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La Toscana Nuova Maggio_2022

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La Toscana nuova - Anno 5 - Numero 5 - Maggio 2022 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 3. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074


Emozioni visive

Paura o piacere?

Testo e foto di Marco Gabbuggiani

Una cosa meravigliosa della mente umana è quella di riuscire a

modificare la propria emozione fino al punto di portarla a cambiare

il messaggio di quello che stiamo vivendo, semplicemente

percependolo in maniera diversa. Quello che l’occhio vede è

identico per tutti gli spettatori ma la percezione cambia da persona

a persona. Quante volte vi siete trovati di fronte ad una

situazione, un’immagine, un suono e vi siete accorti che la stessa

cosa vissuta in un altro momento della vita ha preso tutt’al-

tra strada dentro di voi? Da parte mia un sacco di volte! Talvolta

quell’immagine mi sembra malinconica, altre gioiosa, altre mi

ispira disprezzo, altre ancora ammirazione o tenerezza o… altro

ancora. Un segno evidente che il mondo può essere visto

in modo anche diametralmente opposto e che le certezze non

esistono se non nella nostra mente ed in quel determinato momento

e stato d’animo. Un esempio può essere quello che presento

oggi con queste due immagini di donna. Due foto che la

mente può elaborare come la rappresentazione

di un incubo o… dell’apice di un momento

piacere. Come si pone la nostra mente di fronte

a queste immagini che, pur rimanendo tali,

possono essere elaborate in maniera completamente

opposta? Di sicuro questo cupo periodo

di sofferenza e incertezza non aiuta a

vedere in queste due immagini la rappresentazione

dell’apice di un piacere, ma questo ci

deve insegnare che talvolta conviene sforzarsi

nell’immaginare il fiasco mezzo pieno anche

se questo può sembrare mezzo vuoto. E allora

sforziamoci nel vedere il lato bello delle cose

che viviamo ed approfittiamo della libertà

che ci dà la nostra mente perché non c’è maggior

libertà di quella dei nostri intimi pensieri,

nascosti ad occhi estranei e privi di ogni giudizio,

se non il nostro!

marco.gabbuggiani@gmail.com

Da oltre trent'anni una

realtà per l'auto in Toscana

www.faldimotors.it



MAGGIO 2022

I QUADRI del mese

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La nuova donazione dell’artista Anna Cecchetti all’Ospedale Piero Palagi

Grandi interpreti dell’arte italiana del XX secolo alla GAMC di Viareggio

Francesco Cito, maestro del fotogiornalismo italiano sempre in prima linea

Lo sguardo libero e anticonformista della fotografa Berenice Abbott

I “dogmi” di Vittoria Palazzolo in mostra a Firenze

Note d’arte: il restauro dell’Oratorio di San Niccolò del Ceppo

Curiosità fiorentine: Calendimaggio, festa dei fiori e dei piaceri della vita

Archeologia: il regno di Commagena nel nome del dio Mithra

Dimensione salute: quando il lavoro diventa una malattia

Psicologia oggi: la trappola mentale di chi “pensa troppo”

I consigli del nutrizionista: le linee guida per una sana e corretta alimentazione

Jeff Koons, l’artista dei primati che ha rivoluzionato il mercato dell’arte

Arte e psicologia: le tante sfaccettature emotive delle lacrime

Joaquín Sorolla, campione dell’impressionismo spagnolo in mostra a Milano

I libri del mese: l’avventura umana e professionale del medico Giuliano Da Villa

Carlo Ciucchi “Picchio” a Procida con una mostra sulle emergenze ambientali

Piero Scandura: il mondo tra le pareti di una stanza

Al cinema a casa: Tekkonkinkreet, la fiaba moderna di Michael Arias

Tesori dell’arte antica: il Sarcofago delle Amazzoni all’Archeologico di Firenze

Samuel Seban, pittore dal sentire mistico tra cielo e mare

Mostre in Italia: a Forlì duecento opere per raccontare Maria Maddalena

Il Movimento Life Beyond Tourism alla sede del Consiglio d’Europa

Fare impresa oggi: Cioni Cornici, la storia di un successo Made in Italy

Eventi in Toscana: a Vaglia, l’esposizione interattiva diffusa Mostra l’arte

L’avvocato risponde: il fondo patrimoniale per far fronte ai bisogni delle famiglie

Dall’idea all’immagine attraverso il colore nei dipinti di Dora Mazzuto

Polvere di stelle: Sergio Fiorentino, un vero miracolo di virtuosismo strumentale

Andrei Pennazio, giovane promessa dell’arte contemporanea

Mostre in Italia: la personale di Andrea Petralia al Terme Beach Resort di Ravenna

Eventi in Toscana: l’apertura a Firenze del Museo del Giocattolo e di Pinocchio

Maestri dell’architettura: Max Berg, interprete del modernismo a Breslavia

Itinerari del gusto: Il Pratellino, osteria degli antichi sapori a Firenze

Iniziative ed artisti del Centro Espositivo Culturale San Sebastiano

Riflessioni sulla fede: il pensiero del Papa sulla guerra in Ucraina

Toscana a tavola: un “dolce nido” per omaggiare la primavera

Diario di un’esploratrice: in visita alla Fondazione Strozzi per ammirare Donatello

Mital, l’azienda che esporta la cultura della terracotta dell’Impruneta nel mondo

Dall’amore per il cinema alla passione per la cucina nell’intervista a Cinzia TH Torrini

B&B Hotels: l’inaugurazione di una nuova struttura a Chioggia, la “piccola Venezia”

Benessere della persona: la skincare naturale di Idea Toscana

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Anna Cecchetti, Esplosione floreale,

marmo, Ospedale Palagi (5° piano) - Firenze

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castellierika@yahoo.it

Periodico di attualità, arte e cultura

La Nuova Toscana Edizioni

di Fabrizio Borghini

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Anno 5 - Numero 5 - Maggio 2022

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Francesco Bandini

Ela Bialkowska

Miriana Carradorini

Filippo Cianfanelli

Francesco Cito

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Marco Gabbuggiani

Carlo Midollini

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Eventi in

Toscana

Anna Cecchetti

Dopo Inno alla vita e i ritratti di personaggi celebri, l’artista

fiorentina dona altre opere all’Ospedale Piero Palagi

di Ugo Barlozzetti

Il presidio sanitario intitolato al professor Piero

Palagi, in una splendida posizione, offre, grazie

alla generosa donazione di un’artista, Anna

Cecchetti, sempre molto attenta al ruolo della comunicazione

estetica come aspetto di valori sociali

e quindi morali, un complesso di opere, novantanove,

capaci di fare dei locali dedicati alla salute un

museo particolarmente originale anche con l’intenzione

di contribuire a rendere gli spazi ospedalieri

più consoni alla serenità di chi li frequenta. Le opere

esposte sono state collocate dal 2008 all’anno

in corso. Undici grandi pannelli riguardano un tema

caro ad Anna, L’inno alla vita, con una selezione cromatica

che restituisce la solarità mediterranea, il

rapporto con il mare e le sue creature, il tutto animato

da figure monumentali colte nella gioia dell’armonia

con la natura e il mondo degli affetti. Sette

dipinti, di dimensioni più ridotte, sviluppano la stessa

tensione ad “aprire” finestre di bellezza naturale.

La galleria dei trentasei ritratti di artisti, poeti e

operatori culturali fiorentini o attivi a Firenze costituisce

quasi la realizzazione del recupero della tradizione

dell’Ottocento di dotare la città di un arredo

monumentale tale da onorare le personalità più importanti,

come esemplarmente dimostra il cosiddetto

Piazzale degli Uffizi. Lungo la scalinata, in

una collocazione particolarmente felice, insieme al

corridoio di Villa Margherita, si susseguono i ritratti

100x150 o 80x110 in tecnica mista. Pier Francesco

Listri li ha definiti “racconti dell’anima”, per come

Anna ha saputo cogliere con soluzioni di grande capacità

empatica e introspettiva, esistenze e speranze

e impegno, l’arte stessa, il meditare. A volte

solo il volto, di fronte o di profilo, altre volte la figura

intera sono presentati, con un tratto vitalizzante

e un uso ridotto all’essenziale del colore, tanti protagonisti,

da Mario Luzi a Maria Luigia Guaita Vallecchi,

a Zeffirelli, a Narciso Parigi, a Piero Farulli,

a Marcello Fantoni o Silvano Campeggi. Varrebbe la pena di

organizzare dei percorsi per far conoscere, a cominciare dagli

abitanti di Firenze, queste concittadine e questi concittadini

e le loro opere, avviando così una sezione, quella della

seconda metà del XX secolo, di un ipotetico (e auspicato!)

Museo della Storia della Città. In altri ambienti sono poste

interessanti grafiche, immagini, soprattutto di nudi femminili,

quasi antesignane per il disegno e l’impianto compositivo,

delle figure dell’Inno alla vita, ma qui forse con una sorta

Mario Luzi, tecnica mista, cm 100x150, Ospedale Palagi – corridoio di Villa Margherita; il

ritratto, eseguito nello studio dell’artista nel 2003, alla presenza del poeta, è il primo della

serie Personaggi fiorentini eccellenti

di opulenza volumetrica scultorea. Quadri di diverse dimensioni

decorano reparti di Dermatologia, l’area odontoiatrica

e la stessa Direzione Sanitaria. Nel giardino del quarto piano

vi è Il cipresso umano, scultura in marmo statuario, alta

quasi un metro e mezzo, densa di volti che fanno dell’esperienza

umana, appunto, uno degli alberi più caratteristici del

paesaggio toscano. La natura e il vissuto umano si suggeriscono,

in un intreccio che emblematizza la relazione tra umanità

e ambiente. I giardini del secondo e quinto piano hanno

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ANNA CECCHETTI


Inno alla vita (5 pannelli), tecnica mista, cm 100x150 cad., Ospedale Palagi – corridoio di Villa Margherita

le più recenti sculture di Anna, le composizioni floreali, quasi

una fontana di preziosi fiori-gioielli di marmo, frutto della

inesauribile creatività sostenuta da una qualità realizzativa

raffinata. Le piccole sculture, tutte diverse, decine per ogni

opera, “sbocciano” da una base, sostenute da eleganti steli

di metallo e vivono nella luce e nel vento. La scelta del materiale

è anch’essa frutto di un significativo messaggio che

rende tutte le opere di Anna un segno, quello della rivendicazione

di quanto l’esperienza del vivere debba riconoscere l’evolversi

del pianeta. Il fascino del marmo, quello che i torrenti

fanno discendere in schegge dalle Apuane, non è solo quello

della materia ma, per Anna, anche quello che rappresentano

dal punto di vista della “storia” geologica: la metamorfosi,

grazie al calore e alla pressione di calcari, resti di organismi

vissuti in mari primigeni e per tempi misurabili a centinaia di

migliaia di anni che nel corso di milioni di anni sono riemersi

in montagne ormai riorganizzati in microcristalli. Il “miracolo”

della natura e la consapevolezza della responsabilità del

fare permettono a Anna di dedicare questi poemi in forma di

gioielli restituiti in fiori.

Oleandro rosa, acrilico, cm 100x106, Ospedale Palagi – area odontoiatrica verso il corridoio di Villa Margherita

ANNA CECCHETTI

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Laura

Provenni

Io e Flauto, tecnica mista e acrilico su tela, cm 60x80

laura.provenni@gmail.com


A cura di

Ugo Barlozzetti

Percorsi d’arte

in Toscana

La GAMC di Viareggio

Una delle più importanti collezioni sui grandi interpreti dell’arte italiana del XX secolo

di Ugo Barlozzetti / foto courtesy Comune di Viareggio

Una delle più importanti collezioni d’arte italiana del

XX secolo, forse la più importante della Toscana, è

la Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea

“Lorenzo Viani” di Viareggio (GAMC), allestita nello storico

Palazzo delle Muse. La collezione raccoglie oltre tremila

opere di settecentocinquanta protagonisti dell’arte del XX secolo.

Non manca una significativa testimonianza di artisti viareggini

o di quelli che hanno avuto legami con la città. Inoltre

la GAMC possiede la più importante raccolta pubblica di opere

di Lorenzo Viani. Anche se gran parte delle opere provengono

da donazioni e lasciti di privati, vi è un nucleo molto importante

incentrato su alcuni capolavori di Lorenzo Viani e formato

grazie all’azione diretta delle amministrazioni comunali che si

sono succedute. Una donazione di centosette pezzi dello scultore

Alfredo Angeloni oltre a foto e documenti è quella fatta

dalla figlia Wally. Gli eredi di Vinicio Berti hanno a loro volta

donato un’opera del maestro fiorentino che amava soggiornare

d’estate a Viareggio. Profondamente legata a Medusa, come

Tobino chiamò la città in un suo romanzo, è la donazione

di duecentocinquanta pezzi (opere dal 1933 al 1989) di Uberto

Bonetti, l’ideatore del Burlamacco protagonista della grafica

pubblicitaria. Il materiale di Bonetti è stato successivamente,

per un’adeguata fruizione e studio, organizzato in tredici sezioni.

Le trenta opere di Alfredo Catarsini (1899-1993), donate

dai figli Mity e Orazio, testimoniano il percorso artistico del

pittore, il cui archivio storico è custodito in due locali di un altro

luogo emblematico della cultura viareggina: il Palazzo della

Paolina. Le venti opere di Moses Levy e le otto del figlio Nello

sono una donazione che non solo ci fa comprendere l’attrazione

costituita da questo ambiente culturale ma ci documenta

del confronto con Viani, di cui Moses peraltro fu amico finché

visse. La collezione di trentasei quadri di artisti italiani e nove

di Lorenzo Viani, Giuliano Lucarelli e di sua moglie Luciana

Oppizzi, donata alla città vede come autori Giuseppe Banchieri,

Gastone Breddo, Massimo Campigli, Spartaco Carlini, Felice

Casorati, Bruno Cassinari, Carlo Carrà, Giuseppe Cesetti, Anto-

La donazione Pieraccini

La sala Lorenzo Viani

nio Corpora, Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Gianni Dova,

Virgilio Guidi, Renato Guttuso, Inaco, Moses Levy, Mino Maccari,

Mario Marcucci, Giuseppe Migneco, Sante Monachesi, Ennio

Morlotti, Renato Santini, Eugenio Pardini, Enrico Paulucci,

Ottone Rosai, Gino Rossi, Aligi Sassu, Pio Semeghini, Mario Sironi,

Ardengo Soffici, Arturo Tosi, Giulio Turcato. Significativa

è l’opera donata da Sandro Luporini, protagonista in collaborazione

con Giorgio Gaber del teatro-canzone. Particolarmente

importante è l’opera con la quale il grande maestro Arturo

Martini rese il proprio commosso omaggio a Viani. Giorgio Michetti

ha lasciato un affresco su tavola e nove stilografie, testimonianze

concrete di un artista che ha ottenuto una ricca

bibliografia critica. Quattro ritratti legano questo museo delle

arti visive al prestigioso Premio Viareggio: quelli di Leonida Repaci

e della moglie Albertina realizzati da Primo Conti, e quelli

di Mario Marcucci, Ugo Attardi e Lorenzo Viani, quest’ultimo

dono di Antonino Parisi insieme ad un affresco su tela di Eugenio

Pardini. Un contributo decisivo per l’originalità stessa del

museo è la collezione di Vera e Giovanni Pieraccini, alla quale

in questa sede non si può che accennare: duemilatrecento

opere di seicentonovantanove maestri da tutto il mondo attivi

dalla fine del XIX secolo alla fine del XX. Ma non mancano in

questa donazione esempi sia di arte etnica che reperti archeologici.

Il Comune ha acquistato nel 1979 da Jean Varraud la più

importante collezione di opere di Viani costituita da un privato:

quadri, acquerelli, disegni per un totale di cinquanta pezzi.

Concludendo questa carrellata non si

può non citare un’ultima raccolta intitolata

Provenienze varie dedicata ai

pittori e agli scultori che in tempi e

circostanze diverse si sono ispirati a

Viareggio e alla sua gente.

www.gamc.it

+ 39 0584 581119

Casa della cornice

www.casadellacornice.com

LA GAMC DI VIAREGGIO

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I grandi della

fotografia

A cura di

Maria Grazia Dainelli

Francesco Cito

Dal racconto della guerra ai reportage sulla malavita organizzata e sulla storia del

costume: la vita sempre in prima linea di un nome eccellente del fotogiornalismo italiano

di Maria Grazia Dainelli / foto Francesco Cito

Quali sono stati i tuoi inizi come fotografo?

Nel 1972 sono partito per Londra con il desiderio

di imparare a fotografare. Mi sono improvvisato

lavapiatti, cuoco, facchino da Harrods e anche cameriere

al Penthouse Club. Dopo una vincita inaspettata al casinò, ho

comprato la mia prima macchina fotografica ed ho iniziato a

fotografare i gruppi musicali dell’epoca pubblicando poi gli

scatti su riviste di settore. Ben presto però ho sentito il bisogno

di mettermi alla prova anche in altri progetti. Per questo

motivo ho realizzato un reportage sui minatori del Galles e uno

sui punks londinesi che ho tentato di pubblicare sulla rivista

Epoca ma senza successo. La svolta è avvenuta quando, dopo

essermi presentato al photo editor del Sunday Times, mi è stato

assegnato l’incarico di realizzare un reportage sul contrabbando

di sigarette a Napoli. Per circa un mese non ho scattato

nemmeno una foto, ma non mi sono arreso e con grande determinazione

sono riuscito a farmi accettare dai capi dei clan

che gestivano questa attività illecita per uscire sui motoscafi

che trasportavano ingenti carichi di sigarette di contrabbando.

La guerra del Golfo (1991)

Negli anni Ottanta ti sei fatto conoscere a livello internazionale

con le fotografie di guerra scattate in Afghanistan:

puoi dirci come andarono le cose?

Sono riuscito a farmi scortare clandestinamente in Afghanistan

da un gruppo di mujahidin percorrendo milleduecento chilometri

a piedi e rimanendo per circa tre mesi al loro fianco. Poco a poco,

mi sono fatto accettare nella loro vita quotidiana, nei momenti di

preghiera, e fui guardato con più rispetto quando scoprirono che

sapevo anche sparare a tiro a segno. Questo mi ha permesso di

realizzare un reportage che inizia con le foto di soldati dell’Armata

Rossa caduti in imboscate. Finita quell’esperienza, ho proposto

gli scatti al Sunday Times, che però non li ha pubblicati per

dare spazio alla notizia dell’inaspettata morte di John Lennon. Ci

ho provato poi con Life negli Stati Uniti, ma anche in questo caso

non sono stati pubblicati per la concomitanza con la liberazione

degli ostaggi all’ambasciata americana di Teheran. Alla fine il reportage

è stato pubblicato da Epoca quattro anni dopo.

Com’è nato il celebre scatto realizzato a Dhahran durante la

prima guerra del Golfo?

Ero a Dhahran nel 1989 insieme agli americani come inviato

de Il venerdì di Repubblica una settimana dopo l’occupazione

irachena nel Kuwait. I sauditi, temendo di essere invasi, avevano

chiesto l’intervento americano. La foto racconta esattamente

quello che stava accadendo: il divano è simbolo della

ricchezza dei paesi del Golfo, il marine seduto sotto i ritratti

Afghanistan (1989)

dei tre monarchi sauditi rappresenta invece l’intervento americano

per proteggere la famiglia reale e gli interessi petroliferi.

Segui da sempre la questione palestinese: cosa pensi oggi

di questo conflitto?

Ho sempre avuto il desiderio di raccontare la diaspora palestinese

in giro per il mondo e la vita nei campi profughi dei

territori occupati da Israele. Mi sono recato in Palestina per

seguire le fasi della prima Intifada dal 1987 al 1993 e poi della

seconda dal 2000 al 2005. Ho spesso messo a rischio la

mia vita, essendo stato ferito più volte durante alcuni scontri.

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FRANCESCO CITO


Matrimonio napoletano (1993) Matrimonio napoletano (1995)

Visti i rapporti sempre più difficili tra Israele e Palestina credo

sia molto difficile arrivare ad una soluzione pacifica.

Come sei riuscito a conciliare il dovere di cronaca con l’etica?

Mi sono sempre domandato se fosse giusto immortalare la sofferenza

altrui, ma credo che molto dipenda da come la rappresenti.

Prima di scattare una foto, ho sempre dialogato con le

persone per far accettare la mia presenza. Attraverso il racconto

di momenti drammatici si arriva alla mente e al cuore della gente,

si riescono a suscitare emozioni e a far riflettere. È stato importante

per me anche imparare a non portarmi appresso i fantasmi

della guerra, a non rimanere psicologicamente invischiato.

Secondo te, quali sono oggi le esigenze del fotogiornalismo?

Le esigenze di questo genere fotografico oggi sono molto cambiate,

le storie da raccontare sarebbero tante ma il rischio è di

fare una copia della notizia televisiva. Ho sempre desiderato essere

presente nei luoghi di guerra per capire la verità degli eventi

e per raccontare storie attraverso le immagini scattate sul posto.

Sei passato dalle foto di guerra ai reportage sulla camorra

o sul Palio di Siena: cosa ti ha spinto ad esplorare ambiti

così diversi?

È vero, negli anni mi sono cimentato in vari temi, ma le fotografie

di guerra in Palestina e in Afghanistan sono quelle

che mi hanno dato di più. Alcuni reportage sono nati dalla

casualità, altri dalla necessità di saperne di più su di un determinato

argomento. Bisogna avere una buona dose di curiosità

e la capacità di saper leggere e raccontare le cose

che accadono.

Che consigli daresti oggi ad un fotoreporter di guerra?

Quando scattiamo una fotografia trasmettiamo il nostro carattere

e, pur essendo una visione parziale della realtà, si

emettono giudizi dei quali siamo responsabili. Per questa ragione

bisogna sempre lavorare con onestà intellettuale e avere

la capacità di entrare nelle situazioni, di farsi accettare sul

fronte di guerra. Non ho mai presentato foto cruente per rispetto

della persona fotografata e dell’essere umano in generale.

Quanto incide nei tuoi scatti la capacità progettuale e

quanto conta invece l’istinto?

Le mie fotografie, per quanto basate su di un progetto, non

sono mai state riflessive. È stato quasi sempre l’istinto a guidarmi

e a permettermi di catturare l’attimo. Non mi interessa

la perfezione dell’inquadratura, ma una composizione chiara

e leggibile; degli aspetti estetici mi occupo solo in fase di editing.

Vorrei continuare a raccontare la realtà senza mistificazioni,

ma non è sempre possibile visto che oggi mi occupo di

una fotografia con finalità più commerciali.

FRANCESCO CITO

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A cura di

Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli

Spunti di critica

fotografica

Berenice Abbott

Uno sguardo libero e anticonformista sulla modernità

di Nicola Crisci / foto Berenice Abbott

Berenice Abbott nasce a Springfield, nell’Ohio, il

7 luglio del 1898. Nel 1918 si trasferisce al Greenwich

Village di New York, dove viene ospitata

dall’anarchico Hippolyte Havel. Durante questo periodo

si interessa alla scultura, ma ben presto capisce

che con quest’arte non è in grado di mantenersi. Nel

1921, si reca in Europa, a Parigi e a Berlino, per approfondire

gli studi di scultura. Il suo interesse per la

fotografia inizia nel 1923, quando Man Ray la assume

come assistente alla camera oscura nel suo studio di

Montparnasse. Qualche anno dopo, nel 1925, la Abbott

apre un proprio studio fotografico a Parigi dove esegue

numerosi ritratti di personaggi famosi come James

Joyce, Jean Cocteau, Marcel Duchamp, Max Ernst

e Peggy Guggenheim. Tornata negli Stati Uniti (1929),

comincia ad immortalare New York: negozi, persone,

ponti, strade, interni, cantieri, edifici iconici visti dall’esterno

o dall’alto. Queste sue fotografie forniscono un

documento storico di molti edifici e isolati di Manhattan

oggi demoliti, grazie anche a due libri fotografici – Changing

New York e Greenwich Village: Today & Yesterday – che

offrono un significativo spaccato sulla metropoli americana.

Nel 1954 viaggia lungo la U. S. Route 1 dalla Florida al Maine

per fotografare le piccole cittadine e la nuova architettura.

