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syndicom rivista N.31

Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L'unione fa la forza!

Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L'unione fa la forza!

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syndicom

N. 31 Settembre-Ottobre 2022

rivista

Dateci

in fretta

quello che

ci spetta


Pubblicità

Noi chiediamo: aumenti salariali per

tutti, in modo che nonostante

l’inflazione e lo shock dei premi delle

casse malati rimanga ancora qualcosa

nel portamonete!


Sommario

4 Team vincenti

5 Brevi ma utili

6 Dalla parte degli altri

7 L’ospite

8 Dossier: Inflazione

16 Dalle professioni

22 Politica

24 Multinazionali responsabili

25 Diritto e diritti

26 Idee

27 Mille parole

28 Eventi

30 Un lavoro, una vita

31 Cruciverba

32 Inter-attivi

In Svizzera molti dipendenti non ricevono aumenti

salariali da tempo. I più colpiti sono i dipendenti

di lunga data, ma anche le persone

che non fanno parte dei quadri. A questo si aggiunge

ora l’inflazione. In agosto era del 3,5%.

Se i salari non verranno finalmente aumentati, i

soldi per vivere saranno sempre meno. Perché

ad aumentare non sono solo i prezzi in generale,

ma anche i premi delle casse malati. Il denaro

per gli aumenti salariali è disponibile. L’economia

svizzera si è ripresa con grande rapidità

dalla crisi legata al coronavirus. Le aziende hanno

fatto registrare un ottimo primo semestre.

Sono quindi riuscite a riempire bene le loro casse.

La situazione attuale rimane inoltre positiva.

In un sondaggio condotto dal Centro di ricerche

congiunturali del Politecnico di Zurigo, la

maggior parte delle aziende ha descritto la propria

situazione economica come buona. La manodopera

è più richiesta che mai. Le federazioni

associate all’USS chiedono pertanto un aumento

salariale del 4–5%. Gli aumenti salariali dovrebbero

essere possibilmente su vasta scala.

Senza aumenti salariali generalizzati, molti lavoratori

verrebbero penalizzati. Questa richiesta

salariale si compone di tre parti. In primo

luogo, l’inflazione deve essere compensata dal

3 al 3,5%, a seconda che si applichino i rincari

annuali o mensili. In secondo luogo, i salari reali

devono essere aumentati in linea con una crescita

della produttività del lavoro di circa l’1%

l’anno. Infine, è necessario recuperare il ritardo

accumulato. Perché negli ultimi anni i salari

sono aumentati troppo poco per molti lavoratori

con redditi normali e bassi.

4

8

24

Daniel Lampart, capoeconomista USS


4

Team vincenti

Il team dell’organo di applicazione CCL

«Vogliamo scoraggiare i recidivi»

Da sinistra: Simone Biland

Dopo il diploma nel settore alberghiero,

ha ricoperto diverse posizioni prima di

passare alla cassa di disoccupazione

syndicom e successivamente nel

reparto amministrazione e logistica.

Da due anni nel team.

Sara Gerussi

Dopo l’apprendistato commerciale in

una fiduciaria, ha lavorato in diversi

dipartimenti dei sindacati: come segretaria,

come vice capogruppo della

cassa di disoccupazione e ora presso il

team dell’applicazione del CCL. A syndicom

da quasi 11 anni.

Pascal Kaegi

Di formazione storico, ha iniziato a lavorare

per un altro sindacato nel 2010,

dove ha lavorato al reclutamento degli

iscritti e ha fatto parte di commissioni

paritetiche. Dal 2017 a syndicom.

Daniel Mathys

Economista e specialista di risorse

umane per ONG, dal 2003 è segretario

in diversi sindacati, poi nei settori farmaceutico

e delle costruzioni. Dal settembre

2021 lavora nell’area di monitoraggio

dei lavoratori distaccati.

Testo: Pascal Kaegi

Foto: Sandro Mahler

«Un CCL di obbligatorietà

generale è di fatto

una legge federale»

Il nostro dipartimento è stato creato

nel 2017, e da allora siamo diventati

il reparto di syndicom con la crescita

più rapida. Da una iniziale posizione

a tempo pieno senza collaboratori,

oggi siamo già in quattro a lavorare a

tempo pieno in questo team.

Il motivo per cui esistiamo è semplice:

la legge. Con la dichiarazione

di obbligatorietà generale dei due

contratti collettivi di lavoro (CCL) per

l’infrastruttura di rete e per il settore

dei contact e call center nel 2018, il

lavoro di monitoraggio di syndicom

per entrambi i CCL ha dovuto essere

notevolmente ampliato e professionalizzato

per legge.

A differenza dei contratti collettivi

aziendali o settoriali, i contratti

collettivi di obbligatorietà generale

devono essere applicati da tutte le

aziende di un settore dopo la loro

entrata in vigore, analogamente a

una legge federale. La Confederazione

richiede quindi l’applicazione e il

controllo delle disposizioni.

Il nostro lavoro consiste principalmente

nel verificare se le aziende

soggette a uno di questi CCL rispettano

effettivamente i contratti collettivi

negoziati. Sulla base delle informazioni

disponibili, stabiliamo se c’è

conformità o meno ed elaboriamo

proposte per le decisioni di ispezione.

Le sottoponiamo per decisione

alla commissione paritetica, ovvero

all’organismo composto dai delegati

di syndicom e delle associazioni dei

datori di lavoro, per conto della quale

svolgiamo tutto il lavoro di monitoraggio.

Se vengono riscontrate delle infrazioni,

la commissione paritetica

infligge all’impresa una sanzione

proporzionale al comportamento

scorretto, che ha lo scopo di dissuadere

l’impresa dal discostarsi nuovamente

dal contratto collettivo di lavoro

in futuro.

Attualmente, i nostri compiti

sono suddivisi come segue: Sara e

Simone – in collaborazione con il

responsabile, Pascal – si occupano

principalmente di uno dei due contratti

collettivi, ovvero preparano la

maggior parte dei rapporti di ispezione.

Daniel si occupa invece del controllo

dei fornitori di servizi stranieri

in entrambi i settori.


Brevi ma utili

I miei dati sono stati venduti? \ Posta svizzera in Portogallo \

UberEats è un servizio postale \ Senza protezione delle fonti

non c’è libertà di stampa \ La giusta paga per i giornalisti \

Due nuovi membri al Consiglio della Stampa \ Contatti

5

I miei dati sono stati venduti?

L’Istituto Hasso Plattner, che fa parte

dell’Università di Potsdam, ha sviluppato

uno strumento che fa chiarezza: il servizio

“HPI Identity Leak Checker” controlla

se il vostro indirizzo e-mail è stato

pubblicato online insieme a dati personali

come numero di telefono, indirizzo

o data di nascita e se è stato trovato in

un database di fughe di notizie. La risposta

viene immediatamente inviata

all’indirizzo e-mail controllato e, nel migliore

dei casi, risulta essere negativa.

Accessibile qui: syndicom.ch/3tyyq

Posta svizzera in Portogallo

La Posta non riesce più a trovare un

numero sufficiente di sviluppatori informatici

in Svizzera e sta quindi creando

una filiale in Portogallo. syndicom si

aspetta che i diritti sindacali siano garantiti

anche in Portogallo. Allo stesso

tempo, l’indebolito posto di lavoro svizzero

necessita di maggiori investimenti

e sforzi di politica educativa per le professioni

STEM. Le filiali all’estero non

devono diventare la regola, soprattutto

nel settore dei servizi pubblici. In caso

di emergenza, deve essere possibile

garantire i servizi di base in Svizzera.

UberEats è un servizio postale

PostCom è chiara: anche un cartone

della pizza è un pacco e il servizio che

lo consegna è un servizio di recapito

postale e rientra quindi sotto la legge

postale. Uber non è d’accordo e ha presentato

ricorso al Tribunale amministrativo

federale contro questa decisione

della PostCom. Il Tribunale, a sua volta,

ha rinviato il caso a PostCom, che si attiene

alla sua valutazione, come ha ora

annunciato. Uber farà di nuovo appello?

Senza protezione delle fonti

non c’è libertà di stampa

Chiunque fornisca a un giornalista informazioni

riservate alle quali non può

essere associato senza rischiare gravi

svantaggi è una «fonte. La «protezione

delle fonti è la garanzia di riservatezza

da parte dell’organo di stampa,

analoga al segreto medico, e uno dei

principi più alti del giornalismo. Nessun

servizio di intelligence può indebolire

la protezione delle fonti, monitorare e

intercettare i media, come vuole fare

ora il Consiglio federale. syndicom e altre

organizzazioni dei media si battono

contro questa misura, in favore della

libertà di stampa.

La giusta paga per i giornalisti

Parlare di aumento di stipendio, di stipendio

iniziale o di tariffe per i freelance

è difficile, soprattutto per i giovani

giornalisti. Tra colleghi è imbarazzante,

e come richiesta a un datore di lavoro o

a un cliente è molto sgradevole. Un

aiuto pratico arriva dal piccolo manuale

«Consigli per le trattative salariali di

syndicom e dei Giovani Giornalisti della

Svizzera. L’opuscolo è ora disponibile

per i membri su my.syndicom.ch

Due nuovi membri al Consiglio

della Stampa

Sono Christian Neuhaus, responsabile

della redazione nazionale della NZZ, e

Pascal Tischhauser, vicedirettore della

redazione politica del Blick. Jan Grüebler

sarà presidente della terza Camera e

nuovo vicepresidente, sostituendo Max

Trossmann, che lascia il Consiglio della

Stampa dopo quasi 23 anni.

Contatti

Segretariato syndicom Ticino e Moesano

via Genzana 2, 6900 Massagno

lu e gio 8.00-12.00, ma-me-ve

13.30-17.30. e-mail: info@syndicom.ch

Tel. 058 817 19 61, Fax 058 817 19 66

Cassa disoccupazione syndicom

lu-ma-gio 9.00-11.30 me 14.00-16.30

cassa.disoccupazione@syndicom.ch

Gruppo Pensionati Ticino e Moesano

pensionati.syndicom.ch

e-mail: ernesto.fenner@bluewin.ch

Agenda

Ottobre

19-23

Film Festival Diritti Umani

Lugano. Per l’occasione, a Villa Ciani

mostra «Finestre sull’Altrove | 60 vedute

per 60 rifugiati di Matteo Pericoli.

Info: festivaldirittiumani.ch

18

Al Manar di Alain Gorius

Fino al 20 novembre, Lugano, Biblioteca

Salita dei Frati, esposizione di libri

d’artista. Info: bibliotecafratilugano.ch

20

Castagnata GI Pensionati

Ore 15.30, Pregassona, Grotto al Mulino

22

Simposio Agenda 2030

Ore 9.30, Lugano, USI. Lotta alla povertà

in tempi di crisi: una sfida globale.

Info: fosit.ch

Novembre

5

Conferenza settore Media

Biel/Bienne, Hotel City, 13.30-16.30

Informazioni e iscrizioni (fino al

23 ottobre) a medien@syndicom.ch

Dal 25

Campagna contro la violenza

di genere

Diverse località. Info: 16tage.ch

Dicembre

10

Doppio taglio

Bellinzona, Teatro Sociale, spettacolo

«Doppio taglio - Come i media raccontano

la violenza sulle donne, di e con

Marina Senesi (vedi articolo a pag. 26)

Info: www.teatrosociale.ch

syndicom.ch/agenda


6 Dalla parte

IMS, l’affiliata della Posta attiva nel settore degli immobili,

degli altri

ha stipulato un nuovo CCL che entrerà in vigore nel 2023.

Ne abbiamo parlato con Anja Piller, partner di settore HR Posta

Immobili e membro della direzione IMS, e René Heiz, responsabile

compensazione e assicurazioni sociali della Posta.

1

Il nuovo contratto collettivo IMS è

stato negoziato per diversi mesi.

Come valutate i risultati?

Siamo molto soddisfatti: nelle trattative

è sempre importante tenere conto

delle esigenze di entrambe le parti

negoziali e trovare la migliore soluzione

possibile. Grazie all’ottimo partenariato

sociale tra IMS e syndicom,

è stato possibile elaborare un CCL

attrattivo per i dipendenti attuali e

futuri di IMS.

2

Pensate che le opinioni e le aspettative

dei dipendenti sono stati presi in

considerazione in queste trattative?

Pensiamo di esserci riusciti bene.

Attraverso i consulenti delle risorse

umane e i rappresentanti di linea, abbiamo

scoperto quali sono le principali

preoccupazioni dei dipendenti e

dove è necessario intervenire nell’attuale

CCL. Nella delegazione erano

presenti anche dirigenti di settore

che sono molto vicini ai dipendenti e

conoscono le loro esigenze.

3

Quali sono, secondo voi, i miglioramenti

più importanti del nuovo CCL?

In primo piano per noi ci sono le norme

sull’uguaglianza e sulla conciliabilità

lavoro-vita privata. Ad esempio,

sono state concordate prestazioni

molto interessanti per le future madri

e i futuri padri o il diritto alla non reperibilità.

Abbiamo ampliato l’articolo

sull’uguaglianza e abbiamo sancito

nel CCL la parità di retribuzione.

Inoltre, per i dipendenti di lunga data

con almeno 20 anni di servizio, premiamo

la fedeltà a IMS con 2 settimane

di vacanze o 3000 franchi.

