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Il numero di Marzo 2007 - Associazione Nazionale Venezia Giulia e ...

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<strong>Marzo</strong> <strong>2007</strong><br />

DIFESA ADRIATICA<br />

<strong>Il</strong> Presidente della Repubblica consegna<br />

le onorificenze ai congiunti degli infoibati<br />

Napolitano: «si consumò nel modo più evidente con la <strong>di</strong>sumana ferocia delle foibe una delle barbarie del secolo<br />

scorso». «‘Disegno <strong>di</strong> sra<strong>di</strong>camento’ della presenza italiana da quella che era, e cessò <strong>di</strong> essere, la <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong>»<br />

figlio <strong>di</strong> Vincenzo Serrentino, ultimo<br />

prefetto <strong>di</strong> Zara.<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>scorso del Presidente<br />

della Repubblica<br />

«Lo scorso anno il Presidente<br />

Ciampi volle che si svolgesse qui la<br />

prima cerimonia <strong>di</strong> conferimento della<br />

medaglia del Giorno del Ricordo a<br />

famigliari delle vittime - come recita<br />

la legge dell’aprile 2004 - “delle foibe,<br />

dell’esodo e della più complessiva vicenda<br />

del confine orientale”.<br />

Raccolgo l’esempio del mio predecessore<br />

a conferma del dovere che<br />

le istituzioni della Repubblica sentono<br />

come proprio, a tutti i livelli, <strong>di</strong> un<br />

riconoscimento troppo a lungo mancato.<br />

Nell’ascoltare le motivazioni che<br />

hanno questa mattina preceduto la<br />

consegna delle medaglie, abbiamo<br />

tutti potuto ripercorrere la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

migliaia e migliaia <strong>di</strong> famiglie, i cui<br />

cari furono imprigionati, uccisi, gettati<br />

nelle foibe. E suscitano particolare<br />

impressione ed emozione le parole:<br />

“da allora non si ebbero <strong>di</strong> lui più notizie”,<br />

“verosimilmente” fucilato, o<br />

infoibato. Fu la vicenda degli scomparsi<br />

nel nulla e dei morti rimasti<br />

insepolti.<br />

Una miriade <strong>di</strong> trage<strong>di</strong>e e <strong>di</strong> orrori;<br />

e una trage<strong>di</strong>a collettiva, quella dell’esodo<br />

dalle loro terre degli istriani,<br />

fiumani e dalmati, quella dunque <strong>di</strong><br />

un intero popolo. A voi che siete figli<br />

<strong>di</strong> quella dura storia, voglio ancora<br />

<strong>di</strong>re, a nome <strong>di</strong> tutto il Paese, una parola<br />

<strong>di</strong> affettuosa vicinanza e solidarietà.<br />

Da un certo <strong>numero</strong> <strong>di</strong> anni a questa<br />

parte si sono intensificate le ricerche<br />

e le riflessioni degli storici sulle<br />

vicende cui è de<strong>di</strong>cato il Giorno del<br />

Ricordo: e si deve certamente farne<br />

tesoro per <strong>di</strong>ffondere una memoria che<br />

ha già rischiato <strong>di</strong> esser cancellata, per<br />

trasmetterla alle generazioni più giovani,<br />

nello spirito della stessa legge del<br />

2004. Così, si è scritto, in uno sforzo<br />

continua dalla prima pagina<br />

<strong>di</strong> analisi più <strong>di</strong>staccata, che già nello<br />

scatenarsi della prima ondata <strong>di</strong> cieca<br />

violenza in quelle terre, nell’autunno<br />

del 1943, si intrecciarono “giustizialismo<br />

sommario e tumultuoso,<br />

parossismo nazionalista, rivalse sociali<br />

e un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> sra<strong>di</strong>camento” della<br />

presenza italiana da quella che era, e<br />

cessò <strong>di</strong> essere, la <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong>. Vi<br />

fu dunque un moto <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> furia<br />

