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Rivista Febbraio 2020

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La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074


Un connubio di gusto, stile ed eleganza

nella magica cornice del

Piazzale Michelangelo

Ristorante La Loggia

Piazzale Michelangelo 1 50125 Firenze

+ 39 055 2342832

www.ristorantelaloggia.it

Le opere del maestro Onofrio Pepe

in mostra al ristorante La Loggia



Sommario febbraio 2020

I quadri del mese

Silvia Baldacci, Crocifissione, olio su tela, cm 50x70

balda.ia.72@gmail.com

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Un ricordo di Leonardo Ricci, pioniere dell’architettura organica a Firenze

Archivio Alinari: 150 anni di storia oggi patrimonio della Regione Toscana

Tradizione e tecnologia nelle opere dell'artista cinese He Sien

Jorge Humberto Goncalves Romero: l’essenza della vita in pittura

Gabriel Diana, pilastro dell’arte contemporanea in Corsica

Benessere della persona: come proteggere mani e labbra dal freddo

Leda Giannoni, 30 anni di pittura in mostra al Palazzo del Pegaso

Dimensione salute: l’aderenza terapeutica negli anziani

Psicologia oggi: quando la delusione diventa malattia

Simone Sabatini, narratore di storie con la fotografia

Alle origini della street photography con Jack Birns

La donazione Carlo Palli all’Accademia delle Arti del Disegno

La 29^ edizione del Premio Bel San Giovanni in Palazzo Vecchio

Le insegne medicee “rivivono” con l’arte orafa del maestro Penko

Al Florence Dance Center, la personale di Maria Rita Vita

A San Pietroburgo, la grande mostra dedicata ad Andrea Stella

Francis Boott, compositore americano a Firenze

A Pistoia, la casa museo del pittore e incisore Sigfrido Bartolini

Non mollare Caterina: il romanzo “a tinte forti” di Renato Campinoti

Gianna Nannini all’Artemio Franchi per presentare il tour 2020

Storia delle religioni: il sacramento dell’eucaristia

India: colori, tradizioni e spiritualità di una cultura millenaria

Intervista ad Alessia Carovani, direttore del Teatrodante Carlo Monni

Aep Ticketing Solutions: gli ideatori del sistema cashless per i trasporti pubblici

Alla Soffitta di Sesto, le “divine” sculture di Giorgio Butini

Le iene, il capolavoro avantpop di Quentin Tarantino

Le opere tridimensionali di Giancarlo Botti in mostra a Montevarchi

Arte del Vino: Podere Conca, il nuovo Bolgheri

La Loggia del Piazzale Michelangelo: qualità e gusto in cucina

Lettera ad Alfredo Martini, indimenticato ct della Nazionale di ciclismo

Figurazione 3000: i nuovi “pittori della realtà” a Firenze

La joint venture di China 2000 srl per investire sul turismo cinese

L’Azerbaijan protagonista al World Forum della Fondazione Romualdo Del Bianco

Cucina e proprietà industriale: la tutela giuridica del Food

B&B Hotels Road Trip: in giro per Ferrara, città della bicicletta

Arte e cibo per nutrire lo spirito ed il corpo

Umami, il quinto elemento del gusto

Tiziana Caserta, attrice e cabarettista per vocazione

Vincenzo Cirillo, Mezzaluna, olio su tela, cm 40x50

grillouno@virgilio.it

La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074

In copertina:

Interno di Santa Maria della Pietà (Opera

Francescana della Pietà, Campi Bisenzio)

progettato dall'architetto Marzio Cecchi;

foto Maria Grazia Dainelli

Periodico di attualità, arte e cultura

La Nuova Toscana Edizioni

di Fabrizio Borghini

Viale F. Redi 75 - 50144 Firenze

Tel. 333 3196324

lanuovatoscanaedizioni@gmail.com

lanuovatoscanaedizioni@pec.it

Registrazione Tribunale di Firenze

n. 6072 del 12-01-2018

Iscriz. Roc. n. 30907 del 30-01-2018

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Anno 3 - Numero 2

Febbraio 2020

Poste Italiane SpA

Spedizione in Abbonamento Postale D.L.

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art.1 comma 1 C1/FI/0074

Direttore responsabile:

Daniela Pronestì

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Capo redattore:

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La Toscana nuova - Periodico di attualità,

arte e cultura

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Testi:

Cristina Acidini

Stefano Bandinelli

Laura Belli

Paolo Bini

Margherita Blonska Ciardi

Laura Bonechi

Doretta Boretti

Fabrizio Borghini

Lorenzo Borghini

Beatrice Botticelli

Erika Bresci

Jacopo Chiostri

Nicola Crisci

Paola Curradi

Maria Grazia Dainelli

Massimo De Francesco

Aldo Fittante

Serena Gelli

Stefano Grifoni

Stefania Macrì

Emanuela Muriana

Lucia Petraroli

Elena Maria Petrini

Antonio Pieri

Daniela Pronestì

Valter Quagliarotti

Barbara Santoro

Gaia Simonetti

Michele Taccetti

Francesca Vivaldi

Foto:

Adriano Bartolozzi

Paolo Bini

Jack Birns

Margherita Blonska Ciardi

Paola Curradi

Maria Grazia Dainelli

Corinna Del Bianco

Gerald Jenkins

Maurizio Mattei

Carlo Midollini

Alessandro Morandi

Viola Petri

Simone Sabatini

Savin Scherer

Silvano Silvia

Dario Turchi

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1° Marzo 2020

Ottantesimo compleanno dell’architetto Marzio Cecchi

Dopo la realizzazione della Casa di riposo francescana a Campi Bisenzio, Demarista, sua fondatrice, fece costruire

una cappella per la preghiera. Una mattina, fece chiamare Marzio perché, come ebbe a dire, la notte il Padre

(intendeva Padre Pio oggi San Pio), le aveva suggerito di non mettere “Nostro Signore in uno stanzone da telai” ma

di chiamare Marzio per avere un luogo degno, e Marzio rispose di sì. Per prima cosa, fece aprire una grande porta

verso l'esterno per far diventare la cappella una vera e propria chiesa. Poi, iniziò la progettazione, la scelta dei

marmi e contattò degli abilissimi artisti come Piero Tredici per dipingere gli Evangelisti e Burchiellaro per le cornici

ed il portone. Gli intarsi dei marmi per il corridoio centrale furono un enorme lavoro, così come l’increbile mosaico

dell’abside. Il 5 gennaio del 1989 si consacrava Santa Maria della Pietà con una splendida e commovente cerimonia

celebrata dal cardinale di Firenze e quaranta sacerdoti. Il 5 gennaio 1990, ad un anno di distanza , si celebrava

il funerale dell'architetto Marzio

Cecchi, morto per un terribile incidente

a New York mentre viaggiava

su un taxi la notte dell'ultimo

dell'anno. Questa è stata la sua

ultima opera importante, a coronamento

di un'intensa, ricchissima

carriera iniziata appena

iscritto alla Facoltà di Architettura

e continuata con un susseguirsi di

opere sempre più grandi e prestigiose,

dalle prime di Campi, Prato

e Firenze fino a Roma, Milano,

Bologna e via via in tutto il mondo

da Amsterdam a Johannesburg,

da Tokyo a New York, ma sempre

rimanendo legato alle sue origini.

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I maestri dell'

architettura

Leonardo Ricci

Un ricordo del massimo esponente italiano dell’architettura organica

Testo e foto di Margherita Blonska Ciardi

Sono entrata in contatto con lo studio

dei celebri architetti Leonardo

e Andrea Ricci in maniera casuale.

Essendomi trasferita alla Facoltà

di Architettura dell’Ateneo fiorentino

con una borsa di studio del Politecnico

di Breslavia in Polonia, non disponevo

ancora di un tecnigrafo, indispensabile

a quei tempi per elaborare un progetto

architettonico. Non sapevo davvero

come fare perché all'epoca non potevo

permettermi di comprare un’attrezzatura

così costosa. Sparsi la voce fra i

miei conoscenti e un amico che lavorava

con l'architetto Andrea Ricci − figlio

di Leonardo nonché responsabile dello

studio − mi offrì una soluzione. «Da domani

− mi disse − puoi venire allo studio

di Leonardo e Andrea per lavorare

al tecnigrafo, tanto il titolare è spesso

in America per insegnare e quindi non

ci sono problemi; se ti servisse qualche

consiglio puoi contare su di noi». Ringraziai

il mio amico e il pomeriggio successivo

presi l'autobus per andare in

via Monterinaldi, una traversa di via Bolognese.

Essendo arrivata a Firenze da

poco tempo, non conoscevo l'importanza

del luogo dove mi stavo recando.

Davanti a me una strada ripida costeggiata

da muretti in cemento e pietra locale

che delimitavano la scarpata e la

In questa e nelle altre foto, vedute d'insieme e dettagli dello studio Ricci a Monterinaldi

selvaggia vegetazione mediterranea: ginestre,

agavi e fichi d'India da cui proveniva

un profumo delizioso. La strada

era alberata da pini maestosi e cipressi.

Salendo, notai che da un lato della spalletta

si vedeva un bellissimo scorcio

della collina di Fiesole. La parte opposta

della stradina era costeggiata da costruzioni

molto particolari, realizzate

con l’alternanza di piani terra in pietra

e piani superiori a sbalzo in cemento.

La linea fluida delle facciate

seguiva come un antico

terrazzamento le linee di livello,

adattandosi alla natura intorno.

Ogni proprietà abitativa era diversa

dall’altra, pur non essendoci

una netta divisione tra di

esse. Gli spazi fluivano uniti, lasciando

posto solo alle vetrate

irregolari e alle particolari feritoie

nelle parti murarie in pietra.

Le abitazioni erano congiunte

tra di loro da diversi elementi

come terrazze, scale, rampe e

muretti per le piante. La stessa

unione si percepiva fra case

e ambiente circostante, dato

che sia le fondamenta che alcune pareti

erano state costruite sfruttando la

conformazione rocciosa della zona. Le

finestre a nastro delle facciate si aprivano

sulla collina formando anch’esse un

elemento di coesione orizzontale. Camminando

lungo la via, notai la presenza

di laboratori di ceramica e pittura: l’arte

si respirava nell’aria. Capì, allora, perché

i fiorentini chiamavano questa zona

il “villaggio dei marziani”, essendo un

luogo davvero unico. Finalmente, dopo

una stretta curva, arrivai a destinazione.

A sinistra della scarpata si trovava

lo studio. La costruzione aveva chiari

riferimenti all'architettura organica di

Frank Lloyd Wright che Leonardo Ricci

aveva conosciuto a Palazzo Strozzi nel

1951 in occasione di una mostra dedicata

al celebre architetto americano. Tra

loro nacque subito una reciproca stima

professionale. Leonardo Ricci, allievo,

assistente e collaboratore di Giovanni

Michelucci, s’interessò allo stile organico

di Wright. Andò in USA per studiare

da vicino il progetto di Fallingwater

e le Prairie Houses in Arizona. Si recava

spesso negli Stati Uniti per vedere le

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LEONARDO RICCI


costruzioni del collega americano, fino

a quando, diventato un esperto di architettura

organica, la importò in Italia.

Nel complesso di via Monterinaldi, il

grande architetto fiorentino mise in pratica

le sue teorie sull’architettura intesa

come elemento di connessione tra

interno ed esterno, tra casa e paesaggio

intorno. «Dobbiamo difenderci dalla

vita − affermava Ricci − facendo comunità,

riorganizzando le esistenze attraverso

spazi che, invece di separarci,

ci mettano in condizione di ritrovare i

valori della solidarietà, dell’amicizia e

della collaborazione». Nell'isolato della

collina di via Bolognese questo concetto

di “spazio fluido” prende forma:

l'uomo convive con la natura; fauna e

flora fanno parte dell'ambiente e la piscina,

che costeggia la facciata principale

dello studio, diventa un elemento

naturalistico in quanto, essendo priva

di cloro, svolge la funzione di stagno

per vari pesci. La vegetazione autoctona

fiorisce con vigore in ogni angolo

del giardino. Anche l'interno dello

studio prevede grandi spazi aperti sviluppati

su due livelli comunicanti tramite

una scala priva di balaustre; lungo

la rampa sono appesi dei quadri. Il tecnigrafo

di Ricci, sul quale potei lavorare,

si trovava al primo piano, davanti ad

una grande vetrata verticale dalla quale

all'imbrunire potevo ammirare le luci

di Fiesole. In assenza di Leonardo, era

il figlio Andrea a occuparsi dello studio,

insieme ad un’equipe di ingegneri, ad

un geometra e a Patrizia Toury, giovane

architetto parigino con la quale feci

subito amicizia. Accoglievano tirocinanti

di paesi diversi, soprattutto America

e Francia. Quando Leonardo rientrava

dagli USA, c’era grande fermento nello

studio perché tutti temevano il giudizio

del grande architetto; si discuteva,

si scambiavano idee, ma l’ultima parola

spettava sempre a lui. Nel suo pensiero,

l’architettura era una forma d’arte

e l’arte doveva integrarsi con l’architettura;

per questo sulla facciata dello

studio domina un mosaico da lui realizzato,

mentre il terrazzo è decorato da

sculture in bronzo. Nonostante la mia

permanenza nello studio sia stata breve,

questo incontro mi ha lasciato una

forte impronta. Ho capito tre cose fondamentali.

La prima che bisogna vivere

il mestiere con passione. La seconda

che non esistono confini fra le diverse

discipline artistiche: quando pittura

e scultura si fondono con l’architettura

diventano un unico corpo tridimensionale,

un’opera vivente sempre pronta a

crescere e modificarsi in base alle esigenze.

La terza è l'integrazione fra l’interno

e il paesaggio circostante. La casa

intesa come “scatola” da Le Colbusier

viene distrutta insieme ai suoi standard

distributivi. Leonardo Ricci ha proposto

un nuovo rivoluzionario concetto di

progettazione, traducendo l'ispirazione

architettonica in chiave esistenziale - filosofica;

lo spazio è un luogo fluido che

racchiude i percorsi e le relazioni della

nostra vita. Secondo Ricci, è necessaria

un’integrazione fra i confini abitativi

attraverso la creazione di spazi

comuni e la coesistenza simbiotica

con la natura. La mia breve esperienza

allo studio Ricci mi ha consentito

di ottenere il massimo dei voti e

la lode agli esami di progettazione,

ma sopratutto mi ha permesso di capire

l'importanza della relazione tra

uomo e natura. Purtroppo, nonostante

il geniale stile organico da lui

elaborato, non era facile trovare in

Italia committenti pronti a sperimentare

qualcosa di nuovo. Leonardo

raccontò che dovette comprare i terreni

di via Monterinaldi per poi lottizzarli,

rivendendoli successivamente

a prezzi contenuti con i progetti già

approvati. Era l’unico modo per realizzare

uno spazio urbanisticamente

omogeneo ed esprimere appieno il proprio

stile. Questo a conferma di quanto

sia complesso il lavoro dell’architetto

che oltre ad essere un bravo progettista

deve avere anche capacità manageriali.

I tempi di realizzazione di un progetto

sono molto lunghi e spesso il lavoro

rimane sulla carta in attesa del momento

favorevole per attuarlo. Lo dimostra

la costruzione del Palazzo di Giustizia

avvenuta solo dopo tanti anni dalla

scomparsa di Leonardo Ricci e con

molte modifiche del progetto originale.

Le “case dei marziani” costruite in via

Monterinaldi rimangono un manifesto e

una testimonianza dell'architettura organica

italiana e del patrimonio culturale

di Firenze.

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LEONARDO RICCI

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Musei e Fondazioni

in Toscana

Fondo fotografico Alinari

Composto da oltre cinque milioni di immagini sulla storia italiana tra

Ottocento e Novecento, è stato acquisito dalla Regione Toscana

Avrà sede nel costituendo museo a Villa Fabbricotti

di Barbara Santoro

Dal 19 dicembre 2019, l'archivio

fotografico Alinari è entrato a

far parte del patrimonio regionale

toscano. Si è così felicemente concluso

il percorso per l'acquisto da parte

della Regione Toscana del patrimonio

Alinari, uno dei più grandi archivi fotografici

al mondo, testimonianza unica

della cultura, dell'arte, del paesaggio e

della moda italiana fra la seconda metà

dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.

A dare la notizia, durante un

incontro a Palazzo Strozzi Sacrati, sono

stati il presidente della Regione Toscana

Enrico Rossi, la vice presidente

Monica Barni, Claudio De Polo, il presidente

della Società Fratelli Alinari e

Luigi Tomassini, presidente onorario

della Società italiana per lo studio della

fotografia. Sarà Villa Fabbricotti ad

accogliere la raccolta dopo i necessari

lavori di ristrutturazione. Per gestire il

patrimonio Alinari, garantirne la custodia,

la corretta conservazione e la pubblica

fruizione sarà necessario un piano

di modifiche al palazzo che fino ad ora

è stato sede di uffici. Edificata nel Trecento

come residenza dei Buoninsegni,

Villa Fabbricotti fu più tardi trasformata

in casino di caccia dalla famiglia Strozzi

che visse qui per tre secoli. Giuseppe

Fabbricotti acquistò la villa (chiamata

anche Arcipressi) nel 1864 e chiese

agli architetti Vincenzo Micheli e

Antonio Cipolla di trasformarla in una

lussuosa residenza. Con molta probabilità,

il giardino fu progettato da Giuseppe

Poggi, anche se non confermato

dai documenti. Qui hanno soggiornato

Elisa Baciocchi, la regina Vittoria d'Inghilterra

e Paolina Bonaparte. Lo Stato

acquistò la villa nel 1935 destinandola

alla GIL. Dopo un lungo contenzioso legale,

è entrata a far parte del patrimonio

regionale ed è stata data in concessione

al Comune di Firenze che ne ha spesso

cambiato la destinazione d’uso. Una dimora

degna di accogliere il Fondo Alinari

che, fra le sue stanze, continuerà a

vivere e ad essere visibile al mondo con

i suoi cinque milioni di magnifiche foto.

Villa Fabbricotti

FONDO FOTOGRAFICO ALINARI

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Ritratti

d’artista

He Sien

Tradizione e tecnologia nelle opere dell’artista cinese

insignito lo scorso dicembre a Firenze del premio Fiorino

d’oro per la grafica

di Margherita Blonska Ciardi / foto courtesy dell'artista

Memories of Tuscany (2016), tecnica mista, colori vegetali, inchiostro

cinese su carta fatta a mano, cm 50x65

La carriera di He Sien, artista, fotografo

e docente d’arte all’Università

Normale di Chengdu

(Sichuan), conta molte mostre in Toscana.

Nel 2009 ha partecipato alla

Biennale di Arte Contemporanea di Firenze.

L'anno successivo ha preso parte

all’evento Art & Integration presso

il Museo civico di scultura Libero Andreotti

a Pescia (Pistoia), dove per la

prima volta si è parlato di integrazione

culturale attraverso le arti visive.

Proprio in una delle edizioni di Art&Integration,

gli è stato assegnato il secondo

premio per aver affrontato nelle

sue opere le problematiche ambientali

legate al riciclaggio dei rifiuti in plastica.

Sempre per lo stesso tema, ha

vinto un premio speciale alla Biennale

d'Arte di Ismir, in Turchia. Artisticamente

si è formato a Chengdu,

Pechino e all'Università statale

di New York. Terminati gli studi,

ha viaggiato molto ed ha esposto

in tutto il mondo, facendo

spesso tappa nell’amata Toscana.

Ha partecipato a tutte le edizioni

di Vin Art a Montecarlo di

Lucca (Fortezza Medievale) e

nel 2019 è stato insignito a Firenze

del premio Fiorino d’oro

per la grafica. Fotografo e artista

eclettico, ha raggiunto soprattutto

nell'arte grafica uno stile

davvero singolare che unisce la

tradizione litografica cinese alle

nuove tecnologie di stampa e alla

fotografia. L'ambiente e i mali

della società contemporanea

sono temi spesso presenti nelle

sue opere, dove

il processo di esecuzione

è importante quanto

il quadro finito. Prima di

dipingere, l’artista analizza

tradizioni e natura

del posto rappresentato

per fondere nell'opera

cultura e paesaggio. Il

suo obiettivo è catturare

l’attimo e far capire al

pubblico quanto importante

sia gioire del fatto

di essere vivi e di poter

riconoscere la bellezza

nascosta anche fra le

cose più brutte e insignificanti.