4

La richiesta di syndicom di un piano

sociale per IMS è stata ampiamente

discussa. Cos’è che alla fine ha

convinto IMS ad accettare un piano

sociale?

Capivamo la richiesta. Per noi era ed

è tuttora una preoccupazione importante

accompagnare e sostenere al

meglio i nostri dipendenti in caso di

perdita del lavoro e trovare soluzioni

accettabili. Ora abbiamo integrato il

precedente accordo sociale con misure

di sostegno e siamo quindi convinti

di aver compiuto progressi significativi

per i nostri dipendenti.

5

Quali sono le sfide e i lavori più importanti

per il partenariato sociale nei

prossimi mesi?

In primo luogo, occorre implementare

il nuovo CCL e garantirne l’attuazione.

Questo può essere fatto solo

insieme e sulla base di un forte partenariato

sociale. Sono imminenti anche

le prossime trattative salariali.

Inoltre, il nostro obiettivo dichiarato

è quello di discutere le questioni attuali

nell’ambito di incontri regolari

nelle commissioni specializzate, ma

anche, se necessario, nell’ambito di

altri incontri, e quindi di rimanere in

stretto contatto tra le parti.

6

L’inflazione sta colpendo con forza il

potere d’acquisto di tutti i lavoratori e

quindi anche dei vostri dipendenti.

Quali soluzioni offre il nuovo CCL in

questo contesto?

Nel CCL abbiamo stabilito che i negoziati

salariali si svolgeranno su base

annua. Siamo convinti che in questo

modo e sulla base di un buon partenariato

sociale troveremo soluzioni

eque ed economicamente sostenibili

per i nostri dipendenti anche in tempi

difficili.

Testo: Robin Moret

Foto: Sam Buchli


L’ospite

Dal 1995, quando è stato scoperto

51 Pegasi b, sappiamo quello che la fantascienza

ha immaginato per molto tempo: là fuori ci sono

miliardi di pianeti in orbita attorno ad altre stelle.

Cosa succederebbe se una qualche forma di

tecnologia, ancora da inventare, ci permettesse

di arrivarci? Probabilmente esistono tante risposte

quante sono diverse le destinazioni.

Ma queste risposte sollevano altre domande:

chi se ne andrebbe dal nostro pianeta e perché?

Nessuno lascia la propria casa, la propria famiglia,

i propri amici o il proprio stile di vita senza

speranza di ritorno, a meno che non abbia motivi

validi per farlo. I miei romanzi non parlano di

una conquista, ma di un esodo. I miei personaggi

non sono i prescelti, ma i perdenti. Fuggono

da un pianeta in agonia. In questa distopia, il

collasso della nostra civiltà è ovviamente sociale

ed ecologico, ma è soprattutto economico,

perché l’economia è il legame tra lo sfruttamento

delle risorse e la società che deriva dal consumo

di queste risorse. Tuttavia, gli economisti

– ma non sono gli unici — hanno gradualmente

sostituito la realtà con i loro modelli. In un’economia

che è sempre più deregolamentata e i cui

modelli sono spesso tardivi, l’inflazione è solo

la superficie visibile di un iceberg terrificante.

La scomparsa di risorse essenziali e la ricerca

disperata e violenta di alternative portano l’umanità

sempre alle stesse soluzioni. Se abbiamo

esaurito il nostro ambiente, dobbiamo trasferirci

altrove. Inizialmente da un angolo all’altro della

savana, per poi passare forse da un pianeta

all’altro. I miei romanzi mostrano soprattutto

che, nonostante le apparenze ingannevoli, non

esiste una «Terra B». E che, lungi dal trasformare

questi mondi per farli assomigliare al nostro

pianeta d’origine, spetterà alla nostra specie

trasformarsi per adattarsi a essi. Questa necessaria

umiltà può essere la chiave della nostra

sopravvivenza.

Non esiste

una «Terra B

Bernard Fischli è nato a Losanna nel

1958. La sua infanzia è trascorsa nel bel

mezzo della corsa allo spazio, culminata

in una notte insonne nel luglio 1969

davanti al televisore di famiglia. Poco

dopo, scopre 2001: Odissea nello spazio

di Arthur C. Clarke. Poi, —con il passare

degli anni, ha assistito al triste ritiro

dell’umanità sul proprio pianeta, mentre

lui continuava a sognare mondi lontani.

Si è laureato in lettere nel 1987, con una

tesi in cui ha integrato un racconto di

fantascienza. La sua prima pubblicazione

risale al 1992, nell’ambito di un concorso

organizzato dalla Maison d’Ailleurs.

Da molti anni insegna in un liceo

sulle alture di Losanna. Il suo ciclo di

Voyages sans retour è pubblicato da

Hélice Hélas, a Vevey. Include Esmeralda

(2018), Donoma (2019) e Oceania (2020).

7


Dossier 10 Spirale prezzo-profitto: si prepara la tempesta perfetta?

9

13 Che fare? Tetto ai prezzi, tassare i profitti e aumentare i salari

14 Quando i salari ristagnano: neppure i contratti aiutano

Dateci in

fretta quello

che ci spetta


10 Dossier

Il mondo nella spirale prezzo-profitto

Per trent’anni l’inflazione non è stata un

problema. Ma ora i rialzi dei prezzi minacciano

miseria e sofferenze per molte persone.

L’Europa è in subbuglio. Sarà un autunno caldo.

Testo: Oliver Fahrni

Foto: Reto Crameri

Scioperi e manifestazioni di protesta hanno messo in ginocchio

la nuova prima ministra britannica Liz Truss già

il secondo giorno del suo mandato: in totale contraddizione

con il suo programma, ha dovuto varare un pacchetto

governativo da 150 miliardi per scongiurare la rivolta. In

Francia, decine di aziende sono in sciopero per ottenere la

compensazione del rincaro. I sindacati si stanno mobilitando

e la sinistra sta suonando la carica per una marcia

nazionale in ottobre per ridurre il costo della vita. Nel frattempo,

il governo di coalizione tedesco osserva con trepidazione

le proteste contro i rincari, sperando che non si

trasformino in un movimento dei gilet gialli. In Italia,

140mila aziende rischiano di chiudere a causa dei prezzi

dell’energia, schizzati alle stelle.

L’inflazione è tornata. Circa il 10 per cento nell’UE,

con tendenza in aumento. Un vero e proprio shock.

Rispetto all’inflazione negli Stati Uniti, in Gran Bretagna

e nell’UE, il tasso d’inflazione in Svizzera sembra relativamente

basso, pari al 3,5 per cento in agosto. Ciò è

dovuto da un lato al fatto che alcuni prezzi in questo paese

sono «regolamentati», cioè soggetti a un certo grado di

controllo da parte delle autorità pubbliche. Esempio: il

prezzo dell’elettricità nell’«approvvigionamento di base».

Dall’altro, il franco sopravvalutato aiuta. La Svizzera importa

gran parte dei suoi beni di consumo. Mentre di recente

per un prodotto proveniente dalla Germania che costa

100 euro dovevamo spendere 115 franchi, ora bastano

97 franchi grazie al miglior tasso di cambio. Ma il vantaggio

svanisce rapidamente: in futuro, a causa dell’inflazione

elevata, le merci tedesche non costeranno più 100 ma

115 euro. D’altra parte, però, il franco forte presenta anche

svantaggi decisivi: è un peso per l’industria svizzera

delle esportazioni (macchinari, orologi, turismo ecc.), che

è responsabile per oltre un terzo del nostro benessere.

Il livello reale dell’inflazione

In effetti, con un’inflazione al 3,5% dovrebbero suonare

tutti i campanelli d’allarme. In primo luogo, il dato è ingannevole.

In realtà, le economie domestiche con redditi

piccoli o medi, ovvero la grande maggioranza, sono colpite

da un tasso d’inflazione molto più elevato. Per i salari

fino a 4’300 franchi, la percentuale è di almeno il 4,2%, e

probabilmente vicina al 5% (vedi grafici a pag. 15).

Perché? Queste economie domestiche devono spendere

una percentuale maggiore del loro reddito per l’affitto,

l’energia, l’alimentazione, i trasporti, la cassa malati rispetto

a chi ha un reddito elevato (a partire da 7’000 franchi

netti). In altre parole, per quelle cose indispensabili

che sono diventate incredibilmente più costose.

In secondo luogo, proprio i prezzi dei beni di prima necessità

stanno per esplodere. La cassa malati aumenterà

mediamente del 7% e, in alcuni cantoni, del 10%. Il prezzo

dell’elettricità salirà nel 2023 del 27% e in alcune aree

addirittura fino al 280%. Questo a sua volta renderà più

costosi molti altri prodotti e servizi.

Presto per molte famiglie il difficile fine mese arriverà

già a metà mese. Stando alla Caritas, 1,3 milioni di persone

in Svizzera sono già a rischio povertà. Lo sono soprattutto

le madri single e i pensionati, ma anche le famiglie

con più di un figlio. Ciononostante, molti commentatori

borghesi ritengono scandalosa la richiesta dell’Unione

sindacale svizzera di un adeguamento del costo della vita

del 4–5 per cento. In un sondaggio condotto dal Centro di

ricerche congiunturali del Politecnico di Zurigo (KOF-

ETH) in primavera, le aziende hanno dichiarato che incrementeranno

i salari di appena l’1,6 per cento nel 2022. In

pratica, si tratterebbe di una vera e propria rapina sui salari.

Poiché se gli aumenti salariali sono inferiori a quelli

dei prezzi, in realtà si verifica una riduzione dei salari reali

– il potere d’acquisto delle economie domestiche diminuisce.

Il che sarebbe una pura follia anche dal punto di vista

economico, perché a sostenere l’economia è soprattutto il

consumo privato. Nelle sue ultime previsioni, la SECO, ovvero

la Segreteria di Stato dell’economia, prevede una crescita

del PIL del 2%. Si tratta di un’ipotesi ottimistica, che

si basa sulle esportazioni (in pericolo) da un lato e sulla

domanda interna dall’altro. I consumi privati dovrebbero

progredire del 4%. Ma se l’inflazione non viene compensata

da un aumento dei salari, la previsione diventa carta

straccia. Al più tardi nel 2023 si rischia una recessione. In

altre parole, si perderanno posti di lavoro, la disoccupazione

aumenterà e il potere d’acquisto si ridurrà ulteriormente.

Una spirale discendente.

Quello che i sindacati chiedono è quindi il minimo indispensabile.

Si limitano a bilanciare l’inflazione, a patto

che non aumenti ulteriormente, cosa che l’OCSE, la Banca

Mondiale e la BCE ritengono alquanto possibile. Salvaguardare

i salari reali e aumentare i salari nominali del

4–5% è giusto, economicamente sensato e spesso facile da

realizzare, come dimostrano gli utili elevati delle aziende.

Fino agli Anni Novanta, la maggior parte dei contratti

collettivi di lavoro (CCL) prevedeva una compensazione

automatica del rincaro (vedi articolo a pagina 14). I sinda-

L’aumento

dei prezzi

mette sotto

pressione

i redditi fino a

5’400 franchi


cati avevano spinto su questo punto con dure lotte negli

anni d’inflazione dopo il 1970. In altri paesi capitalisti, i

neoliberali hanno avuto più successo. Questo lo si deduce

dal massiccio calo della «quota salari», che mostra quanta

parte della ricchezza generata va ai dipendenti e, viceversa,

quanta parte della torta viene presa dal capitale. La

Germania, ad esempio, è diventata un paese europeo a

basso salario dopo le controriforme adottate dal governo

del cancelliere Gerhard Schröder. In Francia, il salario minimo

legale – ma spesso è addirittura inferiore – è di 1’329

euro netti per un lavoro a tempo pieno. Il 70 per cento dei

dipendenti italiani guadagna 9 euro all’ora o di meno, e i

salari si sono ridotti in modo massiccio dal 1990.

In Svizzera, dei sindacati attivi e le possibilità offerte

dalla democrazia diretta (referendum, iniziative) hanno

finora impedito questo declino. Ma anche qui il rapporto

salariale è diminuito, se si escludono i numerosi bonus

pagati dalle banche, dalle assicurazioni e dall’industria

chimica. E i neoliberali continuano a fare pressione sui

salari. Lo ha dimostrato di recente la proposta dell’Autorità

di regolazione postale PostCom di fissare un salario

minimo di 19 franchi all’ora, inferiore al salario minimo

più basso di tutti i Cantoni e letteralmente una miseria rispetto

al livello dei prezzi svizzeri.

La favola della spirale salari-prezzi

Una compensazione

del rincaro del 5% è

equa ed economicamente

necessaria

Il piano dei sindacati per contrastare l’inflazione sarà

quindi un percorso difficile. Negli ultimi trent’anni, i datori

di lavoro sono riusciti a far cancellare da quasi tutti i

CCL l’adeguamento automatico all’inflazione. Oggi ripropongono

una vecchia lamentela, la favola della «spirale salari-prezzi».

In altre parole: secondo loro, la compensazione

del rincaro sta alimentando l’inflazione. È quanto

avevano blaterato in primavera i datori di lavoro dell’industria

meccanica e metallurgica (Swissmem).

Dal punto di vista economico, si tratta di un’assurdità

bell’e buona. In molti settori, non è il costo di produzione

a determinare i prezzi, ma il cosiddetto «pricing power»,

ovvero il potere delle aziende di fissare il prezzo dei loro

prodotti indipendentemente dai costi. La Banca dei regolamenti

internazionali (BRI) ha recentemente rilevato che

questo potere non è mai stato così elevato come oggi.

