WineCouture 3-4/2023
WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
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NUMERO 3/4<br />
Anno 4 | Marzo-Aprile <strong>2023</strong><br />
ITALIA (DEL VINO) IN FERMENTO<br />
Tra performance record ed esempi d’innovazione, come la nuova bottiglia Masi<br />
Poste Italiane SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi.
Diamo valore al vino italiano. Tutti insieme.<br />
È questa la missione a cui siamo chiamati in<br />
questo <strong>2023</strong> che ha esordito mostrando segni<br />
di vitalità inattesi e sorprendenti. C’è fermento<br />
nel settore, a ogni livello. E mai come oggi<br />
ci sono le possibilità per dare seguito a quella<br />
che da anni è un’esigenza che non ha mai trovato<br />
la giusta chiave di risposta. I consumi – la<br />
cui annunciata notizia della morte è risultata<br />
“fortemente esagerata”, citando liberamente<br />
Mark Twain – evidenziano l’eccezionalità del<br />
2<br />
Viva il vino!<br />
caso italiano, che ha ritrovato una nuova prospettiva<br />
in questo post Covid che finalmente<br />
ha allontanato gli incubi delle restrizioni. Ora,<br />
in un mondo che non è più quello di prima, occorre<br />
fare tesoro del cambiamento. A iniziare<br />
proprio da un nuovo valore che occorre dare a<br />
ogni gesto: da quello di chi è chiamato a vendemmiare<br />
un tralcio a quello di chi, come chi<br />
scrive qui, attraverso la sua penna ha il compito<br />
di spiegare tutta la fatica che si cela dietro<br />
una bottiglia di vino. È una forma rinnovata<br />
di pensiero quella che oggi il mondo domanda,<br />
richiamo a orizzonti diversi e superiori.<br />
Sono progetti dei quali, realizzandoli, si possa<br />
sempre dire - con Vladimir Jankélévitch - che<br />
il loro punto finale è “quelque part dans l’inachévé”,<br />
“da qualche parte nell’incompiuto”.<br />
Una prospettiva più alta che deve aiutare tutti<br />
a guardare giù, fissando bene l’attenzione su<br />
tutto quanto di grande è stato compiuto fino<br />
ad oggi. Perché l’Italia del vino, ma non solo,<br />
è più desta che mai.<br />
07 Primo Piano. La formula sostenibile della<br />
nuova Bottiglia Masi<br />
08 Zoom. Ruggeri e la forza di un Metodo che<br />
rinnova le tradizioni<br />
11 Nuovi Codici. La rivoluzione in bianco di<br />
Famiglia Castagnedi<br />
SOMMARIO<br />
15 Giramondo. Tra Toscana e Sicilia, un<br />
nuovo capitolo della famiglia Piccini<br />
24 Focus On. La selezione di vini di Sagna<br />
S.p.A. risposta al clima che cambia<br />
29 Champagne. L’essenza di una tra le più<br />
storiche Maison nelle parole di Olivier Kurg<br />
WINECOUTURE - winecouture.it<br />
Direttore responsabile Riccardo Colletti<br />
Direttore editoriale Luca Figini<br />
Coordinamento Matteo Borré (matteoborre@nelsonsrl.com)<br />
Marketing & Operations Roberta Rancati<br />
Contributors Francesca Mortaro, Andrea Silvello,<br />
Irene Forni<br />
Art direction Inventium s.r.l.<br />
Stampa La Terra Promessa Società Cooperativa<br />
Sociale Onlus (Novara)<br />
Editore Nelson Srl<br />
Viale Murillo, 3 - 20149 Milano<br />
Telefono 02.84076127<br />
info@nelsonsrl.com<br />
www.nelsonsrl.com<br />
Registrazione al Tribunale di Milano n. 12<br />
del 21 Gennaio 2020 - Nelson Srl -<br />
Iscrizione ROC n° 1172376 del 5 Febbraio 2020<br />
Periodico bimestrale<br />
Anno 4 - Numero 3/4- Marzo/Aprile <strong>2023</strong><br />
Abbonamento Italia per 6 numeri annui 30,00 €<br />
L’editore garantisce la massima riservatezza<br />
dei dati personali in suo possesso.<br />
Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli<br />
abbonamenti e per l’invio di informazioni<br />
commerciali. In base all’art. 13 della Legge<br />
n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati<br />
o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a:<br />
Nelson Srl<br />
Responsabile dati Riccardo Colletti<br />
Viale Murillo, 3<br />
20149 Milano
tailorbrand.it<br />
Masottina selezionata da Wine Spectator come una delle<br />
migliori cantine italiane <strong>2023</strong> di<br />
masottina.it<br />
In collaboration with<br />
Organized by
4<br />
Qual è lo stato dell’arte del vino italiano? A rispondere<br />
a questa domanda ha provato una ricerca realizzata da<br />
Team Innovation e Team Consumer di PwC Italia in<br />
collaborazione con Gruppo Meregalli, storica azienda<br />
di distribuzione di vino e distillati. Un’indagine<br />
che ha svelato come l’Italia del vino si dimostra “più desta” che mai.<br />
Già, perché in uno scenario mondiale in cui il mercato globale di settore<br />
è tornato sopra quota 290 miliardi di euro, in totale recupero sul<br />
2018, ma ancora indietro del -2,8% sul 2019, il Belpaese mostra tendenze<br />
e dinamiche che parlano di una ripresa molto diversa da quella che<br />
sta andando in scena in altri contesti. Per l’Italia, secondo mercato Ue<br />
e quinto a livello mondiale con circa 16 miliardi di euro, è prevista una<br />
crescita del 5,5% nei consumi tra il 2022 e il 2026: una tra le migliori<br />
dei paesi europei. Ma quello che sta trainando la ripresa del post Covid<br />
è una dinamica estremamente positiva: quella della premiumization.<br />
