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Anno 1 - N. 1 | Cuneodice

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Anno 1 - N.1 Luglio 2020

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Cuneo, quando i massoni volevano

abbattere la Torre Civica e San Sebastiano

A pagina 4

Novant’anni fa

la tragedia

del Viadotto Soleri

A pagina 8

Alla riscoperta

delle montagne

cuneesi

A pagina 36

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CUNEODICE.IT UNA NUOVA RIVISTA?

UN’INTEGRAZIONE AL QUOTIDIANO ONLINE

Mentre la stampa italiana

sceglie di abbandonare il

cartaceo per spostarsi sul

web, la scelta di iniziare la

pubblicazione di un nuovo

mensile potrebbe apparire,

a primo acchito, sconsiderata

e anacronistica.

Probabilmente lo sarebbe

se nell’epoca delle notizie

in tempo reale avessimo

la velleità di convincere

chi ha fame d’informarsi

ad abbandonare computer,

tablet e smartphone

per tornare all’odore della

carta, ma l’obiettivo che si

pongono queste pagine è

un altro: non quello di sostituirsi

al web, ma di integrarlo.

Il quotidiano online

Cuneodice.it è oramai un

punto di riferimento per

molti cuneesi che dimostrano

di apprezzare il nostro

modo di fare informazione.

A confermarlo sono

i dati di Google Analitycs:

sono oltre centinaia di migliaia

gli utenti unici che

ogni mese scelgono la nostra

testata per sapere che

cosa succede in provincia

di Cuneo.

L’informazione immediata

ha molti aspetti positivi,

ma ne presenta anche

di negativi: uno su tutti la

mancanza di approfondimento.

Navigando nel

mare magnum della rete

proviamo spesso a vedere

cosa c’è sotto l’acqua, ma

capita che qualche articolo,

pur interessante, non

abbia da parte dei lettori

l’attenzione che meriterebbe.

Queste pagine sono state

stampate proprio per

questo, per consentire a

chi già ci segue sul web (e

a chi ancora non lo fa) di

rileggere o leggere per la

prima volta quegli articoli

durevoli che non si esauriscono

in un giro di giostra,

ma sono meritevoli di uno

sguardo più approfondito

su un supporto più adeguato

a una lettura tranquilla

e ragionata.

Il formato della rivista che

vi proponiamo è semplice

e leggero, di modo che chi

lo desidera possa fruirne

in ogni luogo: in attesa dal

dentista, sorseggiando un

caffè o seduto su una panchina

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possa essere una sorpresa

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Iscrizione al ROC n. 27879 del 23/02/2017

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Milano (MI) - Foro Buonaparte, 59

Aut. Trib. di Cuneo: N. 679 del 12/06/2020

Editore: Publidok S.r.l. - Milano (MI) - Foro Buonaparte, 59

Stampa: Alma Tipografia srl Villanova Mondovì

Direttore responsabile: Samuele Mattio

Pubblicità: Publidok S.r.l. - 0171.937225

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4

Luglio 2020

Storia Locale

Quando i massoni volevano abbattere

la Torre Civica e San Sebastiano

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• La Torre Civica di Cuneo vista da via Roma

Nel primo piano regolatore di Cuneo il Sindaco e il Prefetto avevano

inserito un ‘compasso’, emblema del simbolismo massonico

CUNEO

Squadra e compasso

sono i simboli massonici

più diffusi nell’immaginario

collettivo. Com’è

noto a molti appassionati,

insieme al ‘Libro della legge

sacra’, i due elementi compongono

le grandi luci della

libera muratoria. Ciò che è

meno noto è che la passione

per la simbologia massonica

ha rischiato di influenzare

pesantemente l’urbanistica

di Cuneo. Come? Tramite

l’abbattimento di due degli

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Storia Locale Luglio 2020 5

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• Il dettaglio del piano regolatore del 1802

dell’altipiano; la Torre Civica

e la chiesa di San Sebastiano,

ma andiamo per ordine.

Siamo all’inizio del diciannovesimo

secolo. La battaglia

di Marengo, combattuta il

14 giugno 1800 tra le truppe

francesi dell’Armata di

riserva e l’esercito austriaco,

assicurava a Napoleone

Bonaparte la sottomissione

dell’Italia settentrionale, Cuneo

compresa. La città, annessa

all’Impero Francese,

divenne capoluogo del ‘Dipartimento

della Stura’ che

anticipò, mezzo secolo prima

e quasi nelle sue esatte dimensioni,

la definitiva provincia

Granda, poi istituita

con la legge del 1859.

In quegli anni, abbattute le

mura, l’altipiano conobbe

l’allineamento degli assi viari

e uno sviluppo urbanistico

verso sud. Nella ex piazzaforte

militare, nota fino ad

allora per l’inespugnabilità,

nacquero la biblioteca civica,

il liceo e il teatro. La città fortificata

scomparve, ma quella

nuova era pronta a svilupparsi

secondo le direttive del

‘Piano d’ingrandimento e abbellimento

di Cuneo’ (Plan et

projet d’aggrandissement et

embellissement de la Ville de

Coni), redatto nel 1802 sotto

gli auspici del generale Jourdan:

fu il primo ‘piano regolatore’

di Cuneo.

Era l’8 aprile del 1802 quando

il prefetto Lorenzo De

Gregory di Marcorengo e

il sindaco (o ‘maire’) Carlo

Caissotti di Chiusano illustrarono

al plenipotenziario

francese in Piemonte le linee

programmatiche del nuovo

strumento di pianificazione

urbana, poi inviato a Parigi

per la definitiva approvazione.

Oltre a un arco di trionfo,

un anfiteatro e a un’arena,

innestati in ampi spazi verdi

alla base dell’ideale ferro di

cavallo vegetale formato dai

viali alberati poi parzialmente

realizzati, il piano avrebbe

dovuto portare alla formazione

di una piazza che desse

‘respiro’ alla nuova sede

del municipio (l’Hotel de

Ville), l’ex Collegio Scolastico

dei Padri Gesuiti diventato

palazzo comunale nel 1775

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6

Luglio 2020

Storia Locale

oggi). “Il progetto prevedeva

la demolizione dell’antico

palazzo comunale e della

Torre Civica per far luogo a

una grande piazza quadrata,

sul cui asse si impostava una

nuova arteria che andava a

sfociare nella via Mondovì,

provocando il taglio di ben

quattro isolati e l’abbattimento

della chiesa di San

Sebastiano” scrive Roberto

Albanese nel suo libro ‘Architettura

e urbanistica a Cuneo

tra XVII e XIX secolo’. I progetti

dei due ‘alti papaveri’

recuperavano, scrive ancora

l’architetto esperto di storia

locale: “ipotesi illuministiche

di una società retta dalla ragione”.

Già, in quegli anni di

turbolenze politiche quasi

tutto il ceto dirigente franco-cuneese

era massone. Ciò

contribuì a ovattare le “divisioni

tra legittimisti e francesizzanti,

antichi giacobini e

napoleonici, municipalisti e

nostalgici della restaurazione

sabauda, federalisti e unitari”.

Il tutto in nome del bene comune:

benessere, progresso,

efficacia dell’amministrazione

e necessità di governare

la società.Caissotti e De Gregory

non facevano eccezione

alla regola. Nella sola Cuneo

nacquero in quegli anni

due logge: “Parfait” e “Heureuse

Union”. D’altronde lo

stesso Napoleone Bonaparte,

pur disprezzando le ‘conventicole

segrete’ e le ‘sette’,

“apprezzava ‘l’arte reale’ e i

‘lavori di architettura’”, scrive

Aldo Mola nella sua ‘Storia

di Cuneo’. Per capire quanto

squadra e compasso fossero

popolari nella classe dirigente

dell’epoca basti pensare

che tra i membri dell’Heureuse

Union c’era anche quel

Bartolomeo Bruni al quale

oggi è dedicata l’orchestra

sinfonica della città e che, pur

residente a Parigi, tornò nella

sua città natale per affiliarsi

alla loggia. A questo punto

non è difficile comprendere

la velleità di ’disegnare’

un compasso sulla mappa

di Cuneo del sindaco e del

Prefetto. Il progetto prevedeva

che una ‘delle aste’ del

balaustrino fosse l’attuale

Contrada Mondovì, mentre

l’altra ‘via-asta’, dopo l’abbattimento

di alcuni caseggiati,

avrebbe dovuto giungere

sino all’ideata piazzetta davanti

all’attuale palazzo Civico,

che sarebbe poi stata

battezzata ‘Place aux Grains’.

Il tutto puntellato da una rotonda

sull’attuale corso Giovanni

XXIII. Ai francesi non

era bastato cancellare dalle

mura della torre lo stemma

della città e le iscrizioni che

testimoniavano la fedeltà di

Cuneo ai Savoia (che saranno

nuovamente eseguiti dal

pittore Bottagatti dopo la restaurazione),

ma avrebbero

voluto radere al suolo l’intero

edificio. Lo stesso destino

sarebbe toccato alla chiesa

di san Sebastiano e all’edificio

che oggi ospita il Museo

Diocesano. Fortunatamente

non se ne fece nulla e oggi i

cuneesi possono ancora ammirare

la torre che secondo

un’antica tradizione fu eretta

dopo il trattato di pace stipulato

tra Cuneo e Mondovì il

15 giugno 1317, con il quale

Roberto d’Angiò, signore

della Contea di Piemonte,

ordinò ai monregalesi di innalzare

a loro spese la Torre

Civica dei cuneesi. A quanto

pare si tratta di una leggenda,

in quanto durante la dominazione

angioina le due

città non furono in guerra.

Lo conferma uno dei più antichi

documenti conservati

nell’Archivio Storico, dove

è scritto che già nel 1240 il

Consiglio comunale veniva

convocato al suono della

campana. Negli anni successivi

l’edificio conobbe molte

peripezie, tra cui un incendio

che devastò il palazzo e

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• La chiesa di San Sebastiano vista dal Lungogesso - Cuneo

si propagò all’interno dello

stesso, era il 1627. Negli anni

successivi fu restaurata secondo

il progetto dell’architetto

monregalese Gallo, per

conservarsi immacolata fino

ai giorni nostri. “La Torre Civica

con la sua campana ha accompagnato

e scandito tutte

le tappe del cammino storico

di Cuneo - scrisse il compianto

Piero Camilla, direttore

CUNEO SALUZZO PINEROLO MONDOVÍ BORGO S.D.


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testimone dei momenti

salienti della nostra storia, sin

dal periodo, ormai lontano di

otto secoli, delle origini”. Con

buona pace dei massoni.

Samuele Mattio

• La chiesa di San Sebastiano in un dettaglio - Cuneo

di Marta Lanzetti

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Luglio 2020

Storia Locale

• Viadotto Soleri in una recente immagine - Cuneo

• La lapide dei caduti, ubicata all’inizio del ponte

Novant’anni fa la tragedia del viadotto

Soleri che costò la vita a nove operai

Quello del ‘30 resta il più grave incidente sul lavoro nella Granda.

Una lapide ricorda i nomi degli uomini morti per edificarlo

CUNEO

Erano all’incirca le quattro

del pomeriggio del

5 giugno 1930, un giovedì.

A risvegliare la città di

Cuneo dal suo torpore fu un

enorme schianto, all’altezza

della decima arcata del ponte

in costruzione sullo Stura.

Persero la vita nove operai

che stavano lavorando all’edificazione

dell’attuale viadotto

Soleri.

Venivano dalla Granda solo

alcuni di loro, Giovanni Ravaronco

(23 anni) e Stefano

Cavallera (24) di frazione

Confreria e il cervaschese

Giovanni Bramardi (34 anni),

insieme a Giuseppe Bonelli

(31 anni) di Rocca de Baldi,

che dopo essere stato recuperato

in gravi condizioni

morì in ospedale il mattino

dopo. Gli altri, immigrati

dell’epoca, erano giunti perlopiù

dalla provincia di Treviso

in cerca di lavoro: Luigi

Galbiati (35 anni), Ferruccio

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Storia Locale Luglio 2020 9

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Panizzolo (30 anni), Filippo

Sciamanna (44 anni), Giuseppe

Pierdona (30 anni). Oggi

una lapide murata sul basamento

sinistro del ponte

stradale, dal lato dell’altipiano,

li ricorda come caduti sul

lavoro insieme a Mario Clerici

e Michele Brignone, vittime

di incidenti nel cantiere in altre

due occasioni.

I pochi testimoni che poterono

assistere alla scena parlarono

di un enorme ammasso

precipitato dalla sommità

dei pilastri, a trenta metri di

altezza. In quel momento

una decina di operai stavano

Troppe idee

ma ben confuse

i Gelati!

Paddy la Pizza

al padellino!

lavorando per sistemare una

centina che sarebbe dovuta

servire come sostegno per le

arcate in muratura: l’armatura

era quasi ultimata e quella

sarebbe stata l’ultima opera

di rinforzo realizzata in quel

modo. Per le successive arcate,

infatti, erano già pronti

nuovi sistemi di sostegno

in legno. Ma l’improvviso

crollo dell’armatura, attribuito

alla rottura di un argano,

trascinò con sé i muratori in

cima all’arcata prima che ciò

potesse accadere.