Costruire un iPhone, tutto compreso, costa meno di un

terzo del suo prezzo al dettaglio, e produrre uno Swatch

costa meno di un quinto del suo prezzo. Inoltre, in molti

settori (ad eccezione dei servizi per la persona e della gastronomia),

la quota dei salari rispetto ai costi è in costante

diminuzione. Facciamo quattro calcoli: anche con una

quota di costi salariali del 20%, una compensazione del

rincaro del 5% farebbe aumentare i costi di produzione appena

dell’1%, cioè al massimo di qualche punto per mille

del prezzo finale. Molto meno dei costi di finanziamento.

Eppure solo l’aumento della produttività lavorativa (ovvero

la riduzione dei costi unitari del lavoro) giustificherebbe

già da tempo l’aumento dei salari reali.

Stando all’Economic Policy Institute degli USA, più della

metà dell’inflazione (54%) è dovuta alla crescente brama

di profitto delle aziende, mentre il 36% è stato causato da

difficoltà nelle catene di fornitura globali. Il costo del lavoro,

invece, non ha avuto praticamente alcun impatto.

Questo potere di determinazione dei prezzi ha un effetto

particolarmente devastante su materie prime, petrolio,

gas ed elettricità, medicinali, assicurazioni e servizi bancari.

In questi settori, la fanno da padrone una manciata

di società globalizzate. Per questo motivo i prezzi sono

esplosi in maniera particolarmente consistente proprio in

questi settori, e con essi i profitti. Sei delle nove aziende

svizzere con fatturato più alto sono oggi commercianti di

materie prime e petrolio, a cui si aggiungono Nestlé, Roche


12 Dossier

Il 54% dell’inflazione è dovuto alla

brama di profitto delle imprese

e Novartis. A livello globale, in Svizzera vengono negoziati

la metà dei prodotti agricoli più importanti come il grano,

il 35% del petrolio e il 60% dei metalli. È qui che hanno sede

i profittatori della guerra e i responsabili dell’inflazione.

La società Glencore di Zugo, numero uno del paese in

termini di fatturato, ha aumentato i suoi profitti dell’846 %

(!) nella prima metà del 2022. La multinazionale delle materie

prime è da tempo molto redditizia, ma non lo era mai

stata così prima d’ora. Anche tutti gli altri commercianti di

materie prime stanno realizzando profitti storici. I commercianti

di petrolio, gas ed elettricità seguono a ruota:

Exxon, BP, Shell, Total festeggiano super profitti, per non

parlare della Saudi Aramco. Persino i fornitori svizzeri di

elettricità Axpo, Alpiq e BKW, che operano con una garanzia

statale implicita, come dimostra il caso Axpo, registrano

profitti nell’ordine di centinaia di milioni. L’industria

farmaceutica «ringrazia» il Covid. Come sempre, anche le

banche sono in prima linea nella stampa di denaro. Altri

settori, come l’industria alimentare, vogliono sfruttare la

situazione e beneficiare anch’essi della situazione inflazionistica

per aumentare i prezzi. Questo si riflette in gigantesche

distribuzioni ai proprietari, ovvero agli azionisti.

Quest’anno probabilmente si sfioreranno i 2’000

miliardi di dollari. Dopo quindici anni di permanente crisi

capitalistica, la redistribuzione si sta catapultando dal

basso verso l’alto.

Da dove viene quindi l’inflazione? I fatti sono sotto gli

occhi di tutti: chi non è più in grado di pagare le fatture è

vittima di una spirale profitti-prezzi sempre più veloce.

Alla guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina può essere

attribuito tutto, anche l’estremo aumento dei prezzi.

I russi stanno chiudendo i rubinetti del gas. Ma l’aumento

dei prezzi era già in atto nell’estate del 2021, ovvero otto

mesi prima dell’inizio della guerra. In quel periodo il mondo

nuotava ancora nel petrolio e nel gas. Ma i gruppi energetici

hanno tagliato volutamente le produzioni per guadagnare

con la ripresa dell’economia dopo la pandemia.

Intere flotte di navi cisterna erano in attesa sugli oceani del

mondo, piene fino all’orlo.

L’inflazione è

un furto salariale

Ciò che viviamo come crisi serve al capitale. Si accumulano

fortune esorbitanti e i lavoratori vengono disciplinati

più duramente. Il capitale si concentra, le fusioni e le acquisizioni

si rincorrono. Nel 2019, allorché la mancanza di

investimenti e la guerra economica degli Stati Uniti contro

la Cina hanno scosso il sistema, è arrivata la pandemia a

salvare la situazione. Il capitale l’ha usata per trasformare

lo Stato in una cassaforte aziendale. All’ombra dei lockdown

e della rottura delle catene di approvvigionamento,

che ha gettato nel panico molte persone a seguito della

scarsità delle forniture, i trasportatori marittimi come la

CMA di Marsiglia sono cresciuti fino a diventare dei colossi

redditizi.

Persino la crisi ecologica sta facendo guadagnare le

aziende dominanti. Attualmente si parla di possibili carenze

di elettricità. Le centrali nucleari francesi, che fornivano

elettricità a mezzo continente, non sono più in grado

di fornirla. In parte perché i problemi di sicurezza

stanno facendo chiudere i reattori nucleari vetusti. Ma soprattutto

perché il surriscaldamento globale e la siccità

impediscono il raffreddamento di molte centrali nucleari.

La Norvegia, altro grande esportatore di energia elettrica,

ha dovuto ridurre le sue forniture a causa dell’abbassamento

del livello dell’acqua nei laghi artificiali e nei fiumi.

È una situazione drammatica, ma motivo di profitti

speculativi per i fornitori di energia: sul mercato europeo

dell’elettricità neoliberale deregolamentato, il prezzo delle

forniture è salito da 50 euro a 1’700 euro nel primo trimestre

del 2023. Grazie alla catastrofe climatica e a Putin.

Una compensazione del rincaro è il minimo che i sindacati

dovrebbero imporre nelle trattative salariali.


Dossier

Tetto ai prezzi, tassare i profitti

di guerra, aumentare i salari

13

I folli profitti speculativi stanno alimentando

l’inflazione e le banche centrali stanno facendo

un gioco pericoloso. Che fare?

Testo: Oliver Fahrni

Qual è il modo migliore per far pressione sui salari e distruggere

il benessere? Come si fa a provocare un crollo finanziario

globale alimentando al tempo stesso anche la catastrofe

ecologica? Proprio così! Quello che banche centrali, grandi

gruppi e governi stanno facendo (e non facendo) sembra

uscito dal libro delle ricette per il grande disastro.

Un solo esempio: in autunno il colosso energetico Total

ha distribuito 2’620 milioni di euro come «dividendo

speciale», e questo in fretta e furia, prima che una tassa sui

profitti generati dalla crisi facesse scemare l’esorbitante

extra-profitto da guerra, gas e petrolio. E la dirigenza si è

pure elogiata spudoratamente per questo trucco. Inoltre,

Total si pubblicizza come una società di energia verde, ma

nel 2022 non investirà in energie rinnovabili nemmeno la

metà di quanto distribuisce in dividendi ai ricchi.

La cosa assurda è che sanno esattamente quali saranno

le conseguenze. Gli economisti, la Banca Mondiale, il Fondo

monetario internazionale e i grandi giornali economici

sono letteralmente in preda al panico. Ogni giorno mettono

in guardia dalle conseguenze della «perversa avidità di

profitto». Eppure, nella frase successiva dicono: vogliamo

ancora di più. La Banca Mondiale ha dimostrato in questi

giorni che i rialzi dei tassi d’interesse delle banche centrali

stanno solo facendo precipitare l’economia in una crisi globale.

Eppure le «banche delle banche», sotto la pressione

della Fed americana, annunciano ulteriori aumenti dei tassi

d’interesse. Questo rende ogni credito più costoso e soffoca

gli investimenti, come quelli in tecnologie ecologiche.

La giustificazione per combattere l’inflazione in questo

modo si basa sulla teoria secondo cui c’è troppo denaro

in circolazione, ciò che alimenta la domanda e fa quindi

salire i prezzi. Lo chiamano «surriscaldamento». In

realtà, l’economia mondiale sta attraversando una fase di

stagnazione. Ma la massa monetaria è aumentata così vertiginosamente

negli ultimi 15 anni che non è più possibile

misurarla in modo ragionevole. Se la teoria monetaria fosse

corretta, avremmo avuto da 10 anni un’iperinflazione.

Tutto dipende da chi dispone di tutti questi soldi e da chi

ha il potere di determinare i prezzi. In realtà, gli aumenti

dei tassi d’interesse servono solo al capitale. E a parte il clima,

è solo la speculazione a essere «surriscaldata».

Che fare, allora? Il noto economista Olivier Blanchard

(già docente MIT e Harvard) ha recentemente scritto che

la lotta all’inflazione richiede la distruzione di posti di lavoro.

Blanchard non ha detto, ovviamente: se non cambiamo

le regole del gioco che sono sbagliate. Ha omesso di

dire che ci sono altri modi mirati per affrontare l’inflazione

determinata dai profitti.

• Il minimo è una compensazione integrale del rincaro su

salari, rendite e prestazioni sociali. Dal punto di vista

economico, si tratta di una necessità ed è economicamente

sostenibile. La compensazione automatica del

rincaro deve essere reintegrata nei CCL.

• Tetto ai prezzi. L’energia e l’acqua sono beni comuni. Devono

essere sottratte alla speculazione. I bisogni primari

fino a un certo livello di consumo dovrebbero essere a

buon mercato, o meglio ancora, gratuiti. Diversi paesi

stanno attualmente sperimentando l’introduzione di tetti

ai prezzi.

• Situazioni come quella di Axpo sono insopportabili: il gigante

dell’elettricità realizza profitti per centinaia di milioni.

Allo stesso tempo, il Consiglio federale ha dovuto

concedere una garanzia di un miliardo di euro perché

Axpo ha giocato d’azzardo con le operazioni a termine

sulla borsa dell’energia. La liberalizzazione del mercato

dell’elettricità deve essere abolita. L’UE dovrebbe stabilire

un prezzo massimo per il gas e il petrolio: con il potere

d’acquisto di 450 milioni di persone, difficilmente i

produttori potrebbero sottrarsi a questa regola.

• Le società che ricevono il sostegno del governo non possono

né pagare dividendi né licenziare dipendenti. Gli

oneri della crisi devono essere equamente distribuiti.

• Finanziare i tetti ai prezzi e i provvedimenti volti a salvaguardare

i posti di lavoro non sono un problema: basta

imporre una tassa sui profitti di guerra delle aziende

energetiche, come lo sta facendo l’Italia con il 25 per

cento.

• Infine, è giunto il momento di investire finalmente i profitti

in un’offensiva industriale per la ristrutturazione

ecologica. Un programma in tal senso è già stato progettato

e quantificato dai sindacati. 16 anni fa.


14

Dossier

Quando i salari ristagnano

I contratti collettivi e i meccanismi automatici

di adeguamento dei salari all’inflazione

Testo: Mattia Lento

In Svizzera più di 700 mila persone vivono in condizioni di

povertà. Tra queste troviamo anche lavoratrici e lavoratori,

i cosiddetti working poor. Secondo l’Ufficio federale di

statistica, nel 2020, l’8,2% di tutte le persone occupate viveva

in povertà: oltre 300 mila persone. Secondo uno studio

di Olivier Hümbelin, dell’Università professionale di

Berna, con i livelli attuali d’inflazione, la percentuale di

persone in povertà potrebbe aumentare ulteriormente:

dall’8,5 al 9,3%, ovvero circa 80 mila persone in più. Il rincaro

in Svizzera, anche se meno drammatico della media

europea (+9,1% in agosto), ha raggiunto ormai il 3,5% ed è

destinato a salire nei prossimi mesi. Un lavoro rischia

sempre più di non essere una garanzia per una vita dignitosa.

Il rincaro, per i redditi più bassi, è ancora maggiore:

le persone a reddito basso concentrano in misura maggiore

le proprie spese su prodotti energetici e alimentari, tipologie

di merci i cui prezzi sono aumentati ben oltre la

media. Non deve stupire allora che l’Unione sindacale

svizzera (Uss) abbia chiesto nelle scorse settimane aumenti

del 4-5% delle paghe. Si tratta di una richiesta realistica,

visti i buoni risultati dell’economia, e soprattutto di

una rivendicazione necessaria, visti i numeri citati.

Pochissime clausole

Se ci trovassimo nella Svizzera del secondo dopoguerra, i

salariati potrebbero fare affidamento sui meccanismi di

adeguamento dei salari al tasso d’inflazione presenti in

molti Contratti collettivi (CCL). Questi cominciarono a entrare

nei CCL negli anni Cinquanta e crebbero ininterrottamente

fino agli anni Novanta. Ancora nel 1991, secondo

uno studio di Daniel Oesch del 2001, due terzi dei CCL

svizzeri conteneva clausole legate ai livelli d’inflazione.

Un quarto dei CCL svizzeri prevedeva addirittura meccanismi

di adeguamento automatico dei salari all’inflazione.

Una protezione contro il carovita che in pochissimi anni è

quasi sparita da tutti i CCL: nel 1996 la percentuale dei

CCL con clausole legate all’inflazione è crollata allo 0,3%.

