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Il numero di Marzo 2007 - Associazione Nazionale Venezia Giulia e ...

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<strong>Marzo</strong> <strong>2007</strong><br />

Un breve racconto <strong>di</strong> Maria Grazia Ciani,<br />

profuga da Pola e filologa classica<br />

L’Itaca negata dell’esule<br />

Non inganni il ridotto formato del<br />

libro che la filologa Maria Grazia Ciani,<br />

nata a Pola e docente <strong>di</strong> Storia della<br />

tra<strong>di</strong>zione classica nell’Università <strong>di</strong><br />

Padova, pubblica nella nuova collana<br />

<strong>di</strong> narrativa “Gocce” <strong>di</strong> Marsilio. L’autrice,<br />

tra le più prestigiose antichiste<br />

italiane, traduttrice dei classici greci ad<br />

iniziare da Omero, ha evidentemente<br />

familiarità consolidata con la scrittura,<br />

al punto da riuscire (o essere costretta<br />

dal tema) a “lavorare” sulla riduzione,<br />

sulla sottrazione, per enucleare<br />

in tutta la sua scabrosità il peso<br />

insostenibile del ricordo. Una scrittura<br />

che ripu<strong>di</strong>a ridondanze e melanconie,<br />

dura e a tratti feroce per<br />

asciuttezza.<br />

<strong>Il</strong> peso sotto il quale si annienta la<br />

retorica è quello dell’esodo, dell’abbandono<br />

coatto della <strong>di</strong>mensione originaria,<br />

un debito che la storia cruda<br />

ha mai saldato con gli esuli, con l’autrice<br />

bambina per la quale – acquisita<br />

più avanti familiarità con il mito greco<br />

– la fuga ha le sembianze dello strappo<br />

dal cane pre<strong>di</strong>letto, York-Argo, animale<br />

dalla coscienza vigile che richiama<br />

l’Argo <strong>di</strong> Ulisse nello splen<strong>di</strong>do<br />

episo<strong>di</strong>o del riconoscimento e della<br />

morte.<br />

«È la descrizione del mio paese, –<br />

scrive la Ciani – il luogo dove sono<br />

nata, la ra<strong>di</strong>ce della mia vita. Un luogo<br />

<strong>di</strong> bellezza e <strong>di</strong> pace <strong>di</strong> cui tuttavia<br />

