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La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
Un connubio di gusto, stile ed eleganza
nella magica cornice del
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Le opere del maestro Onofrio Pepe
in mostra al ristorante La Loggia
Sommario febbraio 2020
I quadri del mese
Silvia Baldacci, Crocifissione, olio su tela, cm 50x70
balda.ia.72@gmail.com
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Un ricordo di Leonardo Ricci, pioniere dell’architettura organica a Firenze
Archivio Alinari: 150 anni di storia oggi patrimonio della Regione Toscana
Tradizione e tecnologia nelle opere dell'artista cinese He Sien
Jorge Humberto Goncalves Romero: l’essenza della vita in pittura
Gabriel Diana, pilastro dell’arte contemporanea in Corsica
Benessere della persona: come proteggere mani e labbra dal freddo
Leda Giannoni, 30 anni di pittura in mostra al Palazzo del Pegaso
Dimensione salute: l’aderenza terapeutica negli anziani
Psicologia oggi: quando la delusione diventa malattia
Simone Sabatini, narratore di storie con la fotografia
Alle origini della street photography con Jack Birns
La donazione Carlo Palli all’Accademia delle Arti del Disegno
La 29^ edizione del Premio Bel San Giovanni in Palazzo Vecchio
Le insegne medicee “rivivono” con l’arte orafa del maestro Penko
Al Florence Dance Center, la personale di Maria Rita Vita
A San Pietroburgo, la grande mostra dedicata ad Andrea Stella
Francis Boott, compositore americano a Firenze
A Pistoia, la casa museo del pittore e incisore Sigfrido Bartolini
Non mollare Caterina: il romanzo “a tinte forti” di Renato Campinoti
Gianna Nannini all’Artemio Franchi per presentare il tour 2020
Storia delle religioni: il sacramento dell’eucaristia
India: colori, tradizioni e spiritualità di una cultura millenaria
Intervista ad Alessia Carovani, direttore del Teatrodante Carlo Monni
Aep Ticketing Solutions: gli ideatori del sistema cashless per i trasporti pubblici
Alla Soffitta di Sesto, le “divine” sculture di Giorgio Butini
Le iene, il capolavoro avantpop di Quentin Tarantino
Le opere tridimensionali di Giancarlo Botti in mostra a Montevarchi
Arte del Vino: Podere Conca, il nuovo Bolgheri
La Loggia del Piazzale Michelangelo: qualità e gusto in cucina
Lettera ad Alfredo Martini, indimenticato ct della Nazionale di ciclismo
Figurazione 3000: i nuovi “pittori della realtà” a Firenze
La joint venture di China 2000 srl per investire sul turismo cinese
L’Azerbaijan protagonista al World Forum della Fondazione Romualdo Del Bianco
Cucina e proprietà industriale: la tutela giuridica del Food
B&B Hotels Road Trip: in giro per Ferrara, città della bicicletta
Arte e cibo per nutrire lo spirito ed il corpo
Umami, il quinto elemento del gusto
Tiziana Caserta, attrice e cabarettista per vocazione
Vincenzo Cirillo, Mezzaluna, olio su tela, cm 40x50
grillouno@virgilio.it
La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 2 - Febbraio 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
In copertina:
Interno di Santa Maria della Pietà (Opera
Francescana della Pietà, Campi Bisenzio)
progettato dall'architetto Marzio Cecchi;
foto Maria Grazia Dainelli
Periodico di attualità, arte e cultura
La Nuova Toscana Edizioni
di Fabrizio Borghini
Viale F. Redi 75 - 50144 Firenze
Tel. 333 3196324
lanuovatoscanaedizioni@gmail.com
lanuovatoscanaedizioni@pec.it
Registrazione Tribunale di Firenze
n. 6072 del 12-01-2018
Iscriz. Roc. n. 30907 del 30-01-2018
Partita Iva: 06720070488
Codice Fiscale: BRGFRZ47C29D612I
Anno 3 - Numero 2
Febbraio 2020
Poste Italiane SpA
Spedizione in Abbonamento Postale D.L.
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art.1 comma 1 C1/FI/0074
Direttore responsabile:
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La Toscana nuova - Periodico di attualità,
arte e cultura
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Testi:
Cristina Acidini
Stefano Bandinelli
Laura Belli
Paolo Bini
Margherita Blonska Ciardi
Laura Bonechi
Doretta Boretti
Fabrizio Borghini
Lorenzo Borghini
Beatrice Botticelli
Erika Bresci
Jacopo Chiostri
Nicola Crisci
Paola Curradi
Maria Grazia Dainelli
Massimo De Francesco
Aldo Fittante
Serena Gelli
Stefano Grifoni
Stefania Macrì
Emanuela Muriana
Lucia Petraroli
Elena Maria Petrini
Antonio Pieri
Daniela Pronestì
Valter Quagliarotti
Barbara Santoro
Gaia Simonetti
Michele Taccetti
Francesca Vivaldi
Foto:
Adriano Bartolozzi
Paolo Bini
Jack Birns
Margherita Blonska Ciardi
Paola Curradi
Maria Grazia Dainelli
Corinna Del Bianco
Gerald Jenkins
Maurizio Mattei
Carlo Midollini
Alessandro Morandi
Viola Petri
Simone Sabatini
Savin Scherer
Silvano Silvia
Dario Turchi
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1° Marzo 2020
Ottantesimo compleanno dell’architetto Marzio Cecchi
Dopo la realizzazione della Casa di riposo francescana a Campi Bisenzio, Demarista, sua fondatrice, fece costruire
una cappella per la preghiera. Una mattina, fece chiamare Marzio perché, come ebbe a dire, la notte il Padre
(intendeva Padre Pio oggi San Pio), le aveva suggerito di non mettere “Nostro Signore in uno stanzone da telai” ma
di chiamare Marzio per avere un luogo degno, e Marzio rispose di sì. Per prima cosa, fece aprire una grande porta
verso l'esterno per far diventare la cappella una vera e propria chiesa. Poi, iniziò la progettazione, la scelta dei
marmi e contattò degli abilissimi artisti come Piero Tredici per dipingere gli Evangelisti e Burchiellaro per le cornici
ed il portone. Gli intarsi dei marmi per il corridoio centrale furono un enorme lavoro, così come l’increbile mosaico
dell’abside. Il 5 gennaio del 1989 si consacrava Santa Maria della Pietà con una splendida e commovente cerimonia
celebrata dal cardinale di Firenze e quaranta sacerdoti. Il 5 gennaio 1990, ad un anno di distanza , si celebrava
il funerale dell'architetto Marzio
Cecchi, morto per un terribile incidente
a New York mentre viaggiava
su un taxi la notte dell'ultimo
dell'anno. Questa è stata la sua
ultima opera importante, a coronamento
di un'intensa, ricchissima
carriera iniziata appena
iscritto alla Facoltà di Architettura
e continuata con un susseguirsi di
opere sempre più grandi e prestigiose,
dalle prime di Campi, Prato
e Firenze fino a Roma, Milano,
Bologna e via via in tutto il mondo
da Amsterdam a Johannesburg,
da Tokyo a New York, ma sempre
rimanendo legato alle sue origini.
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I maestri dell'
architettura
Leonardo Ricci
Un ricordo del massimo esponente italiano dell’architettura organica
Testo e foto di Margherita Blonska Ciardi
Sono entrata in contatto con lo studio
dei celebri architetti Leonardo
e Andrea Ricci in maniera casuale.
Essendomi trasferita alla Facoltà
di Architettura dell’Ateneo fiorentino
con una borsa di studio del Politecnico
di Breslavia in Polonia, non disponevo
ancora di un tecnigrafo, indispensabile
a quei tempi per elaborare un progetto
architettonico. Non sapevo davvero
come fare perché all'epoca non potevo
permettermi di comprare un’attrezzatura
così costosa. Sparsi la voce fra i
miei conoscenti e un amico che lavorava
con l'architetto Andrea Ricci − figlio
di Leonardo nonché responsabile dello
studio − mi offrì una soluzione. «Da domani
− mi disse − puoi venire allo studio
di Leonardo e Andrea per lavorare
al tecnigrafo, tanto il titolare è spesso
in America per insegnare e quindi non
ci sono problemi; se ti servisse qualche
consiglio puoi contare su di noi». Ringraziai
il mio amico e il pomeriggio successivo
presi l'autobus per andare in
via Monterinaldi, una traversa di via Bolognese.
Essendo arrivata a Firenze da
poco tempo, non conoscevo l'importanza
del luogo dove mi stavo recando.
Davanti a me una strada ripida costeggiata
da muretti in cemento e pietra locale
che delimitavano la scarpata e la
In questa e nelle altre foto, vedute d'insieme e dettagli dello studio Ricci a Monterinaldi
selvaggia vegetazione mediterranea: ginestre,
agavi e fichi d'India da cui proveniva
un profumo delizioso. La strada
era alberata da pini maestosi e cipressi.
Salendo, notai che da un lato della spalletta
si vedeva un bellissimo scorcio
della collina di Fiesole. La parte opposta
della stradina era costeggiata da costruzioni
molto particolari, realizzate
con l’alternanza di piani terra in pietra
e piani superiori a sbalzo in cemento.
La linea fluida delle facciate
seguiva come un antico
terrazzamento le linee di livello,
adattandosi alla natura intorno.
Ogni proprietà abitativa era diversa
dall’altra, pur non essendoci
una netta divisione tra di
esse. Gli spazi fluivano uniti, lasciando
posto solo alle vetrate
irregolari e alle particolari feritoie
nelle parti murarie in pietra.
Le abitazioni erano congiunte
tra di loro da diversi elementi
come terrazze, scale, rampe e
muretti per le piante. La stessa
unione si percepiva fra case
e ambiente circostante, dato
che sia le fondamenta che alcune pareti
erano state costruite sfruttando la
conformazione rocciosa della zona. Le
finestre a nastro delle facciate si aprivano
sulla collina formando anch’esse un
elemento di coesione orizzontale. Camminando
lungo la via, notai la presenza
di laboratori di ceramica e pittura: l’arte
si respirava nell’aria. Capì, allora, perché
i fiorentini chiamavano questa zona
il “villaggio dei marziani”, essendo un
luogo davvero unico. Finalmente, dopo
una stretta curva, arrivai a destinazione.
A sinistra della scarpata si trovava
lo studio. La costruzione aveva chiari
riferimenti all'architettura organica di
Frank Lloyd Wright che Leonardo Ricci
aveva conosciuto a Palazzo Strozzi nel
1951 in occasione di una mostra dedicata
al celebre architetto americano. Tra
loro nacque subito una reciproca stima
professionale. Leonardo Ricci, allievo,
assistente e collaboratore di Giovanni
Michelucci, s’interessò allo stile organico
di Wright. Andò in USA per studiare
da vicino il progetto di Fallingwater
e le Prairie Houses in Arizona. Si recava
spesso negli Stati Uniti per vedere le
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LEONARDO RICCI
costruzioni del collega americano, fino
a quando, diventato un esperto di architettura
organica, la importò in Italia.
Nel complesso di via Monterinaldi, il
grande architetto fiorentino mise in pratica
le sue teorie sull’architettura intesa
come elemento di connessione tra
interno ed esterno, tra casa e paesaggio
intorno. «Dobbiamo difenderci dalla
vita − affermava Ricci − facendo comunità,
riorganizzando le esistenze attraverso
spazi che, invece di separarci,
ci mettano in condizione di ritrovare i
valori della solidarietà, dell’amicizia e
della collaborazione». Nell'isolato della
collina di via Bolognese questo concetto
di “spazio fluido” prende forma:
l'uomo convive con la natura; fauna e
flora fanno parte dell'ambiente e la piscina,
che costeggia la facciata principale
dello studio, diventa un elemento
naturalistico in quanto, essendo priva
di cloro, svolge la funzione di stagno
per vari pesci. La vegetazione autoctona
fiorisce con vigore in ogni angolo
del giardino. Anche l'interno dello
studio prevede grandi spazi aperti sviluppati
su due livelli comunicanti tramite
una scala priva di balaustre; lungo
la rampa sono appesi dei quadri. Il tecnigrafo
di Ricci, sul quale potei lavorare,
si trovava al primo piano, davanti ad
una grande vetrata verticale dalla quale
all'imbrunire potevo ammirare le luci
di Fiesole. In assenza di Leonardo, era
il figlio Andrea a occuparsi dello studio,
insieme ad un’equipe di ingegneri, ad
un geometra e a Patrizia Toury, giovane
architetto parigino con la quale feci
subito amicizia. Accoglievano tirocinanti
di paesi diversi, soprattutto America
e Francia. Quando Leonardo rientrava
dagli USA, c’era grande fermento nello
studio perché tutti temevano il giudizio
del grande architetto; si discuteva,
si scambiavano idee, ma l’ultima parola
spettava sempre a lui. Nel suo pensiero,
l’architettura era una forma d’arte
e l’arte doveva integrarsi con l’architettura;
per questo sulla facciata dello
studio domina un mosaico da lui realizzato,
mentre il terrazzo è decorato da
sculture in bronzo. Nonostante la mia
permanenza nello studio sia stata breve,
questo incontro mi ha lasciato una
forte impronta. Ho capito tre cose fondamentali.
La prima che bisogna vivere
il mestiere con passione. La seconda
che non esistono confini fra le diverse
discipline artistiche: quando pittura
e scultura si fondono con l’architettura
diventano un unico corpo tridimensionale,
un’opera vivente sempre pronta a
crescere e modificarsi in base alle esigenze.
La terza è l'integrazione fra l’interno
e il paesaggio circostante. La casa
intesa come “scatola” da Le Colbusier
viene distrutta insieme ai suoi standard
distributivi. Leonardo Ricci ha proposto
un nuovo rivoluzionario concetto di
progettazione, traducendo l'ispirazione
architettonica in chiave esistenziale - filosofica;
lo spazio è un luogo fluido che
racchiude i percorsi e le relazioni della
nostra vita. Secondo Ricci, è necessaria
un’integrazione fra i confini abitativi
attraverso la creazione di spazi
comuni e la coesistenza simbiotica
con la natura. La mia breve esperienza
allo studio Ricci mi ha consentito
di ottenere il massimo dei voti e
la lode agli esami di progettazione,
ma sopratutto mi ha permesso di capire
l'importanza della relazione tra
uomo e natura. Purtroppo, nonostante
il geniale stile organico da lui
elaborato, non era facile trovare in
Italia committenti pronti a sperimentare
qualcosa di nuovo. Leonardo
raccontò che dovette comprare i terreni
di via Monterinaldi per poi lottizzarli,
rivendendoli successivamente
a prezzi contenuti con i progetti già
approvati. Era l’unico modo per realizzare
uno spazio urbanisticamente
omogeneo ed esprimere appieno il proprio
stile. Questo a conferma di quanto
sia complesso il lavoro dell’architetto
che oltre ad essere un bravo progettista
deve avere anche capacità manageriali.
I tempi di realizzazione di un progetto
sono molto lunghi e spesso il lavoro
rimane sulla carta in attesa del momento
favorevole per attuarlo. Lo dimostra
la costruzione del Palazzo di Giustizia
avvenuta solo dopo tanti anni dalla
scomparsa di Leonardo Ricci e con
molte modifiche del progetto originale.
Le “case dei marziani” costruite in via
Monterinaldi rimangono un manifesto e
una testimonianza dell'architettura organica
italiana e del patrimonio culturale
di Firenze.
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Musei e Fondazioni
in Toscana
Fondo fotografico Alinari
Composto da oltre cinque milioni di immagini sulla storia italiana tra
Ottocento e Novecento, è stato acquisito dalla Regione Toscana
Avrà sede nel costituendo museo a Villa Fabbricotti
di Barbara Santoro
Dal 19 dicembre 2019, l'archivio
fotografico Alinari è entrato a
far parte del patrimonio regionale
toscano. Si è così felicemente concluso
il percorso per l'acquisto da parte
della Regione Toscana del patrimonio
Alinari, uno dei più grandi archivi fotografici
al mondo, testimonianza unica
della cultura, dell'arte, del paesaggio e
della moda italiana fra la seconda metà
dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.
A dare la notizia, durante un
incontro a Palazzo Strozzi Sacrati, sono
stati il presidente della Regione Toscana
Enrico Rossi, la vice presidente
Monica Barni, Claudio De Polo, il presidente
della Società Fratelli Alinari e
Luigi Tomassini, presidente onorario
della Società italiana per lo studio della
fotografia. Sarà Villa Fabbricotti ad
accogliere la raccolta dopo i necessari
lavori di ristrutturazione. Per gestire il
patrimonio Alinari, garantirne la custodia,
la corretta conservazione e la pubblica
fruizione sarà necessario un piano
di modifiche al palazzo che fino ad ora
è stato sede di uffici. Edificata nel Trecento
come residenza dei Buoninsegni,
Villa Fabbricotti fu più tardi trasformata
in casino di caccia dalla famiglia Strozzi
che visse qui per tre secoli. Giuseppe
Fabbricotti acquistò la villa (chiamata
anche Arcipressi) nel 1864 e chiese
agli architetti Vincenzo Micheli e
Antonio Cipolla di trasformarla in una
lussuosa residenza. Con molta probabilità,
il giardino fu progettato da Giuseppe
Poggi, anche se non confermato
dai documenti. Qui hanno soggiornato
Elisa Baciocchi, la regina Vittoria d'Inghilterra
e Paolina Bonaparte. Lo Stato
acquistò la villa nel 1935 destinandola
alla GIL. Dopo un lungo contenzioso legale,
è entrata a far parte del patrimonio
regionale ed è stata data in concessione
al Comune di Firenze che ne ha spesso
cambiato la destinazione d’uso. Una dimora
degna di accogliere il Fondo Alinari
che, fra le sue stanze, continuerà a
vivere e ad essere visibile al mondo con
i suoi cinque milioni di magnifiche foto.
Villa Fabbricotti
FONDO FOTOGRAFICO ALINARI
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Ritratti
d’artista
He Sien
Tradizione e tecnologia nelle opere dell’artista cinese
insignito lo scorso dicembre a Firenze del premio Fiorino
d’oro per la grafica
di Margherita Blonska Ciardi / foto courtesy dell'artista
Memories of Tuscany (2016), tecnica mista, colori vegetali, inchiostro
cinese su carta fatta a mano, cm 50x65
La carriera di He Sien, artista, fotografo
e docente d’arte all’Università
Normale di Chengdu
(Sichuan), conta molte mostre in Toscana.
Nel 2009 ha partecipato alla
Biennale di Arte Contemporanea di Firenze.
L'anno successivo ha preso parte
all’evento Art & Integration presso
il Museo civico di scultura Libero Andreotti
a Pescia (Pistoia), dove per la
prima volta si è parlato di integrazione
culturale attraverso le arti visive.
Proprio in una delle edizioni di Art&Integration,
gli è stato assegnato il secondo
premio per aver affrontato nelle
sue opere le problematiche ambientali
legate al riciclaggio dei rifiuti in plastica.
Sempre per lo stesso tema, ha
vinto un premio speciale alla Biennale
d'Arte di Ismir, in Turchia. Artisticamente
si è formato a Chengdu,
Pechino e all'Università statale
di New York. Terminati gli studi,
ha viaggiato molto ed ha esposto
in tutto il mondo, facendo
spesso tappa nell’amata Toscana.
Ha partecipato a tutte le edizioni
di Vin Art a Montecarlo di
Lucca (Fortezza Medievale) e
nel 2019 è stato insignito a Firenze
del premio Fiorino d’oro
per la grafica. Fotografo e artista
eclettico, ha raggiunto soprattutto
nell'arte grafica uno stile
davvero singolare che unisce la
tradizione litografica cinese alle
nuove tecnologie di stampa e alla
fotografia. L'ambiente e i mali
della società contemporanea
sono temi spesso presenti nelle
sue opere, dove
il processo di esecuzione
è importante quanto
il quadro finito. Prima di
dipingere, l’artista analizza
tradizioni e natura
del posto rappresentato
per fondere nell'opera
cultura e paesaggio. Il
suo obiettivo è catturare
l’attimo e far capire al
pubblico quanto importante
sia gioire del fatto
di essere vivi e di poter
riconoscere la bellezza
nascosta anche fra le
cose più brutte e insignificanti.
