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Luglio 2020
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Storia Locale
La peste del 1630 a Cuneo: ecco
come la città affrontò l’epidemia
Il contagio costò la vita a circa metà degli abitanti. Ma quasi 400
anni fa si parlava già di autocertificazioni e quarantena
CUNEO
Pochi eventi nella storia
sono legati alla loro successiva
fortuna letteraria
quanto l’epidemia di peste
del 1630. Parliamo della
cosiddetta ‘peste manzoniana’,
quella che duecento anni
più tardi avrebbe costituito il
fulcro narrativo de I promessi
sposi e della Storia della colonna
infame.
Gli storici stimano in 1 milione
e 100mila le morti attribuibili
a quel flagello nell’Italia
settentrionale. Il contagio si
diffuse tra il 1629 e il 1633
e - pur restando più circoscritto
rispetto alla grande
epidemia del Trecento - impose
un tributo molto alto
alle aree colpite: Milano perse
addirittura il 74% della sua
popolazione, Torino circa
8mila dei 25mila abitanti di
allora. Lo storico ottocentesco
Luigi Cibrario ricorderà
che intorno al 1630 “Acqui fu
quasi distrutta; Alessandria
contò 14mila morti; Aosta,
Biella, Busca ebbero quasi
tutte le case contagiate; a
Carmagnola, non scamparono
che 12 capifamiglia i quali
fecero il voto di digiunare
severamente il 7 dicembre
di ogni anno in segno di ringraziamento
per lo scampato
pericolo. Chieri, che nelle
pestilenze precedenti aveva
già avuto 8 mila morti, seppellì
altri 4500 chieresi; a
Garessio, non rimasero che
tre famiglie e, a Pinerolo, soccombettero
al contagio tutti,
nessuno escluso”.
Per quanto riguarda la città
di Cuneo non esistono stime
esatte circa l’ammontare
delle vittime del morbo, sebbene
alcune fonti le abbiano
quantificate in una metà dei
residenti. Nel saggio La peste
a Cuneo (1630-1632), Marco
Torriani riporta il numero di
500 decessi nell’arco di 19
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