Questa, infatti, è

la funzione dell'arte secondo

He Sien: «La vera

arte - afferma - deve far

vedere il bello dove nessuno

lo nota e rivelare le

verità nascoste». Atten-

He Sien

to osservatore della società contemporanea,

egli ritiene che le differenze

culturali siano una ricchezza che fornisce

all’artista molteplici spunti creativi.

Parallelamente, denuncia la globalizzazione

di massa e la frenetica evoluzione

tecnologica perché cancellano la

tradizione e le antiche usanze da cui dipendono

le differenze tra i popoli. Nella

corsa al progresso, l'uomo è sempre

più nevrotico e solo perchè non riesce

a tenere il passo di ritmi troppo frenetici;

secondo He Sien stiamo perdendo

la qualità della nostra vita quotidiana.

Le sue opere seguono principi ben stabiliti

nella scelta della composizione e

nell'accostamento di cromatismi che

trasmettono un senso di felicità, calore

e armonia con la natura. Ricollegando

la tradizione antica con il moderno,

l’artista vuole colmare il bisogno della

società contemporanea di ritrovare la

pace interiore e con l’ambiente.

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HE SIEN


Ritratti

d’artista

Jorge Humberto Goncalves Romero

L'essenza della vita umana nelle opere dell’artista venezuelano

di Margherita Blonska Ciardi

Jorge Humberto Goncalves Romero,

artista venezuelano nato a Caracas,

vive e lavora a Vienna. Le

sue prime opere riflettono una visione

libera della pittura, dove uomo e natura

simboleggiano l’approccio alla vita. L'amore

per la terra, la fauna e la flora riflette

la sua anima sudamericana. Con

tratti forti di vernice stratificata come

in un bassorilievo, applica colori contrastanti

al posto del chiaroscuro con

grandi spatolate che ricordano quelle di

Pasqual Navarro. La prima serie di opere

rappresenta la figura dell’albero per

sottolineare il rapporto primordiale con

la natura; secondo l'artista, infatti, uomo

ed ambiente sono connessi come

cellule dello stesso organismo. In seguito

al suo trasferimento in Europa,

sperimenta sulla propria pelle l'emarginazione

e il faticoso processo d’integrazione

nella società borghese. Riesce ad

affermarsi grazie allo studio e al suo

talento ma anche per merito dei sacrifici

fatti dalla sua famiglia. Un’esperienza

che segna il suo percorso artistico,

spingendolo a dedicarsi alle problematiche

sociali e a raccontare la solitudine

e l’isolamento cui l'uomo va incontro

nelle metropoli contemporanee (Urban

Walkers). Allo stesso tempo, conserva

il distacco del narratore per poter avere

qualcosa di nuovo da rivelare. Gli ultimi

lavori affrontano le tematiche dell'eros

e della danza, in cui l’artista riflettere

sull’origine dell’uomo. Attraverso le

opere dedicate al sesso, come ad esempio

Barlovento, mette in risalto i nostri

istinti animali, il desiderio e i sensi primordiali.

Nell'opera Dancing in Orange

emerge la nostra parte più effimera

per riconnetterci con il Creato che, secondo

l'artista, può essere celebrato

attraverso l'arte e la danza. Quest’ultima

è rappresentata nell'opera Ethereal

Women, dove una ballerina raggiun-

ge lo stato di estasi attraverso il ritmo

e la musica che la isolano dalla realtà

circostante; danzare diventa così un

modo per liberarci dai tutti i preconcetti

del nostro inconscio. L’artista vuole

dirci che, sperimentando il misticismo

connesso alla danza, possiamo riscoprire

noi stessi e avvicinarci a Dio, come

avveniva nelle antiche pratiche degli

sciamani e nelle confraternite islamiche

dei dervisci che usavano la danza come

mezzo per innalzare la propria spiritualità.

La sua impronta stilistica, che

unisce l’espressionismo informale ed

astratto alle influenze dell'arte africana

e all'arte urbana dei graffiti, si fonda su

pochi colori puri. Di recente, l'artista ha

esposto nell'ambito dell’evento internazionale

Aqvart patrocinato dal Comune

di Venezia, ha preso parte alla Biennale

di Milano e nel mese di febbraio esporrà

a Roma in un evento dedicato all'attore

Dario Fo.

Barlovento, serie II

Dancing in Orange

JORGE HUMBERTO GONCALVES ROMERO

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Musei nel

mondo

Gabriel Diana

Fondatore del Dian’Arte Museum in Corsica, lo scultore e pittore di

origine toscana conosciuto a livello internazionale, è considerato

un pilastro dell’arte contemporanea nell’isola francese

di Fabrizio Borghini / foto courtesy dell’artista

In compagnia dello scrittore Marie-Jean Vinciguerra

Gabriel Diana è un cittadino del

mondo. Orbetellano di nascita

emigrato in Corsica in tenera

età, si è laureato in Ingegneria a

Milano per poi abbandonare la professione

e diventare un artista di successo.

All’origine di questa “metamorfosi”,

una scelta dettata anche da un tragico

evento, come lui stesso spiega: «La vocazione

all’arte era dentro di me, ma

più di tutto mi ha convinto a cambiare

vita la morte di mio figlio». Oggi, a 77

anni, è considerato un pilastro dell’arte

contemporanea in Corsica. La sua

vita è guidata dalla passione e da una

creatività senza confini. Si dedica tanto

alla pittura quanto alla scultura, essendo

impossibile per lui preferire una

disciplina all’altra. «Anche se la parola

“fabbricante " non mi piace molto

− afferma − ritengo di essere un

fabbricante di emozioni, delle quali io

per primo mi nutro per poi trasferirle

nell’opera». Un percorso espressivo

che negli anni ha visto pittura e scultura

fondersi in un linguaggio ibrido: «Poco

a poco il tridimensionale ha preso il sopravvento

sulla rappresentazione piatta

e senza rilievo della pittura, ed anche su

i miei quadri ho iniziato a inserire elementi

scultorei in bronzo. Il rapporto

sensuale con la materia è diventato per

me indispensabile». Artista prolifico, ha

prodotto centinaia di lavori collocati in

collezioni private, musei e fondazioni.

Nel 2005, è stato insignito del cavalierato

della Repubblica Italiana dal presidente

Carlo Azeglio Ciampi e nel 2019

dell’importante riconoscimento Arts &

Lettres. «Non ho mai rincorso questi

onori che mi sono piombati addosso,

uno dopo l’altro, come un fulmine a ciel

sereno. E’ stata una piacevole sorpresa,

un riconoscimento ai tanti anni di

lavoro e un motivo in più per continuare».

Sulle ragioni che l’hanno portato a

Gabriel Diana

fondare nel 2009 il Dian’Arte Museum,

spiega: «Inizialmente il mio atelier era

attiguo alla casa in cui vivo; non c’era

più alcuna distinzione tra i due luoghi,

a discapito dell’intimità familiare.

Per questo motivo, ho deciso di trovare

uno spazio di lavoro lontano dalla

mia abitazione. Ed essendo molte le

opere accumulate nel tempo, ho pensa-

Nell'atelier parigino dell'amico artista Alain Bonnefoit

Con la vice presidente della Cultura al Senato e il presidente della Regione Corsica

durante la consegna all'artista dell'onorificenza Arts & Lettres

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GABRIEL DIANA


to che fosse opportuno renderle visibili

al pubblico, proprio come si fa in un

museo, e così è stato». Inevitabile chiedersi

se sia possibile vivere di sola arte

in un’isola di ridotte dimensioni come

la Corsica; la risposta del maestro fuga

ogni dubbio: «Certo che si può, in

Corsica come altrove, la ricetta è molto

semplice. Basta che la professionalità

vinca sul dilettantismo. In arte la

passione non basta: sono necessarie

ottime basi teorico - pratiche e apertura

mentale, caratteristiche che troppo

spesso mancano agli aspiranti artisti.

Molta volontà, un pizzico di creatività,

un indispensabile senso pratico e molto

impegno: il resto viene da solo. Tutti

sanno che non ci s’improvvisa medico,

notaio o avvocato, lo stesso vale

per l'artista». Anche riguardo alla situazione

dell’arte in Corsica, la risposta di

Gabriel Diana è senza appello: «Vivendo

su di “una roccia” popolata di soli

350000 abitanti e considerando l’isola

come il centro del mondo, molti artisti

tendono ad avere una mentalità ristretta,

e l’atteggiamento dei politici, troppo

spesso insensibili al bello, di certo

non aiuta. Direi anzi che la totale indifferenza

delle istituzioni spinge gli artisti

a chiudersi in se stessi, a non cooperare

tra di loro, avanzando critiche e manifestando

gelosia verso chi raggiunge

il successo. All’inizio della mia carriera,

appena tornato sull’isola, sono stato

accusato di essere un privilegiato.

Posso dire con orgoglio di non avere

mai avuto il minimo aiuto da parte delle

istituzioni. Devo solo a me stesso, al

mio impegno e alla volontà di crescere

il successo raggiunto. Le conoscenze

tecniche ed imprenditoriali acquisite

in Italia mi hanno permesso di impormi

e di farmi apprezzare a livello internazionale.

Essere un artista conosciuto e

rimanere libero non è facile, mi è costato

molti sacrifici, ma non me ne pento,

anzi ne vado fiero. Ho messo tutto me

stesso e la mia anima nell’arte, vivendo

ogni giorno come se fosse l’ultimo e facendo

progetti come se fossi eterno».

Parole coraggiose e piene di forza che

si addicono a chi, come lui, crede fermamente

nel potere salvifico dell’arte.

DIAN’Arte Museum

5992, Route des Marines de Borgo

F - 20290 BORGO

+33 (0)669240110

www.gabriel-diana.com

La scultura Moro corso al Dian’Arte Museum

Quadro in paglia e bronzo realizzato in collaborazione

con l’artista francese Dominique Beniza

Tetraedro, bronzo

Un quadro della serie Full Metal Painting con sculture di bronzo incorporate

Vista notturna del giardino del Dian'Arte Museum

GABRIEL DIANA

13


Cosmetici Naturali e Biologici per il Benessere

Protect your skin from the cold

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Tel. 055.4494083 |info@ideatoscana.it | www.ideatoscana.it


A cura di

Antonio Pieri

Benessere e cura

della persona

Sos freddo

Come proteggere mani e labbra

di Antonio Pieri

Le basse temperature di questi

mesi non sono certamente

le migliori amiche della nostra

pelle, ancora peggio quando il clima fa

qualche capriccio e l’inverno prima cede

a temperature primaverili e poi, come è

giusto che sia, le temperature scendono

repentinamente anche sotto lo zero.

Questi sbalzi termici sono “micidiali”

per la pelle e soprattutto per le parti

più esposte, come labbra e mani. Occorre

quindi prevenire per evitare secchezze,

screpolature e micro tagli della

cute dovuti alla scarsa idratazione. Ma

perché con il freddo la pelle si secca? In

inverno, per evitare la dispersione di calore,

l’organismo ricorre al processo di

vasocostrizione: i vasi sanguigni si restringono

in modo da far affluire meno

sangue (e quindi meno calore) nelle

parti esterne del corpo. Il fine è far funzionare

al meglio di organi vitali interni,

lasciando però con meno sangue

e meno nutrimento le parti più esterne.

Tutto questo provoca arrossamenti,

screpolature e, nei casi più estremi,

tagli e ragadi, fenomeni fastidiosi, dolorosi

e antiestetici. La soluzione è tenere

sempre ben idratata la pelle e soprattutto

le parti più esposte a questo problema

(mani e labbra) con una crema

idratante e un buon burro labbra. Però

non tutti i prodotti vanno bene: infatti, la

maggior parte di quelli che troviamo in

commercio contengono agenti chimici

che aggrediscono la pelle e risolvono il

problema solo a livello superficiale. Per

questo motivo dovremmo prediligere

prodotti naturali e vegetali privi di ingredienti

di origine sintetica, che nutrono e

idratano la pelle in profondità. Fra i migliori

ingredienti che aiutano l’idratazione

della pelle sono da evidenziare l’olio

extravergine di oliva e gli oli essenziali

di rosa damascena, canina e centifolia.

L’olio extravergine di oliva, ricco di

grassi polinsaturi e monoinsaturi, po-

lifenoli, tocoferoli e vitamina E, riesce

a nutrire in modo ottimale la pelle e di

conseguenza i prodotti formulati con

questo prezioso principio attivo donano

il necessario nutrimento per ricostruire

il naturale film idrolipidico superficiale,

utile per la difesa dalle aggressioni

esterne e soprattutto dal freddo. Gli oli

essenziali alla rosa, nello specifico rosa

damascena, canina e centifolia, hanno

proprietà idratanti, rinfrescanti, lenitive

ed elasticizzanti che aiutano a prevenire

la secchezza della pelle e il suo invecchiamento.

Antonio

Pieri

Nato a Firenze nel 1962, Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda

il Forte srl e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici

naturali per il benessere secondo la più alta tradizione manifatturiera toscana

che hanno come principio attivo principale l’olio extravergine di oliva toscano IGP

biologico. Esperto di cosmesi, profumeria ed erboristeria, svolge anche consulenze

di marketing per primarie aziende del settore. Molto legato al territorio toscano e

alle sue eccellenze, è somellier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.

Per info:

antoniopieri@primaspremitura.it

Antonio Pieri

SOS FREDDO

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Firenze

Mostre

Leda Giannoni

Si è da poco conclusa al Palazzo del Pegaso la mostra

per i trent’anni di attività dell’artista toscana

di Jacopo Chiostri / foto Viola Petri e Dario Turchi

La pittura di Leda Giannoni ‘impone’

all’osservatore tre diversi

momenti: il primo è simile a

quella sensazione che proviamo quando

si accede ad un luogo sconosciuto nel

quale si avverte che ogni oggetto concorre

a delineare e a rivelarci con immediatezza

la persona che lo custodisce

della quale si avverte il soffio vitale; gli

altri due hanno a che fare con le peculiarietà

della sua pittura: la forza del colore,

il sapiente dosaggio cromatico, il segno

deciso e nello stesso tempo armonico e

duttile, la caratterizzazione emotivo-psicolgica

dei soggetti, siano essi le figlie o

la nipotina oppure personaggi universalmente

conosciuti oppure ancora scorci

della Toscana dipinti in una distaccata

bellezza che ben rappresenta il carattere

della sua gente. L’artista ha fatto della

pittura lo specchio della propria vita,

utilizzandone al meglio la potenzialità

evocativa: realizza immagini ricche di

una creatività raffinata e autoritaria nella

quale ciascuno degli elementi presenti è

funzionale a un’elaborazione del ricordo

sottoposta a una sintesi emozionale significativa,

sebbene controllata per il tramite

di una figurazione pittorica matura

che attesta una completa padronanza

della tecnica. La serie della “danza” con

le opere dedicate all’etoile suprema Carla

Fracci, i ritratti di personaggi illustri come

Riccardo Muti e Nureyev, i paesaggi,

i soggetti religiosi, il ritratto di Giovanni

Paolo II ora al Museo Civico Sciortino di

Monreale (Pa): è questo l’universo della

Giannoni. Nei ritratti oggettività e soggettività

si fondono in una sintesi che

non si presta ad equivoci interpretativi.

Sono raffigurazioni moderne che vanno

cioè oltre lo scopo di rappresentare la

persona ma chiamano in causa l’io interiore

della pittrice e le sue intenzioni artistiche;

poi, su tutto, domina la luce, che

irrompe trionfale nei dipinti, avvolgendo

figure e complementi, senza tuttavia ren-

Leda Giannoni

Due delle opere in mostra

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LEDA GIANNONI


Piazza d'Azeglio, olio su tela, cm 60x40

dere la rappresentazione scenografica

invadente oltre il dovuto. Pittura, quella

della Giannoni, moderatamente classica,

caratterizzata da un’esemplare coerenza

stilistica, di conseguenza pittura immediatamente

riconoscibile tanto che

avventurarsi nei suoi dipinti è un po’ come

mantenersi in equilibrio col poggiare

i palmi delle mani a muri che possiamo

anche aver dimenticato, ma che subito

tornano ad essere familiari. La rappresentazione

del paesaggio, le rigogliose

colline, gli scorci del Chianti rivelano una

Cavallo, creta e olio su tela, cm 40X80

costante ispirazione di tipo sentimentale.

Sono dipinti che si collocano in una zona

intermedia tra la pittura impressionista e

la macchia, ma il dato forse più interessante

della sua paesaggistica è la composizione

disinvolta che si accompagna

ad un altrettanto personale uso del colore.

Nata a Montecatini Terme, ma vissuta

sempre a Firenze, la Giannoni è figlia

di un noto ristoratore che, dopo gli inizi

in Val di Nievole, ha conosciuto un successo

andato oltre le mura cittadine con

un ristorante, Otello, divenuto negli anni

un indirizzo tra i più conosciuti dai bongustai

nazionali e non solo. Appassionata

di pittura fin da giovane, la Giannoni

ha avuto due maestri d’eccezione, Tiziano

Bonanni, oggi artista tra i più acclamati,

per la pittura, e Amalia Ciardi

Duprè per la scultura,

la terracotta e la ceramica;

la curiosità e l’intraprendenza

artistica

l’hanno portata a sperimentazioni

di vario genere,

ma il nucleo della

sua produzione è basato

sulle tecniche miste

(tra cui l'uso del gesso

e della sabbia) e sulla

classica pittura ad olio.

Molte le esposizioni

collettive e personali al

suo attivo: in anni recenti,

a Firenze, al Convitto

della Calza (2006), al San Giovanni

Battista con Volti e Immagini toscane

(2008), al Grand Hotel (2009), alla Galleria

Mentana (2009), all’Officina Profumo

Farmaceutica di Santa Maria Novella

(2010); nel 2011 ha esposto a Venezia

all’Hotel Amadeus per il premio biennale

Gondola d’oro, nel 2012 a Roma alla galleria

Il collezionista per il premio Artista

internazionale; ancora a Verona con Arte

è amore all’Itaca Gallery; a Parigi per il

premio internazionale Le Louvre; a Bruges

per la collettiva Città di Bruges; alla

fiorentina galleria Frosecchi con la serie

di opere sul tema della danza, con nucleo

centrale quelle dedicate alla Fracci.

ledagiannoni@gmail.com

www.ledagiannoni.com

Alcuni dei ritratti femminili esposti nell'antologica a Palazzo del Pegaso

LEDA GIANNONI

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Dimensione

Salute

A cura di

Stefano Grifoni

Gli anziani e le difficoltà di

aderenza alla terapia

di Stefano Grifoni

Ogni volta che una persona anziana

viene dimessa dall’ospedale,

si ritrova con due nuove

prescrizioni di medicine. Il risultato è

che si passa da una media di cinque

a ben sette farmaci da assumere ogni

giorno. Al crescere del numero di farmaci,

diminuirebbe fino al 70% l'aderenza

alle cure. La costanza e l'impegno

del paziente (47%), la sua motivazione

(40%) e la fiducia che ripone nel

proprio medico (38%) favorirebbero

l’aderenza alla terapia prescritta. Al

contrario, a compromettere l'aderenza

alla cura ci sarebbero il costo elevato

di certe terapie (40%), l'insorgenza di

effetti collaterali (38%) e lo scarso impegno

del paziente stesso (37%). Un

ulteriore disagio avrebbe origine dalla

sostituzione di un farmaco con un altro

con lo stesso principio attivo ma con un

nome diverso e confezionato in maniera

differente. Le patologie in cui i pazienti

aderiscono di più alle cure sono quelle

cardiovascolari, peggio per le malattie

respiratorie, poco per le malattie gastroenterologiche.

