br />

E’ così che “L’urlo” di Munch e “Il<br />

bacio” di Klimt prendono forma<br />

tridimensionale e si materializzano,<br />

uscendo dal contesto nel quale<br />

i loro autori li avevano pensati,<br />

entrando così a pieno titolo nella<br />

dimensione dello spazio condiviso.<br />

E’ bello osservarli da lontano per<br />

coglierne l’insieme, e poi avvicinarsi<br />

fino a guardarli più da vicino,<br />

e ancora di più; e inclinare la<br />

testa per rubarne un’angolazione<br />

differente o coglierne l’ombra che<br />

proiettano sulla parete quando incontrano<br />

la luce.<br />

Tra i ritratti rubati alle scene di vita<br />

quotidiana e la ricostruzione di<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 35


uno scheletro di dinosauro lungo<br />

7 metri e quasi calata dall’alto, il<br />

viaggiatore è preso per mano nelle<br />

emozioni e accompagnato nella<br />

disperazione, nella disintegrazione,<br />

nella metamorfosi, nell’apertura,<br />

nella paura, nell’accettazione,<br />

nella speranza e nell’amore. E<br />

lo stesso Sawaya è legato, leggero,<br />

tenace, ambizioso e forse controcorrente<br />

come le sue opere.<br />

“Per fortuna l’arte non ha regole” ci<br />

suggerisce, mentre spinge, incita,<br />

strattona quasi lo spettatore alla<br />

creatività, a liberare quello che ha<br />

dentro, affinchè scorra come la<br />

pioggia di mattoncini gialli sparsi<br />

dall’interno sulla base della sua<br />

scultura “Yellow”.<br />

Ci si ritrova così, alla fine del<br />

corridoio della mostra, con questa<br />

rigenerata voglia tra le mani,<br />

con questo desiderio di fantasia,<br />

questa sensazione irreale di adeguatezza<br />

che, mattoncino dopo<br />

mattoncino, la mostra ci ha costruito<br />

addosso.<br />

Ci si siede, cambiati, davanti ai<br />

mattoncini colorati a pochi passi<br />

dall’uscita, e si resta un po’ assorti,<br />

in una confusione da bambino<br />

estasiato, e basta un respiro profondo<br />

per digerire quello che è rimasto<br />

in gola per tutto il tempo e<br />

che porteremo nella nostra vita,<br />

creativa o meno che sia. Più di un<br />

milione di mattoncini, altrettanti<br />

passi. Eppure, come ci ha scolpito<br />

nella mente la prima opera<br />

in assoluto nella quale ci siamo<br />

imbattuti, “Tutto inizia da un solo<br />

pezzo”. Potrebbe essere questo.<br />

Non perdetelo.<br />

SET - Spazio Eventi Tirso<br />

Via Tirso, 14 - Roma<br />

www.artofthebrick.it<br />

Fino al 14 febbraio <strong>2016</strong><br />

36 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 37


iflessioni di una single<br />

NON È IL TUO<br />

PRINCIPE AZZURRO SE...<br />

di Isabella D’Onofrio<br />

È<br />

l’una e quaranta del<br />

mattino e sto scrivendo;<br />

ho bisogno<br />

di condividere con<br />

me stessa le mie riflessioni ed<br />

esperienze sul principe azzurro,<br />

quello strano personaggio col<br />

cavallo bianco e tutto il resto col<br />

quale tutte sogniamo l’incontro<br />

fin dall’adolescenza, e la cui ricerca<br />

diventa, col passar degli anni,<br />

sempre più disperata.<br />

Mi chiamo Isabella e ho ben 33<br />

anni. È conclamato che dopo i<br />

30, se sei ancora single, dovrai<br />

sorbirti, durante le cene familiari,<br />

domande del tipo: “Ma tu, stai<br />

con qualcuno?” (di solito questa è<br />

la domanda “tenera” di chi tiene<br />

a te e vuole sapere, ma con stile e<br />

senza parere, se sei ancora zitella),<br />

oppure “Ma come mai è finita<br />

con il tuo ex?” (ma farsi una porzione<br />

di fatti propri no, eh?). Al<br />

70% ti andrà di traverso la cena e<br />

cercherai di nascondere il disagio<br />

affogando i tuoi dispiaceri fra vino<br />

e cibo. Col risultato che la mattina<br />

dopo ti ritroverai con bruciori<br />

di stomaco, mal di testa e niente<br />

maalox o aspirina in casa!<br />

Poi c’è la domanda perfida: “Ma<br />

non hai voglia di mettere su famiglia<br />

e avere figli?” e qui le risposte<br />

variano da un compassato “Si,<br />

certo, ma ora ho troppo lavoro per<br />

pensarci” a un convinto “No guarda,<br />

al momento non mi interessa!”<br />

In realtà vorremmo solo dire:<br />

“Certo, imbecille, che vorrei qualcuno<br />

al mio fianco, ma se devo finire<br />

come te preferisco stare da sola e<br />

adottare 100 casse di rum!”.<br />

Ora, se riusciamo a giungere a fine<br />

serata senza esserci ancora suicidate<br />

o aver seriamente valutato<br />

l’ipotesi di farci suore, sarà opportuno<br />

una volta tornate<br />

a casa consultare la magica<br />

lista “Non è il tuo<br />

principe azzurro se…”<br />

Ebbene si, a tutte noi<br />

sono capitate esperienze<br />

quantomeno pirotecniche in<br />

amore, dunque è opportuno<br />

essere consapevoli che ci sono<br />

soggetti da cui stare alla larga,<br />

che quando s’incontrano… maglia<br />

rosa, scarpe da ginnastica e<br />

viaaaaaa!<br />

Sì, lo<br />

so che<br />

è difficile, e<br />

ve lo dice una<br />

che nella vita ha<br />

spesso sopportato,<br />

ripetendosi<br />

o g n i<br />

volta<br />

che<br />

era colpa<br />

sua, perché<br />

il problema non è mai la testa ma<br />

il cuore, è quello che ci frega…<br />

Ma torniamo a noi.<br />

Io ormai parto da un presupposto:<br />

trovare un uomo single, simpatico,<br />

intelligente e carino è davvero difficile;<br />

se poi lo vogliamo anche ricco<br />

38 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


e aman- te degli animali<br />

(nel mio caso assolutamente<br />

indispensabile, dato che faccio la<br />

volontaria) direi che è quasi più<br />

semplice trovare il petrolio nella<br />

fontana di Trevi.<br />

Ma noi donne,<br />

si sa, siamo<br />

tutte un po’ sognatrici<br />

e tendiamo a<br />

idealizzare anche i rospi<br />

c o n la scarlattina!<br />

Se non ci chiama, per esempio, ci<br />

convinciamo che ha da fare, oppure<br />

è arrabbiato per qualcosa che<br />

abbiamo fatto, per cui tocca a noi<br />

fare la prima mossa, magari non<br />

ha cre- dito al<br />

telefono e forse ha la<br />

batte- ria scarica.<br />

Ami- che parliamoci<br />

chia- ro: siamo nel 2015,<br />

i mezzi di telecomunicazione non<br />

mancano e se noi riusciamo a<br />

trovare tempo per lui, anche lui<br />

deve fare altrettanto, se davvero<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 39


