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Il<br />
14 dicembre con un servizio provocatoriamente intitolato<br />
“Bio furbi: riso” Report -lo storico programma<br />
di approfondimento giornalistico condotto da Milena<br />
Gabanelli- partendo da pesanti e diffusi dubbi sull’utilizzo<br />
di diserbanti per combattere le erbe infestanti da parte di<br />
alcuni risicoltori biologici ha finito per mettere in discussione il<br />
corretto funzionamento del sistema dei controlli, evidenziando<br />
alcune importanti preoccupanti incongruenze riguardo le produzioni<br />
di riso biologico.<br />
Secondo i dati del Sinab, Sistema d’informazione nazionale<br />
sull’agricoltura biologica del Ministero dell’agricoltura, la produzione<br />
media di riso bio in Italia ammonta a 67,84 quintali a<br />
ettaro, la stessa media vantata dal riso convenzionale.<br />
Pochi giorni prima un articolo pubblicato su Der Spiegel dal<br />
titolo “Il biologico tradito” denunciava alcune criticità che rischiano<br />
di minare il futuro di un settore che in Germania, dal<br />
2000 al 2013, ha subito una crescita impetuosa passando dai 2<br />
miliardi di euro di inizio nuovo millennio ai 7,6 dello scorso<br />
anno (+262%).<br />
Secondo l’articolo del popolare settimanale tedesco molti problemi<br />
sembrano nascere proprio da uno slogan e da una politica<br />
di incentivazione al consumo lanciata in Germania nel 2001:<br />
“Biologico per tutti”, coniato dall’allora ministro dell’agricoltura<br />
Renate Künast. Il settore ha imboccato rapidamente la strada<br />
che conduce alla trappola della “convenzionalizzazione”.<br />
Questo perché il mercato esige un certo volume di produzione<br />
che si può ottenere solo rinunciando agli ideali del bio, nato<br />
come modello alternativo a un’industria agroalimentare che considera<br />
la terra e gli animali solo mezzi di produzione facilmente<br />
sfruttabili.<br />
Ma a fare più scalpore è stato certamente l’imbroglio che tantissimi<br />
italiani hanno visto andare in onda su “Le Iene”, programma<br />
di intrattenimento serale molto popolare per le sue provocazioni<br />
satiriche e i reportage condotti da inviati molto irriverenti<br />
e politicamente scorretti.<br />
La truffa messa in atto dalla azienda biologica veronese era semplice,<br />
addirittura banale. L’agricoltore che si presentava ai clienti<br />
del mercatino della Coldiretti come biologico e “certificatissimo”<br />
è stato colto dagli inviati del programma televisivo mentre<br />
spacciava per biologica e a km-zero frutta e verdura acquistata<br />
invece al Mercato Ortofrutticolo di Verona.<br />
Un’attività del tutto legittima se non fosse che la frutta in questione,<br />
per stessa ammissione del fornitore all’ortomercato, non<br />
era affatto biologica né necessariamente di produzione locale.<br />
La legge, infatti, permette agli agricoltori di integrare il proprio<br />
reddito derivante dalla vendita dei prodotti direttamente coltivati,<br />
anche ricorrendo alla commercializzazione di frutta e verdura<br />
acquistata e prodotta all’esterno dell’azienda.<br />
Per molti agricoltori italiani la vendita diretta in azienda o nei<br />
farmers market, il rapporto diretto con il consumatore e i gruppi<br />
di acquisto solidale sono diventati l’unica garanzia di sopravvivenza,<br />
la sola via per sfuggire alla stretta dei prezzi imposta dalle<br />
dure leggi della distribuzione globale.<br />
La caratterizzazione “bio” e “local” sta diventando fortunatamente<br />
anche motivo di successo e lauti guadagni, sempre da<br />
rapportare alla situazione di perenne crisi e bassa marginalità<br />
diventata ormai strutturale nel settore agricolo.<br />