Programmi di supporto al paziente

Una strategia per migliorare il trattamento farmacologico nella terza età

di Daniela Pronestì

Il processo di invecchiamento rende

la cura degli anziani e in particolare

l’assunzione di farmaci un

compito impegnativo. La compresenza

nella terza età di più malattie croniche e

condizioni cliniche (le cosiddette “sindromi

geriatriche”) rappresenta una

sfida per il medico prescrittore, come

conferma l’alta percentuale di reazioni

avverse ai farmaci in questa fascia della

popolazione. Non va dimenticato che

spesso, a causa di deficit cognitivi o di

disabilità, le persone anziane non sono

in grado di assumere i farmaci prescritti.

Nel loro complesso, questi fattori influenzano

negativamente l’aderenza alla

prescrizione medica. Un problema che va

affrontato con un cambiamento comportamentale

da parte del paziente e soprattutto

con la semplificazione delle terapie

farmacologiche nei soggetti più anziani,

facilitando l’assunzione dei farmaci nel

caso della politerapia, riducendo le dosi,

mitigando gli effetti di una compromissione

visiva e motoria. Un sensibile

contributo a riguardo viene dai Patient

Support Programs, cioè Programmi

di Supporto ai Pazienti, un sistema

di servizi rivolti a semplificare la relazione

medico / paziente / terapia con

l’assistenza domiciliare, il supporto

psicologico di persona e online, i servizi

telematici. L’obiettivo è affiancare il

paziente in tutti gli stadi della malattia,

in modo da migliorare l’aderenza alla

terapia e la qualità della sua vita. Servizi

di PSP, diffusi negli ultimi decenni

in tutto il mondo, sono ormai una realtà

anche in Italia.

Stefano

Grifoni

Nato a Firenze nel 1954, Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del Pronto

Soccorso dell’Ospedale di Careggi e sempre presso la stessa struttura è direttore del Centro di Riferimento Regionale

Toscano per la Diagnosi e la Terapia d’Urgenza della Malattia Tromboembolica Venosa. Ha condotto numerosi

studi nel campo della medicina interna, della cardiologia, della malattie del SNC e delle malattie respiratorie e

nell’ambito della medicina di urgenza. Membro del consiglio Nazionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza,

è vice presidente dell’associazione per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per

Guglielmo e membro tecnico dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze. Ha pubblicato oltre 160

articoli su riviste nazionali e internazionali nel settore della medicina interna e della medicina di urgenza e numerosi testi

scientifici sullo stesso argomento. Da molti anni collabora con RAI TRE Regione Toscana nell’ambito di programmi

di medicina, con il quotidiano La Nazione e da tre anni tiene una trasmissione radiofonica quotidiana sulla salute.

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GLI ANZIANI


A cura di

Emanuela Muriana

Psicologia

oggi

Quando la delusione fa ammalare

di Emanuela Muriana

Il male che ci tormenta non

è nel luogo dove ci troviamo

ma è in noi stessi. Siamo sen- «za forze per sopportare una qualsiasi

contrarietà, incapaci di tollerare il dolore,

impotenti di gioire di cose piacevoli,

sempre scontenti di noi stessi».

Questo ci tramanda Seneca nel suo De

tranquillitate animi intorno al 50 d.c.,

una descrizione per niente diversa dal

racconto di un sofferente di adesso. E’

nell’interazione costante tra predisposizione

naturale ed esperienza che si

costituiscono le caratteristiche emozionali

di ognuno, ossia quello che comunemente

chiamiamo “sensibilità”.

La ricerca più avanzata conferma quello

che la sapienza più antica sosteneva

a proposito delle emozioni umane:

nulla esiste di fisiologico che non sia

anche psicologico e viceversa; nessun

fenomeno è puramente psicologico

in quanto produce inevitabilmente

alterazioni biologiche. Così ad alcune

persone “sensibili” capita di vivere

una delusione (personale, professionale,

sentimentale, ecc.) che segna una

frattura tra il prima e il dopo l’evento

inaspettato, qualcosa che rompe la

certezza rigida e spesso inconsapevole

di non essere più quello che si pensava

di essere. Inizia così un disfunzionale

processo di rilettura in negativo

a ritroso: tutte quelle che prima erano

state semplici

difficoltà, ora

vengono rilette come fallimenti, testimonianze

di incapacità che in una sorta

di trend negativo si susseguono senza

fine, diventando prova dell’incapacità

di autocorreggersi. Tutto avviene

in un laconico dialogo tra sé e sé che

non lascia scampo alla sentenza finale:

«Non sono quello che pensavo di essere».

Le valutazioni inappellabili sono

purtroppo sempre date in base ad azioni

concretamente avvenute. Un perfezionista

inconsapevole di correre su un

filo troppo alto che, una volta caduto,

non ha una rete da fornirgli un rimbalzo

sufficiente per ricominciare a camminare

sulla corda della vita. Non ha

perso la vita, peggio, ha perso la fiducia

in se stesso. L’agognato oblio è impossibile

e il peso del passato aumenta

punteggiato di ricordi negativi senza

concedere nulla a quelli positivi, piacevoli

o semplicemente cari. Il presente

viene percepito come immodificabile, il

futuro come impossibile. Ogni sconfitta

reale o presunta vale il doppio, ogni

successo non testimonia capacità: era

dovuto. In altre parole, dove non c’è

vittoria, c’è rinuncia. La rinuncia generalizzata,

che con virulenza attacca

la quotidianità, sigilla la condizione di

ostaggio di se stessi. Così l’illuso deluso

di sé scopre di essere portatore di

un’onnipotente credenza - e questo è

il rischio - “se voglio posso”, un peccato

di superbia, direbbe Dante che ai

superbi riservava l’Inferno e il Purgatorio.

Eccessiva autostima che occulta le

proprie debolezze, direbbero i monaci

Zen. Invalidante esito depressivo diciamo

noi clinici. In un miscuglio di paura

di non riuscire e di dolore per la constatazione

nefasta giornaliera, il rinunciare

mantiene spesso un meccanismo

depressivo ingravescente. Ma il dolore

rappresenta per la nostra mente ciò che

la febbre è per il nostro corpo, ci aiuta

a guarire; ma se la paura e il dolore

– emozioni di base che tutti percepiamo

e scattano indipendentemente dalla

nostra coscienza – superano una certa

soglia, possono condurre ad un punto

di non ritorno e necessitano di un aiuto

specialistico.

Emanuela

Muriana

Emanuela Muriana vive e lavora prevalentemente a Firenze. E’ responsabile

dello Studio di Psicoterapia Breve Strategica di Firenze, dove svolge

attività clinica e di consulenza. Specializzata al Centro di Terapia Strategica

di Arezzo diretto da Giorgio Nardone e al Mental Reasearch Institute di

Palo Alto CA (USA) con Paul Watzlawick. Ricercatore e Professore della Scuola

di Specializzazione quadriennale in Psicoterapia Breve Strategica (MIUR) dal

1994, insegna da anni ai master clinici in Italia e all’estero. E’ stata professore

alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Siena (2007-2012)

e Firenze (2004-20015). Ha pubblicato tre libri e numerosi articoli consultabili

sul sito www.terapiastrategica.fi.it

Studio di Terapia Breve Strategica

Viale Mazzini 16, Firenze

+ 39 055-242642 - 574344

Fax 055-580280

emanuela.muriana@virgilio.it

DELUSIONE

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Obbiettivo

Fotografia Personaggi

A cura di

Maria Grazia Dainelli

Simone Sabatini

Presidente in carica del Gruppo fotografico il Cupolone di

Firenze, costruisce racconti per immagini dando importanza

al valore espressivo dell’inquadratura

di Maria Grazia Dainelli / foto Simone Sabatini

La ricerca del fotografo toscano

Simone Sabatini è rivolta,

specie negli ultimi anni, alla

realizzazione di progetti con cui raccontare

storie e comunicare emozioni.

Interessato soprattutto agli aspetti

artistici ed estetici dell’immagine, è

attento allo studio e al valore espressivo

dell’inquadratura. Fra i suoi lavori

si ricordano: Le sentinelle del

mare, progetto in continuo divenire

in cui sono immortalati i più bei fari

delle coste atlantiche e dei mari del

nord quali simboli dell’eterno rapporto

di amore e di odio fra l’uomo e il

mare; La castagna: un alimento antico,

racconto per immagini del lungo

e faticoso lavoro che vede impegnato

il montanaro prima nella raccolta

del frutto e poi nella produzione della

preziosa farina. Da questi lavori sono

state tratte le immagini presentate in

varie mostre fotografiche, tra cui quel-

la nel centro visite del Parco nazionale

delle foreste casentinesi. Sempre

interessato al tema agricolo, ha raccontato

la storia di un piccolo vigneto

toscano (Il tesoro di Santa Mustiola),

seguendone tutta l’evoluzione: dal

trapianto delle giovani talee alla maturazione

dell’uva, dalla vendemmia

all’imbottigliamento, fino alla conservazione

in cantine realizzate in tombe

etrusche. Nel 2018, ha documentato,

insieme ai soci del Gruppo fotografico

il Cupolone di cui è attualmente presidente,

il Festival delle donne in rosa,

che ha visto la partecipazione di oltre

4000 atlete di ogni parte del mondo

accomunate dall’aver subito un intervento

per il cancro al seno; le immagini

scattate in quest’occasione sono

state esposte durante l’Estate Fiorentina.

Molte le iniziative promosse

dal Cupolone sotto la sua presidenza;

per citarne solo alcune, si ricor-

dano le premiazioni annuali del Trofeo

Cupolone, organizzate in luoghi storici

di Firenze, e l’evento internazionale

Florence Welcomes Photos and

Photographers, tenutosi nel 2018

all’Auditorium al Duomo e al Liceo artistico

di Porta Romana. Molte anche

le collaborazioni avviate (Centro affidi

del Comune di Firenze, Fondazione

Matteo Ciappi, Consorzio di tutela

del pecorino toscano DOP), a cui si

aggiungono il ciclo di incontri a cadenza

mensile Se io fossi Immagine

(Biblioteca delle Oblate di Firenze) e

le mostre fotografiche nell’ambito

dell’Estate Fiorentina.

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Lights in the sky

Nel bosco

Laureato in Scienze Forestali, è appassionato

di fotografia fin dalle

scuole medie, grazie al professore

di educazione tecniche e al padre che gli

hanno svelato i segreti della fotocamera e

della camera oscura, di cui si è subito innamorato.

Nel 2007 è entrato a far parte del

Gruppo fotografico Il Cupolone di Firenze,

di cui è divenuto presidente nel 2016, dopo

essere stato, dal 2013, nel consiglio direttivo.

Insieme ai colleghi del Cupolone

ha ricevuto il riconoscimento EFI (Encomiabile

della Fotografia Italiana), che va ad

aggiungersi al BFI (Benemerito della Fotografia

Italiana) ottenuto nel 1980.

20

SIMONE SABATINI


A cura di

Nicola Crisci

Spunti di critica

Fotografica

Jack Birns

Reporter della celebre rivista americana Life, ha immortalato

scene di guerra e disagio sociale anticipando il genere della

street photography

di Nicola Crisci / foto Jack Birns

Il fotografo americano Jack Birns

nasce a Cleveland (Ohio) nel 1919

da genitori immigrati dalla Russia.

Dopo la laurea in Letteratura inglese e

Giornalismo alla Ohio Northern University

(1941), inizia a lavorare come

reporter. Nel 1946, si trasferisce a Los

Angeles, in California. La rivista Life lo

incarica di documentare la guerra civile

in Cina, dove si reca nel dicembre del

1947 e rimane fino alla proclamazione

nel 1949 della Repubblica Popolare Cinese,

portando molti fatti all’attenzione

del mondo. Birns racconta la vita degli

“ultimi”, dei poveri e dei senzatetto,

e gli effetti della guerra sulla società.

Precursore della street photography,

immortala le esecuzioni dei comunisti

cinesi e le partenze degli emigranti

russi dopo l’instaurazione del regime

di Mao. Il suo non fu soltanto un lavoro

fotografico, ma anche un saggio

storico e sociologico davvero innovativo

per quegli anni. Nel 1950, sempre

Simplon Orient Express (1950)

Manifesti pubblicitari in Cina (1948)

su incarico della rivista Life, viaggia sul

treno Simplon Orient Express da Lon-

dra a Istanbul

scattando quasi

2000 foto

dal leggendario

treno, mentre

nel 1950-'51 visita l’Italia centro-meridionale.

Rientrato negli Stati Uniti, fonda

con Clifford Sawyer, veterano della

guerra di Corea, la società cinematografica

Birns & Sawyer. Insieme, nel

1954, progettano i primi alloggiamenti

per le telecamere subacquee della United

States Navy, attività

che vede Birns

abbandonare la fotografia

per diventare

imprenditore. Nel

1984 la città di Los

Angeles approva una

risoluzione in onore

dei trent'anni di lavoro

di Birns; nell'ottobre

dello stesso anno

le sue foto pubblicate

su Life nel decennio

1950 / 1960, vengono

esposte a New

York e Washington.

JACK BIRNS

21


Personaggi

Carlo Palli

La donazione del collezionista pratese all’Accademia

delle Arti del Disegno

di Barbara Santoro / foto Adriano Bartolozzi

Ho sempre sentito parlare di

Carlo Palli e della sua favolosa

collezione ma non avevo mai

avuto il piacere di conoscerlo di persona.

Qualche mese fa, in occasione di

una conviviale all’Accademia delle Arti

del Disegno nel giorno di San Luca,

mi è stato presentato. Alto, elegante,

con un sorriso dolcissimo e un modo

di fare energico ma garbato:

mi sembrava impossibile essere

accanto all’uomo che molte volte

avevo sentito nominare da Loriano

Bertini, Giuliano Gori, Riccardo

Macinai e da chissà quanti

altri. Questo signore così alla mano,

dopo aver fatto il gallerista, il

battitore d’aste, il mercante, l’ideatore

di mostre e il collezionista,

ha deciso di donare al Centro

d’arte contemporanea Pecci buona

parte della propria collezione e

di recente un’altra bella porzione

anche all’Accademia delle Arti del

Disegno. Inevitabile domandarsi

come abbia potuto cedere opere

di grande valore che testimoniano

i principali indirizzi artistici del secondo

Novecento, tra cui Fluxus,

Poesia visiva, Nouveau Realisme,

Scuola di Pistoia, Arte Povera,

Transavanguardia, Graffitismo,

Architettura radicale, Nuova Pittura,

Poetiche dell’oggetto, Azionismo

e Arte Ambientale; opere

che per molti anni sono state il

cardine della sua vita e gli hanno

permesso di promuovere eventi

espositivi sempre di alto livello.

Nel testo che accompagna la

mostra I ragazzi della Via Pal..li,

svoltasi dal 10 al 31 gennaio nelle

sale dell’Accademia delle Arti del

Disegno con opere del collezionista

pratese, leggiamo i contributi

di Cristina Acidini, Giorgio Bonsanti,

Andrea Granchi, Francesco

Gurrieri, Irene Senesi, Enrico Sar-

Barbara Santoro con Carlo Palli

toni, Carlo Palli e Laura Monaldi curatrice

della mostra. Sono convinta che,

a differenza di molti altri collezionisti,

Carlo Palli abbia una marcia in più: la

scelta di donare le sue opere è dettata,

infatti, dal desiderio di offrirle alla

fruizione di un pubblico vasto ed appassionato

e soprattutto dei giovani

che frequentano il Museo Pecci e l’Accademia

delle Arti del Disegno. Instancabile

a dispetto della non più giovane

età, sta già pensando a come omaggiare

Raffaello in questo 2020 per il cinquecentesimo

anniversario della morte

e Dante Alighieri nel 2021 per il settecentesimo

anniversario dalla scomparsa

del sommo poeta.

Una panoramica della mostra della collezione Palli all'Accademia delle Arti del Disegno (ph. courtesy Tv Prato)

22

CARLO PALLI


SIGMA L2

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Design Simone Granchi 2016

SIGMA L2 Paolo Granchi srl | Via Degli Olmi, 145 | 50019 Sesto Fiorentino (FI) - ITALY

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Eventi in

Toscana

La 29^ edizione del Premio Bel San

Giovanni in Palazzo Vecchio

di Aldo Fittante / foto New Press Photo

Il 28 gennaio nel Salone dei Cinquecento

di Palazzo Vecchio, in occasione

delle celebrazioni del 224°

anniversario della fondazione della Società

di San Giovanni Battista, si è tenuta

la 29^ edizione del Premio Bel

San Giovanni, manifestazione ideata

e promossa dal marchese Emilio Pucci

di Barsento durante la sua presidenza.

Il premio, un bassorilievo realizzato

con l'antica tecnica della fusione a cera

persa, cesellato e lavorato a mano dal

maestro orafo fiorentino Paolo Penko,

rappresenta il Battistero citato da Dante

come “il mio Bel San Giovanni”. Il primo

esemplare fu consegnato nel 1986 a Papa

Giovanni Paolo II durante la sua visita

a Firenze e un altro a Papa Benedetto

XVI nel 2010. Per questa edizione la Deputazione

della Società ha rivolto la propria

attenzione nei confronti dello sport,

del terzo settore e della cultura. Alla presenza

del Gonfalone della città e dopo la

squillo delle chiarine, la vicesindaca di

Firenze Cristina Giachi ha rivolto al pubblico

e ai premiati il saluto di benvenuto

da parte dell'amministrazione comunale

lasciando successivamente la parola al

La vicesindaca di Firenze Cristina Giachi e e il presidente della Società di San Giovanni Claudio Bini con i premiati

presidente Claudio Bini che ha ricordato

la motivazione principale che originò nel

1796, sotto il regno del Granduca di Toscana

Ferdinando III di Lorena, la nascita

della società di San Giovanni, ovvero

quella di disciplinare i festeggiamenti in

onore del patrono. Reduce dal clamoroso

successo della fiction televisiva

Pezzi unici, ha ricevuto l'onorificenza la

regista fiorentina Cinzia Th Torrini. Nel

1977 ha girato il suo primo documentario

per la televisione bavarese per poi

esordire al Festival di Venezia nel 1982.

Da allora ha collezionato una serie ininterrotta

di successi cinematografici e

televisivi fra i quali l'indimenticato Elisa

di Rivombrosa. Altra premiata l'ACF

Fiorentina, fondata dal marchese Cosimo

Ridolfi nel 1926, non solo per i meriti

sportivi ma anche per le numerose

iniziative benefiche e solidali della Fondazione

Fiorentina Onlus per l'aiuto e la

difesa delle realtà sociali più bisognose.

Zaira Conti, presidente e fondatrice del

Progetto Villa Lorenzi, è stata premiata

per il sostegno, la prevenzione e la riabilitazione

a favore dei tossicodipendenti

fin dalla fine degli anni Settanta. Con la

sua instancabile attività quarantennale e

la scelta di dedicare la propria vita agli

altri ha aiutato a combattere l'emarginazione

giovanile rendendo Villa Lorenzi

un punto di riferimento per i percorsi

educativi di prevenzione e riabilitazione

del disagio e delle dipendenze.

24

PREMIO BEL SAN GIOVANNI


Eventi in

Toscana

Cosimo I e i simboli del potere

Successo per la serata Lions dedicata al Granduca di Toscana

E’ stata l’occasione per presentare le riproduzioni delle insegne medicee

realizzate dal maestro orafo Paolo Penko

di Beatrice Botticelli / foto courtesy Simone Amati

Achiusura delle celebrazioni del

cinquecentenario di Cosimo de’

Medici per il restauro di alcuni

ex voto ritrovati a Palazzo Medici Riccardi,

si è tenuto nei giorni scorsi, all’interno

della sala del consiglio del Banco

Bpm, l’incontro Cosimo e i simboli del

potere, promosso dai Lions Club di Sesto

Fiorentino, Fiesole e Ponte Vecchio.