L’edizione de La Stampa di

Cuneo del giorno successivo

riportò i particolari della tragedia:

“L’opera di salvataggio

si presentava quanto mai

ardua, poiché i disgraziati

operai, pochi dei quali erano

rimasti in vita, venivano scorti

attraverso il reticolato dei

rottami in posizioni critiche e

drammatiche. La morte della

maggior parte dei disgraziati

deve essere stata orribile. Infatti

sono precipitate prima

le centine che sostenevano

l’armatura in legno, e battendo

contro il suolo avevano

compiuto paurosi rimbalzi,

e nel cadere nuovamente a

terra avevano attanagliato

tra di loro i corpi dei disgraziati

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Luglio 2020

Storia Locale

• Viadotto Soleri visto da Lungostura Ventiquattro Maggio - Cuneo

no seguite nella caduta”.

Le operazioni di soccorso furono

avviate dai pompieri e

dai soldati del primo reggimento

artiglieria di montagna

e del 33esimo reggimento

fanteria, coadiuvati dai

carabinieri e dai militi della

Mvsn. Tutte le autorità, in

testa il podestà Imberti e il

segretario del fascio Bonino,

si recarono sul posto insieme

a una gran folla di cittadini

sgomenti.

Le descrizioni del ritrovamento

dei corpi lasciano inorriditi

ancora oggi: “I volenterosi

soldati ed i bravi pompieri riuscivano,

dopo lunghi sforzi,

a rimuovere qualcuna delle

pesanti armature e si potevano

così estrarre per primi

due operai, i cui cadaveri,

orribilmente deformati, venivano

trasportati a braccia

e deposti sulle barelle per

essere portati all’ospedale.

Le due salme erano ridotte

ad un informe ammasso di

carne: le braccia e le gambe,

spezzate, penzolavano orribilmente

dal resto del corpo.

Altri corpi, tutti irriconoscibili,

venivano frattanto rimossi

dalle macerie. Il cadavere di

un terzo operaio era estratto

e si presentava agli occhi

dei presenti orrendamente

mutilato. Il disgraziato aveva

riportato la decapitazione

e per quante ricerche siano

state fatte finora, il capo

dell’infelice non è più stato

ritrovato. Le centine che apparivano,

nonostante il loro

spessore, completamente

deformate e contorte, erano

cosparse in più punti di larghe

macchie di sangue. Altri

corpi si intravvedevano. La

scena assumeva un aspetto

sinistro”.

Il cronista riporta scene strazianti

anche in ospedale,

dove gli operai “assistono

come automi alla sfilata dei

cadaveri dei loro compagni

di lavoro”. In un angolo, due

uomini col capo reclinato

piangono ininterrottamente:

“Sono due operai che hanno

avuto un loro fratello morto

nella catastrofe”. C’è però fra

tanta disperazione un’incredibile

storia a lieto fine: è

quella di tale Lorenzo Giuseppe

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che al momento del crollo si

trovava proprio sotto l’arcata.

L’uomo racconta di essersi

gettato in una bealera subito

dopo aver udito lo schianto:

“Fortuna volle che una centina

precipitasse in senso

trasversale al corso d’acqua,

e quindi lo proteggesse dal

susseguente precipitare del

materiale”.

La storia travagliata del ‘ponte

nuovo’ era incominciata

ben diciassette anni prima,

il 22 settembre 1913, con la

posa della prima pietra alla

presenza del re Vittorio Emanuele

III e del presidente del


Storia Locale Luglio 2020 11

Consiglio Giolitti. Sarebbero

occorsi ancora sette anni per

vederne il completamento:

oltre alla disgrazia, contribuiranno

a posticiparne la realizzazione

vari problemi tecnici,

ritardi nell’installazione

degli impianti e soprattutto

il dirottamento dei fondi in

vista della guerra d’Etiopia.

Il 28 ottobre 1933 si apre

infine il tracciato stradale,

ma bisogna ancora attendere

quattro anni, fino al 7

novembre 1937, per vedere

inaugurata anche la parte

ferroviaria che collega i binari

alla nuova stazione di

Cuneo.

L’imponente opera formata

da 34 archi di 25 metri ciascuno,

con un’altezza massima

di 47,5 metri, diventerà

anche un simbolo di affermazione

politica per il regime

fascista che sostituisce

i quattro lampioni in ferro

battuto ai lati degli imbocchi

stradali con fasci littori

in granito rosa di Baveno,

decorati in bronzo, ciascuno

poggiante su un basamento

L’opera formata

da 34 archi di 25 metri,

con un’altezza massima

di 47 metri e mezzo,

diventerà anche

il simbolo

dell’affermazione politica

del regime fascista

con la scritta “DUX”. I fasci e

le iscrizioni vengono rimossi

il 25 luglio 1943, alla caduta

del fascismo, ma le traversie

del ponte non sono finite:

alle 4 di mattina del 28 aprile

1945, i tedeschi in ritirata

minano due archi del settore

‘promiscuo’ tra strada e ferrovia,

provocando il crollo di

tre arcate e interrompendo

per tre anni i collegamenti

sia stradali che ferroviari. I

lavori di ripristino, cominciati

nell’agosto 1946, si concludono

il 10 gennaio 1948: il

‘grande viadotto sulla Stura’

è ora intitolato all’ex sindaco

di Cuneo e ministro liberale

Marcello Soleri.

Nessuno però, nemmeno

in città lo chiama con il suo

vero nome: negli anni ha assunto

l’appellativo di “ponte

nuovo”.

Nel dopoguerra fu tristemente

famoso con il nome

di “ponte dei suicidi”, fino alla

decisione dell’Anas di alzare

il parapetto per evitare gesti

sconsiderati.

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Con il ‘Google Maps’ del passato si

può vedere com’era la Cuneo dell’800

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di nomi e paesi che non esistevano non mancano le sorprese

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800 e scoprire com’erano

le città dell’epoca è

un’esperienza possibile grazie

a Mapire. Si tratta di un

progetto molto interessante,

definibile come il “Google

Maps del diciannovesimo secolo”.

L’iniziativa dell’azienda

ungherese Arcanum, specializzata

nella digitalizzazione

di documenti antichi ha messo

insieme mappe tematiche,

catastali e stradali e tutto il

materiale utile per ricostruire

visivamente il panorama storico

europeo.

C’è anche Cuneo che all’epoca,

dopo l’abbattimento delle

mura, arrivava fino a piazza

Galimberti. Interessante anche

vedere l’evoluzione della

toponomastica, a partire dai

nomi delle odierne frazioni

del capoluogo prima dello

sviluppo edilizio: ‘La Freria’,

‘Roata dei Rossi’, ‘La Bombonino’.

Mentre altre, come Borgo

San Giuseppe e Madonna

delle Grazie non esistevano.

E poi i centri più grandi che

hanno cambiato volto, come

Cherasco e Alba (fino ad allora

di forma circolare), ma

anche Saluzzo, Fossano, Savigliano,

Bra e Mondovì.

Una volta digitalizzate e organizzate

tra loro le mappe

sono state caricate di modo

che gli utenti possano fruirne

gratuitamente come si fa con

Google Maps.

È addirittura possibile scegliere

la visione nello stile

classico o la vista dall’alto,

quella a tre o due dimensioni.

L’aspetto è indubbiamente

vintage, ma consultarle

è facilissimo, grazie ad un

motore di ricerca interno.

Non solo: se il notare vedere

le differenze tra la Granda di

ieri e quella di oggi vi appassiona,

potrete anche comparare

le mappe. Il progetto,

partito nel 2014, ha aumentato

il materiale disponibile

nelle scorse settimane. Non

sono da escludere ulteriori

sviluppi in futuro.

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Storia Locale

La peste del 1630 a Cuneo: ecco

come la città affrontò l’epidemia

Il contagio costò la vita a circa metà degli abitanti. Ma quasi 400

anni fa si parlava già di autocertificazioni e quarantena

CUNEO

Pochi eventi nella storia

sono legati alla loro successiva

fortuna letteraria

quanto l’epidemia di peste

del 1630. Parliamo della

cosiddetta ‘peste manzoniana’,

quella che duecento anni

più tardi avrebbe costituito il

fulcro narrativo de I promessi

sposi e della Storia della colonna

infame.

Gli storici stimano in 1 milione

e 100mila le morti attribuibili

a quel flagello nell’Italia

settentrionale. Il contagio si

diffuse tra il 1629 e il 1633

e - pur restando più circoscritto

rispetto alla grande

epidemia del Trecento - impose

un tributo molto alto

alle aree colpite: Milano perse

addirittura il 74% della sua

popolazione, Torino circa

8mila dei 25mila abitanti di

allora. Lo storico ottocentesco

Luigi Cibrario ricorderà

che intorno al 1630 “Acqui fu

quasi distrutta; Alessandria

contò 14mila morti; Aosta,

Biella, Busca ebbero quasi

tutte le case contagiate; a

Carmagnola, non scamparono

che 12 capifamiglia i quali

fecero il voto di digiunare

severamente il 7 dicembre

di ogni anno in segno di ringraziamento

per lo scampato

pericolo. Chieri, che nelle

pestilenze precedenti aveva

già avuto 8 mila morti, seppellì

altri 4500 chieresi; a

Garessio, non rimasero che

tre famiglie e, a Pinerolo, soccombettero

al contagio tutti,

nessuno escluso”.

Per quanto riguarda la città

di Cuneo non esistono stime

esatte circa l’ammontare

delle vittime del morbo, sebbene

alcune fonti le abbiano

quantificate in una metà dei

residenti. Nel saggio La peste

a Cuneo (1630-1632), Marco

Torriani riporta il numero di

500 decessi nell’arco di 19

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Storia Locale Luglio 2020 15

mesi per la sola parrocchia

di Santa Maria, su una popolazione

di 1300 abitanti

che coincideva grossomodo

con il quartiere della città

affacciato sullo Stura. Non

tutti quelli riportati nei registri

parrocchiali sono morti

di peste, ma confrontando il

dato con una mortalità media

di circa 40 persone all’anno

- e ipotizzando cifre simili

per le altre due parrocchie allora

esistenti, Sant’Ambrogio

e il Duomo - si può comprendere

perché la tragedia abbia

segnato a lungo la vita cittadina,

tanto che solo a fine secolo

la popolazione tornerà

ai livelli precedenti.

Nell’immaginario contemporaneo

sono filtrati soprattutto

gli aspetti più negativi

della reazione a quegli avvenimenti,

come la famigerata

caccia agli untori. Beninteso,

la superstizione popolare -

ammantata di devozione religiosa

e talora avallata dalle

autorità - esisteva eccome.

Si ha notizia ad esempio che

il 5 ottobre 1631 a Sommariva

del Bosco una sventurata

donna conosciuta col

soprannome di Paroda fu

condannata al rogo come

strega, verosimilmente perché

ritenuta responsabile di

aver diffuso il contagio. Nello

stesso anno il frate Tiberio da

Macerata illustra la nefanda

attività degli untori adepti di

Satana in tutto il Piemonte,

affermando addirittura che

“il mese passato nella valle

di Grana il Demonio fece la

rassegna Generale di tutti

loro, e de loro adherenti, e

fu sì grande il numero che

superava di gran lunga l’Armata

Imperiale, quando venne

all’Impresa di Mantova”. Il

riferimento è alla guerra di

successione di Mantova che

rappresentò il primo vettore

di diffusione del contagio,

attraverso il passaggio delle

armate. Ma ancora nel 1703 il

sindaco di Cuneo, Baldassarre

Lingua, metterà in guardia

dalle “molte ontioni a varie

case di questa città d’un

color giallo e viscose, il che

rende molta apprensione a

cittadini”.

Non si deve tuttavia credere

che linciaggi e processi

inquisitoriali fossero le sole

risposte che gli uomini e le

donne del Seicento misero in

campo nel disperato tentativo

di allontanare da sé paure

e lutti. Con i mezzi e le conoscenze

dell’epoca, le autorità

fecero quanto era possibile

per arginare il contagio,

ricorrendo anche a quelle

limitazioni che a causa del

coronavirus siamo tornati a

sperimentare ai nostri giorni:

a Cuneo si impone dal luglio

1629 un rigoroso controllo

su persone e merci che giungono

attraverso i passi alpini

di Limone, Entracque e Demonte.

Il Piemonte è anche

il primo Stato europeo a dotarsi

delle bollette di sanità,

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Storia Locale

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zione’ attraverso la quale si

dichiarava, sotto giuramento,

di non essere stati da un

certo numero di giorni in

“loco morboso”.

Con il passare dei mesi si affiancano

alle prime restrizioni

altre misure più drastiche.