tiene a noi. Che ce ne facciamo<br />

di uno che non vuole spendere<br />

qualche minuto e pochi centesimi<br />

per chiamarci?<br />

E quando andiamo a cena fuori?<br />

di Va Graziano bene la parità Riccio dei sessi, ma vi<br />

pare normale che ci tocchi pagare<br />

anche al primo appuntamento, o<br />

fare alla romana quando ci invita<br />

lui?<br />

Un po’ di galanteria che diamine,<br />

e anche noi… un po’ di amor<br />

proprio! E se proprio vi va di pagare<br />

sceglietevelo speciale, che vi<br />

faccia sognare almeno nell’intimità,<br />

perché se l’unica cosa che vi<br />

resta da fare a letto è sperare di<br />

prendere sonno… che aspettate<br />

a cambiare uomo? Che ve ne fate<br />

di uno che vi annoia anche lì?<br />

Parliamoci chiaro, è inutile fare le<br />

splendide: la metà delle donne,<br />

sposate, accompagnate o fidanzate,<br />

avrebbero molto da ridire<br />

sulle prestazioni del loro uomo,<br />

se solo avessero il coraggio di<br />

confidarsi.<br />

I motivi? Nel migliore dei casi, pur<br />

conoscendo le nostre esigenze,<br />

pur sapendo quali corde toccare<br />

per mandarci al settimo cielo, fa<br />

orecchio da mercante e pensa alle<br />

sue di esigenze, addormentandosi<br />

poi con la disinvoltura di chi<br />

è soddisfatto di esistere. A che<br />

serve uno così? E no, non trinceratevi<br />

dietro il “mi ama” o “lo<br />

amo”. Siete insoddisfatte? Allora<br />

non è vero amore.<br />

Dobbiamo imparare a farci rispettare<br />

e a rispettare noi stesse:<br />

valiamo molto più di 20 minuti<br />

di pseudo-sesso. E poi l’amore<br />

cos’è? È rispettare i limiti altrui,<br />

amare i difetti dell’altro senza<br />

dover necessariamente stravolgere<br />

la nostra vita. Se lui insiste<br />

sulla dieta perché dice che siete<br />

grasse, se vi impone la palestra<br />

perché siete poco toniche, se vi<br />

vieta di uscire con i vostri amici o<br />

ve lo fa pesare continuamente, se<br />

vi richiede un certo tipo di abbi-<br />

40 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


gliamento, peggio ancora se non<br />

vi fa mai un complimento, se vi<br />

dice che non viene da voi perché<br />

non sopporta gli animali sul letto,<br />

e che dovete scegliere fra lui e loro…<br />

beh, forse è il caso di mandarlo<br />

a quel paese, direttamente<br />

e senza passare dal via!<br />

A parte il fatto che i vostri animali<br />

in classifica vengono prima di lui,<br />

non fosse altro perché c’erano da<br />

prima e saranno l’unica cosa che<br />

vi resterà quando lui sarà andato<br />

via, per sua o per vostra scelta.<br />

E poi ricordiamoci che un uomo<br />

deve andare fiero della donna<br />

che ha accanto e non utilizzarla<br />

solo come accompagnatrice<br />

o domestica; valiamo molto ma<br />

molto di più! Abbiamo un cervello,<br />

e se pure il cuore non vuole<br />

ammetterlo, a lungo andare una<br />

relazione che abbia questi presupposti<br />

finirà, e finirà malissimo:<br />

voi andrete in cura dallo psicologo<br />

e la vostra autostima finirà<br />

nel water. E credetemi, ve lo dice<br />

una che in questo momento accarezza<br />

i cani e guardandosi allo<br />

specchio vede un piccolo clown<br />

in fase di strucco.<br />

C’è poi una tipologia di uomo<br />

dalla quale bisognerebbe stare<br />

molto lontane ma che puntualmente<br />

incontriamo, almeno una<br />

volta nella vita: l’uomo da salvare.<br />

È il tipo problematico, colmo<br />

di pensieri e grattacapi, che lui<br />

non ha mai nemmeno preso in<br />

considerazione ma noi, arrivate<br />

10 giorni fa, abbiamo già capito<br />

tutto e armate delle migliori intenzioni<br />

ci catapultiamo in questa<br />

missione impossibile. Errore fatale;<br />

se ci dirà bene ne usciremo<br />

con le ossa scricchiolanti, e non<br />

ci saranno massaggi bastevoli per<br />

farci riprendere; ma tutte noi abbiamo<br />

insito il desiderio di salvare<br />

qualcuno… da che cosa poi? Esiste<br />

per ciascuno di noi l’istinto di<br />

sopravvivenza, e l’uomo problematico<br />

potrebbe anche salvarsi<br />

da solo.<br />

Sperando che questa prima chiacchierata<br />

vi faccia almeno riflettere<br />

sulla tipologia di uomo che avete<br />

al vostro fianco, vi lascio con<br />

una domanda: vi è mai capitato<br />

di inciampare nella... regina madre?<br />

Ovvero la madre del vostro<br />

uomo, che vi fa desiderare di rinascere<br />

come cactus nel deserto<br />

piuttosto che condividere con lei<br />

“splendide” interminabili ore? Bene…<br />

affronteremo questo problema<br />

insieme, scoprendo trucchi<br />

e consigli (sono bene accetti i<br />

suggerimenti) su come affrontare<br />

la situazione senza uscirne con<br />

una gastrite. Intanto vi saluto e vi<br />

ringrazio, ricordandovi che non<br />

è il vostro principe azzurro se vi<br />

fa sentire come Cenerentola di<br />

fronte alla matrigna; toglietevi lo<br />

zoccolo e tirateglielo dietro... sicuramente<br />

non capirà, ma volete<br />

mettere la soddisfazione?<br />

Baci e alla prossima.<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 41


www.flickr.com/photos/brontolones_pictures/<br />

email: salvatorebrontolone@gmail.com<br />

42 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


la cassata siciliana<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 43


la cassata<br />

siciliana<br />

di Ornella Mirelli<br />

L<br />

a Cassata siciliana è<br />

un dolce che viene<br />

da lontano, dall’antica<br />

Grecia per la precisione,<br />

dove si realizzava un dolce di<br />

ricotta o cacio addolcito col miele.<br />

Presso i Romani quell’impasto,<br />

racchiuso in una sfoglia di pasta e<br />

infornato, prese il nome di caseatus<br />

(traduzione: composto da formaggio)<br />

dal quale potrebbe aver<br />

avuto origine il nome Cassata; in<br />

un affresco di un triclinio della<br />

villa di Oplontis (un sobborgo di<br />

Pompei sepolto anch’esso dall’eruzione<br />

del Vesuvio) è addirittura<br />

raffigurato un dolce dall’incredibile<br />

somiglianza con la Cassata.<br />

Questo termine compare per la<br />

prima volta nel “Declarus”, vocabolario<br />

siciliano-latino redatto nel<br />

1300 dall’abate Angelo Sinesio,<br />

con la definizione “cibus ex pasta<br />

panis et caseus compositus”.<br />

A contribuire in maniera determinante<br />

alla realizzazione di questo<br />

dolce, come lo conosciamo adesso,<br />

furono le dominazioni straniere.<br />

Innanzi tutto gli arabi (IX - X<br />

secolo), che introdussero in Sicilia<br />

la canna da zucchero, il limone, il<br />

mandarino e il cedro, tanto che<br />

alcuni fanno discendere il termine<br />

Cassata dall’arabo Quas’at (casseruola),<br />

il recipiente circolare adoperato<br />

per la sua preparazione.<br />

Dal loro canto gli spagnoli, nel XVI<br />

secolo, introdussero il cioccolato.<br />

Nel periodo normanno le suore<br />

del convento della Martorana di<br />

Palermo inventarono la pasta reale<br />

e ne avrebbero fatto l’involucro<br />

della Cassata che, in questo<br />

modo, non andò più in forno ma<br />

44 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


venne composta a freddo. Questo<br />

dolce diventò così una preparazione<br />

della cucina monacale dedicata<br />

al periodo di Pasqua, tanto<br />

da essere definito come “irrinunciabile<br />

nel periodo pasquale” in<br />