E’ stata l’occasione per presentare le riproduzioni

delle insegne medicee realizzate

dal maestro orafo Paolo Penko: lo

scettro, la corona e il toson d’oro di Cosimo

I de Medici. La serata ha registrato

gli interventi di Carlo Francini, responsabile

dell’ufficio Unesco del Comune

di Firenze che ha illustrato la genesi del

progetto con il maestro Penko per la realizzazione

di scettro, corona e toson

d’oro, e Valentina Zucchi, responsabile

mediazione culturale dell’Associazione

Mus.e che ha tratteggiato il periodo

di Cosimo a Palazzo Vecchio, con aneddoti

su usi e costumi dell’epoca. Paolo

Penko ha raccontato ai presenti il lungo

lavoro di ideazione ed esecuzione

dei “simboli del potere”. A seguire, l’intervento

del presidente della Fondazio-

In questa e nell'altra foto, la presentazione delle insegne medicee riprodotte dal maestro Penko

ne arte della seta Lisio che ha illustrato

le tecniche di realizzazione dei supporti

degli oggetti di Penko. Infine, Antonio

Bellizzi di San Lorenzo ha parlato delle

famiglie aristocratiche di Firenze al tempo

di Cosimo. La serata è stata anche

l’occasione per raccogliere fondi a sostegno

del progetto culturale che vede

impegnati i Lions Club

di Sesto Fiorentino, Fiesole

e Ponte Vecchio nel

restauro degli ex voto ritrovati

in un tabernacolo

esterno della muratura

di Palazzo Medici Riccardi

su via dei Ginori,

realizzato probabilmente

nel 1757. Durante la serata,

Angela di Iorio, responsabile

dell’Ufficio

Cultura, Eventi, Museo

e Biblioteca Moreniana

della Città Metropolitana

di Firenze, in rappresentanza

di Palazzo Medici

Riccardi, ha spiegato

come gli ex voto siano stati ritrovati, in

stato di notevole degrado, in occasione

di un restauro delle mura del palazzo.

Il ritrovamento dei quattro ex voto,

realizzati in lamina metallica in argento

e bronzo e recanti l’attestazione “PGR”

(per grazia ricevuta), accompagnato

dalla scoperta di una tela dipinta a olio

realizzata da Giuseppe Magni (1749),

ha suscitato l’interesse dei Lions Club

che hanno deciso di finanziare il restauro,

affidato a maestranze dell’artigianato

e restauro fiorentino quali il maestro

orafo Paolo Penko, Beatrice Cuniberti e

Paola Lucchesi dell’Associazione Atelier

degli Artigianelli massime esperte

del restauro della carta. In conclusione

della serata proprio Paola Lucchesi

ha illustrato il percorso di restauro e

rigenerazione della carta posta dietro gli

ex voto, l’utilizzo di nuovi materiali che

consentano la conservazione e la collaborazione

con Penko per l’assemblaggio

degli oggetti. Gli ex voto verranno

installati in una teca all’interno del museo

di Palazzo Medici Riccardi.

COSIMO I

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TACCO,

TABACCO

E VENERE

OPERE

DI ROSALIND KEITH

RASSEGNA LEX&ART A CURA

DI DANIELA PRONESTÌ

21 30

FEBBRAIO

MARZO

OPENING:

VENERDÌ 21 FEBBRAIO

ORE 18.30

SECONDO

APPUNTAMENTO:

VENERDÌ 6 MARZO

ORE 18.30

Presentazione del progetto

discografico "Basta" di

Lu Colombo contro la violenza

sulle donne

Durante la serata, verrà

proiettato il video "Notte di

mezzaluna" realizzato con i

disegni di Rosalind Keith

Studio Ronchi - Lex&ARK

(secondo piano)

Via de’ Renai 23 - Firenze

www.rosalindkeith.com


Firenze

Mostre

Maria Rita Vita

Fino al 1° marzo al Florence Dance Center con una

personale dedicata alla bellezza dell’impermanenza

di Daniela Pronestì / foto Maria Grazia Dainelli e Carlo Midollini

Da sinistra, Marga Nativo, direttrice artistica del Florence Dance, Maria

Rita Vita, la coreografa Benedetta Ghiglia e la curatrice della mostra

Daniela Pronestì

Non è possibile bagnarsi due volte

nello stesso fiume, perché ad

ogni immersione l’acqua sarà

sempre diversa. E’ con queste parole che

Eraclito “l’oscuro”, meglio conosciuto

per l’aforisma panta rei, consegna alla

storia del pensiero occidentale l’idea di

una realtà in perenne divenire. Una lezione

tutta ancora da imparare, quella eraclitea,

ogniqualvolta ci avvinghiamo con

forza e disperazione alle nostre illusorie

certezze. Il punto è questo: noi non “siamo”,

ma “diveniamo” continuamente.

Solo accettando questa condizione costitutiva

dell’esistenza umana, impariamo a

riconoscere la bellezza dell’impermanenza.

Proprio di questa bellezza si nutrono

le opere di Maria Rita Vita esposte nella

personale dell’artista in corso fino al 1°

marzo al Florence Dance Center di Marga

Nativo. Riunite per l’occasione quasi 20

opere, molte delle quali recenti, in cui lo

sviluppo molteplice e dinamico di colore

e segno indica l’incessante mutare di visioni

ed emozioni trasferite sul supporto

in una staticità “fisica” ma non percettiva.

«La fissità mi spaventa − chiarisce

l’artista − perché evoca un’immagine

contraria al dinamismo della vita per come

si manifesta anzitutto nel mondo naturale,

dove il ritmo delle

stagioni, il perenne variare

dei colori, lo scorrere

dell’acqua e i moti

stellari parlano di un’energia

che senza sosta

fluisce e si rinnova». E

infatti la natura è la sua

unica e sola “maestra”,

in un divenire, anche

qui, che trasforma i fiori

in sensazioni, il paesaggio

in luoghi dell’anima,

gli elementi in stati interiori.

«Non dobbiamo rifiutare

il cambiamento

− prosegue −, dobbiamo

invece accoglierlo

come parte ineludibile di noi stessi,

ricordandoci sempre che dal

buio nasce la luce, dagli ostacoli

la possibilità di diventare persone

nuove». E se l’arte è specchio della

vita, è nel processo creativo che

l’artista sperimenta la transitorietà

di ogni cosa dentro e fuori di sé:

«Dipingere per me significa “mettermi

a nudo”, consegnare all’opera

e quindi al pubblico un racconto

veritiero di ciò che sento e sono».

Una confessione senza veli né filtri

che alla bellezza attribuisce il volto

della verità. E non potrebbe essere

altrimenti per un’artista che da

sempre sceglie di non riconoscersi

in un’idea preconcetta di “bello

artistico” e tantomeno di stile. La

libertà è un bene non negoziabile

nella vita così come nell’arte; lo sa

bene Maria Rita Vita, che alla propria

libertà non ha mai rinunciato,

sostenuta dalla convinzione che

non ci sia altro modo d’intendere

la pittura se non come incessante

e, per proprio per questo, meravigliosa

scoperta.

L’inaugurazione della mostra, avvenuta

lo scorso 1° febbraio, ha visto

esibirsi il corpo di ballo del Florence

Dance Center in una coreografia ideata

da Benedetta Ghiglia avvalendosi di foulard

messi a disposizione dall’artista con

le riproduzioni di alcuni suoi quadri.

Panta Rei / La bellezza dell’impermanenza

Opere di Maria Rita Vita

Florence Dance Center

Borgo della Stella 23/r (Piazza del Carmine)

Firenze

Dal lunedì al venerdì (10.00 - 13.00 /

14.30 - 20.00)

www.mariaritavita.com

www.florencedance.org

Un momento del balletto ideato da Benedetta Ghiglia con i

foulard che riproducono le opere di Maria Rita Vita

MARIA RITA VITA

27


Mostre nel

mondo

Andrea Stella

Il 20 marzo a San Pietroburgo, nel prestigioso Palazzo Vladimirskij

già residenza imperiale, apre la mostra dedicata al maestro toscano

a quasi un anno dalla scomparsa

L’evento è patrocinato dal Consolato della Repubblica Italiana, dalla Regione Toscana

e dai Comuni di Pelago e Bagno a Ripoli

di Cristina Acidini

Nei quadri di Andrea Stella vi sono

sentinelle arcane che pattugliano

disastrati scenari pseudo

urbani; costruttori geometrici imperscrutabili,

ai quali gli spessori materici

applicati conferiscono ulteriori paradossali

dimensioni. Arabeschi di segni grondanti

e colanti sospesi in aria (ma è

Incontri segreti, tecnica mista

aria?) simili a ragnatele sconvolte da un

ciclone, merletti forse un tempo preziosi

ma irrimediabilmente lacerati da eventi

estremi che non conosciamo. Colori gelidi

o ardenti, baluginanti tocchi metallici

che si allontanano da qualsiasi suggestione

naturalistica. E', quella di Stella,

un'arte che spesso scaturisce da una

fantasia totalmente personale:

difficile dire da dove sia partita,

impossibile predire dove

arriverà. E tuttavia, in un gioco

che è omaggio e divertissement,

compaiono talora nelle

sue tele variazioni su temi celebri.

E' il caso della Gioconda

di Leonardo da Vinci, cimento

post-dadaista per tanti pittori,

che Stella incorpora nel

suo universo di segni arcani,

intagli dorati, ombre divoranti,

generando una famiglia di Gioconde

diverse ma tutte imperturbabili contro

fondali erosi e spinosi, così da sostenere

senza scomporsi l'aggiunta di fiori, volatili,

ornamenti composti.

Atelier Andrea Stella

Via Roma 535, Bagno a Ripoli

selenastella3@gmail.com

+39 339 3486520

Nuovi scorci, tecnica mista

La facciata di Palazzo Vladimirskij sulla Neva

Timido abbraccio alla sera, tecnica mista

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ANDREA STELLA


A cura di

Massimo De Francesco

Musicisti stranieri in

Toscana

Francis Boott

Trasferitosi a Firenze nel 1847 per completare gli studi musicali,

il compositore americano abitò a Villa Castellani sulle colline di

Bellosguardo dove ospitò tra gli altri lo scrittore Henry James

di Massimo De Francesco

Frank Duveneck, Ritratto di Francis Boott (1881), olio su tela, Cincinnati Art Museum

Tra Ottocento e Novecento, la

Toscana è stata patria di una

delle comunità anglo-americane

più numerose al mondo. Ne ha fatto

parte, insieme ad altri illustri personaggi,

il musicista e compositore americano

Francis Boott, nato a Boston

nel 1813 da genitori inglesi. Laureatosi

alla Harvard University nel 1831,

Boott comincia la carriera di compositore

pubblicando le sue prime canzoni

con lo pseudonimo di "Telford".

Dopo la nascita della figlia Elizabeth

(1946), parte alla volta dell’Italia arrivando

a Firenze nel 1847; qui s’iscrive

nel libro dei soci del Gabinetto Vieusseux

indicando Piazza San Gaetano

come suo indirizzo. A Firenze studia armonia

all'Accademia Musicale (l'odierno

Conservatorio Luigi Cherubini) con

Luigi Picchianti e compone musica da

camera con la quale si esibisce a Roma

presso Palazzo Barberini, allora residenza

dell'amico scultore americano

William Wetmore Story. Viaggia molto

insieme alla figlia, fino a quando, rimasto

vedovo nel 1857, si trasferisce

stabilmente a Firenze, dove risiede a

Villa Castellani (Mercedes), sulle colline

di Bellosguardo. E’ qui che ospita

importanti personaggi suoi amici come

Constance Fenimore Woolson, nipote

dello scrittore statunitense John Fenimore

Cooper, e lo scrittore Henry James,

che alla dimora fiorentina di Boott

s’ispirerà nel celebre romanzo Ritratto

di signora (1881). Francis ed Elizabeth,

amichevolmente conosciuta come "Lizzie",

daranno nuovamente spunto a James

per i personaggi di Adam e Maggie

Verver, padre e figlia nel romanzo La

coppa d'oro (1904). Il principale scopo

nella vita del compositore è l'educazione

della figlia, che studia italiano,

francese e tedesco e manifesta presto

uno spiccato talento artistico. Sposatasi

con il pittore americano Frank Duveneck

nel 1886, i due hanno un figlio,

Frank Jr. Lizzie, che sarà poi fondatore

a Firenze del Charcoal Club, con sede

nell’edificio oggi conosciuto come

Palazzo dei Pittori in viale Milton. Boott

scrive più di 140 composizioni, fra

canzoni e musica corale; fra i brani più

celebri, canzoni basate su opere come

Ring Out Wild Bells del poeta britannico

Alfred Lord Tennyson e From The

Close-Shut-Window del poeta americano

James Russell Lowell. Nel 1888 rientra

con il nipote Franck Jr. nella natia

Boston a seguito della scomparsa della

figlia, deceduta a Parigi e sepolta nel

Cimitero degli Allori a Firenze. Continua

a comporre fino alla sua morte, avvenuta

il 22 marzo del 1904. Tutt'oggi la

Harvard University conferisce l'annuale

Premio Boott ai compositori laureatisi

presso il prestigioso ateneo.

FRANCIS BOOTT

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Il centro fitness Cigno Nero a

Firenze propone corsi innovativi e

pensati per un numero massimo

di 8 persone, in modo che i clienti

vengano seguiti da vicino, tenendo

conto delle singole esigenze e

caratteristiche fisiche.

Corsi in evidenza:

Fit Barre

Ispirato alla danza classica e al

pilates, è un allenamento molto

intenso con esercizi che fanno

lavorare tutto il

corpo migliorando la postura e

rendendo la figura

femminile armoniosa.

Low Pressure Fitness

Si tratta di una serie di

esercizi di respirazione e

posturali che migliorano il tono

dei muscoli profondi attraverso la

diminuzione della pressione addominale.

E’ adatto a tutte le età ed è

molto utile per ridurre la

diastasi addominale in

seguito a una o più

gravidanze.

Antigravity Yoga

Martina Baglioni, presidente

dell'associazione Cigno Nero

E' una disciplina che tende a "combattere

la forza di gravità": rimanendo

sospesi in aria, si può sperimentare una

sensazione molto simile al volo, e le

percezioni che proviamo normalmente

nella pratica degli Asana vengono

incrementate.

Cigno Nero

Via Antonio Cocchi 59 - Firenze

Cigno Nero Firenze

www.cignonerofirenze.com

+39 366 6666054


A cura di

Laura Belli

Speciale

Pistoia

Sigfrido Bartolini

Conosciuto nel mondo per l’edizione di Pinocchio da lui illustrata nel 1983, è stato

uno dei principali protagonisti del dibattito artistico nella Pistoia del Novecento

A custodirne la memoria, una casa museo curata dalla moglie del maestro

di Laura Belli

Sigfrido Bartolini (1932-2007), pittore,

incisore e scrittore, è stato

un pistoiese di grande talento, testimone

e protagonista nell’ambito culturale

del primo Novecento. A Pistoia, in

via di Bugiano 5, si trova la sua casa.

Qui svolgeva la sua attività artistica, da

qui si recava alla scuola d'arte dove insegnava

e qui tutto parla di lui. Al piano

terreno si trovano lo studio-biblioteca e

il laboratorio con un torchio calcografico

per la stampa di acqueforti e xilografie

costruito da lui stesso; al piano

superiore, lo studio del pittore, il banco

per incidere con sgorbie, bulini e legni,

oltre ad una grande scrivania disegnata

da lui stesso per raccogliere le grandi

stampe. Bartolini iniziò a dipingere molto

precocemente nel 1947 e nella sua

vita ebbe modo di conoscere e frequentare

molti artisti, come testimonia la

ricca raccolta di quadri della Scuola pistoiese

e del primo Novecento custodita

nella sua casa, con opere di Bugiani,

Agostini, Innocenti e Cappellini, che gli

furono maestri e amici nella prima giovinezza,

e nomi celebri come Soffici, Sironi,

Costetti, De Chirico, Viani e Maccari,

conosciuti e apprezzati nella sua maturità.

Nell’arioso e accogliente sottotetto

Una stanza all'interno della casa museo (ph. courtesy Casa Museo Bartolini)

si trova il ricco archivio con

numerosi testi d'arte, letteratura

e filosofia, le raccolte

complete di rare riviste

del Novecento e una ricca

corrispondenza con personalità

del mondo artistico

e intellettuale di cui Bartolini

fu testimone e a sua volta

protagonista. Del riordino

di questo ricco materiale

si occupa la Soprintendenza

Archivistica e Bibliografica

della Toscana con il

prezioso aiuto della moglie

dell’artista che cura con dedizione la casa

museo. A lei Sigfrido dedicherà l'opera

grafica più importante della sua vita:

l’edizione di Pinocchio illustrata con

309 xilografie nel 1983. L’opera richiese

dodici anni di strenuo lavoro ed ebbe

un successo mondiale che dura ancora

oggi. Esposta al MoMA di New York,

ha girato il mondo con una mostra itinerante

delle 309 matrici di legno incise

per l'illustrazione del volume e di tutto

il materiale preparatorio. Spirito libero

e schivo, Bartolini amava trascorrere le

vacanze in Versilia dove aveva occasione

di incontrare e confrontarsi con Soffici

e molti altri noti artisti del tempo. Ai

mesi estivi sono legate opere pittoriche

come la serie di casolari: edifici abbandonati,

circondati dal silenzio e dotati di

una maestosità architettonica. Il suo ultimo

lavoro, concluso con enorme sforzo

a causa del fisico ormai

debilitato dall’artrite reumatoide,

risale agli anni

2005 / 2006 e rappresenta

qualcosa di nuovo nella

produzione dell’artista.

Si tratta, infatti, di quattordici

vetrate istoriate per

la Chiesa dell'Immacolata

a Pistoia, a soli 200 metri

dalla sua casa.

Sigfrido Bartolini

Particolare del tavolo nello studio dell'artista con in primo piano l'edizione di Pinocchio

da lui illustrata nel 1983 (ph. courtesy Toscana900.com)

www.sigfridobartolini.it

www.sigfrido.bartolini.org

www.casedellamemoria.it

SIGFRIDO BARTOLINI

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GALLERIA D’ARTE MENTANA FIRENZE

Presenta

I viaggiatori del sogno

Mostra personale dell’artista

Gianni Mucè

Tre nuove Grazie (2020),olio su tavola, cm 50x70

E’ un piacere per me ospitare la mostra personale del maestro Gianni Mucè,

artista del colore e del sogno, di suggestioni che spaziano dall’onirico al simbolico

e che incantano l’osservatore traghettandolo in un mondo colmo di gioia e

bellezza. Sono certa che pubblico e collezionisti apprezzeranno le sue opere.

Art director

Giovanna Laura Adreani

Opening Sabato 8 febbraio ore 18

Orari 11 - 13 / 16.30 - 19 Domenica e lunedì mattina chiuso

GALLERIA D’ARTE MENTANA

Via della Mosca 5r - 50122 (FI)

+39.055.211984 - www.galleriamentana.it

galleriamentana@galleriamentana.it

Sito web: www.galleriamentana.it - Vendita online: www.galleriamentana.it/it/negozio

Facebook : www.facebook.com/galleriamentanafirenze


I libri del

Mese

Renato Campinoti

Non mollare Caterina

Un romanzo a tinte forti, implacabile nella denuncia del male

ma senza perdere la speranza

di Erika Bresci

Ci sono strade a Firenze, che conosciamo

e percorriamo ogni

giorno quasi senza accorgercene,

lungo le quali è possibile incrociare,

tra le altre, storie capaci di

nascondere segreti così neri da far percepire

a pelle l’odore disgustoso del

male. Non mollare Caterina non è altro

che una di queste allucinanti “storie

della porta accanto”. Da una parte

Caterina, giovanissima, affascinante

e tenace agente di Polizia, dall’altra

un organizzato gruppo di uomini di alta

società ben protetti da amicizie giuste,

dedito alla pedofilia. Una vicenda

terribile, un vaso di Pandora aperto per

caso un giorno da Isabella, una ragazza

rom preoccupata per la sorellina di

soli undici anni che vede spesso portata

via da un’auto di grossa cilindrata

e sparire per alcune ore chissà dove.

