Invisibile
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anda di ribelli, si slancia al duello finale con il principe Sergio che sta per<br />
impalmare contro la sua volontà l’amata Masha e alla vendetta nei confronti<br />
del latifondista Kirila Petrovic che gli ha umiliato e ucciso il padre).<br />
Della trama, piena di risvolti narrativi e di cambiamenti di scena, al tempo<br />
avevo capito ben poco, così come dello scenario sociale, premonitore della<br />
futura Rivoluzione d’Ottobre. La galoppata si svolgeva in un cupo paesaggio<br />
notturno, nel fitto di una foresta a stento illuminata dalla luna. La sequenza<br />
evocava in me paure ancestrali, costiduendosi come ambiguo<br />
oggetto transizionale (cfr. il “gioco del rocchetto” freudiano) di una confusa<br />
ricerca d’identità, strumento favolistico di elaborazione di quelle stesse<br />
paure.<br />
Tutti i teorici e gli storici del cinema fanno risalire alla produzione dei<br />
fratelli Lumière, con le loro fredde e immobili prises de vues, il cinema<br />
della realtà, mentre attribuiscono alle pantomime piene di trucchi e di invenzioni<br />
immaginifiche di Georges Méliès l’origine del cinema fantastico.<br />
A parte il fatto che non credo che il confine fra i due tipi di cinema sia così<br />
netto (i Lumière manipolavano la realtà prima delle riprese, Méliès rivelava<br />
giocosamente l’origine meccanica dei suoi trucchi), è significativo il fatto<br />
che i due film cui attribuisco la formazione infantile del mio immaginario<br />
cinematografico appartengano più al versante del cinema popolare-fantastico<br />
più che a quello rigoroso e astratto dei Bergman, Dreyer e Bresson.<br />
Il tema della funzione dal cinema fantastico come proiezione dell’invisibile<br />
è stato illustrato da Bruno Fornara in una bella introduzione alla sezione<br />
Filmare l’invisibile nel catalogo dell’Infinity Festival (Alba, 2005).<br />
Mentre i Lumière fondano il fascino del cinema nella sua capacità di registrare<br />
e fissare il visibile, Méliès vuole filmare l’invisibile: “Non registra il<br />
mondo: filma un palcoscenico. Filma spettacoli, ama i prestigiatori, si serve<br />
di eleganti illusionisti (…) Stacca la testa dai corpi, fa apparire e sparire<br />
belle ragazze (…) Méliès, inventore i tutti gli effetti speciali, non si cura del<br />
reale, lo vuole reinventare, vuole giocare con corpi, oggetti e storie, vuole<br />
essere un mago (…) Dunque, nel fantastico, per la prima volta, l’invisibile<br />
diventa grazie alla tecnica e ai suoi trucchi, registrabile e visibile”.<br />
Successivamente il cinema moderno si pone il problema di come si<br />
possa interpellare e cogliere il segreto del mondo rappresentato sullo<br />
schermo con elementi oggettivi e realistici, senza ricorrere a trucchi e manipolazioni.<br />
Si chiede ancora Fornara: “come può la macchina da presa<br />
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