Questa, infatti, è
la funzione dell'arte secondo
He Sien: «La vera
arte - afferma - deve far
vedere il bello dove nessuno
lo nota e rivelare le
verità nascoste». Atten-
He Sien
to osservatore della società contemporanea,
egli ritiene che le differenze
culturali siano una ricchezza che fornisce
all’artista molteplici spunti creativi.
Parallelamente, denuncia la globalizzazione
di massa e la frenetica evoluzione
tecnologica perché cancellano la
tradizione e le antiche usanze da cui dipendono
le differenze tra i popoli. Nella
corsa al progresso, l'uomo è sempre
più nevrotico e solo perchè non riesce
a tenere il passo di ritmi troppo frenetici;
secondo He Sien stiamo perdendo
la qualità della nostra vita quotidiana.
Le sue opere seguono principi ben stabiliti
nella scelta della composizione e
nell'accostamento di cromatismi che
trasmettono un senso di felicità, calore
e armonia con la natura. Ricollegando
la tradizione antica con il moderno,
l’artista vuole colmare il bisogno della
società contemporanea di ritrovare la
pace interiore e con l’ambiente.
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HE SIEN
Ritratti
d’artista
Jorge Humberto Goncalves Romero
L'essenza della vita umana nelle opere dell’artista venezuelano
di Margherita Blonska Ciardi
Jorge Humberto Goncalves Romero,
artista venezuelano nato a Caracas,
vive e lavora a Vienna. Le
sue prime opere riflettono una visione
libera della pittura, dove uomo e natura
simboleggiano l’approccio alla vita. L'amore
per la terra, la fauna e la flora riflette
la sua anima sudamericana. Con
tratti forti di vernice stratificata come
in un bassorilievo, applica colori contrastanti
al posto del chiaroscuro con
grandi spatolate che ricordano quelle di
Pasqual Navarro. La prima serie di opere
rappresenta la figura dell’albero per
sottolineare il rapporto primordiale con
la natura; secondo l'artista, infatti, uomo
ed ambiente sono connessi come
cellule dello stesso organismo. In seguito
al suo trasferimento in Europa,
sperimenta sulla propria pelle l'emarginazione
e il faticoso processo d’integrazione
nella società borghese. Riesce ad
affermarsi grazie allo studio e al suo
talento ma anche per merito dei sacrifici
fatti dalla sua famiglia. Un’esperienza
che segna il suo percorso artistico,
spingendolo a dedicarsi alle problematiche
sociali e a raccontare la solitudine
e l’isolamento cui l'uomo va incontro
nelle metropoli contemporanee (Urban
Walkers). Allo stesso tempo, conserva
il distacco del narratore per poter avere
qualcosa di nuovo da rivelare. Gli ultimi
lavori affrontano le tematiche dell'eros
e della danza, in cui l’artista riflettere
sull’origine dell’uomo. Attraverso le
opere dedicate al sesso, come ad esempio
Barlovento, mette in risalto i nostri
istinti animali, il desiderio e i sensi primordiali.
Nell'opera Dancing in Orange
emerge la nostra parte più effimera
per riconnetterci con il Creato che, secondo
l'artista, può essere celebrato
attraverso l'arte e la danza. Quest’ultima
è rappresentata nell'opera Ethereal
Women, dove una ballerina raggiun-
ge lo stato di estasi attraverso il ritmo
e la musica che la isolano dalla realtà
circostante; danzare diventa così un
modo per liberarci dai tutti i preconcetti
del nostro inconscio. L’artista vuole
dirci che, sperimentando il misticismo
connesso alla danza, possiamo riscoprire
noi stessi e avvicinarci a Dio, come
avveniva nelle antiche pratiche degli
sciamani e nelle confraternite islamiche
dei dervisci che usavano la danza come
mezzo per innalzare la propria spiritualità.
La sua impronta stilistica, che
unisce l’espressionismo informale ed
astratto alle influenze dell'arte africana
e all'arte urbana dei graffiti, si fonda su
pochi colori puri. Di recente, l'artista ha
esposto nell'ambito dell’evento internazionale
Aqvart patrocinato dal Comune
di Venezia, ha preso parte alla Biennale
di Milano e nel mese di febbraio esporrà
a Roma in un evento dedicato all'attore
Dario Fo.
Barlovento, serie II
Dancing in Orange
JORGE HUMBERTO GONCALVES ROMERO
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Musei nel
mondo
Gabriel Diana
Fondatore del Dian’Arte Museum in Corsica, lo scultore e pittore di
origine toscana conosciuto a livello internazionale, è considerato
un pilastro dell’arte contemporanea nell’isola francese
di Fabrizio Borghini / foto courtesy dell’artista
In compagnia dello scrittore Marie-Jean Vinciguerra
Gabriel Diana è un cittadino del
mondo. Orbetellano di nascita
emigrato in Corsica in tenera
età, si è laureato in Ingegneria a
Milano per poi abbandonare la professione
e diventare un artista di successo.
All’origine di questa “metamorfosi”,
una scelta dettata anche da un tragico
evento, come lui stesso spiega: «La vocazione
all’arte era dentro di me, ma
più di tutto mi ha convinto a cambiare
vita la morte di mio figlio». Oggi, a 77
anni, è considerato un pilastro dell’arte
contemporanea in Corsica. La sua
vita è guidata dalla passione e da una
creatività senza confini. Si dedica tanto
alla pittura quanto alla scultura, essendo
impossibile per lui preferire una
disciplina all’altra. «Anche se la parola
“fabbricante " non mi piace molto
− afferma − ritengo di essere un
fabbricante di emozioni, delle quali io
per primo mi nutro per poi trasferirle
nell’opera». Un percorso espressivo
che negli anni ha visto pittura e scultura
fondersi in un linguaggio ibrido: «Poco
a poco il tridimensionale ha preso il sopravvento
sulla rappresentazione piatta
e senza rilievo della pittura, ed anche su
i miei quadri ho iniziato a inserire elementi
scultorei in bronzo. Il rapporto
sensuale con la materia è diventato per
me indispensabile». Artista prolifico, ha
prodotto centinaia di lavori collocati in
collezioni private, musei e fondazioni.
Nel 2005, è stato insignito del cavalierato
della Repubblica Italiana dal presidente
Carlo Azeglio Ciampi e nel 2019
dell’importante riconoscimento Arts &
Lettres. «Non ho mai rincorso questi
onori che mi sono piombati addosso,
uno dopo l’altro, come un fulmine a ciel
sereno. E’ stata una piacevole sorpresa,
un riconoscimento ai tanti anni di
lavoro e un motivo in più per continuare».
Sulle ragioni che l’hanno portato a
Gabriel Diana
fondare nel 2009 il Dian’Arte Museum,
spiega: «Inizialmente il mio atelier era
attiguo alla casa in cui vivo; non c’era
più alcuna distinzione tra i due luoghi,
a discapito dell’intimità familiare.
Per questo motivo, ho deciso di trovare
uno spazio di lavoro lontano dalla
mia abitazione. Ed essendo molte le
opere accumulate nel tempo, ho pensa-
Nell'atelier parigino dell'amico artista Alain Bonnefoit
Con la vice presidente della Cultura al Senato e il presidente della Regione Corsica
durante la consegna all'artista dell'onorificenza Arts & Lettres
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GABRIEL DIANA
to che fosse opportuno renderle visibili
al pubblico, proprio come si fa in un
museo, e così è stato». Inevitabile chiedersi
se sia possibile vivere di sola arte
in un’isola di ridotte dimensioni come
la Corsica; la risposta del maestro fuga
ogni dubbio: «Certo che si può, in
Corsica come altrove, la ricetta è molto
semplice. Basta che la professionalità
vinca sul dilettantismo. In arte la
passione non basta: sono necessarie
ottime basi teorico - pratiche e apertura
mentale, caratteristiche che troppo
spesso mancano agli aspiranti artisti.
Molta volontà, un pizzico di creatività,
un indispensabile senso pratico e molto
impegno: il resto viene da solo. Tutti
sanno che non ci s’improvvisa medico,
notaio o avvocato, lo stesso vale
per l'artista». Anche riguardo alla situazione
dell’arte in Corsica, la risposta di
Gabriel Diana è senza appello: «Vivendo
su di “una roccia” popolata di soli
350000 abitanti e considerando l’isola
come il centro del mondo, molti artisti
tendono ad avere una mentalità ristretta,
e l’atteggiamento dei politici, troppo
spesso insensibili al bello, di certo
non aiuta. Direi anzi che la totale indifferenza
delle istituzioni spinge gli artisti
a chiudersi in se stessi, a non cooperare
tra di loro, avanzando critiche e manifestando
gelosia verso chi raggiunge
il successo. All’inizio della mia carriera,
appena tornato sull’isola, sono stato
accusato di essere un privilegiato.
Posso dire con orgoglio di non avere
mai avuto il minimo aiuto da parte delle
istituzioni. Devo solo a me stesso, al
mio impegno e alla volontà di crescere
il successo raggiunto. Le conoscenze
tecniche ed imprenditoriali acquisite
in Italia mi hanno permesso di impormi
e di farmi apprezzare a livello internazionale.
Essere un artista conosciuto e
rimanere libero non è facile, mi è costato
molti sacrifici, ma non me ne pento,
anzi ne vado fiero. Ho messo tutto me
stesso e la mia anima nell’arte, vivendo
ogni giorno come se fosse l’ultimo e facendo
progetti come se fossi eterno».
Parole coraggiose e piene di forza che
si addicono a chi, come lui, crede fermamente
nel potere salvifico dell’arte.
DIAN’Arte Museum
5992, Route des Marines de Borgo
F - 20290 BORGO
+33 (0)669240110
www.gabriel-diana.com
La scultura Moro corso al Dian’Arte Museum
Quadro in paglia e bronzo realizzato in collaborazione
con l’artista francese Dominique Beniza
Tetraedro, bronzo
Un quadro della serie Full Metal Painting con sculture di bronzo incorporate
Vista notturna del giardino del Dian'Arte Museum
GABRIEL DIANA
13
Cosmetici Naturali e Biologici per il Benessere
Protect your skin from the cold
IDEA TOSCANA - Viale Niccolò Machiavelli, 65/67 | 50019 Sesto Fiorentino (FI) |
Tel. 055.4494083 |info@ideatoscana.it | www.ideatoscana.it
A cura di
Antonio Pieri
Benessere e cura
della persona
Sos freddo
Come proteggere mani e labbra
di Antonio Pieri
Le basse temperature di questi
mesi non sono certamente
le migliori amiche della nostra
pelle, ancora peggio quando il clima fa
qualche capriccio e l’inverno prima cede
a temperature primaverili e poi, come è
giusto che sia, le temperature scendono
repentinamente anche sotto lo zero.
Questi sbalzi termici sono “micidiali”
per la pelle e soprattutto per le parti
più esposte, come labbra e mani. Occorre
quindi prevenire per evitare secchezze,
screpolature e micro tagli della
cute dovuti alla scarsa idratazione. Ma
perché con il freddo la pelle si secca? In
inverno, per evitare la dispersione di calore,
l’organismo ricorre al processo di
vasocostrizione: i vasi sanguigni si restringono
in modo da far affluire meno
sangue (e quindi meno calore) nelle
parti esterne del corpo. Il fine è far funzionare
al meglio di organi vitali interni,
lasciando però con meno sangue
e meno nutrimento le parti più esterne.
Tutto questo provoca arrossamenti,
screpolature e, nei casi più estremi,
tagli e ragadi, fenomeni fastidiosi, dolorosi
e antiestetici. La soluzione è tenere
sempre ben idratata la pelle e soprattutto
le parti più esposte a questo problema
(mani e labbra) con una crema
idratante e un buon burro labbra. Però
non tutti i prodotti vanno bene: infatti, la
maggior parte di quelli che troviamo in
commercio contengono agenti chimici
che aggrediscono la pelle e risolvono il
problema solo a livello superficiale. Per
questo motivo dovremmo prediligere
prodotti naturali e vegetali privi di ingredienti
di origine sintetica, che nutrono e
idratano la pelle in profondità. Fra i migliori
ingredienti che aiutano l’idratazione
della pelle sono da evidenziare l’olio
extravergine di oliva e gli oli essenziali
di rosa damascena, canina e centifolia.
L’olio extravergine di oliva, ricco di
grassi polinsaturi e monoinsaturi, po-
lifenoli, tocoferoli e vitamina E, riesce
a nutrire in modo ottimale la pelle e di
conseguenza i prodotti formulati con
questo prezioso principio attivo donano
il necessario nutrimento per ricostruire
il naturale film idrolipidico superficiale,
utile per la difesa dalle aggressioni
esterne e soprattutto dal freddo. Gli oli
essenziali alla rosa, nello specifico rosa
damascena, canina e centifolia, hanno
proprietà idratanti, rinfrescanti, lenitive
ed elasticizzanti che aiutano a prevenire
la secchezza della pelle e il suo invecchiamento.
Antonio
Pieri
Nato a Firenze nel 1962, Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda
il Forte srl e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici
naturali per il benessere secondo la più alta tradizione manifatturiera toscana
che hanno come principio attivo principale l’olio extravergine di oliva toscano IGP
biologico. Esperto di cosmesi, profumeria ed erboristeria, svolge anche consulenze
di marketing per primarie aziende del settore. Molto legato al territorio toscano e
alle sue eccellenze, è somellier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.
Per info:
antoniopieri@primaspremitura.it
Antonio Pieri
SOS FREDDO
15
Firenze
Mostre
Leda Giannoni
Si è da poco conclusa al Palazzo del Pegaso la mostra
per i trent’anni di attività dell’artista toscana
di Jacopo Chiostri / foto Viola Petri e Dario Turchi
La pittura di Leda Giannoni ‘impone’
all’osservatore tre diversi
momenti: il primo è simile a
quella sensazione che proviamo quando
si accede ad un luogo sconosciuto nel
quale si avverte che ogni oggetto concorre
a delineare e a rivelarci con immediatezza
la persona che lo custodisce
della quale si avverte il soffio vitale; gli
altri due hanno a che fare con le peculiarietà
della sua pittura: la forza del colore,
il sapiente dosaggio cromatico, il segno
deciso e nello stesso tempo armonico e
duttile, la caratterizzazione emotivo-psicolgica
dei soggetti, siano essi le figlie o
la nipotina oppure personaggi universalmente
conosciuti oppure ancora scorci
della Toscana dipinti in una distaccata
bellezza che ben rappresenta il carattere
della sua gente. L’artista ha fatto della
pittura lo specchio della propria vita,
utilizzandone al meglio la potenzialità
evocativa: realizza immagini ricche di
una creatività raffinata e autoritaria nella
quale ciascuno degli elementi presenti è
funzionale a un’elaborazione del ricordo
sottoposta a una sintesi emozionale significativa,
sebbene controllata per il tramite
di una figurazione pittorica matura
che attesta una completa padronanza
della tecnica. La serie della “danza” con
le opere dedicate all’etoile suprema Carla
Fracci, i ritratti di personaggi illustri come
Riccardo Muti e Nureyev, i paesaggi,
i soggetti religiosi, il ritratto di Giovanni
Paolo II ora al Museo Civico Sciortino di
Monreale (Pa): è questo l’universo della
Giannoni. Nei ritratti oggettività e soggettività
si fondono in una sintesi che
non si presta ad equivoci interpretativi.
Sono raffigurazioni moderne che vanno
cioè oltre lo scopo di rappresentare la
persona ma chiamano in causa l’io interiore
della pittrice e le sue intenzioni artistiche;
poi, su tutto, domina la luce, che
irrompe trionfale nei dipinti, avvolgendo
figure e complementi, senza tuttavia ren-
Leda Giannoni
Due delle opere in mostra
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LEDA GIANNONI
Piazza d'Azeglio, olio su tela, cm 60x40
dere la rappresentazione scenografica
invadente oltre il dovuto. Pittura, quella
della Giannoni, moderatamente classica,
caratterizzata da un’esemplare coerenza
stilistica, di conseguenza pittura immediatamente
riconoscibile tanto che
avventurarsi nei suoi dipinti è un po’ come
mantenersi in equilibrio col poggiare
i palmi delle mani a muri che possiamo
anche aver dimenticato, ma che subito
tornano ad essere familiari. La rappresentazione
del paesaggio, le rigogliose
colline, gli scorci del Chianti rivelano una
Cavallo, creta e olio su tela, cm 40X80
costante ispirazione di tipo sentimentale.
Sono dipinti che si collocano in una zona
intermedia tra la pittura impressionista e
la macchia, ma il dato forse più interessante
della sua paesaggistica è la composizione
disinvolta che si accompagna
ad un altrettanto personale uso del colore.
Nata a Montecatini Terme, ma vissuta
sempre a Firenze, la Giannoni è figlia
di un noto ristoratore che, dopo gli inizi
in Val di Nievole, ha conosciuto un successo
andato oltre le mura cittadine con
un ristorante, Otello, divenuto negli anni
un indirizzo tra i più conosciuti dai bongustai
nazionali e non solo. Appassionata
di pittura fin da giovane, la Giannoni
ha avuto due maestri d’eccezione, Tiziano
Bonanni, oggi artista tra i più acclamati,
per la pittura, e Amalia Ciardi
Duprè per la scultura,
la terracotta e la ceramica;
la curiosità e l’intraprendenza
artistica
l’hanno portata a sperimentazioni
di vario genere,
ma il nucleo della
sua produzione è basato
sulle tecniche miste
(tra cui l'uso del gesso
e della sabbia) e sulla
classica pittura ad olio.
Molte le esposizioni
collettive e personali al
suo attivo: in anni recenti,
a Firenze, al Convitto
della Calza (2006), al San Giovanni
Battista con Volti e Immagini toscane
(2008), al Grand Hotel (2009), alla Galleria
Mentana (2009), all’Officina Profumo
Farmaceutica di Santa Maria Novella
(2010); nel 2011 ha esposto a Venezia
all’Hotel Amadeus per il premio biennale
Gondola d’oro, nel 2012 a Roma alla galleria
Il collezionista per il premio Artista
internazionale; ancora a Verona con Arte
è amore all’Itaca Gallery; a Parigi per il
premio internazionale Le Louvre; a Bruges
per la collettiva Città di Bruges; alla
fiorentina galleria Frosecchi con la serie
di opere sul tema della danza, con nucleo
centrale quelle dedicate alla Fracci.
ledagiannoni@gmail.com
www.ledagiannoni.com
Alcuni dei ritratti femminili esposti nell'antologica a Palazzo del Pegaso
LEDA GIANNONI
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Dimensione
Salute
A cura di
Stefano Grifoni
Gli anziani e le difficoltà di
aderenza alla terapia
di Stefano Grifoni
Ogni volta che una persona anziana
viene dimessa dall’ospedale,
si ritrova con due nuove
prescrizioni di medicine. Il risultato è
che si passa da una media di cinque
a ben sette farmaci da assumere ogni
giorno. Al crescere del numero di farmaci,
diminuirebbe fino al 70% l'aderenza
alle cure. La costanza e l'impegno
del paziente (47%), la sua motivazione
(40%) e la fiducia che ripone nel
proprio medico (38%) favorirebbero
l’aderenza alla terapia prescritta. Al
contrario, a compromettere l'aderenza
alla cura ci sarebbero il costo elevato
di certe terapie (40%), l'insorgenza di
effetti collaterali (38%) e lo scarso impegno
del paziente stesso (37%). Un
ulteriore disagio avrebbe origine dalla
sostituzione di un farmaco con un altro
con lo stesso principio attivo ma con un
nome diverso e confezionato in maniera
differente. Le patologie in cui i pazienti
aderiscono di più alle cure sono quelle
cardiovascolari, peggio per le malattie
respiratorie, poco per le malattie gastroenterologiche.