Il 22 ottobre 1629 la Congregazione

di Sanità, dopo aver

fatto murare tutte le porte

della città escluse quella

del Borgo e quella di Caranta

(che sono però vigilate e

chiuse con cancelli di ferro),

ordina di approntare “luoghi

La limitazione

delle cerimonie

liturgiche in

tempo di pandemia

non è esclusiva

del nostro

presente

delle parrocchie fin dai mesi

di maggio, giugno e luglio

il numero di decessi tocchi

vette mai raggiunte in precedenza.

A scuotere la comunità sarà

di lì a poco la notizia dell’improvvisa

morte del duca Carlo

Emanuele, avvenuta il 26

luglio a Savigliano: le “febbri

e dolori” cui fa cenno il figlio

ed erede Vittorio Amedeo

lasciano pochi dubbi circa la

probabile causa del decesso.

Con agosto la peste è ormai

“regnante in questa città e

finaggio”, ma le autorità lo

ammettono solo verso la

fine del mese: “A Cuneo non

sanno come fare a seppellire

tanti morti” scrivono i padri

cappuccini in una lettera. La

comunità cerca comunque

di mettersi al riparo innalzando

il numero dei ‘conservatori

di sanità’ da due a

dodici e provvedendo alle

“purgationi”, cioè l’insieme

di ‘sanificazioni’ (rimozione

di rifiuti, “abbruciamenti” di

oggetti appartenenti a infetti

e altro) che si riteneva potessero

arginare il contagio.

Al 24 settembre 1630 data il

primo accenno ufficiale all’esistenza

di un lazzaretto: le

“barrache” per l’isolamento

degli ammalati si trovavano

presso la cappella di San Lazzaro

sullo Stura, oggi demolita,

in prossimità del cimitero.

Come tutte le epidemie,

scrive Torriani, la peste “fu

occasione di rapidi arricchimenti

per la classe medica,

che però pagò un tributo di

vite umane secondo solo a

quello dei religiosi. E l’ope-

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per le robbe di quarantena

che vengono da luoghi prohibiti

o vicini ad essi”, a spese

dei proprietari. In novembre

viene annullata la fiera che si

sarebbe dovuta svolgere l’11

e si stabilisce la “prohibitione

ai mercanti di introdur robbe

né commerciare in maniera

alcuna” o di offrire ospitalità

a stranieri. Già nel gennaio

del 1630 però le preoccupazioni

dei mesi precedenti

sembrano scomparse: i libri

comunali non riportano altri

accenni al pericolo dell’epidemia,

sebbene nei registri

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Storia Locale Luglio 2020 17

ra di questi professionisti,

assieme ai ‘paramedici’ del

tempo, i ‘cirogici’ e i ‘barbieri

netti’ o ‘brutti’, [...] non si può

certamente dire importante

anche se valide, almeno nelle

intenzioni, erano diverse

misure profilattiche”.

Se sui medici non si può fare

troppo affidamento, nemmeno

la popolazione sembra

attenersi alle rigide norme

imposte: le cronache riportano

i casi di ammalati non

gravi che sfuggendo ai controlli

continuano a svolgere

i loro affari - come la mietitura

o la vendemmia - con

conseguenze immaginabili.

Perfino il marchese Forni,

maestro di campo a Cuneo

per conto del duca di Savoia,

denuncia al Consiglio comunale

la “tacita tolerantia”

delle trasgressioni da parte

di medici, cantonieri e monatti

proni alla corruzione.

D’altro canto le conseguenze

sociali dell’epidemia - aggravate

dalle pesanti spese per il

mantenimento delle truppesono

tali da suggerire agli

amministratori di sospendere

le imposte del taglione e la

tassa sulla macina fino al 29

novembre 1631, data all’altezza

della quale si ritiene

“per grattia del Signore cessato

il mal contaggioso”.

A beneficio dei più poveri,

colpiti dal blocco dei commerci

e talvolta ridotti perfino

a fingersi malati pur di

ottenere vitto e alloggio nel

lazzaretto, il Consiglio ordina

inoltre “doversi distribuire

a qualsivogli miserabile doi

libre di pane di segala e una

mesta di vino il giorno”.

Insomma, tra autocertificazioni,

quarantene e crisi economica

più di un aspetto di

queste vicende potrà sembrare

familiare all’uomo del

XXI secolo.

Perfino nell’ambito che può

apparire più datato, quello

della devozione religiosa: è

interessante notare, infatti,

che nell’indire con voto

perpetuo l’organizzazione

di una processione in onore

del Santo Patrono Michele

nel giorno della sua festività,

le autorità del tempo si preoccupano

in quel 1630 di limitare

la partecipazione alla

presenza dei religiosi e dei

notabili, mentre per il popolo

si consigliava di “ingenocchiarsi

in casa”.

Andrea Cascioli

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Cultura

2 giugno 1946, il giorno in cui

la Granda scelse la monarchia

Nel referendum la nostra fu tra le province piu conservatrici.

Le sette sorelle votarono monarchico, tranne Cuneo e Fossano

• Le Frecce Tricolori

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• Il colonnato di piazza della Costituzione - Cuneo

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Javier Cercas ha intitolato

Soldati di Salamina

un suo bel romanzo

storico di quasi vent’anni fa

sulle vicende della guerra civile

spagnola. La lunga storia

del ‘secolo breve’ in effetti è

ricca di avvenimenti ormai

lontani dal nostro mondo

quanto lo fu la battaglia con

cui i greci sconfissero i persiani

di re Serse esattamente

2500 anni fa.

È senz’altro il caso del referendum

istituzionale del 2

giugno 1946 tra monarchia e

repubblica, che pure per l’Italia

dell’epoca rappresentò un

primo spartiacque tra tutto

ciò che era stato e ciò che sarebbe

venuto. Il Paese si trovò

spaccato in due come mai

prima di allora: da una parte

il Nord repubblicano, segnato

dalla terribile eredità della

guerra civile, dall’altra il Sud

monarchico che premeva

per il ritorno all’ordine e alla

pace sociale. Solo in quattro

province del Settentrione i

consensi soffiarono in direzione

opposta al ‘vento del

Nord’: Padova, Bergamo, Asti

e Cuneo. La Granda però fa

davvero storia a sé, anzitutto

nelle proporzioni della

vittoria monarchica. Mentre

nelle altre realtà lo scarto rimase

contenuto, all’ombra

del Monviso la fedeltà alla

casa regnante venne riaffermata

con un risultato che

non lasciava margini alle interpretazioni:

56,15% contro

43,85%.

Ancora nel marzo precedente,

tre mesi prima della chiamata

alle urne, il neonominato

prefetto Renato Pascucci

- pur stupito per l’”imprevedibile

insuccesso del Pci” nelle

prime elezioni amministrative

- pronosticava una “forte

maggioranza a favore della

Repubblica”. La stessa previsione

veniva ridimensionata

alla vigilia del referendum

in “apparente maggioranza

repubblicana”. Le contestuali

elezioni per l’Assemblea

Costituente confermarono

gli orientamenti emersi nei

municipi: Cuneo, unita nella

circoscrizione elettorale con

le province di Asti e Alessandria,

contribuì più delle altre

al trionfo della Dc, affermatasi

nella Granda con 157mila

voti validi su 342mila.

Sarà proprio il voto cattolico

a contribuire in misura

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Cultura Luglio 2020 19

determinante al successo

della monarchia, tanto più

inaspettato in una provincia

che già si fregiava del titolo

di culla della Resistenza.

Non va dimenticato del resto

che erano di orientamento

monarchico anche le brigate

partigiane autonome di

contestato referendum sarebbero

passati alla Francia:

a Tenda vinse la repubblica

per 799 voti contro 733, a

Briga Marittima si affermò

invece la monarchia con 601

voti contro 468. Anche in cinque

delle ‘sette sorelle’ prevalse

la scelta sabauda: con

53,9%): votò l’84,22% degli

aventi diritto, quasi tremila

in più rispetto a quelli che

in marzo avevano eletto il

primo Consiglio comunale

dell’era democratica. I partiti

dichiaratamente repubblicani

(Psiup, Pci, Partito

d’Azione, Concentrazione

Democratica Repubblicana,

Pri e il minuscolo Partito Comunista

Internazionalista)

ottennero alla Costituente

9884 voti. Nella sua Storia di

Cuneo, lo storico Aldo Mola

accredita gli ulteriori 2573

voti in favore della repubbli-

Il voto restituì

la spaccatura tra

le valli montane che

avevano vissuto

la guerra partigiana e

il resto

della provincia

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nelle Langhe, nel

Braidese e in parte del Monregalese.

Alla fine l’opzione

‘continuista’ venne abbracciata

da 146 dei 209 comuni

che componevano allora la

provincia Granda, compresi

i due che dopo i trattati

di pace del 1947 e un (altro)

percentuali ‘bulgare’ ad Alba

(66,8%) e Bra (55,8%), più

di misura a Mondovì (51%),

a Saluzzo (51,8%) e a Savigliano

(50,3%). Solo Cuneo

e Fossano si allinearono alle

tendenze dominanti.

Nel capoluogo la repubblica

ottenne 12457 voti contro

i 10631 della monarchia (il

ca al contributo degli elettori

di destra provenienti dal

Partito dei Contadini e dal

Fronte dell’Uomo Qualunque

(approdo di nostalgici

della Rsi in provincia di Cuneo),

ai seguaci del liberale

repubblicano Manlio Brosio

e a una percentuale del voto

democristiano stimata nel

13%, all’interno del quale rientravano

le Acli guidate da

Tancredi Dotta Rosso. Anche

a Fossano la Democrazia Cristiana

diede prova di minore

compattezza, dividendosi

tra l’ala conservatrice guidata

dal sindaco Luigi Bima e

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Luglio 2020

Cultura

quella progressista animata

dai giovani professori Giuseppe

Manfredi e Lorenzo

Burzio e dal cattolicesimo sociale

di Italo Mario Sacco.

La divisione geografica del

voto restituì comunque la

spaccatura tra le valli montane

che avevano vissuto con

maggiore intensità la guerra

partigiana e il resto della provincia,

meno ansioso di cambiamenti.

Il voto repubblicano si impose

infatti nella fascia di

comuni compresa tra la valle

Pesio e la valle Po, con l’eccezione

dell’Infernotto.

In tutta la valle Vermenagna

(con picchi del 72,3% a Robilante

e del 72,5% a Vernante)

e in buona parte della valle

Stura (Aisone, Demonte, Gaiola,

Rittana, Roccasparvera,

Vinadio e Valloriate, quest’ultima

con un eclatante 84,8%)

prevalse lo strappo con i regnanti.

Più frastagliato il risultato in

valle Gesso dove Entracque

e Roccavione scelsero la repubblica

mentre Valdieri,

storica meta vacanziera di re

Vittorio Emanuele III e della

regina Elena, confermò seppur

di poco la sua vocazione

monarchica.

Nelle valli Maira e Grana la

repubblica sopravanzò di

parecchio la monarchia ad

Acceglio, Cartignano, San

Damiano Macra, Stroppo,

Monterosso Grana, Valgrana

e Pradleves (qui i comunisti

misero a segno il miglior

risultato nell’intera provincia,

arrivando al 47,2% cui si

sommava il 20,2% dei socialisti

del Psiup, contro il 17,4%

appena della Democrazia

Cristiana).

Anche alcuni dei principali

centri attorno a Cuneo confermarono

- seppur di misura

- l’indirizzo filorepubblicano

del capoluogo: a Borgo San

Dalmazzo il testa a testa finì

con 1599 voti contro 1528,

nella martirizzata Boves 2403

a 2337.

La repubblica vinse inoltre a

Bernezzo, Cervasca, Chiusa

Pesio e Vignolo, mentre la

monarchia ottenne la maggioranza

a Busca (con un netto

69%), Caraglio, Centallo,

Dronero e Peveragno.

Un’altra ‘isola repubblicana’

emerse nel Monregalese tra

Ceva (per soli 85 voti), Garessio,

Ormea, una parte della

val Tanaro e dell’Alta Langa.

Per il resto la monarchia dilagò

con sparute eccezioni (tra

• Vicolo Quattro Martiri nel centro storico di Cuneo

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cui Castelletto Stura, Margarita,

Manta e Verzuolo) nei

centri della pianura e in non

pochi comuni alpini, toccando

addirittura il 91,8% nella

piccola Bellino e l’85,6% a

Murello in valle Varaita.

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(77,2%) e a Racconigi

(67,2%), città natale di Umberto

II che vi era tornato

durante la campagna referendaria

e sede delle ‘Reali

Villeggiature’ fin dal tempo

di Carlo Alberto.

Andrea Cascioli


Cultura Luglio 2020 21

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Quanta storia sulle strade di Cuneo

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L’ultimo libro il professor Giovanni Cerutti racconta aneddoti

e curiosità sulla toponomastica cittadina

CUNEO

Carneade! Chi era costui?,

s’interroga don Abbondio

in uno dei passaggi

più ricordati dei ‘Promessi

Sposi’. Al pari del curato

manzoniano, tutti noi ci saremo

interrogati qualche volta

sull’identità di questo o quel

personaggio menzionato

dalla toponomastica cuneese.