Una volta raggiunto il consumatore diventa importante soddisfare,<br />
per quanto possibile, le sue richieste sia in termini di volumi<br />
e continuità sia di gamma di prodotti. Altrimenti si rischia che<br />
il tanto agognato acquirente sia costretto a recarsi comunque al<br />
supermercato. Ben venga quindi l’integrazione con i prodotti acquistati<br />
da fornitori esterni o, ancora meglio, la cooperazione tra<br />
agricoltori anche distanti che fanno rete per ampliare la gamma<br />
di referenze offerte ai consumatori amanti dei prodotti a filiera<br />
corta. Tutto bene dunque, a patto che l’informazione al consumatore<br />
sia corretta e, tornando al caso de “Le Iene”, a condizione<br />
che il prodotto dichiarato biologico sia veramente tale.<br />
Comportamenti isolati ed episodici come quello andato in onda<br />
nella trasmissione televisiva rischia di “mortificare” la filiera<br />
biologica che è uno dei vanti del nostro agroalimentare, né screditare<br />
le forme di vendita diretta dei prodotti agroalimentari.<br />
Pur riconoscendo i meriti del servizio televisivo di inchiesta è<br />
opportuno porre la massima attenzione ad evitare che arrivino<br />
all’opinione pubblica messaggi generalizzati che scaturiscono<br />
da informazioni parziali e riconducibili a casi isolati.<br />
I primi che oggi hanno il dovere di dare una risposta ai legittimi<br />
dubbi del cittadino che ha assistito sconcertato al servizio televisivo<br />
sono ovviamente gli Organismi di Controllo del biologico<br />
che, purtroppo, stano diventando il bersaglio di critiche facili e<br />
superficiali sia da parte dell’oppositore qualunquista che dell’agricoltore<br />
bio-onesto ma ormai disamorato.<br />
Perché è potuto succedere tutto ciò? Perché non ce ne<br />
siamo accorti prima? Che senso ha allora il nostro lavoro?<br />
Perché un cittadino telespettatore dovrebbe continuare<br />
(o iniziare) ad acquistare prodotti biologici?<br />
Sono le domande che anche noi, in coscienza, ci sentiamo rivolgere.<br />
Gli Organismi di controllo del biologico, e lo stesso vale<br />
per tutti gli altri sistemi di certificazione, non hanno poteri di<br />
Polizia e neanche possono avere la sfrontatezza e l’immediatezza<br />
della televisione che mette in onda la dichiarazione spontanea<br />
del grossista del mercato ortofrutticolo.<br />
Il lavoro degli organismi di controllo non può che basarsi su<br />
mezzi “convenzionali”: i sopralluoghi nei campi e nei magazzini,<br />
il controllo dei documenti fiscali, le analisi . Un’attività di<br />
indagine che non può che avvenire sotto gli occhi vigili dello<br />
stesso responsabile dell’azienda che deve essere messo correttamente<br />
nelle condizioni di poter accettare o contestare l’operato<br />
del tecnico ispettore.<br />
L’organismo di controllo non può inseguire di nascosto gli agricoltori,<br />
entrare alle quattro di mattina al mercato ortofrutticolo<br />
con le telecamere e non può intervistare e soprattutto registrare<br />
testimonianze da utilizzare poi come prova per l’applicazione<br />
delle sanzioni. A maggior ragione non gli è permesso interrogare<br />
testimoni, accedere ai dati contabili dei commercianti di<br />
prodotti convenzionali o utilizzare telecamere nascoste e microspie.<br />
A questo devono pensare le Autorità Pubbliche preposte<br />
che, anche nel biologico, sono chiamate a verificare il corretto<br />
operare degli agricoltori e degli enti di certificazione. Tutti certamente<br />
contribuiscono a rendere quanto più difficile la frode, a<br />
stringere il più possibile le maglie dei controlli e della giustizia.<br />
Purtroppo, come sempre accade, qualcuno riesce anche a sfuggire<br />
a queste maglie, ma il caso specifico non deve delegittimare<br />