Poco dopo, a causa di problemi di salute, si trasferisce

nel Maine, dove rimane fino alla morte nel 1991. Nel 1970

si tiene la sua prima grande retrospettiva al Museum of Modern

Art di New York e nel 1989 riceve il premio alla carriera

Under the El at the Battery (New York, 1936)

del Centro Internazionale di Fotografia. Parallelamente all’attività

fotografica, la Abbott si dedica anche alla promozione

del lavoro di Eugène Atget, che lei definiva il “Balzac della

fotografia”, acquistandone i negativi dopo la morte e facendo

in modo che l’attività del misconosciuto fotografo francese

ottenesse un risalto internazionale. «Per me la fotografia

– dichiara – è un mezzo, forse il mezzo migliore della nostra

epoca per ampliare la conoscenza del mondo. La fotografia

è un metodo di educazione, per far conoscere a persone di

tutte le età e condizioni

la verità sulla vita odierna;

la visione del ventesimo

secolo è stata creata

dalla fotografia, l’immagine

ha quasi sostituito la

parola come mezzo di comunicazione».

Veduta aerea di New York di notte (1936) James Joyce (1928)

BERENICE ABBOTT

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Firenze

mostre

Vittoria Palazzolo

I “dogmi” della nota artista piemontese in mostra a Firenze

dal prossimo 4 giugno

di Daniela Pronestì

Qualcosa in cui credere ciecamente, con una resa incondizionata

del cuore. Nessuno spazio per il dubbio né

per lo scetticismo: la verità, quando si manifesta, è un

dogma, e dunque un principio da accogliere benché

non sia possibile spiegarlo razionalmente. Soltanto l’anima può

decifrare questo linguaggio, catturandone i segnali disseminati

in ogni cosa vivente: nella terra, nell’acqua, nel fuoco, nel visibile

e nell’invisibile, nell’amore che regge e regola l’esistenza

degli individui così come gli equilibri universali. Di questo parlano

le opere di Vittoria Palazzolo in mostra a Firenze dal prossimo

4 giugno: di un “mondo sommerso” – come lei stessa lo

definisce – perché nascosto dietro l’inganno di apparenze difficili

da dissolvere per chi non abbia il dono di saper “guardare oltre”,

di vibrare all’unisono con le energie universali. Questo dono

Vittoria Palazzolo lo possiede, le appartiene in maniera viscerale,

e fa di lei un’artista capace di percorrere “traiettorie impercet-

tibili” al di là del tempo e dello spazio. L’opera d’arte giunge alla

fine di questa esperienza, ne è in qualche modo la testimonianza.

È il farsi “epifania” dell’immagine dipinta, il suo divenire luogo

di rivelazione, porta spalancata sul mistero. Il soprannaturale

entra dunque nella nuda materia, e tramite questa si manifesta,

nelle forme, nei colori, nelle figure, nell’ambivalenza espressiva

di una pittura tanto “concreta”, perché legata al qui ed ora della

percezione, all’estasi di corpi in dialogo con l’infinito, quanto al

contempo spirituale, nella capacità di mostrare, proprio attraverso

tale concretezza, l’ineffabile presenza del divino. L’ispirazione

viene dall’alto, da una dimensione trascendente dell’essere;

all’artista il ruolo di sacerdotessa che celebra la sacra unione

tra mondo terreno e mondo celeste. Prima di essere contatto

fisico con il colore e con la materia, la creazione artistica – ci

ricorda Palazzolo – è un viaggio dell’anima oltre il reale fenomenico:

superata questa frontiera, l’anima spicca il volo, ritro-

Omaggio a Lady Godiva, acrilico su tela, cm 80x120

Vibrazioni, acrilico su tela, cm 80x120

14

VITTORIA PALAZZOLO


Grazie Universo, acrilico su tela, cm 100x120; scultura, resina dipinta a mano, cm 43x35x15

Il Principio, acrilico su tela, cm 80x120

va finalmente il proprio centro, il ventre primigenio della vita, e

da qui ridiscende, gravida di conoscenza, per immergersi nuovamente

nel magma del quotidiano esistere. Se la pittura, come si

è visto, è l’approdo finale di questo viaggio, ne è l’atto conclusivo,

allora le immagini si ammantano di significati che dalla trascendenza

dell’assoluto approdano alla contingenza del visibile

conservando intatto il loro enigma. Ecco perché tentare di “spiegare”

questi dipinti con un’analisi iconografica o stilistica tradizionale

sarebbe vano, se non addirittura errato: vorrebbe ridurre

in frammenti ciò che nell’opera di Palazzolo è al contrario aspirazione

all’unità, all’integrazione di aspetti non solo estetici ma

anche antropologici, filosofici, spirituali. In questo respiro totalizzante

risiede il senso di un dire artistico che mette in comunicazione

il dentro e il fuori dell’uomo, la carne e l’anima, l’eterno e

l’effimero, procedendo, colore dopo colore, dogma dopo dogma,

con il con il passo certo di verità inconfutabili.

Vittoria Palazzolo - Dogmi

A cura di Daniela Pronestì / dal 4/06 al 4/07 2022

Inaugurazione sabato 4 giugno ore 18, con l’intervento di

Carlo Motta, responsabile libri Editoriale Giorgio Mondadori

Galleria Art Armand Xhomo (via Ghibellina 105,107, 111 r - Firenze)

Vittoria Palazzolo

Nata a Torino nel 1965, Vittoria Palazzolo vive e lavora

a Vogogna e Verbania Intra (VCO). Il suo percorso nel

mondo dell’arte inizia all’età di 13 anni, prosegue con

il liceo artistico e si consolida frequentando per oltre dieci anni

lo studio del maestro Cleo Zanello – allievo di Felice Caso-

rati e Almerico Tomaselli

– che riconosce in lei un

entusiasmo genuino e sincero

per la pittura proponendole

di diventare sua

assistente. Nel frattempo

Vittoria non tralascia la

frequentazione di gallerie

e mostre d’arte acquisendo

nuove conoscenze e

arricchendo il proprio patrimonio

culturale. Legata

inizialmente alla figurazione,

affina il senso del co-

lore e del disegno grazie ai consigli e ai suggerimenti del suo

maestro, che le insegna come trasferire sulla tela il proprio

mondo interiore e i propri sogni di donna e artista. L’espressionismo

astratto diventa la sua cifra stilistica, in una miscela

di colori apparentemente lasciati al caso ma in realtà guidati

dall’energia e dalla tenacia: i suoi dipinti infondono all’osservatore

gioia e voglia di vivere. I soggetti spaziano dai nudi agli

astratti, ai ritratti, alle figure, mentre le tecniche variano dagli

acrilici su tela all’alta pasta, al carboncino, ai pastelli, a volte

con l’intervento del fuoco o l’uso del cacciavite. Negli anni sviluppa

e crea nuovi cicli pittorici con un processo che prende

avvio dal titolo del tema, prosegue con il titolo dell’opera e si

completa con la realizzazione finale. Ha partecipato a numerose

rassegne personali e collettive in Italia e all’estero. Un’artista

che si è ormai ritagliata un ruolo di rilievo nel panorama

contemporaneo. Presente sul Catalogo CAM dal n. 51 al 57

(Editoriale Giorgio Mondadori), ha al suo attivo la monografia

Mutazione e Introspezione (Editoriale Giorgio Mondadori) con

testo critico dello storico dell’arte Giovanni Faccenda.

VITTORIA PALAZZOLO

15


Arnaldo Marini

Survival instinct (2021), olio su tela, cm 160x80

www.arnaldomarini.com

arnaldo.marini@gmail.com

arnaldo.marini


A cura di

Rosanna Bari

Note dʼarte

Oratorio di San Niccolò del Ceppo

Un prezioso gioiello restaurato

di Rosanna Bari / foto courtesy Edizioni Polistampa

L’Oratorio di San Niccolò, come a

Firenze viene detto Nicola, si trova

in via Pandolfini, in prossimità

di via Verdi. Fu realizzato nel 1561 per

ospitare la trecentesca Compagnia di

San Niccolò di Bari, detta del Ceppo, che

necessitava di una nuova sede. La Compagnia

fu chiamata così dal “ceppo”,

base d’albero scavata e utilizzata per

raccogliere le offerte o, più verosimilmente,

dalla vicinanza con l’antico Ospedale

del Ceppo di cui non rimangono più

tracce. Ancora oggi, la Venerabile e Nobile

Compagnia continua a svolgere attività

di preghiera e opere di carità, così

come aveva fatto San Niccolò. L’edificio,

dalla semplice facciata, oltreché prezioso

custode della sua storia è anche prezioso

contenitore di importanti opere

d’arte. Oltrepassato il vestibolo, nell’ampia

aula dell’Oratorio, utilizzata come sala riunioni, si ammira

la grande pala d’altare Crocifissione e Santi di Francesco Curradi,

mentre al centro dello scenografico soffitto a volta, arricchito

da finte architetture settecentesche, campeggia San Niccolò

in gloria. Ma è nella piccola sagrestia che è esposta l’opera di

uno dei più grandi artisti del primo Quattrocento: Cristo croci-

Ricollocazione del Crocifisso di Beato Angelico

fisso tra i Santi Niccolò e Francesco, tavola di Beato Angelico

a cui il recente restauro, curato dall’Opificio delle Pietre Dure,

ha restituito la brillantezza dell’originale cromia. Adiacente alla

sagrestia, in un piccolo ambiente adibito a museo, altri due

dipinti del Curradi costituiscono un’importante testimonianza

della pittura religiosa di inizio Seicento. Il recente restauro,

iniziato nel 2007 e conclusosi

nel 2018, ha permesso di recuperare

un importante tassello della

storia di Firenze, riportando così

all’originario splendore l’antica

struttura gravemente danneggiata

dall’alluvione del 4 novembre

1966. Orgogliosi dei risultati finora

ottenuti, il guardiano Urbano

Alli Maccarani e il governatore

Alessandro Burberi così guardano

al futuro: «Il nostro prossimo

obiettivo, a cui teniamo moltissimo,

riguarda l’allestimento del

museo. Il nuovo progetto, quindi,

avrà come finalità l’arricchimento

dell’esposizione con le opere della

preziosa collezione, da secoli

vanto della Compagnia, che man

mano verranno restaurate».

Giovanni Antonio Sogliani, San Niccolò e due fanciulli

della Compagnia (1520 ca.)

Interno dell’Oratorio di San Niccolò

rosannabariguida@gmail.com

ORATORIO DI SAN NICCOLÒ

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Curiosità storiche

fiorentine

A cura di

Luciano e Ricciardo Artusi

Calendimaggio

L’antica festa dei fiori e dei piaceri della vita

di Luciano e Ricciardo Artusi

Maggio, quinto mese dell’anno nel calendario, il cui

nome deriva forse dalla dea romana Maia. Fin

dai tempi antichi maggio si distingue dagli altri

mesi per il rifiorire intenso della natura che in questo periodo

assume nuova vitalità con l’esplosione della vegetazione

e la profumata fioritura soprattutto delle rose dette,

appunto, “maggesi” e delle ginestre; di ciò, anche Dante

nel Purgatorio lascia testimonianza con i noti versi: E quale,

annunziatrice de li albori, l’aura di maggio movesi e olezza,

tutta impregnata da l’erba e da’ fiori. A maggio, quando

regnano sovrani i profumi ed i colori dei fiori, nei giardini

e nelle campagne intorno a Firenze, si celebrava il mese

con usanze galanti, feste, suoni e canti, che univano ai fiori

la passione del popolo per i canti d’amore, tanto da essere

definito, già in epoca medioevale, “maggio amoroso”.

Il mese era caratterizzato dalla particolare festa del Calendimaggio,

che si svolgeva nella prima settimana e rientrava

tra le feste “pagane” abolite da Cosimo III e ripristinate

da Gian Gastone. In epoca medioevale e rinascimentale la

festa aveva avuto grande importanza, anche perché terminava

con l’elezione della “regina di maggio”, un’antesignana

delle reginette di bellezza dei nostri tempi. Ma allora

era fondamentale per le famiglie nobili che una delle loro

rappresentanti divenisse la “regina”, per cui la competizione

era sentita e cercata senza esclusione di colpi. Nel Calendimaggio

del 1300 questa gentile usanza scatenò gravi

disordini: l’elezione della fanciulla più bella divenne il pretesto

per un ulteriore scontro tra i Guelfi di parte bianca

e quelli di parte nera, con nefaste conseguenze. Infatti,

quei festeggiamenti dettero origine ad una zuffa in Piazza

di Santa Trìnita tra i giovani dei due opposti schieramenti,

dietro ai quali vi era probabilmente la “mano” dei capi

più anziani. Vi furono diversi feriti, e di conseguenza vennero

presi severi provvedimenti per alcuni rappresentanti

delle due fazioni, che si concretizzarono, tra l’altro, in bandi

di esilio. È da notare che, fin dal periodo medioevale, troviamo

le “regine di maggio” anche nel mondo nordico: in

particolare in Inghilterra ed in Irlanda, dove le fanciulle più

Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo

Lelio Rossi, Le Reginette del Majo

graziose, incoronate di fiori, facevano il “giro d’onore” del

villaggio sopra un apposito carro sempre decorato di foglie

e fiori. Nel mondo contadino toscano è rimasta invece

la tradizione di “cantare il maggio” con tipiche canzoni dette

“maggi”, cantate in forma di serenata da gruppi di giovani

“maggiaioli”, i quali, con strumenti musicali e “regine”

tutte adorne di fiori di campo, facevano il giro delle fattorie,

ricevendo in cambio di una stornellata il dono di salumi,

formaggi, pane e vino. Era usanza anche che i giovani innamorati

appendessero il “majo”, ramo fiorito e infiocchettato

simbolo della primavera, all’uscio o alle finestre delle

fanciulle. Proprio da tale uso derivò il modo di dire “E l’attacca

il majo ad ogni uscio” per indicare un “libertino” che

corteggiava molte ragazze senza sceglierne nessuna. Gli

intrattenimenti musicali itineranti andavano avanti tutta la

notte e, il giorno dopo, quanto racimolato

veniva allegramente consumato

su di un bel prato, sempre

con accompagnamento di canti e

danze. Tali festeggiamenti rappresentavano,

quindi, tutti gli aspetti

più piacevoli della vita: canto, gioco,

danza, amore, cibo, e quindi divertimento

spensierato.

Cornici Ristori Firenze

www.francoristori.com

Via F. Gianni, 10-12-5r

50134 Firenze

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CALENDIMAGGIO


A cura di

Francesco Bandini

Quando tutto

ebbe inizio…

Il regno di Commagena nel nome del dio Mithra

Testo e foto di Francesco Bandini

2^ parte

Spostandosi ad occidente verso l’odierna Anatolia (Turchia

nord orientale) sul piano storico, troviamo il Regno

del Ponto che comprendeva la costa caucasica, la Crimea

e la costa scita (da “Sakia”, terra dei Saci o Sciti, altra

satrapia achemenide), i cui sei re, tutti chiamati Mitridate – derivato

da Mithra –, furono grandi nemici di Roma, alleandosi

perfino con i corsari della Cilicia ma sconfitti dai generali romani

Silla, Lucullo e Pompeo. Tra i vari stati ellenistici fu però

il regno di Commagena ad avere un ruolo preminente nel nome

del dio Mithra. Siamo stati, come in un simbolico pellegrinaggio

fra i colli fiorentini e le montagne del Tauro, alle sorgenti

del Tigri e dell’Eufrate, nel nord della Commagena all’elevato

Nemrod-Dag. Intorno al 100 a. C. vi regnava Mitridate Callinico

I, che aveva sposato Laodicea, una principessa greco-selencida.

Dato che i seleucidi facevano risalire la loro stirpe ad Alessandro

Magno (Seleuco è uno dei Diadochi, i generali che si

divisero i territori alla sua morte avvenuta a Babilonia nel 323

a. C.) e Mitridate, dai re persiani achemenidi, il loro figlio Antioco

sarebbe così discendente di Alessandro il macedone e di

Dario il persiano. Antioco I (98-31 a. C.) regnò dal 70 al 31 a.

C. e fece costruire un consistente numero di santuari tutti dedicati

al dio Mithra. Quello collocato sul Nemrod-Dag, cioè sul

monte più alto (2200 metri), fu certamente il tempio centrale.

Egli ne mutò la fisionomia della vetta, modificandola con

un gigantesco tumulo di altri 300 metri, forse per la sepoltu-

ra del padre ma molto più probabilmente per la sua. Se nel

tempo antico non doveva essere certamente agevole recarvisi

dovendo affrontare un viaggio della durata di vari giorni, noi

abbiamo avuto la fortuna di salirvi in poche ore. Le statue degli

dei sui lati orientale e occidentale sono collocate “sui troni

celesti”, cinque colossali statue delle quali quelle poste ad

ovest ben conservate. Sono quelle del re Antioco commageno,

cioè la personificazione della sua patria, e tre divinità, Zeus-Oromazde

(Akura Mazda, il padre), Apollo-Elio (Mithra, il figlio

del Sole), Anahita (l’androgina dea delle acque). Alle divinità

in trono si uniscono così le tradizioni persiane e macedoni, in

una sintesi di elementi mitraici (la metà dell’anno e del mese, il

16 settembre che stanno a ricordare Mithra, l’intermediario dio

del Sole e della Giustizia) ma anche i rilievi degli antenati del

re, collocati sulle altre terrazze – tutti orientati verso i quattro

punti cardinali raffiguranti i quindici avi paterni, da Serse a Dario

– ed i quindici avi materni fino ad Alessandro Magno. Al patrio

focolare commageno si uniscono in Antioco le due grandi

civiltà di oriente e occidente nell’Ellenismo, cioè quel grande

messaggio di tolleranza fra i

popoli di tutte le religioni che

ancora oggi, grazia all’archeologia,

scandiscono sul quadrante

della storia momenti

di problematica attualità.

Sul Nemrod Dag, al tramonto nel giorno della festa del dio Mithra

IL REGNO DI COMMAGENA

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Dimensione

salute

A cura di

Stefano Grifoni

Quando il lavoro diventa una malattia

di Stefano Grifoni

Lo stress da lavoro o da disoccupazione può far ammalare

una persona o entrare in burnout considerato

ufficialmente una sindrome. In precedenza si

pensava che fosse una malattia ma il burnout resta un fenomeno

occupazionale meglio definito “stress da lavoro”.

Si può essere affetti da burnout o meglio da esaurimento

o crollo nervoso di fronte a sintomi come mancanza di

energia o spossatezza, isolamento dal lavoro, sensazione

di negatività o di cinismo, diminuzione dell’efficacia profes-

sionale. Occorre escludere prima di parlare di burnout altri

disturbi come il disturbo di ansia o di depressione. La

sindrome che in principio si riferiva a professioni come infermieri

e dottori, poi è stata estesa a persone che si occupano

di assistenza o che entrano in contatto con pazienti

che vivono stati di disagio e di sofferenza. Lo stress ci rende

stupidi ancora di più se pensiamo che oltre al lavoro non

esiste niente altro. L’amore è un antistress naturale... provare

per credere!

Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso

dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi

e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale

della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione

per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico

dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.

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LAVORARE TROPPO


A cura di

Emanuela Muriana

Psicologia

oggi

Overthinking

La trappola mentale di chi "pensa troppo"

di Emanuela Muriana

Capita a tutti di ripensare intensamente a qualcosa,

di essere particolarmente preoccupati, di aver molto

riflettuto oppure di aver fatto previsioni negative

anche se spesso le stesse preoccupazioni sono state smentite

dall’esito positivo. Riflettere significa concentrarsi sulle

possibili soluzioni e, se il problema è irrisolvibile, valutare

cosa fare per sopportare o ovviare le conseguenze. Rimuginare

è un’attività riflessiva dove però il futuro è visto sistematicamente

in modo catastrofico. Si immaginano gli eventi

in ogni possibile dettaglio, ipotizzando ogni possibile problema

con annessa soluzione, nella convinzione di potersi

preparare a qualsiasi eventualità. Il risultato è invischiarsi

sempre di più per evitare di perdere il controllo della situazione,

alimentando paradossalmente la rimuginazione. Alla

base di questo processo c’è la convinzione che pensare

analiticamente sia una efficace strategia da adottare per

fronteggiare situazioni considerate minacciose e, pertanto,

complesse da gestire. Il rischio è «prevedere sempre la fine,

per non cominciare niente» diceva Elias Canetti. Siamo caduti

nel “pensare troppo” detto anche “overthinking”, ovvero

l’arte di creare problemi anche dove

non ci sono. Alcuni hanno un vero talento

in questo e l’effetto può essere davvero

catastrofico. Ruminare è una forma

circolare di pensiero lento, persistente,

passivo, ripetitivo e inconcludente; è il

pensare in modo ricorsivo ad un evento

che ha generato qualcosa di disturbante,

alle cause e alle conseguenze. La

concentrazione è orientata sugli eventi

negativi del passato, rievocando costantemente

le emozioni vissute e mescolandole

con quelle del presente, finendo in

un loop mentale negativo. La convinzione

che stimola la ruminazione è che sviscerando

profondamente ciò che si è già

vissuto si possa capire con chiarezza.

Il risultato è rimanere bloccati emotivamente

nel passato, un continuo preoccuparsi

che impedisce di vivere il presente

e soprattutto di contemplare il futuro,

con i rischi che comporta. Si rimugina e si rumina per emozioni

che sono rimaste eccessivamente attive: paura, incertezza,

pericolo, timore delle conseguenze; per rabbia o

rancore legati ad un evento passato; per senso di colpa, per

dubbio irrisolvibile. Ripetitività, incontrollabilità e negatività

del pensiero sono caratteristiche comuni che portano la

persona a sforzarsi di non pensare ed anelare ad una pausa

del pensiero; ma pensare di non pensare è pensare ancora

di più! Il pensare in modo ossessivo è generatore di disturbi

del sonno, dell’attenzione e della concentrazione, irritabilità,

mancanza o eccesso di appetito, fino a diventare disturbi

dell’umore come la depressione; disturbi d’ansia, paranoie e

gelosie patologiche, perfino dipendenze relazionali e da sostanze

(alcool, fumo, farmaci, etc.) spesso assunte in eccesso

per cercare di placare il negativo pensiero tiranno.

Non c’è un unico modo per interrompere i pensieri negativi

ricorrenti e incontrollabili, ma abbiamo tecniche specifiche,

efficaci ed efficienti per liberare la mente dai pensieri tiranni.

«Io non risolvo i miei problemi. Correggo i miei pensieri e

i problemi si risolvono da soli» (L. Hay).

Emanuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve

Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza.

È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso

le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato

tre libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it.

È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.

Studio di Terapia Breve Strategica

Viale Mazzini 16, Firenze

+ 39 055 242642 - 574344

emanuela.muriana@virgilio.it

OVERTHINKING

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Emozioni e colori

Dal 14 al 26 maggio 2022

Inaugurazione domenica

15 maggio ore 18

Alessandro Lombardi

Galleria Gadarte

Via Sant’Egidio 27 r - Firenze

Grotta di Nettuno ad Alghero (2021), olio su tela, cm 50x70

Maria Paola Spadolini

Roberta Caprai

La mia luna (2022), olio su tela, cm 50x50

Tramonto sul casolare (2022), olio su tela, cm 50x50


A cura di

Silvia Ciani

I consigli del

nutrizionista

Le linee guida per

una sana e corretta

alimentazione

di Silvia Ciani

Redatte dal Crea, ente italiano di ricerca

sull’agroalimentare (www.crea.gov.it),

le linee guida per una sana e corretta

alimentazione hanno l’obiettivo di prevenire le

malattie cronico-degenerative, dare indicazioni

per la salute e longevità e stimolare la sostenibilità

sociale ed ambientale. Nello schema di

seguito vengono riassunte in tredici punti:

1) Controlla il peso e mantieniti sempre attivo: uno stile

di una vita sano, con attività fisica regolare, e una dieta

equilibrata assicurano benefici per la salute e riducono il

rischio di malattie croniche.

2) Più frutta e verdura: il loro consumo giornaliero (almeno

5 porzioni al giorno) aiuta a prevenire obesità, malattie

cardiovascolari, diabete di tipo 2 e alcuni tipi di tumori.

3) Più cereali integrali e legumi: questi sono fonti primarie

di micro e macro nutrienti, fibra e sostanze bio-attive;

è bene consumarli frequentemente.

4) Bevi ogni giorno acqua in abbondanza: occorrono al

giorno circa 2 L per la donna e 2,5 L per l’uomo; bambini

e anziani sono a rischio di disidratazione.

5) Grassi, scegli quali e limita la quantità: è bene mantenerne

basso il consumo, soprattutto quelli di origine animale e

preferire gli oli vegetali; è importante inoltre assicurare un

adeguato apporto di acidi grassi omega-3 per le loro azioni

favorevoli a livello metabolico e cardiovascolare.

6) Zucchero, bevande zuccherate e dolci, poco è meglio:

l’eccessivo consumo di zucchero e dolci aumenta il rischio

di obesità e malattie cardiovascolari.