Cosa è successo in quegli anni cruciali? Negli anni Novanta,

l’onda lunga del neoliberismo angloamericano è arrivata

anche in Svizzera e i sindacati, per diverse ragioni,

hanno faticato a mantenere queste protezioni nell’ambito

dei contratti collettivi. I contratti collettivi stessi hanno

cominciato a essere messi in discussione dai datori di lavoro

e per questo le organizzazioni dei lavoratori sono dovute

scendere a compromessi. Inoltre, erano anni di forte

recessione e i lavoratori erano più orientati a mantenere i

posti di lavoro rispetto al potere d’acquisto. La recessione,

inoltre, fece crollare il carovita e quindi l’importanza

dell’adeguamento dei salari all’inflazione. Quest’ultima è

diventata così fino a oggi la grande assente dei contratti

collettivi, o quasi.

Un nuovo corso

In alcuni settori una minima parte di contratti prevede ancora

adeguamenti, ma limitati. Anche nell’ICT, come

afferma Daniel Hügli, responsabile di questo settore per

syndicom, «il costo della vita è uno dei criteri previsti nel

CCL». Per Matteo Antonini, segretario centrale Logistica

di syndicom, «durante le trattative con la Posta svizzera, il

carovita è uno degli elementi per i negoziati salariali». Il

tema dell’adeguamento dei salari all’inflazione è tornato

ad affacciarsi nel dibattito nazionale. Per gli economisti

liberali si tratta di misure anacronistiche. Non la pensa

così però l’economista Sergio Rossi: «I salari nominali dovrebbero

essere indicizzati al rincaro, allo scopo di preservare

la capacità di acquisto delle persone che ricevono uno

stipendio. Ciò permetterebbe al sistema economico nel

suo insieme di ridurre il rischio di cadere in recessione a

causa di una domanda insufficiente nel mercato dei prodotti.

Questa indicizzazione, tuttavia, dovrebbe intervenire

solo nei casi in cui le imprese hanno dei margini di profitto

che si situano a dei livelli sufficienti per aumentare

in tal modo i salari della forza-lavoro».

Fotoreportage

Reto Crameri è un illustratore originario di Berna che vive a

Ginevra da vent’anni. Attualmente sta ultimando il suo primo

libro per bambini, intitolato «Alula, che sarà pubblicato la

prossima primavera da Kunstanstifter Verlag. Disegni a inchiostro

e ceramiche con illustrazioni tratte dal libro sono

stati presentati nella mostra Bolo Klub al Festival Fumetto di

quest’anno. Il suo precedente libro, «Les notes du concierge,

autopubblicato nel 2018, è stato premiato con la borsa

di studio per l’illustrazione di libri del Cantone e della Città di

Ginevra.

Socio di syndicom, Reto Crameri ha proposto per il dossier di

questo numero una serie di illustrazioni vivaci ed eloquenti,

per rappresentare la crisi che sta toccando i lavoratori.

retocrameri.com

Le rivendicazioni salariali nei nostri settori


La prossima crisi sociale

Aumento dei prezzi, diminuzione dei salari reali, enormi profitti per gli azionisti:

la crisi combinata clima/Covid/Ucraina sta esacerbando le disuguaglianze e sta mettendo

in difficoltà molte famiglie svizzere. Solo il controllo dei prezzi e massicci aumenti salariali

possono impedirlo.

Inflazione galoppante

Per tre decenni, l’inflazione nei paesi ricchi

sembrava un vecchio ricordo. La stabilità dei

prezzi era ovunque un obiettivo centrale della

politica economica. La BCE considera ideale

una leggera inflazione del 2%. Nel periodo di

ripresa post-Covid, i prezzi hanno improvvisamente

iniziato a salire in modo deciso.

Spagna

Paesi Bassi

Germania

13,7 %

Gran Bretagna 9,9 %

8,8 %

Francia 6,6 %

9,1 %

10,5 %

Svizzera

3,5%

11,2 %

Estonia

25,2 %

Russia

16,7 %

Turchia

80 %

Fonti: Seco, OCSE, BCE (dati agosto 2022, confronto con agosto 2021)

L’inflazione aumenta

la disuguaglianza

Quando i prezzi aumentano, i redditi più bassi

vengono colpiti più duramente. Per i salari più

bassi, l’inflazione non è del 3,5%, come sostengono

le statistiche, ma del 4,2%. Le persone con

salari bassi perdono più potere d’acquisto rispetto

a quelle con redditi più alti. Il motivo: le economie

domestiche a basso reddito devono spendere

una parte maggiore del loro reddito per l’abitazione,

l’energia e l’alimentazione – e proprio questi

prezzi sono quelli che sono aumentati di più.

4,2 %

3,8 %

3,9 %

3,7 %

3,6 %

3,5 %

3,5 %

3,3 %

3,3 %

3,1 %

Redditi più bassi Redditi medi Redditi superiori

Fonti: UST, Hans Baumann in work

Fonti: Elcom, EEX

27 %

di aumento del

prezzo dell’elettricità

nel 2023

Prezzi dell’elettricità

Si tratta di un valore medio: alcuni fornitori di

energia elettrica non applicano alcun aumento,

mentre altri applicano aumenti di oltre il 250%.

Se volete sapere come sarà la situazione nel

vostro comune nel 2023, potete trovare tutti i

dettagli qui: www.strompreis.elcom.admin.ch.

I grandi fornitori di energia elettrica Axpo,

Alpiq e BKW stanno aumentando i loro prezzi

sebbene abbiano realizzato profitti milionari a

tre cifre nel 2021 e prevedano profitti record

ancora più ricchi nel 2022.

L’elettricità è stata

oggetto di speculazione

a partire dalla

deregolamentazione

neoliberale in Europa:

nell’estate del 2022, il

prezzo per le forniture

del 2023 è aumentato

temporaneamente del

3400 %

Big oil – big gas

Aziende avare

L’esplosione dei profitti di alcune compagnie petrolifere e del gas.

2° trimestre 2021 2° trimestre 2022

17,9 mia.

11,6 mia. 11,5 mia.

9,3 mia.

4,7 mia.

5,5 mia.

5,7 mia.

3,1 mia.

3,1 mia.

3,5 mia.

Exxon Chevron Shell BP Total

In un sondaggio

condotto dal Centro di

ricerche congiunturali

del Politecnico di

Zurigo, le aziende

hanno dichiarato di

aspettarsi un

adeguamento salariale

medio di appena l’1,6%

per il 2022. Questo

significherebbe una

massiccia perdita di

salario reale.

1,6%

Fonte: Financial Times


16

Dalle

professioni

«Creare un clima in cui si possano

tematizzare i casi di sessismo»

syndicom ha lanciato un nuovo opuscolo sul sessismo nelle redazioni.

A colloquio con la giornalista Sarah Serafini, che spiega

perché è necessario e quali sono i provvedimenti da adottare.

Nelle redazioni sempre più donne denunciano toccamenti indesiderati. (© syndicom/stock.adobe.com)

A circa tre anni da #MediaToo e dallo

sciopero nazionale delle donne del

2019, a due anni dalla lettera aperta

delle redattrici di Tamedia alla casa

editrice e a pochi mesi dallo scandalo

del caporedattore della «Bild» Julian

Reichelt – che alla fine ha dovuto lasciare

la casa editrice a causa delle numerose

relazioni avute con le don ne

sotto la sua direzione – non sembra essere

cambiato molto nel clima spesso

antifemminile, sessista e sessualmente

aggressivo di molte redazioni. Sempre

più donne denunciano commenti

inappropriati, toccamenti indesiderati,

commenti sprezzanti o, come nel

caso di Julian Reichelt, abusi di potere.

Sarah Serafini, redattrice di Watson.ch

e tra le promotrici dello sciopero

delle donne dei media del 2019,

individua il problema del sessismo

nell’industria dei media a diversi

livelli: «Per prima cosa, le donne che

lavorano nelle redazioni sono tuttora

meno numerose degli uomini, soprattutto

ai piani alti. Può essere più difficile

farsi valere se si è una donna sola

in una riunione con uomini. È più probabile

che ci sia un clima sessista e che

si sentano commenti stupidi, per non

parlare di molestie», afferma Sarah Serafini.

Le cifre parlano chiaro

Secondo uno studio della Seco del

2008, il 28% delle donne di tutti i settori

in Svizzera ha denunciato molestie

sul posto di lavoro. Secondo un’indagine

non rappresentativa di Tamedia

del 2019, nel settore dei media erano

però il 53% delle 458 professioniste

intervistate ad avere subito molestie.

Secondo l’indagine, le donne a inizio

carriera sono particolarmente a rischio.

Circa tre quarti delle intervistate

hanno dichiarato di aver subito molestie

sotto i 35 anni e quasi la metà

sotto i 30 anni.

Non essere prese sul serio

Sarah Serafini non è sorpresa da queste

cifre. Un altro fattore è la particolare

esposizione delle giornaliste, a differenza

di molte altre professioni:

«Come giornalista, sei spesso in viaggio

da sola. Commenti sessisti o sessualmente

aggressivi possono verificarsi

anche durante le interviste o i

reportage», fa notare Serafini, e «come

donna, spesso si viene presa meno sul

serio dall’interlocutore».

Infatti, sempre secondo l’indagine

di Tamedia, il 40% delle lavoratrici dei

media intervistate ha dichiarato di

avere subito aggressioni sessiste da

parte di persone esterne, come ad

esempio dagli intervistati.

Necessaria una formazione specifica

«Non credo che le donne che sono sul

campo possano essere protette totalmente,

ma bisogna creare un clima in

cui i casi di sessismo possano essere

tematizzati sia esternamente che internamente»,

si augura Sarah Serafini.

A suo avviso, è fondamentale vivere

una cultura aziendale in cui non vi sia

alcuna tolleranza nei confronti del

sessismo. Ma questo da solo non basta:

«Servono interlocutori o persone

di fiducia nonché personale preparato

che reagisca con sensibilità. Le team

leader e le responsabili, in particolare,

hanno bisogno di una formazione professionale

per affrontare il sessismo».

Natalia Widla

Che fare? Consigli e basi

giuridiche (in francese)


«Il problema era quello della pianificazione degli orari

di lavoro, in particolare degli straordinari» Nicolas Irus

17

Vincenti grazie alla solidarietà

Una mobilitazione dei dipendenti del contact center di Friburgo

ha permesso di individuare i difetti di gestione a livello nazionale.

In particolare, l’applicazione del contratto collettivo di lavoro.

Le trattative intavolate con la direzione sono incoraggianti.

Finalmente, nei contact center gli orari di lavoro sono più chiari. (© Keystone-ATS)

È l’inizio di febbraio di quest’anno.

Una militante del contact center di

Friburgo racconta al sindacato di un

malcontento generale in seguito

all’introduzione di un programma di

monitoraggio delle chiamate. Il clima

di lavoro sembra teso. C’è carenza di

personale e vengono calcolati i minuti

necessari per gestire le chiamate in

attesa. «I colleghi ci hanno subito parlato

della pressione che sentivano e

dell’atmosfera generale di sorveglianza,

e man mano che le discussioni andavano

avanti ci siamo resi conto che

il problema era anche quello della pianificazione

degli orari di lavoro, e in

particolare degli straordinari», dice

Nicolas Irus, segretario regionale del

settore Logistica.

Pianificazione poco chiara

Il nodo del problema è il modello di

orario di lavoro e la gestione degli straordinari:

in una giornata lavorativa di

8 ore e 24 minuti, quei 24 minuti servono

per l’avvio del sistema, gli imprevisti

e altri piccoli compiti inerenti a

una giornata lavorativa. A ciò si aggiunge

la gestione dei casi pendenti. Il

risultato? Straordinari che si accumulano

sempre di più, alcuni dei quali

svolti il sabato.

Che cosa dice il contratto

Il contratto collettivo (CCL) della Posta,

tuttavia, prevede un modello di

orario di lavoro che richiede una chiara

pianificazione degli straordinari. La

pianificazione avviene su base mensile

e qualsiasi modifica apportata dopo

14 giorni dalla pubblicazione del calendario

richiede l’accordo del personale.

È emerso che il CCL era mal implementato

in tutti i contact center

della Svizzera. «Se i contact center vogliono

applicare un modello speciale,

questo deve essere discusso con syndicom

nell’ambito delle trattative sul

CCL», afferma Nicolas Irus. A seguito

di una discussione a livello nazionale,

il modello di pianificazione dell’orario

di lavoro previsto dal CCL è applicato

a partire da ottobre.

Un risultato valido per tutti

La forte solidarietà dei dipendenti di

Friburgo ha quindi contribuito a migliorare

la vita quotidiana dei colleghi

di tutta la Svizzera. Nel corso dei colloqui

con la direzione si è instaurato un

buon dialogo. Oggi la direzione è impegnata

ad affrontare i problemi, in

particolare quello della carenza di personale.

Sta per essere istituita anche

una commissione del personale per

affrontare i problemi e trovare soluzioni

in un clima sereno. A Friburgo,

come altrove, la mobilitazione ha dato

ancora una volta i suoi frutti!

Robin Moret

CCL, le richieste per

i contact e call center

Teresa Dos Santos Lima-Matteo

è segretaria centrale settore ICT

Sono in corso i preparativi per le negoziazioni

del contratto collettivo di lavoro

nel settore dei contact center e

call center. I negoziati per il CCL inizieranno

nella primavera del 2023 ma

si sta già lavorando per allestirlo al

meglio. Nelle prossime settimane verrà

condotto un sondaggio tra i dipendenti

delle aziende interessate dal

contratto collettivo. I temi principali

saranno il salario, il tempo di lavoro e

la protezione dai licenziamenti.