Strade e piazze della città

tra i due fiumi conservano

il ricordo dei suoi ottocento

anni di vicende storiche

- grandi e piccole - che percorriamo

ogni giorno, senza

farci troppo caso. Il professor

Giovanni Cerutti ha trascorso

l’ultimo mezzo secolo a

raccogliere queste memorie

locali e nel suo ultimo lavoro,

‘La storia nella toponomastica

di Cuneo’ (edito da

Primalpe), ha messo tutto in

un libro.

Il volume contiene 294 schede

con oltre 450 fotografie di

angoli più e meno familiari,

scelti tra i 543 toponimi riconosciuti

dal Comune. Parte

del materiale proviene da

un’analoga pubblicazione

che il professore aveva realizzato

dodici anni fa, con

particolare attenzione ai 115

cuneesi che hanno lasciato

traccia di sé nella storia.

Il decano di tutti loro è Guglielmo

da Cuneo, insigne

giurista del XIV secolo che

divenne vescovo di Tolosa e

morì nella città provenzale

nel 1335. Nello stesso secolo

si ricorda l’unico santo venerato

dalla Chiesa che sia

nato sull’altopiano tra Gesso

e Stura: Stefano da Cuneo,

missionario francescano in

Terrasanta, venne martirizzato

nel 1391 a Gerusalemme

insieme a due confratelli, per

ordine del cadì musulmano

che aveva cercato di convertire.

Sarà Paolo VI, nel 1970,

a proclamarne la santità, ricevendo

in Vaticano l’allora

vescovo di Cuneo monsignor

Guido Tonetti.

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22

Luglio 2020

Cultura

Un dato che salta all’occhio,

avverte l’autore, è la scarsa

presenza femminile nello

stradario: sono appena sette

le donne che vi compaiono.

La prima è Eleonora Rabia,

eroina dell’assedio del 1542:

un aneddoto leggendario

che la riguarda è stato tramandato

nei secoli e raccolto

da Piero Camilla in ‘Storielle

e storia di Cuneo’. Si racconta

che dopo molti giorni di

assedio, radunate con sé alcune

concittadine, la Rabia

si recò sugli spalti e mostrò

ai nemici francesi… il posteriore:

gli invasori, convinti di

aver scorto alcuni volti paffuti,

si demoralizzarono e decisero

di levare le tende. Del

resto, se dopo giorni di assedio

i cuneesi erano ancora

tanto floridi, non era il caso

di insistere…

A partire dal XIX secolo le

donne di Cuneo troveranno

qualche riconoscimento

in più: di Lucia Caterina

Viale, nata nel 1740 e morta

nel 1825, si ricorda l’opera

come educatrice in età napoleonica

nonché autrice di

tre raccolte di novelle. Scrittrice

di fama mondiale fu in

vita Carolina Invernizio, nata

a Voghera nel 1851 e morta

a Cuneo nel 1916: una lapide,

in via Barbaroux, ricorda

l’animato salotto letterario

di cui fu promotrice. Autrice

prolifica e oggi dimenticata

di ben 123 romanzi d’appendice

- i popolari feuilleton

- rappresentò un fenomeno

paragonabile a un’odierna

Elena Ferrante.

Gli eventi successivi hanno

fatto sì che Alice Schanzer,

nata a Vienna nel 1873 ma

vissuta a Cuneo dal 1903

alla morte nel 1936, venisse

menzionata soprattutto

come madre dell’eroe della

Resistenza Duccio Galimberti.

Sarebbe però ingiusto

dimenticare che fu una delle

prime donne ad ottenere

una cattedra universitaria di

letteratura inglese, nonché

poetessa apprezzata da Carducci

e autrice di saggi su

numerosi argomenti, dall’arte

preraffaellita alla storia del

Risorgimento mazziniano.

Poetessa, scrittrice e giornalista

dai più disparati e dotti

interessi fu allo stesso modo

Lalla Romano, prima donna

a dirigere la Biblioteca di Cuneo

sul finire degli anni Venti.

L’autrice di ‘Le parole tra

noi leggere’, premiato con lo

Strega nel 1969, verrà anche

insignita della cittadinanza

onoraria poco prima della

morte, avvenuta nel 2001. Infine,

sono legati al XX secolo i

nomi delle ultime due donne

- in ordine di tempo - ad avere

ottenuto un’intitolazione

toponomastica nelle rispettive

frazioni: Felicina Racca,

benemerita di Roata Rossi,

e Teresa Pasero, promotrice

della filanda e poi delle prime

abitazioni di edilizia popolare

a Confreria.

Il vistoso rallentamento nello

sviluppo urbanistico registrato

negli ultimi decenni ha

determinato un’inevitabile

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Cultura Luglio 2020 23

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‘crisi’ anche nel campo toponomastico.

Nei limiti del possibile,

tuttavia, si continua ad

onorare la memoria dei cuneesi

illustri: tra i più recenti, oltre

alla citata Romano, hanno

ottenuto un riconoscimento

di questo genere anche il

medico e amministratore comunale

Guido Martino, l’ingegner

Giuseppe Vassallo, il

partigiano e scrittore Nuto

Revelli, lo storico assessore

all’Urbanistica delle giunte

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Si rilascia attestato di avvenuta sanificazione

Rossi e il generale alpino Piero

Arnol. Per legge devono

trascorrere almeno dieci anni

dalla dipartita terrena prima

che qualunque personalità

possa finire eternata sul marmo.

A Cuneo è stata fatta una

sola eccezione, a beneficio

del sindaco Tancredi Dotta

Rosso, che fu primo cittadino

dal 1965 al 1976: già un anno

dopo la sua morte, previa deroga

del governo, fu possibile

dedicargli la strada che ancora

oggi porta il suo nome.

Questo, e molto altro, potrete

scoprirlo nel volume di

Giovanni Cerutti, al quale lasciamo

le parole conclusive:

“Sono convinto che Cuneo,

pur essendo una piccola città,

abbia una storia e un patrimonio

monumentale davvero

interessanti. Tanti nostri

concittadini si sono fatti ricordare

in questi ottocento

anni: per questo dobbiamo

sentirci orgogliosi di essere

di Cuneo”.

Andrea Cascioli

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24

Luglio 2020

Attualità

Cuneo, non è una città per giovani:

gli under 20 sono il 17% del totale

I cuneesi che compiranno un anno nel 2020 sono 387, mentre

i nati nel 1965 ben 965: più del doppio

CUNEO

Ogni anno si torna a parlare

del nuovo record

negativo delle nascite

e del calo demografico. Un

argomento ciclico, ma che

spesso non viene approfondito

a sufficienza. Se i dati

nazionali non destano l’interesse

di tutti, particolare

impressione potrebbe suscitare

la situazione della città

di Cuneo. Negli ultimi giorni

dell’anno appena messo in

soffitta, palazzo Civico ha

diffuso i dati relativi al numero

dei residenti per anno

di nascita e il quadro emerso

esemplifica alla perfezione

il trend nazionale proiettato

sui 56 mila 150 abitanti di

casa nostra. Anzi, alla convergenza

del Gesso e della Stura

i membri della Generazione

Z (intesa come i nati nel nuovo

secolo) sono inferiori che

nel resto d’Italia: il 16,96 percento

del totale rispetto al 19

percento della media italiana

(dati Istat). Per capire la situazione

sarebbe sufficiente

prendere ad esempio i due

valori estremi. Gli italiani che

sulla carta d’identità hanno il

timbro del Comune di Cuneo

nati nel 1965 e che quest’anno

soffieranno 55 candeline

sulla torta sono 956, mentre

i cuneesi che nel 2020 compiranno

un anno sono 370.

Neanche la metà. Non va meglio

con i nati nel 2018, che

60-79

24%

0-19

20-39

40-59

80 +

8% 0-19

17%

40-59

29%

20-39

22%

60-79

80 +

sono 387, pochi di più. La

leva del 2017 conta 455 bambini.

Il trend è il medesimo,

più o meno fino agli anni ’60,

quando torna a scendere per

il tasso di mortalità. Se si paragona

il dato di coloro che

hanno tra i 60 e i 79 anni con

le fasce 20-39 e 0-19 emerge

che primi rappresentano il

24 percento del totale, contro

il 22 percento dei secondi

e solo il 17 dei terzi. L’andamento

vien fuori con ancora

più chiarezza se si analizza

più specificamente la fascia

dei cosiddetti centennials: i

nati negli anni zero residenti

sull’altopiano e nelle frazioni

sono 5.091 (pari al 9,07

percento del totale), mentre

degli anni dieci sono 4.330

(7,89 percento ).

L’andamento cuneese non si

discosta dall’andamento della

media italiana, ma come

anticipato, il fenomeno è

leggermente più marcato.

Se, come detto, i minori di

vent’anni sono un punto percentuale

inferiore, ciò non va

certo a vantaggio della fascia

20-39, che si attesta al 22 percento

del totale sia a Cuneo

che in Italia, ma piuttosto

della 60-79, che a Cuneo è

quasi due punti sopra la media

nazionale (23,8 percento

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contro il 22,1). A scapito non

solo dei più giovani, ma anche

dei signori di mezz’età

tra i 40 e i 59 anni (28,87 percento

sotto la Bisalta contro

il 30,8 nazionale). L’ultima fascia

riguarda gli over 80, che

nel capoluogo della Granda

sono oltre l’8 per cento, contro

il 7,2 italiano.

Il nostro paese sta vivendo

un declino demografico frutto

sì del calo delle nascite,

ma anche dell’aumento dei

decessi. Una tendenza or-

mai in atto da anni e che si

sta traducendo in “un vero e

proprio calo numerico di cui

si ha memoria nella storia d’Italia

solo risalendo al lontano

biennio 1917-1918, un’epoca

segnata dalla Grande Guerra

e dai successivi drammatici

effetti dell’epidemia di

‘spagnola’”, aveva spiegato

lo scorso anno il presidente

dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo,

in occasione della

presentazione del Rapporto

annuale dell’Istituto di statistica.

Per trovare una situazione

simile è necessario tornare

indietro di un secolo. A

limitare gli effetti del calo demografico

è “il saldo migratorio

con l’estero, positivo da

oltre 40 anni”. Insomma a Cuneo,

come nel resto d’Italia,

si prospettano tempi difficili.

Sarà, come dicono molti analisti,

un declino economico

e sociale? Per scoprire come

andrà a finire non ci resta

che… invecchiare.

Samuele Mattio

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Imprese Luglio 2020 27

Confapi Cuneo, da sei anni a supporto

del sistema produttivo del territorio

Nel periodo covid l’associazione si è distinta con una donazione

e con il continuo sostegno agli associati

CUNEO

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carne alla griglia

di fassona piemontese

e angus irlandese

Confapi Cuneo è un’associazione

di imprenditori che

rappresenta oggi circa 140

aziende di diversi settori,

guidata dal 2014 da Pierantonio

Invernizzi, membro

del Cda di Inalpi.

La vita di Confapi è stata

connotata da una crescita

continua: non solo nel numero

di associati, ma anche

nel lavoro quotidiano.

Numerosi i progetti portati a

termine, un lavoro impegnativo

che ha dato i suoi frutti:

“La nostra forza – spiega il

Presidente Invernizzi - deriva

dal convincimento di

rappresentare una parte

importante ed essenziale

del sistema industriale e dei

servizi. Siamo ai primi posti

in alcuni dei settori portanti

dell’economia regionale e

nazionale. E in questo ambito

la presenza delle piccole

e medie imprese si dimostra

sempre di più come qualificante”.

Nel tempo Confapi Cuneo

ha raggiunto una serie di accordi

che hanno l’obiettivo

di affiancare le imprese nella

gestione quotidiana della

produzione e del mercato,

ma anche di creare una rete

per agevolare crescita e sviluppo

degli associati. “L’obiettivo

- dice Invernizzi - è

quello di dare vita ad un circolo

virtuoso che unisca le

• Foto di gruppo Confapi

migliori esperienze imprenditoriali

per renderle ancora

più forti e coese”.

Un’unione che si è trasformata

in atto concreto in

questo primo semestre

2020, un periodo complesso

affrontato proattivamente

da Confapi per garantire

supporto a tutti gli associati.

“In un momento di particolare

complessità è necessario

che vi sia comunità di

intenti e obiettivi per guardare

al domani con ottimismo

e realismo”.

Sono nate da questa visione

numerose iniziative di

supporto, come accaduto

nel mese di marzo quando è

stato messo online il sito per

il supporto all’emergenza

Covid-19. Un ausilio per aiutare

ogni azienda associata

ad orientarsi tra le leggi in

continua evoluzione. Mentre

sul sito www.apicn.it è

stata creata un’apposita area

nella quale sono elencate le

convenzioni messe a punto

per l’emergenza Covid.