7) Il sale? Meglio poco … (ma iodato): ridurne il consumo

(< 5g/die) contribuisce a prevenire l’ipertensione arteriosa

e altre malattie.

8) Bevande alcoliche, se sì il meno possibile: non esistono

livelli di consumo alcolico privi di rischio; l’intossicazione

acuta è il principale fattore di mortalità e un

consumo prolungato può determinare dipendenza e aumentare

il rischio di patologie come cirrosi e cancro.

9) Varia la tua alimentazione, come e perché: variare la

dieta vuol dire combinare adeguatamente i vari gruppi di

alimenti, alternandoli nella giornata; una dieta monotona

aumenta il rischio di assunzione e accumulo di alcune sostanze

che possono, a lungo termine, diventare nocive.

10) Consigli speciali per persone speciali: ogni persona

ha esigenze nutrizionali specifiche, ma in certe situazioni

occorre una maggiore attenzione per evitare squilibri

alimentari.

11) Attenti a diete e integratori senza basi scientifiche:

è preferibile prevenire il sovrappeso piuttosto che dover

ricorrere a diete dimagranti visto l’elevato tasso di fallimento

nel tempo; diete “fai da te” possono essere pericolose

per la salute.

12) La sicurezza dei tuoi cibi dipende anche da te: le malattie

a trasmissione alimentare sono provocate da alimenti

o acqua potabile contaminati da microrganismi

patogeni, per contrastarle occorre evitare la contaminazione

lungo tutta la filiera; il consumatore ha un ruolo fondamentale

a livello domestico.

13) Sostenibilità delle diete, tutti possiamo contribuire:

una dieta sana e sostenibile prevede un’elevata quantità

di alimenti a base vegetale e una limitata quantità di carne

e prodotti lattiero-caseari; sono da preferire i cibi prodotti

localmente e quelli a filiera corta.

Biologa Nutrizionista e specialista in

Scienza dell’alimentazione, si occupa

di prevenzione e cura del sovrappeso

e dell’obesità in adulti e bambini attraverso

l’educazione al corretto comportamento alimentare,

la Dieta Mediterranea, l’attuazione di

percorsi terapeutici in team con psicologo, endocrinologo

e personal trainer.

Studi e contatti:

artEnutrizione - Via Leopoldo Pellas

14 d - Firenze / + 39 339 7183595

Blue Clinic - Via Guglielmo Giusiani 4 -

Bagno a Ripoli (FI) / + 39 055 6510678

Istituto Medico Toscano - Via Eugenio

Barsanti 24 - Prato / + 39 0574 548911

www.nutrizionistafirenze.com

silvia_ciani@hotmail.com

CORRETTA ALIMENTAZIONE

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I giganti

dell’arte

A cura di

Matteo Pierozzi

Jeff Koons

L’artista dei primati che ha rivoluzionato il mercato dell’arte

di Matteo Pierozzi

Jeffrey Koons, meglio conosciuto come Jeff Koons, nasce

nel 1955 a York, in Pennsylvania. Ha studiato arte al

Maryland Institute College of Art a Baltimora e alla School

of the Art Institute a Chicago. Dal 1976 vive e lavora a New

York. Artista provocatorio, proviene

da una famiglia di interior

designer, per sua stessa ammissione

forse è questo il motivo per

cui ama, sin dall’infanzia, lo sfarzo

e assecondare e compiacere

i desideri altrui. La sua produzione

è finalizzata ad una severa critica

rivolta alla società che pure

lo ha premiato con un incredibile

successo. Basti pensare che si

è aggiudicato per ben due volte il

record di artista vivente più pagato

al mondo. La prima con l’opera

Balloon Dog di colore arancione

venduta nel 2013 a 58 milioni di

dollari, la seconda con Rabbit nel

2019, battuta da Christie’s a 91 milioni

di dollari. In molti definiscono

Koons più un comunicatore ed un

brand manager che un vero e proprio artista, ma è sicuro che

con le sue “provocazioni” ha completamente rivoluzionato il

mercato dell’arte arrivando ad essere uno degli artisti pop più

influenti insieme ad Andy Warhol.

Balloon Dog, una delle opere più emblematiche della produzione artistica di Koons

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JEFF KOONS


A cura di

Maria Concetta Guaglianone

PsicHeArt

Le tante sfaccettature emotive delle lacrime

di Maria Concetta Guaglianone

Ritratto di donna. Labbra rosse e carnose, pelle

chiara e chioma dorata che nasconde un lato del

viso mentre ne accompagna i lineamenti dell’altro.

Dall’occhio visibile e chiuso scorrono lacrime dello stesso

colore dei capelli, lacrime d’oro: Larmes d’or, le lacrime di

Freyja. Il dipinto di Anne Marie Zilberman, artista contemporanea

francese, narra la dea Freyja, divinità della mitologia

nordica dalle virtù profetiche, dea della vita e della

morte, della guerra, della fertilità, dell’amore, della bellezza,

della seduzione e dell’oro. La leggenda racconta che

Freyja piangesse lacrime d’oro ad ogni partenza e ad ogni

ritorno dell’amato, colorando d’oro alba e tramonto. Nella

divinità si può cogliere il carattere di umanità di una donna

le cui lacrime hanno un doppio significato: da un lato

il dolore e la disperazione per il distacco, dall’altro la gioia

e la felicità del ricongiungimento. Nel dipinto vengono

rappresentate le lacrime emotive, prerogativa della natura

umana, che si differenziano da quelle basali e di risposta.

La manifestazione espressiva delle lacrime emotive è relazionata

a stati d’animo e può essere influenzata da diversi

aspetti: sociali, culturali, educativi, di personalità. Il pianto

è un comportamento umano che ci accompagna per tutta

la vita: da bambini è fondamentale ai fini della sopravvivenza

per richiamare l’attenzione degli adulti e soddisfare

i bisogni fisiologici e di attaccamento. Man mano che

si cresce acquista differenti sfumature: si piange per dolore

fisico o emotivo, per proteggerci da comportamenti

che vengono percepiti invasivi o aggressivi, ma si piange

anche per esperienze felici e gratificanti. Da un punto di

vista interpersonale le lacrime diventano un segnale comunicativo

che può attivare nell’interlocutore risposte di

natura diversa: empatiche, di condivisione e vicinanza o

di sdegno; accolte come segno di sensibilità e tenerezza

o, contrariamente, giudicate in termini di remissione o debolezza.

Le lacrime comunicano che in un dato momento

sta succedendo qualcosa a cui prestare attenzione, veicolano

richieste di aiuto, sostegno, conforto o consolazione.

Lacrime accolte, asciugate, riconosciute, a volte incomprese

e disprezzate, svalutate o derise. Lacrime cercate,

sfogate, trattenute o strozzate, negate o annegate. Dal sapore

amaro, acre, dolce o salato, lacrime senza sapore. Diventano

un vero e proprio linguaggio del mondo interno e

Anne Marie Zilberman, Larmes d’or - Le lacrime di Freyja

della modalità di stare e stabilire relazioni. Gocce che narrano

storie di uomini e donne: storie di amore, di orgoglio,

di gioia, dolore e tristezza, rabbia e frustrazione, vergogna,

desideri, sogni e sorprese. Così come Freyja colora

l’alba e il tramonto con le sue lacrime, così come le nuvole

raccontano lo stato del cielo lasciando cadere le gocce

di pioggia, gli occhi degli uomini e delle donne, come

un acquerello, dipingono le emozioni sul loro viso. Piccole

gocce che comunicano chi siamo, come siamo, come stiamo

al mondo, narrano ciò che accade dentro o fuori di noi.

Espressione di catarsi emozionale, messaggere di ricordi

e di esperienze di vita, simbolo di umanità.

Psicologa specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia dell’Istituto Psicoumanitas di Pistoia, Maria Concetta

Guaglianone ha frequentato la scuola biennale di Counseling Psicologico presso Obiettivo Psicologia

di Roma, dove ha svolto anche la propria attività professionale collaborando come tutor nel Master di

Psicologia Perinatale. È autrice di numerosi articoli sul portale Benessere 4you - Informazioni e Servizi su Salute e

Benessere Psicologico. Attualmente svolge la propria attività professionale presso Spazio21 - Studi Professionali

di Discipline Bio Naturali e Psicologia (via dei Ciliegi 21 - 50018 Scandicci).

+39 3534071538 / + 39 348 8226351 / mariaconcetta.guaglianone@gmail.com

SFACCETTATURE EMOTIVE DELLE LACRIME

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Il viaggio dell’attore – mi metto in viaggio

Corso di recitazione per ragazze e ragazzi dai 14 ai 16 anni – I LIVELLO

Condotto da Elena D’Anna – Tutti i lunedì dalle 15.30 alle 17.30

Primo modulo (già terminato): dal 4 ottobre 2021

Secondo modulo: dal 21 febbraio 2022

Il viaggio dell’attore – proseguo il viaggio

Corso di recitazione per ragazze e ragazzi dai 14 ai 16 anni – II LIVELLO

Condotto da Elena D’Anna / Tutti i lunedì dalle 18.00 alle 20.00

Primo modulo (già terminato): dal 4 ottobre 2021

Secondo modulo: dal 21 febbraio 2022

La cooperativa Sinfonia e Elena D’Anna

organizzano:

Laboratori di teatro

Per bambini dai 7 agli 11 anni

c/o Centro Giovani Gavinuppia

Via Gran Bretagna 48 – Firenze

Mercoledì 17.00 -18.30 / bambini 8,9 e 10 anni (costo mensile: 38 euro)

Venerdì 17.00 - 18.15 / bambini 7,8 e 9 anni (costo mensile: 35 euro)

Venerdì 18.30-19.45 / bambini 10 e 11 anni (costo mensile: 35 euro)

Possibilità di effettuare l’attività due volte a settimana

Lezioni di prova: MERCOLEDÌ 29 SETTEMBRE E VENERDÌ 1° OTTOBRE

Info e prenotazioni: teatroragazziscuola@gmail.com / + 39 339 6324714


A cura di

Miriana Carradorini e Maria Grazia Dainelli

Grandi mostre in

Italia

Joaquín Sorolla

L’Italia scopre il campione dell’impressionismo spagnolo nell’esposizione

al Palazzo Reale di Milano

Testo e foto di Miriana Carradorini

Nelle sale del primo piano di Palazzo Reale a Milano

sono esposte, dallo scorso 25 febbraio e fino al

prossimo 26 giugno, più di sessanta opere dell’artista

spagnolo Joaquín Sorolla y Bastida. La personale è stata

organizzata con l’intento di far scoprire l’importanza di questo

pittore vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento e poco

noto fuori dal suo paese. Messo in ombra da eventi, correnti

e figure più rilevanti all’epoca, Joaquín è stato invece uno dei

pittori più apprezzati del suo tempo e ha contribuito al rinnovamento

della pittura spagnola, aprendola al clima della Belle

Époque. Ammirato non solo in patria ma anche in tutta Europa,

fino ad arrivare in America, partecipò anche a numerose

manifestazioni artistiche ed esposizioni universali, come

quella di Parigi del 1900 dove ottenne anche il Grand Prix. Con

l’Italia ebbe un rapporto speciale: dopo essere vissuto un periodo

a Roma grazie ad una borsa di studio vinta nel 1885, visitò

il bel paese diverse altre volte, stabilendosi per un periodo

ad Assisi e ritornando sia per la Biennale di Venezia che per

l’Esposizione Internazionale di Roma. La mostra è stata realizzata

anche con l’intento di far conoscere al grande pubblico

le opere di un artista che ha tanto amato il nostro paese. Il

percorso espositivo, organizzato in diverse sezioni, presenta

il mondo e la poetica di Sorolla attraverso i soggetti e i luoghi

ritratti: la moglie Clotilde e i figli che l’hanno accompagnato

In questa e nell'altra foto, due scorci della mostra di Sorolla a Palazzo Reale

nei vari viaggi sono spesso rappresentati, mentre per quanto

riguarda i luoghi si vedono soprattutto le scogliere di Biarritz

e l’Alcázar di Siviglia. La mostra permette di fare un viaggio

nella vita di Joaquín Sorolla, mostrandolo anche in diverse

fotografie mentre dipinge “en plein air”. La fotografia è stata

infatti una componente importante della sua pittura, perché

Sorolla dipingeva servendosi di fotografie scattate all’aperto.

Dunque la personale è un ottimo modo per diffondere anche

in Italia la conoscenza di un pittore molto legato al nostro paese,

riallacciando così il legame con una realtà lontana ma ancora

viva nel segno della cultura. Un percorso emozionante e

coinvolgente che permette una comprensione diretta e immediata

dei concetti rappresentati dal pittore attraverso opere

che sbalordiscono per la loro bellezza.

Dr. Fabio Giannarini

Wealth Advisor

+39 347 3779641

fabio.giannarini@bancamediolanum.it

JOAQUÍN SOROLLA

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PREMIO LETTERARIO

CITTÀ DI CASTELLO

XVI edizione 2022 Scadenza: 30 giugno 2022

RISERVATO A OPERE INEDITE DI POESIA – NARRATIVA – SAGGISTICA

Giuria: Alessandro Quasimodo (presidente), Attore e regista teatrale

Osvaldo Bevilacqua, Giornalista e conduttore di programmi TV – Maria Borio, Poetessa e ricercatrice

Giulio Ferroni, Scrittore e linguista – Anna Kanakis, Attrice e scrittrice – Daniela Lombardi, Giornalista

Mauro Macale, Vicepresidente Federazione Italiana Associazioni e Club per l’Unesco

Mariangela Mandia, Creative management – Alessandro Masi, Segretario Generale Società Dante Alighieri

Luciano Monti, Docente LUISS e scrittore – , Ambasciatore d’Italia

Antonio Padellaro, Giornalista e scrittore – Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente Fondazione UniVerde

Benedetta Rinaldi, Giornalista e conduttrice programmi RAI – Marinella Rocca Longo, Docente e scrittrice

, Docente LUISS e scrittore – Pier Luigi Vercesi, Giornalista e scrittore

Giovanni Zavarella, Giornalista e critico letterario

Informazioni e bando sul sito www.premioletterariocdc.it

Facebook Premio letterario ‘Città di Castello’

Organizzazione:

In collaborazione con:

Con il patrocinio di:

Provincia

di Perugia

Comune di

Città di Castello

Sponsor principali:


I libri del

mese

Giuliano Da Villa

L’avventura umana e professionale di un luminare della medicina

di Erika Bresci

All’interno degli episodi di vita, raccontati da Giuliano

Da Villa (medico chirurgo, docente universitario, consulente

OMS, consigliere tecnico del ministro della

Sanità, membro del Consiglio Sanitario Nazionale e consigliere

del Commissario della Croce Rossa Italiana) in questa biografia

che scorre rapida tra le dita come un film avvincente

d’azione e passione, occorre, a mio avviso, individuare il denominatore

comune, il fulcro che regge la barra dei tanti avvenimenti

e degli innumerevoli incontri, degli incredibili successi,

delle naturali delusioni, dei dolorosi drammi, delle passioni

sentimentali e delle avvenute “rinascite” di un uomo evidentemente

straordinario. Esiste, cioè, un centro dal quale, a raggiera,

si dipana tutta la sua storia: il Coraggio. Perché, se si tende

l’orecchio, è possibile sentir risuonare costantemente in sottofondo

dalla prima all’ultima pagina di questo libro di vita un

“cor habeo” che muove decisioni e passi, una forza d’animo segreta,

che spinge a realizzare, al di là e al netto di difficoltà e

ostacoli frapposti, progetti e ideali. Un’avventura umana e professionale,

quella di Da Villa, che parte da Napoli, rivisitata

con l’occhio della memoria negli anni dell’infanzia

e della giovinezza – anni di giochi, tradizioni e armonia

familiare, ma anche di orrore per la guerra vissuta

sotto i bombardamenti e per la morte della giovane

madre, ammalatasi per il suo amorevole dedicarsi alle

necessità dei concittadini più poveri –, e che fa della

piccola città di Afragola un avamposto nella lotta

contro l’epatite virale B, grazie a quel modello di vaccinazione

a tappeto da lui inventato che poi, grazie a

un caparbio impegno unito alla lungimiranza del ministro

della Sanità dell’epoca, De Lorenzo, diverrà legge

di Stato, sancendone con l’obbligatorietà il pieno successo.

E dall’Italia al mondo, la missione lo accompagna

per tutta la vita. Viaggi personalmente intrapresi in

tutte quelle parti della Terra – in particolare nelle isole

dell’Oceano Indiano – nelle quali il virus dell’epatite

B sembrava più radicato e mortale, impiantando strategie

d’azione, favorendo il confronto tra medici e tecnici,

sollecitando case farmaceutiche (non necessariamente

“il male assoluto”, così come spesso si adombra

oggi), coinvolgendo istituzioni internazionali e associazioni

benemerite, quali il Rotary Club. Un tessitore

di sogni, lo si potrebbe definire, se non avessimo sottomano,

snocciolato nelle statistiche rigorose e nei

documenti riportati a corredo, il raggiungimento – insieme

a molti altri – di quell’obiettivo impensabile fino

a qualche decennio fa: la vittoria sull’epatite virale B.

Un resoconto appassionato che il libro “poli sensoriale”

– nella definizione dell’editore –, dotato di Qrcode,

allarga a una miriade di allegati, articoli, informazioni,

cui il lettore potrà fare riferimento per soddisfare ogni possibile

curiosità. Non a caso ho usato poc’anzi l’immagine del cerchio

pensando alla vita narrata da Giuliano Da Villa. Perché

compagno del Coraggio in questo motore dell’esistenza, suo

fratello maggiore (e se vi fosse lo spazio sarebbe bello poter

parlare qui anche dell’altro compagno di strada, la Curiosità,

ben espressa dalle vivide descrizioni dei luoghi visitati e delle

culture incontrate nelle sue missioni) è l’Amore, presente sempre,

fonte che si rigenera nel dare. L’Amore che si esprime con

una grammatica dell’umanità vissuta appieno, declinata nei

rapporti e nell’attenzione agli altri. Una grammatica da imparare

bene, correggendo gli inevitabili naturali errori, e grazie alla

quale è possibile recuperare alla fine per se stesso quel rapporto

con Dio, rimasto a covare sotto la cenere, per buona parte

del cammino. Passare attraverso l’umanità, riconoscersi in

questa, per arrivare a Dio. Ce lo ha ricordato, nella sua mirabile

maniera, Dante Alighieri settecento anni fa. Anche lui, come

il Nostro, sostenuto dalla sua Beatrice.

GIULIANO DA VILLA

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Mostre in

Italia

Carlo Ciucchi “Picchio”

Protagonista a Procida di una mostra sulle emergenze ambientali

Presente all’inaugurazione il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani

di Michele Loffredo / foto Carlo Midollini

In occasione dell’anno italiano della

Cultura, assegnato per il 2022 all’isola

di Procida, l’artista toscano Carlo

Ciucchi “Picchio” ha presentato la sua recente

e articolata opera dal titolo Il nostro

meraviglioso pianeta sta morendo,

frutto degli ultimi tre anni di lavoro, che

sarà in mostra fino al 31 dicembre nelle sale

espositive adiacenti Piazza dei Martiri.

L’inaugurazione si è svolta il pomeriggio

del giorno di Pasqua, nella spettacolare

cornice della terrazza panoramica della

Corricella sulla salita che porta all’antico

Palazzo d’Avalos, il punto più alto dell’isola,

alla presenza delle autorità, tra cui

il presidente della Regione Toscana Eugenio

Giani, giunto a Procida per il significativo

evento. La manifestazione ha visto lo

svelamento dell’opera, sette bare di vetro

trasparente, allestite per l’occasione sulla terrazza, con interventi

di presentazione, poetici e musicali, cui non sono

mancati momenti di intenso coinvolgimento. Carlo Ciucchi

Carlo Ciucchi "Picchio"

Il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani consegna all’artista il “Pegaso”

“Picchio” è un artista che partecipa visceralmente al proprio

tempo, inserendosi nel panorama artistico contemporaneo

con una lezione di impegno etico ed ecologista. Il

suo è un accorato richiamo d’allarme, espresso con

la voce della creatività e in nome dell’arte, che induce

a riflettere, che vuole scrollare le coscienze. Per

fugare sospetti di un interesse occasionale, bisogna

affermare che l’artista non è un ecologista dell’ultima

ora. Infatti l’amore e il rispetto per la Natura lo

accompagnano da sempre, originati da una sensibilità

istintiva che si ritrova ancor prima degli esordi,

quando adolescente un suo dipinto sull’inquinamento

viene segnalato dalla giuria di un premio di

pittura. Frequenta poi l’Istituto d’Arte di Porta Romana,

l’Accademia di Belle Arti, e tra i suoi maestri

si evidenziano Silvio Loffredo, Alfio Rapisardi, Silvestro

Pistolesi, Pietro Annigoni. Per anni si dedica

ad una fluente pittura di paesaggio, pastosa e materica,

con visioni di panorami, verdi vallate, scorci

di boschi e colline, che racchiudono una bellezza

primitiva e silenziosa. Pittore, scultore, artista multiforme,

nel giro di pochi anni si volge verso una ricerca

che predilige l’assemblaggio, il riciclo, l’object

trouvé, il nomadismo culturale tra l’artificiale e il naturale.

Una dimensione operativa che non si ferma

alla raccolta e al riutilizzo di oggetti abbandonati ri-

30

CARLO CIUCCHI “PICCHIO”


Un momento della presentazione al pubblico con l'intervento critico del professor Michele Loffredo

portati alla vita in nuove strutture estetiche, ma li correda

di riflessioni scritte e di versi poetici. Ne sono un esempio

le opere in acciaio corten come Virtù cardinali, o l’albero

capovolto per il Natale 2020, alla cui base le parole arte,

amicizia e amore dichiarano inequivocabilmente un propositivo

messaggio. In questo ultimo lavoro è ancora più evidente

la condizione simbolica e concettuale a cui Ciucchi

affida il suo recente intervento: sette teche di vetro trasparenti

a forma di bara. Qui i consueti termini critici di scultura,

installazione, opera oggettuale, si compenetrano e si

fondono: è un unique concept, un’elaborazione complessivamente

unitaria ma articolata in sette singole strutture

che hanno vita propria, entità a sé stanti che dialogano tra

loro per comporre un unico percorso esperienziale. Di un

percorso infatti si tratta, proprio perché iniziato dall’artista

in una sorta di lavoro in progress, a partire dai quattro

elementi dell’antica tradizione occidentale, fuoco, aria, acqua,

terra, per proseguire con la quintessenza, ovvero l’etere,

sostanza invisibile che permea tutto, e che insieme

rappresentano il cosmo interno, a cui si aggiunge l’umanità,

punto nodale di riflessione, per terminare con la settima

bara, dall’emblematico titolo di Resurrezione. Carlo Ciucchi

“Picchio” invita ognuno a fare la sua parte, perché è dalla

responsabilità dei piccoli gesti quotidiani che le cose possono

cambiare, non solo per noi stessi e per le future generazioni

ma per il rispetto dovuto a tutte le creature vegetali

e animali che con noi condividono questa incredibile arca

planetaria che viaggia nell’universo. E in ciò sta il suo messaggio:

l’arte non è solo decorazione o estetica ma ha la

profonda funzione è di far progredire le coscienze.

Una delle installazioni in mostra a Procida

CARLO CIUCCHI “PICCHIO”

31


Spazio Brizzolari

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Dal 2020 un immenso e poliedrico contenitore artistico

per ammirare le opere e la creatività di Antonio Brizzolari

consultare oltre 200 volumi d’arte

rappresentare piccole piéces teatrali

organizzare eventi culturali e artistici

presentare libri

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Volevo provare

i limiti

del cattivo

gusto,

un uomo

con due teste

è mostruoso.