In sintesi: oggi si beve meglio. E lo si fa anche quando si acquista nel canale<br />
mass-market. Il mercato italiano, infatti, sta diventando sempre di<br />
più contesto dove il consumatore, forte anche di un’educazione superiore<br />
alla media sul tema, ricerca vino premium. Si beve meno vino, ma<br />
migliore, confermando la principale tendenza che ha scandito il passo<br />
negli ultimi anni.<br />
Poi, se si allarga lo sguardo, le statistiche indicano che oggi, a livello<br />
globale, il mercato è dominato dal consumo di vino fermo, a fronte<br />
di una quota di circa il 72% nel 2022, seppur con un tasso di crescita<br />
prospettico inferiore a quello delle bollicine: 4,1% vs 5,7%. In Italia,<br />
il trend risulta il medesimo, con il dato dei fermi che si attesta al 76%<br />
nel 2022 e una prospettiva di sviluppo del 4,6% al 2026.<br />
Buone notizie, poi, giungono anche dai consumi se si osservano le<br />
dinamiche di canale, dove l’Italia rappresenta un’eccezione nel panorama<br />
mondiale. Nel nostro Paese, dopo l’improvviso switch tra<br />
sbocchi di vendita nel 2020 legato agli effetti della pandemia, si è<br />
assistito a un progressivo riequilibrio tra on-trade ed off-trade già<br />
dal 2022. A livello globale, invece, ci si aspetta che il cambiamento<br />
di canale rimanga strutturale anche in futuro, con una equa ripartizione<br />
tra il consumo in casa e fuori casa e senza che l’on-trade abbia<br />
la prospettiva di un ritorno a numeri e performance pre-Covid. Nel<br />
Belpaese, all’opposto, la crescita futura prevista al 2026 per l’universo<br />
Horeca è del 7,2%, contro il 2,7% a livello globale.<br />
“Il trend è molto positivo come sottolineano i numeri”, la conferma<br />
di Marcello Meregalli, amministratore delegato di Gruppo Meregalli.<br />
“La ripresa vista dai distributori parla di una crescita di oltre il<br />
20% da parte di tutti. Sta cambiando il mercato, con aggregazioni<br />
che riguardano la ristorazione ma sempre più anche la distribuzione,<br />
con le realtà più piccole del vino che sono oggi chiamate ad affidarsi<br />
sempre più a reti strutturate per una migliore commercializzazione<br />
delle loro eccellenze”. E Luca Cuzziol, presidente di Società Excellence,<br />
realtà che riunisce 21 tra i maggiori importatori e distributori<br />
italiani di vini e distillati d’eccellenza, chiosa: “Confermo che un<br />
vino è più buono se distribuito, in quanto controllato e gestito. Per<br />
noi distributori, è un’autostrada a sette corsie quella che abbiamo<br />
davanti e gli spazi sono davvero molti. Ora, ci si deve concentrare sul<br />
futuro, che parla di fine wines. Bisogna crescere sul prezzo medio,<br />
alzandolo insieme al percepito del vino italiano. La sfida di domani<br />
non è sui volumi ma sul valore. E questo deve essere l’impegno:<br />
creare nuova cultura, alzando l’asticella sulla qualità. In una parola:<br />
dobbiamo crescere in autostima”.<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
DOSSIER<br />
Il nuovo valore<br />
del vino italiano<br />
È un’Italia enoica in fermento, quella del post Covid,<br />
come dimostrano i numeri e tanti esempi
Anima classica, personalità contemporanea.<br />
Uno stile che preserva la passione per la vite<br />
e l’amore per il paesaggio delle colline del<br />
Prosecco Superiore di Valdobbiadene.<br />
valdoca.com
6<br />
DOSSIER<br />
del vino è più che mai in fermento.<br />
E in questo caso non riguarda soltanto l’aspetto<br />
enologico in cantina. Sono stati, infatti,<br />
diversi e importanti i traguardi tagliati<br />
L'Italia<br />
nel 2022 dalle tante aziende che danno lustro<br />
al volto enoico dello Stivale. E ancora di più sono<br />
le novità che stanno sbocciando in questa primavera<br />
del vino tricolore, universo che non ha nessuna intenzione<br />
di farsi condizionare dalle mille difficoltà disseminate<br />
sul cammino e che ancora oggi, dalla logistica<br />
ai costi delle materie prime, passando per guerra alle<br />
porte dell’Europa e inflazione, rendono impervio il<br />
procedere. C’è aria di rinnovamento nel settore: nuove<br />
visioni che giungono a portare una ventata di freschezza,<br />
come si legge in queste pagine. E sono tante<br />
le realtà del vino italiano che stanno mutando pelle.<br />
A iniziare da uno dei volti più riconosciuti di Montalcino<br />
e del Brunello, Banfi, che dal 10 gennaio scorso<br />
ha aperto una nuova pagina della sua storia, riorganizzando<br />
e rendendo più attuale e dinamico il proprio<br />
modello di Governance. Un passaggio, definito “indispensabile”<br />
dall’azienda, per sostenere la leadership<br />
interna e proseguire nel cammino di continuità culturale<br />
e di proprietà familiare. Il tutto nel segno di una<br />
maggiore integrazione tra il management Usa e quello<br />
Italia. “La nuova organizzazione ci proietta verso<br />
un nuovo modo di lavorare insieme, come un’unica<br />
azienda, per raccogliere e vincere le sfide del futuro:<br />
for a better wine world”, sottolinea Cristina Mariani-May,<br />
oggi a capo del nuovo Comitato Esecutivo,<br />
con funzioni di pianificazione strategica e indirizzo<br />
di medio-lungo termine, che vedrà al proprio interno<br />
i membri dei due CdA di Banfi e Banfi Società Agricola,<br />