Confapi Cuneo, da sempre

vicina al territorio, durante

l’emergenza ha effettuato

una donazione a favore

dell’Associazione Amici

Ospedale Ss. Annunziata

Savigliano Onlus, che ha lanciato

una raccolta solidale di

fondi per l’acquisto di materiale

sanitario necessario

per gli ospedali di pianura.

Questa la scelta di Confapi

Cuneo per rispondere ad un

momento di estrema difficoltà.

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28

Luglio 2020

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Sport

Cuneo, il ritratto di Matthias Sindelar,

il calciatore che sfidò il regime

Il murale, realizzato in piazza Boves, raffigura la leggendaria

partita Austria-Germania del 3 aprile 1938

CUNEO

• il murale di Matthias Sindelar in piazza Boves - Cuneo

Tra i murales realizzati in

piazza Boves a Cuneo

durante l’ultima edizione

di “Arte in Piazza”, ce n’è

uno che ritrae Matthias Sindelar.

Si tratta di un calciatore

austriaco nato nel 1903. Il

suo nome oggi, ai più, può

dire poco o nulla, eppure

negli anni Trenta Sindelar fu

una star assoluta non solo

per chi amava il calcio. Non

sono stati però solo i suoi

gol a fare in modo che la

sua leggenda sopravvivesse

fino ad oggi. Soprannominato

“Cartavelina” per il suo

fisico esile, Sindelar diventò

famoso non solo per le sue

gesta in campo con Herta

Vienna, Austria Vienna e nazionale

austriaca, ma anche

per la sua netta opposizione

al regime nazista. Celebre la

partita del 3 aprile del 1938

a Vienna, ritratta proprio

nel murales di piazza Boves:

un’amichevole tra Austria e

Germania organizzata per

sancire l’unificazione dei due

paesi dopo dall’Anschluss

del mese precedente, con il

conseguente scioglimento

della nazionale austriaca e

passaggio dei suoi migliori

elementi nella selezione del

Reich in vista del Mondiale

estivo. Quel giorno Sindelar

diventa un simbolo dell’opposizione

al regime nazista: i

vertici della Gestapo consentono

all’Austria di scendere

in campo per l’ultima volta

con la sua divisa tradizionale,

ma impongono che a vincere

l’incontro sia la Germania.

Sindelar, però, gioca una

partita straordinaria, al 70’

segna la rete dell’1-0 e corre

ad esultare sotto la tribuna

dove sono seduti i gerarchi

nazisti. Nel finale Karl Sesta

segna il raddoppio, l’Austria

vince 2-0.

Dopo il fischio finale proprio

Sindelar e Sesta sono gli unici

a rifiutarsi di rivolgere il

saluto nazista alle autorità

presenti, come previsto dal

protocollo. Dopo questa partita,

come detto, la nazionale

austriaca verrà sciolta. Sindelar,

però respingerà ogni

chiamata del ct tedesco Herberger,

motivando la scelta

con un infortunio al ginocchio

patito ad inizio carriera.

Non giocherà mai con la nazionale

della Germania nazista.

La mattina del 23 gennaio

1939 Matthias Sindelar viene

trovato morto nel suo appartamento

di Vienna insieme

alla fidanzata, l’italiana di origini

ebraiche Camilla Costagnola.

Ufficialmente la morte

fu archiviata come “accidentale”,

causata da una fuga di

gas, ma secondo molti “Cartavelina”

e la sua fidanzata

furono vittime di assassinio:

una vendetta del regime nazista

dopo il rifiuto di Sindelar

di difendere i colori della

nazionale tedesca.

Una leggenda, fatta di tante

versioni e di diverse verità

mai totalmente chiarite.

Una leggenda che oggi vive

anche in piazza Boves, a Cuneo.

Andrea Dalmasso

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Sport Luglio 2020 29

• La curva dei tifosi - Per la concessione delle immagini si ringraziano Carmelo Noto e i Blu Brothers

• Il corteo in via Roma - Cuneo

Il cielo sopra Bologna: dieci anni fa

lo scudetto della pallavolo cuneese

Una favola il cui ricordo non svanisce. Il 9 maggio 2010 la Bre

Banca Lannutti coronò un sogno durato venticinque stagioni

CUNEO

Si è fatto aspettare a

lungo, quel triangolo

di stoffa tricolore, tanto

che prima del 9 maggio 2010

qualcuno cominciava a non

crederci più. Cuneo, fino ad

allora cenerentola della pallavolo

italiana, trova la sua

massima affermazione nella

prima finale del campionato

in gara unica, nel palasport

di Casalecchio di Reno a Bo-

• Il cartellone dedicato alla vittoria

logna.

Sono le ore 20 quando Vladimir

Nikolov schiaccia a terra

l’ultima palla e la Bre Banca

Lannutti chiude la pratica

con l’Itas Diatec Trentino,

prima in classifica durante

la stagione regolare e gran

favorita per la vittoria: 3-1 il

punteggio finale, dopo quattro

set chiusi 25-14, 20-25,

22-25, 20-25.

È il culmine di una stagione

inaspettata perché sui biancoverdi

di Cuneo pesavano

a inizio campionato diverse

incognite a cominciare dalla

guida tecnica: fuori l’idolo di

casa Silvano Prandi, ‘il Professore’

protagonista di tutti

i primi successi al palazzetto

di San Rocco dal 1993 al 1999

e di nuovo dal 2005 al 2009,

dentro l’emergente marchigiano

Alberto Giuliani, al suo

secondo anno in A1 dove

aveva lanciato la neopromossa

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Luglio 2020

Sport

na il nazionale serbo Nikola

Grbić, al centro si punta su

un’altra vecchia conoscenza

del volley cuneese come Gigi

Mastrangelo, mentre il reparto

schiacciatori conta sul

talento del 23enne Simone

Parodi, cresciuto nel vivaio

di casa, affiancato da pilastri

come il capitano Wout Wijsmans

e Vladimir Nikolov.

Il ruolo di libero è affidato

al francese Hubert Henno.

Completano la rosa Francesco

Fortunato, Marco Nuti,

Janis Peda, Giuseppe Patriarca,

Francesco Pieri, Gregor

Jeroncic e Andrea Marchisio.

In campionato il rinnovato

sestetto chiude secondo a

quattro punti dalla prima

e a marzo si toglie la soddisfazione

di portare a casa la

Coppa CEV battendo 3-1 i

russi dell’Iskra Odincovo al

termine della final four disputata

a Maaseik in Belgio.

In precedenza i piemontesi

avevano eliminato Piacenza

con un secco 3-0. Trento,

protagonista di un duello

con Piacenza nei due anni

precedenti (uno scudetto e

un secondo posto), è da subito

l’avversaria da battere.

Lo dimostra prendendosi il

primo posto nella regular season,

bissando il successo in

Champions League dell’anno

precedente e piegando la

Bre Lannutti in finale di Coppa

Italia. All’indomani del

trionfo europeo, sulla Gazzetta

dello Sport Gian Luca

Pasini la definisce “la squadra

più forte che abbia mai giocato

in Italia in epoca di rally

point”.

Ma i favori del pronostico

non basteranno ad aggiudicarsi

la sfida unica del V Day,

alla quale Cuneo arriva dopo

aver eliminato ai quarti di

finale i campioni d’Italia in

carica della Copra Berni Piacenza

in tre partite. Per aver

ragione degli eterni rivali

• Il corteo capeggiato da Carmelo Noto, leader dei Blu Brothers

• I giocatori affacciati dalla finestra del Comune di Cuneo


Sport Luglio 2020 31

della Sisley Treviso, che in

due diverse occasioni avevano

infranto il sogno tricolore

dei cuneesi nel 1996 e nel

1998, servono invece quattro

gare: la vendetta è servita.

Al Futurshow Station di Bologna,

ex PalaMalaguti, il

primo set va ai trentini con

un punteggio che pare non

ammettere repliche: 25-14.

Cuneo però non ci sta e si

lancia all’assalto: chiuso il secondo

set per 25-20 grazie a

Grbic e ai servizi di Peda, la

Bre Lannutti gestisce il vantaggio

nel terzo trascinata da

Wijsmans, con Henno che disinnesca

Juantorena al servizio,

Mastrangelo insuperabile

a muro e Parodi uomo del

match con 16 punti e il 65%

a rete.

Nel quarto set il testa a testa

dura fino al 15-15, poi

l’affondo decisivo verso l’ultimo

punto messo a segno

dall’opposto bulgaro Nikolov,

grande ex di giornata.

In città esplode la festa tricolore,

anticipo di quella che

pochi giorni dopo vedrà protagonista

la tifoseria con tutta

la squadra: nel corteo guidato

dai Blu Brothers sfilano

migliaia di appassionati che

da piazza Europa attraversano

corso Nizza e via Roma

fino a piazza Virginio, addobbata

con tricolori e striscioni.

Una sbornia di successo dolce

e passeggera, perché l’anno

dopo Trento vendicherà

l’onta nella finale di Roma e

solo quattro stagioni più tardi

le dimissioni di Valter Lannutti

porteranno alla fine del

grande sogno della pallavolo

all’ombra della Bisalta, durato

per un quarto di secolo.

Ma ci sono attimi che valgono

una vita e il cui ricordo

cancella ogni amarezza: “È

sovvertire tutti i pronostici, è

ridere di fronte all’Uomo con

le Previsioni Sicure” ha scritto

in Jack Frusciante è uscito

• Lo striscione dedicato a Gigi Mastrangelo

• I festeggiamenti in piazza Europa

Sono le ore 20

quando

il campione bulgaro

Vladimir Nikolov

schiaccia a terra

l’ultima palla

e chiude

la ‘pratica’ Trento

dal gruppo lo scrittore bolognese

Enrico Brizzi, cantando

l’epopea della nazionale

danese agli Europei 1992 del

calcio. La favola di Cuneo,

coronata nella sua Bologna

diciotto anni dopo, ricorda

in fondo quella seguita dai

due protagonisti del romanzo,

ai quali il narratore mette

in bocca una verità sportiva

senza tempo: “E la Danimarca

come gioca?” “Bene. Si

vede che si divertono”.

Andrea Cascioli


32

Luglio 2020

Valli

Lou Cavagnin, il take away che aiuta

la montagna nelle valli occitane

L’iniziativa enogastronomica lanciata dalla Compagnia

del Buon Cammino è rivolta ad escursionisti e gitanti

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Per il catalogo completo

• “Lou Cavagnin“ in un’immagine suggestiva

CUNEO

La filosofia del take away

arriva all’ombra delle

montagne, quest’estate,

con l’innovativo progetto

‘Lou Cavagnin’ promosso dalla

rete della Compagnia del

Buon Cammino.

Quarantatre locali sparsi tra

le valli Varaita, Maira, Grana

e Stura hanno unito le loro

forze per lanciare un messaggio

forte e chiaro a chi ama

la montagna: anche dopo gli

sconvolgimenti della pandemia

globale di Covid-19 c’è

chi non rinuncia a far vivere

il turismo e l’enogastronomia

delle nostre valli.

Per continuare a farlo però

serve il sostegno di chi popola

le terre alte pur senza

viverci. A partire dal 1 giugno,

in ciascuno dei presìdi

aderenti (locande, rifugi,

trattorie, ristoranti, aziende

agricole, caseifici) i visitatori

possono trovare due offerte

sempre uguali per un pranzo

all’aria aperta, uno spuntino

durante le escursioni o una

cena dai sapori tradizionali:

‘Lou Piciot Cavagnin’ a 7 euro

e ‘Lou Grand Cavagnin’ a 12

euro. Dentro ci sono i piatti

e i prodotti caratteristici del

menù di quel presidio, ma

già confezionati e pronti da

portare via, all’interno di un

packaging compostabile e

biodegradabile.

Ogni presidio, spiegano gli

organizzatori, offre il meglio

della sua produzione: “Se è

una locanda saranno le sue

specialità. Se è un caseificio

sarà una selezione dei suoi

formaggi. E se non siete soddisfatti

riempite la vostra borsa

da asporto scegliendo dal

menù delle proposte”. Una

soluzione nata per affrontare

in modo creativo le nuove

limitazioni imposte ai ristoratori

dall’emergenza sanitaria,

ricorrendo alla saggezza degli

antenati: tradizionalmente

il cavagnin era una cesta da

viaggio di piccole dimensioni,

un tascapane, che veniva

riempito con cibo e bevande

dai contadini delle valli occi-

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Valli Luglio 2020 33

tane e della pianura piemontese.

“I rifugi alpini si preparano

ad aprire solo ora, ma per

fine giugno saremo operativi

al 100%” assicura Ermanno

Bressy, uno dei tre cofondatori

della Compagnia del Buon

Cammino, che dal 1996 riunisce

imprenditori, associazioni,

enti e comuni delle valli

all’insegna del turismo lento

e sostenibile. Questo primo

periodo di ‘rodaggio’, tuttavia,

ha già offerto riscontri più che

positivi agli operatori: “Abbiamo

visto ottimi risultati e c’è

stato anche chi sull’onda di

questa iniziativa ci ha chiesto

di entrare a far parte della nostra

rete. Ma per il momento

non vogliamo allargarci tropp

o”.