Condizioni più attrattive

Nel settore si rileva anche una carenza

di personale qualificato. Anche per

questo motivo, i datori di lavoro devono

migliorare le condizioni di lavoro

esistenti e offrire condizioni di impiego

più interessanti. È quindi indispensabile,

tra le altre cose, migliorare i salari,

ridurre l’orario di lavoro e

adeguare l’assicurazione d’indennità

giornaliera in caso di malattia.

Le sfide del settore

Ricordiamo infine che l’attuale contratto

collettivo è stato dichiarato di

obbligatorietà generale dal Consiglio

federale dal primo luglio 2018 ed è valido

fino alla fine del 2023. In Svizzera

sono circa tremila e cinquecento i dipendenti

nel settore, interessato a numerose

sfide negli ultimi anni.


18

Dalle

professioni

«Un dipendente in subappalto può raggiungere 4500 franchi

mensili, ma solo con 50 o 60 ore di lavoro settimanali » Urs Zbinden

Fare chiarezza nei subappalti

Un recente sondaggio di syndicom ha rilevato i salari reali dei

subappaltatori della categoria del recapito e ritiro. Ne sono

emerse cifre che nascondono condizioni di lavoro estreme.

Solo dall’alto le condizioni di lavoro dei conducenti sembrano simili. (© Keystone-ATS Alexander Dietz)

I salari sono tuttora un argomento delicato

in Svizzera: si dice che sono una

questione privata e quindi non se ne

parla volentieri. Ma nella costosa Svizzera,

il tenore di vita dipende proprio

dai salari. Per i sindacati è quindi importante

conoscere il livello salariale

per poter negoziare salari adeguati.

Nel settore della Logistica, le trattative

per un contratto collettivo di lavoro

sono in corso dal novembre 2021. Anche

in occasione di queste trattative i

salari svolgono un ruolo importante. A

prima vista, sembra esserci chiarezza

nel settore. L’autorità di regolamentazione

PostCom (Commissione federale

delle Poste) ha analizzato la situazione

con uno studio pubblicato a

giugno sulle condizioni di lavoro abituali

nel settore. Secondo lo studio, i

salari della categoria “recapito e ritiro”

con contatto con i clienti variano

tra i 4749 e i 6474 franchi. Tuttavia,

questo risultato ha un punto debole:

non include i subappaltatori, che svolgono

un ruolo importante in aziende

come DPD e DHL. Per la negoziazione

del salario minimo è fondamentale sapere

se il livello salariale dei subappaltatori

è pari al salario minimo di 3500

franchi definito da PostCom o se i

subappaltatori si trovano piuttosto

nella fascia salariale riportata dallo

studio.

Per sopperire a questa mancanza

di conoscenze, syndicom ha condotto

un sondaggio nelle aziende. I risultati

hanno sfatato in particolare il mito

secondo cui i salari dei subappaltatori

sarebbero attorno ai 3500 franchi.

Sebbene non raggiungano il livello

dello studio PostCom, si aggirano comunque

tra i 4000 e i 4300 franchi per

DPD e tra i 4300 e i 4600 franchi per

DHL. Stiamo ancora parlando di salari

bassi rispetto ad altri settori. Tuttavia,

la discussione sui salari minimi deve

essere chiaramente orientata al quadro

dello studio PostCom, invece che

al salario minimo PostCom attualmente

in vigore di 3500 franchi.

Orari di lavoro disumani

I numerosi colloqui con gli addetti al

recapito nei depositi hanno però evidenziato

anche un altro aspetto della

questione: un dipendente in subappalto

può talvolta guadagnare fino a

4500 franchi. Tuttavia, se questo richiede

tra 50 e le 60 ore settimanali di

lavoro, il valore di questo salario si riduce

notevolmente. Di conseguenza,

per molti addetti al recapito il problema

è rappresentato dalle lunghe giornate

di lavoro. Con l’aumento del volume

dei pacchi in autunno, la questione

diventerà ancora più urgente.

Urs Zbinden

PostCom sbanda ancora

19 franchi sono pochi

Matteo Antonini è responsabile del settore

Logistica e membro del Comitato direttivo

La messa in consultazione da parte

dell’autorità di sorveglianza PostCom

dei nuovi standard minimi, validi a

partire dal 2023, è un pericolo per le

condizioni di lavoro nella logistica postale.

Con questa proposta PostCom

perpetua il suo triste record decretando

di nuovo il salario statale più basso

in Svizzera. In realtà i 19 franchi proposti

a partire da luglio 2023 sono, al

netto dell’inflazione (2018-2022), ancora

più bassi degli attuali 18,27 in vigore.

Con un salario di riferimento

così basso, che non prende in alcuna

considerazione la diversità evidente

delle professioni postali e dei suoi salariati,

né da un punto di vista delle

competenze né delle esigenze, consacra

modelli di lavoro che promuovono

il subappalto e il precariato. Ma è evidente

anche il danno di immagine.

Proprio ora, quando tutti i settori

cercano personale, sancire che il salario

di 19 franchi per i postini e le postine

è corretto e rispetta la legge è un

segnale sbagliato. syndicom ha allertato

per tempo PostCom insistendo su

queste importanti criticità. Come sindacato

dobbiamo quindi puntare su

contratti collettivi e ottenere un’estensione

di salari più alti per proteggere i

lavoratori. Questo percorso, intrapreso

da syndicom da molti anni e concretizzato

con i negoziati settoriali iniziati

a fine 2021, è la strada da percorrere.

Anche perché permetterà di introdurre

i controlli necessari in un mercato

del lavoro sempre più atomizzato e

attrattivo anche per le multinazionali,

come Amazon e Uber.


«L’obiettivo di questi incontri è farci conoscere

da tutti i dipendenti» Adriano Troiano

19

Pane, salsiccia e partecipazione

Ostermundigen, un pomeriggio di fine estate. Fuori dal centro

PostLogistics, un’insolita attività. Qualcuno sta montando un

piccolo grill. Tutto è pronto: carbonella, salsicce, pane, senape

e maionese. Inizia un’altra tappa del «syndicom grill tour.

Momenti conviviali che contribuiscono a conoscersi e a fare gruppo. (© syndicom)

Organizzato da diversi anni da syndicom,

rappresenta una modalità nuova

per incontrare i lavoratori. «È un’occasione

per parlare con loro un po’ più

a lungo, in un’atmosfera rilassata. Ed

è facile farlo con una salsiccia», scherza

Adriano Troiano, responsabile del

segretariato Berna e Alto Vallese. «Abbiamo

in programma in media due visite

a settimana durante i mesi estivi,

escluse le vacanze. Sono circa trenta

appuntamenti, dall’Emmental all’Oberland

fino a Biel/Bienne e all’Alto Vallese».

Nel frattempo, i lavoratori di Post-

Logistics iniziano ad arrivare alla

spicciolata. Molti di loro sono ancora

in uniforme, hanno appena finito il

turno. Strette di mano, sorrisi, chiacchiere.

Si parla di calcio e di vacanze.

Si sente che è bello tornare a incontrarsi,

dopo il periodo della pandemia.

Al grill, l’occhio esperto di Marco With

(vicepresidente della sezione bernese

del personale della Posta e membro

della commissione del personale di

PostLogistics a Ostermundigen) decide

che la cottura è quella giusta. Tutti

si mettono in fila.

«I nostri soci – racconta Troiano –

ci contattano tutto l’anno. E sono contenti

che veniamo qui. L’obiettivo di

questi incontri è di farci conoscere da

tutto il personale. Distribuiamo flyer,

abbiamo una presentazione “power

point” su carta, che mostra le nostre

campagne e quali sono i problemi attuali.

Incoraggiamo la discussione.

Inoltre, ci fa conoscere potenziali nuovi

membri: teniamo un elenco delle

presenze per contattare in seguito le

persone interessate. In media, reclutiamo

almeno un membro per ogni attività

di sensibilizzazione, direttamente

sul posto. L’impatto di questi

eventi non può essere sottovalutato».

Per i lavoratori è importante ritrovarsi,

parlare, discutere delle condizioni

di lavoro. Ci sono spesso orari diversi,

molti fanno le pause fuori.

Momenti come questo permettono di

conoscersi. E fanno pubblicità a syndicom.

«Proprio oggi ho sentito un impiegato

di un ufficio postale che ritiene

positivo il fatto che syndicom sia

presente. E credo che il nostro “grill

tour” contribuisca a questo», conclude

Troiano. Intanto, gli altoparlanti

diffondono le note di «We are the

Champions». E i lavoratori cantano insieme

e sorridono. Sì, noi siamo the

champions!

Giovanni Valerio

Media, è tempo

di aumenti salariali

Angelo Zanetti è segretario centrale settore Media

Nelle aziende del settore dei media, gli

aumenti salariali sono (molto) rari da

anni, persino decenni, poiché le aziende

si rifiutano sistematicamente di negoziare.

Questo vale indipendentemente

dalla situazione economica.

Ad esempio, negli ultimi dieci anni di

inflazione moderata, i salari reali dei

dipendenti sono rimasti fermi, mentre

i compensi dei freelance e i salari

d’ingresso dei giovani professionisti

dei media sono diminuiti.

Oggi, nel bel mezzo di un periodo

d’inflazione duro e preoccupante, il

settore rischia di perdere indiscutibilmente

la sua attrattività. Alcune redazioni

parlano di carenza di personale

qualificato e di seri problemi nel reclutamento

di nuovo personale. È il

momento di reagire e di chiedere collettivamente

un adeguamento salariale

per i dipendenti attuali e futuri!

syndicom mette a disposizione delle

commissioni del personale delle

raccomandazioni e un argomentario

completo.

Questi consigli sono rivolti anche ai

colleghi dell’industria grafica. Come

anche per i milioni di lavoratori svizzeri,

la situazione economica rende indispensabile

un aumento dei salari

nell’industria. Soprattutto perché i salari

ristagnano da anni e le aziende

hanno pure qui difficoltà nel reclutare

nuovo personale. Le negoziazioni salariali

sono pertanto necessarie.

Chi lavora nelle librerie può contare

su una compensazione automatica

dei salari in base all’inflazione, prevista

dal CCL (massimo 2% dei salari minimi).

Si tratta di un passo nella giusta

direzione, che dovrebbe però richiedere

altre misure più incisive!

syndicom continuerà quindi a sostenere

i propri iscritti e i suoi settori

per permettere che vengano effettuati

tutti gli adeguamenti salariali necessari

di fronte alla preoccupante situazione

economica.


20

Dalle

professioni

«Un enorme passo verso la parità dei diritti per i lavoratori

di IMS all’interno della Posta» Manuel Wyss

Il tetto giallo è un po’ più ampio

Alla fine di agosto, il lungo percorso verso il nuovo contratto

collettivo di lavoro di IMS si è concluso con successo.

Anche Posta Immobili Management e Servizi (IMS) sotto lo stesso tetto. (© Keystone-ATS Anthony Anex)

Posta Immobili («Posta Immobili Management

e Servizi SA», in breve IMS) è

il fornitore di servizi della Posta relativo

alla gestione degli immobili. Circa

mille dipendenti gestiscono oltre 2mila

immobili in tutta la Svizzera. Presso

IMS lavorano svariati professionisti,

come tecnici di edifici, addetti alle pulizie

o amministratori di immobili.

Il vigente contratto collettivo di

lavoro di IMS è ancora valido fino alla

fine del 2022. La manovra di avvicinamento

verso il nuovo CCL è stata lunga.

Già tra il 2021 e il 2022 syndicom

aveva condotto un sondaggio presso i

suoi membri sui requisiti di un nuovo

contratto. La richiesta più frequente

per il 25% degli intervistati è stata una

maggior protezione in caso di licenziamento

e un vero piano sociale,

seguita a ruota da migliori salari e

supplementi. Le valutazioni hanno

evidenziato un lungo elenco di

richieste e molto potenziale di miglioramento.

Sono state necessarie 7 tornate

di negoziazioni tra febbraio e

inizio giugno per arrivare alla firma

del CCL aziendale di IMS. Nelle due

conferenze del 25 e 30 agosto i membri

di syndicom hanno approvato il risultato.

A ragione, poiché il nuovo contratto

comporta solo miglioramenti.

La protezione in caso di licenziamento

viene estesa: ora IMS ha un proprio

piano sociale che si basa in gran

parte sul piano sociale della Posta.

Ora esiste ad esempio la possibilità di

andare in prepensionamento a partire

dai 62 anni d’età. La durata dei contratti

viene ridotta – da max. 24 a

18 mesi. Per il personale a prestito si

applica una normativa in materia di

contratto di lavoro e il diritto viene ora

acquisito a partire da un impiego di

16 mesi presso IMS.

Tutti i salari minimi hanno subito

un notevole aumento. Per la categoria

degli addetti alle pulizie l’incremento

si aggira tra i 50 e i 400 franchi a seconda

della fascia salariale. In tutti gli altri

livelli l’aumento è stato di un punto

percentuale. Ora è stato introdotto un

premio fedeltà a partire dai 20 anni di

servizio che corrisponde a 2 settimane

di vacanze o a 3000 franchi ogni cinque

anni. Questi sono solo alcuni punti

dell’elenco dei miglioramenti materiali

nel nuovo CCL.