Antonio Brizzolari

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Spazio Brizzolari Viale Kennedy 188 Scarperia e San Piero

Visite gratuite su prenotazione: T.366/35.48.800 spaziobrizzolari@gmail.com

www.spaziobrizzolari.com


A cura di

Daniela Pronestì

Occhio

critico

Piero Scandura

Il mondo tra le pareti di una stanza

di Daniela Pronestì

Davanti ad un quadro di Piero Scandura viene da chiedersi

se quelli raffigurati siano davvero scorci di interni o se

si tratti piuttosto di una composizione di elementi riuniti

insieme a formare una rappresentazione simbolica. Poltrone,

mobili e piante descrivono una realtà parallela in cui le cose, divenute

“vive”, dialogano segretamente tra di loro, alcune allenandosi

per l’assonanza di forme e colori, altre invece rivendicando

un posto d’onore al centro della scena. In questo gioco di sottili

corrispondenze, la stanza è al contempo luogo fisico connesso

alla dimensione intima e familiare dell’abitare e spazio simbolico

che mette in comunicazione il mondo dentro con il mondo

fuori, l’insieme di esperienze vissute giorno per giorno nella quotidianità

con il tempo non misurabile dell’immaginazione e del

pensiero. Di conseguenza anche gli oggetti custoditi in queste

stanze non sono più strumenti al servizio di uno scopo, vessilli di

pura materialità, ma trasposizioni visive di un linguaggio interiore,

astrazioni mentali incarnate nella realtà sensibile. Riscattati

dall’insignificanza di oggetti d’uso, gli arredi che popolano questi

interni vanno incontro ad un ribaltamento di significato, proprio

come ribaltato è lo sguardo dell’artista che in questi silenti

protagonisti non vede “semplice cose” ma indizi dell’enigma celato

dietro l’apparente banalità del conosciuto. Anche nello spazio

illusorio della rappresentazione una sedia continua ad essere

una sedia, così come una bottiglia rimane tale o qualunque altro

oggetto tra quelli raffigurati; ciò che cambia, invece, è il modo di

Orizzonte specchiato (2019), olio su tela, cm 100x120

L'evidenza dei colori (2022), olio su tela, cm 80x100

osservare le cose, cogliendole nella loro singolarità spaziale e figurativa,

elevandole ad archetipi, forme simboliche, realtà assolute.

Quelli dipinti da Scandura sono veri e propri paradossi visivi

in cui ogni elemento entra in relazione con l’altro in maniera misteriosa,

ambigua, talvolta anche ironica, con un meccanismo simile

alle immagini che, generate dall’inconscio, condensano al

loro interno significati criptici e latenti. Come se ci affacciassimo

sulla soglia della coscienza per vedere i segreti che vi si trovano

all’interno, nelle recondite profondità della mente, così ci affacciamo

sulla soglia di queste stanze per cercarvi dentro indizi di

verità nascoste, visioni che affiorano dal cuore dell’immagine con

forme e colori ogni volta diversi. Una stanza è una stanza, quindi,

ma, se vista con gli occhi della mente, può diventare anche un

prato fiorito, un orizzonte marino, una composizione astratta: in

ogni caso, è lo sguardo dell’artista a fare la differenza, a fornire

una chiave di lettura, anche attraverso il titolo. A noi osservatori

la libertà di “vivere” queste stanze con la curiosità del bambino,

che immagina gli oggetti animarsi e parlare come in un racconto

fantastico, oppure con la serietà dell’adulto, che avverte tutta

l’ambiguità di ambienti pervasi da un’atmosfera al medesimo

tempo abituale e sconosciuta. Stanze del pensiero, stanze dell’emozione,

stanze del sogno, stanze dell’immaginazione: ogni

stanza un’opera, ogni opera un mondo che Scandura ci consegna

con la cifra poetica di uno stile inconfondibile.

Lo scorso 30 aprile Piero Scandura ha inaugurato una personale

presso la Cantina Gabriele Mazzeschi a Castiglion Fiorentino

in corso fino a settembre.

Per informazioni: +39 338 4661914

piero.scandura50@gmail.com / www.pieroscandura.com

www.gabrielemazzeschi.com

PIERO SCANDURA

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Alberto Bernardini

Albe

Pittore e scrittore a Manciano

Dune (2022), olio su tela, cm 50x40

Atelier ed esposizione: via Marsala, 44 - 58014 Manciano (GR)

+ 39 340 5070805

albe.deda@libero.it

www.bernardinialberto.it


A cura di

Lorenzo Borghini

Il cinema

a casa

Tekkonkinkreet

Una fiaba moderna, pervasa da violenza e sentimento

di Lorenzo Borghini

Èla storia di Bianco e Nero, due fratelli, due bambini

che scorrazzano per Città Tesoro. Li chiamano

i Gatti, sono i padroni della città, tutti li temono, e

fanno bene perché con i Gatti non si scherza, saltano per

la città, o meglio sopra, in equilibrio su altissimi pali della

luce, osservano che tutto vada per il verso giusto, scrutano

le stranezze di Città Tesoro, una metaforica città giapponese

dipinta da colori pop, schizzata di sangue e sudore.

Bianco è puro, ma non indifeso, vive nel suo mondo da fiaba,

con elefanti che passeggiano per la casa, fiori che nascono

e si attorcigliano, e accanto a lui c’è Nero, rabbioso,

cupo, inquieto, che si prende cura del fratellino, lo veste,

lo lava, da buon fratello maggiore. Ma

Nero e Bianco sono inseparabili, proprio

come lo yin e lo yang del TAO, appoggiati

l’uno sull’altro si completano,

ma se divisi scricchiolano, precipitano

in caduta libera facendo un grosso botto.

A far da contorno ai due ragazzini

tantissimi personaggi forse un po’ stereotiparti,

ma è il ruolo che rivestono a

richiederlo. Poi arriva il signor Serpente,

un moderno lucifero dalle orecchie

a punta, a sconvolgere l’equilibrio della

città, e tutto cambia troppo velocemente.

Topo, ex capo degli yakuza,

viene messo da parte, tutto si muove

secondo i fili che sta tessendo Serpente,

che si insinua fra le crepe delle persone,

usa il ricatto, tenta il prossimo

proprio come il serpente tentò Adamo

ed Eva. Ma Serpente, affiancato da scagnozzi

dalle fattezze robotiche e aliene,

dalla forza disumana, non fa i conti insieme

all’oste, pensa di far fuori i Gatti,

di dividerli per affondare il colpo e per

impadronirsi di Città Tesoro, ma i Gatti

non ci stanno, sono furiosi, sprizzano

rabbia come il Giappone degli anni

Sessanta. Il regista Michael Arias, statunitense

d’importazione, insieme allo

sceneggiatore Antonhy Weintraub crea

un mondo allucinato, una fiaba moderna,

pervasa da violenza e sentimento,

due costanti sempre presenti nella vita,

proprio come il nero e il bianco. Il disegno

è alternativo, accattivante nella

sua imperfezione, volti spigolosi, braccia

e gambe che sembrano quelle di

bambole di pezza. La regia è qualcosa di completamente

nuovo, mai visto in un film di animazione, la macchina

da presa vola, come i corvi all’inizio del film, scruta i personaggi,

si insinua nei vicoli, salta da un palazzo all’altro.

L’azione, a volte frenetica dei combattimenti e degli inseguimenti,

è qualcosa di stupefacente, sangue e pallottole

degne di un gangster movie; il tutto accompagnato dalle

musiche dei Plaid. Film che ai più piccoli potrebbe far storcere

il naso, una storia che intrattiene e commuove, un rapporto

fra due bambini che difficilmente dimenticheremo e

che possiamo definire un vero e proprio capolavoro. È la

storia di Nero e Bianco, è la storia di tutti noi.

TEKKONKINKREET

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La Galleria d’Arte Mentana di Firenze presenta l’artista Maria Luisa Salvini in occasione dell’imminente

apertura della mostra Universi Paralleli / Rassegna di Arti Visive Contemporanee (7-24

maggio 2022) presso la sede fiorentina della galleria in via della Mosca 5r.

Un tripudio di colori, un turbino psichedelico

ci guida nell’universo di policromie e spiritualità

dell’artista a tutto tondo Maria Luisa Salvini. Il

suo percorso scorre in parallelo tra musica e pittura:

tinte forti dalle armoniche ondulazioni che

rispecchiano a pieno la poliedricità insita nella

personalità dell’artista.

Una pittura di grande visione in cui il tocco veloce

del pennello sulla tela ci trasporta in un vortice

luminoso.

Un’arte informale che esprime una profonda carica

emotiva. È tutto questo Maria Luisa Salvini:

un’artista che attraverso linee sinuose, stratificate

sulla superficie, apre a noi il suo animo più

profondo.

L’artista, nata a Torino, vive e lavora a Firenze.

Nei suoi quarant’anni di ricerca ha partecipato a

mostre nazionali ed internazionali riscuotendo

notevoli successi, tra cui a Palazzo Bastogi e a

Palazzo del Pegaso della Regione Toscana. Nel

2013 è risultata finalista al Premio Firenze e nel

Maria Luisa Salvini, tempera su tela, cm 50x70

2018 è stata selezionata alla II Biennale di Pistoia.

Ha esposto inoltre presso il Salon des Nations à Paris e Arts Expo International à Genève. Le sue

opere si trovano presso collezioni e pinacoteche private e pubbliche in Italia e all’estero.

La Galleria d’Arte Mentana di Firenze ha il piacere di curare il percorso professionale ed espositivo

dell’artista Salvini e di promuovere la sua ricerca nel circuito dell’arte attuale. Mara Luisa fa parte

dello storico gruppo Mentana in Florence che rappresenta artisti di fama internazionale e nuovi

talenti dell’arte contemporanea.

La Galleria Mentana, con sede a Firenze in via della Mosca 5r, è aperta dal lunedì al sabato (11.00-

13.00, 16.00-19.30) e domenica su appuntamento.

Per contatti: galleriamentana@galleriamentana.it


Tesori dell’arte

antica

Il Sarcofago delle Amazzoni

Al Museo Archeologico di Firenze un reperto emblema dell’incontro

con l’arte greca in Etruria

di Elisabetta Rutili / foto courtesy Museo Archeologico di Firenze

Il Sarcofago delle Amazzoni è

fra i reperti più importanti conservati

al Museo Archeologico

Nazionale di Firenze; si tratta di un

sarcofago etrusco scolpito in marmo

dipinto, lungo 194 cm e alto 71 cm,

risalente al 350-325 a. C. . Venne ritrovato

nel 1869 a Tarquinia, presso

la necropoli di Monterozzi, e giunse

al Regio Museo Archeologico di Firenze

nel 1872. È uno dei monumenti

più rari e significativi di pittura antica,

la quale, per la difficoltà della sua

conservazione nel corso dei secoli

e la rarità dei ritrovamenti archeologici,

costituisce uno degli aspetti

meno conosciuti dell’arte greca e romana.

Il monumento, appartenente

alla tipologia dei sarcofagi architettonici per la forma che

richiama le abitazioni e i templi etruschi, era destinato alla

sepoltura di una ricca signora dell’aristocrazia tarquiniese,

“Ramtha Huzcnai”, nome riportato sulle due iscrizioni in lingua

etrusca collocate l’una su uno spiovente del coperchio

e l’altra su uno dei lati lunghi della cassa. Il Sarcofago delle

Amazzoni deriva il proprio nome dalle scene di amazzonomachia,

ovvero di lotta tra Greci e Amazzoni, che decorano

tutti i lati della cassa. Le Amazzoni erano una popolazione di

donne guerriere che viveva nei pressi del Mar Nero, nell’attuale

Turchia; nel panorama mitografico greco rappresentavano

un’immagine del diverso, portatrici di stili di vita e

ruoli di genere opposti rispetto alla società patriarcale greca,

e dunque costituivano uno dei nemici leggendari contro

cui hanno combattuto eroi e divinità come Eracle, Dioniso e

Achille. Le Amazzoni e le scene di amazzonomachia costi-

Particolare della decorazione su uno dei lati della cassa

Il Sarcofago delle Amazzoni al Museo Archeologico di Firenze

tuivano un soggetto molto popolare e uno dei temi prediletti

delle arti figurative prima del mondo greco e in seguito del

mondo etrusco e romano. In particolare, il sarcofago dell’Archeologico

può essere considerato come uno degli esempi

più significativi dell’incontro e dell’influenza che la cultura

greca ed ellenistica ebbe sul mondo etrusco ed italico. Sia la

decorazione pittorica, di qualità molto elevata, sia il sarcofago

stesso, realizzato con un materiale non presente in Etruria

ma forse proveniente dal Mediterraneo orientale, potrebbero

indicare che il monumento sia stato inizialmente lavorato in

Grecia e, una volta giunto in Italia, completato da maestranze

provenienti dall’area magno-greca o greca. Le pitture trovano

infatti un confronto diretto con alcuni modelli greci, ad

esempio per lo schema compositivo simmetrico delle figure

che riecheggia i bassorilievi del Mausoleo di Alicarnasso.

Sui frontoni laterali del coperchio è invece rappresentato,

in bassorilievo, il mito di Atteone sbranato da

due cani, raffigurato in un modo tipico dell’arte

etrusca. Il reperto è stato sottoposto ad un intervento

di restauro e ripulitura da parte del Laboratorio

di Restauro della Soprintendenza per

i Beni Archeologici della Toscana, ed è stato

nuovamente esposto al pubblico nel 2008. Dal

2018, in seguito al riallestimento di alcune sale

del museo, è stato dotato di un nuovo apparato

didascalico e didattico in doppia lingua, con

postazioni informatiche che permettono ai visitatori

di avere approfondimenti sulla scoperta

e sulle raffigurazioni collocate sul sarcofago.

IL SARCOFAGO DELLE AMAZZONI

37


Ritratti

d’artista

Samuel Seban

Un sentire mistico tra cielo e mare

di Jacopo Chiostri

Samuel Seban, apparentemente, dipinge il mare. Immense

distese d’acqua e cieli infiniti nei quali l’occhio si perde;

il confine tra cielo e mare non è definito, si fonde,

lontano, in un tutt’uno, e pare volerci ricordare che la distanza

tra terra e iperuranio è soltanto una convenzione. L’unico elemento

figurativo, in questa pittura così incorporea, erano fino

a ieri piccoli paesi a picco su qualche promontorio, agglomerati

di case strette le une alle altre che trasmettono il senso di

precarietà e, perché no, di fratellanza di noi umani di fronte alla

forza, alla bellezza, alla enigmaticità degli elementi naturali.

Ora Seban ha avvertito l’esigenza di una scelta, ancor più

radicale, e anche questo residuo di “figurativo” è scomparso.

Restano le sue atmosfere rarefatte. E forse è vero che gli opposti

si toccano, perché proprio dalla mancanza di riferimenti

precisi per la visione, si amplifica la possibilità – e la spinta

– a comprendere il significato profondo di quello che abbiamo

davanti agli occhi. I cieli di Seban sono sempre corrucciati, la

luce del sole si percepisce, ma non compare, sono cieli vagamente

inquietanti, che sembrano lanciare ammonimenti oppure

un invito a cercare in una dimensione spirituale le nostre

risposte al mistero della creazione e che, in definitiva, ci dicono

che per giungere alla conoscenza dobbiamo prima riuscire

a squarciare quelle nubi e a fare luce. Pittura affine all’Impressionismo

quella di Seban, che dipinge a olio perché nessun altro

mezzo coloristico potrebbe garantire gli esiti necessari alla

sua poetica. Il controllo è attento alle tonalità della rappresentazione,

vivide quantunque taciturne, senza scarti apprezzabili

nei passaggi e negli accostamenti, ma anche, e lo si avverte,

propone racconti di rara potenza la cui sintassi va completata

dal visitatore. Pennellata su pennellata, si compongono atmosfere

estranianti, in cui il misticismo si avverte forte, quantunque

discreto. Samuel Seban, dicevamo, apparentemente

dipinge il mare. In realtà dipinge, dando

loro forma visibile, stati d’animo. Ciascuna

opera, cioè ciascuna variazione

sul tema, è speculare al suo sentire,

all’atto dell’esecuzione, e muove dalle

esplicazioni del suo io. Guardando

queste opere non si può non pensare a

quell’immenso artista che è stato Mark

Rothko. Non tanto, o soltanto, per una

qualche similitudine, piuttosto perché,

entrambi, con la loro arte non consentono

mezze misure. I dipinti di Rothko

esposti alla Rothko Chapel a Houston,

nel Texas, spesso, narrano le cronache,

inducono i visitatori alle lacrime mosse

da una violenta emozione; altrettanto

altri provano la massima indifferenza

per la sua pittura. A questi livelli, quando

cioè entra in gioco un sentire mistico,

non tutti siamo uguali. Questione

di differenti sensibilità, o forse, ancor

più, di “disponibilità” all’ascolto (che,

in questi casi, coincide con la visione).

Francese di origine, Seban vive da tempo

a Firenze, ed è pittore autodidatta.

Gli unici consigli li ha avuti da suo padre,

pittore a sua volta nella campagna

dell’Île de France. Ancora oggi quando

torna a trovarlo, racconta Seban, finisce

per mettersi al cavalletto, suo padre

lo raggiunge, controlla quello che

nasce sulla tela e dice la sua. Ed è difficile

immaginare una comunione di sensi

più intensa.

38

SAMUEL SEBAN


Mostre in

Italia

Maria Maddalena

A Forlì oltre duecento opere per

una grande mostra sul personaggio

femminile che più ha affascinato gli

artisti di ogni epoca

di Barbara Santoro

Dal 27 marzo al 10 luglio 2022, le sale dei Musei San Domenico

a Forlì ospitano oltre duecento opere tra le più significative,

dal III secolo al Novecento, per indagare una

figura misteriosa e spesso travisata: Maria Maddalena. Ideata e

realizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì insieme al

Comune di Forlì e ai Musei San Domenico, la mostra Maddalena /

Il mistero e l’immagine si avvale di un prestigioso comitato scientifico

presieduto da Antonio Paolucci, con la direzione generale di

Gianfranco Brunelli e la collaborazione di Mediafriends, Mondadori,

Medusa e Sky Arte. Curata da Cristina Acidini, Paola Refice e

Ferdinando Mazzocca, la mostra si articola all’interno della chiesa

di San Giacomo e delle grandi sale che costituirono la biblioteca

del convento di San Domenico. Ma chi era Maria Maddalena?

In questo singolare personaggio sono state identificate e confuse

nei secoli infinite altre figure femminili. L’arte, la letteratura, il cinema

hanno dedicato centinaia di opere a questa figura, dando vita

a capolavori che vanno da Giotto a Caravaggio, fino a Bill Viola,

per citarne alcuni. L’immaginario collettivo la associa al toponimo

del luogo nel quale sarebbe nata, Magdala di Galilea, un piccolo

centro romano giudaico sulle sponde del lago di Tiberiade dedito

al commercio del pesce. L’esposizione di Forlì intende quindi indagare

il mistero irrisolto di una donna che ancora oggi inquieta

Giovanni Girolamo Savoldo, Maria Maddalena (1535-1540), olio su tela, National Gallery, Londra

Masaccio, Crocifissione (1426), tempera su tavola, Museo di Capodimonte, Napoli

ed affascina. Il percorso espositivo comprende opere di pittura,

scultura, miniature, arazzi, argenti e opere grafiche. «A partire dal

tempo di Giotto e continuando con Masaccio e il primo Rinascimento

fiorentino – scrive Cristina Acidini – Maddalena è la dolente

più bella e affranta ai piedi della Croce: i lunghi capelli biondi,

la veste o il mantello di un rosso vivo sono i suoi tratti distintivi

di peccatrice redenta. Ma è anche la donna orante ed emaciata

che trascorre i suoi ultimi anni in penitenza eremitica, nel deserto

in Egitto. E a questa Maria Maddalena, l’Egiziaca, pittori e scultori

attribuiscono, secondo la sua leggenda, fattezze scavate, atteggiamento

pio e soprattutto un lungo manto di capelli cresciuti in

ciocche selvatiche e scure, che la coprono interamente al posto

delle vesti. Simbolo di peccato e pentimento, di fedeltà e di sofferenza,

di ossessione e di amore, ogni epoca l’ha ammirata e guardata.

E questa mostra di Forlì lo testimonia magistralmente». Tra

i grandi artisti presenti in mostra che hanno subito il fascino di

questa figura si segnalano: Masaccio, Crivelli, Van der Weiden,

Bellini, Perugino, Barocci, Savoldo, Mazzoni, Tiziano, Veronese,

Tintoretto, Domenichino, Lanfranco, Mengs, Canova, Hayez, Delacroix,

Böcklin, Previati, Rouault, Chagall, de Chirico, Guttuso, Melotti,

Sutherland e Bill Viola. «In questo momento difficile che tutto

il mondo vive a causa della pandemia e ora per la guerra – sottolinea

Gianfranco Brunelli, direttore della mostra – questa nuova iniziativa

culturale vuole essere un simbolo di riscatto e di ripresa,

oltre che di pace, non solo per il territorio, ma per il mondo dell’arte

e dello spirito di civiltà che essa rappresenta».

www.mostramaddalena.it

MARIA MADDALENA

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Movimento

Life Beyond Tourism

Travel To Dialogue

Alla sede del Consiglio d’Europa a Strasburgo la donazione del busto in

marmo di Cesare Beccaria dell’artista De Ranieri in difesa dei diritti umani

Presentata l’opera che celebra il semestre di presidenza italiana del Comitato dei

Ministri del Consiglio d’Europa

di Stefania Macrì

Promuovere la diplomazia, l’amicizia tra i popoli e la cultura

italiana nel mondo: in linea con l’obiettivo della Fondazione

Romualdo Del Bianco e del Movimento Life

Beyond Tourism – Travel to Dialogue, nato da una sua costola

per contribuire al dialogo tra nazioni e al rispetto della diversità,

giovedì 28 aprile alla sede del Consiglio d’Europa a Strasburgo

è stata donata l’opera d’arte raffigurante il busto in marmo bianco

di Carrara rappresentante Cesare Beccaria per celebrare l’abolizione

della pena di morte in consonanza con i valori della

più longeva e importante istituzione per la tutela dei diritti umani

sul continente. «Se dimostrerò essere la pena di morte né utile

né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità». Ancora oggi

il pensiero del celebre giurista Cesare Beccaria, autore del trattato

Dei delitti e delle pene, ispira riflessioni e analisi sulla giustizia

e il suo corso. Anticipatore dei principali valori di giustizia

ed equità che oggi guidano le maggiori convenzioni internazionali,

è stato scelto di raffigurarne il busto nell’opera donata da

parte italiana al Consiglio d’Europa grazie alla Fondazione Romualdo

Del Bianco per celebrare il semestre di presidenza italiana

del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. L’albero

i cui “buoni frutti” danno vita alla vita, questo il titolo scelto, è

realizzata dall’artista Dino De Ranieri di Pietrasanta ed è stata

presentata a Strasburgo in occasione di una cerimonia di inaugurazione

alla presenza del ministro degli Affari Esteri e della

Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio e della segretaria generale

del Consiglio d’Europa Marija Pejcinovic Buric. Attraverso

il personaggio rappresentato, l’opera simboleggia i valori di tutela

dei diritti umani che sono alla base del Consiglio d’Europa

fin dalla sua nascita e che da oltre 70 anni ne determinano le attività.

Tra questi, in particolare l’abolizione della pena di morte

che rappresenta una condizione imprescindibile per poter aderire

all’organizzazione. Sul monumento è presente una targa interattiva

scansionabile da cui accedere, tramite smartphone, a

informazioni aggiuntive sulla figura di Cesare Beccaria, le fasi

della lavorazione del monumento e altre informazioni quali cenni

storici e curiosità, dando inoltre agli utenti la possibilità di

caricare e condividere a propria volta materiali, foto e suggerimenti.

Questa particolarità delle targhe “parlanti” riprende il più

recente tra i progetti del Movimento Life Beyond Tourism, quello

dei “Luoghi Parlanti®”: targhe tecnologiche e interattive che, posizionate

in luoghi strategici, aprono un nuovo modo di vivere ed

esplorare il territorio, a metà strada tra innovazione e passaparola,

tra fruizione di contenuti digitali e condivisione di esperienze,

per restituire la magia dell’interazione, dell’incontro e dello

scambio tra persone. A seguire le targhe “parlanti” saranno applicate

a tutti i busti finora donati. Come afferma Carlotta Del

Bianco, presidente della Fondazione Romualdo Del Bianco: «Da

oltre trent’anni la Fondazione Romualdo Del Bianco promuove

il dialogo tra culture e la valorizzazione dei territori attraverso

i siti Patrimonio Mondiale UNESCO. Quest’attività ha posto le

basi per lo sviluppo della filosofia Life Beyond Tourism, di cui il

Movimento Life Beyond Tourism – Travel to Dialogue si fa portavoce:

contribuire alla diffusione di valori universali quali il rispetto

e l’armonia fra i popoli, per trasformare l’esperienza del

viaggio da semplice occasione di svago in momento di incontro,

in opposizione al concetto di turismo di massa. Nasce così la re-

Il busto di Cesare Beccaria, opera dell'artista Dino De Ranieri

Il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio e la segretaria

generale del Consiglio d’Europa Marija Pejcinovic Buri

40

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE


Da sinistra: Carlotta Del Bianco, Luigi Di Maio, Marija Pejcinovic Buric

te interculturale che ha portato alla creazione del Museo Fondazione

Del Bianco, a Firenze, presso Palazzo Coppini, dove sono

esposti oggetti provenienti da tutto il mondo, simbolo di stima e

amicizia. Ad oggi la rete Life Beyond Tourism conta la collaborazione

e il coinvolgimento di oltre 550 istituzioni da 111 paesi,

tra cui Azerbaigian, Repubblica Ceca, Giappone, India, Italia, Kazakistan,

Kirghizistan, Kosovo, Lettonia, Lituania, Marocco, Polonia,

Russia, Slovacchia, Taiwan e Regno Unito». La donazione

Da sinistra: Caterina De Bianco, Carlotta Del Bianco, Dino De Ranieri

del monumento di Cesare Beccaria si inserisce nel solco della

consegna di altri 23 ritratti scultorei di grandi intellettuali italiani

– da Leonardo Da Vinci, a Michelangelo, Galileo Galilei,

Dante Alighieri – legati dall’aver contribuito a rendere il mondo

quello che conosciamo, che dal 2008 ad oggi sono stati donati

dalla Fondazione Romualdo Del Bianco ad altrettante istituzioni

culturali in tutto il mondo, dal Giappone alla Polonia, dalla

Georgia al Kazakistan, fino al Bahrein e agli Stati Uniti.