Il messaggio lanciato agli

escursionisti è semplice: la

montagna non è un luogo da

utilizzare, ma una realtà vive e

solidale. Invece di portarsi cibi

e bevande da casa, camminatori

e gitanti possono aiutare

chi gestisce i piccoli esercizi,

bar e trattorie, che sono veri

e propri presidi sociali: “Noi

non crediamo all’imposizione

di pedaggi per chi vuole venire

in montagna. La ‘tassa’ migliore

è quella con cui si aiuta

l’economia”.

• Un piatto di “Lou Cavagnin“

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• Colle dell’Agnello, foto di R. Croci, archivio Atl del Cuneese - Valle Varaita

per mangiare e bere in allegria

• La strada dei Cannoni, foto di Enrica Nasari - Valle Maira

• Ferrere, foto di T. Aimar, archivio Atl del Cuneese - Valle Stura

di Mozzi Giovanni & C snc

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Valli Luglio 2020 35

• Rocca la Provenzale, archivio Atl del Cuneese

I sentieri dell’alta valle

Maira su Google Street View

Oltre 270 km di percorsi sono stati mappati la

scorsa estate da un gruppo di volontari grazie

al ‘Trekker’ del colosso americano

ACCEGLIO

Le montagne della valle

Maira sono diventate

le prime in tutto il Piemonte

ad essere interamente

tracciate con il “Trekker”

di Google. Ora i “Sentieri

Occitani” sono percorribili “a

colpi di clic” su Street View,

applicazione solitamente

utilizzata per esplorare ed

orientarsi nelle città, stando

comodamente seduti a casa,

con accesso a spettacolari

panoramiche a 360 gradi.

Del tracciamento dei percorsi

si è occupato la scorsa

estate un gruppo di circa 30

volontari, che in oltre 110

ore di cammino ha percorso

l’alta valle portando in spalle

uno zaino “Google Trekker”,

che ha permesso di mappare

circa 270 km di sentieri

per 18 mila metri di dislivello,

fino ai 3 mila del Chersogno:

il dispositivo, del peso

di circa 25 chili, scatta circa

7-8 fotografie al secondo che

vengono poi memorizzate,

“localizzate” in base alle coordinate

geografiche ed elaborate

per creare le immagini

poi caricate su Street View.

A coordinare il progetto l’ingegnere

dronerese Massimo

Monetti, intervistato in un

servizio andato in onda lo

scorso 4 giugno, durante l’edizione

serale del Tg3 Regione,

insieme a Mariano Allocco,

assessore del Comune di

Elva e dell’Unione Montana

Valle Maira, tra i sostenitori

dell’iniziativa: “Una bella

opportunità che ci dà la tecnologia,

- ha detto Allocco -

direttamente dal nostro pc o

dal nostro cellulare possiamo

percorrere questi sentieri, un

punto di vista unico e diverso

da quello che ci danno le

cartine geografiche”.

Lavori per duecento

mila euro sulla strada

tra Elva e Stroppo

Approvato il progetto

definitivo per interventi di

consolidamento, lavori di

adeguamento e messa in

sicurezza

La Provincia di Cuneo

ha approvato il progetto

definitivo per degli interventi

di consolidamento,

lavori di adeguamento e

messa in sicurezza di alcuni

tratti della strada provinciale

335 tra Stroppo

ed Elva. Si tratta dell’unico

collegamento attivo tra

Elva e la val Maira. I lavori

costano circa 200 mila

euro, di cui 150 mila per

lavori e oneri della sicurezza

e i rimanenti 50 mila

per somme a disposizione

dell’amministrazione.

I lavori previsti consistono

nella realizzazione di

un un’efficace sistema di

raccolta e smaltimento

delle acque piovane con

cunette laterali “alla francese”

e relative tubazioni

di scarico, alla risagomatura

dei tratti stradali interessati

dalla costruzione

delle nuove cunette così

da ripristinare le pendenze

trasversali necessarie a

far confluire le acque nei

manufatti e nello spurgo

degli attraversamenti esistenti.

Saranno poi sostituite

le attuali barriere di

sicurezza stradale deteriorate

e ne saranno installati

nuovi tratti.

lavorazione

al latte crudo

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36

Luglio 2020

Speciale ATL

Alla riscoperta delle montagne del Cuneese

Uno speciale di dieci pagine dedicato alle nostre valli sulla traccia del progetto dell’Atl,

che ha realizzato delle video cartoline per sostenere la ripartenza turistica

CUNEO

Una delle poche note positive

(si parva licet...)

della cosiddetta fase 2

dell’emergenza sanitaria è

stata certamente la riscoperta

delle montagne cuneesi,

letteralmente prese d’assalto

nei fine settimana della scorsa

primavera e nei primi weekend

estivi.

È in questo scenario che l’Atl

del Cuneese ha avuto l’idea

di realizzare delle video cartoline

per sostenere la ripartenza

turistica del territorio

nel post-emergenza. Si tratta

di dieci servizi effettuati da

un operatore professionista

dedicati alle valli, dalla val

Tanaro alla valle Po. Le riprese

hanno avuto inizio lo

scorso maggio e sono state

effettuate da valle a monte,

con particolare attenzione

alle principali peculiarità del

territorio, ovvero alle emergenze

artistiche e architettoniche,

nonché a specifiche

eccellenze gastronomiche e

a particolari attività outdoor.

Dieci ‘chicche’ che abbiamo

pubblicato dal 18 al 28

giugno sul nostro quotidiano

online e che ancora oggi

sono disponibili per chi se

le fosse perse in un’apposita

• Valle Gesso, foto di Voglino Porporato, archivio Atl del Cuneese

sezione. A integrazione del

progetto abbiamo pensato

di realizzare uno speciale,

leggibile nelle prossime dieci

pagine, che valorizzasse i testi

scritti da Gabriele Gallo e

le belle immagini degli angoli

più suggestivi delle nostre

valli.“Questo progetto – ha

spiegato il Direttore Daniela

Salvestrin – ci ha permesso

di raccogliere materiale inedito

per la promozione della

nostra destinazione turistica.

A questa iniziativa si sono af-

fiancate importanti azioni redazionali,

volte sempre al riposizionamento

sul mercato

turistico della nostra destinazione.

Stiamo altresì lavorando

su interessanti progetti

che svilupperemo in sinergia

con il Consorzio degli operatori

turistici Conitours e con

le professionalità del settore”.

“Nei mesi che seguiranno

- annuncia il Presidente

dell’Atl del Cuneese Mauro

Bernardi - programmeremo

riprese video nelle città d’arte

e nelle zone di pianura non

coinvolte nella prima fase di

progetto, predisponendo anche

servizi video dedicati alla

nostra gastronomia d’eccellenza.

Crediamo fortemente

che il nostro territorio abbia

tutte le carte necessarie per

giocare, in questo momento

particolare, una buona partita:

a noi il compito di potenziare

l’offerta turistica e

di promuoverla, per rendere

questa partita vincente”.

Samuele Mattio

• Mauro Bernardi, presidente Atl del Cuneese

• Daniela Salvestrin, direttore dell’Atl del Cuneese


Un territorio dal fascino introverso

Incastonata tra quelle

Alpi di Cuneo che sfumano

verso la Liguria e il

suo mare, la Valle Tanaro non

è semplicemente un corridoio

di passaggio tra la Riviera

dei Fiori e la Pianura Padana,

ma una terra variegata dove

natura, storia e cultura si

amalgamano e si sovrappongono

senza soluzione di continuità.

Una pagina di storia

alpina a cielo aperto dove la

biodiversità botanica gioca

a nascondersi tra le pieghe

di un paesaggio eterogeneo

contraddistinto da tre Siti di

Importanza Comunitaria, da

un vasto carsismo e da emergenze

culturali degne di nota

come a Garessio (inserito nei

Borghi più Belli d’Italia grazie

ad un nucleo storico di ori-

gine medievale che ancora

oggi incanta e disorienta) e

a Ormea, costruita a pianta

cuoriforme e i cui vicoli abbracciati

l’un l’altro profumano

già di entroterra ligure.

Un patrimonio che si può

gustare pienamente percorrendo

la fitta rete di sentieri,

strade militari in quota e traversate

di cui la vallata dispone.

L’Alta Via del Sale innanzitutto,

pensata per bikers e

camminatori ma percorribile

previa apposita autorizzazione

anche dai mezzi motorizzati.

Una strada bianca che si

immerge tra scorci lunari impregnati

di storia e di fascino

seguendo l’effimero confine

tra Italia, Francia, Piemonte

e Liguria. La Balconata di

Ormea, poi, che si snoda per

Speciale ATL Luglio 2020 37

una quarantina di chilometri

alle spalle dell’omonimo

abitato lungo carrarecce e

mulattiere a quote comprese

fra gli 850 e i 1500m con dislivelli

abbordabili, tappe personalizzabili

e la confortante

presenza di due rifugi accoglienti.

Un percorso adatto

a tutti che lambisce borgate

abbandonate, castagni secolari,

edicole votive, pascoli

alpini e laghi nascosti. Il Giro

del Marguareis, inoltre, un

tuffo escursionistico di cinque

giorni nel cuore dell’omonima

Area Protetta che

lega simbolicamente la Valle

Tanaro alle Valli Pesio ed Ellero

grazie all’appoggio di cinque

rifugi gestiti. L’Alto Tanaro

Tour, ancora, il più lungo,

duro e spettacolare trekking

di valle delle Alpi del Sud

(135km, 8000m di dislivello

e 9 tappe di cammino e meraviglia),

senza dimenticare

l’Alta Via del Monti Liguri che

sfiora la Valle Tanaro nei pressi

del Rifugio di Pian dell’Arma

e la Gran Traversata delle

Alpi che ha inizio proprio dal

comune di Ormea. Da non

perdere, infine, i piatti della

cucina locale, anch’essa

influenzata dall’abbraccio

ligure-piemontese. Molte le

specialità assimilabili alla cosiddetta

“cucina bianca” dei

pastori transumanti (latticini,

patate, porri, rape, cereali

e aglio) e imperdibile, in tal

senso, la polenta saracena

condita con panna, funghi

secchi e porri.

Gabriele Gallo

Valle Tanaro

• Ormea, archivio Atl del Cuneese

• Ormea, archivio Atl del Cuneese

• Garessio, archivio Atl del Cuneese


38

Luglio 2020

Speciale ATL

Emozioni sulla punta delle mani

Una mano aperta che

dai massicci più elevati

delle Alpi Liguri si apre

a ventaglio verso nord, in direzione

di Mondovì, delle sue

colline e della sua pianura.

Cinque insenature orografiche

principali da cui si dipartono

rami secondari che si

intrecciano e si sovrappongono.

Le Valli Monregalesi

affascinano per quella morfologia

ravvicinata, per quei

borghi sospesi nel tempo,

per quei balconi panoramici

che si affacciano sulla piana e

sul resto dell’arco alpino. Angoli

inattesi che si aprono tra

rocce, boschi e pascoli oppure

che scavano in profondità

gettandosi nel sottosuolo,

come nella Grotta di Bossea,

nelle Grotte del Caudano o

nella Grotta dei Dossi, eccellenze

nascoste dal respiro internazionale.

Ma le vallate del Monregalese

sono da sempre una

terra di commerci e di passaggi,

impregnata di sentieri,

viuzze, sterrate e carrarecce.

Come in Valle Ellero, lungo

l’antica Via del Sale che sfocia

nell’imperdibile Pian Marchisio

prima di arrampicarsi

verso il Passo delle Saline

lambendo il Rifugio Mondovì.

Oppure in Valle Casotto

sulle tracce della Roa

Valli Monregalesi

• Grotte di Bossea, foto di R. Croci, archivio Atl del Cuneese

Marenca, immergendosi tra

castagni e faggi secolari,

sfiorando eccellenze architettoniche

come la Reggia di

Valcasotto e risalendo verso

la Via dei Cannoni tra pascoli

e crinali panoramici.

Tra le Valli Roburentello e

Corsaglia, invece, gli itinerari

profumano di storia e

di tradizione. Nella terra del

Kyé (dialetto locale assimilabile

alle parlate occitane

delle valli cuneesi e torinesi),

infatti, sono tanti i percorsi

che consentono un caleidoscopico

tuffo nella civiltà alpina

del secolo scorso: dalla

ramificata rete di Parpaiun

(oltre centro chilometri tra

Pamparato, Roburent e Montaldo

di Mondovì) ai tracciati

che si inoltrano tra i boschi e

i versanti di Frabosa Soprana

e Frabosa Sottana, lambendo

appena il comprensorio

sciistico del Mondolé Ski, che

d’estate indossa le vesti di un

moderno bike park. Due ruote

protagoniste anche a Viola

Saint Grée e al Monte Alpet,

per il bike village più antico

della zona. Diverse, infine, le

passeggiate a tema religioso

praticabili nell’areale (da Madonna

della Neve di Viola a

San Colombano di Monasterolo

Casotto, dal Monte Calvario

di Villanova Mondovì

a Sant’Anna di Prea di Roccaforte

Mondovì) e le camminate

distensive in bassa

valle, nei pressi ad esempio

del Lago di Pianfei o lungo

l’affascinante circuito

del Landandé. Un’offerta variegata,

insomma, da praticare

magari degustando i tanti

formaggi d’alpeggio della

zona o, per i più golosi, le Paste

di Meliga del Monregalese,

i Biscotti di Pamparato o

le Cupete.