un documento del Sinodo tenutosi<br />

nel 1575 a Mazara.<br />

Per molti secoli le suore dei monasteri<br />

e i cuochi delle famiglie nobili<br />

sono stati gli unici depositari dei<br />

segreti della Cassata siciliana, sulla<br />

quale il barocco rifletté la ricchezza<br />

dei suoi stucchi, dando origine<br />

a ricche decorazioni.<br />

Tuttavia fu un “Confetturiere di<br />

Casa Reale” palermitano, il cav.<br />

Salvatore Gulì, che produceva industrialmente<br />

“zuccata e frutti canditi”,<br />

a dare a questo dolce l’aspetto<br />

che noi tutti oggi conosciamo.<br />

In occasione di una esposizione<br />

internazionale di pasticceria infatti,<br />

tenuta a Vienna nel 1873, il cav. Gu-<br />

Continua la collaborazione<br />

di <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> con<br />

Ammodomio, uno fra i più seguiti<br />

blog di cucina del web.<br />

Ammodomio è all’indirizzo<br />

www.ammodomio.blogspot.it<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 45


lì presentò una Cassata riccamente<br />

decorata con i suoi frutti canditi e<br />

ricoperta con una glassa di sua invenzione<br />

fatta con chiara d’uovo e<br />

zucchero. Fu un successo.<br />

La Cassata siciliana<br />

Ingredienti (per uno stampo da<br />

Cassata di cm 25 di diametro):<br />

per il Pan di Spagna* (stampo di<br />

cm 22 di diametro)<br />

5 uova<br />

175 gr di farina<br />

175 gr di zucchero<br />

poco burro e farina per lo stampo<br />

*Il Pan di Spagna che avanza può<br />

essere conservato in congelatore e<br />

utilizzato per un’altra Cassata o come<br />

meglio vi pare.<br />

per la farcia<br />

750 gr di ricotta (preferibilmente di<br />

pecora, anche se esistono versioni<br />

tradizionali con ricotta vaccina)<br />

zucchero a velo vanigliato q.b. (circa<br />

200 gr, a seconda dei gusti)<br />

100 gr circa di cioccolato fondente<br />

per la pasta di mandorle (Marzapane)<br />

1 albume di un uovo di grandezza<br />

media<br />

125 gr di zucchero a velo<br />

125 gr di farina di mandorle*<br />

1 cucchiaio scarso di pasta di pistacchi<br />

1 pizzico di colorante verde<br />

* La farina di mandorle si ottiene<br />

frullando le mandorle pelate (sbollentate,<br />

pelate e lasciate ad asciugare)<br />

dopo averle tenute in freezer almeno<br />

15 minuti. Va poi setacciata benissimo<br />

per ottenere una grana fine. In<br />

commercio, nei negozi specializzati,<br />

se ne trova di ottima già pronta.<br />

per la copertura<br />

un velo di gelatina di albicocche o<br />

di cotogne<br />

200 gr circa di zucchero a velo<br />

acqua q. b.<br />

per decorare<br />

ciliegie candite<br />

scorzette di arancia e limone candite<br />

Per prima cosa bisogna mettere<br />

a scolare la ricotta e preparare il<br />

Pan di Spagna.<br />

Montare a lungo con le fruste<br />

elettriche le uova con lo zucche-<br />

46 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


o, fino a che la<br />

massa si presenterà<br />

gonfia e<br />

chiara e fino a<br />

che - come dicono<br />

i pasticceri - il<br />

composto scrive.<br />

Aggiungere a<br />

mano, delicatamente,<br />

la farina<br />

setacciata, con<br />

un movimento<br />

dal basso verso<br />

l’alto, quindi versare<br />

il tutto in<br />

uno stampo imburrato<br />

e infarinato.<br />

Infornare a<br />

180°, forno statico<br />

preriscaldato,<br />

per circa 40 minuti.<br />

Sformare e<br />

lasciar riposare il<br />

Pan di Spagna su<br />

una gratella per<br />

tutta la notte.<br />

Con una frusta<br />

a mano lavorare<br />

bene la ricotta<br />

con lo zucchero<br />

a velo. Sconsiglio<br />

l’uso di zucchero<br />

semolato frullato.<br />

Lo zucchero a<br />

velo “industriale” è necessario per<br />

assorbire l’umidità in eccesso della<br />

ricotta.<br />

Tagliare a coltello il cioccolato<br />

fondente e mescolarlo alla crema<br />

di ricotta, avendo l’accortezza<br />

di setacciarlo per eliminare<br />

tutto il briciolame sottile. Tenere<br />

la ciotola con la crema in frigo<br />

per una notte.<br />

Il giorno dopo possiamo preparare<br />

il Marzapane per il bordo<br />

della Cassata.<br />

Montare a neve ferma l’albume<br />

con lo zucchero. Se non si vuole<br />

usare l’uovo a crudo, questa operazione<br />

può essere fatta a bagnomaria.<br />

Mescolare al composto poco<br />

colorante verde in polvere, la farina<br />

di mandorle e la pasta di pistacchi.<br />

Se è necessario, aggiungere<br />

una spolverata di zucchero a velo<br />

per rendere l’impasto lavorabile.<br />

Rotolare il marzapane sul piano di<br />

lavoro ricavandone un “salsicciotto”<br />

lungo quanto la circonferenza<br />

dello stampo, dopo averne tolto<br />

una piccola quantità che potrà servire<br />

per la decorazione finale.<br />

A questo punto, foderare lo stampo<br />

da Cassata con pellicola; adagiarvi<br />

sul bordo interno il salsicciotto<br />

di pasta di mandorle quindi,<br />

pazientemente, schiacciarlo con le<br />

mani per ricoprire tutta la superficie<br />

del bordo dello stampo.<br />

Tagliare una fetta sottile (circa un<br />

dito) di pan di Spagna e porla sul<br />

fondo dello stampo. Riempire lo<br />

stampo con la crema di ricotta.<br />

Infine tagliare a quadrotti altro<br />

pan di Spagna e ricoprire tutta<br />

la superficie superiore. Porvi sopra<br />

la pellicola per alimenti e un<br />

piatto, esercitando una leggera<br />

pressione. Mettere in frigo per<br />

almeno 4-5 ore.<br />

Nel frattempo, in un piatto, preparare<br />

la decorazione con la frutta<br />

candita e le gocce di pasta di<br />

mandorle. Servirà per non improvvisare<br />

all’ultimo momento.<br />

Trascorso il tempo necessario,<br />

togliere la pellicola superiore dallo<br />

stampo e ricoprire il dolce di<br />

strisce di carta forno, partendo<br />

dal centro verso i bordi. Disporle<br />

ad asterisco di modo che, una<br />

volta sformata la Cassata, la superficie<br />

del piatto sia interamente<br />

coperta e non si sporchi di glassa.<br />

Una volta terminata la decorazione,<br />

sarà semplice sfilare le strisce<br />

di carta forno, una ad una.<br />

Ribaltare la Cassata sul piatto da<br />

portata, togliere la pellicola, quindi<br />

spennellarla delicatamente con<br />

un velo di gelatina appena intiepidita<br />

e lasciarla asciugare.<br />

Se siete capaci di preparare lo zucchero<br />

fondente procedete pure...<br />

altrimenti fate una glassa a freddo,<br />

come faccio io.<br />

Setacciare in una ciotola lo zucchero<br />

a velo per la glassa, aggiungendo<br />

con attenzione, a poco<br />

a poco e a filo, l’acqua appena<br />

tiepida. Lavorare con una frusta<br />

fino ad ottenere una massa leggermente<br />

colante. Ricoprire tutta<br />

la superficie del dolce molto velocemente.<br />

Lasciare solidificare<br />

lievemente la glassa, ponendo il<br />

piatto in frigo per pochi minuti,<br />

quindi passare alla decorazione<br />

finale con la frutta candita.<br />

Tenere la Cassata in frigo fino a<br />

che la glassa non sarà completamente<br />

solidificata. A questo punto<br />

si potranno sfilare delicatamente<br />

le strisce di carta forno e si potrà<br />

cospargere il bordo inferiore con<br />

quadrotti di frutta candita. E’ un<br />

ottimo espediente per nascondere<br />

le imperfezioni del bordo.<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 47