Programmi di supporto al paziente
Una strategia per migliorare il trattamento farmacologico nella terza età
di Daniela Pronestì
Il processo di invecchiamento rende
la cura degli anziani e in particolare
l’assunzione di farmaci un
compito impegnativo. La compresenza
nella terza età di più malattie croniche e
condizioni cliniche (le cosiddette “sindromi
geriatriche”) rappresenta una
sfida per il medico prescrittore, come
conferma l’alta percentuale di reazioni
avverse ai farmaci in questa fascia della
popolazione. Non va dimenticato che
spesso, a causa di deficit cognitivi o di
disabilità, le persone anziane non sono
in grado di assumere i farmaci prescritti.
Nel loro complesso, questi fattori influenzano
negativamente l’aderenza alla
prescrizione medica. Un problema che va
affrontato con un cambiamento comportamentale
da parte del paziente e soprattutto
con la semplificazione delle terapie
farmacologiche nei soggetti più anziani,
facilitando l’assunzione dei farmaci nel
caso della politerapia, riducendo le dosi,
mitigando gli effetti di una compromissione
visiva e motoria. Un sensibile
contributo a riguardo viene dai Patient
Support Programs, cioè Programmi
di Supporto ai Pazienti, un sistema
di servizi rivolti a semplificare la relazione
medico / paziente / terapia con
l’assistenza domiciliare, il supporto
psicologico di persona e online, i servizi
telematici. L’obiettivo è affiancare il
paziente in tutti gli stadi della malattia,
in modo da migliorare l’aderenza alla
terapia e la qualità della sua vita. Servizi
di PSP, diffusi negli ultimi decenni
in tutto il mondo, sono ormai una realtà
anche in Italia.
Stefano
Grifoni
Nato a Firenze nel 1954, Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del Pronto
Soccorso dell’Ospedale di Careggi e sempre presso la stessa struttura è direttore del Centro di Riferimento Regionale
Toscano per la Diagnosi e la Terapia d’Urgenza della Malattia Tromboembolica Venosa. Ha condotto numerosi
studi nel campo della medicina interna, della cardiologia, della malattie del SNC e delle malattie respiratorie e
nell’ambito della medicina di urgenza. Membro del consiglio Nazionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza,
è vice presidente dell’associazione per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per
Guglielmo e membro tecnico dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze. Ha pubblicato oltre 160
articoli su riviste nazionali e internazionali nel settore della medicina interna e della medicina di urgenza e numerosi testi
scientifici sullo stesso argomento. Da molti anni collabora con RAI TRE Regione Toscana nell’ambito di programmi
di medicina, con il quotidiano La Nazione e da tre anni tiene una trasmissione radiofonica quotidiana sulla salute.
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GLI ANZIANI
A cura di
Emanuela Muriana
Psicologia
oggi
Quando la delusione fa ammalare
di Emanuela Muriana
Il male che ci tormenta non
è nel luogo dove ci troviamo
ma è in noi stessi. Siamo sen- «za forze per sopportare una qualsiasi
contrarietà, incapaci di tollerare il dolore,
impotenti di gioire di cose piacevoli,
sempre scontenti di noi stessi».
Questo ci tramanda Seneca nel suo De
tranquillitate animi intorno al 50 d.c.,
una descrizione per niente diversa dal
racconto di un sofferente di adesso. E’
nell’interazione costante tra predisposizione
naturale ed esperienza che si
costituiscono le caratteristiche emozionali
di ognuno, ossia quello che comunemente
chiamiamo “sensibilità”.
La ricerca più avanzata conferma quello
che la sapienza più antica sosteneva
a proposito delle emozioni umane:
nulla esiste di fisiologico che non sia
anche psicologico e viceversa; nessun
fenomeno è puramente psicologico
in quanto produce inevitabilmente
alterazioni biologiche. Così ad alcune
persone “sensibili” capita di vivere
una delusione (personale, professionale,
sentimentale, ecc.) che segna una
frattura tra il prima e il dopo l’evento
inaspettato, qualcosa che rompe la
certezza rigida e spesso inconsapevole
di non essere più quello che si pensava
di essere. Inizia così un disfunzionale
processo di rilettura in negativo
a ritroso: tutte quelle che prima erano
state semplici
difficoltà, ora
vengono rilette come fallimenti, testimonianze
di incapacità che in una sorta
di trend negativo si susseguono senza
fine, diventando prova dell’incapacità
di autocorreggersi. Tutto avviene
in un laconico dialogo tra sé e sé che
non lascia scampo alla sentenza finale:
«Non sono quello che pensavo di essere».
Le valutazioni inappellabili sono
purtroppo sempre date in base ad azioni
concretamente avvenute. Un perfezionista
inconsapevole di correre su un
filo troppo alto che, una volta caduto,
non ha una rete da fornirgli un rimbalzo
sufficiente per ricominciare a camminare
sulla corda della vita. Non ha
perso la vita, peggio, ha perso la fiducia
in se stesso. L’agognato oblio è impossibile
e il peso del passato aumenta
punteggiato di ricordi negativi senza
concedere nulla a quelli positivi, piacevoli
o semplicemente cari. Il presente
viene percepito come immodificabile, il
futuro come impossibile. Ogni sconfitta
reale o presunta vale il doppio, ogni
successo non testimonia capacità: era
dovuto. In altre parole, dove non c’è
vittoria, c’è rinuncia. La rinuncia generalizzata,
che con virulenza attacca
la quotidianità, sigilla la condizione di
ostaggio di se stessi. Così l’illuso deluso
di sé scopre di essere portatore di
un’onnipotente credenza - e questo è
il rischio - “se voglio posso”, un peccato
di superbia, direbbe Dante che ai
superbi riservava l’Inferno e il Purgatorio.
Eccessiva autostima che occulta le
proprie debolezze, direbbero i monaci
Zen. Invalidante esito depressivo diciamo
noi clinici. In un miscuglio di paura
di non riuscire e di dolore per la constatazione
nefasta giornaliera, il rinunciare
mantiene spesso un meccanismo
depressivo ingravescente. Ma il dolore
rappresenta per la nostra mente ciò che
la febbre è per il nostro corpo, ci aiuta
a guarire; ma se la paura e il dolore
– emozioni di base che tutti percepiamo
e scattano indipendentemente dalla
nostra coscienza – superano una certa
soglia, possono condurre ad un punto
di non ritorno e necessitano di un aiuto
specialistico.
Emanuela
Muriana
Emanuela Muriana vive e lavora prevalentemente a Firenze. E’ responsabile
dello Studio di Psicoterapia Breve Strategica di Firenze, dove svolge
attività clinica e di consulenza. Specializzata al Centro di Terapia Strategica
di Arezzo diretto da Giorgio Nardone e al Mental Reasearch Institute di
Palo Alto CA (USA) con Paul Watzlawick. Ricercatore e Professore della Scuola
di Specializzazione quadriennale in Psicoterapia Breve Strategica (MIUR) dal
1994, insegna da anni ai master clinici in Italia e all’estero. E’ stata professore
alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Siena (2007-2012)
e Firenze (2004-20015). Ha pubblicato tre libri e numerosi articoli consultabili
sul sito www.terapiastrategica.fi.it
Studio di Terapia Breve Strategica
Viale Mazzini 16, Firenze
+ 39 055-242642 - 574344
Fax 055-580280
emanuela.muriana@virgilio.it
DELUSIONE
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Obbiettivo
Fotografia Personaggi
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Simone Sabatini
Presidente in carica del Gruppo fotografico il Cupolone di
Firenze, costruisce racconti per immagini dando importanza
al valore espressivo dell’inquadratura
di Maria Grazia Dainelli / foto Simone Sabatini
La ricerca del fotografo toscano
Simone Sabatini è rivolta,
specie negli ultimi anni, alla
realizzazione di progetti con cui raccontare
storie e comunicare emozioni.
Interessato soprattutto agli aspetti
artistici ed estetici dell’immagine, è
attento allo studio e al valore espressivo
dell’inquadratura. Fra i suoi lavori
si ricordano: Le sentinelle del
mare, progetto in continuo divenire
in cui sono immortalati i più bei fari
delle coste atlantiche e dei mari del
nord quali simboli dell’eterno rapporto
di amore e di odio fra l’uomo e il
mare; La castagna: un alimento antico,
racconto per immagini del lungo
e faticoso lavoro che vede impegnato
il montanaro prima nella raccolta
del frutto e poi nella produzione della
preziosa farina. Da questi lavori sono
state tratte le immagini presentate in
varie mostre fotografiche, tra cui quel-
la nel centro visite del Parco nazionale
delle foreste casentinesi. Sempre
interessato al tema agricolo, ha raccontato
la storia di un piccolo vigneto
toscano (Il tesoro di Santa Mustiola),
seguendone tutta l’evoluzione: dal
trapianto delle giovani talee alla maturazione
dell’uva, dalla vendemmia
all’imbottigliamento, fino alla conservazione
in cantine realizzate in tombe
etrusche. Nel 2018, ha documentato,
insieme ai soci del Gruppo fotografico
il Cupolone di cui è attualmente presidente,
il Festival delle donne in rosa,
che ha visto la partecipazione di oltre
4000 atlete di ogni parte del mondo
accomunate dall’aver subito un intervento
per il cancro al seno; le immagini
scattate in quest’occasione sono
state esposte durante l’Estate Fiorentina.
Molte le iniziative promosse
dal Cupolone sotto la sua presidenza;
per citarne solo alcune, si ricor-
dano le premiazioni annuali del Trofeo
Cupolone, organizzate in luoghi storici
di Firenze, e l’evento internazionale
Florence Welcomes Photos and
Photographers, tenutosi nel 2018
all’Auditorium al Duomo e al Liceo artistico
di Porta Romana. Molte anche
le collaborazioni avviate (Centro affidi
del Comune di Firenze, Fondazione
Matteo Ciappi, Consorzio di tutela
del pecorino toscano DOP), a cui si
aggiungono il ciclo di incontri a cadenza
mensile Se io fossi Immagine
(Biblioteca delle Oblate di Firenze) e
le mostre fotografiche nell’ambito
dell’Estate Fiorentina.
FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK
www.universofoto.it
Via Ponte all'Asse 2/4 - 50019 Sesto F.no (Fi) - tel 0553454164
Lights in the sky
Nel bosco
Laureato in Scienze Forestali, è appassionato
di fotografia fin dalle
scuole medie, grazie al professore
di educazione tecniche e al padre che gli
hanno svelato i segreti della fotocamera e
della camera oscura, di cui si è subito innamorato.
Nel 2007 è entrato a far parte del
Gruppo fotografico Il Cupolone di Firenze,
di cui è divenuto presidente nel 2016, dopo
essere stato, dal 2013, nel consiglio direttivo.
Insieme ai colleghi del Cupolone
ha ricevuto il riconoscimento EFI (Encomiabile
della Fotografia Italiana), che va ad
aggiungersi al BFI (Benemerito della Fotografia
Italiana) ottenuto nel 1980.
20
SIMONE SABATINI
A cura di
Nicola Crisci
Spunti di critica
Fotografica
Jack Birns
Reporter della celebre rivista americana Life, ha immortalato
scene di guerra e disagio sociale anticipando il genere della
street photography
di Nicola Crisci / foto Jack Birns
Il fotografo americano Jack Birns
nasce a Cleveland (Ohio) nel 1919
da genitori immigrati dalla Russia.
Dopo la laurea in Letteratura inglese e
Giornalismo alla Ohio Northern University
(1941), inizia a lavorare come
reporter. Nel 1946, si trasferisce a Los
Angeles, in California. La rivista Life lo
incarica di documentare la guerra civile
in Cina, dove si reca nel dicembre del
1947 e rimane fino alla proclamazione
nel 1949 della Repubblica Popolare Cinese,
portando molti fatti all’attenzione
del mondo. Birns racconta la vita degli
“ultimi”, dei poveri e dei senzatetto,
e gli effetti della guerra sulla società.
Precursore della street photography,
immortala le esecuzioni dei comunisti
cinesi e le partenze degli emigranti
russi dopo l’instaurazione del regime
di Mao. Il suo non fu soltanto un lavoro
fotografico, ma anche un saggio
storico e sociologico davvero innovativo
per quegli anni. Nel 1950, sempre
Simplon Orient Express (1950)
Manifesti pubblicitari in Cina (1948)
su incarico della rivista Life, viaggia sul
treno Simplon Orient Express da Lon-
dra a Istanbul
scattando quasi
2000 foto
dal leggendario
treno, mentre
nel 1950-'51 visita l’Italia centro-meridionale.
Rientrato negli Stati Uniti, fonda
con Clifford Sawyer, veterano della
guerra di Corea, la società cinematografica
Birns & Sawyer. Insieme, nel
1954, progettano i primi alloggiamenti
per le telecamere subacquee della United
States Navy, attività
che vede Birns
abbandonare la fotografia
per diventare
imprenditore. Nel
1984 la città di Los
Angeles approva una
risoluzione in onore
dei trent'anni di lavoro
di Birns; nell'ottobre
dello stesso anno
le sue foto pubblicate
su Life nel decennio
1950 / 1960, vengono
esposte a New
York e Washington.
JACK BIRNS
21
Personaggi
Carlo Palli
La donazione del collezionista pratese all’Accademia
delle Arti del Disegno
di Barbara Santoro / foto Adriano Bartolozzi
Ho sempre sentito parlare di
Carlo Palli e della sua favolosa
collezione ma non avevo mai
avuto il piacere di conoscerlo di persona.
Qualche mese fa, in occasione di
una conviviale all’Accademia delle Arti
del Disegno nel giorno di San Luca,
mi è stato presentato. Alto, elegante,
con un sorriso dolcissimo e un modo
di fare energico ma garbato:
mi sembrava impossibile essere
accanto all’uomo che molte volte
avevo sentito nominare da Loriano
Bertini, Giuliano Gori, Riccardo
Macinai e da chissà quanti
altri. Questo signore così alla mano,
dopo aver fatto il gallerista, il
battitore d’aste, il mercante, l’ideatore
di mostre e il collezionista,
ha deciso di donare al Centro
d’arte contemporanea Pecci buona
parte della propria collezione e
di recente un’altra bella porzione
anche all’Accademia delle Arti del
Disegno. Inevitabile domandarsi
come abbia potuto cedere opere
di grande valore che testimoniano
i principali indirizzi artistici del secondo
Novecento, tra cui Fluxus,
Poesia visiva, Nouveau Realisme,
Scuola di Pistoia, Arte Povera,
Transavanguardia, Graffitismo,
Architettura radicale, Nuova Pittura,
Poetiche dell’oggetto, Azionismo
e Arte Ambientale; opere
che per molti anni sono state il
cardine della sua vita e gli hanno
permesso di promuovere eventi
espositivi sempre di alto livello.
Nel testo che accompagna la
mostra I ragazzi della Via Pal..li,
svoltasi dal 10 al 31 gennaio nelle
sale dell’Accademia delle Arti del
Disegno con opere del collezionista
pratese, leggiamo i contributi
di Cristina Acidini, Giorgio Bonsanti,
Andrea Granchi, Francesco
Gurrieri, Irene Senesi, Enrico Sar-
Barbara Santoro con Carlo Palli
toni, Carlo Palli e Laura Monaldi curatrice
della mostra. Sono convinta che,
a differenza di molti altri collezionisti,
Carlo Palli abbia una marcia in più: la
scelta di donare le sue opere è dettata,
infatti, dal desiderio di offrirle alla
fruizione di un pubblico vasto ed appassionato
e soprattutto dei giovani
che frequentano il Museo Pecci e l’Accademia
delle Arti del Disegno. Instancabile
a dispetto della non più giovane
età, sta già pensando a come omaggiare
Raffaello in questo 2020 per il cinquecentesimo
anniversario della morte
e Dante Alighieri nel 2021 per il settecentesimo
anniversario dalla scomparsa
del sommo poeta.
Una panoramica della mostra della collezione Palli all'Accademia delle Arti del Disegno (ph. courtesy Tv Prato)
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CARLO PALLI
SIGMA L2
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Design Simone Granchi 2016
SIGMA L2 Paolo Granchi srl | Via Degli Olmi, 145 | 50019 Sesto Fiorentino (FI) - ITALY
Ph +39 055 4207107 | info@sigmal2.it | www.sigmal2.it
Eventi in
Toscana
La 29^ edizione del Premio Bel San
Giovanni in Palazzo Vecchio
di Aldo Fittante / foto New Press Photo
Il 28 gennaio nel Salone dei Cinquecento
di Palazzo Vecchio, in occasione
delle celebrazioni del 224°
anniversario della fondazione della Società
di San Giovanni Battista, si è tenuta
la 29^ edizione del Premio Bel
San Giovanni, manifestazione ideata
e promossa dal marchese Emilio Pucci
di Barsento durante la sua presidenza.
Il premio, un bassorilievo realizzato
con l'antica tecnica della fusione a cera
persa, cesellato e lavorato a mano dal
maestro orafo fiorentino Paolo Penko,
rappresenta il Battistero citato da Dante
come “il mio Bel San Giovanni”. Il primo
esemplare fu consegnato nel 1986 a Papa
Giovanni Paolo II durante la sua visita
a Firenze e un altro a Papa Benedetto
XVI nel 2010. Per questa edizione la Deputazione
della Società ha rivolto la propria
attenzione nei confronti dello sport,
del terzo settore e della cultura. Alla presenza
del Gonfalone della città e dopo la
squillo delle chiarine, la vicesindaca di
Firenze Cristina Giachi ha rivolto al pubblico
e ai premiati il saluto di benvenuto
da parte dell'amministrazione comunale
lasciando successivamente la parola al
La vicesindaca di Firenze Cristina Giachi e e il presidente della Società di San Giovanni Claudio Bini con i premiati
presidente Claudio Bini che ha ricordato
la motivazione principale che originò nel
1796, sotto il regno del Granduca di Toscana
Ferdinando III di Lorena, la nascita
della società di San Giovanni, ovvero
quella di disciplinare i festeggiamenti in
onore del patrono. Reduce dal clamoroso
successo della fiction televisiva
Pezzi unici, ha ricevuto l'onorificenza la
regista fiorentina Cinzia Th Torrini. Nel
1977 ha girato il suo primo documentario
per la televisione bavarese per poi
esordire al Festival di Venezia nel 1982.
Da allora ha collezionato una serie ininterrotta
di successi cinematografici e
televisivi fra i quali l'indimenticato Elisa
di Rivombrosa. Altra premiata l'ACF
Fiorentina, fondata dal marchese Cosimo
Ridolfi nel 1926, non solo per i meriti
sportivi ma anche per le numerose
iniziative benefiche e solidali della Fondazione
Fiorentina Onlus per l'aiuto e la
difesa delle realtà sociali più bisognose.
Zaira Conti, presidente e fondatrice del
Progetto Villa Lorenzi, è stata premiata
per il sostegno, la prevenzione e la riabilitazione
a favore dei tossicodipendenti
fin dalla fine degli anni Settanta. Con la
sua instancabile attività quarantennale e
la scelta di dedicare la propria vita agli
altri ha aiutato a combattere l'emarginazione
giovanile rendendo Villa Lorenzi
un punto di riferimento per i percorsi
educativi di prevenzione e riabilitazione
del disagio e delle dipendenze.
24
PREMIO BEL SAN GIOVANNI
Eventi in
Toscana
Cosimo I e i simboli del potere
Successo per la serata Lions dedicata al Granduca di Toscana
E’ stata l’occasione per presentare le riproduzioni delle insegne medicee
realizzate dal maestro orafo Paolo Penko
di Beatrice Botticelli / foto courtesy Simone Amati
Achiusura delle celebrazioni del
cinquecentenario di Cosimo de’
Medici per il restauro di alcuni
ex voto ritrovati a Palazzo Medici Riccardi,
si è tenuto nei giorni scorsi, all’interno
della sala del consiglio del Banco
Bpm, l’incontro Cosimo e i simboli del
potere, promosso dai Lions Club di Sesto
Fiorentino, Fiesole e Ponte Vecchio.