presieduti rispettivamente da Rodolfo Maralli,<br />
direttore commerciale e marketing,<br />
ed Enrico Viglierchio, direttore<br />
generale del gruppo.<br />
Quanto mai in fermento è anche<br />
Angelini Wines&Estates,<br />
che ha mandato in archivio un<br />
2022 da record con un fatturato<br />
di 29,7 milioni di euro, il più<br />
alto mai conseguito, a fronte<br />
di una crescita aggregata negli<br />
ultimi due anni che ha superato<br />
il 50% rispetto al 2020. “Lo<br />
sviluppo del volume d’affari<br />
registra un andamento positivo<br />
anche a inizio <strong>2023</strong> a testimoniare<br />
la solidità e sostenibilità<br />
delle politiche commerciali e di branding poste in<br />
essere dal Gruppo nell’ultimo triennio”, Ettore Nicoletto,<br />
amministratore delegato e presidente di Angelini<br />
Wines&Estates. “Stiamo ora lavorando ad una<br />
nuova ospitalità che coinvolgerà le cantine Bertani a<br />
Grezzana e Val di Suga a Montalcino e che verrà presentato<br />
ufficialmente nella seconda parte del <strong>2023</strong>.<br />
Vorremmo che non fosse solo ospitalità ma esperienza,<br />
concetto già comune in molti altri settori che<br />
vogliamo portare anche da noi: dalle visite in cantina<br />
ai vigneti, dalle degustazioni guidate a nuovi<br />
spazi dedicati all’accoglienza faremo in modo che<br />
il turista o l’appassionato impari a conoscere i territori<br />
in cui si trovano le nostre tenute con occhi<br />
nuovi. In particolare, a Grezzana sarà possibile<br />
visitare l’archivio storico di annate di 43 annate<br />
di Amarone della Valpolicella Classico Bertani<br />
e degustare un vino che dal 1958 rappresenta in<br />
modo fedele lo stile dell’azienda. Un vino che ha<br />
dimostrato una straordinaria capacità di invecchiamento,<br />
provare per credere”.<br />
Nuovo passo in avanti anche per Bortolomiol,<br />
dopo aver dedicato gli scorsi 12 mesi alla celebrazione<br />
del centenario dalla nascita del suo fondatore:<br />
quel Giuliano Bortolomiol, tra i primi a credere<br />
nel valore del Conegliano Valdobbiadene Prosecco<br />
Cristina Mariani-May<br />
Massimo Gianolli<br />
Ettore Nicoletto<br />
Roberto Gariup<br />
Giuliana, Maria Elena ed Elvira<br />
Bortolomiol<br />
Superiore Docg. L’anno, per la storica realtà veneta,<br />
si è aperto con l’adesione al programma Basket Bond<br />
Italia, progetto che si pone l’obiettivo di sostenere<br />
attraverso strumenti di finanza alternativa l’accesso<br />
al mercato dei capitali e i piani di investimento e di<br />
sviluppo delle aziende di minori dimensioni, rafforzandone<br />
la competitività in Italia e all’estero all’insegna<br />
di sostenibilità e innovazione. “Bortolomiol<br />
coglie la sfida, con questa operazione, di concretizzare<br />
un ulteriore sviluppo di crescita con investimenti<br />
destinati al miglioramento della qualità del prodotto<br />
e dell’efficienza produttiva”, sottolinea Maria Elena<br />
Bortolomiol. “L’obiettivo è quello di rafforzare l’identità<br />
del brand Bortolomiol, incrementandone così<br />
il valore aggiunto grazie al potenziamento di diversi<br />
asset aziendali, come l’efficientamento energetico e la<br />
sostenibilità”.<br />
Missione crescita anche per La Collina dei Ciliegi,<br />
che ha scelto di aprire le porte a nuovi capitali per<br />
dare maggior spinta al<br />
proprio progetto vinicolo<br />
e di hospitality. È<br />
il “Club Deal La Collina<br />
dei Ciliegi” lo strumento<br />
che il Gruppo guidato<br />
da Massimo Gianolli<br />
ha scelto per sostenere<br />
la piena realizzazione<br />
del nuovo programma<br />
d’investimenti di oltre<br />
7 milioni di euro. “Con<br />
la sottoscrizione di tre<br />
milioni di euro si chiude<br />
la prima fase”, spiega il<br />
presidente di La Collina<br />
dei Ciliegi, “e inizia il secondo round, che si rivolgerà<br />
oltre a coloro che hanno già sottoscritto, anche ai sottoscrittori<br />
rimasti esclusi dalla prima raccolta, e tanti<br />
altri che nel frattempo<br />
hanno manifestato l’interesse<br />
a partecipare al<br />
progetto. L’obiettivo<br />
principale del Club Deal<br />
non è semplicemente<br />
di natura finanziaria:<br />
con questo strumento<br />
di investimento diretto,<br />
infatti, puntiamo a sostenere<br />
e realizzare una<br />
nuova forma di innovazione<br />
d’impresa nel<br />
settore del vino e della<br />
ricettività. Un traguardo<br />
fondato su un rapporto<br />
vincente e proficuo sia<br />
per chi investe che per<br />
l’azienda che apre al capitale<br />
esterno”. Un primo<br />
passo per un futuro<br />
che conduce anche sul cammino della quotazione in<br />
borsa. “La fase di start up è terminata: 11 anni di sudore,<br />
lavoro, dedizione e cuore”, conclude Massimo<br />
Gianolli. “Ora, con il nuovo piano industriale, lavoriamo<br />
per strutturare i prossimi 10 anni in modo ancora<br />
più vincente: prevediamo una rapida evoluzione, che<br />
ci porterà entro otto anni alla quotazione in borsa della<br />
holding agroalimentare”.<br />
Dalle colline della Valpantena alle coste della Sardegna,<br />
l’Italia enoica mostra tutta la sua straordinaria<br />
varietà. La Contralta è una azienda giovane e dinamica,<br />