DIETA VEGANA:<br />

ISTRUZIONI PER L’USO<br />

di Sabrina Rosa<br />

N<br />

ello scorso numero<br />

della rivista abbiamo<br />

parlato dei principi<br />

della filosofia vegan;<br />

oggi vogliamo invece affrontare<br />

più da vicino gli aspetti dell’alimentazione<br />

vegana: un ambito<br />

molto dibattuto negli ultimi tempi,<br />

con prese di posizione anche<br />

forti sia da parte dei sostenitori<br />

che degli oppositori.<br />

La Vegan Society nel 1951 ha dichiarato<br />

che l’alimentazione vegana si<br />

basa su una “dottrina, secondo la<br />

quale l’uomo dovrebbe vivere senza<br />

sfruttare gli animali”; pertanto, chi<br />

ha deciso di seguire una dieta vegana<br />

non solo non si nutre di carne<br />

o di pesce (come è ovvio che<br />

sia), ma neanche di tutti i prodotti<br />

di origine animale, quindi uova,<br />

latte e derivati (formaggi, caglio,<br />

caseina), miele, colla di pesce, gelatina<br />

animale, eccetera.<br />

Il problema principale risiede nel<br />

fatto che, pur essendo in buona<br />

fede e facendo grande attenzione<br />

a ciò che si mette nel proprio<br />

piatto, non sempre si riesce ad<br />

evitare il contatto con prodotti<br />

animali. E’ il caso, ad esempio,<br />

di alcuni aperitivi di colore rosso,<br />

che in genere si consumano per<br />

iniziare una serata fra amici, senza<br />

sapere che alla loro composizione<br />

partecipa un animale, più nello<br />

specifico un insetto, la cocciniglia<br />

(nome scientifico: Dactylopius coccus),<br />

che viene utilizzata per dare<br />

alla bevanda il suo caratteristico<br />

colore rosso. Ma è anche il caso<br />

di alcune caramelle rivestite di sostanza<br />

gommosa, la gommalacca,<br />

viene estratta da un altro insetto:<br />

la Kerria lacca. Può quindi accadere<br />

che si creda di mangiare un<br />

dolce innocuo e ci si nutra invece<br />

di un prodotto di origine animale.<br />

E se bisogna fare attenzione a ciò<br />

che si mette nel piatto, non bisogna<br />

neanche trascurare i contenitori<br />

per il cibo. Pochi infatti sanno<br />

che nella ceramica sono state trovate<br />

in alcuni casi, mediante analisi<br />

spettroscopica, tracce di ossa<br />

animali. O, ancora, che l’alluminio<br />

può rilasciare sostanze tossiche,<br />

per cui è bene non usarlo.<br />

La dieta<br />

vegana, poi, oltre a<br />

concentrarsi su che cosa cosa è<br />

opportuno mangiare, pone grande<br />

attenzione anche alla qualità<br />

dei prodotti impiegati. Di conseguenza<br />

si tende a privilegiare<br />

prodotti non raffinati, come il sale<br />

marino integrale o i dolcificanti<br />

naturali, e provenienti da agricoltura<br />

biologica. Inoltre soia, tofu e<br />

seitan sostituiscono alcuni degli<br />

alimenti tipici della cucina tradizionale,<br />

consentendo la preparazione<br />

di piatti ricchi di vitamine e<br />

dalla consistenza molto simile a<br />

quella della carne.<br />

Essendo una dieta salutista, la<br />

dieta vegana canonica fornisce<br />

anche indicazioni sulle bevande<br />

da consumare e quelle da bandire.<br />

Sì al tè verde, al tè kukicha e<br />

agli infusi. No ad alcol, caffè e tè<br />

tradizionali, perché ricchi di sostanze<br />

stimolanti, ritenute nocive.<br />

Invece delle salse e dei condimenti<br />

di origine animale vengono<br />

impiegati la salsa di soia, il goma-<br />

48 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


sio (una miscela di semi di sesamo<br />

tostati con sale marino integrale),<br />

il miso (sempre a base di soia, ma<br />

addizionata con riso ed orzo) e<br />

il tahin (un prodotto molto simile<br />

al burro, ma fatto con semi di<br />

sesamo). Sempre più spesso, poi,<br />

si preparano salse, come la maionese<br />

vegan o il pesto vegan, in cui<br />

si sostituiscono alcuni ingredienti<br />

trasformando la ricetta originale<br />

in una nuova, rigorosamente<br />

cruelty free.<br />

Naturalmente sono consentiti i<br />

legumi e le verdure, con particolare<br />

attenzione a quelle di stagione,<br />

che vanno sempre preferite;<br />

è permesso inoltre consumare alghe<br />

e frutta secca, particolarmente<br />

ricca di acidi grassi essenziali e<br />

vitamina E.<br />

Per evitare il disperdersi di elementi<br />

nutritivi del cibo, la cucina<br />

vegana predilige metodi di preparazione<br />

delle pietanze che non<br />

comportano un’elevata dispersione<br />

di principi<br />

nutritivi; in<br />

questo senso i procedimenti di<br />

cottura preferiti sono la lessatura<br />

e la cottura a vapore.<br />

Rimane il problema, fortemente<br />

dibattuto, della carenza nella dieta<br />

vegan di alcuni microelementi, in<br />

particolar modo la vitamina B12,<br />

la colina, il calcio e gli acidi grassi<br />

Omega 3. Qui anche il mondo<br />

scientifico è profondamente diviso:<br />

il vero nodo dolente riguarda<br />

la vitamina B12, che non è presente<br />

in alcun modo negli alimenti<br />

vegetali e la sua carenza può<br />

indurre l’insorgenza dell’anemia<br />

megaloblastica o di patologie a<br />

carico del sistema nervoso.<br />

In effetti questo rischio c’è, per cui<br />

chi segue un regime alimentare<br />

vegano deve integrare in maniera<br />

artificiale questa vitamina. Colina,<br />

ferro e calcio, invece, possono essere<br />

assunti anche attraverso prodotti<br />

di origine vegetale.<br />

Vi abbiamo dato a questo punto<br />

una breve panoramica di cosa<br />

implichi la scelta di una<br />

dieta vegana. Si tratta<br />

appunto di una scelta, che<br />

come tale va rispettata; soprattutto<br />

bisogna conoscerla per<br />

poterla eventualmente criticare<br />

o appoggiare.<br />

Dagli ultimi incontri mondiali<br />

tenutisi a Parigi sappiamo<br />

che il pianeta sta<br />

andando verso una direzione<br />

rovinosa e che, se non cambia<br />

velocemente la sua rotta,<br />

non avrà un punto di ritorno. La<br />

sociologia del territorio, branca<br />

specifica della sociologia generale<br />

che si occupa dello studio dei<br />

fenomeni planetari, afferma che<br />

dall’Ottocento in poi la terra ha<br />

iniziato un lento ma progressivo<br />

(e purtroppo sembra irreversibile)<br />

processo di distruzione, legato<br />