E’ stata l’occasione per presentare le riproduzioni
delle insegne medicee realizzate
dal maestro orafo Paolo Penko: lo
scettro, la corona e il toson d’oro di Cosimo
I de Medici. La serata ha registrato
gli interventi di Carlo Francini, responsabile
dell’ufficio Unesco del Comune
di Firenze che ha illustrato la genesi del
progetto con il maestro Penko per la realizzazione
di scettro, corona e toson
d’oro, e Valentina Zucchi, responsabile
mediazione culturale dell’Associazione
Mus.e che ha tratteggiato il periodo
di Cosimo a Palazzo Vecchio, con aneddoti
su usi e costumi dell’epoca. Paolo
Penko ha raccontato ai presenti il lungo
lavoro di ideazione ed esecuzione
dei “simboli del potere”. A seguire, l’intervento
del presidente della Fondazio-
In questa e nell'altra foto, la presentazione delle insegne medicee riprodotte dal maestro Penko
ne arte della seta Lisio che ha illustrato
le tecniche di realizzazione dei supporti
degli oggetti di Penko. Infine, Antonio
Bellizzi di San Lorenzo ha parlato delle
famiglie aristocratiche di Firenze al tempo
di Cosimo. La serata è stata anche
l’occasione per raccogliere fondi a sostegno
del progetto culturale che vede
impegnati i Lions Club
di Sesto Fiorentino, Fiesole
e Ponte Vecchio nel
restauro degli ex voto ritrovati
in un tabernacolo
esterno della muratura
di Palazzo Medici Riccardi
su via dei Ginori,
realizzato probabilmente
nel 1757. Durante la serata,
Angela di Iorio, responsabile
dell’Ufficio
Cultura, Eventi, Museo
e Biblioteca Moreniana
della Città Metropolitana
di Firenze, in rappresentanza
di Palazzo Medici
Riccardi, ha spiegato
come gli ex voto siano stati ritrovati, in
stato di notevole degrado, in occasione
di un restauro delle mura del palazzo.
Il ritrovamento dei quattro ex voto,
realizzati in lamina metallica in argento
e bronzo e recanti l’attestazione “PGR”
(per grazia ricevuta), accompagnato
dalla scoperta di una tela dipinta a olio
realizzata da Giuseppe Magni (1749),
ha suscitato l’interesse dei Lions Club
che hanno deciso di finanziare il restauro,
affidato a maestranze dell’artigianato
e restauro fiorentino quali il maestro
orafo Paolo Penko, Beatrice Cuniberti e
Paola Lucchesi dell’Associazione Atelier
degli Artigianelli massime esperte
del restauro della carta. In conclusione
della serata proprio Paola Lucchesi
ha illustrato il percorso di restauro e
rigenerazione della carta posta dietro gli
ex voto, l’utilizzo di nuovi materiali che
consentano la conservazione e la collaborazione
con Penko per l’assemblaggio
degli oggetti. Gli ex voto verranno
installati in una teca all’interno del museo
di Palazzo Medici Riccardi.
COSIMO I
25
TACCO,
TABACCO
E VENERE
OPERE
DI ROSALIND KEITH
RASSEGNA LEX&ART A CURA
DI DANIELA PRONESTÌ
21 30
FEBBRAIO
MARZO
OPENING:
VENERDÌ 21 FEBBRAIO
ORE 18.30
SECONDO
APPUNTAMENTO:
VENERDÌ 6 MARZO
ORE 18.30
Presentazione del progetto
discografico "Basta" di
Lu Colombo contro la violenza
sulle donne
Durante la serata, verrà
proiettato il video "Notte di
mezzaluna" realizzato con i
disegni di Rosalind Keith
Studio Ronchi - Lex&ARK
(secondo piano)
Via de’ Renai 23 - Firenze
www.rosalindkeith.com
Firenze
Mostre
Maria Rita Vita
Fino al 1° marzo al Florence Dance Center con una
personale dedicata alla bellezza dell’impermanenza
di Daniela Pronestì / foto Maria Grazia Dainelli e Carlo Midollini
Da sinistra, Marga Nativo, direttrice artistica del Florence Dance, Maria
Rita Vita, la coreografa Benedetta Ghiglia e la curatrice della mostra
Daniela Pronestì
Non è possibile bagnarsi due volte
nello stesso fiume, perché ad
ogni immersione l’acqua sarà
sempre diversa. E’ con queste parole che
Eraclito “l’oscuro”, meglio conosciuto
per l’aforisma panta rei, consegna alla
storia del pensiero occidentale l’idea di
una realtà in perenne divenire. Una lezione
tutta ancora da imparare, quella eraclitea,
ogniqualvolta ci avvinghiamo con
forza e disperazione alle nostre illusorie
certezze. Il punto è questo: noi non “siamo”,
ma “diveniamo” continuamente.
Solo accettando questa condizione costitutiva
dell’esistenza umana, impariamo a
riconoscere la bellezza dell’impermanenza.
Proprio di questa bellezza si nutrono
le opere di Maria Rita Vita esposte nella
personale dell’artista in corso fino al 1°
marzo al Florence Dance Center di Marga
Nativo. Riunite per l’occasione quasi 20
opere, molte delle quali recenti, in cui lo
sviluppo molteplice e dinamico di colore
e segno indica l’incessante mutare di visioni
ed emozioni trasferite sul supporto
in una staticità “fisica” ma non percettiva.
«La fissità mi spaventa − chiarisce
l’artista − perché evoca un’immagine
contraria al dinamismo della vita per come
si manifesta anzitutto nel mondo naturale,
dove il ritmo delle
stagioni, il perenne variare
dei colori, lo scorrere
dell’acqua e i moti
stellari parlano di un’energia
che senza sosta
fluisce e si rinnova». E
infatti la natura è la sua
unica e sola “maestra”,
in un divenire, anche
qui, che trasforma i fiori
in sensazioni, il paesaggio
in luoghi dell’anima,
gli elementi in stati interiori.
«Non dobbiamo rifiutare
il cambiamento
− prosegue −, dobbiamo
invece accoglierlo
come parte ineludibile di noi stessi,
ricordandoci sempre che dal
buio nasce la luce, dagli ostacoli
la possibilità di diventare persone
nuove». E se l’arte è specchio della
vita, è nel processo creativo che
l’artista sperimenta la transitorietà
di ogni cosa dentro e fuori di sé:
«Dipingere per me significa “mettermi
a nudo”, consegnare all’opera
e quindi al pubblico un racconto
veritiero di ciò che sento e sono».
Una confessione senza veli né filtri
che alla bellezza attribuisce il volto
della verità. E non potrebbe essere
altrimenti per un’artista che da
sempre sceglie di non riconoscersi
in un’idea preconcetta di “bello
artistico” e tantomeno di stile. La
libertà è un bene non negoziabile
nella vita così come nell’arte; lo sa
bene Maria Rita Vita, che alla propria
libertà non ha mai rinunciato,
sostenuta dalla convinzione che
non ci sia altro modo d’intendere
la pittura se non come incessante
e, per proprio per questo, meravigliosa
scoperta.
L’inaugurazione della mostra, avvenuta
lo scorso 1° febbraio, ha visto
esibirsi il corpo di ballo del Florence
Dance Center in una coreografia ideata
da Benedetta Ghiglia avvalendosi di foulard
messi a disposizione dall’artista con
le riproduzioni di alcuni suoi quadri.
Panta Rei / La bellezza dell’impermanenza
Opere di Maria Rita Vita
Florence Dance Center
Borgo della Stella 23/r (Piazza del Carmine)
Firenze
Dal lunedì al venerdì (10.00 - 13.00 /
14.30 - 20.00)
www.mariaritavita.com
www.florencedance.org
Un momento del balletto ideato da Benedetta Ghiglia con i
foulard che riproducono le opere di Maria Rita Vita
MARIA RITA VITA
27
Mostre nel
mondo
Andrea Stella
Il 20 marzo a San Pietroburgo, nel prestigioso Palazzo Vladimirskij
già residenza imperiale, apre la mostra dedicata al maestro toscano
a quasi un anno dalla scomparsa
L’evento è patrocinato dal Consolato della Repubblica Italiana, dalla Regione Toscana
e dai Comuni di Pelago e Bagno a Ripoli
di Cristina Acidini
Nei quadri di Andrea Stella vi sono
sentinelle arcane che pattugliano
disastrati scenari pseudo
urbani; costruttori geometrici imperscrutabili,
ai quali gli spessori materici
applicati conferiscono ulteriori paradossali
dimensioni. Arabeschi di segni grondanti
e colanti sospesi in aria (ma è
Incontri segreti, tecnica mista
aria?) simili a ragnatele sconvolte da un
ciclone, merletti forse un tempo preziosi
ma irrimediabilmente lacerati da eventi
estremi che non conosciamo. Colori gelidi
o ardenti, baluginanti tocchi metallici
che si allontanano da qualsiasi suggestione
naturalistica. E', quella di Stella,
un'arte che spesso scaturisce da una
fantasia totalmente personale:
difficile dire da dove sia partita,
impossibile predire dove
arriverà. E tuttavia, in un gioco
che è omaggio e divertissement,
compaiono talora nelle
sue tele variazioni su temi celebri.
E' il caso della Gioconda
di Leonardo da Vinci, cimento
post-dadaista per tanti pittori,
che Stella incorpora nel
suo universo di segni arcani,
intagli dorati, ombre divoranti,
generando una famiglia di Gioconde
diverse ma tutte imperturbabili contro
fondali erosi e spinosi, così da sostenere
senza scomporsi l'aggiunta di fiori, volatili,
ornamenti composti.
Atelier Andrea Stella
Via Roma 535, Bagno a Ripoli
selenastella3@gmail.com
+39 339 3486520
Nuovi scorci, tecnica mista
La facciata di Palazzo Vladimirskij sulla Neva
Timido abbraccio alla sera, tecnica mista
28
ANDREA STELLA
A cura di
Massimo De Francesco
Musicisti stranieri in
Toscana
Francis Boott
Trasferitosi a Firenze nel 1847 per completare gli studi musicali,
il compositore americano abitò a Villa Castellani sulle colline di
Bellosguardo dove ospitò tra gli altri lo scrittore Henry James
di Massimo De Francesco
Frank Duveneck, Ritratto di Francis Boott (1881), olio su tela, Cincinnati Art Museum
Tra Ottocento e Novecento, la
Toscana è stata patria di una
delle comunità anglo-americane
più numerose al mondo. Ne ha fatto
parte, insieme ad altri illustri personaggi,
il musicista e compositore americano
Francis Boott, nato a Boston
nel 1813 da genitori inglesi. Laureatosi
alla Harvard University nel 1831,
Boott comincia la carriera di compositore
pubblicando le sue prime canzoni
con lo pseudonimo di "Telford".
Dopo la nascita della figlia Elizabeth
(1946), parte alla volta dell’Italia arrivando
a Firenze nel 1847; qui s’iscrive
nel libro dei soci del Gabinetto Vieusseux
indicando Piazza San Gaetano
come suo indirizzo. A Firenze studia armonia
all'Accademia Musicale (l'odierno
Conservatorio Luigi Cherubini) con
Luigi Picchianti e compone musica da
camera con la quale si esibisce a Roma
presso Palazzo Barberini, allora residenza
dell'amico scultore americano
William Wetmore Story. Viaggia molto
insieme alla figlia, fino a quando, rimasto
vedovo nel 1857, si trasferisce
stabilmente a Firenze, dove risiede a
Villa Castellani (Mercedes), sulle colline
di Bellosguardo. E’ qui che ospita
importanti personaggi suoi amici come
Constance Fenimore Woolson, nipote
dello scrittore statunitense John Fenimore
Cooper, e lo scrittore Henry James,
che alla dimora fiorentina di Boott
s’ispirerà nel celebre romanzo Ritratto
di signora (1881). Francis ed Elizabeth,
amichevolmente conosciuta come "Lizzie",
daranno nuovamente spunto a James
per i personaggi di Adam e Maggie
Verver, padre e figlia nel romanzo La
coppa d'oro (1904). Il principale scopo
nella vita del compositore è l'educazione
della figlia, che studia italiano,
francese e tedesco e manifesta presto
uno spiccato talento artistico. Sposatasi
con il pittore americano Frank Duveneck
nel 1886, i due hanno un figlio,
Frank Jr. Lizzie, che sarà poi fondatore
a Firenze del Charcoal Club, con sede
nell’edificio oggi conosciuto come
Palazzo dei Pittori in viale Milton. Boott
scrive più di 140 composizioni, fra
canzoni e musica corale; fra i brani più
celebri, canzoni basate su opere come
Ring Out Wild Bells del poeta britannico
Alfred Lord Tennyson e From The
Close-Shut-Window del poeta americano
James Russell Lowell. Nel 1888 rientra
con il nipote Franck Jr. nella natia
Boston a seguito della scomparsa della
figlia, deceduta a Parigi e sepolta nel
Cimitero degli Allori a Firenze. Continua
a comporre fino alla sua morte, avvenuta
il 22 marzo del 1904. Tutt'oggi la
Harvard University conferisce l'annuale
Premio Boott ai compositori laureatisi
presso il prestigioso ateneo.
FRANCIS BOOTT
29
Il centro fitness Cigno Nero a
Firenze propone corsi innovativi e
pensati per un numero massimo
di 8 persone, in modo che i clienti
vengano seguiti da vicino, tenendo
conto delle singole esigenze e
caratteristiche fisiche.
Corsi in evidenza:
Fit Barre
Ispirato alla danza classica e al
pilates, è un allenamento molto
intenso con esercizi che fanno
lavorare tutto il
corpo migliorando la postura e
rendendo la figura
femminile armoniosa.
Low Pressure Fitness
Si tratta di una serie di
esercizi di respirazione e
posturali che migliorano il tono
dei muscoli profondi attraverso la
diminuzione della pressione addominale.
E’ adatto a tutte le età ed è
molto utile per ridurre la
diastasi addominale in
seguito a una o più
gravidanze.
Antigravity Yoga
Martina Baglioni, presidente
dell'associazione Cigno Nero
E' una disciplina che tende a "combattere
la forza di gravità": rimanendo
sospesi in aria, si può sperimentare una
sensazione molto simile al volo, e le
percezioni che proviamo normalmente
nella pratica degli Asana vengono
incrementate.
Cigno Nero
Via Antonio Cocchi 59 - Firenze
Cigno Nero Firenze
www.cignonerofirenze.com
+39 366 6666054
A cura di
Laura Belli
Speciale
Pistoia
Sigfrido Bartolini
Conosciuto nel mondo per l’edizione di Pinocchio da lui illustrata nel 1983, è stato
uno dei principali protagonisti del dibattito artistico nella Pistoia del Novecento
A custodirne la memoria, una casa museo curata dalla moglie del maestro
di Laura Belli
Sigfrido Bartolini (1932-2007), pittore,
incisore e scrittore, è stato
un pistoiese di grande talento, testimone
e protagonista nell’ambito culturale
del primo Novecento. A Pistoia, in
via di Bugiano 5, si trova la sua casa.
Qui svolgeva la sua attività artistica, da
qui si recava alla scuola d'arte dove insegnava
e qui tutto parla di lui. Al piano
terreno si trovano lo studio-biblioteca e
il laboratorio con un torchio calcografico
per la stampa di acqueforti e xilografie
costruito da lui stesso; al piano
superiore, lo studio del pittore, il banco
per incidere con sgorbie, bulini e legni,
oltre ad una grande scrivania disegnata
da lui stesso per raccogliere le grandi
stampe. Bartolini iniziò a dipingere molto
precocemente nel 1947 e nella sua
vita ebbe modo di conoscere e frequentare
molti artisti, come testimonia la
ricca raccolta di quadri della Scuola pistoiese
e del primo Novecento custodita
nella sua casa, con opere di Bugiani,
Agostini, Innocenti e Cappellini, che gli
furono maestri e amici nella prima giovinezza,
e nomi celebri come Soffici, Sironi,
Costetti, De Chirico, Viani e Maccari,
conosciuti e apprezzati nella sua maturità.
Nell’arioso e accogliente sottotetto
Una stanza all'interno della casa museo (ph. courtesy Casa Museo Bartolini)
si trova il ricco archivio con
numerosi testi d'arte, letteratura
e filosofia, le raccolte
complete di rare riviste
del Novecento e una ricca
corrispondenza con personalità
del mondo artistico
e intellettuale di cui Bartolini
fu testimone e a sua volta
protagonista. Del riordino
di questo ricco materiale
si occupa la Soprintendenza
Archivistica e Bibliografica
della Toscana con il
prezioso aiuto della moglie
dell’artista che cura con dedizione la casa
museo. A lei Sigfrido dedicherà l'opera
grafica più importante della sua vita:
l’edizione di Pinocchio illustrata con
309 xilografie nel 1983. L’opera richiese
dodici anni di strenuo lavoro ed ebbe
un successo mondiale che dura ancora
oggi. Esposta al MoMA di New York,
ha girato il mondo con una mostra itinerante
delle 309 matrici di legno incise
per l'illustrazione del volume e di tutto
il materiale preparatorio. Spirito libero
e schivo, Bartolini amava trascorrere le
vacanze in Versilia dove aveva occasione
di incontrare e confrontarsi con Soffici
e molti altri noti artisti del tempo. Ai
mesi estivi sono legate opere pittoriche
come la serie di casolari: edifici abbandonati,
circondati dal silenzio e dotati di
una maestosità architettonica. Il suo ultimo
lavoro, concluso con enorme sforzo
a causa del fisico ormai
debilitato dall’artrite reumatoide,
risale agli anni
2005 / 2006 e rappresenta
qualcosa di nuovo nella
produzione dell’artista.
Si tratta, infatti, di quattordici
vetrate istoriate per
la Chiesa dell'Immacolata
a Pistoia, a soli 200 metri
dalla sua casa.
Sigfrido Bartolini
Particolare del tavolo nello studio dell'artista con in primo piano l'edizione di Pinocchio
da lui illustrata nel 1983 (ph. courtesy Toscana900.com)
www.sigfridobartolini.it
www.sigfrido.bartolini.org
www.casedellamemoria.it
SIGFRIDO BARTOLINI
31
GALLERIA D’ARTE MENTANA FIRENZE
Presenta
I viaggiatori del sogno
Mostra personale dell’artista
Gianni Mucè
Tre nuove Grazie (2020),olio su tavola, cm 50x70
E’ un piacere per me ospitare la mostra personale del maestro Gianni Mucè,
artista del colore e del sogno, di suggestioni che spaziano dall’onirico al simbolico
e che incantano l’osservatore traghettandolo in un mondo colmo di gioia e
bellezza. Sono certa che pubblico e collezionisti apprezzeranno le sue opere.
Art director
Giovanna Laura Adreani
Opening Sabato 8 febbraio ore 18
Orari 11 - 13 / 16.30 - 19 Domenica e lunedì mattina chiuso
GALLERIA D’ARTE MENTANA
Via della Mosca 5r - 50122 (FI)
+39.055.211984 - www.galleriamentana.it
galleriamentana@galleriamentana.it
Sito web: www.galleriamentana.it - Vendita online: www.galleriamentana.it/it/negozio
Facebook : www.facebook.com/galleriamentanafirenze
I libri del
Mese
Renato Campinoti
Non mollare Caterina
Un romanzo a tinte forti, implacabile nella denuncia del male
ma senza perdere la speranza
di Erika Bresci
Ci sono strade a Firenze, che conosciamo
e percorriamo ogni
giorno quasi senza accorgercene,
lungo le quali è possibile incrociare,
tra le altre, storie capaci di
nascondere segreti così neri da far percepire
a pelle l’odore disgustoso del
male. Non mollare Caterina non è altro
che una di queste allucinanti “storie
della porta accanto”. Da una parte
Caterina, giovanissima, affascinante
e tenace agente di Polizia, dall’altra
un organizzato gruppo di uomini di alta
società ben protetti da amicizie giuste,
dedito alla pedofilia. Una vicenda
terribile, un vaso di Pandora aperto per
caso un giorno da Isabella, una ragazza
rom preoccupata per la sorellina di
soli undici anni che vede spesso portata
via da un’auto di grossa cilindrata
e sparire per alcune ore chissà dove.