Luoghi Parlanti, un nuovo modo per viaggiare tra innovazione e passaparola

È nato un nuovo modo di esplorare il territorio, a metà strada tra

innovazione e passaparola: sono i Luoghi Parlanti ® , pannelli interattivi

capaci di restituire la magia della conoscenza e dell’incontro

del viaggio grazie alla tecnologia NFC. Sviluppati da

Movimento Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue, i Luoghi

Parlanti ® hanno messo radici in luoghi strategici quali Roma,

Firenze, Napoli, Verona, Bolzano, Milano, Fiumicino, 9 comuni

dell’Unione Montana del Mugello (Barberino Del Mugello, Borgo

San Lorenzo, Firenzuola, Dicomano, Marradi, Palazzuolo sul

Senio, San Godenzo, Scarperia e San Piero, Vicchio), il comune

di Pratovecchio e Stia e la Fondazione Francesco Saverio

Nitti di Maratea. A questi si aggiungeranno nei prossimi mesi

il Museo del Tessuto a Prato, le Tre Terre Canavesane (Castellamonte,

Agliè e San Giorgio Canavese) e, grazie alla sinergia

con B&B Hotels Italia, Cortina, Palermo e Trieste. A maggio, al

via la rete in Repubblica Ceca, con Praga e 13 distretti. Installati

in luoghi strategici, i Luoghi Parlanti ® non si pongono come

guida preconfezionata ma come un'esperienza itinerante che invita

alla scoperta per creare un legame più profondo e diretto

con la comunità locale. Partendo da una targa interattiva si ha

la possibilità di accedere a una serie di informazioni, cenni storici,

suggerimenti per completare il proprio percorso interagendo

con chi vive realmente il territorio attraverso l'unico accesso-

rio veramente indispensabile al viaggiatore contemporaneo: lo

smartphone. Modernità e tecnologia digitale si fanno quindi veicolo

di conoscenza e esplorazione dei tesori del passato e di

un patrimonio storico-culturale da riscoprire nella sua interezza.

Con la possibilità di interagire e condividere foto, suggerimenti,

esperienze, il proprio posto del cuore, e di caricarli sulla apposita

piattaforma digitale.

www.luoghiparlanti.com

Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società

benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®,

ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere

e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme

alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che

custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle

identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e

i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.

Per info:

+ 39 055 290730

info@lifebeyondtourism.org

www.lifebeyondtourism.org

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE

41


Fare impresa

oggi

Cioni Cornici

Quando tradizione e innovazione sono la chiave di un successo tutto Made in Italy

di Aldo Fittante

«

Il nostro lavoro si basa sulla combinazione

di due fattori fondamentali: la tradizione

artigianale e la sofisticata innovazione industriale».

Queste le parole di Luca Cioni, fondatore

della Cioni Cornici, imprenditore dell’epoca moderna

fortemente legato alla tradizione. Un mondo costruito

con impegno e sacrificio nel corso degli anni

e che oggi può vantarsi di rappresentare una delle

realtà imprenditoriali più affermate e competitive

del territorio toscano, con uno sguardo anche al

panorama internazionale. E, in effetti, sulla tradizione

e sul know-how si fonda gran parte del successo

del Gruppo Cioni, quel know how che Luca, in prima

persona, ha appreso fin da giovanissimo lavorando

da apprendista in un’azienda di Certaldo e assorbendo

tutti i segreti del mestiere dal suo mentore, Delfo

Fontanelli. È una storia di Made in Italy, una testimonianza,

un esempio di eccellenza, una dimostrazione di quanto

prezioso sia – e di quanto possa portare lontano – la conoscenza

della tecnica, dell’arte e dei segreti del mestiere

che si apprende unicamente tramite l’impegno, l’attenzione

e il lavoro. Il piccolo impero costruito negli anni da Luca

Cioni – per essere cronologicamente precisi 38 anni di

costante e determinata attività –, grazie anche ad acquisizioni

nel tempo di altre ditte a rischio chiusura (l’ultima

quella di Albor nel 2018), comprende attualmente quattro

plessi industriali (due a Certaldo, uno a Badia a Cerreto e

In questa e nelle altre foto gli interni e le lavorazioni dell’azienda Cioni Cornici

uno a Badia a Elmi, nei pressi di San Gimignano) nei quali

sono impiegati quarantanove dipendenti che rendono NMC

Cornici il polo industriale più grande in Toscana nel settore

delle cornici, con più di 4000 modelli prodotti, 21.000 mq di

superficie totale (produzione e magazzino) e 14 milioni lineari

di lavorati all’anno. Quella di Luca è una passione tramandata

di generazione in generazione: i figli Nico e Mirco

condividono questa filosofia d’impresa, assimilata e fatta

propria in ormai oltre dieci anni di collaborazione a stretto

contatto con il padre. Hanno imparato direttamente sul

campo, giorno dopo giorno, unendo caratteristiche caratteriali

e attitudinali diverse e complementari, con l’unico

42

CIONI CORNICI


obiettivo di far crescere ancora l’attività, aperti alla ricerca

e alla sperimentazione, all’innovazione tecnologica capace

di stare al passo con i tempi, ma attenti anche a non

perdere per strada le conoscenze e la tradizione artigiana

che sta a monte, felice testimonianza che si può fare ricerca

e industria anche in un settore maturo. La realtà imprenditoriale

di Luca trasmette voglia di fare e di migliorare.

Una sensazione che si percepisce bene entrando all’interno

dell’azienda, dove le ventidue moderne linee di verniciatura

convivono con la tradizionale e preziosa realizzazione

di cornici con applicazione di foglia d’oro rigorosamente

effettuata a mano da artigiani altamente qualificati. Una

tradizione artigianale che non tralascia di adeguarsi ai

tempi moderni e che ben si allinea alle nuove tendenze e

alla necessità di eco sostenibilità della produzione tramite

la nuova linea di verniciatura green. Luca Cioni è stato tra

i primi imprenditori in Toscana a sperimentare questo nuovo

tipo di lavorazione, introdotto in azienda sin dall’ottobre

del 2020; un metodo che oggi sta dimostrando potenzialità

di mercato inaspettate e in continuo accrescimento, tanto

che nell’ultimo anno ha trovato rapida applicazione in tutte

le aziende del gruppo. Come afferma lo stesso Luca, spiegando

la filosofia che caratterizza la sua attività: «Nel tempo

abbiamo voluto creare un’azienda flessibile in grado di

adattarsi ai rapidi cambiamenti nell’economia internazionale

e nazionale. I punti di forza del gruppo Cioni sono l’ottimo

rapporto qualità/prezzi e consegna in tempi ridotti.

La capacità di tradurre la lunga esperienza in rinnovamento

tecnologico ci ha guidati alla conversione di vecchi sistemi

di produzione in un processo automatico integrato. I

materiali sono inseriti nella linea di produzione come materia

prima grezza, poi vengono trasformati in prodotto finito

pronto per la spedizione. Gran parte della produzione

è fatta di aste prodotte su particolari progetti dei clienti, a

cui si aggiungono gli articoli del campionario che ogni anno

viene ampliato con ricerca e creatività. Prendersi cura

del cliente è una priorità. Perciò è stata creata una solida

rete commerciale». La storia di Luca Cioni è affascinante

perché è la storia di un successo raggiunto attraverso

il sacrificio. Una storia che dimostra che non importa da

dove si viene, quali siano le condizioni di partenza, quali

le difficoltà iniziali: con impegno e dedizione tutto è possibile,

persino che un ragazzo di paese, rimasto orfano di

padre, riesca, rimboccandosi le maniche, prima a diventare

il braccio destro dell’imprenditore che, accogliendolo da

apprendista, gli aveva insegnato i segreti del mondo delle

cornici, e qualche anno dopo, fatto tesoro di quei segreti,

ad aprire la sua azienda, fino a diventare l’imprenditore

più importante del territorio e un’eccellenza assoluta a livello

nazionale.

Avvocato, docente di Diritto della Proprietà Industriale all’Università

degli Studi di Firenze e giornalista pubblicista

iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, Aldo Fittante

è promotore di molti convegni e autore di numerose pubblicazioni

scientifiche, articoli in riviste prestigiose, saggi e monografie

in materia di Diritto Industriale, d’Autore e Diritto dell’Innovazione.

www.studiolegalefittante.it

CIONI CORNICI

43


Eventi in

Toscana

Mostra l’arte

Un’iniziativa interattiva di scultura e pittura diffusa in quattro

frazioni del Comune di Vaglia

di Elisabetta Mereu

Rendere l’arte fruibile a tutti, fuori da musei, gallerie o

da scenari espositivi al chiuso, senza artifici di luci o

altro che possa manipolare o modificare il messag-

gio che l’artista vuol dare: questa

l’idea ispiratrice di Mostra l’arte,

un singolare progetto dell’artista

David Kessler, olandese di origine

e mugellano di adozione. «Non

volevo un’iniziativa troppo cattedratica

o riservata agli addetti ai

lavori – dichiara – ma concretizzare

una visione dell’arte e perseguire

un intento culturale. Da una

parte, esporre l’arte ad un dialogo

costante e mutevole con il paesaggio

che è un luogo ricco di elementi

visivi, nient’affatto neutro e

perciò più “difficile” e stimolante.

Dall’altra, calare l’arte nel quotidiano,

portandola nei luoghi in cui la

gente vive, come i parchi e le piazze

di Vaglia, Bivigliano, Caselline

e Pratolino. Andiamo a “riempire”

il vuoto artistico di spazi urbani

e rurali in un contesto geografico

in cui il centro è sovraccarico di

bellezza mentre le periferie sono

spoglie. Così le persone possono

vivere un’emozione spontanea e diretta

ed interagire con le opere anche

in modo concreto, per esempio

lasciando i propri commenti ed impressioni

nella “nostra” cassetta

postale in Piazza Corsini». Mostra

l’arte è la proposta di un dialogo

culturale che riguarda tutti in maniera

trasversale: dai bambini delle

scuole elementari e medie agli

adulti, che siano amministratori

degli spazi cittadini o passanti occasionali.

La particolarità di questa

mostra “diffusa“ e gratuita sta

anche nel fatto che ogni scultura

rimane in esposizione da uno a tre

mesi e poi lascia la pedana all’opera

di un altro artista, creando

visibilità per tutti gli autori ed un

continuum di stimoli visivi ed emo-

tivi per la popolazione. Partita a giugno 2021 con le sculture,

la manifestazione è stata inaugurata ufficialmente a novembre,

contemporaneamente all’allestimento, nel municipio di

Cade la pioggia leggera sui colli.

Monte Morello riluce e splende.

E sembra respirare, allungarsi oltre i punti cardinali,

solo,

intorno alla valle dolce del proprio centro.

Monte Morello che nutre e genera,

così libero nelle sue simmetrie

senza l’obbligo di altro che non sia semplicemente vita,

che non sia semplicemente armonia.

Si lascia bagnare, Monte Morello,

senza nascondersi in confini e forzature.

Simbolo ed emozione, racconto e invenzione.

Veronica Toniutti

David Kessler, Monte Morello (2021), pietra sintetica, cm 95x95x75 (ph. Studio Noferini)

44 MOSTRA L’ARTE


Vaglia, della sezione dedicata alle opere bidimensionali (tele,

stampe, foto) e a quelle non adatte all’esposizione esterna,

accolte con una prima collettiva di artisti locali seguita,

Timidi raggi di sole si riversano nella stanza

in ruscelli sottili:

un’impalpabile tastiera che vibra.

Sorge luce anche dai tasti

e tutto freme nelle vibrazioni della musica.

La pennellata fluida e lunga

modella l’immagine per sommi capi

eppure ne rende l’essenza:

non la definizione, ma l’emozione

rende l’essere umano ciò che davvero è!

Veronica Toniutti

a marzo, dalla retrospettiva dedicata a Manfredi Lombardi,

in arte solo Manfredi. Circa quaranta le opere di questo

eclettico artista fiorentino trasferitosi a Vaglia fin dal 1972

(scomparso a 94 anni, proprio nel dicembre

scorso ndr), che resteranno

in mostra fino alla fine di maggio.

La sezione dei lavori bidimensionali è

curata da Veronica Toniutti, insegnante,

che ha aderito al progetto di Kessler

corredando le opere con dei testi.

«L’arte è in grado di parlare anche solo

attraverso l’impatto emotivo-estetico

– spiega la curatrice – e i testi che

scrivo non hanno la pretesa di essere

di critica ma solo possibili chiavi

di lettura emotive. Si tratta di educazione

al bello nel senso più letterale

di “e-ducere”, cioè tirar fuori: offrire

a ciascuno l’opportunità di percepire

il bello e creare una propria sensibilità

che, fin da bambini, permetta una

visione più ampia del mondo, delle

relazioni, delle possibilità di espressione

e comunicazione. Rapportarsi

con delle opere d’arte senza la mediazione

di concetti didascalici o di pregiudizi

culturali e morali è una grande

opportunità per i ragazzi, ma anche

per il “bambino interiore“ nascosto

dentro ogni adulto. Perciò dobbiamo

ringraziare il Comune di Vaglia che offre

generosamente i suoi spazi senza

alcuna censura benpensante. Infatti

– conclude – il motto scelto per questa

iniziativa è del pittore Manfredi:

Che disastro sarebbe se l’arte fosse

comprensibile al pubblico, se comunicasse

con la gente senza “colti” intermediari!

L’industria culturale quanti

addetti dovrebbe mettere in cassa integrazione?».

Manfredi, Wanda Landowska (2004), acrilico su masonite, cm 100x130 (ph. V.T. Costa)

Contatti:

David Kessler (+39 333 7652013)

Veronica Toniutti (+39 349 5889362)

mostralarte@gmail.com

mostralarte

mostralarte

Azzurrini Simone - pittura e scultura

Bani Elisabetta - pittura

Biagini Marco - pittura e scultura

Casavecchi Marco - pittura

Coccoloni Roberto - scultura

Artisti partecipanti

Gobber Maria Teresa - pittura

Kessler David August - scultura

Lauraballa - pittura e scultura

Le donne in cerchio - scultura

Manfredi - pittura

Mirannalti Valerio - scultura

Montagni Lorenzo - scultura

Niccolai Niccolò - scultura

Pistolesi Giulia - scultura

Studio Noferini - fotografia

MOSTRA L’ARTE

45


Le mostre…

Il giorno 28 aprile 2022 la dottoressa

Giovanna Lazzi, storica dell’arte, ha

presentato il “Progetto Artistico”.

Luoghi nuovi per l'Arte

Rino Di Terlizzi

Milvio Sodi

Simonetta Fontani

Franco Franchi

Michela Cianchini Maria Luisa Cavicchio Piero Sani Carmela Torsiello

Comune di Colle Val d'Elsa

Enoteca Il Salotto

Via Gracco del Secco, 31

53034 Colle di Val d’Elsa (SI)


A cura di

Alessandra Cirri

L’avvocato

risponde

Il fondo patrimoniale

Un istituto giuridico per far fronte ai bisogni delle famiglie

di Alessandra Cirri

Iconiugi, e ora anche i componenti dell’unione civile omosessuale,

possono creare un patrimonio separato che abbia come

specifica destinazione la finalità di far fronte ai bisogni

della famiglia (art. 167 cod. civ.). Anche un terzo può costituire

un fondo patrimoniale sia per atto tra vivi che per testamento. I

beni che possono essere destinati al fondo patrimoniale sono

beni immobili o mobili registrati oppure titoli di credito. La costituzione

del fondo patrimoniale si effettua mediante atto pubblico,

da stipulare dinanzi ad un notaio con due testimoni, a cui

partecipano i coniugi ed eventualmente il terzo che conferisce il

bene. Una volta costituito è necessario procedere all’annotazione

a margine dell’atto di matrimonio; se ha per oggetto beni immobili,

è necessario procedere anche alla trascrizione presso la

conservatoria dei registri immobiliari, la stessa regola vale per i

beni mobili soggetti a registrazione. L’amministrazione del fondo

patrimoniale spetta ai coniugi e segue le regole della comunione

legale. I frutti devono essere destinati ai bisogni della famiglia.

Questo istituto è stato molto usato in passato perché presentava

dei benefici, ovvero i beni che costituiscono il fondo patrimoniale

non possono essere soggetti ad esecuzione forzata (pignoramento,

ipoteca, etc.), salvo solo per debiti contratti nell’interesse

della famiglia e non per altri debiti (art. 170 c. c.); la norma costituisce

una deroga alla normale responsabilità per debiti ex art.

2740 c. c. . Tuttavia, nel corso degli anni, la Corte di Cassazione

è intervenuta più volte a delineare la natura e caratteristica

dei debiti, quali di essi possano ritenersi funzionali all’interesse

della famiglia e quali invece ne rimangano esclusi.

La Cassazione ha ribadito che il criterio identificativo

dei debiti per i quali può aver luogo l’esecuzione

sui beni del fondo va ricercato non nella natura

dell’obbligazione, contrattuale o extracontrattuale,

bensì nella relazione tra il fatto generante di essa

e i bisogni della famiglia, sicché anche un debito

di natura tributaria, sorto per l’esercizio dell’attività

imprenditoriale, potrebbe ritenersi contratto per

soddisfare tale finalità. I creditori possono agire

con l’azione revocatoria, rendendo inefficace nei loro

confronti la costituzione del fondo patrimoniale,

però entro il termine breve di cinque anni dal compimento

dell’atto di costituzione del fondo, ai sensi

dell’art. 2903 c. c., termine che decorre dal giorno

in cui l’atto è opponibile a terzi e non dalla data di

stipula dell’atto. La Cassazione a sezioni unite ha ribadito che la

costituzione del fondo patrimoniale è soggetta alle disposizioni

relative alle convenzioni matrimoniali, le quali sono opponibili a

terzi dopo l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio. Se i

debiti sono stati contratti prima della costituzione del fondo patrimoniale,

i beni potranno essere aggrediti, laddove il creditore

dimostri la conoscenza del pregiudizio che la costituzione del

fondo avrebbe recato alle ragioni del creditore. Potranno essere

altresì aggrediti per debiti contratti per esigenze estranee ai bisogni

della famiglia. A tale proposito, secondo una parte della

giurisprudenza, rientrano tra i debiti contratti per i bisogni la famiglia

anche quelli inerenti all’attività professionale o lavorativa.

Lo scioglimento del fondo patrimoniale si ha per l’annullamento,

scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

In tali ipotesi, tuttavia, se vi sono figli minori, il fondo patrimoniale

perdura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo

nato. La Cassazione (anno 2016) ha ritenuto ammissibile fra le

cause legittime di scioglimento del fondo patrimoniale la risoluzione

ad opera dei coniugi, allorquando non siano presenti figli

minori. Ma nella stessa sentenza, la Cassazione afferma altresì

ammissibile lo scioglimento consensuale del fondo patrimoniale,

pure in presenza di figli minori e senza alcuna autorizzazione

giudiziale, ritenendo però al contempo necessaria la nomina di

un curatore speciale del minore, autorizzato alla stipula dell’atto

dal giudice tutelare, per tutelarli in virtù di un ipotetico conflitto

di interesse sulla disposizione dei beni del fondo.

Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università

di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione

di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto

di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista

dal 2006.

Studio legale Alessandra Cirri

Via Masaccio, 19 / 50136 Firenze

+ 39 055 0164466

avvalecirri@gmail.com

alessandra.cirri@firenze.pecavvocati.it

IL FONDO PATRIMONIALE

47


Occhio

critico

A cura di

Daniela Pronestì

Dora Mazzuto

Dall’idea all’immagine attraverso il colore

di Daniela Pronestì

Si può dipingere il mare anche senza averlo davanti

agli occhi. Bastano pochi colori – dall’azzurro al

bianco – e una pennellata fluida per rendere l’impressione

del movimento dell’acqua, l’andirivieni dell’onda sulla

battigia, le increspature della superficie, gli effetti di trasparenza.

Quello che conta non è riprodurre con esattezza lo

scampolo di mare che si ha di fronte, quanto cercare di restituire

l’insieme di sensazioni e di stati percettivi che alla

visione del mare si accompagnano, l’immagine interiore,

potremmo anche dire, che si forma come risultato dell’esperienza.

È così che Dora Mazzuto dipinge il mare, attingendo

proprio a questa immagine interiore e operando una sintesi

tecnico-cromatica che trasforma il paesaggio marino in

una composizione astratta di pennellate dinamiche, schizzi

e colature di colore. Quello raffigurato, quindi, non è più soltanto

il mare con alcune sue caratteristiche inconfondibili

– il moto dell’onda e la dominante cromatica dell’azzurro –,

ma è anche qualcosa d’altro: un condensato di emozioni, in

parte distillate dalla memoria, in parte vissute durante l’esecuzione

del dipinto. Non è sempre facile in pittura procedere

dall’idea all’immagine, esprimere su tela un concetto,

una poetica, una visione del mondo. È la sfida con la quale

ogni pittore deve confrontarsi: Dora Mazzuto lo sa bene. Ecco

perché da sempre cerca il modo di vincerla questa sfida,

di superare l’ostacolo che s’incontra quando l’ispirazione

deve tradursi in una forma, entrare nei confini di un’immagine,

passare dall’essere astrazione mentale al farsi oggetto

di visione. La difficoltà diventa ancora maggiore quando

il concetto da traslare non corrisponde a qualcosa di reale,

non è nulla di fisicamente concreto, ma descrive una dimensione

soltanto mentale. È il caso, ad esempio, del quadro Le

ali della libertà, nel quale Dora Mazzuto escogita di rappre-

Riflessi marini

48

DORA MAZZUTO


Il mare

sentare l’astrazione del concetto evocato dal titolo creando

un fondo con gli stessi colori del mare – azzurro e bianco

– e sovrapponendo al centro, in corrispondenza della zona

più chiara, un fitto reticolo di filamenti, colature e schizzi

che insieme formano una specie di nebulosa. La scelta di

intervallare la vitalità dei tre colori primari – rosso, giallo e

azzurro – con la tensione drammatica del nero suggerisce

una chiave di lettura abbastanza leggibile: la libertà è un bene

indispensabile, qualcosa di cui l’essere umano non può

fare a meno, un tesoro per il quale vale la pena combattere

contro qualunque cosa rappresenti una minaccia. Quando

la suggestione da trasferire sulla tela non è un’idea dai

contorni ben definiti ma qualcosa di ancora più vago ed immateriale

nascono dipinti come Fantasia esotica, nel quale

tinte calde – rosso, giallo e arancio – alternate ad una sottile

trama di neri fanno pensare ad un gruppo di persone

che danza sotto il sole, ad un orizzonte in fiamme all’ora del

tramonto, alle spezie che colorano i mercati in certi paesi

orientali, al vigore della natura non ancora intaccata dall’intervento

umano. Il colore in sé contiene tutto: immagini, parole,

pensieri, emozioni. È un mondo parallelo a quello che

sperimentiamo ogni giorno nella vita reale. Anche per questo

Dora Mazzuto ha fatto del colore il motivo centrale della

sua produzione artistica, il principio ispiratore e insieme

l’elemento che la guida nella costruzione di un linguaggio

capace di parlare, con eguale forza, alla mente ed al cuore.

Fantasie esotiche

Le ali della libertà

DORA MAZZUTO

49


Polvere di

stelle

A cura di

Giuseppe Fricelli

Sergio Fiorentino

Un vero miracolo di virtuosismo strumentale

di Giuseppe Fricelli

Ho avuto il piacere di essere amico di uno dei più

grandi pianisti del secolo scorso: Sergio Fiorentino.