Tutti sotto lo stesso tetto

Inoltre, l’intera normativa si avvicina

al CCL aziendale di Posta CH valido

dal 2021. Analogamente ai CCL aziendali

di Posta CH o PostFinance, ora il

CCL IMS rientra sotto il cosiddetto

«CCL mantello», che regola le relazioni

tra le parti contrattuali e definisce i

diritti sindacali. Esso gestisce tra l’altro

le negoziazioni salariali oppure i

meccanismi di risoluzione dei conflitti.

Insieme ai progressi in ambito sociopolitico,

nel nuovo CCL vediamo

un enorme passo verso la parità dei diritti

per i lavoratori di IMS all’interno

della Posta.

Manuel Wyss

Verso il grande sciopero

delle donne 2023

Patrizia Mordini è responsabile delle pari

opportunità e membro del Comitato direttivo

Lo sciopero delle donne* 2023 del 14

giugno prossimo sarà ancora una volta

un grande sciopero delle donne! Poiché

la Svizzera non fa passi avanti in

termini di parità e poiché la politica e

l’economia, il Parlamento e i datori di

lavoro continuano a rimandare i diritti

delle donne* sanciti dalla Costituzione,

il Congresso delle donne dell’USS

ha deciso lo scorso novembre che l’anno

prossimo la Svizzera dovrà essere

attraversata da un’altra inequivocabile

e udibile scossa viola. Proprio come

nel 1991 e nel 2019.

All’assemblea del 18 giugno 2022, i

delegati di syndicom hanno deciso

con entusiasmo di partecipare e hanno

messo a disposizione un budget.

Ora inizia il lavoro di preparazione su

due livelli: insieme alle federazioni

consorelle e ai gruppi addetti allo sciopero

delle donne* nelle regioni, saranno

pianificate le manifestazioni pubbliche

nelle varie città il 14 giugno.

All’interno di syndicom, il potere dello

sciopero delle donne* sarà utilizzato

per promuovere la parità in azienda. A

tal fine, sono previste azioni in alcuni

settori, per rivendicare più tempo per

l’assistenza e il lavoro familiare, rendite

eque e parità di retribuzione, nonché

la tolleranza zero nei confronti

delle violenze sessiste sul posto di lavoro.

Senza dimenticare i miglioramenti

ottenuti negli ultimi anni nei

negoziati CCL. Insieme garantiremo il

successo dello sciopero delle donne*!

Siamo ancora alla ricerca di persone di

fiducia che vogliano impegnarsi: contattate

gleichstellung@syndicom.ch!


«La commissione offre servizio di consulenza pensionistica in

tutte le regioni, indipendendentemente dal settore » Franz Schori

21

In pensione a fare la bella vita?

La maggior parte dei pensionati di oggi è ancora attiva e vuol fare

di più che godersi semplicemente la vita. syndicom valorizza

questo potenziale in molti modi. E la tendenza è in aumento.

L’esperienza dei pensionati al servizio dei lavoratori e del sindacato. (© Keystone-ATS Josep Rovirosa)

Il 27 aprile 2017, dieci dipendenti di

Swisscom s0incontrano a Olten per il

workshop «Erfa-Austausch 58+». Discutono

su come utilizzare il potenziale

dei membri più anziani di syndicom.

Vengono lanciate nuove idee,

scartate o approfondite. Ciò che viene

avviato allora ha un effetto ancora

oggi. Hansruedi Schläppi ha iniziato a

fornire consulenza ai membri più anziani

di syndicom attivi presso Swisscom

già nell’estate 2017. Si è passati

poi gradualmente a un vero e proprio

servizio di consulenza per il pensionamento,

inizialmente solo per gli iscritti

di Swisscom nella Svizzera tedesca.

Oggi, a distanza di cinque anni, l’apposita

commissione specializzata,

composta da 10 membri e presieduta

da Edith Annaheim, offre consulenza

agli iscritti di tutte le regioni linguistiche,

indipendentemente dal settore e

dal datore di lavoro. Alla fine del 2018,

l’esperto di comunicazione Mark Herbst

propone al settore ICT di utilizzare

i pensionati per reclutare nuovi membri.

Nei primi workshop ci rendiamo

subito conto che il reclutamento è difficile

poiché i pensionati non hanno

più accesso al posto di lavoro. Passiamo

quindi alla fidelizzazione dei membri.

Per esempio, i membri della nuova

organizzazione Plus conducono con

successo da oltre due anni colloqui di

«win back», feedback e fidelizzazione.

I colloqui di «win back» hanno contribuito

a riconquistare decine di soci

che volevano lasciare syndicom. Dopo

il 18° mese di adesione si tengono colloqui

di feedback con i membri per capire

se si sentono a proprio agio con

syndicom. I colloqui di fidelizzazione

sono invece tenuti dai membri dell’organizzazione

Plus con gli iscritti che

hanno più di 58 anni. Il Comitato direttivo

ha recentemente deciso di

estendere questi colloqui di fidelizzazione

dal settore ICT a tutti i membri.

Consigliare e telefonare sono due

modi per partecipare. Altre opportunità

sono offerte dalle campagne di

distribuzione di volantini, sia per votazioni

come AVS21 sia, come recentemente,

per l’elezione della rappresentanza

dei lavoratori nel Consiglio di

fondazione di comPlan. Al workshop

del 27 aprile 2017 c’era anche Thomas

Burger, attuale presidente dei pensionati

syndicom, che ora sta lavorando su

maggiori opportunità di partecipazione,

ad esempio sulla creazione di un

gruppo di lavoro sociopolitico. Interessati?

Contattateci: participation@syndicom.ch.

Franz Schori

5G, l’uomo e

la tecnologia

L’arrivo di nuove tecnologie suscita

spesso timori nelle persone. Questo

vale anche per l’introduzione della

quinta generazione nella telefonia

Daniel Hügli è membro del Comitato direttivo

e responsabile del settore ICT

mobile (5G). Le persone reagiscono in

modo diverso alle radiazioni non ionizzanti

(RNI) delle antenne, anche se

sono molto al di sotto dei limiti internazionali

che dovrebbero proteggere

dai danni alla salute scientificamente

riconosciuti.

Il primo rapporto annuale sulle

misurazioni RNI è stato pubblicato

per conto dell’Ufficio federale dell’ambiente.

I risultati mostrano che nelle

aree accessibili al pubblico sono state

misurate intensità di campo pari a un

massimo del 15% del valore limite, ma

nella stragrande maggioranza dei casi

si trattava di intensità a una sola cifra,

anche nelle abitazioni private.

Il fatto che i valori siano stabili nonostante

l’aumento del traffico dati

potrebbe essere dovuto alle tecnologie

di trasmissione: il 4G e il 5G sono più

efficienti perché la potenza di trasmissione

si adatta alla rispettiva domanda.

Le antenne adattive 5G irradiano

inoltre in modo specifico verso il

dispositivo mobile. In particolare per

il 5G, le radiazioni più elevate provengono

dal cellulare stesso. E maggiore è

la densità delle antenne, minori sono

le radiazioni del cellulare.

Grazie al 5G, in futuro dovrebbe essere

possibile ridurre l’impronta ecologica

direttamente nell’infrastruttura

di rete, ma anche indirettamente

con applicazioni ad alta efficienza

energetica, come dimostra uno studio

dell’Università di Zurigo e dell’Empa.

Affinché ciò avvenga, tuttavia, le aziende

di comunicazione mobile devono

investire maggiormente nella ricerca,

nel monitoraggio e nell’informazione

sul 5G. Questo vale anche per la Confederazione,

che allo stesso tempo è

chiamata a sbloccare rapidamente

l’espansione del 5G insieme ai Comuni

e ai Cantoni.


22 Politica

Green New Deal per il

clima, il futuro e il lavoro

L’ambiente sembra ormai fuori dal dibattito politico, scalzato

dalla guerra, dalla crisi energetica e dall’inflazione. Tutto è invece

collegato, ricorda Margot Chauderna, co-presidente dei

giovani Verdi svizzeri e da poco laureata in biologia e sociologia.

Il Partito socialista (PS) e i Verdi hanno da poco lanciato

un’iniziativa per creare un fondo per il clima. Il testo, sostenuto

anche dall’Unione sindacale svizzera (Uss), invita la Confederazione

a creare un nuovo fondo per sostenere investimenti

pubblici in infrastrutture, aziende e industrie.

Testo: Federico Franchini

Foto: Keystone-ATS e Giovani Verdi svizzeri

Signora Chauderna, i promotori

dell’iniziativa vogliono investire miliardi

di franchi all’anno nella transizione

energetica. Da dove verranno

i soldi?

L’iniziativa prevede che la Confederazione

investa tra lo 0,5 el’1% del

suo prodotto interno lordo (PIL), ossia

fra i 3,5 e i 7 miliardi di franchi,

nella transizione ecologica. Vogliamo

che questo finanziamento sia assunto

dallo Stato, ma vogliamo farlo

nel modo più socialmente accettabile

possibile. Perciò non vogliamo

una nuova tassa. L’idea è quindi

quella di prendere i soldi che la

Confederazione già possiede e investirli

nella lotta al riscaldamento

globale e nella conservazione della

biodiversità. Altri settori, molto più

dannosi, beneficiano di maggiori

quantità di denaro statale.

Che cosa volete fare esattamente

con questo denaro?

Vogliamo

decarbonizzare

la società

e l’economia

Fra le altre cose, vogliamo accelerare

la ristrutturazione del parco edilizio,

promuovere programmi di risparmio

energetico, investire in

impianti di energia rinnovabile e

sviluppare il trasporto pubblico. La

doppia crisi – clima e biodiversità –

si aggrava ogni giorno di più, minacciando

la nostra salute e quella del

pianeta. Dobbiamo quindi agire rapidamente.

L’obiettivo della nostra

iniziativa è fornire alla protezione

del clima e della biodiversità i fondi

necessari per finanziare il più rapidamente

possibile la transizione

verso una società a basse emissioni

di carbonio. Le misure adottate finora

non permetteranno alla Svizzera

di raggiungere l’obiettivo di zero

emissioni nette entro il 2050. E siamo

lontani anni luce dal rispettare

l’impegno che la Confederazione si

è assunta quando ha ratificato l’Ac-


«Con questa iniziativa, vogliamo inscrivere nella

Costituzione la protezione dell’ambiente quale

quadro di riferimento della nostra economia e

della nostra società. La Svizzera deve produrre e

importare in modo tale da preservare i propri

mezzi di sussistenza»

23

Margot Chauderna, Co-presidente Giovani Verdi svizzeri

cordo sul clima di Parigi e limitare il

riscaldamento globale a meno di

1,5 °C. Siamo molto indietro e per

raggiungere questi obiettivi dobbiamo

agire rapidamente e con mezzi

finanziari consistenti.

Il lancio dell’iniziativa avviene in un

periodo di crisi energetica. È il momento

giusto? O teme che la gente

pensi più a riscaldare le proprie case

che a salvare il pianeta?

Le due questioni sono strettamente

collegate! Il nostro consumo di combustibili

fossili non solo aggrava il

riscaldamento globale e il crollo della

biodiversità, ma mette anche in

pericolo la pace, i diritti umani e la

democrazia, incoraggiando la guerra

e i regimi autoritari. Questo ha

anche ripercussioni materiali sulla

nostra vita. L’attuale situazione di

crisi energetica alimentata dall’offensiva

militare della Russia contro

l’Ucraina lo dimostra molto bene.

Cercando di decuplicare lo sviluppo

delle energie rinnovabili, di moderare

il nostro consumo energetico e

di decarbonizzare, questa iniziativa

rafforza la nostra indipendenza dal

petrolio e dal gas – e quindi da Stati

autocratici come la Russia. Assicura

quindi il nostro approvvigionamento.

Credo dunque che questo sia

davvero il momento giusto: ciò che

sta accadendo in Ucraina è un argomento

a favore della transizione

energetica e dell’abbandono dei

combustibili fossili. I cittadini sono

più che mai interessati alle pompe

di calore o ai pannelli solari. Con i

giusti investimenti, possiamo limitare

il rischio di carenza energetica

nel prossimo decennio e ridurre le

nostre emissioni di CO2.

Questo nuovo fondo per il clima

avrà un impatto anche sui posti di

lavoro in Svizzera?

Siamo in ritardo

sulle quote fissate

nell’Accordo sul

clima di Parigi

Sì, il testo dell’iniziativa parla di formazione

e riqualificazione per i lavori

di domani. Dobbiamo formare

le persone per le nuove professioni

di cui avremo bisogno per decarbonizzare

l’economia. L’energia solare,

ad esempio, è una priorità e siamo

a corto di persone che installino

i pannelli. È quindi evidente che investire

in questi settori avrà un impatto

positivo sull’occupazione. Un

impatto positivo sarà anche dato dal

fatto che, promuovendo una maggiore

indipendenza energetica, saremo

in grado di rimpatriare i miliardi

di franchi che la Svizzera paga ogni

anno per importare combustibili

fossili da Paesi problematici. Invece

di alimentare le autocrazie, questo

creerà posti di lavoro interessanti in

Svizzera. Per questo l’Unione Sindacale

Svizzera è in prima linea insieme

ai Verdi e al Partito Socialista.

Un altro aspetto importante di questo

approccio è quello di mettere lo

Stato al centro della lotta contro il

cambiamento climatico. Quale sarà

il ruolo del servizio pubblico?