progetto visionario che guarda al futuro ma dalle<br />
radici solide e legate alla terra. Sin dalla sua prima<br />
uscita sul mercato ha stimolato la curiosità e oggi più<br />
che mai sta mostrando con i suoi vini tutto il potenziale<br />
di un universo enoico, quello sardo, quanto mai<br />
in fermento. “Nel 2022 abbiamo consolidato sempre
7<br />
La leggerezza<br />
di un paradosso<br />
Minor peso, più resistenza e design: questa la formula<br />
sostenibile della nuova Bottiglia Masi<br />
del contenuto ribadita dall’eleganza<br />
del contenitore. Il simbolo della volontà<br />
di un’azienda di essere un passo avanti<br />
alle sensibilità e alle esigenze dei tempi che<br />
L'importanza<br />
mutano, mostrando l’evoluzione di un marchio.<br />
D’altronde, pur sempre si parla di una famiglia che<br />
produce vino da 250 anni: dettaglio che rende Masi una<br />
realtà sostenibile per definizione. Oggi è un nuovo passo<br />
identitario quello che compie una delle più storiche realtà<br />
della Valpolicella. All’insegna<br />
della leggerezza di un<br />
paradosso: meno vetro,<br />
più resistenza. Una nuova<br />
bottiglia di vino a regalare<br />
un’elegante solidità al suo<br />
prezioso contenuto liquido.<br />
Ma anche un gesto che<br />
si rinnova, togliendo peso<br />
e fatica alla convivialità e al<br />
servizio. Le forme sono quelle della nuova Bottiglia Masi,<br />
che si svela in tutta la sua ricercata estetica frutto della collaborazione<br />
tra Masi, Piero Lissoni, architetto, designer e<br />
art director riconosciuto tra i maestri del design contemporaneo,<br />
e Verallia, azienda punto di riferimento mondiale<br />
nella progettazione e fornitura di contenitori in vetro.<br />
“Una bottiglia è il vino”, esordisce Lissoni, delineando i<br />
tratti della sua ultima creazione. “Ma per individuarne le<br />
giuste forme occorre partire dall’assunto che è parte di un<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
ciclo industriale molto preciso, entro cui si deve inserire.<br />
Allora, tutto si gioca sul decimo di millimetro di differenza<br />
di ogni prototipo creato. E questo che ha portato alla Bottiglia<br />
Masi è stato un progetto condiviso, figlio di un confronto<br />
costante e quotidiano con le due parti tecnologiche<br />
coinvolte: quella del vino e quella del vetro. Partendo sempre<br />
da un obiettivo che ha rappresentato il fine ultimo: rendere<br />
solido un liquido”. Missione compiuta, nel segno della<br />
volontà di offrire un contributo in più attraverso un impatto<br />
minore, regalando un’estetica<br />
studiata alla sostenibilità<br />
ambientale. “Siamo<br />
partiti da 370 grammi in<br />
meno”, prosegue Lissoni.<br />
“E da lì si è dipanato il<br />
progetto finché non siamo<br />
arrivati vicinissimi a questo<br />
valore finale. Tutto ha<br />
avuto origine da questo<br />
numero: niente di più, niente di meno. Poi la bottiglia è lì<br />
da vedere. Ma la misura che ha dettato il passo del progetto<br />
è stata quella: 370 grammi in meno”. Una scelta di “peso”,<br />
che arriva a definire un nuovo standard. Siamo davvero innanzi<br />
a uno statement da parte di una tra le più storiche<br />
realtà della Valpolicella del vino, progetto innovativo che<br />
si fonda su un’etica di produzione che conduce a generare<br />
un “circolo virtuoso”. Diminuire la quantità di vetro significa,<br />
infatti, ridurre la materia prima occorrente per la pro-<br />
duzione e anche la quantità di energia necessaria in fase di<br />
lavorazione, trasporto e movimentazione. Nello specifico,<br />
la Bottiglia Masi ha un peso inferiore del 33% rispetto alla<br />
media di quelle dei vini di analogo posizionamento. Ma<br />
in questo caso, alla ricerca di leggerezza si è accompagnata<br />
quella dell’estetica e del design: il tutto perseguendo la<br />
massima efficienza e qualità, per ottenere una bottiglia sottile<br />
ed elegante e al tempo stesso robusta. “Per noi è stato<br />
un passo naturale quello che ha condotto alla nascita di una<br />
Bottiglia Masi”, spiega Raffaele Boscaini, direttore marketing<br />
dell’azienda veneta. “Innanzi a qualsiasi sollecitazione,<br />
affrontiamo il cambiamento, quando non ci riesce di anticiparlo,<br />
con una nostra ricetta. Difficilmente si trova nella<br />
nostra storia una mera adesione a un nuovo trend: cerchiamo<br />
sempre di offrire un punto di vista Masi”. Per questo,<br />
oggi è nata la Bottiglia Masi, che non è solo risposta a una<br />
sostenibilità che viene domandata con sempre maggiore<br />
insistenza su tanti mercati in giro per il mondo. “Abbiamo<br />
perseguito l’obiettivo di una maggiore leggerezza, ma sposandolo<br />
all’estetica e a linee di design. Per una soluzione<br />
capace, attraverso il contenitore, di aggiungere valore al<br />
contenuto”. Perché la rappresentazione della bontà di un<br />
vino passa anche dalla bellezza della bottiglia che ne plasma<br />
la forma. È un nuovo racconto, quello scritto, che si<br />
integra alla perfezione con un’altra creazione ad alto valore<br />
d’immagine, qual è Fresco di Masi. “Nella nuova bottiglia,<br />
la scelta di un materiale trasparente riverbera perfettamente<br />
il contenuto, che è posto in primo piano e si offre quasi<br />