Insieme ad esecutori come Busoni, Michelangeli,

Zecchi, Ciccolini e Pollini, Fiorentino ha fatto parte dei

grandi artisti nati e formati professionalmente nel nostro meraviglioso

paese. Sono stato insieme a Sergio in varie commissioni

di concorsi nazionali. Il musicista, napoletano,

possedeva una memoria musicale prodigiosa, era stato sin

da piccolo un vero miracolo di virtuosismo strumentale. Inoltre

Sergio aveva in casa una vera officina nella quale si dilettava

a creare opere e sculture in metallo. Mi ricordo ancora

che un giorno, ero suo ospite, mi fece vedere alcune belle creazioni

da lui realizzate e rimasi colpito dal fatto che piegò un

ferro molto rigido con la sola forza delle mani. Subito dopo

salimmo nel suo studio e si

mise a suonare brani virtuosistici

con la massima naturalezza,

come se non avesse

sostenuto nessuno sforzo

muscolare. Fiorentino è stato

un grande pianista e musicista

prescelto da

www.florenceartgallery.com

Dio.

Nato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi

in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e

camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche

di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso

i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.

50

SERGIO FIORENTINO


Ritratti

d’artista

Andrei Pennazio

Una giovane promessa dell’arte contemporanea

di Jacopo Chiostri

Evolutia (2019)

Andrei Pennazio

Classe 2005, nato in Italia, a Lequio Berria (CN), da padre

italiano e madre rumena, studente al liceo artistico di

Iasi (Romania), Andrei Pennazio è un giovanissimo pittore

di cui sentiremo parlare anche in futuro. Intanto, nonostante

abbia solo sedici anni (ne compie diciassette a settembre),

ha già all’attivo cinquanta mostre, metà delle quali personali

e l’ultima delle quali, in ordine di tempo, Racconti e metafore,

a Firenze presso la ZAP (Zona Aromatica Protetta) presentata,

tra gli altri, da Cosimo Guccione, assessore comunale alle

Politiche giovanili, dal console generale di Romania a Bologna

Daniela Maria Dobre e dal console onorario di Romania a Firenze

Paolo Fagiolini. Nella quindicina di quadri presentati alla

ZAP – Natura statica, Carosello, La madre e il figlio, Madonna,

La Galassia, questi alcuni dei titoli – Andrei ha sintetizzato la

sua poetica: una pittura libera da dogmi e rivolta ad una traduzione,

ricca di gioia e di colore, del suo io interiore, della sua

riflessione sulle faccende del mondo, in primis del mistero della

creazione e del perpetuo bisogno di progredire sulla strada

della conoscenza, con già la consapevolezza del “tempus fugit”,

tanto da dire: «Ad una mostra di Salvator Dalì rimasi colpito

dal concetto del tempo che si scioglie». Pittura, la sua,

riconducibile a prima vista all’astrattismo, ma ancor più a certe

folgorazioni di artisti della transavanguardia come Enzo Cucchi

(Musica ebbra, per esempio) e Francesco Clemente; pittura

ricca di simbolismi, libera, come abbiamo detto, piena di for-

za evocativa, senza che questo si traduca però nell’abdicare ai

presupposti canonici: composizione ed equilibro delle forme e

della colorazione. Il nostro incontro con l’artista è avvenuto alla

presenza della madre: dopotutto anche se Andrei è conosciuto

perfino in Cina, è pur sempre giovanissimo, e la pittura, tiene

a dire la madre, non deve distoglierlo dalla scuola (dove peraltro

viaggia con una media di voti di 9,87 su dieci). «M’ispiro

a pittori italiani come Giotto, Michelangelo, Raffaello, Botticelli,

Leonardo, e della storia dell’arte mi piace in particolare il Rinascimento,

unitamente alla passione di visitare musei». Così

racconta il giovanissimo talento che aggiunge: «Vorrei

che chi visita una mia mostra, uscisse più felice

di quando è entrato». Della sua arte dice: «Dipingo

da quando mi ricordo, sono consapevole che alla mia

età si deve mettere in preventivo che molto cambierà

nel tempo». Dicevamo di una carriera già notevole;

ne riassumiamo le tappe più significative: a sei anni

viene premiato ad un concorso indetto dalla Ferrero

ad Alba, due anni dopo partecipa ad una collettiva

presso la Casa delle Forze Armate a Iasi (Romania),

a dieci anni tiene la prima personale a Lequio Berria

(Cuneo), a dodici anni rappresenta la Romania al Central

Eastern European Countries Culture & Art Exhibition

a Ningbo (Cina), l’anno successivo rappresenta

la Romania a Lille (Francia) in occasione del Festival

Pankultura. Nel 2018 è invitato dall’ambasciatore

italiano in Romania, Marco Giungi, ad esporre in

occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno

all’ambasciata italiana di Bucarest; nel 2021, su invito,

la partecipazione ad una collettiva presso il Museo

Nazionale Cotroceni a Bucarest e la personale al

Museo della Marina Militare. Sebbene l’arte lo impegni

quasi totalmente, Andrei, come tanti suoi coetanei,

pratica lo sport, ascolta la musica, studia.

ANDREI PENNAZIO

51


Emo Formichi

L’arte di far rivivere le cose quotidiane

Atelier e studio:

via Secondo

Risorgimento 1

53026 Pienza (SI)

Gallo in Val d’Orcia (1995), h cm 90; foto scattata da Emo Formichi

in Val d’Orcia del gallo realizzato con falci da mietitura


Pellegrino della via Francigena (2013), supporti di tralicci delle linee

elettriche e materiali vari, h cm 158


Mostre in

Italia

Andrea Petralia

Fino al prossimo 30 maggio al

Terme Beach Resort di Ravenna con

la personale Le finestre dei ricordi

di APP Arte

Idipinti del maestro Andrea Petralia sono come uno stato

d’animo: un orizzonte che si apre all’aria ed alla luce. La

sua pittura è fatta di sensazioni sfuggevoli, ma intense, dove

la fantasia creativa interpreta le armonie naturali, velate da

leggeri vapori dell’aria che accompagnano la fuga dei pensieri.

Tutto pare lievitare nelle velature finissime dell’aria umida, dove

la stessa luminosità opera la trasfigurazione del reale, tra distese

di terra e mare, mentre le immagini si dissolvono in magica

poesia. È una luce che ha bagliori sospesi, riflessi abbaglianti

e squisite morbidezze impressioniste, tra virtuosismi cromatici,

dove emergono liriche lontananze nelle visioni marine, mentre

la nostalgia si confonde nel clima silente e metafisico, che

si evolve verso una dimensione surreale, da Giorgio de Chirico

a Dalì. Ecco che allora, tra natura ed immaginazione, tra realtà

ed astrazione del reale, scorre la pittura di Andrea Petralia, ora

dolcemente apollinea, ora intensamente simbolico-espressionista,

mentre il pathos fluisce nei colori che convergono in puri

sentimenti lirici, sensazioni fermate nel loro momento magico

ed attimi preziosi che si confondono nella memoria e nell’abbandono

all’inconscio ed al sogno. Ecco perché il mondo evocativo

e poetico di Andrea Petralia è animato da immagini che

via via si stemperano nella luce, mentre i paesaggi interpretano

l’incanto del reale nei quadri nostalgici della memoria. Splendida

pittura, quindi, che nasce dalla poesia del quotidiano, dove

l’aspetto fenomenico non è solo visivo, ma capta fremiti di

luce verso un’evasione onirica ma spirituale. Azzurri polverosi,

L'ossessione dell'isola di Bocklin 1964 (2020), olio

su tela, cm 50x70

Il tempo delle colline di Fiesole 1973 (2020), olio

su tela, cm 50x70

Andrea P. Petralia

MOSTRA PERSONALE DI PITTURA CONTEMPORANEA

“le finestre

dei ricordi”

DALL’ 1 AL 30 MAGGIO 2022

SALA ESPOSITIVA - TERME BEACH - RESORT

PUNTA MARINA TERME - RA

Art director e curatore Andrea P. Petralia - Cell. 388 4096489

Ufficio Stampa: Alberto Mazzotti - Cell. 338 8556129

informazioni: andrea.petralia@libero.it

TERME BEACH RESORT

PUNTA MARINA TERME (RA)

tipografia

commerciale

ravenna

gialli solari, grigi perlacei e verdi variegati della natura danno vita

con trame di energia alla suggestiva ed autentica narrazione

pittorica dell’autore, mentre scorrono i misteri dell’esistenza

tra incoerenze ed ambiguità della nostra società in una narrazione

allusiva quanto fantastica. E proprio

la riflessione esistenziale si svela nella rappresentazione

pittorica e grafica di intensi

ritratti che nell’imponderabilità degli sguardi

interpretano paesaggi intimi dell’anima.

In tal modo, il linguaggio pittorico, che supera

i dettami accademici, si carica di un vigore

espressivo nella tensione lirica e nella

poetica dell’immaginario. Sta qui il fascino,

davvero unico, dei dipinti di Andrea Petralia:

i melodiosi cromatismi tra squisiti virtuosismi

di colore traducono la riscoperta

dei valori, seguendo istintivamente la natura,

il variare delle atmosfere nella poetica

ariosità, oltre la dimensione sensibile, dove i

frammenti di vita inseguono forme immaginarie

ed ombre del passato di una quotidiana

teatralità, che scaturiscono dalla dimora

esistenziale e da un meraviglioso racconto

pittorico della memoria, mentre sublima l’arte

alla luce del sentimento.

54

ANDREA PETRALIA


Eventi in

Toscana

Museo del Giocattolo e di Pinocchio

Nasce a Firenze un spazio espositivo dedicato al mondo

della fantasia e della fiaba

di Giuseppe Garbarino

C’era una volta un pezzo di legno...” scriveva Collodi

nel suo famoso romanzo di Pinocchio. E da

questo pezzo di legno vogliamo partire per un

“viaggio al Paese dei Balocchi o meglio al Museo del Giocattolo

e di Pinocchio, una nuova realtà nel panorama espositivo

fiorentino, ma soprattutto qualcosa che mancava per fare

contenti i piccoli visitatori nella nostra città d’arte. La collezione

di giocattoli, esposta in via dell’Oriuolo al 47/r a Firenze,

è una delle più importanti in Europa e arriva in città grazie

ad un sodalizio tra l’associazione Pinocchio a Casa Sua e la

Fondazione Paolo Franzini Tibaldeo di Milano che da anni

raccoglie pezzi unici e introvabili. Il museo, che si colloca in

una posizione privilegiata nel centro storico fiorentino, è un

luogo per bambini che sarà particolarmente apprezzato anche

dai grandi, quindi adatto a tutti. Oltre ad una selezione

di curiosità, oggetti, statue, quadri e immagini di Pinocchio

Una sala del museo

Da sinistra: Alessandro Franzini Tibaldeo, presidente della Fondazione Paolo

Franzini Tibaldeo, Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, Antonio

Rancati, segretario dell’associazione “Pinocchio a Casa Sua”, segretario generale

Plastic Free e coordinatore Cetri-Tires, e Giuseppe Garbarino, presidente

dell’associazione “Pinocchio a Casa Sua”

e il suo mondo, sarà possibile viaggiare nel tempo, dalla fine

del Seicento agli anni Sessanta, incontrando giocattoli unici

e realizzati da artigiani di alto profilo, bambole in ceramica

e in cera, soldatini in stagno e piombo, macchinine e giostre

in latta, il legno di Pinocchio e tante altre sorprese. Lo spazio

espositivo sarà anche utilizzato per eventi ed esposizioni

temporanee, accogliendo artisti e realtà legate al mondo di

Pinocchio e all’arte in generale. Questo museo, le cui finalità

sono divulgative, ricreative, didattiche e turistiche, consente

di fare uno straordinario viaggio nel mondo della fantasia,

della poesia, dell’arte e della fiaba. Racconta l’incanto delle

fiere di paese, delle feste popolari, dei teatrini di piazza; illustra

l’evolversi nel tempo delle condizioni sociali e il mutare

dei modelli e dei ruoli. Oltre mille i giocattoli esposti in quella

che è una delle più importanti collezioni di questo genere.

Il visitatore si troverà davanti ad un percorso cronologico e

tematico in cui i giocattoli, sfogliati come pagine del capolavoro

di Collodi, offriranno un punto di vista inaspettato sulla

storia sociale europea e italiana. In occasione di eventi dedicati

ai più piccoli, sono previsti veri e propri momenti di fantasia

per approfondire e sognare ad occhi aperti, letture e

spiegazioni che rimarranno impresse per sempre. Chi era Pinocchio,

una chiacchierata sulla realtà storica del burattino

di Firenze, i suoi amici, le persone citate nel famoso libro, tra

il buffo e il curioso, una realtà trasformata in fantasia. Il gioco

non è fine a se stesso, ma un momento per interpretare la

storia e la socialità delle persone.

MUSEO DEL GIOCATTOLO

55


Alessandra Tabarrani

Il canto della natura

Sensazioni meravigliose (2015), olio su tela, cm 70x70


www.alessandratabarrani.com

Dopo la pioggia (2020), olio su tela, cm 70x70


I maestri della

architettura

A cura di

Margherita Blonska Ciardi

Max Berg

L’architetto della Sala del Centenario a Breslavia, “cattedrale” di

cemento armato simbolo del modernismo architettonico

di Margherita Blonska Ciardi

Il celebre architetto tedesco Max Berg (Stettino, 17 aprile

1870 – Baden-Baden, 22 gennaio 1947), dopo aver studiato

a Berlino, nel 1909 ebbe l’incarico in Polonia come

architetto della città di Breslavia che, dal 1740 e fino alla fine

della seconda guerra mondiale, si trovava sotto il dominio della

Germania. Con una forte espansione demografica ed industriale,

questa città, punto di incontro dei migliori architetti ed

artisti dell’epoca, rifletteva lo spirito d’innovazione promosso

dalla Bauhaus di Weimer. Giovane ed intraprendente architetto,

Berg identificò subito un’area che poteva fungere da nuovo

asse culturale e polo ricreativo della città polacca. Per fare

questo, abbandonò lo stile eclettico e romantico diffuso nel

Nord Europa per lanciarsi in una sfida ingegneristica con la costruzione

di un edificio in cemento armato, uno dei più grandi

mai esistiti e di una tale bellezza che ancora oggi fa parlare di

sé grazie. L’edificio fu costruito nel 1913 per commemorare il

centenario della Battaglia di Lipsia – da cui il nome di Sala del

Centenario – nella quale Napoleone era stato definitivamente

sconfitto dalla coalizione austriaca, tedesca, russa e svedese.

Realizzata interamente in cemento armato, l’imponente archi-

tettura ha nervature strutturali

che diventano anche elementi

decorativi, mostrando così

una ricerca geometrica che

ha aperto la strada a molti altri

celebri architetti, incluso

Pier Lugi Nervi, che ne ha preso

spunto per alcuni suoi progetti.

La Sala del Centenario

faceva parte di un complesso

di parchi e strutture sportive

e veniva usata per accogliere

manifestazioni sportive, meeting

culturali e concerti con

un pubblico numeroso (oltre Max Berg

6000 posti). Si affaccia sul laghetto

artificiale abbellito con giochi d’acqua ed è contornata

da un percorso pergolato che porta al Park Szczytnicki e

al giardino giapponese. Berg ha progettato un edificio quadrilobato

con una pianta aperta affiancata da massicci archi in

Vista della cupola dall’interno

58

MAX BERG


La Sala del Centenario vista dal lato della fontana

cemento precompresso che sostengono

un’elegante cupola in cemento a bassa

pendenza composta da cinque livelli sovrapposti

di finestre. Si tratta della più

grande struttura in cemento armato del

mondo – dal 2006 è stata proclamata

Patrimonio Unesco –, coronata da una

cupola autoportante con una campata

di circa 67 metri, un’altezza record all’epoca.

Nel complesso, il progetto dette

inizio ad una nuova era nell’architettura,

basata su linee semplici, ornamenti

minimi e superfici interne in cemento

grezzo non rifinite (particolare quest’ultimo

che ritroviamo anche nella chiesa

di San Giovanni Battista di Michelucci alle

porte di Firenze). Nel 1948, la piazza

antistante la Sala del Centenario ospitò un importante congresso

mondiale con ben 400 delegati provenienti da 46 paesi

del mondo a sostegno della ricostruzione della Polonia dopo

la seconda guerra mondiale. In quell’occasione, su progetto

dell’architetto Stanislaw Hempel, fu eretto un monumento

d’acciaio alto 106 metri chiamato Iglica che, insieme alla grandiosa

architettura di Berg, divenne simbolo di Breslavia nel secondo

dopoguerra. Nel 2016, Breslavia per le sue numerose

sedi universitarie ed iniziative culturali come Vratislavia Cantas

(concorso internazionale di musica organica che si svolge

nelle cento chiese della città), Jazz nad Odra (tradizionale

festival del jazz sul fiume Odra che attraversa il centro cittadino),

Nowe Horyzonty (concorso di cinema per nuovi registi) e

il Festival del Teatro di Pantomima, è stata nominata capitale

della cultura europea: una missione che questa città ormai

porta avanti da ben trecento anni.

Il monumento Iglica (1948) progettato dall’architetto Stanislaw Hempel

www.fratellicaralli.bigmat.it

sede di Via F.lli Rosselli 8,Massa E Cozzile (PT)

Tel: +39 0572 79338

Mail: caralli@bigmat.it

MAX BERG

59


52° 54º

PREMIO NAZIONALE

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l’anima

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re-

5, il

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i di

54º

PREMIO

CITTÀ DI LASTRA

Concorso Esposizione di pittura

SCHEDA DI ADESIONE

N° N°

NAZIONALE

Il pittore

CITTÀ

DI

Residente

LASTRA

in via

N° Città

Concorso Esposizione di pittura

C.A.P.

22 - 29 maggio 2022

Tutti i giorni dalle ore 21 alle 23

L'Antico Spedale di Sant'Antonio, sede del concorso

Tel.

Premio Nazionale Città di Lastra

E-mail:

ALBO D'ORO

Sede Presa del visione concorso del regolamento e della accetta mostra tutte le norme e

1967 TOSCHI ERMANNO - Fiesole (FI)

1992 NANNUCCI SIGFRIDO - Certaldo (FI)

Antico 1967 dichiara BERTACCHINI di Spedale voler LUCIANO partecipare - Bologna di Sant’Antonio

al 54° PREMIO 1993 NAZIONALE

SALVI SERGIO - Livorno

1968 DI PITTURA MARMA RODOLFO “CITTÀ - Firenze DI LASTRA 2022” e 1994 di concorrere BOBOLI MARCELLO ai - Firenze

1968

seguenti

CAVALLARI

Premi:

ALBERTO - Modena

1995 POGNI GIANFRANCO - Livorno

1968 FILANNINO NATALE - Firenze

1996 PULCINELLI RUDY - Poggio a Caiano

Dal

1969 ZAPPAROLI RINO - Massa Finalese (MO) 1997 STACCHINI STEFANO - Pontedera (PI)

13 al 29 maggio l’Associazione “ProLastra Enrico Caruso” promuove il

1969 □ Premio SANTINI SANDRA giovani - Firenze (età inferiore ai 21 anni) 1998 DEL BINO GIACOMO - Monsummano T. (PT)

1970 54° Concorso di Pittura per l’assegnazione del Premio Nazionale “Città di

□ Acquisto

VEZZOSI ALESSANDRO

non inferiore

- Vinci (FI)

a €

1999 COSTAGLI MAURA - Empoli

1971 LUGLI Lastra LUIGI - Carpi 2022” (MO) per i giovani, per la grafica 2000 e MONI premi SAVERIO acquisto - Vaiano e (PO) di rappresentanza.

1972 □ Sede Solo MARTINI di premi tutte GRAZIANO di le operazioni rappresentanza

- Sesto F.no e (FI) della mostra 2001 l’Antico BONI ANDREA Spedale - Signa di Sant’Antonio (FI) in via

1973 LUCARELLI MARCELLO - Pistoia

2002 I GUARNIERI - Firenze

Dante Alighieri a Lastra a Signa. Ogni concorrente potrà presentare fino a due opere

1973 Firma NANNUCCI SIGFRIDO - Certaldo (FI)

2003 LUCHINI RICCARDO - Massarosa (MS)

decorosamente 1974 BERNARDINI incorniciate ITALO - Pontedera e (PI) recanti a tergo 2004 le precise CIONI LUCIANO generalità - Montespertoli l’indirizzo dell’autore

1975 Prezzo e SCALISE il titolo di vendita UMBERTO dell’opera richiesto - Prato (si (FI) consigliano € dimensioni 2005 NICOLA non PERILLI superiori - Quarrata a m (PT) 1,00 x 1,00).

Quote 1976 BANDELLI di partecipazione ENRICO - Firenze da versare all’atto 2006 della PAOLO presentazione GAVAZZI - Pistoia dell’opera € 20,00

1977 TREVISAN GIULIO - Iesi (AN)

2007 GIULIANO CENSINI - Torrita di Siena

un’opera, € 30 due opere. Gli artisti interessati possono partecipare alla manifestazione

1979 anche PRENLELOUP con GUALTIERO opere fuori - Borgo concorso S. Lorenzo (FI) pagando 2009 un RICCARDO contributo BELLUCCI di - € Quarrata 30,00. Le opere

1978 54° PREMIO PANZA PIERO NAZIONALE - Firenze CITTÀ DI LASTRA 2008 ENRICO 2022 FORAPIANTI - Lari (PI)

presentate 1980 N° ALLODOLI nella TIZIANO sezione - Impruneta giovani (FI) partecipano 2010 anche PAOLO al premio FEDELI - Gambassi nazionale. La presentazione

1981 PANZA delle PIERO opere - Firenzee tutte le operazioni del concorso 2010 DANIELA si terranno D’ORAZIO - nell’Antico Pescara Spedale

1982 Il pittore MARMA RODOLFO - Firenze

2011 DANILO GAMANNOSSI - Signa (FI)

di Sant’Antonio con il seguente orario: venerdì 13 dalle 17 alle 20 e dalle 21 alle 23;

1983 MURER CIRILLO - Quinto (TV)

2011 ANDREA BONI - Signa (FI)

sabato 1984 Titolo FEDELI 14 dell’opera dalle PAOLO ore - Certaldo 9 alle (FI) 12.30, dalle 16 alle 2012 20 e MASSIMO dalle 21 VINATTIERI alle 23; domenica - Carmignano15 dalle

91985 alle 12.30 SABBATINI e dalle MARILENA 17 alle - Massa 20. e Martedi Cozzile (PT) 17 alle 2013 ore PAOLA 11 si IMPOSIMATO riunirà la giuria. - Firenze I premi istituiti

1986

54° saranno PREMIO

SILVESTRI consegnati GIOVANNA

NAZIONALE

- S. dal Brigida sindaco, CITTÀ

(FI)

DI dall’assessore LASTRA 2014 ALESSANDRO 2022 alla Cultura, BANDINELLI alla presenza - Lastra a Signa delle

1987 BETTI UMBERTO - Firenze

2015 MARIO ANIELLO - Prato

autorità intervenute durante la cerimonia di proclamazione dei vincitori, che si terrà

1988 SANSONI ALDO - Firenze

domenica N°

2015 PAOLO AMERINI - Prato

1989 BETTI 29 UMBERTO maggio - Firenze alle ore 18.00 nell’Antico 2016 Spedale RICCARDO di LUCHINI Sant’Antonio. - Massarosa (LU) Sulle opere

1990 Il premiate pittore SCOLA con TEMISTOCLE i premi - Livorno acquisto e su quelle vendute 2017 RENZO sarà SBRACI prelevato - Scandicci un (FI) diritto del 10%

a 1991 favore FAGGIOLI dell’organizzazione. FRANCO - Ginestra Fiorentina Tale diritto (FI) verrà 2017 prelevato TEMISTOCLE per SCOLA le vendite - Livorno fatte anche

dai Titolo concorrenti dell’opera durante l’esposizione. La mostra delle opere ammesse verrà aperta

al pubblico da domenica 22 maggio alle ore 10.15 presso lo Spedale di Sant’Antonio.

1 Dopo la settimana il 29 maggio di apertura il ritiro della delle mo-

opere proseguirà presso la sede in via A. Diaz

Durante L’Associazione “ProLastra Enrico Caruso”

vincitori, che sarà tenuta Domenica 29 maggio alle ore

stra 116, si organizza sino terranno al dal 30 13 conferenze, al giugno 29 maggio 2022 salotti il previo 54musicali

appuntamento telefonico: 340 6873006 (segretario

letterari, Vannuzzi).