Grazie a questo fondo per il clima,

investire nella decarbonizzazione

della società e dell’economia sarà

un compito pubblico. Mentre in

Svizzera è ovvio che l’istruzione, le

infrastrutture e l’assistenza sanitaria

di base sono compiti dello Stato

– e quindi fanno parte del servizio

pubblico – stiamo trascurando la

sfida del secolo, la doppia crisi del

clima e della biodiversità. Questa

iniziativa riconosce che la lotta al riscaldamento

globale e il rafforzamento

della biodiversità sono essenziali

per la prosperità della

nostra società tanto quanto l’assistenza

sanitaria e l’istruzione. L’obiettivo

è rendere questo compito

pubblico, progettato e finanziato in

modo socialmente equo, invece di

essere scaricato sui singoli.

I Giovani Verdi stanno portando

avanti anche l’iniziativa per la responsabilità

ambientale. Di che

cosa si tratta?

L’obiettivo di questa iniziativa è

quello di sancire nella Costituzione

che la protezione dell’ambiente

deve diventare il quadro di riferimento

della nostra economia e della

nostra società. Con questa iniziativa,

vogliamo fare della tutela

dell’ambiente una priorità assoluta.

Ciò significa che la Svizzera deve

produrre e importare in modo da

preservare i beni di prima necessità

(e quindi proteggere i nostri mezzi

di sussistenza). In concreto, vorremmo

che l’impatto ambientale della

Svizzera sia ridotto entro i prossimi

dieci anni per rispettare i limiti planetari

della Terra.

Il dibattito sul clima sembra essere

uscito un po’ dall’agenda politica.

Queste due iniziative hanno l’obiettivo

di riportare questo tema fondamentale

all’ordine del giorno prima

delle prossime elezioni federali?

Sì, il clima è stato un tema importante

nelle ultime elezioni federali e

la situazione è così grave che dovrebbe

essere un fattore anche nelle

prossime. La Svizzera sente sempre

di più l’impatto del riscaldamento

globale: in estate si susseguono ondate

di calore, siccità e maltempo, i

ghiacciai si sciolgono e in inverno la

neve scarseggia. Tuttavia, credo che

la bocciatura della legge sulla CO2

abbia rallentato un po’ lo slancio

del Parlamento. Poi la guerra in

Ucraina e la crisi energetica hanno

messo in secondo piano questi

temi. Con queste due iniziative dovremmo

sensibilizzare l’opinione

pubblica sui rischi della dipendenza

dai combustibili fossili e, naturalmente,

riportare l’ambiente al centro

della prossima campagna elettorale

nazionale.

Firma l’iniziativa per un fondo

per il clima


24 Politica

Multinazionali più

responsabili, è ora?

La Svizzera è rimasta indietro nel campo della responsabilità

delle imprese. A due anni dal voto sulle multinazionali responsabili,

la coalizione (di cui fa parte anche syndicom) che sta

dietro a questo progetto lancia una petizione su larga scala

affinché una legge forte ed efficace possa finalmente essere

attuata anche in Svizzera. Mentre l’Europa sta lavorando a una

nuova legge sulla responsabilità delle multinazionali a livello

europeo, il controprogetto all’iniziativa, entrato in vigore in

Svizzera all’inizio del 2022, sembra essere solo una chimera.

Testo: Robin Moret

Foto: Keystone - ATS

Da troppo tempo le multinazionali

svizzere sono regolarmente coinvolte

in violazioni dei diritti umani o

nell’inquinamento ambientale.

Mentre i paesi limitrofi e l’Unione

europea stanno adottando leggi efficaci

per affrontare questi problemi,

la Svizzera potrebbe diventare l’unico

paese privo di responsabilità per

le multinazionali. In questo contesto,

lo scorso agosto la coalizione

per le multinazionali responsabili

ha lanciato una petizione per una

legge efficace, chiedendo al Consiglio

federale di mantenere le promesse

fatte in occasione della

campagna che aveva preceduto la

votazione. Il primo passo consiste

nell’includere una «due diligence»

(diligenza dovuta) ambientale e dei

diritti umani basata sul rischio, in

linea con gli standard internazionali

(in particolare le linee guida delle

Nazioni Unite su imprese e diritti

umani e le linee guida dell’OCSE per

le multinazionali). In secondo luogo,

la legge dovrebbe prevedere la

Un terzo di chi

aveva votato No

nel 2020 ha ora

cambiato idea

creazione di un’autorità di vigilanza

indipendente con ampi poteri, sulla

falsariga della proposta di direttiva

UE.

Infine, è necessario incorporare

una responsabilità civile adattata

al diritto svizzero per i danni ai

diritti umani o all’ambiente che

avrebbero potuto essere evitati con

un’adeguata “due diligence”.

Ispirandosi a Germania, Norvegia

e Francia, che hanno una legislazione

efficace in materia, la Commissione

europea ha presentato

all’inizio dell’anno una bozza di direttiva

che in parte va oltre l’iniziativa

per le multinazionali responsabili

su cui si era votato in Svizzera alla

fine del 2020: la responsabilità civile

è estesa ai fornitori ed è prevista

un’autorità di vigilanza con il potere

di imporre pesanti multe in caso di

violazioni. E le multinazionali dovranno

dimostrare di rispettare gli

obiettivi dell’accordo sul clima di

Parigi.

Sensibilizzazione in Svizzera

Ricordiamo che l’iniziativa popolare

“per imprese responsabili” era stata

respinta dalla maggioranza dei

Cantoni, ma che il 50,7% dei votanti

aveva detto “sì”. Era necessaria una

doppia maggioranza. Oggi, secondo

un recente sondaggio pubblicato

dall’istituto Demoscope, più di un

terzo di coloro che avevano votato

“no” nel 2020 hanno cambiato idea

alla luce degli sviluppi europei.

La vasta coalizione “per multinazionali

responsabili” (di cui fa

parte anche syndicom) intende

sfruttare questo trend per inviare un

messaggio chiaro al Consiglio federale

e al Parlamento e per andare oltre

il controprogetto. L’obiettivo è

quello di raccogliere 100mila firme

in 100 giorni, ovvero entro il 27 novembre.

Ce la possiamo fare!

Firma l’iniziativa

Multinazionali responsabili


Diritto e diritti

25

Caro servizio di assistenza giuridica,

da alcuni mesi assistiamo ad aumenti dei

prezzi dei carburanti, dell’energia elettrica

e del gas nonché di determinati generi

alimentari. Come ogni anno, anche un

aumento dei premi delle casse malati è

prevedibile. Da qualche anno non abbiamo

però ricevuto né una compensazione del

rincaro né un aumento del salario reale.

Questo principalmente a causa delle misure

adottate per il Covid-19 e per il conseguente

lavoro ridotto che si è protratto per

diversi mesi. Ora temo che a causa dell’attuale

crisi il datore di lavoro ancora una

volta non provvederà nemmeno a compensare

il rincaro. Che possibilità ho il diritto a

spuntarla per ottenere un aumento salariale?

Lavoro nell’industria grafica e nel

nostro settore si applica il contratto

collettivo di lavoro.

Cosa prevede il contratto collettivo di

lavoro dell’industria grafica?

Nella nostra azienda non c’è una rappresentanza

del personale. Finora il datore

di lavoro non si è mai espresso in merito.

Negli ultimi anni abbiamo ottenuto semplicemente

una comunicazione interna alla

fine dell’anno contenente informazioni

salariali generiche. Cosa posso fare per

affrontare o rivendicare un aumento salariale?

Risponde il servizio giuridico di syndicom

Il datore di lavoro deve pagare il salario convenuto o

quello usuale mediante contratto normale o tramite un

contratto collettivo di lavoro (art. 322 cpv. 1 CO). Il salario

può essere negoziato liberamente tra il datore di lavoro e

il lavoratore, ma non può violare le disposizioni di legge,

di un contratto collettivo di lavoro o di un contratto di

lavoro normale. Non vige pertanto l’obbligo legale del datore

di lavoro di adeguare annualmente o regolarmente il

salario al rincaro oppure di garantire un aumento del salario

reale. In un contratto collettivo di lavoro è possibile

concordare delle migliori disposizioni a favore dei lavoratori.

Ad esempio, in un contratto collettivo di lavoro è possibile

sancire la garanzia di salari minimi o la compensazione

annuale del rincaro.

Nel contratto collettivo per l’industria grafica sono stati

negoziati, da un lato, dei salari minimi che devono essere

rispettati e, dall’altro, l’obbligo di negoziare le modifiche

salariali generali una volta all’anno con la rappresentanza

del personale. Qualora un’azienda non disponga di una

rappresentanza del personale, la contrattazione salariale

dovrà avvenire direttamente con il personale. Non esiste

però alcun obbligo di garantire annualmente o regolarmente

un aumento salariale.

Insieme si ottengono sempre risultati migliori. L’argomento

non preoccupa sicuramente solo te, ma anche i

tuoi colleghi di lavoro. Redigete insieme una lettera indirizzata

al datore di lavoro e formulate la rivendicazione

salariale. Consegnate questa rivendicazione salariale alla

direzione aziendale invitandola a organizzare un’assemblea

aziendale dove discutere e negoziare questo argomento.

È possibile rivendicare un aumento salariale anche

individualmente. Per farlo contatta il tuo superiore

diretto e chiedigli un colloquio. Un’azione collettiva è

però sempre la soluzione migliore perché in tal modo il

datore di lavoro si rende conto che non si tratta di un’esigenza

individuale bensì di una necessità della maggior

parte dei lavoratori. Qualora abbiate delle domande o

necessitiate di aiuto, syndicom sarà lieto di consigliarvi e

aiutarvi, sia per azioni collettive che individuali.

Tutte le precedenti rubriche

su internet


26 Rubriche

Idee

© Armando Dadò Editore

© Nidodiragno

ePub: creare libri digitali

Che voi leggiate libri digitali su dispositivi

come Kindle, oppure sui

tablet, sia Apple che Android, è molto

probabile siano tutti in formato

ePub. Negli ultimi anni è diventato

lo standard per la pubblicazione di

libri digitali. Basato sul linguaggio

XML, ePub («electronic publication»)

è il formato più diffuso nell’editoria

digitale. Perciò Helias propone a tutti

gli interessati (professionisti della

prestampa, grafici, operatori di comunicazione

visiva in generale) il

corso «ePub: realizzare un eBook con

specifiche standard in XHTML e

CSS». In due pomeriggi (17 e 24 novembre),

l’esperta Barbara Solari

guiderà i partecipanti alla scoperta

di uno standard molto versatile, con

specifiche che consentono di creare

eBook di alto impatto visivo su qualsiasi

dispositivo, dal computer all’i­

Pad di Apple e su tanti eReader che

lo supportano. Una delle caratteristiche

vincenti di ePub è che il testo si

reimpagina automaticamente, adattandosi

alle dimensioni dello schermo

su cui viene visualizzato, telefonini

compresi. «Il corso – spiega

Bar bara Solari – è indirizzato a chi

desidera capire come funziona un

ePub. Non sono necessarie conoscenze

di XHTML o CSS e neppure di

un programma di editing particolare.

Durante il corso si vedrà come è

strutturato un ePub, per imparare a

realizzare da zero un eBook semplice.

E se ne esplorano le potenzialità,

in modo che il nostro libro digitale

venga visto nello stesso modo su tutti

i lettori, nuovi e meno».

Barbara Solari ha frequentato la

Schule für Gestaltung (Scuola d’arti

applicate) a Basilea, dove si è formata

quale progettista tipografa. Ora lavora

a tempo parziale presso le Edizioni

Casagrande e quale progettista

tipografa indipendente. Docente Viscom

e Helias, dal 2013 è capoperito

dei poligrafi.

Giovanni Valerio

Informazioni aggiornate sui corsi Helias

al sito www.helias.ch

Sulla svizzeritudine

Svizzeri lo si è da sempre. Oppure,

dal punto di vista istituzionale, lo si

diventa, ammesso che... si abbia vissuto

in Svizzera un numero sufficiente

di anni; non ci si trovi in assistenza

sociale; si conosca la lingua del

cantone in cui si risiede; si dimostri

di essere integrati. Ma, come ricorda

Ada Marra (consigliera nazionale socialista

e figlia di emigrati italiani),

godere del diritto di voto non significa

venir considerati «membri della

famiglia svizzera» a pieno titolo. Passando

in rassegna i principali discorsi

legati alla naturalizzazione, Marra

tocca le varie narrazioni che legano

l’essenza svizzera a «una scelta per

difetto»: i «veri» rossocrociati non

sono attaccati alle proprie origini migratorie

– e quindi non tifano Italia a

calcio, non hanno la pelle scura e

nemmeno un nome esotico, non

sono poveri, non sono «secondos». Il

problema è che caratterizzare la svizzerità

per negazione di altro diventa

un’impresa quasi titanica e richiederebbe

almeno 8’670’300 risposte,

tanti sono gli svizzeri, persone diverse

per preferenze politiche e religione,

lingua, educazione (già, i programmi

scolastici sono differenti da

cantone a cantone), così come per residenza

(gli svizzeri all’estero sono

circa 570mila). A che pro, dunque,

gerarchizzare con distinzioni «tra gli

svizzeri o tra gli svizzeri e gli altri», se

non per fomentare differenze e divisioni

tra presunti veri cittadini e tutti

gli altri, lacerando quello che è il successo

del modello elvetico dove – ricorda

Marra – lo stare insieme è un

atto di volontà? È proprio questo il

cuore della riflessione del libro: pensare

all’identità svizzera in positivo,

per quello che è piuttosto che per

quello che non è, ovvero come a un

mosaico di individui legati dal fatto

«di essere cittadini di uno stesso paese.