ho perduto ogni traccia, nella memoria.<br />

Che non è mai tornato a me, neppure<br />

in sogno». Una rimozione profonda<br />

che anche l’inconscio ha voluto,<br />

essendo impossibile, evidentemente,<br />

l’elaborazione del dolore. «Ma è<br />

come se guardassi attraverso le palpebre<br />

chiuse. In realtà, non ho orizzonti.<br />

Non ho orizzonti». Gli scarni ricor<strong>di</strong><br />

che l’autrice conserva sono collocati<br />

in una <strong>di</strong>mensione atemporale, quasi<br />

de-fisicizzata; non può “ricamarci”<br />

sopra, sono frammenti sottrattisi ad un<br />

determinato contesto storico ed esistenziale,<br />

e in quanto frammenti non<br />

si prestano ad essere addomesticati<br />

dalla perizia pietosa della scrittura.<br />

Tra quesi frammenti la Ciani<br />

recupera qualcosa che rimanda al paesaggio<br />

e alla guerra, come nel caso<br />

del bombardamento <strong>di</strong> Pola vissuto<br />

con incoscienza bambina, o dell’occupazione<br />

jugoslava della città: «Fu<br />

come una marea muta e strisciante, e<br />

poi una palude nera e poi una <strong>di</strong>stesa<br />

<strong>di</strong> sabbe mobili. <strong>Il</strong> rischio era a ogni<br />

passo e tutto veniva inghiottito senza<br />

rumore». «Poche parole – scrive ancora<br />

– e molti, lunghi sguar<strong>di</strong> obliqui».<br />

La fuga in piena notte fu la conseguenza<br />

<strong>di</strong> quegli «sguar<strong>di</strong> obliqui», «con<br />

poche robe ammassate su un carretto»,<br />

«a pie<strong>di</strong> gli adulti, a pie<strong>di</strong> anch’io».<br />

La scarna e <strong>di</strong>sorientata memoria<br />

dell’autrice trova un appiglio nella<br />

poesia senza tempo e umanissima<br />

dell’antico cantore greco, Omero per<br />

convenzione storiografica o persona<br />

collettiva, la cui forza epica è tutta nella<br />

stupefacente maturità del verso, dello<br />

stile e delle situazioni. La filogoga vi<br />

trova forse conforto perché nel poema<br />

tutte le peripezie hanno un senso<br />

e convergono tutte su Itaca. L’Itaca<br />

negata a lei e agli altri, perché la loro<br />

Itaca «aveva tra<strong>di</strong>to», e questo tra<strong>di</strong>mento<br />

lei ha la paradossale «certezza,<br />

consolatoria e rassicurante, <strong>di</strong> non<br />

aver mai <strong>di</strong>menticato e mai perdonato».<br />

Con queste pagine la profuga da<br />

Pola afferma l’insensatezza della storia,<br />

l’accanimento cieco degli eventi<br />

sugli in<strong>di</strong>vidui in<strong>di</strong>fesi che s’interroga-<br />

no sulle ombre, e presagiscono «il ritorno<br />

dei fantasmi. Fantasmi che appaiono<br />

in pieno mezzogiorno, col sole<br />

a picco, agli angoli delle strade illuminate,<br />

sulle spiagge roventi». Tutto questo<br />

essenziale libro sembra in fondo<br />

sortire da una inconsapevole rievocazione<br />

<strong>di</strong> ombre, <strong>di</strong> «epifanie» che in<br />

verità tormentano la sua autrice e la<br />

seguono nonostante lei voglia evitarle.<br />

Ma quando – due volte e forse non<br />

più – è tornata, le ha sentite.<br />

«Tutto in sfacelo, ma puro e<br />

incorrotto. È lì che, nel silenzio assoluto,<br />

si possono sentire le voci. Soffocate,<br />

quasi in<strong>di</strong>stinte. Ma sono le voci<br />

della nostra storia e la conservano e<br />

continueranno a raccontarla finché<br />

questi luoghi rimarranno così, <strong>di</strong>menticati<br />

dagli uomini ma protetti dagli dei<br />

della memoria». Sono le case abbandonate,<br />

i paesi deserti, i sentieri che<br />

non portano più a nulla: piccoli lari<br />

che resistono fintanto che non vengono<br />

nuovamente occupati da altre vite,<br />

perché «quando la casa abbandonata<br />

risorge per mano altrui [...] e non conserva<br />

[...] nessuna reliquia, nessun<br />

odore, nessun segno, allora vuol <strong>di</strong>re<br />

che la memoria ha tra<strong>di</strong>to».<br />

Auspica, l’autrice, <strong>di</strong> riuscire almeno<br />

a lasciare «un segno», il più modesto<br />

che possa immaginarsi, e la <strong>di</strong>mensione<br />

nella quale lo racchiude sembrerebbe<br />

confermare la piccola entità<br />

<strong>di</strong> quel segno auspicato. Ma pesa in<br />

misura inversamente proporzionale al<br />

suo formato.<br />

Patrizia C. Hansen<br />

Maria Grazia Ciani, Storia <strong>di</strong> Argo<br />

(con una nota <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Magris)<br />

