Dicembre 17

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LIVORNOnonstop è... 11 attualità Livorno, di tutto un po’ Una riflessione generale: dall’oasi climatica ai bagni di mare, dal Gran Tour all’imbarbarimento culturale, dalla toponomastica alle recenti polemiche... di Marco Rossi Che Livorno sia un’oasi climatica è noto a tutti i livornesi. Quale altra città, infatti, può vantarsi di permettere ai propri cittadini di fare il bagno quasi tutto l’anno? E non mi riferisco, badate bene, a quelle decine di imperterriti che lo fanno anche a Capodanno perché non smettono veramente mai di farlo. No, mi riferisco a gente comune come mia moglie (66 anni) che quest’anno ha smesso solo il 4 novembre. Ma il 2017 è stata un’eccezione, dirà qualcuno, e questo pianeta alla deriva probabilmente cambierà il clima in modo ancora più sconvolgente. Da tempo, però, la nostra città vanta centinaia di persone che tutti i giorni dell’anno sono a correre od a camminare lungomare. Alcuni (i più pazzi od i più insonni, come me) lo fanno in orario antelucano (alle 6,30 dalla Rotonda ad Antignano c’è già gente) ma durante tutta la giornata sino alla sera tardi è possibile vedere la passeggiata sempre piena, anche se piove. Al di là del nubifragio di settembre (caso isolato, anche se, purtroppo, molto tragico), in effetti, poche altre città possono vantare solo qualche giornata di libeccio mentre altrove o si gela o si soffoca per l’afa, senza citare lo smog delle polvere sottili. Insomma sul fatto che viviamo in un’oasi climatica non c’è davvero dubbio. E lo sanno anche tutti i livornesi. Che in passato, invece, la città sia stata pure altro, questo pochi livornesi lo sanno. Ormai imbarbarita culturalmente, infatti, Livorno ha scordato di aver fatto parte del cosiddetto Grand Tour che tutti i maggiori letterati ed artisti del mondo consideravano loro dovere effettuare per l’Europa, ed in Italia in particolare. Alcuni addirittura a Livorno vi vissero anche a lungo come il poeta George Byron nel 1822, mentre altri (come Alessandro Manzoni nel 1827) dalla locanda dei Boboli in Via Grande al 126 scappò per l’eccessivo frastuono stradale. Nel 1829 fu a Livorno James Fenimore Cooper, autore dell’Ultimo dei Mohicani, che scrisse come “la città è interessante, ha dei magnifici paesaggi pittoreschi, ed è pervasa da un’atmosfera di commercio che vi prende tutti”. Nel 1856 vi arrivò anche Herman Melville, autore di Moby Dick, ed il 15 agosto del 1906 passò da Livorno pure Buffalo Bill che si esibì nell’allora piazza d’armi (attuale piazza della Stazione) col suo celebre Wild West Show che toccò solo città come Napoli, Torino, Genova, Milano, Firenze e Roma. Ancora prima, nel settecento, il centro labronico aveva ricoperto un ruolo culturale di prestigio con case editrici e dovizia di teatri. Carlo Goldoni, tanto per 1906 La locandina del Wild West di Buffalo Bill e, nel riquadro, il manifesto della data livornese Il manifesto de Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni che fu ambientato sulle nostre colline. dirne una, ottenne il primo successo colle Smanie per la villeggiatura ambientato sulle nostre colline e fu qui che decise di abbandonare la carriera avvocatizia dedicandosi a quella di scrittore. Il più antico dei teatri cittadini (quello nei pressi della chiesa di San Sebastiano detto anche Stanzone delle commedie) fu aperto nel 1658: nel 1700 arrivammo ad averne ben 12 (forse record nazionale). E se la tipografia del Coltellini prosperò anche perché disposta a pubblicare pur quello che altrove era vietato dalla censura ecclesiastica, fu sempre essa a divulgare la seconda edizione italiana dell’Encyclopedie di Diderot e d’Alembert (1770) come Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria (1764). Ma sino al mantenimento dello stato di porto franco (perso nel 1865) la città era anche ricca, abitata da persone di tutto il mondo che solo qui trovavano quella libertà e quel clima rari altrove. In via Borra avevano luogo ambasciate e consolati dei più importanti paesi d’Europa ed segue a pag. 12
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