sanguinaria, e un <strong>di</strong>segno annessionistico<br />

slavo, che prevalse innanzitutto<br />

nel Trattato <strong>di</strong> pace del 1947, e che<br />

assunse i sinistri contorni <strong>di</strong> una “pulizia<br />

etnica”.<br />

Quel che si può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> certo è che<br />

si consumò - nel modo più evidente<br />

con la <strong>di</strong>sumana ferocia delle foibe -<br />

una delle barbarie del secolo scorso.<br />

Perché nel Novecento - l’ho ricordato<br />

proprio qui in altra, storica e pesante<br />

ricorrenza (il Giorno della Shoah) - si<br />

intrecciarono in Europa cultura e barbarie.<br />

E non bisogna mai smarrire consapevolezza<br />

<strong>di</strong> ciò nel valorizzare i tratti<br />

più nobili della nostra tra<strong>di</strong>zione storica<br />

e nel consolidare i lineamenti <strong>di</strong><br />

civiltà, <strong>di</strong> pace, <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> tolleranza,<br />

<strong>di</strong> solidarietà della nuova Europa<br />

che stiamo da oltre cinquant’anni costruendo.<br />

È un’Europa nata dal rifiuto<br />

dei nazionalismi aggressivi e oppressivi,<br />

da quello espressosi nella guerra<br />

fascista a quello espressosi nell’ondata<br />

<strong>di</strong> terrore jugoslavo in <strong>Venezia</strong><br />

<strong>Giulia</strong>, un’Europa che esclude naturalmente<br />

anche ogni revanscismo.<br />

<strong>Il</strong> caro amico professor Paolo Barbi<br />

- figura esemplare <strong>di</strong> rappresentante<br />

<strong>di</strong> quelle terre, <strong>di</strong> quelle popolazioni<br />

e delle loro sofferenze - ha mirabilmente<br />

ripercorso la sua esperienza: specie<br />

quando ha parlato del “sogno” e del<br />

progetto europeo in cui egli ed altri<br />

cercarono in modo illuminato il risarcimento<br />

e il riscatto oltre l’incubo del<br />

passato e l’amarezza del silenzio.<br />

«non dobbiamo tacere,<br />

assumendoci la responsabilità<br />

dell’aver negato,<br />

o teso a ignorare, la verità<br />

per pregiu<strong>di</strong>ziali ideologiche<br />

e cecità politica,<br />

e dell’averla rimossa<br />

per calcoli <strong>di</strong>plomatici<br />

e convenienze internazionali»<br />

Ed è giusto quel che egli ha detto:<br />

va ricordato l’imperdonabile orrore<br />

contro l’umanità costituito dalle foibe,<br />

ma egualmente l’o<strong>di</strong>ssea dell’esodo,<br />

e del dolore e della fatica che costò a<br />

fiumani, istriani e dalmati ricostruirsi<br />

una vita nell’Italia tornata libera e in<strong>di</strong>pendente<br />

ma umiliata e mutilata<br />

nella sua regione orientale. E va ricordata<br />

- torno alle parole del Professor<br />

Barbi - la “congiura del silenzio”, “la<br />

fase meno drammatica ma ancor più<br />

amara e demoralizzante dell’oblio”.<br />

Anche <strong>di</strong> quella non dobbiamo tacere,<br />

assumendoci la responsabilità dell’aver<br />

negato, o teso a ignorare, la verità<br />

per pregiu<strong>di</strong>ziali ideologiche e cecità<br />

politica, e dell’averla rimossa per<br />

calcoli <strong>di</strong>plomatici e convenienze internazionali.<br />

Oggi che in Italia abbiamo posto<br />

fine a un non giustificabile silenzio, e<br />

che siamo impegnati in Europa a riconoscere<br />

nella Slovenia un amichevole<br />

partner e nella Croazia un nuovo<br />

can<strong>di</strong>dato all’ingresso nell’Unione,<br />

dobbiamo tuttavia ripetere con forza<br />

che dovunque, in seno al popolo italiano<br />

come nei rapporti tra i popoli,<br />

parte della riconciliazione, che fermamente<br />

vogliamo, è la verità. E quello<br />

del Giorno del Ricordo è precisamente,<br />

cari amici, un solenne impegno <strong>di</strong><br />

ristabilimento della verità».<br />

Per l’ANVGD erano presenti il Presidente<br />

nazionale, Lucio Toth, accompagnato<br />

da Serena Ziliotto, figlia <strong>di</strong><br />

esule da Zara, nipote del Podestà <strong>di</strong><br />

Zara dal 1899 al 1922, internato in<br />

Austria dal 1915 al 1918, e Patrizia C.<br />

Hansen, figlia <strong>di</strong> esule da Fiume, <strong>di</strong>rettore<br />

<strong>di</strong> “Difesa Adriatica”.<br />

Vali<strong>di</strong>tà storica e potenzialità attuale<br />

dell’identità giuliano-dalmata<br />

nella prospettiva dell’unificazione europea<br />

Riproduciamo il testo della prolusione del<br />

sen. Paolo Barbi, già Presidente ed oggi Consigliere<br />

onorario dell’ANVGD alla cerimonia del<br />

Quirinale.<br />

A questo mio intervento darò un taglio personale.<br />

Mi è <strong>di</strong>fficile evitarlo perché nella mia<br />

lunga vita mi è toccato <strong>di</strong> partecipare attivamente<br />

a tutte le fasi del dramma delle nostre<br />

genti giuliano-dalmate: dalla sciagurata guerra<br />

<strong>di</strong> invasione e <strong>di</strong> occupazione della Jugoslavia<br />