Marsilio, <strong>Venezia</strong> 2006<br />

DIFESA ADRIATICA<br />

cultura e libri<br />

Ottant’anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>.<br />

La Società Dalmata <strong>di</strong> Storia Patria<br />

si confronta con il futuro<br />

Roma. Dalle Rive <strong>di</strong> Zara, dove fu<br />

fondato nel 1926, alla Biblioteca <strong>Nazionale</strong><br />

<strong>di</strong> Roma, dove ha commemorato<br />

l’80° dalla costituzione. <strong>Il</strong> percorso<br />

del prestigioso sodalizio si è<br />

dovuto piegare agli eventi della storia,<br />

che lo hanno privato della sua sede<br />

naturale, ma gli stu<strong>di</strong>osi che lo hanno<br />

condotto nei decenni hanno saputo<br />

non <strong>di</strong>sperdere il patrimonio <strong>di</strong> ricerche<br />

acquisito da allora: pur sra<strong>di</strong>cata<br />

dal territorio <strong>di</strong> riferimento, la Società<br />

Dalmata <strong>di</strong> Storia Patria è riuscita a<br />

conservarsi negli ideali e negli scopi<br />

anche lontano dalla città e dalla regione<br />

nella quale affondava le sue ra<strong>di</strong>ci.<br />

E nella capitale, ospite della Biblioteca<br />

<strong>Nazionale</strong> centrale lo scorso<br />

25 gennaio, ha voluto celebrare gli<br />

ottant’anni <strong>di</strong> vita, rinnovata nelle sue<br />

componenti e con un ricco programma<br />

<strong>di</strong> pubblicazioni e <strong>di</strong> ricerche che<br />

ne testimoniano l’intatta vitalità.<br />

<strong>Il</strong> compito <strong>di</strong> illustrarne il cammino<br />

e le finalità è naturalmente toccato<br />

al Presidente, prof. Sante Graciotti, che<br />

ne ha subito rimarcato la particolarità<br />

– anzi, l’«anomalia» – <strong>di</strong> essere appunto<br />

inserita in un contesto non più<br />

originario. Ciò non esime, ha proseguito,<br />

dal perseguire gli scopi statutari<br />

e cioè «la memoria, la migliore memoria»<br />

che giova alla Dalmazia così<br />

come all’Italia: perché senza la<br />

Dalmazia, ovvero senza la sua storia<br />

e il suo contributo alla comune civiltà,<br />

l’Italia sarebbe mutila, così come<br />

senza l’Italia la Dalmazia non sarebbe<br />

esistita. L’epilogo della guerra, ha<br />

proseguito Graciotti, «ci ha tolto il presente,<br />

non il passato», con ciò inten-<br />

A sinistra:<br />

Istria (Bersezio).<br />

«È un altro mondo,<br />

è il regno dei piccoli,<br />

piccolissimi paesi<br />

abbandonati e rimasti<br />

vuoti da allora»<br />

In basso:<br />

Dintorni <strong>di</strong> Pola.<br />

Un elegante ingresso<br />

<strong>di</strong> una villa<br />

abbandonata<br />

dendo sottolineare l’opportunità <strong>di</strong><br />

coltivare gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> quella regione così<br />

ricca e complessa <strong>di</strong> presenze.<br />

Graciotti ha stigmatizzato l’ingiusta rimozione<br />

operata sulla sua storia soprattutto<br />

da parte del regime jugoslavo,<br />

accanito nel rimuovere la memoria<br />

dell’antica presenza veneziana prima<br />

e italiana poi. Senza considerare<br />

che la più grande fioritura umanistica<br />

e rinascimentale nell’Adriatico orientale<br />

si ebbe proprio in Dalmazia.<br />

In sostanza, il prof. Graciotti ha<br />

invitato a «non avere paura dei fantasmi»,<br />

a recuperare con rispetto il senso<br />

della storia e dell’antica simbiosi che<br />

si era creata nei secoli, e si è rammaricato<br />

al contempo della scarsità, in Italia,<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi interessati a quella civiltà,<br />

ancora in grado <strong>di</strong> proporsi oggi<br />

quale modello <strong>di</strong> convivenza nel<br />

quasdro dell’Europa che va formandosi.<br />

Parole <strong>di</strong> apprezzamento per le<br />

attività <strong>di</strong> ricerca svolte dalla Società e<br />

dai centri <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della Diaspora<br />