Chissà con chi. Nel rincorrersi dei fatti,

negli inciampi, nel confronto serrato,

nella paura di essere colpita negli

affetti più cari, Caterina scoprirà a sue

spese che non è facile né così ovvio

punire i colpevoli, se il mondo oscuro

in cui è costretta a scendere si dipana

per infiniti legami e tentacoli e ragnatele

capaci di mettere in dubbio persino

il concetto stesso di giustizia, se affidato

alle mani di chi le ha sporche. Ma

“il male che è nel mondo viene quasi

sempre dall’ignoranza”, ci suggerisce

Albert Camus ne La Peste. Ed è proprio

così. Perché, a intervallare il ritmo degli

eventi, affidati soprattutto all’incalzare

dei dialoghi, Campinoti inserisce,

come un lungo diario a puntate, il monologo

di uno dei mostri coinvolti nel

laido traffico di “merce di prima scelta”.

Un controcanto osceno dal quale

si comprende che l’arroganza di chi

continuamente ripete a se stesso e alla

sua cerchia di amici

“noi ce lo possiamo

permettere” sta proprio

nell’istinto cieco

che accampa ragioni

ottuse per giustificare

le proprie perversioni.

Nel buio che non va oltre

il soddisfacimento

di un capriccio. Nella

superficialità aberrante

che semplifica in

cifre e carne da consumare

in fretta le ferite

inferte a una società

che, afferma Campinoti,

è “spezzata in tante

parti” e di cui si rende

sempre più urgente

“ricomporre la trama”.

Pagine, queste, di totale

crudezza, senza appello,

senza luce, che

arrivano dirette come

un pugno allo stomaco,

che dipingono personaggi

verso i quali

non è concesso mostrare

pietà alcuna e

che vorremmo saper

confinati nelle poche

pagine di un romanzo.

Cosa che la realtà dei fatti troppo spesso

e tristemente smentisce. Ma se da

un lato l’autore ci fa toccare con il dito

la piaga purulenta del male, dall’altro

apre le finestre su scorci che fanno

sperare in un vento di affetti ancora vivo,

vibrante e puro. Come l’amicizia

nata per caso tra Caterina e l’anziana

e sola Cesira, i rapporti tra il vicequestore

Martelli e sua figlia, tra Isabella,

emancipata da un mondo che non le

appartiene, e il suo ragazzo. Non mollare

Caterina è dunque un romanzo a

tinte forti, implacabile nella denuncia,

certo, ma anche un invito alla speranza,

alla fiducia nell’uomo quando questo

si fa comunità, quando tende la

mano e ne trova un’altra da stringere

per condividere insieme un tratto, anche

breve, di quelle strade che ogni

giorno, si diceva, ci troviamo a camminare

spalla a spalla. Da domani, forse,

con un po’ più di consapevolezza e di

attenzione per chi ci sta accanto.

RENATO CAMPINOTI

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Il super tifoso

Viola

A cura di

Lucia Petraroli

Gianna Nannini

Presentato all’Artemio Franchi il tour 2020 della cantante toscana

alla presenza del patron viola Rocco Commisso

Il prossimo 30 maggio farà tappa allo stadio fiorentino, unico appuntamento

estivo in Italia

di Lucia Petraroli

Lo scorso 10 gennaio, la musicista

e cantautrice Gianni Nannini

ha presentato all’Artemio

Franchi il suo nuovo tour che proprio

nello stadio fiorentino farà tappa il prossimo

30 maggio. Un concerto speciale

quello in programma a Firenze, come

dichiarato dalla cantante: «Ho scelto Firenze

perché sono toscana. Sarà un

tour storico e mi auguro di vedere tante

persone. Ho dedicato un intero album

alla mia regione e la canzone Per forza e

per amore, uno dei canti più famosi delle

contrade di Siena». Oltre che in Italia,

il tour toccherà diverse capitali europee,

con la partecipazione del grande batterista

Simon Philips. Partirà da Londra il

15 maggio per poi proseguire a Parigi,

Bruxelles, Lussemburgo, in Germania

a giugno, dove rimarrà fino ad ottobre

con sei date, e poi in Svizzera con altre

due tappe. A novembre inizierà il giro

nei palasport italiani: il 18 al Pala Florio

di Bari, il 19 al Pala Partenope di Napoli,

il 21 al Pala Catania di Catania, il

25 al Pala Verde di Treviso, il 28 al Pa-

la Alpitour di Torino. E poi ancora l’1

dicembre al Mediolanum Forum di Assago

e il 3 dello stesso mese al Palazzo

dello Sport di Roma. Durante il tour,

Gianna presenterà l’ultimo album intitolato

La differenza, oltre ad interpretare i

successi che l'hanno resa celebre. L’album

è uscito lo scorso 15 novembre,

proprio nei giorni del trentesimo anniversario

della caduta del Muro di Berlino,

evento che la vide presente nel

1989: «Dopo la caduta di quel muro,

purtroppo ne sono nati molti altri. Il ti-

Artemio Franchi: Gianna Nannini riceve la maglia dal patron viola Rocco Commisso alla sua destra; con loro Giancarlo Antognoni e gli assessori del Comune di

Firenze Tommaso Sacchi, alla sinistra, e Cosimo Guccione (ph. Alessandro Morandi per gentile concessione di Rockol)

34

GIANNA NANNINI


tolo del disco è anche un incitamento a

fare la differenza come singoli. Sono felice

che mia figlia abbia potuto frequentare

le prime scuole in Inghilterra dove

non ci sono problemi legati al colore

della pelle». Alla conferenza erano presenti

Rocco Commisso, presidente della

Fiorentina, Giancarlo Antognoni e gli

assessori del Comune di Firenze Tommaso

Sacchi e Cosimo Guccione. I due

dirigenti hanno regalato alla cantante

una maglia della Fiorentina con stampati

sul retro il cognome Nannini e il numero

1. Durante la conferenza stampa,

l’artista ha tentato di far cantare con lei,

sulle note di Bello e impossibile, il patron

viola ma senza riuscirci: tentativo

rimandato al 30 maggio con la promessa

del patron viola di esibirsi con lei in

un duetto al Franchi. Commisso, lusingato,

ha risposto: «Gianna Nannini è

una campionessa della musica. Quando

lei era bambina, io negli USA ho aperto

la prima discoteca italo-americana dove

si sono esibiti molti cantanti italiani come

Pupo. Oggi non ho più la discoteca

e non posso invitare Gianna a cantare,

ma sono contento del suo concerto qui

all'Artemio Franchi e, se possibile, verrò

apposta dall'America per ascoltarla».

ph. Gerald Jenkins

Nata a Siena, Gianna Nannini

è una contradaiola dell'Oca.

Ha studiato pianoforte al

Conservatorio di Lucca per poi trasferirsi

a Milano dove è iniziata la sua

carriera musicale. Nel 1976 pubblica

il primo album con l'etichetta Ricordi,

anche se il vero successo arriva

con il brano Canta America incluso

nell'album California. Grazie soprattutto

alla collaborazione con il produttore

Conny Plank, con il quale ha

realizzato Sconcerto rock e Latin Lover,

la Nannini raggiunge il successo

al di fuori dei confini nazionali, conquistando

definitivamente il pubblico

europeo. Il fenomeno inizia nel 1984,

anno in cui esce Puzzle, il suo sesto

disco che resta per sei mesi tra i primi

dieci dell’hit-parade italiana e nelle

prime posizioni anche in Germania,

Austria e Svizzera (dove Gianna riceve

anche il disco d'oro). Con il brano Fotoromanza,

in cima alla classifica per

due mesi, conquista il pubblico italiano,

esibendosi in circa 40 concerti, per

un totale di circa 300.000 spettatori. Nel

1986, pubblica l'album Profumo con

cui, grazie alla canzone Bello e impossibile,

ottiene due dischi di platino in Italia,

il disco d'oro in Germania e il platino

in Austria e Svizzera. L'anno seguente,

la compilation Maschi e altri vende un

altro milione di copie. Nel 1990 registra

la canzone colonna sonora del mondiale

Italia '90 insieme a Edoardo Bennato,

una hit che viene ascoltata in tutto

il mondo. Gli anni Duemila sono decisamente

prolifici per la cantante toscana:

gli album Aria e Perle sono buoni

successi, ma è il disco del 2006 Grazie

che riporta la Nannini al primo posto

in classifica dopo sedici anni. Il

successo dell'album, che alla fine

dell'anno risulterà essere il più venduto

in Italia con circa 400.000 copie

vendute, è dovuto specialmente

al pezzo Sei nell'anima, poi diventato

colonna sonora del film Manuale d'amore

2. Ma un'altra cosa importante

accade nella sua vita: diventa mamma

nel 2010 all'età di 56 anni, scatenando

un dibattito sull'opportunità

di avere figli in età avanzata. Il 3 dicembre

dello stesso anno esce il singolo

Ogni tanto, che anticipa l'uscita

del disco di inediti Io e te. Successivamente,

pubblicherà altri tre album: Hitalia

(2014), Hitstory (2015) e Amore

gigante (2017).

GIANNA NANNINI

35


Storia delle

Religioni

A cura di

Stefano Marucci

Riflessioni sul sacramento dell’eucaristia

di Valter Quagliarotti

1^ parte

L'eucaristia è il gesto dell'amore

di Cristo reso presente nel segno

sacramentale, affinchè diventi

il nostro quotidiano nutrimento.

Nella sua etimologia greca “eucaristia”

significa “ringraziamento” ed è utilizzata

dal Nuovo Testamento per tradurre il

termine ebraico “berakah” che significa

“benedizione”. L'evangelista Luca, narrando

dell'ultima cena di Gesù, ci dice

che, preso il pane, dopo aver reso grazie

lo spezzò e lo diede agli apostoli. In ogni

eucaristia si compiono queste parole di

Gesù: «Padre giusto, il mondo non ti ha

conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e

questi sanno che tu mi hai mandato. E

io ho fatto conoscere loro il tuo nome

e lo farò conoscere» (Gv 17,25-26). Di

conseguenza attraverso l'eucaristia entriamo

in comunione con il gesto salvifico

della Croce, che è gesto di amore

supremo, per diventare sempre di più

un popolo che ama con lo stesso amore

di Cristo e, di conseguenza, per essere

il suo corpo ecclesiale. Lo stesso

Paolo ci ricorda: «Poichè c'è un unico

pane, noi, pur essendo molti, siamo

un corpo solo: tutti infatti partecipiamo

all'unico pane». L'eucaristia ha questo

scopo: renderci un solo popolo nelle cui

vene circola l'amore di Dio. L'evangelista

Giovanni con rara solennità afferma

all'apertura del suo vangelo: «E il Verbo

si fece carne e venne ad abitare in mezzo

a noi; e noi abbiamo contemplato la

sua gloria, gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre, pieno di grazia

e di verità». Quel “Verbo”, che nel

prologo viene indicato come “carne”, si

fa “pane” per ogni nostra fame, conforto

per ogni nostra sete, nutrimento per

ogni tempo e cibo per il cammino della

Chiesa “nell'attesa della sua venuta”,

come proclamiamo durante l'eucaristia

subito dopo la consacrazione del pane

e del vino. Attesa che non solo può essere

lunga, ma anche faticosa e perciò

si ha bisogno di sostegno e nutrimento.

La celebrazione dell'eucaristia diventa

luogo assai significativo per comprendere

al meglio il nesso tra la nostra vita

e la presenza di Cristo nella nostra esistenza:

il mistero del pane offerto e condiviso

ci riporta alla presa di coscienza

del bisogno di dare e ricevere il dono di

un'autentica compassione. Gli evangelisti

sottolineano che Gesù, nel momento

in cui ha istituito l'eucaristia donandola

alla Chiesa, ha fatto riferimento al sacrificio

dell'alleanza: «Questo calice è la

nuova alleanza nel mio sangue, quello

versato per voi» (Lc 22,20). Mosè,

nel momento culminante dell'alleanza

del Sinai, asperge con il sangue l'alta-

re, che rappresenta Dio, poi il popolo.

«Tutto quanto Jahvè ha detto, noi lo faremo

e obbediremo» (Es 24,7). Soltanto

dopo questo impegno formale, Mosè

pronuncia le parole, che poi verranno

riprese da Gesù, e dice: «Ecco il sangue

dell'alleanza, che Jahvè ha stretto

con voi mediante tutte queste parole»

(Es 24,8). Se Gesù, allora, ha compiuto

il sacrificio della nuova alleanza donando

il suo corpo e il suo sangue per la

nostra salvezza e se ha voluto regalarci

il sacramento del sacrificio della nuova

alleanza, che è l'eucaristia, non poteva

non donarci anche la legge della nuova

alleanza, ovvero il comandamento nuovo

riferito da Giovanni: «Quand'egli fu

uscito, Gesù disse “vi do un comandamento

nuovo: che vi amiate gli uni gli

altri, come io vi ho amato”». In ogni eucaristia,

mentre celebriamo il sacrificio

della nuova alleanza, questo comandamento

che il Signore ha lasciato ai suoi

discepoli, ci permette di farci riconoscere

come autentici discepoli di Gesù.

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Leonardo, L'Ultima cena (1494-1498) tempera grassa, lacche e oli su intonaco, refettorio di Santa Maria delle Grazie, Milano

36

EUCARISTIA


Viaggi culturali con

Mugel Travel

India

Colori, tradizioni e spiritualità di una cultura millenaria

di Maria Grazia Dainelli / foto Carlo Midollini

Le facce, i colori e i particolari

dell’India raccontano la storia

e l’indole di questa meravigliosa

terra, donando al visitatore uno spettacolo

che merita di essere contemplato

e ricordato. In questo paese dalla storia

millenaria, i monumenti, le tradizioni,

i riti e le religioni attingono continuamente

da questo glorioso passato, offrendoci

una straordinaria varietà di stili

che hanno lasciato l’impronta nei grandi

“stupa”, monumenti che celebrano i

passaggi salienti della vita di Buddha.

Estendendosi dall’Himalaya all’Oceano

Indiano, è uno dei paesi più grandi

al mondo; al suo interno convivono

diverse popolazioni che si differenziano

soprattutto in base

alla religione. Sono

presenti, infatti, gli Induisti,

i Musulmani e

i Sikh, culti che convivono

tra di loro pacificamente.

Non è

difficile capire dove bisogna

entrare scalzi,

grazie alle indicazioni

e al numero di ciabatte

e calzature presenti

all’ingresso di determinati

luoghi. In India esi-

stono ancora i matrimoni combinati: la

scelta viene fatta di solito dalle famiglie

e il più delle volte i giovani approvano

questa usanza. E’ importante ricordare

che la popolazione è suddivisa in caste,

con in alto i brahmani (sacerdoti)

e in basso i shudra (servitori). I capelli

sono molto importanti nella cultura indiana:

quando muore un genitore, i figli

si rasano a zero; lo stesso vale per

i primi capelli dei bambini che vengono

rasati e buttati nel fiume e per i capelli

delle vedove. Impossibile non notare

la bellezza e i colori delle donne indiane

che indossano il “sari”, una lunga fascia

di tessuto avvolta intorno al corpo che

termina con un lembo colorato; le stoffe

e le tipologie di questi abiti variano a

seconda delle disponibilità economiche

della donna. Le indiane amano

ornare le braccia con monili e

braccialetti colorati e indossare

grandi collane e orecchini

pendenti. Purtroppo, la donna

è ancora considerata inferiore

all’uomo e viene per questo

discriminata sia sul lavoro che

in famiglia. E’ un popolo estremamente

gentile che accoglie

l’ospite in casa propria considerandolo

“sacro”.

INDIA

37


Dal teatro al

sipario

A cura di

Doretta Boretti

Il Teatrodante Carlo Monni a Campi Bisenzio

Incontriamo il direttore Alessia Carovani per parlare della

gestione amministrativa di un teatro

di Doretta Boretti

Nella piazza principale di Campi

Bisenzio si trova il Teatrodante

Carlo Monni, già

Teatro Dante fino al 2014. Edificato

nel 1873 su progetto dell’architetto

campigiano Mariano Falcini, fu concepito

come un classico teatro ottocentesco

a palchi destinato all’opera

lirica. Come tale si fece conoscere

in tutta Italia, tanto che Campi venne

soprannominata la piccola Parma. Fino

al 1938 mantenne la sua struttura

e destinazione ma poi, dopo vari rifacimenti,

passò da teatro lirico a cinema

fino alla chiusura. Nei primi anni

Duemila l’amministrazione comunale,

consapevole dell’importanza di un

teatro per la cittadinanza, lo restaurò

su progetto degli architetti Ugo Perut

e Firouz Galdo, che rinnovarono l’antica

struttura conservandone in parte

soltanto la facciata. I cittadini furono

coinvolti nelle spese per la ricostruzione,

acquistando alcuni “mattoni”

dell'odierno teatro inaugurato il

9 febbraio 2007. Incontriamo Alessia

Carovani, direttore amministrativo

del teatro campigiano, per entrare

nel vivo delle problematiche legate

alla gestione della struttura.

Nel 2018, lei è stata nominata presidente

del consiglio di amministrazione

dell’Accademia dei

Perseveranti; può spiegarci di cosa

si tratta?

L’Accademia dei Perseveranti è nata

il 2 luglio 1871 quando 42 cittadini di

Campi Bisenzio e l’amministrazione

comunale costituirono una società

puramente civile allo scopo di costruire

un teatro da intitolare a Dante Alighieri

nel Comune di Campi Bisenzio

e di formare un’accademia per l’attivazione

e la manutenzione del mede-

A partire da destra Alessia Carovani, Tommaso Cardini, Valentina Baldanzi, Giovanni Grossi; nel manifesto

sullo sfondo è riprodotta un'opera del maestro Antonio Manzi (ph. courtesy tuttosesto.net)

simo. Nel 2014, l’Accademia è stata

trasformata in una Fondazione impegnata

nell’ideazione e produzione

di cultura con finalità di promozione

di eventi culturali, artistici e sociali

a livello locale, regionale, nazionale

e internazionale, attivando forme

collaborative con soggetti pubblici e

privati. Inoltre, compito della Fondazione

è favorire il diritto alla cultura

38

DIRETTORE DI UN TEATRO


per una città sempre più creativa, in

collaborazione con il Comune e il sistema

educativo - formativo.

La sua formazione è legata a studi

sul teatro?

Quella del teatro è una grande passione

che cerco di trasmettere ai

miei figli Niccolò e Tommaso. Mi sono

laureata con una tesi in Storia

del Teatro, ho proseguito il percorso

di formazione frequentando corsi

di marketing e di management culturale.

Dal punto di vista professionale

sono diventata una meeting ed event

planner. Da ottobre 2018 sono presidente

della Fondazione Accademia

dei Perseveranti e sono molto orgogliosa

di ricoprire questo ruolo.

Che posto occupa il direttore amministrativo

nell’ingranaggio gestionale

di un teatro?

Il teatro oggi

Il Teatrodante Carlo Monni nel 1860

Cinque anni or sono mi fu proposto

di entrare nel consiglio di indirizzo

e poi in quello di gestione; questi

quattro anni mi hanno permesso di

conoscere a fondo la realtà del Teatrodante

Carlo Monni che considero

un elemento fondamentale della

realtà campigiana e fulcro della sua

vita culturale, capace di proporre

spettacoli di rilievo nazionale, momenti

di riflessione su temi civili di

grande rilevanza e occasioni di aggregazione,

con un’attenzione particolare

alle famiglie e ai più piccoli.

Ho visto crescere questa istituzione

che è diventata ragione di orgoglio

per la mia città e di questo va reso

merito all’amministrazione, nelle

figure del sindaco Emiliano Fossi

e dell’assessore Monica Roso, al direttore

artistico Andrea Bruno Savelli,

al direttore generale Giovanni

Grossi, a tutto il consiglio di gestione

e di indirizzo composto da Enrico

Capaccioli, Claudio Riggio, Valentina

Baldanzi e Tommaso Cardini.

Sono convinta che i risultati siano

dovuti principalmente alla capacità

di collaborazione tra tutte le figure

professionali e allo sforzo di inclusione

finora dimostrato.

La vendita dei biglietti è sufficiente

a coprire le spese per la messa

in scena di uno spettacolo?