Chissà con chi. Nel rincorrersi dei fatti,
negli inciampi, nel confronto serrato,
nella paura di essere colpita negli
affetti più cari, Caterina scoprirà a sue
spese che non è facile né così ovvio
punire i colpevoli, se il mondo oscuro
in cui è costretta a scendere si dipana
per infiniti legami e tentacoli e ragnatele
capaci di mettere in dubbio persino
il concetto stesso di giustizia, se affidato
alle mani di chi le ha sporche. Ma
“il male che è nel mondo viene quasi
sempre dall’ignoranza”, ci suggerisce
Albert Camus ne La Peste. Ed è proprio
così. Perché, a intervallare il ritmo degli
eventi, affidati soprattutto all’incalzare
dei dialoghi, Campinoti inserisce,
come un lungo diario a puntate, il monologo
di uno dei mostri coinvolti nel
laido traffico di “merce di prima scelta”.
Un controcanto osceno dal quale
si comprende che l’arroganza di chi
continuamente ripete a se stesso e alla
sua cerchia di amici
“noi ce lo possiamo
permettere” sta proprio
nell’istinto cieco
che accampa ragioni
ottuse per giustificare
le proprie perversioni.
Nel buio che non va oltre
il soddisfacimento
di un capriccio. Nella
superficialità aberrante
che semplifica in
cifre e carne da consumare
in fretta le ferite
inferte a una società
che, afferma Campinoti,
è “spezzata in tante
parti” e di cui si rende
sempre più urgente
“ricomporre la trama”.
Pagine, queste, di totale
crudezza, senza appello,
senza luce, che
arrivano dirette come
un pugno allo stomaco,
che dipingono personaggi
verso i quali
non è concesso mostrare
pietà alcuna e
che vorremmo saper
confinati nelle poche
pagine di un romanzo.
Cosa che la realtà dei fatti troppo spesso
e tristemente smentisce. Ma se da
un lato l’autore ci fa toccare con il dito
la piaga purulenta del male, dall’altro
apre le finestre su scorci che fanno
sperare in un vento di affetti ancora vivo,
vibrante e puro. Come l’amicizia
nata per caso tra Caterina e l’anziana
e sola Cesira, i rapporti tra il vicequestore
Martelli e sua figlia, tra Isabella,
emancipata da un mondo che non le
appartiene, e il suo ragazzo. Non mollare
Caterina è dunque un romanzo a
tinte forti, implacabile nella denuncia,
certo, ma anche un invito alla speranza,
alla fiducia nell’uomo quando questo
si fa comunità, quando tende la
mano e ne trova un’altra da stringere
per condividere insieme un tratto, anche
breve, di quelle strade che ogni
giorno, si diceva, ci troviamo a camminare
spalla a spalla. Da domani, forse,
con un po’ più di consapevolezza e di
attenzione per chi ci sta accanto.
RENATO CAMPINOTI
33
Il super tifoso
Viola
A cura di
Lucia Petraroli
Gianna Nannini
Presentato all’Artemio Franchi il tour 2020 della cantante toscana
alla presenza del patron viola Rocco Commisso
Il prossimo 30 maggio farà tappa allo stadio fiorentino, unico appuntamento
estivo in Italia
di Lucia Petraroli
Lo scorso 10 gennaio, la musicista
e cantautrice Gianni Nannini
ha presentato all’Artemio
Franchi il suo nuovo tour che proprio
nello stadio fiorentino farà tappa il prossimo
30 maggio. Un concerto speciale
quello in programma a Firenze, come
dichiarato dalla cantante: «Ho scelto Firenze
perché sono toscana. Sarà un
tour storico e mi auguro di vedere tante
persone. Ho dedicato un intero album
alla mia regione e la canzone Per forza e
per amore, uno dei canti più famosi delle
contrade di Siena». Oltre che in Italia,
il tour toccherà diverse capitali europee,
con la partecipazione del grande batterista
Simon Philips. Partirà da Londra il
15 maggio per poi proseguire a Parigi,
Bruxelles, Lussemburgo, in Germania
a giugno, dove rimarrà fino ad ottobre
con sei date, e poi in Svizzera con altre
due tappe. A novembre inizierà il giro
nei palasport italiani: il 18 al Pala Florio
di Bari, il 19 al Pala Partenope di Napoli,
il 21 al Pala Catania di Catania, il
25 al Pala Verde di Treviso, il 28 al Pa-
la Alpitour di Torino. E poi ancora l’1
dicembre al Mediolanum Forum di Assago
e il 3 dello stesso mese al Palazzo
dello Sport di Roma. Durante il tour,
Gianna presenterà l’ultimo album intitolato
La differenza, oltre ad interpretare i
successi che l'hanno resa celebre. L’album
è uscito lo scorso 15 novembre,
proprio nei giorni del trentesimo anniversario
della caduta del Muro di Berlino,
evento che la vide presente nel
1989: «Dopo la caduta di quel muro,
purtroppo ne sono nati molti altri. Il ti-
Artemio Franchi: Gianna Nannini riceve la maglia dal patron viola Rocco Commisso alla sua destra; con loro Giancarlo Antognoni e gli assessori del Comune di
Firenze Tommaso Sacchi, alla sinistra, e Cosimo Guccione (ph. Alessandro Morandi per gentile concessione di Rockol)
34
GIANNA NANNINI
tolo del disco è anche un incitamento a
fare la differenza come singoli. Sono felice
che mia figlia abbia potuto frequentare
le prime scuole in Inghilterra dove
non ci sono problemi legati al colore
della pelle». Alla conferenza erano presenti
Rocco Commisso, presidente della
Fiorentina, Giancarlo Antognoni e gli
assessori del Comune di Firenze Tommaso
Sacchi e Cosimo Guccione. I due
dirigenti hanno regalato alla cantante
una maglia della Fiorentina con stampati
sul retro il cognome Nannini e il numero
1. Durante la conferenza stampa,
l’artista ha tentato di far cantare con lei,
sulle note di Bello e impossibile, il patron
viola ma senza riuscirci: tentativo
rimandato al 30 maggio con la promessa
del patron viola di esibirsi con lei in
un duetto al Franchi. Commisso, lusingato,
ha risposto: «Gianna Nannini è
una campionessa della musica. Quando
lei era bambina, io negli USA ho aperto
la prima discoteca italo-americana dove
si sono esibiti molti cantanti italiani come
Pupo. Oggi non ho più la discoteca
e non posso invitare Gianna a cantare,
ma sono contento del suo concerto qui
all'Artemio Franchi e, se possibile, verrò
apposta dall'America per ascoltarla».
ph. Gerald Jenkins
Nata a Siena, Gianna Nannini
è una contradaiola dell'Oca.
Ha studiato pianoforte al
Conservatorio di Lucca per poi trasferirsi
a Milano dove è iniziata la sua
carriera musicale. Nel 1976 pubblica
il primo album con l'etichetta Ricordi,
anche se il vero successo arriva
con il brano Canta America incluso
nell'album California. Grazie soprattutto
alla collaborazione con il produttore
Conny Plank, con il quale ha
realizzato Sconcerto rock e Latin Lover,
la Nannini raggiunge il successo
al di fuori dei confini nazionali, conquistando
definitivamente il pubblico
europeo. Il fenomeno inizia nel 1984,
anno in cui esce Puzzle, il suo sesto
disco che resta per sei mesi tra i primi
dieci dell’hit-parade italiana e nelle
prime posizioni anche in Germania,
Austria e Svizzera (dove Gianna riceve
anche il disco d'oro). Con il brano Fotoromanza,
in cima alla classifica per
due mesi, conquista il pubblico italiano,
esibendosi in circa 40 concerti, per
un totale di circa 300.000 spettatori. Nel
1986, pubblica l'album Profumo con
cui, grazie alla canzone Bello e impossibile,
ottiene due dischi di platino in Italia,
il disco d'oro in Germania e il platino
in Austria e Svizzera. L'anno seguente,
la compilation Maschi e altri vende un
altro milione di copie. Nel 1990 registra
la canzone colonna sonora del mondiale
Italia '90 insieme a Edoardo Bennato,
una hit che viene ascoltata in tutto
il mondo. Gli anni Duemila sono decisamente
prolifici per la cantante toscana:
gli album Aria e Perle sono buoni
successi, ma è il disco del 2006 Grazie
che riporta la Nannini al primo posto
in classifica dopo sedici anni. Il
successo dell'album, che alla fine
dell'anno risulterà essere il più venduto
in Italia con circa 400.000 copie
vendute, è dovuto specialmente
al pezzo Sei nell'anima, poi diventato
colonna sonora del film Manuale d'amore
2. Ma un'altra cosa importante
accade nella sua vita: diventa mamma
nel 2010 all'età di 56 anni, scatenando
un dibattito sull'opportunità
di avere figli in età avanzata. Il 3 dicembre
dello stesso anno esce il singolo
Ogni tanto, che anticipa l'uscita
del disco di inediti Io e te. Successivamente,
pubblicherà altri tre album: Hitalia
(2014), Hitstory (2015) e Amore
gigante (2017).
GIANNA NANNINI
35
Storia delle
Religioni
A cura di
Stefano Marucci
Riflessioni sul sacramento dell’eucaristia
di Valter Quagliarotti
1^ parte
L'eucaristia è il gesto dell'amore
di Cristo reso presente nel segno
sacramentale, affinchè diventi
il nostro quotidiano nutrimento.
Nella sua etimologia greca “eucaristia”
significa “ringraziamento” ed è utilizzata
dal Nuovo Testamento per tradurre il
termine ebraico “berakah” che significa
“benedizione”. L'evangelista Luca, narrando
dell'ultima cena di Gesù, ci dice
che, preso il pane, dopo aver reso grazie
lo spezzò e lo diede agli apostoli. In ogni
eucaristia si compiono queste parole di
Gesù: «Padre giusto, il mondo non ti ha
conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e
questi sanno che tu mi hai mandato. E
io ho fatto conoscere loro il tuo nome
e lo farò conoscere» (Gv 17,25-26). Di
conseguenza attraverso l'eucaristia entriamo
in comunione con il gesto salvifico
della Croce, che è gesto di amore
supremo, per diventare sempre di più
un popolo che ama con lo stesso amore
di Cristo e, di conseguenza, per essere
il suo corpo ecclesiale. Lo stesso
Paolo ci ricorda: «Poichè c'è un unico
pane, noi, pur essendo molti, siamo
un corpo solo: tutti infatti partecipiamo
all'unico pane». L'eucaristia ha questo
scopo: renderci un solo popolo nelle cui
vene circola l'amore di Dio. L'evangelista
Giovanni con rara solennità afferma
all'apertura del suo vangelo: «E il Verbo
si fece carne e venne ad abitare in mezzo
a noi; e noi abbiamo contemplato la
sua gloria, gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre, pieno di grazia
e di verità». Quel “Verbo”, che nel
prologo viene indicato come “carne”, si
fa “pane” per ogni nostra fame, conforto
per ogni nostra sete, nutrimento per
ogni tempo e cibo per il cammino della
Chiesa “nell'attesa della sua venuta”,
come proclamiamo durante l'eucaristia
subito dopo la consacrazione del pane
e del vino. Attesa che non solo può essere
lunga, ma anche faticosa e perciò
si ha bisogno di sostegno e nutrimento.
La celebrazione dell'eucaristia diventa
luogo assai significativo per comprendere
al meglio il nesso tra la nostra vita
e la presenza di Cristo nella nostra esistenza:
il mistero del pane offerto e condiviso
ci riporta alla presa di coscienza
del bisogno di dare e ricevere il dono di
un'autentica compassione. Gli evangelisti
sottolineano che Gesù, nel momento
in cui ha istituito l'eucaristia donandola
alla Chiesa, ha fatto riferimento al sacrificio
dell'alleanza: «Questo calice è la
nuova alleanza nel mio sangue, quello
versato per voi» (Lc 22,20). Mosè,
nel momento culminante dell'alleanza
del Sinai, asperge con il sangue l'alta-
re, che rappresenta Dio, poi il popolo.
«Tutto quanto Jahvè ha detto, noi lo faremo
e obbediremo» (Es 24,7). Soltanto
dopo questo impegno formale, Mosè
pronuncia le parole, che poi verranno
riprese da Gesù, e dice: «Ecco il sangue
dell'alleanza, che Jahvè ha stretto
con voi mediante tutte queste parole»
(Es 24,8). Se Gesù, allora, ha compiuto
il sacrificio della nuova alleanza donando
il suo corpo e il suo sangue per la
nostra salvezza e se ha voluto regalarci
il sacramento del sacrificio della nuova
alleanza, che è l'eucaristia, non poteva
non donarci anche la legge della nuova
alleanza, ovvero il comandamento nuovo
riferito da Giovanni: «Quand'egli fu
uscito, Gesù disse “vi do un comandamento
nuovo: che vi amiate gli uni gli
altri, come io vi ho amato”». In ogni eucaristia,
mentre celebriamo il sacrificio
della nuova alleanza, questo comandamento
che il Signore ha lasciato ai suoi
discepoli, ci permette di farci riconoscere
come autentici discepoli di Gesù.
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36
EUCARISTIA
Viaggi culturali con
Mugel Travel
India
Colori, tradizioni e spiritualità di una cultura millenaria
di Maria Grazia Dainelli / foto Carlo Midollini
Le facce, i colori e i particolari
dell’India raccontano la storia
e l’indole di questa meravigliosa
terra, donando al visitatore uno spettacolo
che merita di essere contemplato
e ricordato. In questo paese dalla storia
millenaria, i monumenti, le tradizioni,
i riti e le religioni attingono continuamente
da questo glorioso passato, offrendoci
una straordinaria varietà di stili
che hanno lasciato l’impronta nei grandi
“stupa”, monumenti che celebrano i
passaggi salienti della vita di Buddha.
Estendendosi dall’Himalaya all’Oceano
Indiano, è uno dei paesi più grandi
al mondo; al suo interno convivono
diverse popolazioni che si differenziano
soprattutto in base
alla religione. Sono
presenti, infatti, gli Induisti,
i Musulmani e
i Sikh, culti che convivono
tra di loro pacificamente.
Non è
difficile capire dove bisogna
entrare scalzi,
grazie alle indicazioni
e al numero di ciabatte
e calzature presenti
all’ingresso di determinati
luoghi. In India esi-
stono ancora i matrimoni combinati: la
scelta viene fatta di solito dalle famiglie
e il più delle volte i giovani approvano
questa usanza. E’ importante ricordare
che la popolazione è suddivisa in caste,
con in alto i brahmani (sacerdoti)
e in basso i shudra (servitori). I capelli
sono molto importanti nella cultura indiana:
quando muore un genitore, i figli
si rasano a zero; lo stesso vale per
i primi capelli dei bambini che vengono
rasati e buttati nel fiume e per i capelli
delle vedove. Impossibile non notare
la bellezza e i colori delle donne indiane
che indossano il “sari”, una lunga fascia
di tessuto avvolta intorno al corpo che
termina con un lembo colorato; le stoffe
e le tipologie di questi abiti variano a
seconda delle disponibilità economiche
della donna. Le indiane amano
ornare le braccia con monili e
braccialetti colorati e indossare
grandi collane e orecchini
pendenti. Purtroppo, la donna
è ancora considerata inferiore
all’uomo e viene per questo
discriminata sia sul lavoro che
in famiglia. E’ un popolo estremamente
gentile che accoglie
l’ospite in casa propria considerandolo
“sacro”.
INDIA
37
Dal teatro al
sipario
A cura di
Doretta Boretti
Il Teatrodante Carlo Monni a Campi Bisenzio
Incontriamo il direttore Alessia Carovani per parlare della
gestione amministrativa di un teatro
di Doretta Boretti
Nella piazza principale di Campi
Bisenzio si trova il Teatrodante
Carlo Monni, già
Teatro Dante fino al 2014. Edificato
nel 1873 su progetto dell’architetto
campigiano Mariano Falcini, fu concepito
come un classico teatro ottocentesco
a palchi destinato all’opera
lirica. Come tale si fece conoscere
in tutta Italia, tanto che Campi venne
soprannominata la piccola Parma. Fino
al 1938 mantenne la sua struttura
e destinazione ma poi, dopo vari rifacimenti,
passò da teatro lirico a cinema
fino alla chiusura. Nei primi anni
Duemila l’amministrazione comunale,
consapevole dell’importanza di un
teatro per la cittadinanza, lo restaurò
su progetto degli architetti Ugo Perut
e Firouz Galdo, che rinnovarono l’antica
struttura conservandone in parte
soltanto la facciata. I cittadini furono
coinvolti nelle spese per la ricostruzione,
acquistando alcuni “mattoni”
dell'odierno teatro inaugurato il
9 febbraio 2007. Incontriamo Alessia
Carovani, direttore amministrativo
del teatro campigiano, per entrare
nel vivo delle problematiche legate
alla gestione della struttura.
Nel 2018, lei è stata nominata presidente
del consiglio di amministrazione
dell’Accademia dei
Perseveranti; può spiegarci di cosa
si tratta?
L’Accademia dei Perseveranti è nata
il 2 luglio 1871 quando 42 cittadini di
Campi Bisenzio e l’amministrazione
comunale costituirono una società
puramente civile allo scopo di costruire
un teatro da intitolare a Dante Alighieri
nel Comune di Campi Bisenzio
e di formare un’accademia per l’attivazione
e la manutenzione del mede-
A partire da destra Alessia Carovani, Tommaso Cardini, Valentina Baldanzi, Giovanni Grossi; nel manifesto
sullo sfondo è riprodotta un'opera del maestro Antonio Manzi (ph. courtesy tuttosesto.net)
simo. Nel 2014, l’Accademia è stata
trasformata in una Fondazione impegnata
nell’ideazione e produzione
di cultura con finalità di promozione
di eventi culturali, artistici e sociali
a livello locale, regionale, nazionale
e internazionale, attivando forme
collaborative con soggetti pubblici e
privati. Inoltre, compito della Fondazione
è favorire il diritto alla cultura
38
DIRETTORE DI UN TEATRO
per una città sempre più creativa, in
collaborazione con il Comune e il sistema
educativo - formativo.
La sua formazione è legata a studi
sul teatro?
Quella del teatro è una grande passione
che cerco di trasmettere ai
miei figli Niccolò e Tommaso. Mi sono
laureata con una tesi in Storia
del Teatro, ho proseguito il percorso
di formazione frequentando corsi
di marketing e di management culturale.
Dal punto di vista professionale
sono diventata una meeting ed event
planner. Da ottobre 2018 sono presidente
della Fondazione Accademia
dei Perseveranti e sono molto orgogliosa
di ricoprire questo ruolo.
Che posto occupa il direttore amministrativo
nell’ingranaggio gestionale
di un teatro?
Il teatro oggi
Il Teatrodante Carlo Monni nel 1860
Cinque anni or sono mi fu proposto
di entrare nel consiglio di indirizzo
e poi in quello di gestione; questi
quattro anni mi hanno permesso di
conoscere a fondo la realtà del Teatrodante
Carlo Monni che considero
un elemento fondamentale della
realtà campigiana e fulcro della sua
vita culturale, capace di proporre
spettacoli di rilievo nazionale, momenti
di riflessione su temi civili di
grande rilevanza e occasioni di aggregazione,
con un’attenzione particolare
alle famiglie e ai più piccoli.
Ho visto crescere questa istituzione
che è diventata ragione di orgoglio
per la mia città e di questo va reso
merito all’amministrazione, nelle
figure del sindaco Emiliano Fossi
e dell’assessore Monica Roso, al direttore
artistico Andrea Bruno Savelli,
al direttore generale Giovanni
Grossi, a tutto il consiglio di gestione
e di indirizzo composto da Enrico
Capaccioli, Claudio Riggio, Valentina
Baldanzi e Tommaso Cardini.
Sono convinta che i risultati siano
dovuti principalmente alla capacità
di collaborazione tra tutte le figure
professionali e allo sforzo di inclusione
finora dimostrato.
La vendita dei biglietti è sufficiente
a coprire le spese per la messa
in scena di uno spettacolo?
