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Anno 1 - N. 1 | Cuneodice

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Luglio 2020

Storia Locale

oggi). “Il progetto prevedeva

la demolizione dell’antico

palazzo comunale e della

Torre Civica per far luogo a

una grande piazza quadrata,

sul cui asse si impostava una

nuova arteria che andava a

sfociare nella via Mondovì,

provocando il taglio di ben

quattro isolati e l’abbattimento

della chiesa di San

Sebastiano” scrive Roberto

Albanese nel suo libro ‘Architettura

e urbanistica a Cuneo

tra XVII e XIX secolo’. I progetti

dei due ‘alti papaveri’

recuperavano, scrive ancora

l’architetto esperto di storia

locale: “ipotesi illuministiche

di una società retta dalla ragione”.

Già, in quegli anni di

turbolenze politiche quasi

tutto il ceto dirigente franco-cuneese

era massone. Ciò

contribuì a ovattare le “divisioni

tra legittimisti e francesizzanti,

antichi giacobini e

napoleonici, municipalisti e

nostalgici della restaurazione

sabauda, federalisti e unitari”.

Il tutto in nome del bene comune:

benessere, progresso,

efficacia dell’amministrazione

e necessità di governare

la società.Caissotti e De Gregory

non facevano eccezione

alla regola. Nella sola Cuneo

nacquero in quegli anni

due logge: “Parfait” e “Heureuse

Union”. D’altronde lo

stesso Napoleone Bonaparte,

pur disprezzando le ‘conventicole

segrete’ e le ‘sette’,

“apprezzava ‘l’arte reale’ e i

‘lavori di architettura’”, scrive

Aldo Mola nella sua ‘Storia

di Cuneo’. Per capire quanto

squadra e compasso fossero

popolari nella classe dirigente

dell’epoca basti pensare

che tra i membri dell’Heureuse

Union c’era anche quel

Bartolomeo Bruni al quale

oggi è dedicata l’orchestra

sinfonica della città e che, pur

residente a Parigi, tornò nella

sua città natale per affiliarsi

alla loggia. A questo punto

non è difficile comprendere

la velleità di ’disegnare’

un compasso sulla mappa

di Cuneo del sindaco e del

Prefetto. Il progetto prevedeva

che una ‘delle aste’ del

balaustrino fosse l’attuale

Contrada Mondovì, mentre

l’altra ‘via-asta’, dopo l’abbattimento

di alcuni caseggiati,

avrebbe dovuto giungere

sino all’ideata piazzetta davanti

all’attuale palazzo Civico,

che sarebbe poi stata

battezzata ‘Place aux Grains’.

Il tutto puntellato da una rotonda

sull’attuale corso Giovanni

XXIII. Ai francesi non

era bastato cancellare dalle

mura della torre lo stemma

della città e le iscrizioni che

testimoniavano la fedeltà di

Cuneo ai Savoia (che saranno

nuovamente eseguiti dal

pittore Bottagatti dopo la restaurazione),

ma avrebbero

voluto radere al suolo l’intero

edificio. Lo stesso destino

sarebbe toccato alla chiesa

di san Sebastiano e all’edificio

che oggi ospita il Museo

Diocesano. Fortunatamente

non se ne fece nulla e oggi i

cuneesi possono ancora ammirare

la torre che secondo

un’antica tradizione fu eretta

dopo il trattato di pace stipulato

tra Cuneo e Mondovì il

15 giugno 1317, con il quale

Roberto d’Angiò, signore

della Contea di Piemonte,

ordinò ai monregalesi di innalzare

a loro spese la Torre

Civica dei cuneesi. A quanto

pare si tratta di una leggenda,

in quanto durante la dominazione

angioina le due

città non furono in guerra.

Lo conferma uno dei più antichi

documenti conservati

nell’Archivio Storico, dove

è scritto che già nel 1240 il

Consiglio comunale veniva

convocato al suono della

campana. Negli anni successivi

l’edificio conobbe molte

peripezie, tra cui un incendio

che devastò il palazzo e

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• La chiesa di San Sebastiano vista dal Lungogesso - Cuneo

si propagò all’interno dello

stesso, era il 1627. Negli anni

successivi fu restaurata secondo

il progetto dell’architetto

monregalese Gallo, per

conservarsi immacolata fino

ai giorni nostri. “La Torre Civica

con la sua campana ha accompagnato

e scandito tutte

le tappe del cammino storico

di Cuneo - scrisse il compianto

Piero Camilla, direttore

CUNEO SALUZZO PINEROLO MONDOVÍ BORGO S.D.

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