Per garantire la massima partecipazione

della cittadinanza i biglietti

hanno prezzi contenuti, mentre per

coprire le spese di gestione, e quindi

compagnie, personale tecnico, maschere

ed utenze, la Fondazione ricorre

a varie forme di finanziamento

sia pubblico che privato.

La programmazione della stagione

teatrale 2019/2020, molto varia e

di qualità, è rivolta anche a bambini

e giovani oltre che agli adulti.

A chi va il merito di queste scelte?

Sì, è vero, quella che si è aperta lo

scorso 9 novembre è una grande stagione

per il Teatrodante che anche

quest’anno ha fatto il tutto esaurito.

Il merito va al direttore artistico Andrea

Bruno Savelli che, in collaborazione

e con il sostegno del Comune

di Campi Bisenzio, ha scelto di fare

del teatro un punto di riferimento

culturale per tutti. Riguardo alle numerose

iniziative e alle proposte formative

rivolte a tutte le fasce di età,

si possono trovare informazioni dettagliate

sul sito www.teatrodante.it.

elischia@inwind.it

+ 39 3888793504

DIRETTORE DI UN TEATRO

39


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Aziende e innovazione

in Toscana

AEP Ticketing Solutions srl

L’azienda fiorentina ha ideato un nuovo sistema di

ticketing cashless per pagare il biglietto dell’autobus a

bordo con carta di credito

di Fabrizio Borghini / foto courtesy AEP

Biglietto dell’autobus a bordo

con carta di credito. E’ dell’azienda

fiorentina AEP Ticketing

Solutions Srl il nuovo sistema di

ticketing cashless. Un anno intenso e

pieno di successi quello appena trascorso

per l’impresa con sede a Signa

(Fi), specializzata nella realizzazione di

sistemi di bigliettazione elettronica in

Italia e all’estero, in particolar modo in

Francia. Con Ataf nella provincia di Firenze,

AEP Ticketing Solutions Srl ha

inaugurato nell’estate scorsa il nuovo

sistema di ticketing cashless, che permette

di comprare il biglietto del bus

a bordo, usando una qualsiasi carta di

credito contactless. Per poi portare il

servizio Pay and Go a Siena in settembre,

con la collaborazione di Tiemme

Spa, e a Lucca lo scorso ottobre con il

servizio urbano di CTT Nord. A novembre

il pagamento del biglietto cashless

è arrivato anche a bordo del servizio

di trasporto pubblico in tutto

il bacino CTT Nord di Livorno

e a dicembre su 42

autobus che compongono la

flotta urbana di Arezzo, guidata

sempre da Tiemme Spa.

Sul finire del 2019, l’azienda

si è aggiudicata a Cannes il

secondo posto ex-aequo del

Calypso Networks Association

Awards per il progetto

ET-BLU, che ha concorso

nella categoria Best Innovations

del premio. Grazie ad

AEP la Toscana è la regione

italiana più cashless: un viaggiatore

può arrivare all’aeroporto

di Firenze, prendere la

navetta VolaInBus di Busitalia,

girare per Firenze sui bus

Ataf, andare a San Gimignano

e Siena e girare per Siena,

grazie ai mezzi di Tiemme, utilizzando

solo la carta bancaria. In nessun’altra

regione è possibile un uso così esteso

della carta EMV. «La nostra collaborazione

con Tiemme è iniziata nel gennaio

2002 quando l’allora startup AEP

Ticketing Solutions le ha consegnato

i primi esemplari dell’innovativa validatrice

Futura 2 – racconta Gianni Becattini,

amministratore delegato di AEP

Ticketing Solutions che conta 100 tecnici

specializzati -; si trattava del primo

prodotto interamente progettato in AEP,

un’assoluta novità rispetto alle vecchie

obliteratrici “a scatoletta”, capaci solo

di stampare ora e data su un biglietto

cartaceo. Futura 2 guardava lontano

e aveva già l’architettura di un computer,

con tanto di sistema operativo e

unità a disco a stato solido, e soprattutto

poteva processare le carte bancarie

Minipay (Siena Card), che rimasero

in uso a Siena per molti anni a venire.

Fu quello – prosegue − l’inizio della

fortunata storia della AEP Ticketing Solutions

che l’avrebbe portata a diventare

l’azienda italiana della bigliettazione

elettronica tra le più conosciute a livello

internazionale, anche per l’acquisizione

nel 2016 del ramo d’azienda Monetica

di Finmeccanica/Leonardo, insieme a

importanti clienti come le città di Milano

e di Torino, le ferrovie egiziane e

algerine». Le soluzioni AEP includono

anche carte e biglietti contactless, biglietti

con QR code, biglietti dematerializzati

su smartphone, sistemi Card

centric e Account based. «Il nostro dispositivo

che sposa il sistema “cashless”

– conclude Becattini − permette

di salire a bordo dei mezzi di trasporto

pubblico senza doversi preoccupare

di avere acquistato in precedenza un

biglietto o di avere del contante per poterlo

fare». Un’innovazione di cui sentiremo

ancora parlare.

Gli amministratori delegati di Aep Ticketing Solution Saverio Bettini (a sinistra) e Gianni Becattini

AEP TICKETING SOLUTIONS SRL

41


Anteprima

Mostre

Giorgio Butini

Dall’1 al 31 marzo alla Soffitta di Sesto Fiorentino con

la personale di scultura di-VINO

di Stefano Bandinelli / foto courtesy dell'artista

La Soffitta Spazio delle Arti ospiterà,

dall’1 al 31 marzo, di-VI-

NO, personale dello scultore

Giorgio Butini. Per l’occasione le rosse

sale della storica galleria del Circolo Arci-Unione

Operaia di Colonnata saranno

il palcoscenico perfetto per mettere in

luce una dozzina di pezzi unici plasmati

recentemente dall’autore. «Con questa

proposta - sottolinea Francesco Mariani,

responsabile del Gruppo La Soffitta

Spazio delle Arti e presidente del Circolo

Arci-Unione Operaia di Colonnata - portiamo

delle splendide sculture di grandi

dimensioni nella nostra galleria. Era

un po’ di tempo che mancava una personale

di scultura nel nostro calendario,

ma l’attesa sarà ripagata dalla straordinaria

energia ed espressività delle opere

di Butini». Nato a Firenze il 25 febbraio

1965, fin da bambino Butini manifesta

una grande predisposizione per il

disegno e le arti figurative. Ha frequentato

il Liceo artistico Cavour a Firenze,

svolgendo attività formative presso botteghe

private di famosi artisti, come Antonio

Berti e Raimondo Giachi. Di lui

scrive lo storico, scrittore ed ex politico

Gianni Conti:«La sua invenzione artistica

plasma la materia in modi mai

scontati, ispirati all’armonia pura delle

forme. La passione per il corpo umano,

approfondito con studi anatomici

nel campo della medicina, lo ha portato

ad esprimere in una tensione quasi esasperata

la sua sintesi ideale tra forma e

spazio, tra movimento e forza che nelle

sue opere si fanno dinamismo puro e

plasticità armonica. Spesso ispirate da

fatti e situazioni legati alla nostra epoca,

le opere di Butini rappresentano un'arte

matura e trasmettono con vigore la sensibilità

profonda e la spiritualità dell’artista».

Le sculture degli ultimi tempi

sono ispirate alle “divinità”: in un intreccio

tra luci ed ombre, le forme plasmate

riportano a galla le nostre emozioni

smarrite in un’intensa esperienza percettiva.

La mostra di-VINO sarà inaugurata

domenica 1° marzo alle ore 10.30,

alla presenza del sindaco di Sesto Fiorentino,

Lorenzo Falchi, e del senatore

Riccardo Nencini, amico dell’artista, e

resterà aperta sino al 31 marzo, ad ingresso

libero, con i seguenti orari: domenica

10.30/12.30 e 16/19, sabato e

feriali 16/19, lunedì chiuso.

Dea del Sole

Giorgio Butini

42

GIORGIO BUTINI


A cura di

Lorenzo Borghini

Il cinema

a casa

Le iene, il capolavoro avantpop

di Quentin Tarantino

di Lorenzo Borghini

Premetto che non sono un grande

fan di Tarantino, o meglio

non lo ritengo quel genio che la

maggior parte del pubblico medio pensa

che sia, ma quando mi trovo davanti

a questo film non posso non riconoscerne

il magnetismo. I primi sette minuti

sono l'apice stilistico dell'opera

tarantiniana, un mix esplosivo di cultura

avantpop, di botta e risposta senza

tregua fra brutti ceffi che si insultano

e sparano a zero su tutto. Mr. Brown:

«Ve lo dico io di cosa parla Like a Virgin.

Parla di una ragazza che rimorchia

uno con una fava così! Tutta la canzone

è una metafora sulla fava grossa». Un

incipit fuori dagli schemi, che dà il via

a quei fantastici sette minuti in cui la

macchina da presa danza. Danza svelando

lentamente i protagonisti della

storia in un gioco di ombre, passando

dalla nuca di uno di loro al primo piano

di un altro. E’ una lezione di cinema data

da uno che il cinema l'ha solo osservato.

Tarantino è l'esempio eclatante di

come si possa fare cinema senza averlo

studiato, ma semplicemente divorando

migliaia di film senza alcun criterio selettivo.

Tarantino si ciba di pane, film

e fumetti nel videonoleggio dove lavora.

Inizia a buttare giù sceneggiature

su sceneggiature ed ecco che nel 1992

compare Le iene. La storia è incentrata

su sette Mr dalle tinte pulp, sette cani

da rapina diretti dal malavitoso losangelino

Joe Cabot (Lawrence Tierney)

e da suo figlio Eddie “il Bello” (Chris

Penn). Dopo quei fantastici sette minuti

– di cui non mi stancherò mai di

parlare – ci troviamo catapultati nell'azione,

con un Mr. Orange (un giovane,

ma già fenomenale Tim Roth) imbevuto

di sangue dalla testa ai piedi, che si

trova sul sedile posteriore di una macchina

agonizzante, mentre alla guida

c'è Mr. White (un grandissimo Harvey

Keitel) che schiaccia il piede sull'acceleratore

per arrivare nel luogo x. Da qui

in poi alla storia presente si accavalleranno

flashback di straordinaria

incisività, sia

della rapina da poco andata

male, che di brevi

momenti del passato dei

protagonisti che hanno

la funzione di presentarli

uno ad uno. Mr. Pink

(Steve Buscemi):« Mr.

Blue è morto?». Joe:

«Più morto di Dillinger».

Questa è una delle

tantissime citazioni

tarantiniane, omaggio a

quel grande regista che

fu Marco Ferreri, ma allo

stesso tempo citazione

del rapinatore di banche

John Dillinger. Tarantino

però non cita solamente

titoli e parole, ma anche

situazioni, le prende

e le trasforma, ci gioca;

sì, ci gioca perché prima

che lo spettatore vuole

divertire se stesso. Da

tutti i suoi film si evince

chiaramente questo

baloccarsi con il cinema; che va bene,

il cinema è anche intrattenimento, ma

i suoi più grandi passi falsi sono frutto

proprio di questo eccessivo trastullarsi

col mezzo cinematografico, che

spesso diventa masturbazione videoludica.

Ma Tarantino è questo, prendere

o lasciare. Però Le iene, anche se è

l'esordio cinematografico – come il secondo

film Pulp Fiction – ha qualcosa

di magico, è come se fosse ancora

puro, avulso da tutte le brutture future,

che, forse, sono solo il prodotto di

un regista a cui la fama e l'essere diventato

il simbolo di una generazione

può aver fatto perdere la freschezza

di un tempo. L'ultraviolenza, tematica

che si ripeterà in tutti i film di Tarantino,

in questo è calibrata bene, perché

è soprattutto violenza verbale e psicologica.

Parole che escono dalle bocche

sparate come pallottole, un montaggio

perfetto e attori formidabili creano

un pastiche di generi che accontenta

un po' tutti, sia lo spettatore medio

che il cinefilo incallito. Le numerose citazioni

servono a scollegare lo spettatore

dalla realtà simulata, da ciò che sta

vedendo – oltre che a divertire il regista

stesso – per trasportarlo in un mondo

a metà tra la fiction e la non-fiction, un

mondo in cui anche una scena violenta

come quella del taglio dell'orecchio,

accompagnata dalla canzone Stuck in

the middle with you può apparire simpatica

e farci divertire, perché guardare

un film di Tarantino è un po' come andare

al luna park, ci sediamo, paghiamo

il biglietto e per due ore possiamo

dire di aver assistito ad uno spettacolo

ipnotico che ci ha ammaliati dal primo

all'ultimo minuto.

LE IENE

43


Con il patrocinio

di

mostra

artisti

a fiesole

22 febbraio-13 marzo 2020

sala del basolato

Piazza Mino da Fiesole, 24

aperta dal lunedì alla domenica

dalle 14,30 alle 17,30

ingresso libero

A cura di LUCIA RAVEGGI

Espongono

JOANNA ASTON

LIBUSE BABAKOVA

SILVIA BALDACCI

MAURO BARONCINI

MIRELLA BIONDI

LORENZO BONAMASSA

MAURO BONINSEGNI

EUGENIO BREGA

CECILIA BROGI

ROBERTO BRUNETTI

ANTONIO BRUNO

JULIUS CAMILLETTI

ENRICA CAPPELLI

ROBERTA CAPRAI

FRANCO CARLETTI

ALESSANDRO CARRI

LORETTA CASALVALLI

SONIA CECCONI

ROBERTO CELLI

VINCENZO CIRILLO

GRAZIA DANTI

MARCELLO DEL SOLDATO

MIMMA DI STEFANO

LUCIANO FAGGI

CRISTINA FALCINI

MARIA GRAZIA FUSI

ELVIRA GABBI

PATRIZIA GABELLINI

LUCIANO GENNAI

ELENA GHERI

GIUSI GRAMIGNI

ROBERTO GRECO

RAFFAELLA GUARDUCCI

ANNA MARIA GUARNIERI

SUSI LA ROSA

ROBERTO LORETO

NICOLETTA MACCHIONE

GIUSEPPINA MAESTRELLI PEPPETTA

STEFANIA MAFFEI

ANNA MARIA MAREMMI

GLORIA MARIANELLI

ARNALDO MARINI

ROBERTO MARTIGNONI

MAURIZIO MASINI

ANNA MERCATI

ANTONELLA MEZZANI

ELENA MIGLIORINI

FABRIZIO MOROSI

IVANA NICCOLAI

LILIANA PESCIOLI

CHIARA PICCARDI

CINZIA PISTOLESI

VINICIO POLIDORI

DIANA POLO

KRISTINA POPLITSKAIA (KRISTI PO)

ANNA RICCERI GUICCIARDINI

MARIELLA ROSSI TONELLI

GIULIANO SANDRONI

MILVIO SODI

MARIA PAOLA SPADOLINI

MAILA STOLFI

ANGELA TAGANI

ANDREA TIRINNANZI

ALTERIDE TURCHI

LUCIANO VALENSIN

VALTER VIANI

INAUGURAZIONE

sabato

22 febbraio 2020

ORE 11.00

Presenta

FABRIZIO BORGHINI

Riprese televisive

Incontri con l’Arte


Ritratti

d’artista

Giancarlo Botti

Protagonista di una personale da poco conclusa al

Palazzo del Podestà di Montevarchi, è autore di opere

tridimensionali ottenute dipingendo su legno inciso

di Laura Bonechi / foto courtesy dell'artista

Luna, tecnica mista su legno inciso, cm 40x40

Il piccolo melo, tecnica mista su legno inciso, cm 60x53

Campo di papaveri con querce, tecnica mista su

legno inciso, cm 45x50

Si è conclusa lo scorso 6 gennaio,

con grande successo di pubblico

e di critica, la personale di

Giancarlo Botti nel prestigioso Palazzo

del Podestà di Montevarchi. Riunite

per l’occasione quarantaquattro nuove

opere che confermano la cifra stilistica

dell’artista aretino. Realizzate con tecnica

mista (acrilico, tempera ed olio),

hanno come base un pannello ligneo

inciso con solchi di varia profondità ed

ampiezza che movimentano la distribuzione

del colore ora affondandolo negli

scavi del legno ora invece facendolo vibrare

in superficie. Un effetto tridimensionale

che consente di “leggere” il

quadro da qualsiasi angolazione. I colori

accesi creano una vivacità immediata

e suggestiva, ma nello stesso tempo

comunicano un senso di pace e solitudine,

un respiro ampio, quasi metafisico.

Parlare di Giancarlo Botti usando termini

come classicità, innovazione, valore

universale, analisi interiore conscia

Canne al vento, tecnica mista su legno

inciso, cm 36x52

Giancarlo Botti

o inconscia − termini abbondantemente

usati dai critici − significa compiere

un grosso errore di valutazione. Le

sue opere denotano grande onestà interiore,

e quindi l’incapacità di ricorrere

a finzioni o sofisticazioni. Botti rifugge

da avventure ed improvvisazioni, pur

portando avanti una ricerca espressiva

frutto di una personalità anticonformista.

Ogni sua opera è una variazione sul

tema, indipendentemente dal periodo in

cedere che conferma quel concetto secondo

cui ogni atto di amore è sempre

simile e contemporaneamente differente.

Le sue opere, presenti in collezioni

pubbliche e private in Italia e all’estero,

si trovano in permanenza alla galleria

d’arte La Bottega di Castellina in Chianti

(Siena).

Giancarlo Botti

Via Aretina, 21 - Levane (Arezzo)

+ 39 335 533 92 39

055 9788394

bottibossini@gmail.com

GIANCARLO BOTTI

45


Arte del

Vino

A cura di

Paolo Bini

Podere Conca: il nuovo Bolgheri

Testo e foto di Paolo Bini

Lo scorrere delle stagioni sfuma

le tinte del paesaggio di Bolgheri

dai colori più accesi a quelli

pastello; una palette naturale che ruota

attorno al blu del mare e al verde delle

basse colline esso prospicienti; i raggi

del sole estivo accendono la costa e l’azzurro

del cielo mentre in autunno il territorio

assume romantiche suggestioni

ocra e riflessi scuri sui boschi di piante

sempreverdi. Podere Conca è incastonato

in questo incantevole contesto: un

vecchio casale ottocentesco finemente

ristrutturato circondato da nove ettari

coltivati a vite e ulivo a regime rigorosamente

biologico, in piena sintonia con

i cicli di vita naturali e proteggendo la

biodiversità. Quello di Silvia Cirri, CEO

aziendale, è stato amore prima ancora

di idea imprenditoriale per un territorio

così generoso; una ristrutturazione e un

ammodernamento che avanzano da oltre

quarant’anni in cui costante è stata

la produzione olearia EVO ma affiancata

ultimamente da un’attività vitivinicola

di tutto rispetto sotto il profilo qualitativo.

A Podere Conca si respira la tradizione,

la dedizione e l’attaccamento per

questi luoghi da rispettare e valorizzare

con mani attente all’ecosistema e ai

preziosi frutti della terra. Vigneti coltivati

prevalentemente a uve che hanno

fatto la storia di Bolgheri e quella dei cosiddetti

Supertuscan conosciuti in tutto

il mondo. Protagonisti quindi i vitigni a

bacca nera Cabernet Franc e Cabernet

Sauvignon ma interessantissima

è stata la scelta

di impiantare Ciliegiolo,

una decisione che guarda

indietro alla secolare

tradizione toscana volgendosi

però verso uno stile

più moderno e innovativo.

Stessa intuizione per i

bianchi dove il tipico Vermentino

di zona qui è sostituito

da Chardonnay,

Sauvignon blanc ma, so-

prattutto, dal Viognier uva che ben si

adatta anche in queste aree. La nuovissima

cantina consentirà un ulteriore balzo

verso la definitiva consacrazione nell’olimpo

bolgherese fermo restando che i

due vini di Podere Conca, che hanno solamente

tre vendemmie di vita, lasciano

esterrefatti per l’eccellente rapporto qualità

prezzo.