all’inquinamento ambientale,<br />

alle deforestazioni, ai sempre più<br />

numerosi allevamenti intensivi.<br />

Tutto ciò dovrebbe far riflettere<br />

tutti, ma l’antropocentrismo dilagante<br />

sembra piuttosto far arroccare<br />

sempre più l’uomo sulla sua<br />

convinzione di supremazia assoluta,<br />

piuttosto che sulla sua appartenenza<br />

al pianeta Terra, con<br />

gli stessi diritti e doveri di ogni<br />

altro essere vivente.<br />

La filosofia vegana si oppone a<br />

tutto questo. Ancora oggi non<br />

è facile seguire questo stile di vita,<br />

in particolar modo quando si<br />

è fuori dalla propria cucina, dato<br />

che sono pochi i ristoranti vegani<br />

veri e proprio sul territorio; ma<br />

qualcuno tenta di farlo e, soprattutto,<br />

ci riesce.<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 49


lo<br />

sapevate<br />

che<br />

ALLIARIA<br />

(Alliaria petiolata)<br />

famiglia Brassicaceae<br />

Nome SCENTIFICO:<br />

alliaria petiolata<br />

pianta comune in tutta europa<br />

asia e africa del nord.<br />

di Angelo Ferri<br />

L’ Alliaria officinalis, conosciuta anche<br />

con i nomi Erba aglina e<br />

1.<br />

Lunaria selvatica è una pianta perenne<br />

ermafrodita, della famiglia<br />

delle Brassicaceae, alta oltre un<br />

metro, quasi glabra con odore di aglio molto persistente<br />

in particolare se si strofinano le sue foglie,<br />

caratteristica, a cui deve il suo nome.<br />

La si trova nella boscaglia in mezz’ombra e nei boschi<br />

umidi di latifoglie, o comunque ricchi di azoto e sostanze<br />

organiche un pò in tutta Italia anche se risulta<br />

assente in Sardegna.<br />

Il fusto eretto dell’Allaria è poco ramificato, la pianta<br />

ha radici a fittone le quali invece presentano diverse<br />

ramificazioni, ha foglie lungamente picciolate rugose<br />

e cordate eccezzion fatta per le foglie più piccole<br />

dalla forma romboidale di colore verde e lievemente<br />

lucide.<br />

50 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


L’infiorescenza è peduncolata<br />

a racemo corimboso terminale<br />

semplice o poco ramificato, i<br />

fiori sono disposti a grappolo e<br />

sono al massimo una decina di<br />

colore bianco, la fioritura avviene di norma fra a<br />

maggio e luglio.<br />

In Europa più di 60 specie di insetti e funghi la utilizzano<br />

come fonte di sostentamento, incluso anche le<br />

larve di alcuni lepidotteri.<br />

Il frutto è una stretta capsula slanciata e patente (siliqua<br />

eretta, tetragonale), bivalve-trivalve, lunga 5 cm<br />

circa e spessa 2 mm.<br />

I semi sono piccoli, neri e allungati.<br />

2. 5.<br />

Le foglie della pianta possono<br />

3.<br />

essere usate in cucina nelle insalate.<br />

Nella sua coltivazione,<br />

si può aggiungere del concime<br />

ricco in azoto all’acqua delle<br />

annaffiature, ogni 15-20 giorni durante la primavera.<br />

Non necessita tuttavia di particolari cure, è importante<br />

posizionare la pianta in luogo luminoso, dove<br />

possa ricevere almeno qualche ora di luce solare<br />

diretta, sopporta senza problemi temperature minime<br />

anche molto rigide, di molti gradi inferiori allo<br />

zero, se coltivata in vaso tuttavia si consiglia di posizionare<br />

la pianta in serra fredda durante il periodo<br />

invernale.<br />

Per quanto riguarda il terreno, è bene porre<br />

l’Alliaria in terreni soffici leggeri e ben drenati,<br />

mentre per le annaffiature, provvedere solo<br />

sporadicamente, lasciando che il terreno asciughi<br />

bene per un paio di giorni prima di ripetere<br />

l’annaffiatura.<br />

Può essere soggetta ad attacchi da parte degli afidi<br />

e di malattie fungine .<br />

L’Alliaria contiene principi attivi<br />

4.<br />

utili in fitoterapia (olii essenziali,<br />

glucosidi ed enzimi) per le sue<br />

proprietà vulnerarie, espettoranti,<br />

diuretiche.<br />

I semi possono essere usati per stimolare l’appetito<br />

oltre ad avere azione antivermifuga e revulsiva<br />

mentre i fiori si impiegano contro l’asma e le foglie<br />

come depurative diaforetiche.<br />

Si può preparare come infuso, succo, cataplasma e<br />

lozione.<br />

L’olio essenziale, con proprietà simili a quelle dell’Aglio,<br />

si ricava dalle radici.<br />

I semi possono sostituire quelli<br />

della senape. I principi attivi<br />

dell’Alliaria sono carotenoidi, saponine,<br />

un olio essenziale solforato,<br />

mirosina e sinigrina.<br />

Le sue proprietà principali sono antisettiche, diuretiche,<br />

espettoranti, iperemizzanti (aumenta l’afflusso<br />

del sangue nella zona).<br />

Preparazioni e dosi. Come diuretico: 20 gr. di pianta<br />

fresca in un litro d’acqua bollente, lasciare in infusione<br />

10 minuti, colare e bere a volontà. Contro le<br />

affezioni bronchiali: 50 gr. di pianta fresca in un litro<br />

d’acqua, fare un infuso come sopra e berne tre tazze<br />

al giorno.<br />

Sulle ferite superficiali: impacchi di succo fresco della<br />

pianta intera. Le foglie sono vulnerarie e attivanti la<br />

circolazione locale, ma vanno sempre usata su pelle<br />

integra (es. geloni); si applicano stropicciate sulle<br />

dermatosi.<br />

Gargarismi di infuso al 20% per rinforzare i denti<br />

traballanti, fortificare le gengive, prevenire la carie.<br />

Pastasciutta all’alliara<br />

Foglie di alliaria q.b., spaghetti q.b., olio extra vergine<br />

di oliva, peperoncino, grana grattugiato facoltativo.<br />

Fare soffriggere in una padella in olio extravergine<br />

una manciata abbondante di foglie di alliaria spezzettate<br />

grossolanamente, aggiungendo il sale e un<br />

pizzico di peperoncinono.<br />

Lessare nel frattempo gli spaghetti o altra pasta, scolare<br />

e fare insaporire in padella, aggiungendo della<br />

grana grattuggiata se piace.<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 51


L’ABBONAMENTO SOSTENITORE A<br />

ORIZZONTE MAGAZINE<br />

PERMETTE DI RICEVERE A CASA<br />

LA VERSIONE CARTACEA DELLA RIVISTA<br />

E DI PUBBLICIZZARE LA PROPRIA ATTIVITÀ<br />

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52 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


fashion, beauty, Shooting, projects & more<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 53


