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Piranesi - Quaderno 24 - maggio 2022

Giovanni Battista Piranesi, famoso incisore, architetto e teorico dell’architettura, una delle figure più influenti del panorama artistico del XVIII secolo, verso la fine del 1777 compirà l’ardua spedizione a sud di Salerno per visitare i tre maestosi templi dorici a Paestum. In queste terre paludose, che un anno dopo lo portarono alla morte per malaria, realizzò il suo ultimo lavoro, uno dei più sorprendenti dell’intera produzione grafica dell’artista, terminato e pubblicato postumo dal figlio Francesco nell’opera dal titolo “Différentes vues de Pesto”. Sul posto disegnò alcune spettacolari vedute preliminari, completate in studio al suo rientro a Roma, mettendo in scena la grandiosità degli antichi monumenti con audaci prospettive che gli permisero una maggiore profondità e una vista d’insieme più ampia oltre i limiti reali del campo visivo. Le arditi raffigurazioni di grande drammaticità e tensione emotiva, unitamente ad un uso sapiente dei contrasti tra luci ed ombre, esaltano la rigida geometria degli imponenti colonnati dorici erosi dal tempo, il cui scorrere inesorabile ridusse in rovina i grandi monumenti di un’antica civiltà perduta, riconsegnandoli alla natura.

Giovanni Battista Piranesi, famoso incisore, architetto e teorico dell’architettura, una delle figure più influenti del panorama artistico del XVIII secolo, verso la fine del 1777 compirà l’ardua spedizione a sud di Salerno per visitare i tre maestosi templi dorici a Paestum. In queste terre paludose, che un anno dopo lo portarono alla morte per malaria, realizzò il suo ultimo lavoro, uno dei più sorprendenti dell’intera produzione grafica dell’artista, terminato e pubblicato postumo dal figlio Francesco nell’opera dal titolo “Différentes vues de Pesto”.
Sul posto disegnò alcune spettacolari vedute preliminari, completate in studio al suo rientro a Roma, mettendo in scena la grandiosità degli antichi monumenti con audaci prospettive che gli permisero una maggiore profondità e una vista d’insieme più ampia oltre i limiti reali del campo visivo.
Le arditi raffigurazioni di grande drammaticità e tensione emotiva, unitamente ad un uso sapiente dei contrasti tra luci ed ombre, esaltano la rigida geometria degli imponenti colonnati dorici erosi dal tempo, il cui scorrere inesorabile ridusse in rovina i grandi monumenti di un’antica civiltà perduta, riconsegnandoli alla natura.

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( Différentes vues de Pesto), pubblicate postume dal<br />

figlio Francesco nel 1778 (fig. 4).<br />

In questi disegni, di grande drammaticità e tensione<br />

emotiva, ritrasse la grandiosità dei monumentali templi<br />

dorici con audaci prospettive che gli permisero<br />

una <strong>maggio</strong>re profondità di scena e una vista<br />

d'insieme più ampia oltre i limiti reali del campo visivo.<br />

Le arditi raffigurazioni, unitamente ad un uso<br />

sapiente dei contrasti tra luci ed ombre, esaltano la<br />

rigida geometria degli imponenti colonnati dorici<br />

erosi dal tempo, il cui scorrere inesorabile ridusse in<br />

rovina i grandi monumenti di un'antica civiltà perduta,<br />

riconsegnandoli alla natura. (fig. 6-21)<br />

Il tempio distrutto, come illustra la scrittrice francese<br />

Marguerite Yourcenar, non è solo “il relitto sul mare<br />

delle forme; lui stesso è natura: i suoi fusti sono<br />

l'equivalente di un bosco sacro; i suoi pieni e i suoi<br />

vuoti sono l'equivalente di una melodia dorica; la<br />

sua rovina resta un precetto, un monito, un ordine<br />

delle cose. L'opera di questo poeta tragico<br />

dell'architettura, si conclude in questa serenità estatica”.<br />

All'interno di queste mirabili scene disegnate da <strong>Piranesi</strong><br />

abitano fantasmatiche figure; si spostano isolate<br />

con rudi movimenti, si arrampicano sui grandi blocchi<br />

di pietra e a volte sono indaffarate in qualche attività<br />

o radunate pigramente in gruppo mentre gli animali<br />

pascolano attorno.<br />

Molte di queste figure, aggiunte successivamente in<br />

studio durante il completamento delle tavole, furono<br />

disegnate da Francesco come testimoniano alcuni<br />

schizzi presenti su uno dei due taccuini conservati<br />

presso la Biblioteca Universitaria Estense di Modena<br />

(fig. 22-23).<br />

Donati alla città dal collezionista e storico dell'arte il<br />

marchese Giuseppe Campori (1821-1887), i cosiddetti<br />

“ Taccuini di Modena” sono due dei tanti quaderni<br />

tascabili che l'artista usava portare con se per<br />

disegnare dal vero ed appuntare impressioni, luoghi,<br />

idee, e particolari con una grande quantità di schizzi a<br />

matita. Nel secondo taccuino si affiancano anche le<br />

figure disegnate dal figlio Francesco riprodotte nelle<br />

tavole di studio per Paestum, a volte spostate o<br />

rimosse nelle successive incisioni, forse per riequilibrare<br />

la composizione finale delle vedute.<br />

A parte queste piccole variazioni, i disegni di <strong>Piranesi</strong><br />

si contraddistinguono da un livello di dettaglio<br />

molto vicino alle stampe definitive, tanto da far supporre<br />

che consapevole della sua salute cagionevole,<br />

abbia voluto includere quanti più dettagli possibili<br />

affinché il figlio potesse ultimare facilmente il lavoro<br />

da lui iniziato.<br />

Pur se era solito preparare bozzetti preliminari, gran<br />

parte della composizione grafica delle precedenti<br />

serie spesso la creava direttamente sulla lastra di<br />

rame nella fase di incisione. Al contrario, per le prove<br />

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