Degustando il bianco Elleboro 2018 si

sprigionano aromi centrali di pesca e

fiore di ginestra circondati da quelli delicati

di ananas, albicocca e melissa; in

bocca è sostanzioso, pregevole per uno

sfizioso abbinamento a vostra scelta (o

umore) fra salsiccia di cinghiale, coda di

rospo in padella con pomodorini o ancora

un piatto etnico di riso basmati con

pollo e verdure. Il DOC Agapanto 2017

ha la stoffa del bolgherese corposo ma

estremamente elegante: profumi di ciliegia,

mora selvatica, petali di rosa scura e

violetta con dolci speziature di cannella e

I filari di Podere Conca

rientri aromatici di malva e balsamici; in

bocca soddisfa perché materico, polposo

ma con tannini morbidi che regalano

un sorso di carattere, lungo, carezzevole

e non stancante. Necessiterebbe ancora

di qualche mese per dare il meglio di sé

nel calice ma già ora lo vedremmo benissimo

accompagnato a del capriolo in

umido e, magari fra un po’ di tempo, ideale

per delle pernici alla cacciatora e, se

ne conserverete una bottiglia per almeno

dieci anni, armonico su del pecorino

stagionato. I grandi vini meritano un assaggio

immediato ma anche la pazienza

dell’attesa e della lunga conservazione.

Podere Conca

Toscana bianco IGT Elleboro e Bolgheri rosso DOC

Agapanto, Podere Conca

46

PODERE CONCA


Percorsi

gourmet

La Loggia del Piazzale Michelangelo

Una location storica con vista mozzafiato su Firenze per

un ristorante dalla cucina raffinata e attenta alla qualità

delle materie prime

Testo e foto di Paola Curradi

«

Siamo una famiglia della Basilicata,

sei fratelli tutti maschi,

che, nell’ormai lontano

1974, ha scoperto la ristorazione proprio

qui a Firenze». Comincia così il

dialogo fra me e Pino Caprarella, da luglio

2016 titolare del ristorante La Loggia

del Piazzale Michelangelo. Dopo

aver ascoltato con interesse la storia

della famiglia Caprarella, il signor Pino,

mostrandomi il menù, mi indica i

piatti che andrò a degustare, a cominciare

dagli antipasti: tartare di chianina;

crostini toscani con paté di fegatini

di pollo; antipasto La Loggia con affettati

misti di chianina; pecorino etrusco

invecchiato in grotta: polenta gratinata

con trifola di funghi porcini. I primi:

maltagliati di pasta fresca al ragù

di cinta senese con crema di cavolo nero

e fagioli; pici al ragù di anatra; gnudi

toscani con crema di latte e scaglie di

pecorino senese. I secondi: filetto della

Loggia con spuma di lampredotto; vellutata

di salsa verde; pecorino toscano

e crostone di patata; anatra in tre cotture

con crema di sedano rapa; polenta

croccante e bietolina all’olio. Il dessert:

Paola Curradi con i fratelli Pino (a sinistra) e Rocco Caprarella

tortino di mele tiepido

su crema alla vaniglia;

vellutata di mango con

frutta fresca; millefoglie

di pane con crema

chantilly e riduzione

di vino stilnuovo.

Mi fido e lascio fare a

lui. Dalla cucina viene

a salutarmi un altro

dei fratelli Caprarella:

Rocco, chef del ristorante.

Mentre aspetto

il primo piatto, do una

sbirciatina al menu:

lo trovo curato, convincente

e chiaro nella

descrizione. Arriva il maître con gli

antipasti; mi consiglia di iniziare dalla

tartare di chianina, chiedendomi se

voglio la preparazione all’italiana o alla

francese; decido all’italiana con un tocco

di Francia. Il pezzo di carne è fesa

di coscia di chianina: buonissimo, burroso,

saporito, sapientemente condito

con salse che lo esaltano; la maionese

è molto leggera e delicata e la fetta

di pane sottilissima è croccante e gustosamente

salata. Poi tocca al paté di

fegatini burrosi e raffinati e all’antipasto

toscano con affettati di chianina più

leggeri e meno grassi di quelli di maiale,

ma non per questo meno appetitosi.

I primi sono super. Il filetto alla Loggia

circondato da perle di crema di lampredotto

e di salsa verde è morbidissimo

e il crostone di patata croccante fuori

e tenero dentro è perfetto per ammorbidire

il sapore deciso della salsa di

Madeira del filetto; l’anatra, delicata

e saporita, ha una cottura

perfetta. Che dire poi dei dolci:

ho chiuso veramente in bellezza.

Ho fatto la degustazione di

sola carne, ma anche il pesce è

molto presente nel menù. I vini

serviti: Bolgheri Rosso Aska

di Banfi e per i dessert Muffato

Della Sala Umbra di Antinori.

In conclusione: una cucina raffinata,

attenta al territorio, alla

qualità delle materie prime e alla

loro stagionalità. I piatti sono

presentati con grande cura

e il personale è molto disponibile

e gentile. Buono il rapporto

qualità prezzo.

LA LOGGIA

47


Mauro Maris

Grande cuore, smalto, cm 50x60

Villaggio esotico, smalto, cm 50x70

Mauro Maris riceve il premio Cristoforo Colombo

come artista dell'anno 2019

www.mauromaris.it

mauromaris@yahoo.it


Personaggi

Lettera ad Alfredo Martini, indimenticato

commissario tecnico della Nazionale di ciclismo

di Gaia Simonetti

Il tempo passa inesorabile e incurante

e vorrebbe coprire tutto con

il suo manto nero, ma non nasconde

il tuo ricordo, che è più forte.

Caro Alfredo, ti scrivo perché si avvicina

il 18 febbraio, la data del tuo

compleanno. Quest'anno sarebbero

state 99 candeline. Ho avuto l'occasione

di conoscerti e di dar vita,

grazie al tuo supporto, ad un libro in

ricordo di Franco Ballerini, l'ex CT del

ciclismo, ruolo che anche tu hai ricoperto.

Il tuo “Ballero”, così lo chiamavi.

Ricordo i pomeriggi trascorsi

a casa tua, sorseggiando un caffè e

sbirciando gli articoli di giornale custoditi

nelle agende che mi mostravi

con occhi sorridenti. Parlavano del

tuo amato ciclismo, che per te era una

metafora della vita con salite e discese.

Ho appuntato alcuni tuoi pensieri

nel mio diario. «Nello sport − eri solito

dire −, se lo si fa con determinazione

e tutta la forza che si possiede,

si può vincere anche senza arrivare

primi». Oppure le dichiarazioni d'amore

alla bicicletta:«Chi va in bici fischiettando,

pensa, canta e sorride.

La bicicletta è sorriso». Nei pomeriggi

in cui ci incontravamo per progettare

il libro su Ballerini, facevo tesoro

delle tue massime che valevano nello

sport, ma si adattavano anche alla

vita. «Gaia, hai ricevuto il fax? Va

bene il testo? Ho scritto troppo? Ma

come si descrive a parole la tristezza

della perdita di Franco? Ho messo

nero su bianco quello che il mio cuore

prova». Era un altro dei tuoi modi

per non dimenticare chi, come te,

considerava lo sport come una favola

da raccontare ai giovani nelle scuole

Alfredo Martini nella tappa fiorentina del Giro d'Italia 1950 (ph. agenzia La presse)

Martini in una foto degli ultimi anni (ph. courtesy

Quotidiano.net)

e alle famiglie. Una favola che aveva i

suoi momenti duri, le prove da superare,

ma la passione e l'abnegazione

erano ali per arrivare al traguardo, al

lieto fine. I tuoi racconti mi emozionavano.

Ricordo quando dicevi:«Cos’è il

tempo che passa?». Tu gli

anni non li consideravi un

peso ma piuttosto bagagli

di sentimenti che non

si disfano come una valigia;

a volte possono essere

simili a vestiti sgualciti,

consumati, ma sono importanti

proprio perchè

recano traccia del vissuto.

Caro Alfredo, queste

sono righe intrise d’inchiostro

e riconoscenza. E

questo devono essere. E'

il mio modo semplice di

dirti grazie. Ci hai lasciato

la bellezza delle emozioni,

a cui né una salita

né una strada scoscesa o

la vita stessa, con i suoi

ostacoli, possono togliere

il gusto. Ho appena finito

di scrivere. Ho riposto la

penna nell'astuccio. Sposto

la tenda della finestra

e vedo una bicicletta passare.

E immediato nasce

un sorriso.

ALFREDO MARTINI

49


Movimenti e associazioni

in Toscana

Figurazione 3000

Un movimento fondato a Firenze da quattro artisti per

riportare al centro la pittura della realtà

di Jacopo Chiostri

Èpossibile che la goccia sia stata

quella banana appiccicata al

muro, fatto è che quattro pittori

fiorentini hanno reagito a quella che

considerano una mistificazione dell’arte,

dove sembrano contare solo esperienze

di tipo sensoriale e la bravura

nel disegno accademico è considerata

superata. Si sono detti che è tempo

di recuperare il ruolo guida della pittura

di tipo figurativo e riaffermare che

la dimensione profonda e totalizzante

dell’uomo artista non può che essere

di tipo spirituale e mistico, quindi hanno

costituito un movimento e lo hanno

chiamato Figurazione 3000. Prendono

le distanze da forme di espressione simili

a manufatti nati per stupire (o provocare)

piuttosto che ad opere d’arte, e

da un mercato interessato solo al profitto:

sono Andrea Alfani, Mario Minarini,

Marco Monatti, Davide Sigillò e Giampiero

Iacopini, che non è un pittore ma

lo hanno scelto come loro presidente.

Giampiero Jacopini, presidente del movimento Figurazione 3000

Nato a Firenze, è diplomato Italia, Inghilterra e Messico; i suoi quadri

fanno parte di collezioni private in tut-

Mario Minarini

Mario Minarini pittore

nell’antica tradizione fiorentina

dell’oreficeria, pietra miliare

to il mondo.

nella sua educazione artistica.

L’occhio dell’orafo si vede nei paesaggi

www.mariominarini.it

e nelle nature morte, dove cattura

la luce, l’ombra e i riflessi. Ispirato ai

Macchiaioli, predilige la pittura a olio e

dipinge su tavola; adopera la spatola e

tecniche che consentono colori accesi

e una pittura più materica e dinamica;

dipinge sovente en plein air. Nel 2008

ha vinto il Fiorino d’argento con l’opera

Manichino Uomo. Ha tenuto mostre

personali in musei e istituti culturali in Mario Minarini Composizione con papaveri (2019), olio su tavola, cm 50x70

50

FIGURAZIONE 3000


Pittore autodidatta, ha cominciato

a dipingere nel 1973 ma

nel 1989 ha iniziato una lunga

pausa per poi riprendere nel 2008. La

sua prima personale è del 2016, Ma-

Marco Monatti

de in Florence alle

Giubbe Rosse;

sempre nel 2016

ha partecipato a

una collettiva a

San Giuliano (Pisa)

e del 2017

sono le personali

alla Roccartgallery

e a

Istaad (Svezia),

Nato a Firenze, da giovane ha abbinato

la passione per la pittura

col lavoro nel settore dell’astronomia

ottica da cui ha appreso le leggi

della luce e della rifrazione. Nel 2015 si

è laureato in Scienze Infermieristiche. La

sua formazione è tradizionale, segue gli

insegnamenti

degli Impressionisti,

e usa

la spatola per

lo studio della

materia, della

luce e del movimento

nelle

aree informali

della sua Davide Sigillò

procui

seguono altre personali

e collettive; nel 2017 è stato

insignito del Collare Laurenziano;

sue opere sono collezionate

in Italia, Cina, Canada

Australia e USA. Pittore iperrealista

con rimandi simbolici

che lo avvicinano alla pittura

metafisca e surrealista, i

suoi soggetti appaiono spesso

pietrificati e decontestualizzati,

e richiedono un’attenta

lettura.

marcomonatti@gmail.com

+ 39 3206142347

Tempo relativo (2018), olio su tavola, cm 30x35

Marco Monatti

Marco Monatti

duzione. L’incontro con Sergio Scatizzi

ha avuto un ruolo trainante nella sua arte,

come i viaggi e l’incontro con Mario

Minarini. Sigillò ha cambiato spesso stile

in una ricerca essenziale nel suo divenire

espressivo. Ha al suo attivo sia mostre

personali che collettive. Ha ricevuto il

Fiorino d’argento per la pittura con l’opera

Madonna fiorentina e il Premio Ponte

Vecchio. I suoi dipinti si trovano in collezioni

private in Italia e all’estero.

www.davidesigillo.eu

davidesigi@gmail.com

+39 3209458818

Davide Sigillò - Artist

davidesigi_artist

Madonna fiorentina, olio su tavola, cm 42x40; opera

vincitrice del Fiorino d'argento nell'ambito del Premio

Firenze 2017

Ènato a Firenze dove vive e si

dedica esclusivamente alla

pittura. Si è laureato in Architettura.

Ha un modo personale di interpretare

la realtà che trasforma con

simbolismi di matrice romantica. Suoi

Andrea Alfani

soggetti sono cavalli, figure femminili o

maschili ambientate in paesaggi marini o

boschivi; ha rivelato particolare sensibilità

anche nel ritrarre Firenze. Di recente,

si dedica alla sperimentazione di giochi

di luce, sfumature e velature con soggetti

floreali e urbani. Alfani è un “pittore senza

tempo”: il suo è un mondo personale

che va oltre l’ermo colle e si immerge in

un “infinito” dove è possibile travasare il

divino che è in ciascuno di noi. E’ membro

della plurisecolare società Il Paiolo di

Firenze. Sue opere si trovano in numerose

collezioni private.

www.andreaalfani.it

alfani@andreaalfani.it

+ 39 333 8583134

Andrea Alfani

alfaniart65

Dedizione d'amore (2019), olio su tela, cm 50x40

FIGURAZIONE 3000

51


Eccellenze toscane

in Cina

A cura di

Michele Taccetti

China 2000 srl investe sul turismo cinese

Accordo di joint venture con un’azienda del settore a Pechino

strutture ricettive: nel paese di provenienza

l’ospitalità costituisce un valore

da custodire e tramandare e anche

in Italia tale clientela si aspetta di essere

accolta e seguita con pari attenzione

e cura. Rilevante risulta anche il flusso

dei giovani: oltre 20.000 studenti cinesi

nel 2019 hanno svolto stage formativi

in Italia a breve e medio termine, anche

per merito di programmi governativi,

e si sono registrate numerose adesioni

a programmi e progetti che promuovono

l’incoming non solo per studenti

di età compresa nella fascia 11-17 anni,

ma anche per giovani diplomati di

età tra i 18 e i 23 anni; studenti, diplodi

Michele Taccetti

Sono stati circa sei milioni i turisti

cinesi che hanno visitato l’Italia

nel 2019, circa il 20 per cento

in più rispetto al 2018 che, a sua volta,

aveva visto una crescita del 15 per cento

rispetto al 2017: oltre all’incremento

legato al turismo tradizionale, il trend

di crescita è arricchito anche dalle numerose

coppie che vengono a celebrare

il proprio matrimonio in Italia, specie

sulle colline toscane che, in generale,

rappresentano da sempre una delle

mete preferite dei turisti provenienti dal

grande paese asiatico. Il nuovo trend

vede turisti cinesi agiati che visitano l’Italia

confidando in un alto livello delle

mati e laureati interessati ai settori della

moda, dell’arte, dell’arredamento

e dell’agro-alimentare scelgono inol-

La Città Proibita a Pechino

52

CHINA 2000 SRL


Una sposa cinese a Firenze (ph. courtesy Firenzetoday.it)

La Pearl Tower a Shanghai (ph. Savin Scherer)

tre il nostro paese, leader mondiale in

questi ambiti, per frequentare scuole

di specializzazione e svolgere tirocini

e - magari - cogliere opportunità di

lavoro che possano permettere loro di

prolungare il soggiorno o, addirittura,

rimanere a vivere in Italia. Anche se l’Italia

può offrire minori opportunità di

lavoro rispetto ad altre realtà europee

o mondiali, i giovani stranieri continuano

tuttora a considerarla una meta

ambita grazie alla qualità della vita

offerta dal nostro paese; molti giovani

cinesi si avvicinano, infine, alla cultura

italiana grazie ad opere d’arte molto conosciute

e ammirate anche in Cina, oppure

attratti dall’artigianato artistico o

dalla moda. Da almeno dieci anni, China

2000 srl studia il trend turistico e da

tre ha attivato collaborazioni che contemplano

la possibilità di offrire una

chance turistica a chi si reca per motivi

di affari o di studio dalla Cina in Italia o

viceversa. Dopo alcuni test con agenzie

turistiche cinesi con cui sono stati promossi

itinerari ad hoc per visitare anche

aziende vinicole e ville private, oltre

ad aziende che realizzano prodotti Made

in Italy, all’inizio di quest’anno China

2000 srl ha siglato un accordo con

il Museo d’Arte di Shanghai e un contratto

di joint venture con una primaria

ditta di Pechino operante nel settore

turistico: la partnership, frutto di quasi

due anni di trattative, si cementa proprio

nell’anno della Cultura e del Turismo

fra Italia e Cina che celebra i 50

anni di relazioni diplomatiche fra i due

paesi e, sicuramente, inizierà a produrre

frutti preziosi non appena dissolto lo

spettro del coronavirus.

Michele

Taccetti

Laureato in Scienze Politiche con una tesi sugli scambi economici Italia/

Cina ed erede della propria famiglia operante con il grande paese asiatico

fin dal 1946, assiste da oltre vent’anni le aziende italiane interessate

ad aprire il mercato cinese in vari settori merceologici e, in particolare, alla promozione

del Made in Toscana in Cina. Svolge attività di formazione in materia di

marketing ed internazionalizzazione ed è stato consulente per il Ministero dello

Sviluppo Economico.

Per info:

michele.taccetti@china2000.it

China 2000 srl

@Michele Taccetti

taccetti_dr_michele

Michele Taccetti

CHINA 2000 SRL

53


Movimento

Life Beyond Tourism

Travel To Dialogue

L’Azerbaijan protagonista a Firenze

È il paese ospite del World Forum della Fondazione Romualdo Del Bianco

Il Simposio Internazionale Building Peace through Heritage – World Forum to Change

through Dialogue si terrà dal 13 al 15 marzo

di Stefania Macrì / foto Corinna Del Bianco

Un territorio variegato e ricco,

con molteplici espressioni culturali,

una storia millenaria,

un popolo accogliente e orgoglioso del

proprio patrimonio. Sono questi i valori

che l’Azerbaijan porterà con sé alla XXII

Assemblea Generale e Simposio Internazionale

Building Peace through Heritage

– World Forum to Change through

Dialogue che si terrà dal 13 al 15 marzo

nelle location del Centro Congressi

al Duomo (Auditorium al Duomo, Palazzo

Coppini e ICLAB) a Firenze. Con

la partecipazione dell’Azerbaijan, paese

ospite di quest’anno, il Simposio del

Movimento Life Beyond Tourism Travel

to Dialogue si arricchirà di un testimonial

d’eccezione per scoprire le

culture del mondo nel cuore di Firenze

e riscoprire le espressioni culturali

del territorio. Un percorso che continuerà

anche all’ICLAB dove sabato 14

marzo artigiani provenienti da tutto il

mondo popoleranno lo Showcase Internazionale

con il loro patrimonio di

manualità, idee e saper fare. L’evento

è promosso dalla Fondazione Romualdo

Del Bianco, organizzato

dal Movimento Life Beyond

Tourism Travel to Dialogue,

con il coordinamento scientifico

dell’Istituto Internazionale

Life Beyond Tourism e

il sostegno dei Main Sponsor

Centro Studi e Incontri

Internazionali, Fondazione

Romualdo Del Bianco, Centro

Congressi al Duomo. Diversi

soggetti legati da un

obiettivo comune: formare

viaggiatori che siano residenti

temporanei dei luoghi

che visitano. Un proposito

sottolineato da Sua Eccellenza

Abulfas Garayev,

Ministro della Cultura della

Repubblica di Azerbaijan,

che in merito al Movimento

Life Beyond Tourism scrive:

«Vorrei congratularmi

con la Fondazione per il prezioso

coinvolgimento nella

protezione del patrimonio

e nello sviluppo del turismo

54

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE


nelle attività dei siti patrimonio mondiale

e spero che questo tipo di consapevolezza

possa essere trasferita ad altre

istituzioni e organizzazioni interessate

a portare alla coscienza dei cittadini

del mondo, l'importanza del patrimonio

mondiale». L’inaugurazione della mostra,

con il Ministero della Cultura rappresentato

ad alti livelli e alla presenza

di Askar Alakbarov presidente dell’Administration

of State Historical-Architectural

Reserve Icherisheher (Baku),

aprirà il Forum il 13 marzo. La Sala Borselli

dell’Auditorium al Duomo sarà allestita

con corner tematici dedicati alla

cultura, alle opere di artigianato, alla

cucina e al folklore azeri. Un percorso

espositivo che si svilupperà attraverso

immagini e fotografie, installazioni di

artigianato locale, proiezioni e una mostra

dedicata ai copricapi azeri (Kelagayi),

vera anima della tradizione locale.