facendo sperimentare una sensazione tattile: al contempo,<br />
testimonia la limpidezza di un processo produttivo in cui<br />
tutto il superfluo è stato sottratto per giungere all’essenza<br />
più pura”, prosegue Boscaini. Il risparmio di qualche centinaio<br />
di grammi si tramuta, dunque, in una scelta “di peso”,<br />
per quel che comporta e per dove conduce. “Qui si parla<br />
di uva, punto. Di vino: Fresco. Rosso o bianco. Immediato.<br />
Una semplicità che sposa sempre più accortezze e competenze<br />
tecnologiche dell’oggi, consentendo di eliminare<br />
ogni passaggio non strettamente necessario all’ottenimento<br />
del prodotto finale desiderato”. L’intera confezione di<br />
Fresco di Masi, infatti, è 100% sostenibile: la bottiglia in<br />
vetro leggero e trasparente, quasi a dare la sensazione di<br />
tenere il vino nel palmo della mano, l’etichetta in carta riciclata,<br />
il tappo in sughero naturale, la capsula riciclabile. Per<br />
un impegno sostenibile da toccare con mano e non parola<br />
spesa in un discorso. Ci si ritrova così innanzi a un nuovo<br />
paradigma, unità di misura capace di produrre un benefico<br />
effetto a cascata: risparmio di materia prima, di energia<br />
necessaria in lavorazioni e trasporto, di sforzo per l’uomo<br />
dalla movimentazione fino all’atto conclusivo, ovvero il<br />
servizio nel calice. Un’innovazione che, rinnovando i fattori<br />
in gioco, fornisce all’equazione quel risultato che genera<br />
l’innalzamento della qualità della vita: una tra le finalità di<br />
SustaIn4Food, iniziativa di eccellenza nell’ambito ricerca e<br />
sviluppo, al cui interno il lancio della bottiglia Masi s’inserisce,<br />
che racconta l’avanguardia del Veneto operoso<br />
capace di tramutare la passione in nuova cifra d’eleganza e<br />
stile. Perché una bottiglia, soprattutto nella sua misteriosa<br />
semplicità, è sempre molto più di una bottiglia.<br />
PRIMO PIANO
8<br />
ZOOM<br />
La forza<br />
di un Metodo<br />
Ruggeri e l’imprinting visionario che rinnova le tradizioni<br />
del Prosecco Superiore di Valdobbiadene<br />
DI ROBERTA RANCATI<br />
Heritage, Territorio e Innovazione: queste le<br />
fondamenta su cui poggia l’architettura pioneristica<br />
ispirata alle colline del Cartizze di<br />
Ruggeri. Un racconto che passa attraverso la<br />
bottiglia e il calice, mettendo al centro valori<br />
che da oltre un secolo caratterizzano il viaggio di una realtà<br />
oggi tra le più storiche del panorama di Valdobbiadene,<br />
tra pendii scoscesi e difficili da domare. Una storia fatta di<br />
persone, usi e cura per l’ambiente, ma soprattutto un imprinting<br />
visionario che ha condotto la cantina a individuare<br />
nuove soluzioni e idee per rinnovare le tradizioni legate<br />
al Prosecco e preservare la biodiversità di un territorio che<br />
l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità. Fin da<br />
principio, infatti, Ruggeri ha guardato alle opportunità e<br />
alle nuove sfide di ciascun tempo con un approccio pionieristico,<br />
avendo il territorio quale riferimento principe. “Per<br />
poter innovare nella direzione giusta bisogna avere radici<br />
saldamente ancorate nella storia, nella tradizione, nella collaborazione<br />
e nel saper fare bene”, sottolinea Laura Mayr,<br />
general manager Ruggeri. “È dal rispetto del territorio e<br />
delle sue persone che la sperimentazione diventa volano di<br />
crescita e, al contempo, garanzia di responsabilità e sostenibilità”.<br />
Come dimostra la scelta dell’azienda di finanziare<br />
a Valdobbiadene l’intervento di recupero e valorizzazione<br />
del Cordana, lo storico corso d’acqua che ha determinato<br />
le origini della Villa dei Cedri, dell’Opificio e del parco di<br />
Valdobbiadene. Un’attenzione che è figlia di una consapevolezza:<br />
è generosa ma impervia la Natura delle valli del<br />
Valdobbiadene. I colli ripidi, spesso quasi verticali. Ciononostante,<br />
i suoi abitanti hanno conquistato questa terra,<br />
oggi diventata sinonimo di tradizioni, cultura, saper fare<br />
e vendemmie eroiche. Iniziando proprio da Ruggeri, che<br />
vinifica il 12% di tutte le uve del Cartizze, Cru e punto di<br />
riferimento del territorio: è partendo da questa ricchezza<br />
e dalle persone che l’hanno forgiata che assume la propria<br />
fisionomia lo spirito audace e proiettato verso la sperimentazione<br />
della cantina nata nel 1950 per iniziativa di Giustino<br />
Bisol e il cugino Luciano Ruggeri. Negli anni, infatti, l’azienda<br />
ha saputo innovare e preservare allo stesso tempo,<br />
dando vita, ad esempio, al Metodo Ruggeri, che permette<br />
di superare il concetto stesso di Prosecco come vino “giovane<br />
e fresco”. Non a caso, la storica realtà di Valdobbiadene<br />
è in grado di proporre verticali con bottiglie di oltre 20<br />
anni. Da qui prende il via un racconto che porta in giro per<br />
il mondo – a iniziare da Vinitaly in cui Ruggeri rinnoverà<br />
la propria presenza (Padiglione 4, stand D7) grazie a una<br />
leggerissima struttura in legno che avvolge lo stand come<br />
una cupola, architettura visionaria ispirata alle irte colline<br />
del Cartizze, rappresentazione del forte legame dell’azienda<br />
