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Stranieri barbari migranti Storia

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una città mercato e velocemente avvenne un processo di loro integrazione,<br />

con ottenimento di cittadinanza.<br />

Dopo la cessione di Scutari ai Turchi nel 1479 l’emigrazione conobbe<br />

un picco e la politica di accoglienza di Venezia, con concessione di<br />

pensioni alle vedove di guerra, con sostegni agli ex combattenti, con<br />

una oculata sistemazione dei profughi in tutte le terre dello Stato,<br />

portò a una compenetrazione tra veneti e albanesi, nello specifico tra<br />

veneziani e scutarini.<br />

L’eroica resistenza della città di Scutari nei due terribili assedi del<br />

1474 e del 1478 venne vista come una vera epopea in area veneziana:<br />

componimenti in versi esaltarono i difensori scutarini quali eredi dei<br />

paladini di Carlo Magno, arrivando a paragonare la piana sotto il<br />

castello di Scutari alla piana di Roncisvalle. Scutari rimase nei secoli la<br />

città albanese più evocata da Venezia: fu raffigurata nelle pitture di Palazzo<br />

Ducale, venne sempre esaltata e ricordata per la sua fedeltà, tanto<br />

da motivare un trasferimento in massa degli abitanti alla conclusione<br />

della guerra tra Venezia e i Turchi.<br />

Anche i tanti religiosi cattolici albanesi vennero collocati in varie<br />

zone, oltre che in Venezia città, spesso anche in zone di delicato controllo<br />

politico, come quelle di confine della Serenissima con l’Impero<br />

e a loro furono assegnati benefici ecclesiastici.<br />

A Venezia dunque si trasferì tra Quattrocento e Cinquecento una<br />

cospicua fetta di popolazione albanese e, si rinnovò un rapidissimo<br />

processo di integrazione. Tra tante presenze è da ricordare la famiglia<br />

nobile Angeli, di Drivasto, o Marin Barleti che divenne sacerdote in<br />

terra veneta e fu lo storico delle vicende di Albania, e ancora Marino<br />

Becichemo che fu professore all’università di Padova e religiosi quali<br />

Demetrio Franco che narrò vicende di vita di Scanderbeg.<br />

Tra gli appartenenti alla seconda generazione di emigrati è da<br />

segnalare il nome di Paolo Campsa, che fu uno scultore del legno,<br />

erede delle qualità del padre Alessandro, profugo da Scutari. Il nome<br />

di Paolo, nato a Venezia, è oggi noto a livello internazionale, essendo<br />

considerato uno dei più famosi scultori di altari e statue lignee del Ri-<br />

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