26 Rubriche Idee Il tuo biglietto da visita Alcuni corsi Helias si rivolgono a specialisti del settore, come i grafici e i comunicatori visivi. Altri, invece, sono indirizzati a un pubblico più ampio. Come “L’offerta è <strong>il</strong> tuo biglietto da visita” (in giugno a Bellinzona), che è stato concepito per gli indipendenti di tutte le professioni, in un’epoca in cui <strong>il</strong> lavoro freelance si sta diffondendo sempre di più. “Il ruolo più importante in un’offerta – spiega <strong>il</strong> docente Stefano Gazzaniga – lo gioca <strong>il</strong> rapporto qualità-prezzo, che è spesso determinante per <strong>il</strong> suo successo. Tuttavia è possib<strong>il</strong>e migliorare considerevolmente la propria posizione indipendentemente da esso, prestando attenzione nel seguire i consigli riguardo ai contenuti, alla strutturazione e alla formulazione dell’offerta, che verranno discussi durante <strong>il</strong> corso. Un’offerta precisa e ben strutturata evidenzia un approccio professionale al lavoro, aumentando la possib<strong>il</strong>ità che <strong>il</strong> cliente scelga di affidarsi a una persona piuttosto che a un’altra”. Il corso sarà orientato alla pratica, fornendo spunti di discussione e i partecipanti saranno chiamati a portare le proprie esperienze professionali. Il corso è rivolto a indipendenti, rappresentanti ma anche ai collaboratori attivi nella vendita interna di tutta la comunicazione. Nei due incontri previsti, ogni partecipante porterà alcune proprie offerte, che verranno discusse e analizzate e verranno elaborati consigli in modo da presentare non solo un’offerta, bensì voi stessi, la vostra attività e soprattutto la vostra professionalità. Il docente, Stefano Gazzaniga vicedirettore di viscom Svizzera, responsab<strong>il</strong>e dei settori innovazione, management e ambiente, si occupa della formazione in Ticino. (Giovanni Valerio) La lista dei corsi Helias e i formulari di iscrizione si trovano al sito helias.ch © F<strong>il</strong>mcoopi Molestie sessuali, zona grigia Nina non vuole dipendere da nessuno. Ha una bambina frutto di una relazione di pochi mesi, terminata prima che scoprisse di essere incinta, e un compagno presente ma un po’ immaturo. Il curriculum perfetto per cercare lavoro presso la prestigiosa clinica per anziani “Baratta” gestita da religiosi: sì, perché oltre la cortina del perbenismo, l’Istituto conserva un turpe segreto. Al direttore piace andare a letto con le sue dipendenti, soprattutto se sono carine e sole come Nina (interpretata da un’intensa Cristiana Capotondi), la quale una sera viene convocata nel suo ufficio e subisce insistenti avance sessuali. Questa, in breve, la trama di “Nome di donna”, <strong>il</strong> nuovo f<strong>il</strong>m di Marco Tullio Giordana, che è riuscito ad affrontare un tema attualissimo, quello delle molestie sul luogo di lavoro. Il direttore non stupra, non obbliga le dipendenti ad un rapporto sessuale al di là della loro volontà, semplicemente propone e assegna promozioni in base alla maggiore o minore disponib<strong>il</strong>ità delle sottoposte. “Nome di donna” indaga su una zona grigia attorno alla quale occorre ancora riflettere, su una realtà che si tende ancora ad accettare passivamente come “normale”, e che invece è <strong>il</strong>legale. La prepotenza può essere morbida come <strong>il</strong> velluto, affettata, e in questo caso lo è. Ma Nina ha lo sguardo fiero e anche se ha paura, anche se non ce la fa ad affrontare da sola le alleanze masch<strong>il</strong>i del direttore sostenute da quelle femmin<strong>il</strong>i, contatta un sindacato e inizia a lottare come una leonessa. Porterà <strong>il</strong> direttore e i suoi amici in Tribunale. Magistrale la regia di Marco Tullio Giordana, che affida molto agli sguardi e ai s<strong>il</strong>enzi, riuscendo a lavorare la paura come se fosse plast<strong>il</strong>ina. La frase da incollare di fronte al letto? “Vincerai tu. E sai perché? Perché hai ragione”. (Laura Di Corcia) ”Nome di donna”, di Marco Tullio Giordana, nelle sale della Svizzera italiana Una Posta da rinazionalizzare “Fu l’inizio di un cambiamento nefasto, l’inizio della fine di un’azienda attenta allo sv<strong>il</strong>uppo economico e sociale, alla riduzione delle disuguaglianze, nonché al trattamento equo degli abitanti del <strong>nostro</strong> paese, indipendentemente dal luogo di domic<strong>il</strong>io”. L’inizio citato da Graziano Pestoni nel suo brioso libro sulla privatizzazione della Posta è <strong>il</strong> 1997. In quell’anno la Posta svizzera cessò di essere un servizio pubblico e divenne un’azienda come le altre. Fu l’inizio della fine. Pestoni spiega come si è arrivati a questa scelta e quali sono state le conseguenze. I settori redditizi, come le telecomunicazioni o la consegna dei pacchi nelle zone urbane, furono privatizzati o liberalizzati. Mentre i servizi deficitari, come la consegna nelle zone periferiche, furono lasciate alla Posta alla quale, però, fu imposto di realizzare ut<strong>il</strong>i. Una scelta presa in maniera autonoma dai nostri rappresentanti politici impregnati (e inf<strong>il</strong>trati) dal dogma neo-liberale. Il libro spiega come si è arrivati a questa situazione che, nel corso degli anni, ha poi trasformato la nostra Posta nell’antipatica società anonima che conosciamo oggi. Perché quelle scelte politiche hanno avuto un impatto sul servizio pubblico e sulle condizioni di lavoro. Oggi la Posta è quell’azienda che per adempiere al suo mandato di fare ut<strong>il</strong>i ha truccato i conti a danno della stessa collettività che ne detiene pur sempre la proprietà (vedi scandalo CarPostal). Il libro di Graziano Pestoni arriva così al momento giusto. Al momento in cui occorre riflettere su un cambio di rotta. Un cambiamento che, seguendo l’autore, possiamo riassumere con una parola: ri-nazionalizzazione. (Federico Franchini) Graziano Pestoni, La privatizzazione della Posta svizzera, 15.- CHF (10.- soci <strong>syndicom</strong>)
1000 parole La matita di Ruedi Widmer 27