giuliano-dalmata sono venute dal Direttore<br />

della Biblioteca <strong>Nazionale</strong> <strong>di</strong><br />

Roma, prof. Osvaldo Avallone, che<br />

nella sua veste <strong>di</strong> presidente della<br />

Commissione <strong>di</strong> valutazione dei progetti<br />

culturali inse<strong>di</strong>ata presso il Ministero<br />

dei Beni e delle Attività Culturali<br />

in base alla Legge 92/04, segue da vicino<br />

i programmi <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione<br />

in Italia della memoria storica<br />

dell’Istria, del Quarnero e della stessa<br />

Dalmazia. Iniziative, queste proposte<br />

dai sodalizi giuliano-dalmati, mai<br />

<strong>di</strong> basso livello, ha voluto sottolineare;<br />

e le risorse pubbliche, ha soggiunto,<br />

in questi casi sono state ben utilizzate,<br />

non per «rianimare» quella cultura –<br />

perché, ha detto, non è mai morta –<br />

ma per valorizzarla adeguatamente,<br />

per riaffermare il vincolo tra la cultura<br />

italiana e la cultura istriana, fiumana e<br />

dalmata.<br />

Dal canto suo, il prof. Bruno<br />

Crevato Selvaggi, consigliere della<br />

Società Dalmata e noto filatelico, ha<br />

presentato le emissioni postali susseguitesi<br />

dal 1997 sul tema. Dal primo<br />

valore de<strong>di</strong>cato all’esodo istriano (’97),<br />

a quello per il 50° del ritorno <strong>di</strong> Trieste<br />

all’Italia (2004), alle emissioni del 2005<br />

(primo Giorno del Ricordo), del 2006<br />

(proprio per la Società <strong>di</strong> Storia Patria),<br />

del <strong>2007</strong> (60° dell’inse<strong>di</strong>amento<br />

giuliano <strong>di</strong> Fertilia, Sassari); fino ai prossimi<br />

annunciati, per Fiume (ottobre<br />

<strong>2007</strong>) e per il Liceo Carlo Combi <strong>di</strong><br />

Capo<strong>di</strong>stria nel 2008.<br />

Le pubblicazioni <strong>di</strong> carattere scientifico<br />

sono state ampiamente illustrate<br />

dalla prof.ssa Rita Tolomeo, docente<br />

nell’Università <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”<br />

e Segretario della Società Dalmata.<br />

Articolato il ventaglio <strong>di</strong> temi affrontati:<br />

dalla storia della letteratura, all’economia,<br />

alla musica, all’arte. Ad alcune<br />

delle e<strong>di</strong>zioni curate dal sodalizio<br />

contribuiscono anche stu<strong>di</strong>osi croati<br />

e serbi, come nel caso del saggio<br />

dell’italianista croato Mate Zoric inserito<br />

in un volume de<strong>di</strong>cato ai letterati<br />

dalmati e alle influenze letterarie italiane<br />

nella letteratura dalmata; o <strong>di</strong><br />

Ljerka Simunkovic, curatrice delle<br />

opere del funzionario imperiale, e letterato,<br />

Vincenzo Drago (vissuto tra due<br />

secoli, 1770-1836). Di particolare importanza,<br />

ha sottolineato la prof.ssa<br />

Tolomeo, la ricerca del prof. Graciotti<br />

sul canzoniere <strong>di</strong> Paolo Pala<strong>di</strong>n (1496),<br />

esempio significativo sia <strong>di</strong> qualità let-<br />

3<br />

teraria che <strong>di</strong> compresenza <strong>di</strong> registri<br />

e <strong>di</strong> lingue <strong>di</strong>versi. Non mancano, accanto<br />

all’e<strong>di</strong>toria squisitamente scientifica,<br />

pubblicazioni <strong>di</strong> carattere<br />

memorialistico, come nel caso del<br />

volume <strong>di</strong> Beppo Marussi su Borgo<br />

Erizzo <strong>di</strong> Zara, o <strong>di</strong> Gastone Coen,<br />

autore <strong>di</strong> un libro sui luoghi <strong>di</strong> ritrovo<br />

e <strong>di</strong> aggregazione della vecchia<br />

Dalmazia.<br />

La Società Dalmata è al contempo<br />

impegnata anche nella ricognizione <strong>di</strong><br />

fon<strong>di</strong> manoscritti, come il “Dudan”,<br />

conservato nella Fondazione Giorgio<br />

Cini <strong>di</strong> <strong>Venezia</strong>. A questo riguardo, la<br />

stu<strong>di</strong>osa espone il caso <strong>di</strong> un manoscritto,<br />