0 CONCORSO

18:00 nell’Antico Spedale di Sant’Antonio.

e

DI PITTURA per

proiezioni L’operato

l’assegnazione

ed altro della PREMIO

con inizio qualificata alle Commissione Giudicatrice sarà insindacabile

per e ad inappellabile. i giovani, ingresso per libero. la grafica Inoltre e premi la acquisto Giuria e di ha facoltà Sulle di respingere opere premiate con quelle i premi acquisto opere e su che quelle riterrà

NAZIONALE “CITTÀ DI LASTRA 2022” premio 6

21,15

vendute, sarà prelevato un diritto del 10% a favore

Questo di scadente rappresentanza. premio livello prestigioso artistico, e fra i le più quali antichi non saranno dell’organizzazione ammesse . all’esposizione. Le schede

di adesione ha il patrocinio potranno del Comune essere di fornite Lastra

Sede di tutte le operazioni e della mostra: Antico Spedale di

d’Italia

Sant’Antonio - Via Dante Alighieri, Lastra a Signa. anche al

Tale

momento

diritto verrà prelevato

Via A. Diaz, della

per

116 presentazione

le vendite fatte anche

dell’opera.

Signa, L’evento della Provincia verrà ripreso di Firenze, da della Italia7 Re-per la rubrica 50055 Arte Lastra Incontri a Signa di (Firenze) Fabrizio Borghini.

dai

Concorrenti durante l’esposizione.

a

gione

2

Toscana, dell’Ente Cassa di Risparmio 7

Ogni concorrente potrà presentare fino a due opere

Tel. e Fax 055 8722628

La mostra delle opere ammesse verrà aperta al pubblico

di Firenze. decorosamente incorniciate e recanti a tergo le precise caruso.prolastra@gmail.com

generalità l’indirizzo dell’autore e il titolo dell’opera.

Per motivi di spazio si consigliano opere non superiori

m. 1,00 x 1,00.

Quote di partecipazione da versare all’atto della

presentazione dell’opera € 20,00 un opera,

€ 30 due opere.

I signori artisti interessati possono partecipare alla

manifestazione anche con opere Fuori concorso.

Per esposizione opera fuori concorso € 30,00.

PREMI

COMUNE DI LASTRA A SIGNA

PREMIO NAZIONALE “CITTÀ DI LASTRA 2022”

acquisto € 1.000

PREMIO GIOVANI

(età inferiore ai 21 anni)

PREMIO 3 GRAFICA

PREMIO NAIF

Le opere presentate nella sezione giovani partecipano anche

al premio nazionale.

4

La presentazione delle opere e tutte le operazioni del

Concorso si terranno nell’Antico Spedale di Sant’Antonio

da domenica 22 maggio alle ore 10:15 presso Spedale di

Sant’Antonio (centro storico).

Dopo il 29 maggio il ritiro delle opere proseguirà

presso la Sede Via A. Diaz 116, sino al 30/06/2022 previo

appuntamento Studio telefonico: Notarile Cerbioni

340 6873006 (segr. Vannuzzi)

8

Premi acquisto

VINCITORI

PREMIO

NAZIONALE

CITTÀ

DI LASTRA

Ditta RIED di Mele Robertino

Ditta SIME

Ditta BMB Astucci di Berti Berto e C.

L’organizzazione non assume responsabilità per eventuali

furti, incendi Studio e altre Tecnico forme di danneggiamento Migliorini che dovessero

colpire i dipinti Trattoria dal momento Sanesi dalla consegna fino alla

restituzione.

Studio Bambagioni

9

L’operato della qualificata Commissione Giudicatrice sarà

insindacabile e inappellabile. Inoltre la Giuria ha facoltà

di respingere quelle opere che riterrà di scadente livello

artistico, le quali non saranno ammesse all’esposizione.

1967 TOSCHI ERMANNO - FIESOLE

1967 BERTACCHINI LUCIANO - BOLOGNA

1968 MARMA RODOLFO - FIRENZE

1968 CAVALLARI ALBERTO - MODENA

1968 FILANNINO NATALE - FIRENZE

1969 ZAPPAROLI RINO - MASSI FINALESE (MO)

1969 SANTINI SANDRA - FIRENZE

1970 VEZZOSI ALESSANDO - VINCI (FI)

1971 LUGLI LUIGI - CARPI (MO)

1972 MARTINI GRAZIANO - SESTO F.NO (FI)

1973 LUCARELLI MARCELLO - PISTOIA

1973 NANNUCCI SIGFRIDO -CERTALDO (FI)

1974 BERNARDINI ITALO - PONTEDERA (PI)

1975 SCALISE UMBERTO - PRATO

1976 BANDELLI ENRICO - FIRENZE

1977 TREVISAN GIULIO - JESI (AN)

1978 PANZA PIERO - FIRENZE

1979 PRENLELOUP GUALTIERO BORGO S. LORENZO (FI)

1980 ALLODOLI TIZIANO - IMPRUNETA (FI)

1981 PANZA PIERO - FIRENZE

1982 MARMA RODOLFO - FIRENZE

1983 MURER CIRILLO - QUINTO (TV)

1984 FEDELI PAOLO - CERTALDO (FI)

1985 SABBATINI MARILENA - MASSA E COZZILE (PT)

1986 SILVESTRI GIOVANNA - S.BRIGIDA (FI)

1987 BETTI UMBERTO - FIRENZE

1988 SANSONI ALDO - FIRENZE

1989 BETTI UMBERTO - FIRENZE

1990 SCOLA TEMISTOCLE - LIVORNO

1991 FAGGIOLI FRANCO - GINESTRA F.NA (FI)

1992 NANNUCCI SIGFRIDO - CERTALDO (FI)

1993 SALVI SERGIO - LIVORNO

1994 BOBOLI MARCELLO - FIRENZE

1995 POGNI GIANFRANCO - LIVORNO

1996 PULCINELLI RUDY - POGGIO A CAIANO (PO)

1997 STACCHINI STEFANO -PONTEDERA (PI)

1998 DEL BINO GIACOMO - MONSUMMANO T. (PT)

1999 COSTAGLI MAURA - EMPOLI (FI)

2000 MONI SAVERIO - VAIANO (PO)

2001 BONI ANDREA - SIGNA (FI)

2003 LUCHINI RICCARDO - MASSAROSA (MS)

2004 CIONI LUCIANO - MONTESPERTOLI (FI)

2005 NICOLA PERILLI - QUARRATA (PT)

2006 PAOLO GAVAZZI - PISTOIA

2007 GIULIANO CENSINI - TORRITA DI SIENA

2008 ENRICO FORAPIANTI - LARI (PI)

2009 RICCARDO BELLUCCI - QUARRATA (PT)

2010 PAOLO FEDELI - GAMBASSI (FI)

2010 DANIELA D’ORAZIO - PESCARA

2011 DANILO GAMANNOSSI - SIGNA (FI)

2011 ANDREA BONI - SIGNA (FI)

2012 MASSIMO VINATTIERI - CARMIGNANO (PO)

2013 PAOLA IMPOSINATO - FIRENZE

2014 BANDINELLI ALESSANDRO - LASTRA A SIGNA (FI)

2015 ANIELLO MARIO - PRATO

2015 AMERINI PAOLO - PRATO

2016 LUCHINI RICCARDO Massarosa (LU)

2017 TEMISTOCLE SCOLA (LI)

2017 RENZO SBRACI (FI)

2018 PIERO PAOLI (FI)

2019 GIANCARLO LANDI (FI)

2020 Evento non organizzato causa COVID

2021 Evento non organizzato causa COVID

dal martedì al venerdì dalle 11 alle 12

www.lastraonline.it

Ripresa televisiva a cura di Fabrizio Borghini per Italia 7.

Pubblicazione su ‘LA TOSCANA’ ed altri giornali.

PREMI

Via A. Diaz, 116

50055 Lastra a Signa (Firenze)

Tel. e Fax 055 8722628

caruso.prolastra@gmail.com

Az. Agraria “La Massolina”

Panificio F.lli Luchini

COMUNE DI LASTRA A SIGNA

PREMIO Farmacie NAZIONALE Guandalini

“CITTÀ DI LASTRA 2022”

acquisto € 1.000

PREMIO

Tipografia

GIOVANI

NOVA

(età inferiore ai 21 anni)

PREMIO GRAFICA

PREMIO NAIF

Amministrazioni condominiali Borgioli

Ed altri premi di rappresentanza

Col contributo della sezione soci COOP

Premi acquisto

Studio Notarile Cerbioni

Ditta RIED di Mele Robertino

Ditta SIME

Ditta BMB Astucci di Berti Berto e C.


A cura di

Filippo Cianfanelli

Itinerari del

gusto

Il Pratellino

A Firenze un’osteria dove gustare antichi sapori

Testo e foto di Filippo Cianfanelli

In via del Pratellino, in prossimità del Ponte al Pino, ho scoperto

un piccolo scrigno dove ritrovare antichi sapori toscani

ormai dimenticati. Laddove è sempre esistita una

trattoria toscana, tranne alcuni anni nei quali vi è stato un eclettico

ristorante tosco-cinese, nel dicembre 2019 Francesco Carzoli,

di Castelfiorentino, ha deciso di ristrutturare l’ambiente e di

aprire l’Osteria Il Pratellino. Purtroppo dopo poche settimane è

stato costretto a chiudere per l’emergenza Coronavirus ma alla

riapertura ha ripreso alla grande, cercando di rifarsi all’antica

cucina dei contadini toscani, prediligendo la carne degli animali

da cortile, la cacciagione e soprattutto tante verdure, legumi e

cereali. La filosofia del ristorante è quella di fare una vera cucina

territoriale, con ingredienti locali e stagionali provenienti da

oltre centoventi fornitori diversi. Anche la carta dei vini è molto

curata e vanta al momento sessantacinque etichette la maggior

parte di nicchia e alcune importanti bottiglie di grandi case

vinicole. In questo Francesco ha poco da imparare dato che per

anni, dopo esperienze all’estero, ha lavorato per il Wine Bar Frescobaldi

in via dei Magazzini. Il locale, con cadenza quasi mensile,

propone anche dei menù diversi, con abbinamento di piatti

e bottiglie delle varie regioni italiane e questo grazie all’abilità

del giovanissimo chef di Borgo San Lorenzo e della sua aiutante

di origine cubana. Lo scorso anno, per i settecento anni dalla

morte di Dante Alighieri, venne proposto anche un menù medievale,

sotto la supervisione di una studiosa di storia. Il ristorante

si presenta come un lungo corridoio con due locali dove

i semplici tavoli in legno sono apparecchiati con candide tovaglie

e tovaglioli di stoffa. Il proprietario si muove fra i tavoli dando

chiare spiegazioni sulla preparazione dei piatti che, in molti

Fegatelli con insalata di cavoli

L’interno dell’osteria

casi, i clienti non hanno mai assaggiato in vita loro. Sulle pareti

sono esposte a rotazione opere di artisti contemporanei, mentre

un impianto diffonde una musica soffusa che non turba la

conversazione ai tavoli. Come sempre ho voluto provare i piatti

più caratteristici, a partire dagli antipasti, tra i quali ho particolarmente

apprezzato i bocconcini di storione al vino bianco

con spinaci saltati, un piatto antico di quando lo storione, come

citato da Paolo Petroni nel suo libro sulla cucina fiorentina,

si poteva pescare in Arno. Anche il collo di pollo ripieno

rimanda al passato, per non parlare delle chiocciole

preparate secondo una ricetta di Sesto Fiorentino. Fra

i primi voglio ricordare la sapiente “sbroscia” del Casentino

con fagioli, zucca e crostini di pane, facendo

notare come nel menù si possano sempre trovare anche

piatti adatti ai vegetariani e addirittura per intolleranti

al glutine, come i paccheri di legumi biologici e

spirulina al ragù di verdure. Per gli amanti della carne

invece sono da provare le mafaldine al ragù di capretto

nostrale. Fra i secondi, i vegetariani apprezzeranno

il filetto di sedano rapa con briciole di cavolfiore saltato

alle mandorle. Personalmente ho molto apprezzato

i piatti di carne, l’ossobuco di vitello con verdure e patate

schiacciate all’olio di oliva ma soprattutto i fegatelli

di maiale alla salvia accompagnati da un’originale

julienne di cavolo cappuccio, cavolfiore e broccoli serviti

con vinaigrette di senape e mela, un contrasto veramente

molto piacevole.

www.osteriapratellinofirenze.it

IL PRATELLINO

61


Centro Espositivo Culturale

San Sebastiano

Centro Espositivo Culturale

San Sebastiano

Sala San Sebastiano Centro Espositivo Culturale

Di seguito i nomi dei ventidue

scrittori che hanno

aderito al progetto solidale

con i loro racconti brevi:

Elena Andreini

Luigi Bicchi

Sandro Bilei

Fabrizio Borghini

Lucia Bruni

Alessandra Bruscagli

Andrea Cafaggi

Gianni Calamassi

Filippo Canali

Barbara Carraresi

Piero Andrea Carraresi

Enrico Ciabatti

Fabrizio Finetti

Leandro Fiore

Moravio Martini

Andy Masi

Guido Nardi

Riccardo Parigi & Massimo Sozzi

Davide Savorelli

Enrico Solito

Mirko Tondi

Marco Vichi

Il libro è acquistabile presso:

- Centro Espositivo Culturale San

Sebastiano, Piazza della Chiesa

84, Sesto Fiorentino

- Associazione Toscana Cultura,

via Valdichiana 42, Firenze, tutti i

giorni dalle 9 alle 12

Foto in copertina di Maria Grazia Dainelli

È disponibile inoltre nelle migliori librerie, online e

nelle edicole sul territorio.

Per prenotazioni e informazioni:

+ 39 338 5252537

62 CENTRO ESPOSITIVO CULTURALE SAN SEBASTIANO


Anna Rita Mauro

Centro Espositivo Culturale

San Sebastiano

Anna Rita Mauro

Nata nel 1968 in Lucania,

a Nova Siri,

poco distante da

Matera, Anna Rita Mauro

ama il sole, il mare, il bosco,

tutto l’universo in ogni

sua forma. I suoi “scritti”

sono frutto di un hobby;

è convinta che scrivere

Ombre

In un istante

Scendi sulla mia luce

Rompi il silenzio

E porti angustia

Mare scuro

Come il tuo grigiore

Gioisci della mia sventura

Godi del mio pianto

Ti nutri del mio dolore

Nel sonno ti allontano

Lì non puoi entrare

Nella mia luce

Non hai forza di cercare

La mia debolezza.

renda le persone migliori. Non si reputa una poetessa,

ma solo un’anima che dirige una penna accogliendo

attimi di ispirazione.

Paura di amarti

Un buon vino nel bicchiere

Una cena armoniosa

Sotto un cielo stellato e silenzioso

Un tavolo per due

Apparecchiato

Una sedia vuota

Aspetto a bere

È con te che voglio brindare

Sto pensando

Sono solo

Vorrei non fosse vero

Mi avvicino a quella porta

Con la speranza di trovarti

Certo, saresti venuto

Se solo ti avessi invitato

Una candela brucia

Danza la calda cera

È solo un sogno

E al destarmi

Va in frantumi.

Ricordo d’infanzia

Raffiorano di notte

I ricordi d’infanzia

Che di quegli anni

Questi divengono rimpianti

Quando il gioco era semplice

Si facevano merletti

La timidezza

L’innocenza

Le riverenze agli adulti

Il rispetto

L’obbedienza

E come devote novizie

Del prossimo al servizio

Quel che si aveva

non era tanto

Di quel poco

Eravamo contenti

Alla sera

Tutti davanti al caminetto

A scaldare le mani

Infreddolite

Due risate davanti al focolaio

Mentre il “prete”

Scaldava il letto

Ci si addormentava

Gratificati

Ma solo dopo aver

Pregato.

CENTRO ESPOSITIVO CULTURALE SAN SEBASTIANO

63




Tatiana Boghiu

Assorta nei pensieri

tatianaboghiu69@gmail.com


A cura di

Stefano Marucci

Riflessioni

sulla fede

Il pensiero del Papa sulla guerra in Ucraina

di Stefano Marucci

Accanto al problema della

pandemia, da fine febbraio

un altro enorme sciagura è

entrata di prepotenza nelle nostre

vite coinvolgendo anche in questo

caso tutto il mondo: la guerra

in Ucraina. Tutti gli aspetti politici

ed economici di questo conflitto

sono stati ampiamente sviscerati;

si è detto degli interessi del paese

invasore, delle mire espansionistiche

di Putin, delle conseguenze

che le sue scelte politiche avranno

sugli equilibri geopolitici mondiali.

Fin da subito, la Chiesa cattolica,

nella persona di papa Francesco,

si è schierata apertamente e senza

dubbi contro la guerra, offrendo

la propria disponibilità a mediare

nelle trattative di pace, vista anche

l’autorevolezza della diplomazia

vaticana. «Siamo nei giorni che

precedono la Pasqua – ha dichiarato

il Papa poco prima delle festività pasquali –, ci stiamo

preparando a celebrare la vittoria di Gesù Cristo sul peccato

e sulla morte, non su qualcuno e contro qualcun altro.

Ma oggi c’è la guerra. Perché si vuole vincere così, alla maniera

del mondo? Così si perde soltanto. Perché non lasciare

che vinca lui? Cristo ha portato la croce per liberarci dal

dominio del male. È morto perché regnino la vita, l’amore,

la pace». E ha poi aggiunto: «Quando si usa violenza non

si sa più nulla su Dio, che è padre, e nemmeno sugli altri,

che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si

arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo nella follia

della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo. Sì, Cristo

è ancora una volta inchiodato alla croce, nelle madri

che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso

nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini

in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire,

nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere

i loro fratelli. Cristo è crocifisso lì, oggi. Padre, perdona loro

perché non sanno quello che fanno». Come ulteriore segno

di vicinanza della Chiesa all’Ucraina, per la terza volta

in pochi giorni il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski

si è recato a Kiev dove, giovedì santo, a nome del Santo Padre,

ha consegnato una seconda ambulanza. Un dono, come

il giorno scelto per la consegna, che, come ha spiegato

il Vaticano, «ha un grande valore simbolico: ricorda il gesto

di vicinanza e di servizio compiuto da Gesù durante l’ultima

cena, alla vigilia della sua passione, quando cingendosi

solo di un asciugatoio, ha lavato i piedi ai suoi discepoli.

Attraverso questo mezzo di soccorso, papa Francesco de-

Papa Francesco con la bandiera proveniente dalla città di Bucha, simbolo della guerra in Ucraina

sidera chinarsi davanti agli uomini e alle donne dell’Ucraina

ferita dalla guerra e testimoniare la sua vicinanza. Quando

una persona ferita, ammalata o in difficoltà verrà portata

sull’ambulanza, potrà sentire l’abbraccio e la consolazione

del Papa, che vuole lavare e baciare i piedi di quei fratelli

e di quelle sorelle che subiscono l’ingiusta violenza

della guerra». Il cardinale Krajewski, inoltre, ha trascorso

la settimana santa in Ucraina, incontrando la popolazione

e celebrando il triduo pasquale per le comunità cristiane.

«Nella guerra in Ucraina – ha sottolineato Bergoglio al termine

dell’udienza di mercoledì 6 aprile nell’auditorium del

Vaticano – assistiamo all’impotenza dell’Organizzazione

delle Nazioni Unite. Oggi si parla spesso di geopolitica, ma

purtroppo la logica dominante è quella delle strategie degli

Stati più potenti per affermare i propri interessi estendendo

l’area di influenza economica. Le recenti notizie sulla guerra

anziché portare sollievo e speranza attestano invece

nuove atrocità come il massacro a Bucha; crudeltà sempre

più orrende, compiute anche contro civili, donne e bambini

inermi. Sono vittime il cui sangue innocente grida fino al

cielo e implora che si metta fine a questa guerra, si facciano

tacere le armi, si smetta di seminare morte e distruzione.

Non dimentichiamo il popolo ucraino».

IL PENSIERO DEL PAPA SULLA GUERRA

67


Mauro Mari Maris

Paesaggi inaspettati

www.mauromaris.it

mauromaris@yahoo.it

+ 39 320 1750001


A cura di

Franco Tozzi

Toscana

a tavola

Un “dolce nido” per omaggiare la primavera

di Franco Tozzi

magine si associa al cinguettio degli uccelli e noi, in omaggio

a questi animaletti, vi presentiamo questa gustosa ricetta

primaverile.

La ricetta: dolce nido

Ingredienti per la torta:

- 175 gr. di zucchero semolato - 85 gr. di farina bianca da torte - 75 gr. di fecola di patate

- 6 uova - 2 noci di burro - 1 busta di vanillina

- un pizzico di sale

Ingredienti per farcire e rivestire:

- 300 gr. di cioccolato fondente - 1 etto di burro - 75 gr. di zucchero a velo

- 100 gr. di codetta di cioccolato - alcuni ovetti di zucchero - liquore Cointreau

Imburrare una tortiera a bordo alto, spolverizzarla

di farina ed intanto accendere il forno per portarlo

ad una temperatura di 190°. Versare in una terrina

le uova, il sale e lo zucchero semolato; sbattere

con la frusta finché il tutto non sarà ben montato

come l’albume; unire la farina versandola a pioggia

dal setaccio, così la fecola e la vanillina. Fare amalgamare

con delicatezza, versare il composto nella

tortiera, spianarlo, infornarlo a forno già caldo e

far cuocere per quaranta minuti. Appena cotta, appoggiare

la torta su una griglia e farla raffreddare:

più fredda è, meglio risulterà il taglio da fare. Spezzettare

il cioccolato e farlo sciogliere a bagnomaria;

versarlo sul marmo o su un piano freddo e con

una spatola stenderlo per farlo raffreddare. Appena

diventerà opaco, con un coltello a lama larga fare

dei rotolini, tipo trucioli, raschiando la superficie.

Passare ora il burro in una terrina e farlo sciogliere

come crema; unire zucchero e Cointreau. Con un coltello

modellare la torta in modo che prenda la forma di un nido;

tagliarla a metà. Bagnare le due parti con il Cointreau,

spalmando poi la crema e applicarci sopra l’altra metà della

torta. Sciogliere altra cioccolata e spalmarla sulla torta

prima che si asciughi; poi prendere i rotolini di cioccolato

Èappena trascorsa la Pasqua, che è anche il segnale

dell’arrivo della primavera e non solo del ritorno alla

vita, del risveglio della natura. Da sempre quest’ime

sistemarli nel vuoto al centro, come se fossero rametti

di un nido vero. Sempre al centro, vanno sistemati gli ovetti

e il tutto va in ultimo spolverizzato con zucchero a velo.

Conservare in fresco fino al momento di servire. Un consiglio

per la degustazione: perfetto da abbinare a questa

dolce prelibatezza il gusto inconfondibile del Ronchì Pichi.

Accademia del Coccio

Lungarno Buozzi, 53

Ponte a Signa 50055, Lastra a Signa (FI)

+ 39 334 380 22 29

www.accademiadelcoccio.it

info@accademiadelcoccio.it

UN “DOLCE NIDO”

69


Diario di

un’esploratrice

A cura di

Julia Ciardi

Donatello

Alla Fondazione Palazzo Strozzi un’imponente monografica

sul maestro del Rinascimento pioniere dell’età moderna

di Julia Ciardi / foto Ela Bialkowska (courtesy Fondazione Palazzo Strozzi)

Dal 19 marzo al 31 luglio 2022 uno degli

eventi culturali di punta a Firenze si

svolge alla Fondazione Palazzo Strozzi,

già sede, insieme a tante altre importanti

mostre, della monografica su Verrocchio, maestro

di Leonardo. Quella attualmente in corso

nella sede della fondazione fiorentina e al

Museo del Bargello è una mostra dedicata ad

un altro artista eccellente del Rinascimento:

Donatello. Curata da Francesco Caglioti, l’imponente

esposizione ricostruisce la vita dello

scultore che ha anticipato l’arte moderna. Donatello,

al secolo Donato di Betto Bardi, nasce

a Firenze nel 1386 e qui si forma inizialmente

alla bottega dello scultore e orafo Lorenzo

Ghiberti, autore tra l’altro della famosa Porta

del Paradiso del battistero fiorentino. Donatello

è l’allievo che supera il maestro, attribuendo

In questa e nelle altre foto alcuni scorci della mostra alla Fondazione Palazzo Strozzi

una forte carica di pathos ed espressività alle figure umane.

