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Febbraio 2018

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LIVORNOnonstop<br />

2 editoria<br />

ricordo<br />

Ciao NonnoCesare!<br />

Sergio Bernardeschi, nipote di Cesare Favilla, nostro<br />

indimenticabile collaboratore scomparso il 1° gennaio<br />

scorso, ci ha inviato questo suo affettuoso ricordo.<br />

Ai miei pochi affezionati lettori… Probabilmente è così che<br />

avrebbe iniziato il suo prossimo articolo ma, purtroppo, il<br />

Sor Cesare, come amava sentirsi chiamare, ha lasciato questo<br />

strano mondo ingarbugliato che lui stesso ha visto<br />

mutare, sgretolarsi con la grande guerra e risorgere e mutare<br />

nuovamente durante i suoi novantadue anni.<br />

Cesare era mio nonno… ma detto così, adesso, sembra<br />

riduttivo. Quindi chi era?<br />

Non spenderò parole per descrivere la sua brillante carriera<br />

piena di traguardi e conquiste, le sue due lauree e la sua<br />

cattedra all’università del Maryland; sicuramente ci sono<br />

tante persone più qualificate di me per questo.<br />

Io ho avuto modo di conoscerlo in un’altra fase della sua<br />

vita, ed anche se ora quel tempo trascorso assieme sembra<br />

essere passato troppo in fretta, posso solo dire di essere<br />

stato fortunato.<br />

Non era una persona qualsiasi, è chiaro. Severo e rigoroso<br />

in un primo momento: questo era solo lo strato più superficiale<br />

della sua personalità. Una volta tolta la copertina,<br />

dimostrava subito un animo dolce, pronto ad aiutare il<br />

prossimo e a guidare ed ammonire i più giovani, come me,<br />

cercando di non farli deragliare dai tumultuosi binari della<br />

vita.<br />

La battuta pronta e pungente era sicuramente una delle<br />

sue numerose caratteristiche. Riusciva sempre a meravigliare<br />

qualsiasi interlocutore, anche chi aveva la metà dei<br />

suoi anni. Nessuno si aspettava mai una tale prontezza di<br />

spirito. Ed io, che assistevo ai suoi giri di parole, non potevo<br />

far altro che sorridere, alle volte con lieve imbarazzo, ma<br />

in verità, vi dico, l’ho sempre ammirato!<br />

Di cose da insegnarci ne aveva da riempire libri interi, e<br />

infatti ne ha scritti diversi. Gli piaceva la storia, in particolare<br />

di Livorno, la “capitale del mondo” come la definiva<br />

scherzando.<br />

Livorno… già! La sua amata Livorno. Conosceva ogni via<br />

e ogni palazzo costruito o ricostruito dopo la guerra. Ma<br />

era senza dubbio il nostro vernacolo labronico a farlo impazzire<br />

e a mettere in moto la sua scintilla da scrittore e<br />

poeta.<br />

La sua cultura letteraria certo non si fermava con i Quattro<br />

Mori, sia ben chiaro. Era un grande studioso dei classici<br />

maestri italiani come Dante, Leopardi e Manzoni; e forse,<br />

ora che ci penso, il mio amore per questi signori lo devo<br />

proprio al Sor Cesare.<br />

Se ancora non lo aveste capito, mio nonno era una persona<br />

decisamente eclettica. La passione che aveva per la<br />

natura era a dir poco ammirevole, passione che posso dire<br />

di condividere in pieno. L’amore per le cose che crescono,<br />

che fosse un faggio, un abete o una pianta di pomodoro<br />

non faceva differenza. Il<br />

rispetto verso la natura<br />

è un qualcosa che in lui<br />

ho sempre riscontrato<br />

con meraviglia e stupore,<br />

dato che tanti, anche<br />

tra i mei coetanei, sembrano<br />

ignorarne l’esistenza.<br />

Esattamente come la lingua<br />

inglese. Mio nonno<br />

era bilingue e fin da<br />

quando ero bambino ha<br />

sempre cercato di insegnarmi<br />

quegli strani<br />

suoni tipici delle bocche<br />

anglosassoni che poco o nulla si studiano nelle scuole<br />

italiane ma che lui ben sapeva fanno girare il mondo!<br />

Ed il mondo lui lo aveva girato! E quante cose belle ha<br />

visto… New York, Washington, Londra, Parigi, Oslo…<br />

Eppure, la capitale del mondo per lui è sempre rimasta<br />

Livorno! Una città italiana, perché dopo tanti anni si era<br />

forse accorto che le meraviglie del mondo non si devono<br />

ricercare solo oltre oceano, molte le abbiamo in casa. Città<br />

d’arte e di storia e il paesaggio che più di tutti mio nonno<br />

amava: la buona e vecchia campagna toscana.<br />

Ed è forse questo l’insegnamento più grande che ci ha<br />

lasciato: le cose che noi diamo per scontate, ad uno sguardo<br />

più attento, sono quelle più care ed importanti.<br />

Apprezzare una fresca giornata primaverile, prendersi semplicemente<br />

un minuto per capire quali piante sono in fiore<br />

e quali devono ancora sbocciare, quanti di noi riescono a<br />

farlo? Beh, lui ci riusciva.<br />

Ed ora forse mi rendo conto quanto noi “giovani” potevamo<br />

sembrargli ridicoli, preoccupati per falsi problemi, a<br />

rincorrere una libertà che senza rendercene conto, a ben<br />

guardare, è già nostra, non capendo la fortuna di un tetto<br />

e di un pasto, quando lui alla mia età era sfollato, senza<br />

alcun modo di sapere se la casa in città era stata distrutta<br />

dalle bombe.<br />

Veramente tante sono le sfaccettature che quasi ora si<br />

accalcano nella mia testa e vorrebbero trovare il giusto<br />

spazio tra queste righe, ma, come mi capitava di leggere<br />

nei suoi articoli, non voglio correre certo il rischio di annoiare<br />

quei pochi lettori che fin qui si sono spinti.<br />

Concludo, con la sensazione che tutti questi insegnamenti,<br />

questi pensieri, hanno dato vita ad una piccola favilla<br />

che rimarrà accesa in me e sicuramente in ogni persona<br />

che mio nonno ha conosciuto. Quindi sì, lui avrà anche<br />

lasciato questo strano mondo ingarbugliato, ma non del<br />

tutto.<br />

Sergio Bernardeschi

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