con il territorio – un metodo di lavoro e di produzione<br />
prima che un Prosecco Superiore. Proprio come il motto<br />
dell’azienda giunge a ricordare: “Hic Sunt Leones”, “Qui<br />
sono i leoni”. Con l’antica espressione latina, utilizzata ad<br />
indicare terre sconosciute da esplorare, Ruggeri racconta di<br />
uno spirito pioneristico che si riflette da sempre in progetti<br />
capaci d’innovare, creando nuovi percorsi nella produzio-<br />
ne di vino. Grazie a Giustino B, il Valdobbiadene Superiore<br />
di Cartizze Docg Brut o il Vecchie Viti Ruggeri, tre delle<br />
etichette più rappresentative dell’azienda, si è in grado di<br />
oltrepassare, con giocosa serietà, i confini sensoriali del<br />
Prosecco sin qui conosciuto, per lasciarsi trasportare in una<br />
nuova dimensione. Il primo è vino dedicato al fondatore<br />
della cantina, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg<br />
dalla struttura complessa in grado di esprimersi nel tempo.<br />
La sua longevità è figlia di quel Metodo Ruggeri che prevede,<br />
al termine della seconda fermentazione, l’affinamento<br />
dei vini sui propri lieviti per periodi di oltre tre mesi, che<br />
divengono cinque per Giustino B. La seconda etichetta,<br />
il Superiore di Cartizze Brut, si fa, invece, portavoce della<br />
biodiversità di questo pregiato Cru: fragrante, aromatico e<br />
con delicate note minerali, rende omaggio e al contempo<br />
svela i profumi del terroir che si risveglia dopo i mesi più<br />
freddi. Infine, il Vecchie Viti, che racconta di come Ruggeri<br />
sia stata la prima azienda a creare un Valdobbiadene Prosecco<br />
Superiore Docg realizzato esclusivamente con viti<br />
centenarie, accuratamente selezionate dagli agronomi. Accudite<br />
con profondo rispetto, le antiche piante hanno una<br />
produzione limitata ma di altissima qualità. A ribadire nel<br />
calice quell’impegno a tutela del territorio e della sua biodiversità<br />
portato quotidianamente avanti dall’azienda, come<br />
testimonia anche la scelta di abbracciare quel programma<br />
Sqnpi che ne certifica la produzione agricola sostenibile.<br />
Passione, dedizione e scrupolosa attenzione ai dettagli:<br />
non a caso, lo Stile Ruggeri è unico e riconoscibile.
10<br />
DOSSIER<br />
più la conoscenza del nostro marchio sia a livello locale<br />
sia internazionale, aprendo nuovi mercati”, sottolinea<br />
Roberto Gariup, direttore ed enologo de La Contralta.<br />
“Il <strong>2023</strong> è cominciato con l’impianto di nuove<br />
vigne a Palau. Come nel resto della tenuta, abbiamo<br />
piantato ad alberello, con un sesto di impianto fittissimo<br />
di 10mila ceppi per ettaro, alla ricerca della qualità.<br />
I vitigni che abbiamo scelto sono varietà autoctone<br />
dimenticate, come il Pascale e il Caricagiola, vitigno<br />
tipico Gallurese. Ma quest’anno è<br />
prevista anche l’uscita di un nuovo<br />
vino che stiamo curando e coccolando<br />
in cantina dal 2021. Si tratta<br />
di un passito 100% Vermentino,<br />
le cui uve sono state raccolte dopo<br />
un appassimento in pianta e che<br />
ha maturato in barriques di rovere<br />
francese per oltre un anno e mezzo.<br />
Il nome, Le ultime cose, è tratto da<br />
una raccolta di poesie di Umberto<br />
Saba”.<br />
Spumeggiante più che mai è stato<br />
il 2022 di Masottina, chiuso<br />
con un incremento di fatturato del<br />
+12,7%. “Un anno di soddisfazioni<br />
in quanto oltre ad una crescita organica,<br />
è soprattutto il mix di vendite ad evidenziare<br />
una domanda decisiva rivolta ai prodotti premium,<br />
come il nostro best seller Contrada Granda Prosecco<br />
Superiore di Conegliano e le Rive di Ogliano R.D.O.”,<br />
evidenzia Filippo Dal Bianco, direttore vendite mondo<br />
Masottina. “In particolare, le Rive nella versione<br />
Levante, Top 100 Wine Spectator, è andato esaurito<br />
già prima di Natale. Ma più in generale, nel 2022,<br />
l’offerta di Masottina incentrata sulle versioni dosate<br />
Brut è stata accolta entusiasticamente, specie dalla<br />
ristorazione più attenta alla qualità, nostro canale<br />
di riferimento insieme a wine bar ed enoteche”. Ma<br />
tanto sta “fermentando” per la cantina veneta anche<br />
in questo <strong>2023</strong>, aperto con il debutto nella grande<br />
vetrina di Operawine con l’esclusivo R.D.O. Rive di<br />
Ogliano 2019, annata inserita nella Top 100 Wines<br />
of the Year 2021 da Wine Spectator. “Continuiamo a<br />
portare avanti il percorso di valorizzazione dei nostri<br />
Cru, gli R.D.O. Levante e Ponente, con la ricerca di<br />
nuovi R.D.O. Ambassador” spiega Federico Dal Bianco,<br />
responsabile marketing e vicepresidente Masottina.<br />
“La nostra azienda vede nel ‘Valore del Tempo’,<br />
per il Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene,<br />
un elemento su cui puntare, studiare ed investire.<br />
Questo vino, che normalmente è degustato giovane<br />
per apprezzare la freschezza, l’aromaticità e la sottile<br />
eleganza della Glera, viene da noi lavorato con estrema<br />
cura e attenzione, sia in campagna sia in cantina,<br />
per poter garantire una longevità che vada oltre le tendenze<br />
commerciali. Infatti, i nostri R.D.O. Levante e<br />