Non è un orefice ma un “metallurgo” come lo definisce rilievo con variazioni minime rispetto al fondo, come si ve-

numerose tecniche come quella dello “stiacciato”, cioè un

Vasari, parlando del San Ludovico di Tolosa, statua in bronzo

dorato dalle misure spropositate per la quale Donatello battesimale di Siena. Sala dopo sala vengono ricostruite le

de nel Banchetto di Erode, una delle sei formelle del fonte

escogita la soluzione di farne una figura composta da più tappe principali della sua vita e della sua produzione artistica,

operando una distinzione anche tra materiali e tecni-

pezzi: la vediamo in mostra, nella seconda sala del percorso

espositivo, insieme a tante altre opere come l’Attis e a che. Sono ben centotrenta le opere concesse in prestito alla


Fondazione Palazzo Strozzi – tra sculture, dipinti e disegni

– da musei come il Victoria and Albert Museum, la National

Gallery of Art di Washington, il Metropolitan Museum of

Art di New York, il Musée du Louvre di Parigi, gli Staatliche

Museen di Berlino, il Kunsthistorisches Museum di Vienna,

le Gallerie degli Uffizi, la basilica di Sant’Antonio a Padova

e le basiliche fiorentine di San Lorenzo, Santa Croce e Santa

Maria Novella. Il percorso inizia con il confronto tra due

crocifissi: quello di Donatello nella basilica di Santa Croce e

quello del Brunelleschi a Santa Maria Novella. Le due opere

si rifanno all’aneddoto raccontato dal Vasari, secondo cui

Donatello, dopo aver scolpito un crocifisso in legno, pensò

di farlo vedere al suo caro amico Brunelleschi per averne un

giudizio: «Sembrandogli di aver compiuto opera di rara bellezza,

mostrò all’amico Filippo per averne il parere». Ma la

risposta del Brunelleschi fu inaspettata: il crocifisso di Donatello

gli sembrò infatti più simile ad un contadino che «al

corpo di Gesù Cristo, il quale fu delicatissimo ed in tutte le

parti il più perfetto che nascesse giammai». Ferito nell’orgoglio,

Donatello invitò l’amico a prendere del legno e a fare di

meglio se ne fosse stato capace. Brunelleschi raccolse la

sfida e, tornato a casa, scolpì a sua volta un crocifisso che

mostrò a Donatello, il quale riconoscendo la superiorità del

collega affermò: «A te è concesso fare i Cristi, a me i contadini».

La storia si perde in leggenda; ciò che rimane sono

i capolavori di Donatello oggi più vicini che mai. Anche per

questo motivo vale davvero la pena cogliere l’occasione di

andare ad ammirarli e a respirare “cotanta bellezza”, della

quale anche Dante, se avesse potuto apprezzarla, sarebbe

stato certamente orgoglioso nel nome di Florentia.

DONATELLO

71


Eccellenze toscane

in Cina

A cura di

Michele Taccetti

Mital

Da oltre cento anni l’azienda che esporta nel mondo la

cultura della terracotta dell’Impruneta

di Michele Taccetti

Lo stand Mital durante la fiera a Shanghai nel 2015

I fratelli Luigi, Enrico e Franco Mariani con il padre Angiolo (a sinistra)

La terracotta dell’Impruneta si differenzia da

altre produzioni dello stesso tipo per l’unicità

geologica del terreno e per la composizione

chimica dell’argilla ricca di galestro. Una volta

cotto, il prodotto diventa resistente anche a basse

temperature ed assume inoltre un colore caldo

e ricco di sfumature che lo rendono unico ed affascinante.

Storicamente la lavorazione della terracotta

dell’Impruneta risale agli Etruschi, ma è agli

inizi del XIV secolo che inizia la produzione con la

nascita della corporazione dei maestri della terracotta.

Il Rinascimento dona popolarità e visibilità a

questa lavorazione che viene utilizzata da molti artisti

famosi per le loro opere ancora oggi ammirate

dai visitatori di tutto il mondo. Fra questi il Brunelleschi,

che utilizzò la terracotta dell’Impruneta per

la copertura della cupola del duomo di Firenze. Sulla

scia di questa tradizione si colloca la produzione

della MITAL (Manifattura Imprunetana Terrecotte

Artistiche e Laterizi). Il capostipite, Anselmo Mariani,

iniziò questa attività alla fine dell’Ottocento. In

seguito, i figli Angiolo e Armeno e poi dopo i nipoti

Enrico, Franco e Luigi hanno sviluppato la produzione

su larga scala, consolidando la presenza commerciale

a livello nazionale ed internazionale soprattutto attraverso

la produzione di oggetti artistici, articoli impiegati nelle

costruzioni di residenze e ville e prodotti per l’arredamento

come conche, vasi, orci, statue e

fioriere, sempre realizzati a mano nel

rispetto della tradizione e dell’autentica

qualità del classico cotto imprunetano.

La quarta generazione della

famiglia Mariani si è specializzata soprattutto

nella gestione della comunicazione

e della vendita online, che

permette la crescita dell’azienda anche

tramite una maggiore visibilità e

presenza sui mercati internazionali.

Canada, Stati Uniti ed Europa del nord

apprezzano da anni i prodotti MITAL,

ma anche i nuovi mercati come Russia

e soprattutto la Cina non sono indifferenti

alla storia, alla cultura e alla

tradizione familiare che la famiglia

Mariani ha saputo trasmettere con

i propri prodotti. In particolar modo

la Cina ha avuto modo di apprezzare

i prodotti MITAL in occasione di due

mostre svoltesi presso un importante

72

MITAL


In questa e nelle altre foto alcune lavorazioni della MITAL

museo di Shanghai nel 2015 e nel 2019. E quest’anno, nonostante

il Covid, si registra un crescente interesse per lo

sviluppo dei prodotti MITAL in Cina che presto saranno visibili

ed acquistabili anche dal consumatore cinese.

Antica Fornace Mariani - MITAL Terrecotte

Via di Cappello, 31 / 50023 - Impruneta (FI)

www.terrecottemittal.it

MITAL Terrecotte

Amministratore unico di China 2000 SRL e consulente per il

Ministero dello Sviluppo Economico, esperto di scambi economici

Italia-Cina, svolge attività di formazione in materia di

marketing ed internazionalizzazione.

michele.taccetti@china2000.it

China 2000 srl

@Michele Taccetti

Michele Taccetti

Michele Taccetti

MITAL

73


A tavola

con...

A cura di

Elena Maria Petrini

Cinzia TH Torrini

Dall’amore per il cinema alla passione per la buona cucina: la celebre

regista e sceneggiatrice spiega il proprio rapporto con il cibo tra ricordi

d’infanzia e racconti dal set

di Elena Maria Petrini / foto Ralph Palka e courtesy Cinzia TH Torrini

In questo numero intervistiamo Cinzia TH Torrini, regista

e sceneggiatrice fiorentina celebre per fiction di

grande successo come Elisa di Rivombrosa, Piccolo

mondo antico e Don Gnocchi - l’angelo dei bimbi, ma anche

per film, documentari e cortometraggi anche questi

di successo. Dopo il diploma al liceo linguistico di Firenze

nel 1973, frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia e

segue un corso di fotografia. In seguito studia all’Accademia

di Cinematografia di Monaco di Baviera e nel 1977 gira

il suo primo documentario per la televisione bavarese

intitolato Prima o poi … sulla storia dell’ultimo traghettatore

dell’Arno. Nel 1982 gira a Firenze il film Giocare d’azzardo

con Piera Degli Esposti e Renzo Montagnani, con il

quale debutta alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica

di Venezia. Nel 1986 dirige Hotel Colonial con John

Savage, Robert Duvall e Massimo Troisi. Nel 1993 inizia

ad occuparsi di TV con L’aquila della notte – protagonista

Elena Sofia Ricci –, con il quale vince il premio per la regia

ad Umbria Fiction. Seguono altri due film drammatici:

L’ombra della sera con Laura Morante e Morte di una strega

con Remo Girone ed Ida Di Benedetto. Nel 1996 viene

premiata col Golden Rocky Award per il miglior mediometraggio

al Festival di Banff per l’episodio Caramelle con

Stefania Sandrelli e Roberto Citran, della collezione Erotic

Tales. Nel 1997 dirige il film Kidnapping - La sfida con Luca

Zingaretti e Dalila Di Lazzaro. A seguire Iqbal, una copro-

Cinzia TH Torrini sul set di Giocare d’azzardo insieme agli attori Piera Degli Esposti e Renzo Montagnani

duzione Rai, Arté e Televisione Svedese, con cui ottiene il

premio della giuria del pubblico al Festival di Montecarlo

(1999). Nel 2000 la prima esperienza di film in costume

con Piccolo mondo antico in due puntate per Mediatrade;

nel 2003 esordisce con Elisa di Rivombrosa in ventisei

puntate per Canale 5 che riscuote un enorme successo

tanto da realizzare un sequel. Il 2014 è l’anno della serie

televisiva Un’altra vita con Cesare Bocci, Loretta Goggi e

Vanessa Incontrada. Nel 2017 firma il video musicale di

Annalisa Minetti dal titolo Io rinasco e nel 2019 gira Pezzi

unici, una serie TV con Giorgio Panariello, Sergio Castellitto,

Loretta Goggi, Andrea Muzzi ed altri attori. L’ultimo

lavoro, nel 2021, la fiction Fino all’ultimo battito con Marco

Bocci, Violante Placido, Loretta Goggi, Bianca Guaccero

ed altri attori.

In alcuni suoi film il cibo viene utilizzato per trasmettere

emozioni: qual è secondo lei il rapporto tra cinema e cibo?

Ha toccato un argomento per me molto importante perché

nei miei lavori, oltre a dare l’immagine del paesaggio,

dell’architettura e dei luoghi, vado sempre a cercare il cibo

caratteristico proprio di quei luoghi. Ad esempio, quando

abbiamo girato a Matera nel 2017 gli episodi della serie televisiva

Sorelle, gli attori citavano anche tutti i nomi di cibi

locali come il peperone crusco, le cicerchie o le fave. Mi

ricordo che nel 2012, durante le riprese

de La Certosa di Parma, il re, che era un

godereccio, mentre parlava di affari o di

politica, con le mani mangiava prosciutto

crudo e formaggio grana. Cerco sempre

di rappresentare la tipicità dei luoghi

e con quelle immagini anche di far venire

l’acquolina in bocca agli spettatori, che,

quasi quasi, arrivano a sentire il sapore

dei cibi; è anche un modo per promuovere

le nostre tipicità. Nel 2019, durante

le riprese della serie televisiva Pezzi

unici, si girava in una trattoria di Prato,

che preparava ottimi piatti della cucina

toscana. In genere, l’ultimo giorno delle

riprese, c’è l’usanza di fare uno scherzo

agli attori sul set: quando abbiamo girato

la scena in cui Giorgio Panariello doveva

mangiare un piatto di pappardelle al

ragù, gliel’abbiamo fatta ripetere più vol-

74

CINZIA TH TORRINI


te, dandogli ogni volta un nuovo

piatto di pappardelle, fino quasi a

farlo strippare, anche se devo ammettere

che le ha sempre mangiate

di gusto…

Le piace cucinare?

Mi piace molto cucinare e inventare

nuove ricette; ho anche molti

libri di cucina come ad esempio

l’Artusi o il Cucchiaio d’Argento e

uno sulla cucina toscana. Sul terrazzo

di casa mia, ormai da molti

anni, non coltivo più fiori ma cavolo

nero, patate, cipolle ed anche

spezie ed erbe aromatiche: per inventare

nuove ricette faccio un giretto

sul terrazzo e da lì mi ispiro.

Immagine dal set del film Pezzi unici con Sergio Castellitto e Giorgio Panariello al centro ed altri giovani attori:

Moisè Curia, Lucrezia Massari, Irene Ferri, Margherita Tiesi, Anna Manuelli, Carolina Sala e Lorenzo de Moor

Piatti preferiti?

Mi piace molto la cucina toscana

in generale e fiorentina in particolare,

magari con un buon vino

rosso, perché sono i piatti della

mia origine, quelli che digerisco

meglio. In Toscana ci sono nata

e vissuta, la mamma e la mia tata

erano ottime cuoche e già da

quando avevo dodici anni mi hanno

insegnato a cucinare, cosa che

mi è sempre piaciuta. Mia mamma,

poi, mi prendeva in giro dicendomi

che ero la “regina degli

avanzi” perché aprivo il frigorifero

e con quello che c’era cucinavo, mi

venivano sempre cose buone (oggi

l’Accademia della Cucina Italiana

parla di “cucina del riuso”, ndr).

La regista sul set di Pezzi unici (ph. Ralph Palka)

Il suo “cibo della memoria” legato agli affetti o ai ricordi?

Quando ero in Messico nel 1987 a girare Hotel Colonial, il

cestino del pranzo che ci davano non ci piaceva. Per questo

insieme al truccatore cucinavamo spaghetti col sugo

di carne, allestendo la zona cottura nel reparto trucco. Il

profumo che si diffondeva faceva avvicinare alcuni attori

del film come Massimo Troisi, Robert Duvall e John Savage,

che venivano a mangiare con noi apprezzando moltissimo

i nostri spaghetti. A Praga, invece, nel 1991, quando

abbiamo girato la miniserie televisiva intitolata Dalla notte

all’alba, la troupe soggiornava in un hotel, ma io presi

in affitto anche un appartamento in centro, proprio nella

piazza principale, dove andavamo solo per mangiare il sabato

sera. L’elettricista, che di solito cucinava, dopo una

colletta andava a fare la spesa, ma c’eravamo portati anche

molti prodotti italiani, come un’intera forma di parmigiano,

non so quanti barattoli di pomodoro e chili e chili

di pasta. Dunque, ogni sabato sera, in quell’appartamento,

c’era sempre una grande cena all’italiana con tutta la troupe,

un ricordo bellissimo!

Con la troupe, quindi, ha sempre avuto un rapporto particolarmente

cordiale, di piacevole condivisione?

Esatto, io “faccio famiglia”; poi, quando finisce il film, il

giorno dopo non c’è più nessuno, tanto che al mio primo

film ho pianto. Era Giocare d’azzardo, con Renzo Montagnani

e Piera Degli Esposti, girato a Firenze nel 1982; mi

ricordo che andai da sola al Caffè Rivoire, in Piazza della

Signoria, a bere in solitudine un bicchierino di vodka,

io che non bevo: dovevo compensare in qualche modo

quell’abbandono totale… col tempo ci ho fatto l’abitudine!

CINZIA TH TORRINI

75


B&B Hotels

Italia

B&B Hotels sbarca a Chioggia, la “piccola Venezia”

Inaugurata una nuova struttura dove rilassarsi e godere delle bellezze del territorio

di Chiara Mariani

B&B Hotels, catena internazionale con più di 600 hotel

in Europa, punta i riflettori e apre il suo hotel a Chioggia,

“la piccola Venezia”, come proposta Sun&Beach

destination, acquisendo la storica struttura appartenente alla

famiglia Boscolo da oltre 50 anni. Da oggi la struttura diventerà

B&B Hotel Chioggia Airone - Lido di Venezia, ideale per

chi cerca il relax senza dover rinunciare alla tipica aria vacanziera

delle località di mare e alle numerose attività che offre il

territorio. Chioggia, considerata dal New York Times una delle

tre località italiane tra i luoghi da visitare nel 2022, è definita

la “Venezia in miniatura”. L’illustre località viene consigliata in

quanto deliziosa alternativa per un viaggiatore alla ricerca di

destinazioni meno note. Per il New York Times, infatti, mentre

Venezia è una destinazione sopraffatta dal turismo di massa,

Chioggia rappresenta una meta dove rilassarsi in totale relax,

godendo delle sue lunghe spiagge dorate e di sabbia finissima

a misura di famiglia e delle bellezze architettoniche del

centro storico: la città conserva una ruvida atmosfera marittima,

fuori dal tempo tra le calli chioggiotte. «Siamo orgogliosi

di ampliare la nostra offerta con una struttura meravigliosa

come il B&B Hotel Chioggia Airone Lido di Venezia. L’hotel, inserito

in una cornice decisamente prestigiosa, ci permette di

allargare ulteriormente la nostra offerta in destinazione a vocazione

leisure», ha dichiarato Valerio Duchini, presidente e

amministratore delegato di B&B Hotels Italia. «Dopo Cortina

d’Ampezzo – ha aggiunto Duchini – siamo oggi fieri di poter

arrivare in un’ulteriore località di vacanza, e in particolare di

mare, molto amata dai turisti italiani e stranieri. Lo standard

di qualità e di servizi del nostro gruppo porterà avanti con entusiasmo

l’ottimo lavoro fatto sino ad oggi da questa storica

struttura molto radicata anche sul territorio locale». Il B&B Hotel

Chioggia Airone Lido di Venezia si trova a soli 5 minuti di

auto da Chioggia; proprio grazie alla sua posizione strategica,

dall’hotel è possibile partire alla volta di Venezia e di tutto il

territorio veneto e non solo: Padova, Treviso, Rovigo e Vicenza

distano solo un’ora di auto e in un’ora e mezza è possibile raggiungere

anche città come Verona, Ferrara e Ravenna. Design

raffinato e ricerca del comfort sono le caratteristiche di tutte

le 96 camere dell’hotel, disponibili nelle tipologie singola, economy,

deluxe e family. Ogni stanza è dotata di aria condizionata

regolabile, mini-frigo e di un bagno privato con bidet, doccia

e asciugacapelli. Per un soggiorno più smart la struttura mette

a disposizione una connessione Wi-Fi illimitata e gratuita e

Smart TV 32” con Chromecast integrata per rivedere i contenuti

digitali personali su un grande schermo o per godersi al

meglio i canali Sky gratuiti. L’hotel dispone anche di un appartamento

di lusso di 140 mq all’ultimo piano con due camere

da letto, cucina attrezzata, Jacuzzi, sauna e una splendida vi-

In questa e nelle altre foto alcuni ambienti e stanze del B&B Hotel Chioggia Airone-Lido di Venezia

76

B&B HOTELS CHIOGGIA


sta sul mare. Il B&B Hotel Chioggia Airone Lido di Venezia è

una location ideale per meeting aziendali grazie a sale modulabili

e perfettamente attrezzate per ospitare qualsiasi genere

di convegno o evento fino a un massimo di 400 persone.

Spazio anche per ogni occasione speciale per chi abita nei

dintorni: matrimoni, battesimi, comunioni, lauree ma anche

compleanni, cene aziendali o semplici feste tra amici. Oltre

alle sale interne, come la Sala Madreperla e la Sala Corallo,

anche lo spazio esterno a bordo piscina e il ristorante “La Terrazza”

offrono i giusti spazi per qualsiasi tipo di evento. Per

non lasciarsi sfuggire il gusto imperdibile della cucina regionale,

il B&B Hotel Chioggia Airone Lido di Venezia propone

due ristoranti. Il ristorante Oltremare si distingue per la qualità

dei prodotti e l’efficienza del servizio: ogni giorno, oltre ad una

ricca prima colazione a buffet con prodotti dolci, salati e gluten

free, gustose proposte – sia a buffet che à la carte – sono

pensate per soddisfare i desideri degli ospiti, dedicando un’attenzione

particolare a chi ha allergie e intolleranze. Le ricette

vengono realizzate con ingredienti freschi, di stagione e tipici

del territorio. Il ristorante La Terrazza a bordo piscina è invece

la cornice ideale per pranzi e cene in totale relax, con un

menù veloce e sfizioso o uno tipico à la carte, con spettacoli,

musica dal vivo e sullo sfondo magnifiche fontane danzanti

per animare le serate. Oltre ad una cucina semplice ma raffinata,

particolare cura è riservata all’abbinamento dei vini con

piatti sia di pesce che di carne. Nel dopocena, il ristorante si

trasforma nel luogo perfetto in cui finire la serata sorseggiando

un cocktail o una bibita fresca, ascoltando buona musica.

L’hotel offre infatti una vasta gamma di servizi per soddisfare

tutte le esigenze: E-station per la ricarica delle auto elettriche;

noleggio di biciclette per percorrere le piste ciclabili della città;

accesso diretto alla spiaggia privata con ombrelloni e lettini;

piscina per grandi e piccini con giochi d’acqua; animazione

durante tutta l’estate con spettacoli serali; giochi d’acqua e

fontane danzanti; Wi-Fi superveloce fino a 300 Mb/s gratuito

in tutto l’albergo, servizio lavanderia e aria condizionata.

B&B HOTELS CHIOGGIA

77


Benessere e cura

della persona

A cura di

Antonio Pieri

La skincare naturale di Idea Toscana

di Antonio Pieri

Il cambio di stagione è ormai inoltrato e i suoi effetti si vedono

e si fanno sentire: la luce del sole ci accompagna fino

all’ora di cena, l’aria si è fatta frizzante e il primo sole

inizia a scaldarci. Ma gli effetti del cambio di stagione si vedono

anche sulla pelle, soprattutto su quella del viso che può risultare

più secca del normale. Quindi, come rimediare? Con la

giusta skincare naturale.

Rinnovare la pelle

Come detto, la pelle del nostro viso potrebbe sembrare secca e

disidratata. La rimozione delle cellule morte è fondamentale,

infatti questa azione permette alla pelle di ritrovare luminosità

e riattivare la microcircolazione. Altra pratica fondamentale è la

pulizia profonda della pelle che con l’inverno si opacizza per colpa

dell’inquinamento, del vento freddo e della poca luce solare.

Prodotti naturali

Il consiglio, come sempre, è quello di utilizzare per la cura del

viso prodotti naturali o biologici perché la maggior parte dei

prodotti in commercio contengono agenti chimici che risolvono

il problema solamente a livello superficiale e provocando

a volte problemi di sensibilizzazione cutanea. Prima di andare

ad applicare qualsiasi crema idratante sulla pelle dobbiamo

pulirla a fondo ed eliminare le cellule morte. Quindi i prodotti

che non possono mancare sono quelli che svolgono un’azione

di pulizia profonda e di rigenerazione epidermica e cellulare

come scrub, maschere viso e creme idratanti. Prodotti che

contengono come principi attivi l’olio extravergine di oliva o gli

estratti di rosa damascena o centifolia sono ottimi perché idratano

la pelle in profondità senza ungerla e facendole ritrovare

la sua naturale freschezza e morbidezza.

È consigliato iniziare con uno scrub viso per rinnovare le cellule

della nostra epidermide andando ad eliminare quelle morte.

Così facendo si stimola la sintesi di collagene ed elastina

aiutando la pelle a far penetrare le sostanze idratanti che andremo

ad applicare sul viso dopo aver effettuato il trattamento

scrub. Per questa operazione è ottimo il Pad Viso Esfoliante di

Idea Toscana con noccioli d’oliva al suo interno che svolgono

l’effetto di scrub sulla pelle del viso. Successivamente applicare

sulla pelle liberata dalle cellule morte una maschera viso

ben imbevuta di tonico o acqua micellare e tenerla in posa dai

3 ai 5 minuti. Infine, possiamo applicare una crema idratante

che sarà in grado di penetrare a fondo, rendendo così la pelle

ben idratata e pronta alle prime esposizioni solari.

Novità naturali Idea Toscana

Siamo felici di presentare due novità per la cura della pelle del

viso completamente naturali e biologiche, due prodotti rinnovati

della nostra linea viso Prima Spremitura BIO. La crema idratante

anti-età nella nuova confezione in vasetto di vetro da 50 ml, ottima

per contrastare la comparsa delle rughe già dai 35 anni e ridefinire

i contorni del volto grazie all’acido ialuronico. La crema

contorno occhi e labbra nella nuova confezione in vasetto da 15

ml, attenua le occhiaie e le borse riducendone il volume e il colore,

ha un effetto tensore e levigante e, se usata regolarmente,

rallenta la comparsa delle rughe sul contorno di labbra e occhi.

Idrata e nutre in profondità senza ungere grazie alla formulazione

biologica con olio extravergine di oliva toscano IGP biologico,

squalano vegetale e burro di karitè biologico.

Come fare la skincare

Ti aspettiamo nel nostro nel nostro punto vendita in Borgo

Ognissanti 2 a Firenze o sul sito www.ideatoscana.it per

prenderti cura della tua pelle e dei tuoi capelli in maniera

naturale e biologica.

Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl

e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici

naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.

Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore,

ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.

antoniopieri@primaspremitura.it

Antonio Pieri

78 SKINCARE


PROFUMO AMBIENTE IDEA TOSCANA

fragranze naturali per la casa

Idratazione Biologica per il Benessere della tua pelle

Organic moisturising for the well-being of your skin

IDEA TOSCANA - Borgo Ognissanti, 2 - FIRENZE | Viale Niccolò Machiavelli, 65/67 - SESTO FIORENTINO (FI) |

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per terra, la tua.

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