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Anno 1 - N. 1 | Cuneodice

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10

Luglio 2020

Storia Locale

• Viadotto Soleri visto da Lungostura Ventiquattro Maggio - Cuneo

no seguite nella caduta”.

Le operazioni di soccorso furono

avviate dai pompieri e

dai soldati del primo reggimento

artiglieria di montagna

e del 33esimo reggimento

fanteria, coadiuvati dai

carabinieri e dai militi della

Mvsn. Tutte le autorità, in

testa il podestà Imberti e il

segretario del fascio Bonino,

si recarono sul posto insieme

a una gran folla di cittadini

sgomenti.

Le descrizioni del ritrovamento

dei corpi lasciano inorriditi

ancora oggi: “I volenterosi

soldati ed i bravi pompieri riuscivano,

dopo lunghi sforzi,

a rimuovere qualcuna delle

pesanti armature e si potevano

così estrarre per primi

due operai, i cui cadaveri,

orribilmente deformati, venivano

trasportati a braccia

e deposti sulle barelle per

essere portati all’ospedale.

Le due salme erano ridotte

ad un informe ammasso di

carne: le braccia e le gambe,

spezzate, penzolavano orribilmente

dal resto del corpo.

Altri corpi, tutti irriconoscibili,

venivano frattanto rimossi

dalle macerie. Il cadavere di

un terzo operaio era estratto

e si presentava agli occhi

dei presenti orrendamente

mutilato. Il disgraziato aveva

riportato la decapitazione

e per quante ricerche siano

state fatte finora, il capo

dell’infelice non è più stato

ritrovato. Le centine che apparivano,

nonostante il loro

spessore, completamente

deformate e contorte, erano

cosparse in più punti di larghe

macchie di sangue. Altri

corpi si intravvedevano. La

scena assumeva un aspetto

sinistro”.

Il cronista riporta scene strazianti

anche in ospedale,

dove gli operai “assistono

come automi alla sfilata dei

cadaveri dei loro compagni

di lavoro”. In un angolo, due

uomini col capo reclinato

piangono ininterrottamente:

“Sono due operai che hanno

avuto un loro fratello morto

nella catastrofe”. C’è però fra

tanta disperazione un’incredibile

storia a lieto fine: è

quella di tale Lorenzo Giuseppe

Ghibaudo di Cervasca,

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che al momento del crollo si

trovava proprio sotto l’arcata.

L’uomo racconta di essersi

gettato in una bealera subito

dopo aver udito lo schianto:

“Fortuna volle che una centina

precipitasse in senso

trasversale al corso d’acqua,

e quindi lo proteggesse dal

susseguente precipitare del

materiale”.

La storia travagliata del ‘ponte

nuovo’ era incominciata

ben diciassette anni prima,

il 22 settembre 1913, con la

posa della prima pietra alla

presenza del re Vittorio Emanuele

III e del presidente del

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