Per garantire la massima partecipazione
della cittadinanza i biglietti
hanno prezzi contenuti, mentre per
coprire le spese di gestione, e quindi
compagnie, personale tecnico, maschere
ed utenze, la Fondazione ricorre
a varie forme di finanziamento
sia pubblico che privato.
La programmazione della stagione
teatrale 2019/2020, molto varia e
di qualità, è rivolta anche a bambini
e giovani oltre che agli adulti.
A chi va il merito di queste scelte?
Sì, è vero, quella che si è aperta lo
scorso 9 novembre è una grande stagione
per il Teatrodante che anche
quest’anno ha fatto il tutto esaurito.
Il merito va al direttore artistico Andrea
Bruno Savelli che, in collaborazione
e con il sostegno del Comune
di Campi Bisenzio, ha scelto di fare
del teatro un punto di riferimento
culturale per tutti. Riguardo alle numerose
iniziative e alle proposte formative
rivolte a tutte le fasce di età,
si possono trovare informazioni dettagliate
sul sito www.teatrodante.it.
elischia@inwind.it
+ 39 3888793504
DIRETTORE DI UN TEATRO
39
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Aziende e innovazione
in Toscana
AEP Ticketing Solutions srl
L’azienda fiorentina ha ideato un nuovo sistema di
ticketing cashless per pagare il biglietto dell’autobus a
bordo con carta di credito
di Fabrizio Borghini / foto courtesy AEP
Biglietto dell’autobus a bordo
con carta di credito. E’ dell’azienda
fiorentina AEP Ticketing
Solutions Srl il nuovo sistema di
ticketing cashless. Un anno intenso e
pieno di successi quello appena trascorso
per l’impresa con sede a Signa
(Fi), specializzata nella realizzazione di
sistemi di bigliettazione elettronica in
Italia e all’estero, in particolar modo in
Francia. Con Ataf nella provincia di Firenze,
AEP Ticketing Solutions Srl ha
inaugurato nell’estate scorsa il nuovo
sistema di ticketing cashless, che permette
di comprare il biglietto del bus
a bordo, usando una qualsiasi carta di
credito contactless. Per poi portare il
servizio Pay and Go a Siena in settembre,
con la collaborazione di Tiemme
Spa, e a Lucca lo scorso ottobre con il
servizio urbano di CTT Nord. A novembre
il pagamento del biglietto cashless
è arrivato anche a bordo del servizio
di trasporto pubblico in tutto
il bacino CTT Nord di Livorno
e a dicembre su 42
autobus che compongono la
flotta urbana di Arezzo, guidata
sempre da Tiemme Spa.
Sul finire del 2019, l’azienda
si è aggiudicata a Cannes il
secondo posto ex-aequo del
Calypso Networks Association
Awards per il progetto
ET-BLU, che ha concorso
nella categoria Best Innovations
del premio. Grazie ad
AEP la Toscana è la regione
italiana più cashless: un viaggiatore
può arrivare all’aeroporto
di Firenze, prendere la
navetta VolaInBus di Busitalia,
girare per Firenze sui bus
Ataf, andare a San Gimignano
e Siena e girare per Siena,
grazie ai mezzi di Tiemme, utilizzando
solo la carta bancaria. In nessun’altra
regione è possibile un uso così esteso
della carta EMV. «La nostra collaborazione
con Tiemme è iniziata nel gennaio
2002 quando l’allora startup AEP
Ticketing Solutions le ha consegnato
i primi esemplari dell’innovativa validatrice
Futura 2 – racconta Gianni Becattini,
amministratore delegato di AEP
Ticketing Solutions che conta 100 tecnici
specializzati -; si trattava del primo
prodotto interamente progettato in AEP,
un’assoluta novità rispetto alle vecchie
obliteratrici “a scatoletta”, capaci solo
di stampare ora e data su un biglietto
cartaceo. Futura 2 guardava lontano
e aveva già l’architettura di un computer,
con tanto di sistema operativo e
unità a disco a stato solido, e soprattutto
poteva processare le carte bancarie
Minipay (Siena Card), che rimasero
in uso a Siena per molti anni a venire.
Fu quello – prosegue − l’inizio della
fortunata storia della AEP Ticketing Solutions
che l’avrebbe portata a diventare
l’azienda italiana della bigliettazione
elettronica tra le più conosciute a livello
internazionale, anche per l’acquisizione
nel 2016 del ramo d’azienda Monetica
di Finmeccanica/Leonardo, insieme a
importanti clienti come le città di Milano
e di Torino, le ferrovie egiziane e
algerine». Le soluzioni AEP includono
anche carte e biglietti contactless, biglietti
con QR code, biglietti dematerializzati
su smartphone, sistemi Card
centric e Account based. «Il nostro dispositivo
che sposa il sistema “cashless”
– conclude Becattini − permette
di salire a bordo dei mezzi di trasporto
pubblico senza doversi preoccupare
di avere acquistato in precedenza un
biglietto o di avere del contante per poterlo
fare». Un’innovazione di cui sentiremo
ancora parlare.
Gli amministratori delegati di Aep Ticketing Solution Saverio Bettini (a sinistra) e Gianni Becattini
AEP TICKETING SOLUTIONS SRL
41
Anteprima
Mostre
Giorgio Butini
Dall’1 al 31 marzo alla Soffitta di Sesto Fiorentino con
la personale di scultura di-VINO
di Stefano Bandinelli / foto courtesy dell'artista
La Soffitta Spazio delle Arti ospiterà,
dall’1 al 31 marzo, di-VI-
NO, personale dello scultore
Giorgio Butini. Per l’occasione le rosse
sale della storica galleria del Circolo Arci-Unione
Operaia di Colonnata saranno
il palcoscenico perfetto per mettere in
luce una dozzina di pezzi unici plasmati
recentemente dall’autore. «Con questa
proposta - sottolinea Francesco Mariani,
responsabile del Gruppo La Soffitta
Spazio delle Arti e presidente del Circolo
Arci-Unione Operaia di Colonnata - portiamo
delle splendide sculture di grandi
dimensioni nella nostra galleria. Era
un po’ di tempo che mancava una personale
di scultura nel nostro calendario,
ma l’attesa sarà ripagata dalla straordinaria
energia ed espressività delle opere
di Butini». Nato a Firenze il 25 febbraio
1965, fin da bambino Butini manifesta
una grande predisposizione per il
disegno e le arti figurative. Ha frequentato
il Liceo artistico Cavour a Firenze,
svolgendo attività formative presso botteghe
private di famosi artisti, come Antonio
Berti e Raimondo Giachi. Di lui
scrive lo storico, scrittore ed ex politico
Gianni Conti:«La sua invenzione artistica
plasma la materia in modi mai
scontati, ispirati all’armonia pura delle
forme. La passione per il corpo umano,
approfondito con studi anatomici
nel campo della medicina, lo ha portato
ad esprimere in una tensione quasi esasperata
la sua sintesi ideale tra forma e
spazio, tra movimento e forza che nelle
sue opere si fanno dinamismo puro e
plasticità armonica. Spesso ispirate da
fatti e situazioni legati alla nostra epoca,
le opere di Butini rappresentano un'arte
matura e trasmettono con vigore la sensibilità
profonda e la spiritualità dell’artista».
Le sculture degli ultimi tempi
sono ispirate alle “divinità”: in un intreccio
tra luci ed ombre, le forme plasmate
riportano a galla le nostre emozioni
smarrite in un’intensa esperienza percettiva.
La mostra di-VINO sarà inaugurata
domenica 1° marzo alle ore 10.30,
alla presenza del sindaco di Sesto Fiorentino,
Lorenzo Falchi, e del senatore
Riccardo Nencini, amico dell’artista, e
resterà aperta sino al 31 marzo, ad ingresso
libero, con i seguenti orari: domenica
10.30/12.30 e 16/19, sabato e
feriali 16/19, lunedì chiuso.
Dea del Sole
Giorgio Butini
42
GIORGIO BUTINI
A cura di
Lorenzo Borghini
Il cinema
a casa
Le iene, il capolavoro avantpop
di Quentin Tarantino
di Lorenzo Borghini
Premetto che non sono un grande
fan di Tarantino, o meglio
non lo ritengo quel genio che la
maggior parte del pubblico medio pensa
che sia, ma quando mi trovo davanti
a questo film non posso non riconoscerne
il magnetismo. I primi sette minuti
sono l'apice stilistico dell'opera
tarantiniana, un mix esplosivo di cultura
avantpop, di botta e risposta senza
tregua fra brutti ceffi che si insultano
e sparano a zero su tutto. Mr. Brown:
«Ve lo dico io di cosa parla Like a Virgin.
Parla di una ragazza che rimorchia
uno con una fava così! Tutta la canzone
è una metafora sulla fava grossa». Un
incipit fuori dagli schemi, che dà il via
a quei fantastici sette minuti in cui la
macchina da presa danza. Danza svelando
lentamente i protagonisti della
storia in un gioco di ombre, passando
dalla nuca di uno di loro al primo piano
di un altro. E’ una lezione di cinema data
da uno che il cinema l'ha solo osservato.
Tarantino è l'esempio eclatante di
come si possa fare cinema senza averlo
studiato, ma semplicemente divorando
migliaia di film senza alcun criterio selettivo.
Tarantino si ciba di pane, film
e fumetti nel videonoleggio dove lavora.
Inizia a buttare giù sceneggiature
su sceneggiature ed ecco che nel 1992
compare Le iene. La storia è incentrata
su sette Mr dalle tinte pulp, sette cani
da rapina diretti dal malavitoso losangelino
Joe Cabot (Lawrence Tierney)
e da suo figlio Eddie “il Bello” (Chris
Penn). Dopo quei fantastici sette minuti
– di cui non mi stancherò mai di
parlare – ci troviamo catapultati nell'azione,
con un Mr. Orange (un giovane,
ma già fenomenale Tim Roth) imbevuto
di sangue dalla testa ai piedi, che si
trova sul sedile posteriore di una macchina
agonizzante, mentre alla guida
c'è Mr. White (un grandissimo Harvey
Keitel) che schiaccia il piede sull'acceleratore
per arrivare nel luogo x. Da qui
in poi alla storia presente si accavalleranno
flashback di straordinaria
incisività, sia
della rapina da poco andata
male, che di brevi
momenti del passato dei
protagonisti che hanno
la funzione di presentarli
uno ad uno. Mr. Pink
(Steve Buscemi):« Mr.
Blue è morto?». Joe:
«Più morto di Dillinger».
Questa è una delle
tantissime citazioni
tarantiniane, omaggio a
quel grande regista che
fu Marco Ferreri, ma allo
stesso tempo citazione
del rapinatore di banche
John Dillinger. Tarantino
però non cita solamente
titoli e parole, ma anche
situazioni, le prende
e le trasforma, ci gioca;
sì, ci gioca perché prima
che lo spettatore vuole
divertire se stesso. Da
tutti i suoi film si evince
chiaramente questo
baloccarsi con il cinema; che va bene,
il cinema è anche intrattenimento, ma
i suoi più grandi passi falsi sono frutto
proprio di questo eccessivo trastullarsi
col mezzo cinematografico, che
spesso diventa masturbazione videoludica.
Ma Tarantino è questo, prendere
o lasciare. Però Le iene, anche se è
l'esordio cinematografico – come il secondo
film Pulp Fiction – ha qualcosa
di magico, è come se fosse ancora
puro, avulso da tutte le brutture future,
che, forse, sono solo il prodotto di
un regista a cui la fama e l'essere diventato
il simbolo di una generazione
può aver fatto perdere la freschezza
di un tempo. L'ultraviolenza, tematica
che si ripeterà in tutti i film di Tarantino,
in questo è calibrata bene, perché
è soprattutto violenza verbale e psicologica.
Parole che escono dalle bocche
sparate come pallottole, un montaggio
perfetto e attori formidabili creano
un pastiche di generi che accontenta
un po' tutti, sia lo spettatore medio
che il cinefilo incallito. Le numerose citazioni
servono a scollegare lo spettatore
dalla realtà simulata, da ciò che sta
vedendo – oltre che a divertire il regista
stesso – per trasportarlo in un mondo
a metà tra la fiction e la non-fiction, un
mondo in cui anche una scena violenta
come quella del taglio dell'orecchio,
accompagnata dalla canzone Stuck in
the middle with you può apparire simpatica
e farci divertire, perché guardare
un film di Tarantino è un po' come andare
al luna park, ci sediamo, paghiamo
il biglietto e per due ore possiamo
dire di aver assistito ad uno spettacolo
ipnotico che ci ha ammaliati dal primo
all'ultimo minuto.
LE IENE
43
Con il patrocinio
di
mostra
artisti
a fiesole
22 febbraio-13 marzo 2020
sala del basolato
Piazza Mino da Fiesole, 24
aperta dal lunedì alla domenica
dalle 14,30 alle 17,30
ingresso libero
A cura di LUCIA RAVEGGI
Espongono
JOANNA ASTON
LIBUSE BABAKOVA
SILVIA BALDACCI
MAURO BARONCINI
MIRELLA BIONDI
LORENZO BONAMASSA
MAURO BONINSEGNI
EUGENIO BREGA
CECILIA BROGI
ROBERTO BRUNETTI
ANTONIO BRUNO
JULIUS CAMILLETTI
ENRICA CAPPELLI
ROBERTA CAPRAI
FRANCO CARLETTI
ALESSANDRO CARRI
LORETTA CASALVALLI
SONIA CECCONI
ROBERTO CELLI
VINCENZO CIRILLO
GRAZIA DANTI
MARCELLO DEL SOLDATO
MIMMA DI STEFANO
LUCIANO FAGGI
CRISTINA FALCINI
MARIA GRAZIA FUSI
ELVIRA GABBI
PATRIZIA GABELLINI
LUCIANO GENNAI
ELENA GHERI
GIUSI GRAMIGNI
ROBERTO GRECO
RAFFAELLA GUARDUCCI
ANNA MARIA GUARNIERI
SUSI LA ROSA
ROBERTO LORETO
NICOLETTA MACCHIONE
GIUSEPPINA MAESTRELLI PEPPETTA
STEFANIA MAFFEI
ANNA MARIA MAREMMI
GLORIA MARIANELLI
ARNALDO MARINI
ROBERTO MARTIGNONI
MAURIZIO MASINI
ANNA MERCATI
ANTONELLA MEZZANI
ELENA MIGLIORINI
FABRIZIO MOROSI
IVANA NICCOLAI
LILIANA PESCIOLI
CHIARA PICCARDI
CINZIA PISTOLESI
VINICIO POLIDORI
DIANA POLO
KRISTINA POPLITSKAIA (KRISTI PO)
ANNA RICCERI GUICCIARDINI
MARIELLA ROSSI TONELLI
GIULIANO SANDRONI
MILVIO SODI
MARIA PAOLA SPADOLINI
MAILA STOLFI
ANGELA TAGANI
ANDREA TIRINNANZI
ALTERIDE TURCHI
LUCIANO VALENSIN
VALTER VIANI
INAUGURAZIONE
sabato
22 febbraio 2020
ORE 11.00
Presenta
FABRIZIO BORGHINI
Riprese televisive
Incontri con l’Arte
Ritratti
d’artista
Giancarlo Botti
Protagonista di una personale da poco conclusa al
Palazzo del Podestà di Montevarchi, è autore di opere
tridimensionali ottenute dipingendo su legno inciso
di Laura Bonechi / foto courtesy dell'artista
Luna, tecnica mista su legno inciso, cm 40x40
Il piccolo melo, tecnica mista su legno inciso, cm 60x53
Campo di papaveri con querce, tecnica mista su
legno inciso, cm 45x50
Si è conclusa lo scorso 6 gennaio,
con grande successo di pubblico
e di critica, la personale di
Giancarlo Botti nel prestigioso Palazzo
del Podestà di Montevarchi. Riunite
per l’occasione quarantaquattro nuove
opere che confermano la cifra stilistica
dell’artista aretino. Realizzate con tecnica
mista (acrilico, tempera ed olio),
hanno come base un pannello ligneo
inciso con solchi di varia profondità ed
ampiezza che movimentano la distribuzione
del colore ora affondandolo negli
scavi del legno ora invece facendolo vibrare
in superficie. Un effetto tridimensionale
che consente di “leggere” il
quadro da qualsiasi angolazione. I colori
accesi creano una vivacità immediata
e suggestiva, ma nello stesso tempo
comunicano un senso di pace e solitudine,
un respiro ampio, quasi metafisico.
Parlare di Giancarlo Botti usando termini
come classicità, innovazione, valore
universale, analisi interiore conscia
Canne al vento, tecnica mista su legno
inciso, cm 36x52
Giancarlo Botti
o inconscia − termini abbondantemente
usati dai critici − significa compiere
un grosso errore di valutazione. Le
sue opere denotano grande onestà interiore,
e quindi l’incapacità di ricorrere
a finzioni o sofisticazioni. Botti rifugge
da avventure ed improvvisazioni, pur
portando avanti una ricerca espressiva
frutto di una personalità anticonformista.
Ogni sua opera è una variazione sul
tema, indipendentemente dal periodo in
cedere che conferma quel concetto secondo
cui ogni atto di amore è sempre
simile e contemporaneamente differente.
Le sue opere, presenti in collezioni
pubbliche e private in Italia e all’estero,
si trovano in permanenza alla galleria
d’arte La Bottega di Castellina in Chianti
(Siena).
Giancarlo Botti
Via Aretina, 21 - Levane (Arezzo)
+ 39 335 533 92 39
055 9788394
bottibossini@gmail.com
GIANCARLO BOTTI
45
Arte del
Vino
A cura di
Paolo Bini
Podere Conca: il nuovo Bolgheri
Testo e foto di Paolo Bini
Lo scorrere delle stagioni sfuma
le tinte del paesaggio di Bolgheri
dai colori più accesi a quelli
pastello; una palette naturale che ruota
attorno al blu del mare e al verde delle
basse colline esso prospicienti; i raggi
del sole estivo accendono la costa e l’azzurro
del cielo mentre in autunno il territorio
assume romantiche suggestioni
ocra e riflessi scuri sui boschi di piante
sempreverdi. Podere Conca è incastonato
in questo incantevole contesto: un
vecchio casale ottocentesco finemente
ristrutturato circondato da nove ettari
coltivati a vite e ulivo a regime rigorosamente
biologico, in piena sintonia con
i cicli di vita naturali e proteggendo la
biodiversità. Quello di Silvia Cirri, CEO
aziendale, è stato amore prima ancora
di idea imprenditoriale per un territorio
così generoso; una ristrutturazione e un
ammodernamento che avanzano da oltre
quarant’anni in cui costante è stata
la produzione olearia EVO ma affiancata
ultimamente da un’attività vitivinicola
di tutto rispetto sotto il profilo qualitativo.
A Podere Conca si respira la tradizione,
la dedizione e l’attaccamento per
questi luoghi da rispettare e valorizzare
con mani attente all’ecosistema e ai
preziosi frutti della terra. Vigneti coltivati
prevalentemente a uve che hanno
fatto la storia di Bolgheri e quella dei cosiddetti
Supertuscan conosciuti in tutto
il mondo. Protagonisti quindi i vitigni a
bacca nera Cabernet Franc e Cabernet
Sauvignon ma interessantissima
è stata la scelta
di impiantare Ciliegiolo,
una decisione che guarda
indietro alla secolare
tradizione toscana volgendosi
però verso uno stile
più moderno e innovativo.
Stessa intuizione per i
bianchi dove il tipico Vermentino
di zona qui è sostituito
da Chardonnay,
Sauvignon blanc ma, so-
prattutto, dal Viognier uva che ben si
adatta anche in queste aree. La nuovissima
cantina consentirà un ulteriore balzo
verso la definitiva consacrazione nell’olimpo
bolgherese fermo restando che i
due vini di Podere Conca, che hanno solamente
tre vendemmie di vita, lasciano
esterrefatti per l’eccellente rapporto qualità
prezzo.