Gabriele Gallo

• Laghi della Brignola, foto di Cuneo Trekking


Un’insenatura orografica

apparentemente

trascurabile che dai

margini della piana cuneese

si addentra nell’anima più

selvaggia delle Alpi Liguri,

solleticando l’imponente

massiccio della Bisalta e arrampicandosi

lassù, verso

l’alto, fino ai 2.651 metri di

altitudine di Punta Marguareis.

La Valle Pesio stupisce

per quelle melodie naturali

Speciale ATL Luglio 2020 39

Un piccolo gioiello che profuma di natura

che alzano la voce fin dalle

quote più modeste. Boschi,

pascoli e rocce che abbracciano

senza soluzione di continuità

i segni antropici dei

secoli scorsi. Dai ruderi panoramici

del Castello Mirabello

fino alle recenti ricostruzioni

dell’Archeopark della Roccarina,

passando per vecchie

borgate aggrappate ai versanti

di media valle, effigi di

una civiltà rurale eroica ma

rispettosa dell’ambiente.

Non è un caso, allora, che la

Valle Pesio custodisca una

delle aree protette più antiche

del Piemonte, in virtù

di una biodiversità botanica

con pochi eguali nell’intero

arco alpino italiano. Sono

dunque numerosi i sentieri e

gli itinerari che si immergono

nel delicato respiro dell’ex

Parco Naturale del Marguareis,

disposto a ventaglio alle

spalle di un’eccellenza architettonica

come la Certosa di

Pesio. Fondato nel 1173 e

ingranditosi soprattutto tra il

XVI e il XVII secolo, l’edificio

ha conosciuto diversi rimaneggiamenti

nel corso degli

anni, ma ha saputo mantenere

fino ad oggi un’impronta

spirituale emozionante e

coinvolgente. Tra le proposte

escursionistiche più accattivanti,

il celebre Giro del

Valle Pesio

•Certosa di Chiusa Pesio, foto di Roberto Croci vista aerea, Archivio Atl del Cuneese

Marguareis (cinque giorni

tra i paesaggi carsici dell’alta

valle sfruttando accoglienti

strutture ricettive come il Rifugio

di Pian delle Gorre, il Rifugio

Garelli, il Rifugio Mondovì,

il Rifugio Mongioie e il

Rifugio Don Barbera), ma anche

camminate più brevi ma

non meno affascinanti verso

lo straordinario Pis del Pesio

e le Cascate del Saut o verso

l’Osservatorio faunistico delle

Canavere, senza dimenticare

ovviamente il Sentiero

Naturalistico autoguidato e

attrezzato con appositi pannelli

divulgativi che connette

la Certosa con Pian delle

Gorre. E proprio da Pian delle

Gorre si dipana la riqualificata

Via del Duca che raggiunge

il Colle del Prel lungo l’ex

rotabile 194 (costruita a partire

dal 1940 dall’allora Genio

di Cuneo) e che rappresenta

oggi un vero e proprio must

per gli amanti delle due ruote,

con la possibilità di collegarsi

alla frequentata Alta Via

del Sale. Per godersi infine la

bassa Valle Pesio anche in autunno

o in primavera lambendo

decine di frazioni e attraversando

angoli paesaggistici

di assoluto livello, è altamente

consigliato il Sentiero delle

Borgate, che si snoda per circa

quindici chilometri sul versante

idrografico destro. G.G


40

Luglio 2020

Uno storico corridoio di

passaggio che dalla pianura

cuneese si incunea

verso meridione in direzione

della Valle Roya e del mare.

La Valle Vermenagna affonda

le sue radici nella storia per

quella posizione di cerniera

tra i respiri del Mediterraneo

e le atmosfere più algide

della Pianura Padana. Punto

di delimitazione tra la Gallia

Cisalpina e la Gallia Narbonense,

congiunzione orografica

tra le Alpi Liguri e le Alpe

Marittime, frequentato camminamento

per i mercanti di

sale e per i pellegrini diretti

a Santiago di Compostela,

la vallata ha conosciuto un

graduale sviluppo turistico

grazie al Traforo del Tenda

(ultimato nel 1882 e affiancato

nel 1900 dall’analogo pas-

Speciale ATL

A piedi nella patria dello sci, tra storia e natura

sante ferroviario), che ha trasformato

soprattutto Limone

Piemonte in una meta ambita

e frequentata. Scelta dagli

“Alpini Skiatori” per le loro

prime esercitazioni sciistiche

il 3 marzo 1907, la località ha

infatti saputo plasmarsi nel

corso dei decenni fino ad

indossare le vesti dell’attuale

Riserva Bianca, tra i

comprensori sciistici più importanti

della regione. Ma è

l’intera Valle Vermenagna ad

essersi gradualmente modificata,

aprendosi ad esempio

al mondo escursionistico

grazie ad angoli selvaggi che

meritano di essere conosciuti

e attraversati. Come in Val

Grande di Vernante, appendice

orientale dell’Area protetta

delle Alpi Marittime,

dove il percorso natura verso

il Bosco Bandito affascina e

conquista anche grazie all’attenta

cartellonistica installata.

Sempre a Vernante, poi, la

Via di Teit consente di respirare

appieno la tradizionale

architettura alpina di

un tempo, immergendosi

tra mulattiere e borgate che

profumano di vita vissuta. La

tappa vernantina obbligata

per i più piccoli, invece, è al

Museo Attilio Mussino, per

scoprire il genio creativo di

Pinocchio. Da Limone Piemonte,

viceversa, la salita al

Colle della Boaria attraverso

il Vallone di San Giovanni

stupisce e coinvolge per

quell’abbraccio pascolivo

inaspettato che sfocia nei

pressi dell’Alta Via del Sale,

oggi vero e proprio paradiso

per camminatori e amanti

delle due ruote. Per chi si innalza

fino al Colle di Tenda,

invece, è fortemente consigliato

l’anello che lambisce il

Fort Central, il Fort Pepin e il

Fort Tabourde, alla scoperta

delle affascinanti fortificazioni

di fine Ottocento facenti

parte del campo trincerato di

Tenda e oggi terra di confine

tra Italia e Francia. In bassa

valle, infine, il Sentiero Valerio

Tassone di Robilante consente

di toccare con mano

l’atavica tradizione della castanicoltura,

offrendo parimenti

un piacevole percorso

didattico per i bambini dedicato

al bosco e ai suoi abitanti.

Suggerita, in tal senso, anche

una sosta al Museo della

Fisarmonica e al Museo Ferroviario.

Gabriele Gallo

Valle Vermenagna

• Alta via del Sale, archivio Atl del Cuneese


Speciale ATL Luglio 2020 41

Valle Gesso

• Cima di Fremamorta, foto di Cuneotrekking

Camminare in una valle da Re

La Valle Gesso si apre a

ventaglio alle spalle di

Valdieri, arrampicandosi

verso l’alto fino ai 3.297 metri

dell’Argentera. Tra queste

rughe di roccia millenaria, i

glacionevati più meridionali

dell’intero arco alpino, che

respirano ad appena quaranta

chilometri in linea d’aria

dalla Costa Azzurra.

Montagna di frontiera e di

confine climatico, la Valle

Gesso profuma da sempre di

natura e di biodiversità. Antico

territorio di caccia di Casa

Savoia e sede di un’area protetta

fin dal 1980, nella zona

sono state infatti censite circa

2.000 specie vegetali differenti,

pari a quasi un quarto

dell’intera flora nazionale. Un

paradiso naturalistico reso

speciale da ventiquattro vette

che superano i 3.000 metri

di quota e da oltre ottanta

laghi alpini che riflettono luci

e ombre di un mondo selvaggio

che aspetta soltanto

di essere scoperto. La ramificata

rete sentieristica promossa

e valorizzata dall’Ente

Gestione delle Aree protette

delle Alpi Marittime può

inoltre contare su ben dieci

rifugi alpini e sette bivacchi

non gestiti, per escursioni

più o meno difficili adatte a

tutta la famiglia. Dall’impegnativa

Alta Via dei Re (sette

giorni per oltre 5.500 metri di

dislivello positivo) agli itinerari

giornalieri verso rifugi o

specchi d’acqua, come l’imperdibile

anello dei Laghi di

Fremamorta, la bellissima salita

al Lagarot di Lourousa o

l’ascesa al bacino artificiale

del Chiotas, senza dimenticare

la spettacolare ex rotabile

lastricata dei Laghi di Valscura

o la selvaggia immersione

verso il Colle del Sabbione o

il Lago del Vei del Bouc. Ma

la Valle Gesso colpisce anche

dal punto di vista geologico

grazie a scorci fascinosi come

le Gorge della Reina di Entracque

(dove le pareti della

stretta gola paiono toccarsi)

o le Grotte del Bandito di Roaschia,

unico sistema carsico

dell’intera valle. Gli amanti

delle passeggiate distensive,

invece, potranno cimentarsi

nel recente Sentiero delle

Farfalle che si apre ai piedi

della Riserva Naturale di Rocca

San Giovanni-Saben e che

ospita, tra gli altri, la rarissima

e colorata Papilio alexanor.

A breve distanza sorge

poi una necropoli protostorica

risalente all’età del Bronzo

e del Ferro, arricchita nel

2013 da una ricostruzione

tipica del tempo. Attenzione

per la didattica museale,

infine, anche nel comune di

Entracque dove ha sede, oltre

alla Centrale Idroelettrica

Luigi Einaudi, il Centro Faunistico

Uomini e Lupi. Accanto

agli appositi locali dedicati

all’approfondimento storico,

scientifico e antropologico

del lupo, trova qui spazio anche

un recinto di otto ettari

al cui interno sono ospitati

alcuni esemplari di Canis

lupus italicus non più in grado

di vivere in libertà. G.G


42

Luglio 2020

Valle Stura

Speciale ATL

• Stiera Village Rafting Gaiola, fiume Stura di Demonte

Una scoperta escursionistica selvaggia e inaspettata

Un transito naturale per

commerci e persone,

una storica linea di demarcazione

amministrativa

(Francia e Italia), altitudinale

(montagna e pianura) e orografica

(Alpi Marittime e Alpi

Cozie). La Valle Stura di Demonte

disorienta per quella

varietà paesaggistica figlia di

un’incisione morfologica che

dai duemila metri di quota

del Colle della Maddalena

discende verso la Pianura Padana

fino a solleticare la città

di Cuneo. Un verde corridoio

• Ferrere, foto di T. Aimar

• Forte Albertino di Vinadio, foto di Michael Ieran, archivio di Atl del Cuneese

vallivo impregnato qua e là

di cicatrici storiche e architettoniche

di pregio come il

Forte Albertino (costruito tra

il 1834 e il 1847 e considerato

uno dei più significativi

esempi di architettura militare

dell’intero arco alpino),

il Santuario di Sant’Anna di

Vinadio (sorto verosimilmente

intorno al XII secolo e divenuto,

con i suoi 2035 metri

di quota, il più alto d’Europa)

o la Borgata di Paraloup, sede

della prima banda partigiana

di Giustizia e Libertà e ospitante

oggi sale per mostre,

un rifugio, un ristorante e un

archivio museale. Ad unire

queste prestigiose emergenze

culturali con peculiarità

naturalistiche di analogo livello

come la Riserva Naturale

delle Grotte di Aisone,

allora, il trekking di valle del

Lou Viage, disteso dai 600

metri di Borgo San Dalmazzo

ai quasi 3.000 metri del

Monte Enciastraia. Diciannove

tappe per un tuffo nella

Valle Stura più autentica lungo

mulattiere e sentieri poco

frequentati, attraversando i

tanti valloni secondari che

contraddistinguono il territorio

e che si trasformano in

eccellenti punti di partenza

per escursioni o cammini più

o meno impegnativi. Come

Riofreddo, ad esempio, dal

quale si possono raggiungere

il Lago Malinvern, i Laghi

della Paur o i Laghi dell’Aver

oppure Bagni di Vinadio

da cui ci si inerpica verso il

Lago Superiore dell’Ischiator

o il Lago di Laroussa, senza

dimenticare ovviamente

gli straordinari Laghi di Roburent

o le caratteristiche

borgate alpine di Neraissa,

San Bernolfo e Ferriere, con

quest’ultima che ospita l’inusuale

ma avvincente Museo

del Contrabbandiere. Ed è

proprio la fitta rete museale

della zona (che comprende,

tra gli altri, anche l’Ecomuseo

della Pastorizia di Pietraporzio,

Palazzo Borelli di Demonte,

il Museo della Guerra

e della Resistenza di Valloriate

e il Museo della Pietra

di Moiola) a rendere la Valle

Stura una meta particolarmente

attrattiva, la cui vivacità

si rispecchia altresì nella

cucina tipica grazie ad eccellenze

come l’Agnello Sambucano

Presidio Slow Food,

i cruset (gnocchetti locali simili

alle orecchiette) e l’Oula

al fourn, composta da verdure

tagliate a pezzettini, patate,

fagioli e porri.