Ponente, sorprendono con il passare del tempo perché<br />
acquisiscono delle note gusto – olfattive mature e<br />
complesse, adatte ancor più all’abbinamento con l’alta<br />
ristorazione. Poi, posso anticipare che sta fermentando<br />
anche qualcosa di completamente nuovo: stiamo,<br />
infatti, studiando e testando un nuovo prodotto, ma<br />
per questo ci vorrà ancora diverso tempo e non si può<br />
svelare di più per il momento”.<br />
Fatturato che tocca un nuovo record storico, la conferma<br />
dell’impegno in tema di sostenibilità e 67 milioni<br />
di euro liquidati ai soci, per quella che si è confermata<br />
anche la cantina più social d’Italia nel 2022: questa la<br />
sintesi degli scorsi 12 mesi del Gruppo Mezzacorona,<br />
che ha tagliato il traguardo dei 213 milioni di euro di<br />
giro d’affari, pur in un contesto generale complicato<br />
da numerosi fattori che hanno messo in seria difficoltà<br />
tutta l’economia, evidenziando la forza della realtà cooperativa<br />
trentina sia dal punto di vista finanziaro sia<br />
progettuale. “Abbiamo approvato il bilancio a dicembre<br />
scorso con un risultato estremamente positivo, a<br />
Federico, Adriano e Filippo Dal Bianco<br />
Francesco Giovannini<br />
e Luca Rigotti<br />
Riccardo Pasqua<br />
fronte di un +9% di fatturato consolidato di Gruppo”,<br />
evidenzia Francesco Giovannini, direttore generale<br />
Mezzacorona. “I numeri rimangono positivi anche in<br />
questi primi mesi del <strong>2023</strong>, in scia al trend della chiusura<br />
dello scorso anno. Con l’autunno 2022 sorprendentemente<br />
positivo per il canale Horeca, nonostante<br />
i timori iniziali per via dell’annunciato calo dei consumi,<br />
che i dati di vendita hanno smentito, in particolare<br />
nell’ultimo trimestre”. Nessuna novità in agenda per<br />
il canale sul breve termine, ma solo perché tanti e importanti<br />
sono stati i lanci che hanno caratterizzato gli<br />
scorsi 12 mesi, scanditi in particolare dall’arrivo del<br />
Teroldego Rotaliano che ha arricchito la gamma Musivum,<br />
la rivisitazione in chiave premium della linea<br />
di riserve Castel Firmian e l’inserimento nell’offerta<br />
firmata Feudo Arancio del Grillo e del Nero d’Avola<br />
sicilianamente biologici Quèto. “Progetti che hanno<br />
registrato un’ottima ricezione, come ribadito con orgoglio<br />
in questo inizio <strong>2023</strong> dalla performance straordinaria<br />
al concorso Mundus Vini, che ci ha dato la<br />
grandissima soddisfazione non solo di mettere in fila<br />
ben 13 medaglie d’oro – dove brillano due Best of<br />
Show del Pinot Grigio Castel Firmian Trentino Doc<br />
Riserva 2021, insignito del titolo quale miglior vino<br />
bianco del Trentino, e del Dalila Feudo Arancio Sicilia<br />
Doc 2021, parimenti premiato miglior vino bianco<br />
della Sicilia –, e 14 d’argento, ma anche di conquistare<br />
la palma come Miglior Produttore<br />
Italiano”.<br />
Una crescita che prosegue e racconta<br />
di sette anni in cui un’azienda ha<br />
mutato il suo volto, trasformandosi<br />
in quella che oggi è una realtà del<br />
vino italiano tra le più all’avanguardia,<br />
tanto che si parli di tecnologia,<br />
quanto d’innovazione di prodotto,<br />
comunicazione e apertura costante<br />
a nuovi orizzonti. Il 2022 ha confermato<br />
la bontà del cammino che<br />
continua nel solco di una strategia<br />
di premiumizzazione per Pasqua<br />
Vini: la chiave di successo per il<br />
gruppo che negli scorsi 12 mesi ha<br />
consolidato il proprio fatturato a<br />
65,4 milioni di euro e, oggi, annuncia nuovi investimenti<br />
strutturali e sul brand per creare ulteriore valore.<br />
“L’anno <strong>2023</strong> va letto con grande attenzione e precisione,<br />
perché si confronta con un 2022 unico nel suo<br />
genere, dove il primo semestre è stato condizionato<br />
dalle disruption sulla catena del valore, tra difficoltà a<br />
reperire le materie prime per evadere gli ordini, problemi<br />
di logistica e aziende che hanno aumentato i prezzi<br />
a due cifre”, spiega Riccardo Pasqua, amministratore<br />
delegato della cantina veronese. “Si è assistito, così, a<br />
una dinamica di forte sell-in, soprattutto oltreoceano,<br />
di chi ha scelto la strada di una copertura da eventuali<br />
problematiche legate all’approvvigionamento di prodotto.<br />
Il primo semestre <strong>2023</strong>, dunque, vede i mercati<br />
europei che stanno già performando bene, con una<br />
buona crescita, in alcuni casi anche double digit, poi<br />
si conferma il buon andamento dell’Horeca, smentendo<br />
le cattive notizie da cui siamo stati bombardati in<br />
questi ultimi mesi, mentre i Paesi oltreoceano scontano<br />
questa dinamica di acquisti del 2022, essendo<br />
partiti più soft rispetto a 12 mesi fa. Ma l’aspetto positivo,<br />
per quel che ci riguarda, sono i buoni dati che<br />
registriamo nelle vendite dei nostri distributori ai loro<br />
clienti e il sell-out nel retail, in crescita a cifra singola<br />
per il momento. Mese dopo mese, confidiamo che<br />
i mercati oltreoceano assorbano questo momentaneo<br />
ritardo chiudendo con nuovi incrementi. Il nostro<br />
brand è in salute e siamo moderatamente ottimisti”.<br />