Degustando il bianco Elleboro 2018 si
sprigionano aromi centrali di pesca e
fiore di ginestra circondati da quelli delicati
di ananas, albicocca e melissa; in
bocca è sostanzioso, pregevole per uno
sfizioso abbinamento a vostra scelta (o
umore) fra salsiccia di cinghiale, coda di
rospo in padella con pomodorini o ancora
un piatto etnico di riso basmati con
pollo e verdure. Il DOC Agapanto 2017
ha la stoffa del bolgherese corposo ma
estremamente elegante: profumi di ciliegia,
mora selvatica, petali di rosa scura e
violetta con dolci speziature di cannella e
I filari di Podere Conca
rientri aromatici di malva e balsamici; in
bocca soddisfa perché materico, polposo
ma con tannini morbidi che regalano
un sorso di carattere, lungo, carezzevole
e non stancante. Necessiterebbe ancora
di qualche mese per dare il meglio di sé
nel calice ma già ora lo vedremmo benissimo
accompagnato a del capriolo in
umido e, magari fra un po’ di tempo, ideale
per delle pernici alla cacciatora e, se
ne conserverete una bottiglia per almeno
dieci anni, armonico su del pecorino
stagionato. I grandi vini meritano un assaggio
immediato ma anche la pazienza
dell’attesa e della lunga conservazione.
Podere Conca
Toscana bianco IGT Elleboro e Bolgheri rosso DOC
Agapanto, Podere Conca
46
PODERE CONCA
Percorsi
gourmet
La Loggia del Piazzale Michelangelo
Una location storica con vista mozzafiato su Firenze per
un ristorante dalla cucina raffinata e attenta alla qualità
delle materie prime
Testo e foto di Paola Curradi
«
Siamo una famiglia della Basilicata,
sei fratelli tutti maschi,
che, nell’ormai lontano
1974, ha scoperto la ristorazione proprio
qui a Firenze». Comincia così il
dialogo fra me e Pino Caprarella, da luglio
2016 titolare del ristorante La Loggia
del Piazzale Michelangelo. Dopo
aver ascoltato con interesse la storia
della famiglia Caprarella, il signor Pino,
mostrandomi il menù, mi indica i
piatti che andrò a degustare, a cominciare
dagli antipasti: tartare di chianina;
crostini toscani con paté di fegatini
di pollo; antipasto La Loggia con affettati
misti di chianina; pecorino etrusco
invecchiato in grotta: polenta gratinata
con trifola di funghi porcini. I primi:
maltagliati di pasta fresca al ragù
di cinta senese con crema di cavolo nero
e fagioli; pici al ragù di anatra; gnudi
toscani con crema di latte e scaglie di
pecorino senese. I secondi: filetto della
Loggia con spuma di lampredotto; vellutata
di salsa verde; pecorino toscano
e crostone di patata; anatra in tre cotture
con crema di sedano rapa; polenta
croccante e bietolina all’olio. Il dessert:
Paola Curradi con i fratelli Pino (a sinistra) e Rocco Caprarella
tortino di mele tiepido
su crema alla vaniglia;
vellutata di mango con
frutta fresca; millefoglie
di pane con crema
chantilly e riduzione
di vino stilnuovo.
Mi fido e lascio fare a
lui. Dalla cucina viene
a salutarmi un altro
dei fratelli Caprarella:
Rocco, chef del ristorante.
Mentre aspetto
il primo piatto, do una
sbirciatina al menu:
lo trovo curato, convincente
e chiaro nella
descrizione. Arriva il maître con gli
antipasti; mi consiglia di iniziare dalla
tartare di chianina, chiedendomi se
voglio la preparazione all’italiana o alla
francese; decido all’italiana con un tocco
di Francia. Il pezzo di carne è fesa
di coscia di chianina: buonissimo, burroso,
saporito, sapientemente condito
con salse che lo esaltano; la maionese
è molto leggera e delicata e la fetta
di pane sottilissima è croccante e gustosamente
salata. Poi tocca al paté di
fegatini burrosi e raffinati e all’antipasto
toscano con affettati di chianina più
leggeri e meno grassi di quelli di maiale,
ma non per questo meno appetitosi.
I primi sono super. Il filetto alla Loggia
circondato da perle di crema di lampredotto
e di salsa verde è morbidissimo
e il crostone di patata croccante fuori
e tenero dentro è perfetto per ammorbidire
il sapore deciso della salsa di
Madeira del filetto; l’anatra, delicata
e saporita, ha una cottura
perfetta. Che dire poi dei dolci:
ho chiuso veramente in bellezza.
Ho fatto la degustazione di
sola carne, ma anche il pesce è
molto presente nel menù. I vini
serviti: Bolgheri Rosso Aska
di Banfi e per i dessert Muffato
Della Sala Umbra di Antinori.
In conclusione: una cucina raffinata,
attenta al territorio, alla
qualità delle materie prime e alla
loro stagionalità. I piatti sono
presentati con grande cura
e il personale è molto disponibile
e gentile. Buono il rapporto
qualità prezzo.
LA LOGGIA
47
Mauro Maris
Grande cuore, smalto, cm 50x60
Villaggio esotico, smalto, cm 50x70
Mauro Maris riceve il premio Cristoforo Colombo
come artista dell'anno 2019
www.mauromaris.it
mauromaris@yahoo.it
Personaggi
Lettera ad Alfredo Martini, indimenticato
commissario tecnico della Nazionale di ciclismo
di Gaia Simonetti
Il tempo passa inesorabile e incurante
e vorrebbe coprire tutto con
il suo manto nero, ma non nasconde
il tuo ricordo, che è più forte.
Caro Alfredo, ti scrivo perché si avvicina
il 18 febbraio, la data del tuo
compleanno. Quest'anno sarebbero
state 99 candeline. Ho avuto l'occasione
di conoscerti e di dar vita,
grazie al tuo supporto, ad un libro in
ricordo di Franco Ballerini, l'ex CT del
ciclismo, ruolo che anche tu hai ricoperto.
Il tuo “Ballero”, così lo chiamavi.
Ricordo i pomeriggi trascorsi
a casa tua, sorseggiando un caffè e
sbirciando gli articoli di giornale custoditi
nelle agende che mi mostravi
con occhi sorridenti. Parlavano del
tuo amato ciclismo, che per te era una
metafora della vita con salite e discese.
Ho appuntato alcuni tuoi pensieri
nel mio diario. «Nello sport − eri solito
dire −, se lo si fa con determinazione
e tutta la forza che si possiede,
si può vincere anche senza arrivare
primi». Oppure le dichiarazioni d'amore
alla bicicletta:«Chi va in bici fischiettando,
pensa, canta e sorride.
La bicicletta è sorriso». Nei pomeriggi
in cui ci incontravamo per progettare
il libro su Ballerini, facevo tesoro
delle tue massime che valevano nello
sport, ma si adattavano anche alla
vita. «Gaia, hai ricevuto il fax? Va
bene il testo? Ho scritto troppo? Ma
come si descrive a parole la tristezza
della perdita di Franco? Ho messo
nero su bianco quello che il mio cuore
prova». Era un altro dei tuoi modi
per non dimenticare chi, come te,
considerava lo sport come una favola
da raccontare ai giovani nelle scuole
Alfredo Martini nella tappa fiorentina del Giro d'Italia 1950 (ph. agenzia La presse)
Martini in una foto degli ultimi anni (ph. courtesy
Quotidiano.net)
e alle famiglie. Una favola che aveva i
suoi momenti duri, le prove da superare,
ma la passione e l'abnegazione
erano ali per arrivare al traguardo, al
lieto fine. I tuoi racconti mi emozionavano.
Ricordo quando dicevi:«Cos’è il
tempo che passa?». Tu gli
anni non li consideravi un
peso ma piuttosto bagagli
di sentimenti che non
si disfano come una valigia;
a volte possono essere
simili a vestiti sgualciti,
consumati, ma sono importanti
proprio perchè
recano traccia del vissuto.
Caro Alfredo, queste
sono righe intrise d’inchiostro
e riconoscenza. E
questo devono essere. E'
il mio modo semplice di
dirti grazie. Ci hai lasciato
la bellezza delle emozioni,
a cui né una salita
né una strada scoscesa o
la vita stessa, con i suoi
ostacoli, possono togliere
il gusto. Ho appena finito
di scrivere. Ho riposto la
penna nell'astuccio. Sposto
la tenda della finestra
e vedo una bicicletta passare.
E immediato nasce
un sorriso.
ALFREDO MARTINI
49
Movimenti e associazioni
in Toscana
Figurazione 3000
Un movimento fondato a Firenze da quattro artisti per
riportare al centro la pittura della realtà
di Jacopo Chiostri
Èpossibile che la goccia sia stata
quella banana appiccicata al
muro, fatto è che quattro pittori
fiorentini hanno reagito a quella che
considerano una mistificazione dell’arte,
dove sembrano contare solo esperienze
di tipo sensoriale e la bravura
nel disegno accademico è considerata
superata. Si sono detti che è tempo
di recuperare il ruolo guida della pittura
di tipo figurativo e riaffermare che
la dimensione profonda e totalizzante
dell’uomo artista non può che essere
di tipo spirituale e mistico, quindi hanno
costituito un movimento e lo hanno
chiamato Figurazione 3000. Prendono
le distanze da forme di espressione simili
a manufatti nati per stupire (o provocare)
piuttosto che ad opere d’arte, e
da un mercato interessato solo al profitto:
sono Andrea Alfani, Mario Minarini,
Marco Monatti, Davide Sigillò e Giampiero
Iacopini, che non è un pittore ma
lo hanno scelto come loro presidente.
Giampiero Jacopini, presidente del movimento Figurazione 3000
Nato a Firenze, è diplomato Italia, Inghilterra e Messico; i suoi quadri
fanno parte di collezioni private in tut-
Mario Minarini
Mario Minarini pittore
nell’antica tradizione fiorentina
dell’oreficeria, pietra miliare
to il mondo.
nella sua educazione artistica.
L’occhio dell’orafo si vede nei paesaggi
www.mariominarini.it
e nelle nature morte, dove cattura
la luce, l’ombra e i riflessi. Ispirato ai
Macchiaioli, predilige la pittura a olio e
dipinge su tavola; adopera la spatola e
tecniche che consentono colori accesi
e una pittura più materica e dinamica;
dipinge sovente en plein air. Nel 2008
ha vinto il Fiorino d’argento con l’opera
Manichino Uomo. Ha tenuto mostre
personali in musei e istituti culturali in Mario Minarini Composizione con papaveri (2019), olio su tavola, cm 50x70
50
FIGURAZIONE 3000
Pittore autodidatta, ha cominciato
a dipingere nel 1973 ma
nel 1989 ha iniziato una lunga
pausa per poi riprendere nel 2008. La
sua prima personale è del 2016, Ma-
Marco Monatti
de in Florence alle
Giubbe Rosse;
sempre nel 2016
ha partecipato a
una collettiva a
San Giuliano (Pisa)
e del 2017
sono le personali
alla Roccartgallery
e a
Istaad (Svezia),
Nato a Firenze, da giovane ha abbinato
la passione per la pittura
col lavoro nel settore dell’astronomia
ottica da cui ha appreso le leggi
della luce e della rifrazione. Nel 2015 si
è laureato in Scienze Infermieristiche. La
sua formazione è tradizionale, segue gli
insegnamenti
degli Impressionisti,
e usa
la spatola per
lo studio della
materia, della
luce e del movimento
nelle
aree informali
della sua Davide Sigillò
procui
seguono altre personali
e collettive; nel 2017 è stato
insignito del Collare Laurenziano;
sue opere sono collezionate
in Italia, Cina, Canada
Australia e USA. Pittore iperrealista
con rimandi simbolici
che lo avvicinano alla pittura
metafisca e surrealista, i
suoi soggetti appaiono spesso
pietrificati e decontestualizzati,
e richiedono un’attenta
lettura.
marcomonatti@gmail.com
+ 39 3206142347
Tempo relativo (2018), olio su tavola, cm 30x35
Marco Monatti
Marco Monatti
duzione. L’incontro con Sergio Scatizzi
ha avuto un ruolo trainante nella sua arte,
come i viaggi e l’incontro con Mario
Minarini. Sigillò ha cambiato spesso stile
in una ricerca essenziale nel suo divenire
espressivo. Ha al suo attivo sia mostre
personali che collettive. Ha ricevuto il
Fiorino d’argento per la pittura con l’opera
Madonna fiorentina e il Premio Ponte
Vecchio. I suoi dipinti si trovano in collezioni
private in Italia e all’estero.
www.davidesigillo.eu
davidesigi@gmail.com
+39 3209458818
Davide Sigillò - Artist
davidesigi_artist
Madonna fiorentina, olio su tavola, cm 42x40; opera
vincitrice del Fiorino d'argento nell'ambito del Premio
Firenze 2017
Ènato a Firenze dove vive e si
dedica esclusivamente alla
pittura. Si è laureato in Architettura.
Ha un modo personale di interpretare
la realtà che trasforma con
simbolismi di matrice romantica. Suoi
Andrea Alfani
soggetti sono cavalli, figure femminili o
maschili ambientate in paesaggi marini o
boschivi; ha rivelato particolare sensibilità
anche nel ritrarre Firenze. Di recente,
si dedica alla sperimentazione di giochi
di luce, sfumature e velature con soggetti
floreali e urbani. Alfani è un “pittore senza
tempo”: il suo è un mondo personale
che va oltre l’ermo colle e si immerge in
un “infinito” dove è possibile travasare il
divino che è in ciascuno di noi. E’ membro
della plurisecolare società Il Paiolo di
Firenze. Sue opere si trovano in numerose
collezioni private.
www.andreaalfani.it
alfani@andreaalfani.it
+ 39 333 8583134
Andrea Alfani
alfaniart65
Dedizione d'amore (2019), olio su tela, cm 50x40
FIGURAZIONE 3000
51
Eccellenze toscane
in Cina
A cura di
Michele Taccetti
China 2000 srl investe sul turismo cinese
Accordo di joint venture con un’azienda del settore a Pechino
strutture ricettive: nel paese di provenienza
l’ospitalità costituisce un valore
da custodire e tramandare e anche
in Italia tale clientela si aspetta di essere
accolta e seguita con pari attenzione
e cura. Rilevante risulta anche il flusso
dei giovani: oltre 20.000 studenti cinesi
nel 2019 hanno svolto stage formativi
in Italia a breve e medio termine, anche
per merito di programmi governativi,
e si sono registrate numerose adesioni
a programmi e progetti che promuovono
l’incoming non solo per studenti
di età compresa nella fascia 11-17 anni,
ma anche per giovani diplomati di
età tra i 18 e i 23 anni; studenti, diplodi
Michele Taccetti
Sono stati circa sei milioni i turisti
cinesi che hanno visitato l’Italia
nel 2019, circa il 20 per cento
in più rispetto al 2018 che, a sua volta,
aveva visto una crescita del 15 per cento
rispetto al 2017: oltre all’incremento
legato al turismo tradizionale, il trend
di crescita è arricchito anche dalle numerose
coppie che vengono a celebrare
il proprio matrimonio in Italia, specie
sulle colline toscane che, in generale,
rappresentano da sempre una delle
mete preferite dei turisti provenienti dal
grande paese asiatico. Il nuovo trend
vede turisti cinesi agiati che visitano l’Italia
confidando in un alto livello delle
mati e laureati interessati ai settori della
moda, dell’arte, dell’arredamento
e dell’agro-alimentare scelgono inol-
La Città Proibita a Pechino
52
CHINA 2000 SRL
Una sposa cinese a Firenze (ph. courtesy Firenzetoday.it)
La Pearl Tower a Shanghai (ph. Savin Scherer)
tre il nostro paese, leader mondiale in
questi ambiti, per frequentare scuole
di specializzazione e svolgere tirocini
e - magari - cogliere opportunità di
lavoro che possano permettere loro di
prolungare il soggiorno o, addirittura,
rimanere a vivere in Italia. Anche se l’Italia
può offrire minori opportunità di
lavoro rispetto ad altre realtà europee
o mondiali, i giovani stranieri continuano
tuttora a considerarla una meta
ambita grazie alla qualità della vita
offerta dal nostro paese; molti giovani
cinesi si avvicinano, infine, alla cultura
italiana grazie ad opere d’arte molto conosciute
e ammirate anche in Cina, oppure
attratti dall’artigianato artistico o
dalla moda. Da almeno dieci anni, China
2000 srl studia il trend turistico e da
tre ha attivato collaborazioni che contemplano
la possibilità di offrire una
chance turistica a chi si reca per motivi
di affari o di studio dalla Cina in Italia o
viceversa. Dopo alcuni test con agenzie
turistiche cinesi con cui sono stati promossi
itinerari ad hoc per visitare anche
aziende vinicole e ville private, oltre
ad aziende che realizzano prodotti Made
in Italy, all’inizio di quest’anno China
2000 srl ha siglato un accordo con
il Museo d’Arte di Shanghai e un contratto
di joint venture con una primaria
ditta di Pechino operante nel settore
turistico: la partnership, frutto di quasi
due anni di trattative, si cementa proprio
nell’anno della Cultura e del Turismo
fra Italia e Cina che celebra i 50
anni di relazioni diplomatiche fra i due
paesi e, sicuramente, inizierà a produrre
frutti preziosi non appena dissolto lo
spettro del coronavirus.
Michele
Taccetti
Laureato in Scienze Politiche con una tesi sugli scambi economici Italia/
Cina ed erede della propria famiglia operante con il grande paese asiatico
fin dal 1946, assiste da oltre vent’anni le aziende italiane interessate
ad aprire il mercato cinese in vari settori merceologici e, in particolare, alla promozione
del Made in Toscana in Cina. Svolge attività di formazione in materia di
marketing ed internazionalizzazione ed è stato consulente per il Ministero dello
Sviluppo Economico.
Per info:
michele.taccetti@china2000.it
China 2000 srl
@Michele Taccetti
taccetti_dr_michele
Michele Taccetti
CHINA 2000 SRL
53
Movimento
Life Beyond Tourism
Travel To Dialogue
L’Azerbaijan protagonista a Firenze
È il paese ospite del World Forum della Fondazione Romualdo Del Bianco
Il Simposio Internazionale Building Peace through Heritage – World Forum to Change
through Dialogue si terrà dal 13 al 15 marzo
di Stefania Macrì / foto Corinna Del Bianco
Un territorio variegato e ricco,
con molteplici espressioni culturali,
una storia millenaria,
un popolo accogliente e orgoglioso del
proprio patrimonio. Sono questi i valori
che l’Azerbaijan porterà con sé alla XXII
Assemblea Generale e Simposio Internazionale
Building Peace through Heritage
– World Forum to Change through
Dialogue che si terrà dal 13 al 15 marzo
nelle location del Centro Congressi
al Duomo (Auditorium al Duomo, Palazzo
Coppini e ICLAB) a Firenze. Con
la partecipazione dell’Azerbaijan, paese
ospite di quest’anno, il Simposio del
Movimento Life Beyond Tourism Travel
to Dialogue si arricchirà di un testimonial
d’eccezione per scoprire le
culture del mondo nel cuore di Firenze
e riscoprire le espressioni culturali
del territorio. Un percorso che continuerà
anche all’ICLAB dove sabato 14
marzo artigiani provenienti da tutto il
mondo popoleranno lo Showcase Internazionale
con il loro patrimonio di
manualità, idee e saper fare. L’evento
è promosso dalla Fondazione Romualdo
Del Bianco, organizzato
dal Movimento Life Beyond
Tourism Travel to Dialogue,
con il coordinamento scientifico
dell’Istituto Internazionale
Life Beyond Tourism e
il sostegno dei Main Sponsor
Centro Studi e Incontri
Internazionali, Fondazione
Romualdo Del Bianco, Centro
Congressi al Duomo. Diversi
soggetti legati da un
obiettivo comune: formare
viaggiatori che siano residenti
temporanei dei luoghi
che visitano. Un proposito
sottolineato da Sua Eccellenza
Abulfas Garayev,
Ministro della Cultura della
Repubblica di Azerbaijan,
che in merito al Movimento
Life Beyond Tourism scrive:
«Vorrei congratularmi
con la Fondazione per il prezioso
coinvolgimento nella
protezione del patrimonio
e nello sviluppo del turismo
54
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
nelle attività dei siti patrimonio mondiale
e spero che questo tipo di consapevolezza
possa essere trasferita ad altre
istituzioni e organizzazioni interessate
a portare alla coscienza dei cittadini
del mondo, l'importanza del patrimonio
mondiale». L’inaugurazione della mostra,
con il Ministero della Cultura rappresentato
ad alti livelli e alla presenza
di Askar Alakbarov presidente dell’Administration
of State Historical-Architectural
Reserve Icherisheher (Baku),
aprirà il Forum il 13 marzo. La Sala Borselli
dell’Auditorium al Duomo sarà allestita
con corner tematici dedicati alla
cultura, alle opere di artigianato, alla
cucina e al folklore azeri. Un percorso
espositivo che si svilupperà attraverso
immagini e fotografie, installazioni di
artigianato locale, proiezioni e una mostra
dedicata ai copricapi azeri (Kelagayi),
vera anima della tradizione locale.