La mostra è organizzata in collaborazione

con l’Ambasciata di Azerbaijan in

Italia, l’Administration of State Historical-Architectural

Reserve Icherisheher

e lo State Service of Cultural Conservation,

Development and Restoration

under the Ministry of Culture of the Republic

of Azerbaijan. La sinergia con gli

enti locali e nazionali dell’Azerbaijan e

con la Camera di Commercio Italo Azerbaigiana

di Roma hanno inoltre posto

le basi di un incontro pre-forum che si

svolgerà a Firenze il 12 febbraio, a partire

dalle ore 15.00 a Palazzo Coppini, in

via del Giglio 10, dal titolo Azerbaigian

e Made in Italy: opportunità ed incentivi

per le PMI, durante il quale ci sarà

la possibilità di conoscere meglio il paese

e capire in che modo poter creare

delle collaborazioni con le aziende locali

oltre che consolidare la partecipazione

del Movimento Life Beyond Tourism

Travel to Dialogue, assieme alle aziende

affiliate, alle prossime fiere in programma

in primavera in Azerbaijan.

Info: www.lifebeyondtourism.org/it/

events/world-forum-to-change-through-dialogue

Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue

Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism ® , ideati

dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di creare una rete internazionale

che promuova il Dialogo tra Culture a ogni livello coinvolgendo

le espressioni culturali dei luoghi (residenti, viaggiatori, istituzioni culturali,

pubbliche amministrazioni, aziende, artigiani e tutti coloro che rispondono alle

esigenze del mercato). Si tratta di una vera e propria nuova offerta commerciale

incentrata sull’agire etico.

Per info:

+ 39 055 284722

company@lifebeyondtourism.org

www.lifebeyondtourism.org

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE

55


L’avvocato

Risponde

Cucina e proprietà industriale: la

tutela giuridica del Food

di Aldo Fittante

L’Italia può contare su di un patrimonio

di eccellenze nel Food

e, più in generale, nel settore

enogastronomico unico al mondo,

espressione di prodotti di altissima

qualità e di un saper fare che affonda

le proprie radici in tradizioni antiche,

legate alla cultura e all’identità

del territorio del bel paese. La crescente

attenzione dei consumatori per

gli aspetti qualitativi e nutrizionali dei

prodotti favorisce l’enogastronomia e

la cucina italiana, divenuta ormai un

tratto distintivo dell’Italian Style, rappresentando

uno dei fattori di successo

e identificazione del Made in Italy.

Il Food e le produzioni agroalimentari

italiane, con i loro ineguagliabili connotati

di tipicità, tracciabilità e genuinità,

esprimono il legame inscindibile

“territorio-storia-cultura” che è la principale

chiave del successo della nostra

cucina ed enogastronomia. In questo

quadro un ruolo importante – sia pure

ancora in divenire, trattandosi di una

nuova frontiera di tutela – può svolge-

re la proprietà industriale. Si pensi, ad

esempio, alla rilevanza che nel settore

del Food e dei prodotti agroalimentari

assumono forma, colori e loghi del

packaging che contraddistingue i nostri

piatti e prodotti, alle indicazioni

che ne consentono una chiara, precisa

e compiuta tracciabilità e legame con

uno specifico territorio, alla crescente

importanza e del Food Design, sino

ad arrivare all’aspirazione di ogni chef

ad aggiudicarsi un’esclusiva nell’utilizzo

delle proprie ricette. Un patrimo-

ph. courtesy Convivium.it

56

FOOD


nio di idee rispetto al quale la domanda

di protezione mediante privative industriali

è in esponenziale aumento:

esigenze di tutela cui in molti casi

l’ordinamento può rispondere in modo

sicuro ed efficiente, in altri casi con

incerta e tuttora discussa applicazione.

Anzitutto il marchio, vero “biglietto da

visita” in grado di garantire al pubblico

la qualità del Food e delle produzioni

agroalimentari, è il principale asset

aziendale pienamente tutelabile e da

valorizzare al massimo. Accanto e parallelamente

al marchio d’impresa – e

per venire incontro all’esigenza delle

nostre aziende del Food e dell’enograstronomia

di fidelizzare la clientela offrendo

adeguate garanzie agli stranieri

che scelgono di consumare vero italiano

– svolgono un ruolo chiave i marchi

di qualità. DOP (Denominazione di

Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica

Protetta) e STG (Specialità

Tradizionale Garantita), PAT (Prodotti

Agroalimentari Tradizionali) e, nel settore

vitivinicolo, IGT (Indicazione Geografica

Tipica), DOC (Denominazione

di Origine Controllata), DOCG (Denominazione

di Origine Controllata e

Garantita), fino ad arrivare ai marchi

collettivi (si pensi, ad esempio, ai marchi

collettivi Grana Padano e Prosciutto

di Parma): strumenti di sicura applicazione

a disposizione dell’imprenditore

che, operando nel Food o nell’enogastronomia,

intenda con lungimiranza

puntare sull’appeal delle indicazioni

geografiche e delle denominazioni di

origine delle proprie produzioni, mantenendole

rigorosamente legate al loro

specifico ambiente, inclusi fattori naturali

e tradizioni produttive. La registrazione

come disegno o modello può

svolgere anch’essa un ruolo qualificato

nella tutela entro certi limiti del Food

Design, al fine di ottenere un’esclusiva

sulla forma visibile o sulla presentazione

degli alimenti nonché sul relativo

imballaggio, purchè siano nuovi e abbiano

carattere individuale. Potremmo

citare come esempi di disegni e modelli

richiesti e concessi nello specifico

settore del Food, la registrazione

concessa sulla forma di biscotti, cioccolatini,

paste alimentari e molti altri

prodotti alimentari, ma anche la molto

frequente registrazione del packaging

degli alimenti, anch’esso destinato

sempre di più a svolgere un qualificato

ruolo promozionale e di marketing.

Assai più dubbia è la possibilità di ottenere

un’esclusiva sul sapore di un alimento.

La questione è recentemente

approdata alla Corte di Giustizia dell’Unione

Europea (sentenza nella causa

C-310/17) che si è occupata della tutelabilità

sulla base del diritto d’autore

del sapore di un formaggio spalmabile

con panna ed erbe aromatiche creato

nel 2007 da un commerciante olandese

di prodotti ortofrutticoli e prodotti freschi.

La conclusione cui è approdato il

giudice comunitario è stata negativa,

sul presupposto che non vi è possibilità

di procedere a un’identificazione

precisa e obiettiva del sapore di un

alimento. La Corte ha infatti precisato

che a differenza, ad esempio, di un’opera

letteraria, pittorica, cinematografica

o musicale, che è un’espressione

precisa e obiettiva, l’identificazione del

sapore di un alimento si basa essenzialmente

su sensazioni ed esperienze

gustative soggettive e variabili, concludendo

dunque nel senso che il sapore

di un alimento non può essere qualificato

giuridicamente come “opera” e,

quindi, non può beneficiare della tutela

del diritto d’autore. Nel settore alimentare

e della cucina altrettanto dubbia è

la brevettabilità come invenzione industriale

di una nuova ricetta dal momento

che, nella maggior parte dei casi,

una ricetta culinaria, per quanto originale

o persino geniale, non risolve in sé

un problema tecnico, presupposto per

l’ottenimento di un brevetto. In sostanza,

per quanto si tratti di una materia

ancora in divenire come nuova frontiera

di protezione – e se escludiamo i casi

particolari degli integratori alimentari,

degli alimenti destinati a categorie specifiche

di persone ad esempio i celiaci,

dei prodotti alimentari nei quali nuovi

ingredienti conferiscano caratteristiche

“tecniche” peculiari all’alimento (ad

esempio contenimento degli zuccheri,

miglior digeribilità, più lunga conservazione,

velocità di cottura) – ben difficilmente

i nostri chef possono aspirare

all’ottenimento di un brevetto sulle loro

pietanze, in quanto queste normalmente

non risolvono un problema

tecnico né sono atte ad avere un’applicazione

industriale, requisito quest’ultimo

di brevettabilità. Non è mancato

peraltro chi ha ipotizzato la tutela delle

ricette culinarie come segreti aziendali

(ex art. 98 del Codice di Proprietà

Industriale, D.Lgs. n. 30/2005), norma

che tuttavia postula che le informazioni

per la preparazione della pietanza originale

che s’intende proteggere siano e

rimangano “segrete” nei rigorosi modi

e termini codificati nella citata norma

e – a parere di altri – ben difficilmente

riscontrabili nel caso concreto. Un dibattito

acceso ed aperto, oltre che molto

appetitoso, è proprio il caso di dirlo.

Aldo

Fittante

Avvocato in Firenze e Bruxelles, docente in Diritto della Proprietà Industriale

e ricercatore Università degli Studi di Firenze, già consulente

della “Commissione Parlamentare di Inchiesta sui Fenomeni della Contraffazione

e della Pirateria in Campo Commerciale” della Camera dei Deputati.

Enrico Visani

www.studiolegalefittante.it

FOOD

57


B&B Hotels

Italia

Ferrara in bicicletta con il B&B

Hotels Road Trip

di Francesca Vivaldi

Con il sole che torna a illuminare

e scaldare le giornate, questo

weekend ho scelto di andare a

visitare la “città della bicicletta” e grazie

al servizio di bike rental offerto dal B&B

Hotel Ferrara, ho potuto vivere appieno

l’esperienza di una tipica ferrarese. Grazie

alla ricca colazione fatta in hotel, ho

iniziato subito la giornata con la giusta

carica per salire in sella alla bicicletta firmata

B&B Hotels e pedalare lungo tutta

la ciclabile che porta dritti verso il centro

storico. Quello che più mi ha colpito,

è stato il paesaggio suggestivo e senza

tempo che circonda questa città: pedalare

lungo le mura monumentali mi ha

dato la sensazione di essere trasportata

in un attimo in epoca medioevale. A tal

proposito, ho potuto vivere l’esperienza

unica di un giro in barca nel fossato

del Castello Estense, per concludere poi

la visita salendo sulla torre del castello

e godendomi il panorama spettacolare

di Ferrara illuminata dai colori caldi del

tramonto. Questo per me significa viaggiare:

immergersi completamente nelle

tradizioni locali.

ph. courtesy viaggiare.corriere.it

58

FERRARA


B&B Hotels

D

estinazioni, design, prezzo.

B&B Hotels unisce il calore e

l’attenzione di una gestione di

tipo familiare all’offerta tipica di una

grande catena d’alberghi. Un’ospitalità

di qualità a prezzi contenuti e competitivi,

senza fronzoli ma con una forte

attenzione ai servizi. 39 hotel in Italia.

Camere dal design moderno e funzionale

con bagno spazioso e soffione XL,

Wi-Fi in fibra fino a 200Mega, Smart TV

43”con canali Sky e satellitari di sport,

cinema e informazione gratuiti e Chromecast

integrata per condividere in

streaming contenuti audio e video proprio

come a casa. Vivi l’Italia come mai

avevi fatto prima. E’ questo il momento

di viaggiare.

hotelbb.com

FERRARA

59


Arte e

gusto

A cura di

Elena Maria Petrini

L’arte di nutrirsi con l’arte

di Elena Maria Petrini

L’arte è da sempre prezioso nutrimento

per lo spirito umano in

una duplice accezione: è possibile,

infatti, nutrirsi d’arte ma anche

imparare l’arte di nutrirsi. La creatività

è fondamentale in entrambi i casi; essenziale

è anche “dove” si mangia: l’umanità

ha sempre puntato a migliorare

l’ambiente antropico, adeguandolo al

proprio status e allo stile di vita, impiegando

i materiali disponibili attraverso il

versatile strumento dell’architettura. E’

nelle grandi residenze nobiliari che sono

stati progettati ambienti sempre più

adeguati, igienici e accoglienti: grandi

cucine di epoca cinque/secentesca dove

preparare il più sontuoso dei banchetti.

Gli architetti hanno contribuito nei secoli

non solo al miglioramento della

qualità della vita, ma anche allo sviluppo

e alla definizione del gusto estetico,

progettando opere capaci di soddisfare

sia le esigenze pratiche che quelle dello

spirito. Oggi, i nuovi “luoghi di culto”

sono i wine-bar, i ristoranti gourmet, le

enoteche, i bistrot, i pub: frequentatissimi

“santuari” dell’era contemporanea,

luoghi conviviali ed esteticamente gradevoli

che centrano in pieno il concetto

di “mangiare bene in un luogo bello”.

Questi ambienti sono pensati per offrire

comfort ai clienti e destare in loro il

buonumore alla base del benessere psicofisico.

L’arte, dunque, è ingrediente

principale del nutrimento spirituale,

grazie al suo linguaggio universale fatto

di forme, colori, segni e scenari che

generano emozioni, impressioni e per-

cezioni. Un capolavoro come L’Ultima

Cena di Leonardo, ad esempio, rappresenta

contemporaneamente i tre aspetti

del nutrimento: materiale, spirituale

e divino. Lo stesso può dirsi della Madonna

del Libro, dove un abilissimo

Botticelli evidenzia la possibilità di nutrirsi

spiritualmente attraverso il corpo

di Cristo, materialmente con la frutta e

culturalmente con il libro. Il cibo nell’arte

è un ricco patrimonio da cui attingere

immagini foriere di abbondanza non solo

simbolica, come ad esempio le spighe

di grano di Ferrari, la bella frutta

matura di Caravaggio o quella antropomorfa

di Arcimboldo, i banchetti paesani

di Brueghel, i vari “mangiatori” di

pesce (Murillo), aringhe (Permeke) e

fagioli (Carracci).

Caravaggio, Cena in Emmaus (1601), olio su tela, cm 141x196,2, National Gallery, Londra

60

NUTRIRSI CON L'ARTE


Arte e

gusto

Umami, il quinto elemento del gusto

di Elena Maria Petrini / foto Maurizio Mattei

L’umami, parola che in lingua

giapponese significa “saporito”,

è il quinto gusto dei sei fondamentali

percepiti dai recettori della nostra

lingua: amaro, acido, dolce, salato

e grasso. A spiegarlo è Roberto Barale,

professore di Genetica all’Università

di Pisa, durante un seminario sulle capacità

gustative necessarie per diventare

gourmet. Il gusto definito “umami” fu

codificato nel 1907 da Kikunae Ikeda,

docente di Chimica all’Università Imperiale

di Tokyo, che dopo aver assaporato

un brodo dashi, tipica specialità giapponese

a base dell’alga kombu, si domandò

cosa avesse reso la pietanza così gustosa.

Dopo aver studiato la composizione

chimica dell’alga, riuscì ad isolarne una

sostanza, il glutammato monosodico,

da cui dipendeva il delizioso ed intenso

sapore del brodo. Lo scienziato ribattezzò

la sua scoperta con il termine “ajinomoto”,

ovvero “origine del sapore”

o “essenza del gusto”. Immaginiamo il

gusto pieno e complesso di un dado da

brodo, di un estratto concentrato di carne,

di una colatura di alici o di una bottarga:

quando li assaporiamo, il nostro

palato avverte quel “certo non so che” di

appetitoso che stimola i neurotrasmettitori

a farci mangiare avidamente un cibo

Il professore Roberto Barale durante il convegno di genetica sulle capacità gustative per diventare gourmet

anche soltanto insaporito col glutammato

monosodico. Oltre ad essere prodotto

industrialmente (riportato nelle etichette

degli ingredienti come esaltatore di

sapidità E621), il glutammato si trova

naturalmente in molti cibi di origine vegetale

e non (carne, pesce, formaggio).

Molti degli ingredienti dei piatti tipici italiani

sono in grado di “scatenare” il gusto

dell’umami. Ecco perché una cipolla

o un aglio che imbiondiscono nell’olio

extra vergine di oliva oppure una semplice

fetta di pane con burro ed acciu-

ghe stuzzicano il nostro palato ancora

prima di mangiarli. Per lo stesso motivo,

una spolverata di Parmigiano Reggiano

o Grana Padano sul classico piatto

di spaghetti all’italiana rende questa pietanza

ancora più gustosa. Per non parlare,

poi, dell’altra gloria nazionale che col

tempo si è trasformata in un autentico

ed “ecumenico” piatto mondiale: la pizza,

ormai diffusa ed amata a livello planetario,

i cui ingredienti sono eccellenti

propulsori del “saporito”, veri e propri

simboli dell’essenza del gusto.

Il prosciutto crudo, tipico salume italiano ricco di umami

UMAMI

61


Personaggi

Tiziana Caserta

Il teatro, amore di una vita

Intervista all’attrice e cabarettista fiorentina

di Serena Gelli / foto courtesy Tiziana Caserta

«

L’amore per il teatro l’ho

sempre avuto, era dentro

di me», racconta Tiziana

Caserta, attrice e cabarettista fiorentina.

Durante l’intervista, tira fuori tutta

la sua "sanfredianità" per sorridere e fare

ironia su di un mondo che a volte si

prende troppo sul serio. Dopo le prime

esperienze teatrali, la decisione di dedicarsi

al cabaret: «Quando sai recitare in

teatro − ci spiega − hai una buona scuola

e un’ottima base per fare altro ed io

ho deciso di fare cabaret». Una passione,

la sua, che viene da lontano: «Ho

amato il teatro fin dalle recite scolastiche

alle elementari; ricordo ancora i ve-

stiti di carta realizzati dalla maestra e

in particolare quello di Arlecchino che

ho indossato per recitare la prima volta

all’età di 6 anni». Nel suo percorso

anche l’esperienza come insegnante

in una scuola elementare nel quartiere

di San Frediano a Firenze: «Avevo una

classe di bambini che venivano da situazioni

familiari difficili, come genitori

in carcere, alcolizzati o figli di prostitute.

Non era facile “gestirli”, ma ho sempre

messo impegno e passione in questo

lavoro». Nel frattempo, ancora giovanissima,

inizia a seguire i primi corsi di

recitazione: «Nel tempo libero dal lavoro

di insegnante − racconta Tiziana − mi

dedicavo allo studio delle tecniche teatrali,

frequentando in particolare corsi

di comicità ed espressione». Oggi,

oltre ad esibirsi in vari locali della Toscana

con i suoi spettacoli di cabaret,

è impegnata a realizzare uno spettacolo

sulla creazione dove i personaggi

sono Dio, Adamo, Eva, l’angelo e il diavolo,

interpretati da vari attori. «Continuerò

a dedicarmi al teatro finché avrò

forza, entusiasmo e soprattutto fintanto

che riuscirò ancora ad emozionarmi

con questo lavoro, perché solo così mi

sento viva. Quando vado in scena, ho il

cuore che batte a mille; finché sarà così

non smetterò di fare spettacolo».

Tiziana Caserta durante un suo spettacolo

62

TIZIANA CASERTA


GRAN CAFFÈ SAN MARCO

Un locale nuovo e poliedrico, con orari

che coprono tutto l’arco della giornata.

Perfetto sia per un pranzo di lavoro che

per una cena romantica o per qualche

ricorrenza importante

Piazza San Marco 11/R - 50121 Firenze

+ 3 9 0 5 5 2 1 5 8 3 3

www.grancaffesanmarco.it


Una banca coi piedi

per terra, la tua.

www.bancofiorentino.it

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