l’intero sistema. Certamente dobbiamo metterci in discussione,<br />
perfezionare le tecniche di controllo e puntare in generale ad un<br />
miglioramento continuo.<br />
L’attività degli Organismi di controllo del biologico per esempio,<br />
da sola, ha garantito nel 2013 68.512* ispezioni e 6.302*<br />
analisi presso gli oltre 51.000* operatori certificati. Non sono<br />
mancati i casi in cui siamo riusciti a rilevare non conformità e<br />
smascherare e punire infrazioni. Le sanzioni significative che<br />
hanno determinato il declassamento del prodotto a convenzionale,<br />
la sospensione o il ritiro della certificazione sono state<br />
nell’insieme 2.415* pari al 4,7%* del totale operatori certificati,<br />
in linea con la media europea.<br />
Ai controlli degli Organismi privati si aggiungono anche quelli<br />
svolti dalle autorità pubbliche. I programmi televisivi, probabilmente<br />
aiutati da qualche segnalazione, hanno messo in luce un<br />
pericolo che noi certificatori ben conosciamo e temiamo, che<br />
ogni giorno cerchiamo di scongiurare con tutte le forze e risorse<br />
a nostra disposizione.<br />
Ora sarà l’Organismo di Controllo che deve intervenire nei confronti<br />
dell’azienda con la oggettività delle regole di certificazione<br />
che lasciano anche all’operatore la possibilità di difendersi<br />
con tutti i mezzi e le tutele ammesse dalla legge (fatto salvo che<br />
l’assalto e le minacce all’inviato non sono difendibili).<br />
Purtroppo in Italia la “segnalazione” viene troppo spesso confusa<br />
con la “delazione” e il suo utilizzo giudicato come un segnale<br />
di debolezza e di impotenza del controllore.<br />
Questo non succede nei paesi del Nord Europa dove qualsiasi<br />
irregolarità o esito non regolare alle analisi sul prodotto biologico<br />
viene segnalato agli Organismi di Controllo e alle Autorità<br />
Pubbliche dagli stessi utenti e operatori della filiera produttiva<br />
e commerciale.<br />
Stiamo parlando di un sistema di regole e comportamenti che<br />
determina il cosiddetto “Controllo Sociale”, lo stesso che ci costringe<br />
a non buttare la cicca per terra o a parcheggiare in doppia<br />
fila per evitare i rimproveri (se non la denuncia) del primo cittadino<br />
che passa per strada e non solo del vigile. La denuncia e<br />
la segnalazione di comportamenti scorretti deve diventare un’abitudine,<br />
un dovere per tutti, anche per gli agricoltori seri che di<br />
vedono sorpassati a destra dai furbacchioni. Non deve rimanere<br />
prerogativa di programmi e spettacoli televisivi come Le Iene,<br />
Striscia la Notizia o Report che, per quanto utili, rappresentano<br />
sempre un momento straordinario di spettacolo e informazione e<br />
non un approccio culturale della società.<br />
I certificatori si considerano parte lesa dal comportamento scorretto<br />
dell’agricoltore certificato che non rispetta le regole “spacciando<br />
per biologico” ciò che non lo è. Ci sentiamo danneggiati<br />
tanto quanto la grande maggioranza degli agricoltori biologici<br />
che ogni giorno coltivano i loro campi rispettando rigidamente<br />
le regole di produzione biologica e, se costretti, acquistano<br />
dall’esterno solo ed esclusivamente prodotti biologici certificati.<br />
Per questo anche noi tecnici ispettori ci sentiamo in diritto e in<br />
dovere di protestare insieme a loro contro il falso bio ma anche<br />
contro la dilagante diffidenza e qualunquismo che, stigmatizzando<br />
casi isolati, mettono in discussione la serietà di un intero<br />
settore, compreso quello dei controlli.■<br />
*Dati elaborati da ICEA<br />
ALIMENTAZIONE<br />
10 ecoIDEARE - Settembre / Ottobre 2014<br />
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