Racconta Koine 2020
Racconta Koiné seconda edizione, anno 2020. La raccolta di racconti scritti dai ragazzi degli Istituti Scolastici di Monterotondo, Mentana e Fonte Nuova che hanno partecipato al progetto “L’Atelier Koiné” sul tema della Memoria. Una insieme di racconti che descrivono la memoria e le mille sfaccettature che questa parola evoca nei giovani scrittori. Il 4 Giugno 2020 si terrà la premiazione in un evento online alla partecipazione di una giuria esterna
Racconta Koiné seconda edizione, anno 2020.
La raccolta di racconti scritti dai ragazzi degli Istituti Scolastici di Monterotondo, Mentana e Fonte Nuova che hanno partecipato al progetto “L’Atelier Koiné” sul tema della Memoria.
Una insieme di racconti che descrivono la memoria e le mille sfaccettature che questa parola evoca nei giovani scrittori. Il 4 Giugno 2020 si terrà la premiazione in un evento online alla partecipazione di una giuria esterna
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porta ad aspettare che mia madre aprisse per dargli il primo
pasto della giornata e le carezze. Quella mattina però, dopo
essere stato puntuale per otto anni, non c’era ad aspettare la
colazione e le coccole. Non si presentò a pranzo, non si presentò
a cena. Lo cercammo ogni giorno lasciando acqua e cibo
davanti alla porta, appendemmo ovunque volantini e mettemmo
annunci su internet. Il nostro paese fu molto solidale,
ricevemmo numerose segnalazioni che riaccesero le speranze,
ma nessuna a buon fine. Mia madre dapprima ottimista,
sembrava ormai dopo un mese, essere caduta nel pessimismo
più nero, sfiduciata, terrorizzata dal fatto che non l’avrebbe
più trovato. Fu dopo un mese esatto dalla sua scomparsa
che cominciò a ricamare il suo musetto su quella tela, come
se quel ricamo assumesse per lei dei significati particolari.
Usava il filo come un originale inchiostro per fissare la sua immagine,
e l’attesa, il tempo che passava, in quel modo era
più lieto, come se così in qualche modo si prendesse comunque
cura di lui. Un modo per rimanere in connessione, un filo
conduttore. Passò diverso tempo ancora, più o meno tre lunghi
mesi, ma il desiderio di ritrovarlo, di riaverlo in famiglia
e r a a n c o r a a c c e s o .
Una mattina alle 6:30 uno strano miagolio ci fece balzare tutti
giù dal letto. La prima ad arrivare alla porta fu mia madre ovviamente.
Con il cuore che le batteva all’impazzata aprì, ritrovando
Mizio davanti ai suoi piedi stremato, sporco, quasi
scheletrico, con evidenti ferite sul corpicino, dietro le quali si
nascondeva una storia impossibile per lui da raccontare, ma
di sicuro tracce lasciate da una terribile esperienza di vita. Dopo
aver provato a farlo mangiare e bere senza successo, lo
portammo dal veterinario. Gli diede le prime cure, lo visitò e
poi cominciò a riempirci di strani e incomprensibili termini come
peritonite infettiva, rinotracheite virale, infezione isogena
setticemica, batteri, microrganismi... Non ci capivo nulla e
neanche i miei genitori. Poi mia madre parlò per conto suo
con il veterinario e dopo quasi venti minuti uscì con Mizio in
braccio, fortunatamente vivo, ma mia madre aveva gli occhi
gonfi di lacrime che non lasciavano intendere nulla di buono.
Solo successivamente, a casa, ci spiegò che il veterinario gli
aveva suggerito di sopprimerlo per non farlo soffrire, perché
ogni cura sarebbe stata vana. Ma lei quella decisione non voleva
prenderla. Lo voleva ostinatamente a casa con lei. Lo
aveva sistemato in una cesta vicino la sua poltrona, là dove
ogni tanto metteva ancora punti su quella tela. A me piaceva
pensare che rammendasse le ferite di Mizio e che quindi in
quel modo si prendesse cura della sua guarigione. Ma in realtà
peggiorava di giorno in giorno. Tre giorni dopo mi svegliai
alle cinque di mattina per andare in bagno, vidi una fioca luce
nel salotto, mia madre era già lì sulla poltrona vicino alla
cesta. Forse non si era mossa da lì per tutta la notte. Mi chiamò
vicino a lei e mi disse mentre tagliava un filo del ricamo
con le forbici: ”L’ho finito vedi, sto tagliando l’ultimo filo“. Poi
continuò: “Ciò che divide il bene e il male, il giusto e sbagliato
è un filo talmente sottile...a volte quel filo si spezza e tutto
si mischia senza comprendere quale sia la scelta giusta. Ci si
smarrisce”. Facevo fatica a seguirla ma continuò: “Questa
notte però ho preso coraggio, non pensavo di averne così
tanto, ho deciso che è ora di spezzare questa sofferenza, non
posso essere così egoista e averlo qui a suo discapito”.
Lo adagiò nel trasportino e da sola andò dal veterinario. Cinque
giorni dopo mia madre appese alla parete del salotto un
quadro con il ritratto su tela di Mizio. Da quella parete Mizio
sembra avere gli occhi sempre su mia madre, quegli occhioni
innamorati. Loro rimarranno sempre uniti da un filo invisibile,
e ovunque saranno quel filo non si spezzerà mai.
SPAGNUOLO PAOLO Classe IIB
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