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eauté qui s’en va vers la mort» scriveva Maurice Barrée e Thomas<br />
Mann intitolava addirittura Der Todt in Venedig il suo romanzo.<br />
Anche le fredde statistiche ci raccontano di una città diversa.<br />
Nel 1901 Venezia era una metropoli viva e vivace, aveva quasi il<br />
doppio degli abitanti della seconda città del Veneto (Padova), era<br />
l’ottavo comune in Italia per abitanti, la vita media era di 31 anni,<br />
nascevano quattromila bambini l’anno.<br />
Con i 31.000 lavoratori legati all’industria (non c’erano solo gli<br />
operai ma, ad esempio, anche le donne che lavoravano a domicilio per<br />
l’industria vetraria e per quella tessile) e più di cento unità produttive,<br />
Venezia era la più grande città manifatturiera della regione.<br />
Non mancavano i lati oscuri comuni alle grandi città di inizio ‘900:<br />
prima di tutto la condizione di precarietà del posto di lavoro e la difficile<br />
situazione igienica che viene drammaticamente evidenziata da una<br />
mortalità infantile del 19%.<br />
Si trattava quindi di una grande città, con tutte le sue contraddizioni,<br />
ma viva e vitale; una città distante anni luce da quella che conosciamo<br />
oggi, spopolata e sdraiata sulla monoeconomia turistica, ma anche altrettanto<br />
distante da quella del mito che la voleva decadente e moribonda.<br />
Le forze economiche e sociali straniere giocarono un ruolo importante<br />
in questa vitalità, perfino le tradizionali attività del vetro e del tessile<br />
furono riorganizzate e rinnovate dagli imprenditori venuti dall’estero.<br />
La The Venice and Murano glass and mosaic company, società nata dagli<br />
sforzi di Salviati e soci inglesi, aprì nuovi mercati ai mosaici veneziani<br />
e lo spagnolo Mariano Fortuny y Madrazo creò la fabbrica di tessuti<br />
Fortuny, alloggiata allora nel Palazzo San Beneto, che ancora oggi, alla<br />
Giudecca, è ai vertici mondiali per i suoi prodotti.<br />
La colonia straniera numericamente più rilevante era quella<br />
inglese, ma la più dinamica economicamente era quella tedesca con<br />
innumerevoli attività, fra queste citiamo le più importanti: le maglierie<br />
Herion, nel 1877 nel palazzo Condulmer ai Tolentini e poi alla Giudecca,<br />
la fabbrica di orologi Junghans fondata dagli stessi fratelli Herion<br />
sempre alla Giudecca nel 1878 e che poi prese il nome della casa<br />
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