all’angoscia dell’esodo, dal lungo amaro<br />

periodo dell’oblio a questo felice “Giorno<br />

del Ricordo”.<br />

La legge che lo ha istituito <strong>di</strong>ce che deve<br />

essere «il giorno del ricordo in memoria delle<br />

vittime delle foibe e dell’esodo giulianodalmata».<br />

Ma al primo momento, nella<br />

pubblicistica e nell’opinione pubblica, si è<br />

concentrato tutto sull’orrore delle foibe.<br />

È ben comprensibile. Quello delle foibe è<br />

stato un fatto drammatico, inumano, terrificante<br />

e perciò fortemente impressionante. Ma<br />

non fu il fatto più grave, il più decisivo. Fu<br />

l’esplosione delle vendette e degli o<strong>di</strong> covati<br />

nell’esasperazione nazionalistica durata decenni<br />

e nel clima della guerra totale, impietosa,<br />

dei regimi totalitari. Si manifestò già dopo<br />

l’8 settembre ’43 e poi alla fine della guerra<br />

nel maggio-giugno ’45. Creava terrore: e proprio<br />

perciò fu cinicamente incoraggiato e utilizzato<br />

dal nuovo potere jugoslavo come brutale,<br />

passionale strumento per attuare un progetto<br />

razionalmente concepito e freddamente<br />

realizzato: la ra<strong>di</strong>cale pulizia etnica – questa<br />

pessima degenerazione novecentesca del<br />

nazionalismo romantico dell’800 – dell’Istria<br />

e della Dalmazia.<br />

L’ecci<strong>di</strong>o delle foibe si esaurì in pochi mesi.<br />

Nel ‘46 non si infoibava più: ma si utilizzava<br />

la fuga terrorizzata <strong>di</strong> gran parte della popolazione<br />

italiana per sostenere alla Conferenza<br />

<strong>di</strong> Versailles le pretese annessionistiche slave,<br />

che furono sancite nel Trattato <strong>di</strong> pace<br />

imposto all’Italia sconfitta, semi<strong>di</strong>strutta, umiliata,<br />

il 10 febbraio ’47. Questo è il fatto più<br />

grave, <strong>di</strong> portata storica, che non riguardò solo<br />

alcune migliaia <strong>di</strong> vittime delle foibe, ma determinò<br />

l’esodo <strong>di</strong> un intero popolo. Perciò<br />

giustamente è stata scelta questa data per isti-<br />

Red.<br />

tuire il Giorno del Ricordo.<br />

E c’è voluta una legge! Perché dopo quel<br />

infausto ’47 e ancor più vistosamente dopo il<br />

’54 – in seguito al Memorandum <strong>di</strong> Londra<br />

che assegnò alla Jugoslavia anche l’ultima<br />

parte dell’Istria nord-occidentale (la “Zona B”<br />

del Territorio Libero <strong>di</strong> Trieste, che il Trattato<br />

non aveva assegnato alla Jugoslavia) – iniziò<br />

il lungo periodo <strong>di</strong> quella che ai nostri occhi<br />

apparve come una “congiura del silenzio”.<br />

Così alla breve, terribile fase dei primi anni<br />