G.G


Uno scrigno selvaggio

che si distende per appena

venti chilometri,

inerpicandosi dall’altopiano

cuneese fino ai 2.679 metri

di Punta Tempesta. Un’insenatura

stretta e apparentemente

marginale, custode

in realtà di scorci inaspettati

dal respiro autentico. Incastonata

nel cuore delle Alpi

Cozie, la Valle Grana ha saputo

ritagliarsi la propria identità

nel corso dei secoli. Una

personalità vivace capace di

amalgamare natura, cultura

ed enogastronomia, intrecciando

beni architettonici di

pregio ad angoli naturalistici

impregnati di fascino. Dal

Santuario di San Magno ad

esempio, sorto nel XV secolo

e costruito ad oltre 1700

metri di quota, alle frazioni

Speciale ATL Luglio 2020 43

Alla scoperta di una piccola grande valle

Valle Grana

letteralmente aggrappate

alla roccia di Colletto a Castelmagno

e di Chalancho a

Pradleves, straordinarie effigi

della civiltà alpina di un

tempo, senza dimenticare la

fitta rete ecomuseale che si

nasconde tra un tornante e

l’altro. Dall’Ecomuseo Terra

del Castelmagno all’archeologia

idraulica di Monterosso

Grana e Pradleves (con mulini,

segherie e centrali idroelettriche);

dal Piccolo Museo

del Cinema di Valgrana ai Babaciu

di San Pietro di Monterosso,

passando per il Piccolo

Museo della Vita di Quassù di

Colletto a cui si affianca Una

casa per Narbona in frazione

Campomolino.

Frequentata dai cicloamatori

per quel Colle Fauniera celebrato

nel 1999 persino dal

Giro d’Italia, la Valle Grana

riesce oggi ad accontentare

anche gli escursionisti più

esigenti grazie ad un’offerta

eterogenea adatta a tutta la

famiglia. Il Sentiero dei Sarvanot

ad esempio (omonimo

del più celebre itinerario

di Rore di Sampeyre in Valle

Varaita), si snoda nel territorio

di Monterosso Grana ed è

attrezzato

con appositi pannelli divulgativi

a misura di bambino.

La Curnis, invece, si dipana

per oltre 40 km in media valle,

muovendosi tra vecchie

borgate e castagneti storici.

Agli amanti dell’alta montagna

è poi dedicata la cosiddetta

Curnis Auta, 75 km che

attraversano le creste vallive

di confine fino a raggiungere

i 2.500 metri di altitudine. Il

Cammino di San Magno, invece,

ripercorre l’antico tragitto

utilizzato dai pellegrini

di un tempo e unisce Campomolino

al Santuario di San

Magno attraversando le caratteristiche

frazioni di Nerone,

Chiotti e Chiappi. Proprio

su questi pascoli che sfiorano

il cielo, infine, dove la voce

della montagna si fa canto

mistico e incontra la maestria

dell’uomo, nasce quello che

in molti definiscono “il Re”

dei formaggi. Prodotto prevalentemente

con latte vaccino

e stagionato per almeno

tre mesi in cantine di pietra

naturale fresche e umide, il

Castelmagno affonda le sue

radici nella storia medievale

ed è oggi il simbolo preponderante

dell’intera vallata.

Gabriele Gallo

• Castelmagno, foto archivio di Cuneotrekking


44

Luglio 2020

Speciale ATL

Nel cuore selvaggio delle Alpi Occitane

Considerata oggi un vero

e proprio paradiso per

gli amanti del turismo

escursionistico, la Valle Maira

stupisce e disorienta per

quella fitta rete sentieristica

che si inoltra tra valloni secondari

e vecchie borgate,

lambendo boschi e laghi che

solleticano i piedi di rocce

apparentemente inafferrabili

proiettate verso il cielo. I Percorsi

Occitani ad esempio,

sorti ormai trent’anni fa con

l’intento di unire entrambi i

versanti della valle, collegano

in quindici tappe Villar San

Costanzo ad Acceglio e possono

contare su ben ventitré

posti tappa convenzionati.

Dalla Riserva Naturale dei

Ciciu di Villar a Camoglieres;

da San Martino di Stroppo

ad Elva e poi in discesa fino a

San Michele di Prazzo prima

e a Ussolo poi, impareggiabile

scenografia de “Il vento fa

il suo giro”; da Chiappera

a Chialvetta, salendo all’Altopiano

della Gardetta (Patrimonio

Geologico Italiano)

e discendendo a Borgata

Vernetti di Marmora; da Palent

a Celle Macra, infine, e di

qua a Cartignano, Dronero e

Villar San Costanzo, soltanto

per ricordare alcuni tratti. Un

caleidoscopico itinerario tra

storia, cultura, natura ed enogastronomia,

che ha fatto

dell’unicità architettonica di

ogni luogo di appoggio il valore

aggiunto più evidente.

Per gli amanti del trekking in

quota, poi, in alta valle sorgono

anche il Sentiero Piergiorgio

Frassati (5h 30’), il Sentiero

Dino Icardi (7h 00’), il Tour

di Rocca La Meja (5h 30’) e il

Sentiero Roberto Cavallero

(5 giorni), senza dimenticare

Valle Maira

• Pianoro della Gardetta, foto di Roberto Croci, archivio Atl del Cuneese

i percorsi che richiamano gli

antichi mestieri o le particolarità

floreali della zona come

il Sentiero dei Ciclamini (2h

30’) a Macra, il Sentiero dei

Sellai (4h 00’)a Marmora, il

Sentiero dei Pastori (6h 00’)a

Prazzo, il Sentiero dei Bottai

(4h 00’) a Celle Macra e Lou

Viol (8h 30’) ad Elva, nella cui

Parrocchiale è custodito un

capolavoro pittorico quattrocentesco

opera del fiammingo

Hans Clemer. Nell’antipasto

occitano, nelle raviolàs di

toma, nella pulenta cumudà

e nell’agnello con castagne,

infine, la spinta motivazionale

che ha portato alla pubblicazione

sul mercato tedesco

del libro “Antipasti und alte

Wege” (“Antipasti e antichi

sentieri”), consacrazione internazionale

di un territorio

selvaggio impregnato di fascino

e tradizione.

G.G

• Lago Nero, foto di Cuneotrekking


Speciale ATL Luglio 2020 45

Valle Varaita

• Kitesurfing sul lago Castello, foto di Marco Dalmasso

Un’avventura lunga settanta chilometri

L’aroma dolciastro dei

frutteti di bassa valle, il

fresco respiro del Bosco

dell’Alevé, le intriganti meridiane

di Bellino. O ancora

le avvolgenti architetture di

Sampeyre e Casteldelfino, gli

interminabili tornanti che si

arrampicano al Colle dell’Agnello,

lambendo vette inafferrabili

che graffiano il cielo.

Settanta chilometri di storie,

sapori e paesaggi che fanno

della Valle Varaita un lungo

polmone verde che sa guardare

al futuro con gli occhi

del presente e del passato.

Tra i giochi di luci e ombre

che si rincorrono da un versante

all’altro, si sviluppa allora

il Valle Varaita Trekking,

percorso a tappe di dodici

giorni che si immerge nell’anima

più autentica del terri-

torio.

Da Verzuolo a Becetto di

Sampeyre, con il suo Santuario

dall’inusuale Madonna

Nera; dal cuore selvaggio

dell’Alevé, la cembreta più

estesa d’Europa, a Chianale,

inserito tra i Borghi più Belli

d’Italia; dalle silenziose borgate

di Bellino all’ottocentesco

Santuario di Valmala.

Angoli inaspettati che profumano

di arte e di tradizione,

per un ambiente montano

che era parte attiva della lungimirante

Repubblica degli

Escartons (con il cantone di

Casteldelfino) e che custodisce

ancora oggi una delle più

antiche e importanti feste

dell’intero arco alpino italiano

(la Baìo di Sampeyre).

Ma in Valle Varaita le vibrazioni

emotive maggiori si

raggiungono forse nella

pratica escursionistica, grazie

ad un’offerta eterogenea

che si distende dalla bassa

valle fino ai 2.748 metri di

quota del Colle dell’Agnello.

Un amalgama paesaggistico

che dal Giro del Monviso, il

cui sguardo severo incombe

su Pontechianale, arriva

alla facile traversata Pontechianale-Chianale

sotto il

fresco abbraccio dei lariceti,

senza disdegnare l’ascesa

al meraviglioso Lago Bleu

e le carezze panoramiche

di Bellino che sfumano nel

selvaggio Vallone di Trasversagn.

Incastonato nel cuore

della media valle, invece, il

Sentiero dei Sarvanot a Rore

di Sampeyre consente un’affascinante

immersione alla

scoperta del bosco e dei suoi

magici abitanti, prefigurandosi

come uno dei sentieri

più caratteristici della vallata

dove fiaba e natura si compenetrano

senza soluzione

di continuità.

Ma muoversi in Valle Varaita,

infine, vuole anche dire respirare

appieno il profumo

del legno da poco lavorato

(tipica produzione artigianale

della zona che raggiunge il

suo acme tra Brossasco e Piasco,

celebre non a caso per

la fabbricazione delle arpe)

nonché lasciarsi trasportare

dalle eccellenze enogastronomiche

locali come le Ravioles

(gnocchi di patate e

formaggio conditi

con burro fuso), i Tomini di

Melle e i Crosetins preparati

con la farina di segale.

Gabriele Gallo


46

Luglio 2020

Speciale ATL

Valle Po

• Valle Po salendo al Monviso, foto di R. Croci, archivio Atl del Cuneese

Escursioni ed emozioni all’ombra del Monviso

Un itinerario dal respiro

antico che rimanda

al 1839, quando il docente

di filosofia naturale

all’Università degli Studi di

Edimburgo James David Forbes

aggirò per la prima volta

l’affascinante fisionomia del

Re di Pietra. Ancora oggi il

Giro del Monviso è uno degli

anelli escursionistici più frequentati

e coinvolgenti delle

Alpi Occidentali. Merito di

quei suoi paesaggi incontaminati

fatti di rocce, pascoli

e cielo, di quei suoi rifugi calorosi

e accoglienti, di quei

suoi boschi verdeggianti che

profumano di unicità come

quello dell’Alevé, considerato

tra le cembrete più este-

se d’Europa. Quattro giorni

in alta montagna sfiorando

laghi alpini freschi e trasparenti

e camminando lungo

sentieri impregnati di storia,

come nell’imperdibile Buco

di Viso, il primo traforo delle

Alpi datato 1480. Ma sono

tante le peculiarità storiche

che si scoprono muovendosi

all’ombra del Monviso.

Tra queste anche il vecchio

Ricovero dell’Alpetto, il primo

rifugio edificato dal Club

Alpino Italiano nel 1866. Un

primordiale riparo in pietra e

calce che si è gradualmente

trasformato in un caratteristico

museo dedicato agli

albori dell’alpinismo italiano.

L’alta Valle Po e i territori li-

mitrofi, però, rappresentano

un condensato di emozioni

anche per gli amanti delle

due ruote, con appositi percorsi

per la mountain bike

(in zona Oncino, Paesana e

Brondello soprattutto), per il

cicloturismo (con le salite ad

Ostana o l’arrivo a Pian del Re

di Crissolo, alle sorgenti del

fiume Po) e per l’enduro, con

itinerari attrezzati sui pendii

che sovrastano il comune di

Paesana.

Per le passeggiate a media

quota, invece, il Monte

Bracco ben si presta ad ogni

esigenza grazie ad una rete

sentieristica ampia e ben

segnalata che si immerge

in un ambiente luminoso e

panoramico, abitato fin dal

Neolitico e decantato tra gli

altri anche da Leonardo da

Vinci. Imperdibile in tal senso

la visita alla borgata-museo

di Balma Boves, costruita

sotto una sporgenza di roccia

e abbandonata soltanto

negli anni Cinquanta. Nelle

terre del Monviso, infine, non

mancano di certo i sapori irresistibili:

dai frutti coltivati in

loco come le susine, le mele,

i mirtilli e le fragole alla tipica

cucina montana di un tempo

con latte e derivati, castagne

e polenta, da accompagnarsi

magari ad un bicchiere di Pelaverga,

il vino locale prodotto

fin dal XVI secolo.

Gabriele Gallo

• Valle Po, foto di R. Croci, archivio Atl del Cuneese


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