La mostra è organizzata in collaborazione
con l’Ambasciata di Azerbaijan in
Italia, l’Administration of State Historical-Architectural
Reserve Icherisheher
e lo State Service of Cultural Conservation,
Development and Restoration
under the Ministry of Culture of the Republic
of Azerbaijan. La sinergia con gli
enti locali e nazionali dell’Azerbaijan e
con la Camera di Commercio Italo Azerbaigiana
di Roma hanno inoltre posto
le basi di un incontro pre-forum che si
svolgerà a Firenze il 12 febbraio, a partire
dalle ore 15.00 a Palazzo Coppini, in
via del Giglio 10, dal titolo Azerbaigian
e Made in Italy: opportunità ed incentivi
per le PMI, durante il quale ci sarà
la possibilità di conoscere meglio il paese
e capire in che modo poter creare
delle collaborazioni con le aziende locali
oltre che consolidare la partecipazione
del Movimento Life Beyond Tourism
Travel to Dialogue, assieme alle aziende
affiliate, alle prossime fiere in programma
in primavera in Azerbaijan.
Info: www.lifebeyondtourism.org/it/
events/world-forum-to-change-through-dialogue
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue
Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism ® , ideati
dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di creare una rete internazionale
che promuova il Dialogo tra Culture a ogni livello coinvolgendo
le espressioni culturali dei luoghi (residenti, viaggiatori, istituzioni culturali,
pubbliche amministrazioni, aziende, artigiani e tutti coloro che rispondono alle
esigenze del mercato). Si tratta di una vera e propria nuova offerta commerciale
incentrata sull’agire etico.
Per info:
+ 39 055 284722
company@lifebeyondtourism.org
www.lifebeyondtourism.org
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
55
L’avvocato
Risponde
Cucina e proprietà industriale: la
tutela giuridica del Food
di Aldo Fittante
L’Italia può contare su di un patrimonio
di eccellenze nel Food
e, più in generale, nel settore
enogastronomico unico al mondo,
espressione di prodotti di altissima
qualità e di un saper fare che affonda
le proprie radici in tradizioni antiche,
legate alla cultura e all’identità
del territorio del bel paese. La crescente
attenzione dei consumatori per
gli aspetti qualitativi e nutrizionali dei
prodotti favorisce l’enogastronomia e
la cucina italiana, divenuta ormai un
tratto distintivo dell’Italian Style, rappresentando
uno dei fattori di successo
e identificazione del Made in Italy.
Il Food e le produzioni agroalimentari
italiane, con i loro ineguagliabili connotati
di tipicità, tracciabilità e genuinità,
esprimono il legame inscindibile
“territorio-storia-cultura” che è la principale
chiave del successo della nostra
cucina ed enogastronomia. In questo
quadro un ruolo importante – sia pure
ancora in divenire, trattandosi di una
nuova frontiera di tutela – può svolge-
re la proprietà industriale. Si pensi, ad
esempio, alla rilevanza che nel settore
del Food e dei prodotti agroalimentari
assumono forma, colori e loghi del
packaging che contraddistingue i nostri
piatti e prodotti, alle indicazioni
che ne consentono una chiara, precisa
e compiuta tracciabilità e legame con
uno specifico territorio, alla crescente
importanza e del Food Design, sino
ad arrivare all’aspirazione di ogni chef
ad aggiudicarsi un’esclusiva nell’utilizzo
delle proprie ricette. Un patrimo-
ph. courtesy Convivium.it
56
FOOD
nio di idee rispetto al quale la domanda
di protezione mediante privative industriali
è in esponenziale aumento:
esigenze di tutela cui in molti casi
l’ordinamento può rispondere in modo
sicuro ed efficiente, in altri casi con
incerta e tuttora discussa applicazione.
Anzitutto il marchio, vero “biglietto da
visita” in grado di garantire al pubblico
la qualità del Food e delle produzioni
agroalimentari, è il principale asset
aziendale pienamente tutelabile e da
valorizzare al massimo. Accanto e parallelamente
al marchio d’impresa – e
per venire incontro all’esigenza delle
nostre aziende del Food e dell’enograstronomia
di fidelizzare la clientela offrendo
adeguate garanzie agli stranieri
che scelgono di consumare vero italiano
– svolgono un ruolo chiave i marchi
di qualità. DOP (Denominazione di
Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica
Protetta) e STG (Specialità
Tradizionale Garantita), PAT (Prodotti
Agroalimentari Tradizionali) e, nel settore
vitivinicolo, IGT (Indicazione Geografica
Tipica), DOC (Denominazione
di Origine Controllata), DOCG (Denominazione
di Origine Controllata e
Garantita), fino ad arrivare ai marchi
collettivi (si pensi, ad esempio, ai marchi
collettivi Grana Padano e Prosciutto
di Parma): strumenti di sicura applicazione
a disposizione dell’imprenditore
che, operando nel Food o nell’enogastronomia,
intenda con lungimiranza
puntare sull’appeal delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni di
origine delle proprie produzioni, mantenendole
rigorosamente legate al loro
specifico ambiente, inclusi fattori naturali
e tradizioni produttive. La registrazione
come disegno o modello può
svolgere anch’essa un ruolo qualificato
nella tutela entro certi limiti del Food
Design, al fine di ottenere un’esclusiva
sulla forma visibile o sulla presentazione
degli alimenti nonché sul relativo
imballaggio, purchè siano nuovi e abbiano
carattere individuale. Potremmo
citare come esempi di disegni e modelli
richiesti e concessi nello specifico
settore del Food, la registrazione
concessa sulla forma di biscotti, cioccolatini,
paste alimentari e molti altri
prodotti alimentari, ma anche la molto
frequente registrazione del packaging
degli alimenti, anch’esso destinato
sempre di più a svolgere un qualificato
ruolo promozionale e di marketing.
Assai più dubbia è la possibilità di ottenere
un’esclusiva sul sapore di un alimento.
La questione è recentemente
approdata alla Corte di Giustizia dell’Unione
Europea (sentenza nella causa
C-310/17) che si è occupata della tutelabilità
sulla base del diritto d’autore
del sapore di un formaggio spalmabile
con panna ed erbe aromatiche creato
nel 2007 da un commerciante olandese
di prodotti ortofrutticoli e prodotti freschi.
La conclusione cui è approdato il
giudice comunitario è stata negativa,
sul presupposto che non vi è possibilità
di procedere a un’identificazione
precisa e obiettiva del sapore di un
alimento. La Corte ha infatti precisato
che a differenza, ad esempio, di un’opera
letteraria, pittorica, cinematografica
o musicale, che è un’espressione
precisa e obiettiva, l’identificazione del
sapore di un alimento si basa essenzialmente
su sensazioni ed esperienze
gustative soggettive e variabili, concludendo
dunque nel senso che il sapore
di un alimento non può essere qualificato
giuridicamente come “opera” e,
quindi, non può beneficiare della tutela
del diritto d’autore. Nel settore alimentare
e della cucina altrettanto dubbia è
la brevettabilità come invenzione industriale
di una nuova ricetta dal momento
che, nella maggior parte dei casi,
una ricetta culinaria, per quanto originale
o persino geniale, non risolve in sé
un problema tecnico, presupposto per
l’ottenimento di un brevetto. In sostanza,
per quanto si tratti di una materia
ancora in divenire come nuova frontiera
di protezione – e se escludiamo i casi
particolari degli integratori alimentari,
degli alimenti destinati a categorie specifiche
di persone ad esempio i celiaci,
dei prodotti alimentari nei quali nuovi
ingredienti conferiscano caratteristiche
“tecniche” peculiari all’alimento (ad
esempio contenimento degli zuccheri,
miglior digeribilità, più lunga conservazione,
velocità di cottura) – ben difficilmente
i nostri chef possono aspirare
all’ottenimento di un brevetto sulle loro
pietanze, in quanto queste normalmente
non risolvono un problema
tecnico né sono atte ad avere un’applicazione
industriale, requisito quest’ultimo
di brevettabilità. Non è mancato
peraltro chi ha ipotizzato la tutela delle
ricette culinarie come segreti aziendali
(ex art. 98 del Codice di Proprietà
Industriale, D.Lgs. n. 30/2005), norma
che tuttavia postula che le informazioni
per la preparazione della pietanza originale
che s’intende proteggere siano e
rimangano “segrete” nei rigorosi modi
e termini codificati nella citata norma
e – a parere di altri – ben difficilmente
riscontrabili nel caso concreto. Un dibattito
acceso ed aperto, oltre che molto
appetitoso, è proprio il caso di dirlo.
Aldo
Fittante
Avvocato in Firenze e Bruxelles, docente in Diritto della Proprietà Industriale
e ricercatore Università degli Studi di Firenze, già consulente
della “Commissione Parlamentare di Inchiesta sui Fenomeni della Contraffazione
e della Pirateria in Campo Commerciale” della Camera dei Deputati.
Enrico Visani
www.studiolegalefittante.it
FOOD
57
B&B Hotels
Italia
Ferrara in bicicletta con il B&B
Hotels Road Trip
di Francesca Vivaldi
Con il sole che torna a illuminare
e scaldare le giornate, questo
weekend ho scelto di andare a
visitare la “città della bicicletta” e grazie
al servizio di bike rental offerto dal B&B
Hotel Ferrara, ho potuto vivere appieno
l’esperienza di una tipica ferrarese. Grazie
alla ricca colazione fatta in hotel, ho
iniziato subito la giornata con la giusta
carica per salire in sella alla bicicletta firmata
B&B Hotels e pedalare lungo tutta
la ciclabile che porta dritti verso il centro
storico. Quello che più mi ha colpito,
è stato il paesaggio suggestivo e senza
tempo che circonda questa città: pedalare
lungo le mura monumentali mi ha
dato la sensazione di essere trasportata
in un attimo in epoca medioevale. A tal
proposito, ho potuto vivere l’esperienza
unica di un giro in barca nel fossato
del Castello Estense, per concludere poi
la visita salendo sulla torre del castello
e godendomi il panorama spettacolare
di Ferrara illuminata dai colori caldi del
tramonto. Questo per me significa viaggiare:
immergersi completamente nelle
tradizioni locali.
ph. courtesy viaggiare.corriere.it
58
FERRARA
B&B Hotels
D
estinazioni, design, prezzo.
B&B Hotels unisce il calore e
l’attenzione di una gestione di
tipo familiare all’offerta tipica di una
grande catena d’alberghi. Un’ospitalità
di qualità a prezzi contenuti e competitivi,
senza fronzoli ma con una forte
attenzione ai servizi. 39 hotel in Italia.
Camere dal design moderno e funzionale
con bagno spazioso e soffione XL,
Wi-Fi in fibra fino a 200Mega, Smart TV
43”con canali Sky e satellitari di sport,
cinema e informazione gratuiti e Chromecast
integrata per condividere in
streaming contenuti audio e video proprio
come a casa. Vivi l’Italia come mai
avevi fatto prima. E’ questo il momento
di viaggiare.
hotelbb.com
FERRARA
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Arte e
gusto
A cura di
Elena Maria Petrini
L’arte di nutrirsi con l’arte
di Elena Maria Petrini
L’arte è da sempre prezioso nutrimento
per lo spirito umano in
una duplice accezione: è possibile,
infatti, nutrirsi d’arte ma anche
imparare l’arte di nutrirsi. La creatività
è fondamentale in entrambi i casi; essenziale
è anche “dove” si mangia: l’umanità
ha sempre puntato a migliorare
l’ambiente antropico, adeguandolo al
proprio status e allo stile di vita, impiegando
i materiali disponibili attraverso il
versatile strumento dell’architettura. E’
nelle grandi residenze nobiliari che sono
stati progettati ambienti sempre più
adeguati, igienici e accoglienti: grandi
cucine di epoca cinque/secentesca dove
preparare il più sontuoso dei banchetti.
Gli architetti hanno contribuito nei secoli
non solo al miglioramento della
qualità della vita, ma anche allo sviluppo
e alla definizione del gusto estetico,
progettando opere capaci di soddisfare
sia le esigenze pratiche che quelle dello
spirito. Oggi, i nuovi “luoghi di culto”
sono i wine-bar, i ristoranti gourmet, le
enoteche, i bistrot, i pub: frequentatissimi
“santuari” dell’era contemporanea,
luoghi conviviali ed esteticamente gradevoli
che centrano in pieno il concetto
di “mangiare bene in un luogo bello”.
Questi ambienti sono pensati per offrire
comfort ai clienti e destare in loro il
buonumore alla base del benessere psicofisico.
L’arte, dunque, è ingrediente
principale del nutrimento spirituale,
grazie al suo linguaggio universale fatto
di forme, colori, segni e scenari che
generano emozioni, impressioni e per-
cezioni. Un capolavoro come L’Ultima
Cena di Leonardo, ad esempio, rappresenta
contemporaneamente i tre aspetti
del nutrimento: materiale, spirituale
e divino. Lo stesso può dirsi della Madonna
del Libro, dove un abilissimo
Botticelli evidenzia la possibilità di nutrirsi
spiritualmente attraverso il corpo
di Cristo, materialmente con la frutta e
culturalmente con il libro. Il cibo nell’arte
è un ricco patrimonio da cui attingere
immagini foriere di abbondanza non solo
simbolica, come ad esempio le spighe
di grano di Ferrari, la bella frutta
matura di Caravaggio o quella antropomorfa
di Arcimboldo, i banchetti paesani
di Brueghel, i vari “mangiatori” di
pesce (Murillo), aringhe (Permeke) e
fagioli (Carracci).
Caravaggio, Cena in Emmaus (1601), olio su tela, cm 141x196,2, National Gallery, Londra
60
NUTRIRSI CON L'ARTE
Arte e
gusto
Umami, il quinto elemento del gusto
di Elena Maria Petrini / foto Maurizio Mattei
L’umami, parola che in lingua
giapponese significa “saporito”,
è il quinto gusto dei sei fondamentali
percepiti dai recettori della nostra
lingua: amaro, acido, dolce, salato
e grasso. A spiegarlo è Roberto Barale,
professore di Genetica all’Università
di Pisa, durante un seminario sulle capacità
gustative necessarie per diventare
gourmet. Il gusto definito “umami” fu
codificato nel 1907 da Kikunae Ikeda,
docente di Chimica all’Università Imperiale
di Tokyo, che dopo aver assaporato
un brodo dashi, tipica specialità giapponese
a base dell’alga kombu, si domandò
cosa avesse reso la pietanza così gustosa.
Dopo aver studiato la composizione
chimica dell’alga, riuscì ad isolarne una
sostanza, il glutammato monosodico,
da cui dipendeva il delizioso ed intenso
sapore del brodo. Lo scienziato ribattezzò
la sua scoperta con il termine “ajinomoto”,
ovvero “origine del sapore”
o “essenza del gusto”. Immaginiamo il
gusto pieno e complesso di un dado da
brodo, di un estratto concentrato di carne,
di una colatura di alici o di una bottarga:
quando li assaporiamo, il nostro
palato avverte quel “certo non so che” di
appetitoso che stimola i neurotrasmettitori
a farci mangiare avidamente un cibo
Il professore Roberto Barale durante il convegno di genetica sulle capacità gustative per diventare gourmet
anche soltanto insaporito col glutammato
monosodico. Oltre ad essere prodotto
industrialmente (riportato nelle etichette
degli ingredienti come esaltatore di
sapidità E621), il glutammato si trova
naturalmente in molti cibi di origine vegetale
e non (carne, pesce, formaggio).
Molti degli ingredienti dei piatti tipici italiani
sono in grado di “scatenare” il gusto
dell’umami. Ecco perché una cipolla
o un aglio che imbiondiscono nell’olio
extra vergine di oliva oppure una semplice
fetta di pane con burro ed acciu-
ghe stuzzicano il nostro palato ancora
prima di mangiarli. Per lo stesso motivo,
una spolverata di Parmigiano Reggiano
o Grana Padano sul classico piatto
di spaghetti all’italiana rende questa pietanza
ancora più gustosa. Per non parlare,
poi, dell’altra gloria nazionale che col
tempo si è trasformata in un autentico
ed “ecumenico” piatto mondiale: la pizza,
ormai diffusa ed amata a livello planetario,
i cui ingredienti sono eccellenti
propulsori del “saporito”, veri e propri
simboli dell’essenza del gusto.
Il prosciutto crudo, tipico salume italiano ricco di umami
UMAMI
61
Personaggi
Tiziana Caserta
Il teatro, amore di una vita
Intervista all’attrice e cabarettista fiorentina
di Serena Gelli / foto courtesy Tiziana Caserta
«
L’amore per il teatro l’ho
sempre avuto, era dentro
di me», racconta Tiziana
Caserta, attrice e cabarettista fiorentina.
Durante l’intervista, tira fuori tutta
la sua "sanfredianità" per sorridere e fare
ironia su di un mondo che a volte si
prende troppo sul serio. Dopo le prime
esperienze teatrali, la decisione di dedicarsi
al cabaret: «Quando sai recitare in
teatro − ci spiega − hai una buona scuola
e un’ottima base per fare altro ed io
ho deciso di fare cabaret». Una passione,
la sua, che viene da lontano: «Ho
amato il teatro fin dalle recite scolastiche
alle elementari; ricordo ancora i ve-
stiti di carta realizzati dalla maestra e
in particolare quello di Arlecchino che
ho indossato per recitare la prima volta
all’età di 6 anni». Nel suo percorso
anche l’esperienza come insegnante
in una scuola elementare nel quartiere
di San Frediano a Firenze: «Avevo una
classe di bambini che venivano da situazioni
familiari difficili, come genitori
in carcere, alcolizzati o figli di prostitute.
Non era facile “gestirli”, ma ho sempre
messo impegno e passione in questo
lavoro». Nel frattempo, ancora giovanissima,
inizia a seguire i primi corsi di
recitazione: «Nel tempo libero dal lavoro
di insegnante − racconta Tiziana − mi
dedicavo allo studio delle tecniche teatrali,
frequentando in particolare corsi
di comicità ed espressione». Oggi,
oltre ad esibirsi in vari locali della Toscana
con i suoi spettacoli di cabaret,
è impegnata a realizzare uno spettacolo
sulla creazione dove i personaggi
sono Dio, Adamo, Eva, l’angelo e il diavolo,
interpretati da vari attori. «Continuerò
a dedicarmi al teatro finché avrò
forza, entusiasmo e soprattutto fintanto
che riuscirò ancora ad emozionarmi
con questo lavoro, perché solo così mi
sento viva. Quando vado in scena, ho il
cuore che batte a mille; finché sarà così
non smetterò di fare spettacolo».
Tiziana Caserta durante un suo spettacolo
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TIZIANA CASERTA
GRAN CAFFÈ SAN MARCO
Un locale nuovo e poliedrico, con orari
che coprono tutto l’arco della giornata.
Perfetto sia per un pranzo di lavoro che
per una cena romantica o per qualche
ricorrenza importante
Piazza San Marco 11/R - 50121 Firenze
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