Chiara Rossi<br />

Chiara ha 20 anni, è romana ed è una ragazza dinamica<br />

con molteplici interessi, che cerca di occupare<br />

al meglio il suo tempo: studentessa di ingegneria<br />

meccanica all’Università di Roma 3, lavora come<br />

fotomodella, partecipa a trasmissioni televisive e<br />

svolge attività di hostess-promoter. Nonostante<br />

tanto impegno riesce anche a ritagliarsi del tempo<br />

libero, che dedica allo sport, ai viaggi e al cinema.<br />

Dopo una lunga, combattuta e<br />

appassionante gara si è concluso,<br />

ill 31 dicembre 2015,<br />

il concorso “Miss & Mister <strong>Orizzonte</strong><br />

web”, che ha coinvolto il popolo del<br />

web per circa tre mesi.<br />

53 concorrenti, fra miss e mister, si sono<br />

dati battaglia a suon di voti per conquistare<br />

il titolo; e che si sia trattato di<br />

una battaglia accesa, in particolare fra<br />

le miss (40 concorrenti) lo dimostrano<br />

i voti ricevuti. Infatti se il titolo di Miss<br />

<strong>Orizzonte</strong> 2015 è andato alla concorrente<br />

romana Chiara Rossi, con 2.942<br />

voti, il seondo posto è stato conquistato<br />

per un’incollatura da Vanessa Fiore<br />

(2.213 voti) rispetto alla folignate Mi-<br />

54 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


chelle Salari (2.129 voti).<br />

Per il titolo di Mister <strong>Orizzonte</strong> 2015,<br />

invece, non c’è stata storia: Domenico<br />

Altini (3.057 voti) ha vinto a mani basse<br />

sul secondo classificato, il romano<br />

Giulio Tropea (1.034 voti), che pure ha<br />

battuto di un soffio Michele Caputo<br />

(962 voti), classificatosi al terzo posto.<br />

Nel complesso questa prima edizione<br />

del concorso, organizzato nell’ambito<br />

del progetto “Nuovi Volti all’<strong>Orizzonte</strong>”,<br />

è stata coronata da un lusinghiero<br />

successo, per il numero sia di concorrenti<br />

che dei votanti, intervenuti a sostenere<br />

i loro candidati.<br />

Grazie a tutti e arrivederci alla prossima<br />

edizione.<br />

Domenico Altini<br />

Domenico è un ragazzo determinato, estroverso<br />

e ambizioso. che ama le sfide. Frequenta l’ultimo<br />

anno di un istituto per geometri ma il suo vero<br />

obiettivo consiste nella carriera militare, che intende<br />

svolgere nell’Arma dei Carabinieri.<br />

Impiega il suo tempo libero con gli amici oppure<br />

ascoltando musica, ma anche dedicandosi a solitarie<br />

passeggiate che lo rilassano.<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 55


ASPIRANTI FOTO<br />

COME TRUCCARSI PER UN SERVI<br />

di Fabrizio Capra<br />

56 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


MODELLE:<br />

ZIO FOTOGRAFICO<br />

L’<br />

ormai tradizionale<br />

appuntamento con<br />

la rubrica dedicata<br />

alle aspiranti fotomodelle<br />

tratta oggi il trucco da utilizzare<br />

in occasione di servizi<br />

fotografici.<br />

Se, quando si scatta con fotoamatori,<br />

la modella in genere<br />

si trucca da sola, nel<br />

caso di scatti professionali il<br />

trucco è molto importante<br />

ed è una componente essenziale<br />

per la riuscita del<br />

servizio; per questo in studio<br />

c’è sempre una mua (makeup<br />

artist) che trucca la fotomodella<br />

in funzione sia delle<br />

luci utilizzate che degli effetti<br />

che il fotografo desidera ottenere.<br />

Alcune importanti nozioni<br />

Prima di iniziare a truccarsi<br />

per un servizio fotografico<br />

bisogna tenere ben presente<br />

alcuni piccoli accorgimenti:<br />

- Indipendentemente dal tipo<br />

di flash che viene utilizzato,<br />

in foto il trucco cala del 30%<br />

circa (ad es. un trucco da sera<br />

in foto sembrerà un trucco<br />

da giorno) per cui dovrà<br />

essere più marcato del solito,<br />

proprio perché il flash tende<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 57


a lavarlo via. Sarà necessario<br />

realizzare fare un trucco più<br />

forte in quanto in foto il colore<br />

sarà meno evidente.<br />

- Ricordare che la foto è statica,<br />

piatta, per cui bisognerà<br />

lavorare con il chiaro-scuro per<br />

dare volume: fondotinta e/o<br />

polvere più scura per le ombre,<br />

per esempio le guance, in<br />

modo da intensificare o assottigliare<br />

e fondotinta e/o polveri<br />

più chiare per gli zigomi e l’arcata<br />

sopraccigliare, allo scopo<br />

di illuminare e “ingrandire”.<br />

- Bisogna cercare di realizzare<br />

un trucco perfetto, il più<br />

preciso e pulito possibile,<br />

evitando quindi macchie di<br />

colore; la foto, soprattutto<br />

con l’avvento della tecnologia<br />

digitale, rispecchia perfettamente<br />

la “cruda” realtà;<br />

- È necessario curare il trucco<br />

anche nei piccoli dettagli<br />

perché la luce del flash, e<br />

in generale le luci artificiali,<br />

mettono in evidenza tutte<br />

le imperfezioni del make-up;<br />

nel dubbio è meglio realizzare<br />

un trucco anche semplice,<br />

ma pulito e omogeneo.<br />

Informazioni specifiche<br />

Bisogna fare molta attenzione<br />

ai colori: evitare tutti i<br />

colori freddi, soprattutto blu<br />

e verdi, preferire i toni caldi,<br />

come giallo, arancio e rosso.<br />

Utilizzare prodotti opachi<br />

(matte) o al massimo satinati.<br />

Il fondotinta deve essere<br />

opaco e del vostro esatto<br />

tono di pelle; se il collo fosse<br />

più chiaro o più scuro dell’incarnato<br />

del viso al naturale<br />

applicatelo anche lì.<br />

58 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


Per le occhiaie e la loro<br />

copertura è bene utilizzare<br />

un correttore<br />

aranciato o pescato;<br />

assolutamente no all’avorio,<br />

che accentuerà le<br />

occhiaie mostrando in foto<br />

un antiestetico alone<br />

grigio che enfatizzerebbe<br />

ancor di più i<br />

segni di stanchezza.<br />

Incipriare<br />

bene:<br />

i luccichii in foto<br />

sono davvero brutti da<br />

vedere, e la cipria trasparente<br />

(meglio se<br />

opacizzante) consente di dare<br />

alla pelle un finish opaco,<br />

eliminando quello sgradevole<br />

lucido che, soprattutto<br />

nella zona T (naso e fronte)<br />

e sul mento, dà una fastidiosa<br />

impressione di sudaticcio.<br />

Bisogna usare poca cipria,<br />

picchiettandola sul viso senza<br />

tirarla, se non si vuol rischiare<br />

di tirar via anche il<br />

fondotinta.<br />

Il contouring è importantissimo:<br />

il flash tende ad annullare<br />

i volumi del viso, che<br />

devono essere ricreati con<br />

bronzer opachi, non caldi<br />

e illuminanti (senza però<br />

esagerare con l’illuminante);<br />

non bisogna assolutamente<br />

utilizzare colori perlati.<br />

Sfumate bene, in modo da<br />

evitare macchie sul viso. La<br />

superficie della pelle deve<br />

essere impeccabile per cui,<br />

se non siete troppo pratiche,<br />

non utilizzate prodotti<br />

in polvere, ma applicate un<br />

fondotinta più scuro, una tonalità<br />

al massimo, per creare<br />

le ombre correttive, quindi<br />

incipriate per fissare la base.<br />

Per gli occhi dimenticatevi dei<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 59