anonimo e non datato, identificato<br />

come «notizie <strong>di</strong> Ragusa», completo<br />

<strong>di</strong>37 illustrazioni, sul quale si è<br />

cimentata nell’intento <strong>di</strong> attribuire al<br />

documento un autore ed una datazione.<br />

I risultati dell’indagine sono<br />

pubblicati nel saggio della stessa Rita<br />

Tolomeo apparso nella Collana “Stu<strong>di</strong><br />

e Testi”.<br />

Particolare attenzione merita anche<br />

la storia delle rappresentazioni al Teatro<br />

Nobile <strong>di</strong> Zara e, più in generale,<br />

delle rappresentazioni musicali e <strong>di</strong><br />

prosa nei teatri dalmati, che seguivano<br />

<strong>di</strong> poco quelle messe in cantiere<br />

sulle scene dei migliori teatri europei.<br />

A Carlo Cetteo Cipriani il compito<br />

<strong>di</strong> ripercorrere la storia più volte interrotta<br />

e ripresa della Società, dalla sua<br />

costituzione – animatore lo storico<br />

Giuseppe Praga – ad un primo scioglimento<br />

nel 1935, quando perse la<br />

sua autonomia in forza <strong>di</strong> un provve<strong>di</strong>mento<br />

del governo che volle riunire<br />

i <strong>di</strong>versi sodalizi in un’unica Deputazione<br />

<strong>di</strong> Storia Patria per le Venezie. I<br />

noti, tragici eventi bellici, che costrinsero<br />

la citta<strong>di</strong>nanza ad abbandonare<br />

Zara <strong>di</strong>strutta dalle decine <strong>di</strong> bombardamenti,<br />

determinarono naturalmente<br />

anche l’esodo degli intellettuali e<br />

delle personalità rappresentative della<br />

società letteraria zaratina. Nel 1961,<br />

nonostante le <strong>di</strong>stanze frappostesi, si<br />

volle ricostituire la Società intorno a<br />

figure come Manlio Cace, i fratelli<br />

Tacconi, l’architetto Fasolo, e più recentemente<br />

il lessicografo Aldo Duro.<br />

Dagli anni Ottanta si è aperta una nuova<br />

fase della vita del sodalizio, con la<br />

cooptazione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi anche non<br />

dalmati: la <strong>di</strong>stanza temporale dagli<br />

eventi consente oggi, ha evidenziato<br />

Cipriani, <strong>di</strong> privilegiare lo stu<strong>di</strong>o storico<br />

e filologico essendo meno con<strong>di</strong>zionati<br />

dalle vicende nazionali, e la<br />

qualificata produzione bibliografia che<br />

oggi la Società può vantare ne è la<br />

conferma.<br />

Apprezzamento per il lavoro svolto<br />

e per gli impegni messi in cantiere è<br />

venuto dall’on. Carlo Giovanar<strong>di</strong>, che<br />

ha con<strong>di</strong>viso l’intento manifestato dal<br />

prof. Graciotti, <strong>di</strong> proiettare nel futuro<br />

la storia del passato. In questa <strong>di</strong>rezione<br />

va anche il recente provve<strong>di</strong>mento<br />

che apre ai <strong>di</strong>scendenti degli italiani<br />

originari dell’Istria, del Quarnero e<br />

della Dalmazia <strong>di</strong> acquisire la citta<strong>di</strong>nanza<br />

italiana: un vincolo solo apparentemente<br />

formale, che salda invece<br />

i due lembi <strong>di</strong> un’unico tessuto storico,<br />

antropologico e culturale che può<br />

rigenerarsi dopo le terribili lacerazioni<br />

del Novecento.<br />

p.c.h.

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