del dopoguerra – le foibe e l’esodo – seguì la<br />

fase meno drammatica ma ancor più amara e<br />

demoralizzante dell’oblio.<br />

«Un atteggiamento generale<br />

<strong>di</strong> rimozione della questione adriatica»<br />

Le esigenze della politica italiana nel quadro<br />

della situazione internazionale creata dalla<br />

“guerra fredda” e dalla “eresia” titina determinarono<br />

un atteggiamento generale <strong>di</strong> rimozione<br />

della questione adriatica – una sorta <strong>di</strong><br />

convention ad obliandum – per cui anche i<br />

partiti e gli uomini che più avevano detto e<br />

Napolitano con Paolo Barbi e Francesco Rutelli<br />

(foto Presidenza della Repubblica)<br />

<strong>Il</strong> Capo dello Stato con i decorati al termine della cerimonia<br />

(foto Presidenza della Repubblica)<br />

5<br />

fatto per la causa istriana furono indotti a considerare<br />

con fasti<strong>di</strong>o le nostre valutazioni e le<br />

nostre richieste, fino al punto <strong>di</strong> imporci con<br />

procedure subdole l’affronto dell’inutile Trattato<br />

<strong>di</strong> Osimo nel ’77.<br />

Non era più l’ostilità aperta della fazione<br />

comunista degli anni ’40. Era, per noi, qualcosa<br />

<strong>di</strong> peggio: la freddezza, l’in<strong>di</strong>fferenza, la<br />

scomparsa della solidarietà in tutta la comunità<br />

nazionale. L’Italia libera e democratica<br />

per cui avevamo sacrificato tutto sembrava<br />

volerci ignorare, cancellarci. Persino – fatto<br />

<strong>di</strong> incre<strong>di</strong>bile gravità! – negli stu<strong>di</strong> storici, nell’insegnamento<br />

universitario, nei testi scolastici<br />

eravamo quasi totalmente ignorati. E vana<br />

fu, in tutti quegli anni, la nostra denuncia <strong>di</strong><br />

quella vergogna della cultura italiana. Erano<br />

sor<strong>di</strong> che non volevano sentire.<br />

Furono anni – decenni! - <strong>di</strong>fficilissimi. Cosa<br />

si poteva fare per mantenere quella fiducia<br />

nelle democrazie che avevamo fatto maturare<br />

e ra<strong>di</strong>care nella coscienza della grande<br />

maggioranza degli esuli? Come evitare che<br />

riaffiorassero gli irrazionali impulsi degli assur<strong>di</strong><br />

revanscismi – che ormai erano ridotti a<br />

poche frange minoritarie? Quale prospettiva<br />

dare alla “politica” della comunità giulianodalmata?<br />

L’ANVGD – che aveva organizzato fin dal<br />

’45 i nuclei <strong>di</strong> esuli sparsi in Italia (e nel mondo)<br />

e che avevo l’onore <strong>di</strong> presiedere proprio<br />

in quella lunga stagione <strong>di</strong> desolazione – scel-<br />

segue a pagina 6

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