60 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


colori freddi,<br />

preferite tonalità<br />

naturali,<br />

opache e calde,<br />

con colori<br />

che possono<br />

partire<br />

dal salmone,<br />

passare per<br />

l ’a l b i c o c c a<br />

e orientarsi<br />

verso i colori<br />

aranciati,<br />

mattone,<br />

marrone o<br />

biscotto, caramello,<br />

fino<br />

a toccare i<br />

colori bronzati,<br />

dorati e<br />

ramati. Con<br />

una matita nera o marrone<br />

fate una bordatura sulle vostre<br />

palpebre, sottile, proprio<br />

all’interno delle ciglia,<br />

per evitare bruschi stacchi<br />

tra il colore dell’ombretto e<br />

quello della matita. Evidenziate<br />

bene l’angolo interno<br />

dell’occhio utilizzando un<br />

ombretto chiaro, che attira<br />

la luce ed esalta gli occhi;<br />

evidenziate inoltre la piega<br />

dell’occhio con un colore<br />

scuro. Nel caso di ciglia corte<br />

o non molto folte si consiglia<br />

di applicare ciglia finte.<br />

Anche le sopracciglia hanno<br />

bisogno di attenzione: in foto<br />

potrebbero risultare poco<br />

visibili e disordinate; è quindi<br />

necessario definirle bene,<br />

preferibilmente usando un<br />

ombretto opaco (matte). Se<br />

avete i capelli neri utilizzate<br />

un ombretto marrone scuro<br />

freddo, mai nero.<br />

Per la bocca realizzate un<br />

leggero contorno labbra con<br />

una matita di mezzo tono<br />

più scura del vostro rossetto;<br />

non di più, altrimenti è<br />

meglio tono su tono. Usate<br />

colori di rossetto più scuri<br />

o uguali al colore delle vostre<br />

labbra; in caso contrario<br />

nelle foto il vostro sorriso<br />

metterà in mostra denti che<br />

appariranno gialli e poco curati.<br />

Se preferite un effetto<br />

naturale mettete invece il lucidalabbra,<br />

non vi darà nessun<br />

problema con i riflessi di<br />

luce.<br />

Consiglio finale: usate il fard<br />

ma sfumatelo moltissimo,<br />

l’effetto deve essere velato<br />

e morbido quindi fate attenzione<br />

anche al colore che<br />

scegliete, meno è acceso e<br />

vibrante meglio è. Infine evitate<br />

assolutamente di utilizzare<br />

l’illuminante sulle zone<br />

sporgenti che caratterizzano<br />

il vostro viso; per illuminare<br />

certe zone del viso (zigomi,<br />

ponte del naso, arco di cupido)<br />

si può usare il trucchetto<br />

della matita bianca: applicatela<br />

prima del fondotinta<br />

sulle zone da evidenziare; il<br />

flash leggerà il bianco e quelle<br />

zone risulteranno illuminate,<br />

mentre dal vivo non si<br />

noteranno i segni<br />

Alcune regolette<br />

1 - curare la pelle: sarà la cosa<br />

più banale al mondo ma<br />

una pelle sana assicura una<br />

resa fotografica dieci volte<br />

superiore rispetto a una<br />

pelle trascurata, anche se<br />

ben truccata. Per avere una<br />

pelle bella e radiosa, che poi<br />

aiuterà nella realizzazione<br />

del make-up, è importante<br />

bere molta acqua, detergere<br />

e idratare il viso quotidianamente<br />

ed esfoliarlo una o<br />

due volte a settimana.<br />

2 - attenzione al fondotinta:<br />

una base perfetta è importantissima<br />

per avere un bel<br />

viso luminoso e levigato in<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 61


fotografia, ma attente a non<br />

esagerare con le quantità.<br />

Spesso, infatti, può succedere<br />

che con il flash della macchina<br />

fotografica un viso con<br />

molto fondotinta risulterà<br />

sbiancato, anche se dal vivo<br />

il colorito appare perfetto.<br />

Applicatene quindi un velo<br />

sottilissimo e aiutatevi con<br />

un correttore per coprire le<br />

discromie più evidenti come<br />

brufoletti e occhiaie.<br />

3 - opacizzare alla perfezione:<br />

nelle foto non c’è niente<br />

di peggio che vedere sul<br />

viso quell’antiestetico effetto<br />

lucido sulla zona T; utilizzate<br />

sempre una buona cipria<br />

opacizzante e, se avete la<br />

pelle a tendenza un po’ grassa,<br />

portatela sempre con voi,<br />

in modo da ritoccare<br />

rapidamente<br />

il trucco qualora<br />

fosse necessario.<br />

4 - vietati blush e<br />

terre troppo scuri:<br />

in foto fanno<br />

apparire il viso<br />

spento e oltretutto,<br />

se non sfumati<br />

alla perfezione,<br />

i volumi del viso<br />

potrebbero risentirne.<br />

Meglio quindi utilizzare<br />

tonalità fresche e naturali<br />

che doneranno sicuramente<br />

di più.<br />

5 - no ai glitter: che siano<br />

ombretti o illuminanti per<br />

guance e zigomi, evitate assolutamente<br />

brillantini e pagliuzze<br />

iridescenti che con i<br />

flash creeranno sul viso antiestetici<br />

puntini luminosi.<br />

Meglio optare per texture<br />

opache o satinate.<br />

6 - sguardo in primo piano:<br />

gli occhi sono sicuramente la<br />

parte che dà maggior intensità<br />

alle foto per cui è importante<br />

sottolinearli al meglio. I<br />

colori migliori sono il nero, il<br />

grigio e il marrone: applicati<br />

sul bordo ciliare superiore e<br />

inferiore e sfumati bene fanno<br />

apparire l’occhio più grande<br />

e lo fanno risaltare senza<br />

stravolgerlo. In alternativa<br />

anche una linea di eyeliner<br />

può regalarci uno sguardo<br />

magnetico ma attenzione ad<br />

applicarlo perfettamente.Immancabile<br />

inoltre il mascara,<br />

da applicare con cura partendo<br />

dalla radice delle ciglia.<br />

7 - labbra naturali: le labbra<br />

vanno valorizzate ma con<br />

naturalezza. Evitate di assumere<br />

la classica posizione<br />

“a bacio” per aumentare il<br />

volume delle labbra in fotografia,<br />

piuttosto utilizzate un<br />

gloss molto lucido e ad effetto<br />

volume, che darà luce<br />

e freschezza a tutto il viso,<br />

oppure un rossetto cremoso<br />

e idratante. Niente colori<br />

62 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


troppo scuri, che renderanno<br />

la bocca più piccola.<br />

Consiglio finale<br />

Nel caso vi trucchiate da sole,<br />

fate almeno una prova trucco<br />

qualche<br />

giorno prima<br />

del servizio<br />

e poi fatevi<br />

fotografare<br />

(col flash naturalmente):<br />

se il trucco<br />

risulterà ben<br />

visibile avrete<br />

fatto un<br />

buon lavoro,<br />

se apparirete<br />

bianche<br />

significherà<br />

che avete<br />

sbagliato prodotti oppure<br />

avete esagerato con la cipria,<br />

se sembrerete slavate bisognerà<br />

mettere più prodotto<br />

(ma attenzione a non sembrare<br />

innaturali nella realtà).<br />

Per la realizzazione di questo<br />

articolo ringrazio Taira Tsubaki<br />

Ciciriello, mua della provincia<br />

di Torino, che ha rivisto con<br />

grande professionalità la mia<br />

prima stesura.<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 63


Invia il tuo curriculum a:<br />

collaboratore@orizzontemagazine.it<br />

64 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


OROSCOPO<br />

GENNAIO <strong>2016</strong><br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 65