Un paese con regole democratiche,

nelle quali crediamo».

Valeria Camia

Ada Marra, 8’670’300 modi di essere

svizzeri, Armando Dadò Editore, editore.ch

Doppio taglio

Ma vi sembra normale che un giornale

metta in prima pagina una foto

inneggiante alla vita sessuale della

vittima per parlare di una ragazza

massacrata a coltellate? Ma un’immagine

dell’assassino non l’avevano?

Non se ne può più di tutta questa

indulgenza verso i maschi

violenti, di assassini considerati alla

stregua di bimbi piagnucoloni. Uccidere

una donna non è una «marachella»,

a meno di non essere convinti

che esistano vite «meno degne»

di essere vissute. La domanda che

dobbiamo porci è questa: come mai

allora NESSUN redattore, correttore

di bozze o direttore, ha deciso che

non si pubblicavano? La risposta è

semplice, perché la vita di una donna

vale meno del rispetto per la verità.

E se non vali nulla è la tua storia

a non valere nulla, il tuo omicidio

non ti appartiene più, e persino il

tuo essere viene cancellato perché

poco idoneo a un racconto il cui unico

scopo è far uscire meglio il mostro.

È così che funziona, ed è così

che ci si abitua al fatto che se sei

una donna ti ammazzano. Per questo

è fondamentale farsi strumento

di indignazione. Di questo parla lo

spettacolo di Marina Senesi «Doppio

taglio», in programma sabato 10 dicembre

alle 20.45 al Teatro Sociale

di Bellinzona, diretto da Lucia Vasini

con musiche originali di Tanita

Tikaram. Un progetto importante,

perché parla senza retorica, al femminile,

decantato per proteggere il

maschile, che scuoterà le coscienze,

facendo indignare, restare in silenzio,

di fronte a ciò che accade. Ricordare,

ascoltare, in questo caso è, più

di altri, fondamentale.

Al termine dello spettacolo, in occasione

della Giornata internazionale

dei diritti umani, l’attrice e autrice

Marina Senesi parteciperà a un incontro

con altre ospiti sul tema della

violenza di genere.

Denise Carniel

Doppio taglio, Teatro Sociale, Bellinzona,

10 dicembre, ore 20.45


1000 parole

La matita di Ruedi Widmer

27


28 Eventi Le manifestazioni contro AVS21 \ La delusione delle donne dopo il risultato della

votazione \ Campionati svizzeri dei corrieri in bici \ Giornata degli indipendenti

1

2

4

3

6

5


1-2. La delusione e la collera delle donne il giorno dopo il risultato della votazione AVS21 (© syndicom / Patrizia Mordini)

3-5. Un estratto dalle decine di manifestazioni contro AVS21 in diversi posti di lavoro in tutta la Svizzera (© syndicom)

6. Azra Ganic, segretaria regionale ICT regione Zurigo, in visita alle aziende del settore Fulfillment (© syndicom)

7. I vincitori del concorso syndicom allo Schweizermeisterschaften Velokurier a Lucerna svoltosi dal 23 al 25 settembre (© syndicom / Peter Spichtig)

8. Klara Obermüller, la «grande dame» del giornalismo svizzero, alla Giornata degli indipendenti, il 10 settembre a Zurigo (© syndicom)

9. Peter Spichtig, responsabile regione Nord Ovest e Svizzera centrale, allo Schweizermeisterschaften Velokurier (© syndicom)

10. Il Gruppo d’interesse Migrazione a Zurigo alla Corsa contro il razzismo del 18 settembre (© Idris Djelid)

7

8

9

10

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30

Un lavoro,

una vita

«Dare e ricevere», il motto di Fatima Lee

Nata nel 1960, ha studiato giurisprudenza

in Marocco e vive in Svizzera da

36 anni. Sposata con uno zurighese, ha

due figli grandi. Lavora nel settore delle

telecomunicazioni. Membro del PS e,

dal 2010, di syndicom. Presidentessa

del GI Migrazione del Canton Zurigo e

dal 2017 anche co-presidentessa della

Commissione Migrazione Svizzera

(insieme ad Augustin Makumba).

Fatima Lee si rilassa facendo escursioni

con il marito. E c’è un periodo

dell’anno in cui «posso staccare completamente

la spina»: in vacanza senza

televisione e senza telefono.

Testo: Suleika Baumgartner

Foto: Patrick Gutenberg

«Il GI Migrazione è

a disposizione di tutti

Il gruppo d’interesse (GI) Migrazione

di syndicom non si occupa solo delle

preoccupazioni delle persone con un

background migratorio, né si concentra

solo sulle questioni lavorative.

«Vogliamo influenzare gli sviluppi

della società nel suo complesso», afferma

la copresidentessa Fatima Lee.

Fatima partecipò alla sua prima

manifestazione con il padre e il

fratello già all’età di 7 anni. Era il

1° maggio 1967. Il lavoro sindacale

ce l’ha per così dire nel sangue. In seguito,

in Svizzera, la giurista divenne

dapprima membro del Partito socialista

(PS). Allorché ha cercato di

motivare una collega a iscriversi

anch’essa al PS, quest’ultima ha detto

che syndicom avrebbe rappresentato

altrettanto bene, se non addirittura

meglio, le sue preoccupazioni

sulle questioni sociali. E così, alla

fine del 2010, Fatima Lee aderì al

sindacato.

I temi che stanno a cuore a Fatima

sono i diritti delle donne, l’eliminazione

della discriminazione nei

confronti degli stranieri e il miglioramento

della situazione dei migranti

nel mondo del lavoro. Il GI interviene

anche nei dibattiti elettorali: si è battuto

contro il cosiddetto divieto del

burqa e l’inasprimento della legge

sulla polizia (legge antiterrorismo).

Su quest’ultimo punto, il GI ha organizzato

un dibattito pubblico con la

partecipazione di ospiti esterni.

«Negli ultimi due anni contraddistinti

dal coronavirus, il nostro GI è

stato molto attivo», sottolinea Fatima,

«a tenerci occupati è stata

soprattutto la crescente povertà».

È possibile che proprio l’impegno

politico di syndicom durante la pandemia

abbia permesso al sindacato

di reclutare nuovi membri, ricorda

la sindacalista.

A livello cantonale, solo Zurigo ha

ancora un proprio GI, presieduto da

Fatima Lee. «Nel 2016 erano solo due

le persone attive nel GI Migrazione»,

ricorda, «io e la mia segretaria». Ora

vi lavorano ben 12 persone, e a volte

se ne uniscono altre e apportano

nuove idee: «Se una persona lavora

nel Canton Zurigo, può unirsi a noi

anche se non vive qui».

Il GI Migrazione Zurigo sta crescendo:

qual è il segreto di Fatima?

Fatima, una donna snella, energica e

determinata, ci pensa un attimo.

«Faccio sempre qualcosina in più.

E cerco argomenti che interessino le

persone». Inoltre, i membri sanno

che possono contattarla in qualsiasi

momento: per farlo utilizza tutti i canali,

compresi i social media. Grazie

alla sua formazione giuridica, è in

grado di rispondere a domande specifiche.

«Non basta indicare i servizi

di consulenza ufficiali offerti dal sindacato

durante l’orario di ufficio»,

dice. È riuscita a costruire un rapporto

personale con i membri: «È vero,

siamo come una famiglia». Durante

la pandemia, gli incontri online sono

diventati importanti: «Tante persone

si sentivano molto sole. Eravamo lì

per loro. Questo ha rafforzato il nostro

gruppo».

Informazioni sul Gruppo

d’interesse Migrazione


Impressum

Redazione: Robin Moret e Giovanni Valerio

(responsabili), Rieke Krüger, Lydia Schebesta

Tel. 058 817 18 18, redazione@syndicom.ch

Traduzioni: Alleva Translations, Alexandrine Bieri

Correzione bozze: Petra Demarchi

Illustrazioni: Katja Leudolph

Layout e stampa: Stämpfli Kommunikation, Berna

Notifica cambi di indirizzo: syndicom, Adressverwaltung,

Monbijoustrasse 33, CP, 3001 Berna

Tel. 058 817 18 18, Fax 058 817 18 17

Inserzioni: priska.zuercher@syndicom.ch

Abbonamenti: info@syndicom.com

Gratis per i soci. Per gli altri: Fr. 35– (estero: 50.–)

Editore: syndicom – sindacato dei media

e della comunicazione, Monbijoustrasse 33,

CP, 3001 Berna

La rivista syndicom esce sei volte l’anno.

Il prossimo numero uscirà il 9 dicembre 2022.

I termini riportati al maschile, laddove ambivalenti,

sottintendono sempre il genere femminile.

31

Il cruciverba di syndicom

In palio 100 grammi d’argento sotto

forma di lingotti offerti da Banca Cler.

La soluzione sarà pubblicata sul prossimo

numero insieme al nome del vincitore.

Non è previsto alcuno scambio di corrispondenza

sul concorso. Sono escluse

le vie legali. Inviare la soluzione entro il

4 novembre a syndicom, via Genzana 2,

6900 Massagno oppure per mail:

info@syndicom.ch

La soluzione del cruciverba dello scorso

numero è PREVENZIONE. La vincitrice è

Augusta Fiora di Sonvico, a cui va il

premio di un buono REKA del valore di

50 franchi. Congratulazioni!

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32 Inter-attivi

syndicom social

L’energia pulita crea posti di lavoro 08.09.2022

Secondo un rapporto dell’Agenzia Internazionale per

l’Energia (IEA), quasi 40 milioni di persone in tutto il

mondo svolgono lavori legati all’energia pulita. Questo

numero rappresenta il 56% dell’occupazione totale del

settore energetico. Ciò significa che, per la prima volta

in assoluto, i posti di lavoro legati all’energia pulita superano

quelli legati alla produzione, al trasporto e al

consumo dei combustibili fossili.

www.iea.org/reports/world-energy-employment

Casse malati ancora su 26.09.2022

Dal momento che i nuovi premi saranno

annunciati domani, ecco un rapido

promemoria per la corretta formulazione: i premi

di cassa malati non stanno «aumentando più di

quanto non facciano gli affitti. Vengono gonfiati

artificialmente. L’aumento del costo della vita

non è una legge di natura. bye @WidlaNatalia

Sciopero ad Amazon in Germania 14.09.2022

I lavoratori Amazon di Winsen (Bassa Sassonia)

hanno scioperato per ottenere migliori salari e

condizioni di lavoro. Da tempo Amazon si oppone

alle richieste del sindacato ver.di per un CCL.

Sostegno ai lavoratori di Apple 25.08.2022

I lavoratori di Apple in Australia (e ovunque nel

mondo) hanno il pieno sostegno del movimento

globale dei lavoratori. @Mathias_UNI

Tecnologia contro la violenza 28.08.2022

Lanciata l’alleanza Spin-Off Tech contro la violenza!

#withyou gegen #ToxischeBeziehungen & #Häusliche

Gewalt! Con #withyou si impara a conoscere le diverse

forme di violenza e a capire dove trovare aiuto.

with-you.ch

Difendersi dagli attacchi online 01.09.2022

La violenza online rappresenta una minaccia costante

per i giornalisti, con gravi implicazioni per

la libertà di stampa, compresa l’autocensura. Questi

abusi colpiscono in particolare le donne. Per

questo l’International Women’s Media Foundation

ha pubblicato una guida contro la violenza online.

www.iwmf.org/newsroom-policy-guide

Retraite Stampa e Media elettronici 21.09.2022

Sono nuovo, ma alzo forte la mia voce per questo

sindacato solido, che fa un lavoro prezioso per noi

giornalisti! Unitevi a @syndicom & grazie per l’invito.

@dan_faulhaber

UNI Global e H&M in Perù, accordo storico 08.09.2022

Un sindacato peruviano, membro di UNI Global, ha firmato un

contratto collettivo con H&M, il colosso globale dell’abbigliamento.

È il primo di questo tipo nel paese andino.

News online, quando il troppo stroppia

15.06.2022

Secondo la relazione annuale del Reuters

Institute di Oxford sull’informazione on line

nel mondo, risulta che il 38% della popolazione la evita

consapevolmente, mentre il 43% lamenta un sovraccarico

che porta alla saturazione. Avere troppo equivale a non

avere nulla, senza un filtro per selezionarla.

reutersinstitute.politics.ox.ac.uk

Lucerna, basta Airbnb 19.08.2022

Abbiamo presentato l’iniziativa «Wohnraum

schützen – Airbnb regulieren

(proteggere gli spazi abitativi – regolamentare

Airbnb). Ora il Consiglio comunale di

Lucerna sta avanzando una controproposta che

sacrificherebbe centinaia di appartamenti aggiuntivi.

Così non va! form.typeform.com/to/Ka7dTyt0

Delusione dopo AVS21 25.09.2022

totocaca65 su instagram.com/syndicom

Non riesco proprio a capire perché donne e

uomini della Svizzera tedesca abbiano

votato a favore di iniziative senza senso #avs #avs21

#avs21non #65cesttoujoursnon @avs21non

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