ARIETE TORO GEMELLI<br />

Il mese inizia bene, sei carico e hai<br />

voglia di rivoluzionare il mondo.<br />

Forse sei solo stanco dei soliti<br />

problemi familiari, e speri di lasciarti<br />

alle spalle le polemiche<br />

insieme al 2015. Purtroppo non<br />

sarà così.<br />

Tra alti e bassi l’intero gennaio<br />

trascorrerà tra momenti più sereni<br />

e momenti in cui avrai voglia<br />

di azzannare chi ti irrita.<br />

Dal 19 in poi potrai giocare d’astuzia.<br />

Gennaio si chiude favorevolmente<br />

tra frizzi e lazzi: sarai<br />

benvoluto in società e avrai voglia<br />

di tanto divertimento.<br />

Mercurio in Capricorno ti rende<br />

vivace, più ottimista rispetto<br />

ad alcune vicende recenti. Nonostante<br />

tutto, il clima familiare<br />

rimane pesante, venato da qualche<br />

polemica a causa di Marte<br />

dispettoso in Acquario.<br />

Avrai però la possibilità di risolvere<br />

eventuali questioni in sospeso:<br />

anche Venere collabora<br />

con te dal 9 gennaio. Gli amici<br />

saranno un gran sostegno, almeno<br />

quelli veri.<br />

Accetta di buon grado i loro<br />

consigli, saranno preziosi.<br />

Niente male come inizio anno:<br />

sei grintoso, pieno di voglia di<br />

fare e di rivoluzionare il mondo.<br />

La tua lista dei buoni propositi<br />

è lunghissima: al primo posto ci<br />

sono le questioni affettive, quelle<br />

familiari, quelle lavorative.<br />

Se vivi tensioni in questi settori,<br />

vedrai che svaniranno molto<br />

presto.<br />

A partire dal 9 Gennaio <strong>2016</strong>,<br />

Venere non ti disturberà più e<br />

potrai dedicarti con serenità a<br />

realizzare i tuoi numerosi progetti.<br />

Sono troppi? Forse sì: tra i<br />

propositi, inserisci anche la voce<br />

“pochi ma buoni”.<br />

CANCRO LEONE VERGINE<br />

Il mese inizia con un po’ di stanchezza,<br />

forse sei rimasto deluso<br />

dal comportamento di una persona,<br />

oppure stai per intavolare un<br />

irritante battibecco con qualcuno<br />

della tua famiglia.<br />

Per buona parte di gennaio i pianeti<br />

in Capricorno segnalano qualche<br />

tensione, che si risolverà se<br />

eviterai di appesantire la situazione.<br />

Se ti hanno fatto un torto pesante<br />

però, non lasciar correre e non<br />

permettere a nessuno di ledere<br />

la tua dignità. Il <strong>2016</strong> ti promette<br />

cambiamenti importanti, e positivi:<br />

sii più fiducioso in te stesso.<br />

Venere in trigono aumenta il tuo<br />

appetito di vita, di cose buone, di<br />

divertimento. Marte in Acquario<br />

però ti rende irritabile.<br />

Sei spesso scontento, e non sai<br />

nemmeno tu esattamente che<br />

cosa vorresti. Forse sei alle prese<br />

con qualche fastidio familiare, sei<br />

irritato e vorresti far andare diversamente<br />

le cose.<br />

Per i primi venti giorni avrai maggiore<br />

lucidità a disposizione per<br />

chiarire quello che non funziona.<br />

Ricordati che dopo il 19 la situazione<br />

potrebbe diventare esasperante,<br />

e servirà maggiore impegno<br />

da parte tua.<br />

Mercurio in Capricorno renderà<br />

l’atmosfera frizzante e vivace.<br />

tAvrai voglia di divertimento,<br />

anche dopo che i festeggiamenti<br />

saranno finiti.<br />

Qualche leggera ombra, però, offusca<br />

la tua allegria a inizio gennaio:<br />

Venere è arcigna ma solo<br />

fino al 9, giorno in cui passerà in<br />

Capricorno.<br />

Gli ultimi venti giorni del mese<br />

saranno speciali, in famiglia e negli<br />

affetti in modo particolare.<br />

Che ne dici di tornare a festeggiare<br />

e di farti un regalo? In fondo<br />

te lo sei meritato.<br />

66 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>


BILANCIA SCORPIONE SAGITTARIO<br />

Ci sono parecchi pianeti favorevoli<br />

in cielo, ma anche qualche<br />

(piccola) contrarietà. Un battibecco<br />

in famiglia, una polemica<br />

tra amici.<br />

Sfodera il tuo buon senso e cerca<br />

di risolvere eventuali dubbi<br />

e tensioni. Dal 19 Mercurio aumenterà<br />

la tua diplomazia, e potrai<br />

sfoggiare un invidiabile senso<br />

dell’umorismo, utile per sdrammatizzare<br />

e anche per conoscere<br />

tante nuove persone.<br />

Gennaio si chiude all’insegna della<br />

vita sociale e del divertimento.<br />

Mercurio in Capricorno ti renderà<br />

un po’ meno diffidente del solito, in<br />

barba ai dispetti di Marte in Acquario<br />

per tutto il mese.<br />

Il pianeta ostile rappresenta qualche<br />

tensione che costella la tua vita:<br />

forse in famiglia, o sul lavoro, o con<br />

il partner.<br />

Ad ogni modo e qualunque siano<br />

i tuoi dubbi, affrontali subito, contando<br />

sui favori di Mercurio. Dopo<br />

il 19 sarà più complicato, e tu potresti<br />

essere tagliente più che mai,<br />

e offendere invece di appianare le<br />

controversie.<br />

Le stelle ti hanno preparato un<br />

mese piacevole. Venere nel tuo segno<br />

ti riscalda, ti offre il caldo tepore<br />

delle festività, dell’affetto dei tuoi<br />

familiari e degli amici.<br />

A proposito di combriccole: se cerchi<br />

maggiore divertimento e vuoi<br />

allargare il tuo giro, Mercurio sarà<br />

favorevole per questo tipo di questioni<br />

dal 19 gennaio in poi.<br />

La movida si accenderà e tu sarai il<br />

protagonista delle fredde e lunghe<br />

serate invernali!<br />

CAPRICORNO ACQUARIO PESCI<br />

Mercurio nel tuo segno inaugura<br />

l’anno e ti prospetta un’atmosfera<br />

piacevole e frizzante.<br />

Perfino se fai parte di quella categoria<br />

di persone un po’ solitarie,<br />

avrai voglia di divertimento,<br />

di conoscere nuova gente, di<br />

trascorrere più tempo che puoi<br />

con i tuoi affetti familiari.<br />

Gennaio sarà un mese positivo<br />

sotto numerosi punti di vista,<br />

imprevisti compresi (anche se<br />

sul momento non ne capirai il<br />

senso).<br />

Con Marte nel segno per tutto il<br />

mese sarai grintoso, pronto a mordere<br />

la vita come se fosse una bella<br />

mela rossa e succosa!<br />

Le difficoltà familiari o di altro tipo?<br />

Te le mangerai in un sol boccone:<br />

sei determinato ad andare oltre i<br />

contrasti momentanei.<br />

La vita sociale sarà più vivace con<br />

l’ingresso di Mercurio in Acquario,<br />

che avverrà il giorno 19. Ti farai<br />

notare, e potresti, se vuoi, anche<br />

aumentare il giro delle tue conoscenze.<br />

Mercurio in Capricorno saluta il<br />

principio di un nuovo anno.<br />

Nonostante qualche ombra<br />

sponsorizzata da Venere in Sagittario<br />

(solo fino al 9), le stelle<br />

ti invitano a lasciarti alle spalle i<br />

problemi insieme al 2015.<br />

La tua situazione appare favorevole,<br />

sui tempi brevi, e anche su<br />

quelli lunghi; risolverai i fastidi<br />

domestici, le tensioni familiari e<br />

avrai una vita sociale intensa e appagante.<br />

Preparati ad un bel cambiamento!<br />

<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 67


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