Ma cosa attendersi nel <strong>2023</strong> a livello di novità? “Non<br />
è mai stato infuocato come quest’anno il nostro palinsesto,<br />
che avrà come culmine la nuova collaborazione<br />
pensata per celebrare casa nostra, Verona, nel corso
11<br />
La rivoluzione in bianco<br />
di Famiglia Castagnedi<br />
Il terroir nella sua espressione più pura,<br />
per una nuova dimostrazione del potenziale dei Single Vineyard<br />
NUOVI CODICI<br />
DI ROBERTA RANCATI<br />
Purezza, terroir, iconicità: queste le tre chiavi della crescita<br />
secondo Famiglia Castagnedi. La storica realtà veronese, infatti,<br />
ha scelto da tempo di guardare al futuro avendo quale<br />
principio ispiratore di ogni scelta il concetto di Cru e la valorizzazione<br />
dei tratti identitari del territorio. Un focus che<br />
ha assunto concreta ed evidente fisionomia nei prodotti iconici di Tenuta<br />
Sant’Antonio, le etichette Single Vineyard, ambasciatrici del terroir nella<br />
sua espressione più pura: dal Soave Doc Vigna Monte Ceriani al Valpolicella<br />
Doc La Bandina, passando per gli Amarone Docg Campo dei Gigli e<br />
Riserva Lilium Est. La risposta del mercato non si è fatta attendere, con l’azienda<br />
che anche nell’ultimo anno ha visto una crescita in doppia cifra, di<br />
oltre il 10%, nella categoria. Ma il lavoro non è certo terminato: all’opposto,<br />
ora punta a definire un nuovo capitolo con quella che sarà la rivoluzione<br />
in bianco di Famiglia Castagnedi. Nel percorso di ricerca dell’eccellenza,<br />
infatti, sempre più la realtà veronese ha scelto di porre l’attenzione sulla<br />
selezione in vigna, al fine di valorizzare al massimo ogni singola parcella.<br />
“Nell’ultimo anno abbiamo lavorato molto sul concetto di terroir, valorizzando<br />
al massimo i nostri migliori Cru e impegnandoci a restituire l’identità<br />
più pura e intima del territorio”, spiega Paolo Castagnedi, responsabile<br />
prodotto e cantina. “Ogni vigneto per noi racconta una storia, narra un preciso<br />
e determinato passato e si rivolge al futuro con sfumature diverse. Sta<br />
a noi saper trasmettere questo DNA unico nelle nostre bottiglie, puntando<br />
su innovazione e sostenibilità per rispettarne ogni caratteristica”. Questa<br />
filosofia si esprime in diverse sfumature, come testimonia il progetto legato<br />
al brand Télos, che nel <strong>2023</strong> taglierà il traguardo della prima vendemmia<br />
biologica. “Proprio l’esperienza di Télos ci ha permesso di continuare a ricercare<br />
nuove soluzione nel vigneto che sapessero rispettare al meglio le<br />
peculiarità dei nostri territori, conferendo note autentiche e iconiche che<br />
solamente qui possono trovare la loro voce”, evidenzia Massimo Castagnedi,<br />
riferimento agronomico dell’azienda di cui è titolare con i fratelli. Da<br />
qui la volontà di andare ad esplorare in profondità il potenziale dei grandi<br />
bianchi. Un passo in direzione di nuovi orizzonti nel calice, perfettamente<br />
in linea con la filosofia aziendale che guarda al terroir. Così, Famiglia Castagnedi<br />
ha voluto interpretare il proprio saper fare sui vini bianchi con una<br />
nuova creazione pronta al debutto: un Pinot Grigio delle Venezie Doc che<br />
incanta per freschezza, note agrumate e sorso pieno. Vinificare in purezza<br />
uno dei vitigni più noti al mondo, è firma d’autore che va ad aggiungersi ai<br />
due capolavori iconici che da anni definiscono lo standard nel genere: da<br />
un lato il Single Vineyard Vigna Monte Ceriani, dall’altro il Vecchie Vigne,<br />
espressioni che rappresentano quanto di meglio il territorio è capace di<br />
dare, interpretazioni della Doc Soave dalla profonda consapevolezza identitaria.<br />
“Un nuovo modo di pensare i bianchi del brand Tenuta Sant’Antonio,<br />
di trasmettere il terroir, il nostro essere e interpretare il mondo vulcanico<br />
e sulfureo delle colline del comune di Colognola ai Colli, guardando<br />
al passato come una guida che ci apre le porte di nuove ed entusiasmanti<br />
sfide, per vini sempre caratterizzati da un fattore essenziale per noi: la purezza”:<br />
questo è l’obiettivo, come sottolinea Armando Castagnedi, responsabile<br />
dei mercati esteri. “Selezioniamo le uve in maniera parcellizzata, con<br />
vigne fino a 60 anni che restituiscono frutti maturi e perfettamente sani.<br />
Ogni scelta di affinamento, dal legno che non sovrasta ma impreziosisce, è<br />
dettata dalla volontà di rispettare al massimo l’espressione minerale e pura<br />
del nostro essere e vivere il territorio per i nostri bianchi. La nostra linea<br />
s’impreziosisce così di una nuova perla. Si chiude anche il cerchio dei vini<br />
che, fin dall’inizio, volevamo produrre per restituire alla nostra terra l’amore<br />
che abbiamo da sempre ricevuto: lì dove siamo nati, il nostro sogno si<br />
sta ora evolvendo”. La rivoluzione è soltanto all’inizio.
12<br />
DOSSIER<br />
del Vinitaly, con l’installazione Luna<br />
Somnium firmata dal colletivo fuse*,<br />
che imprigionerà la luna all’interno<br />
delle Gallerie Mercatali, simboleggiando<br />
il sogno, la nostra costante tensione<br />
alla sperimentazione e all’innovazione,<br />
al non aver paura e uscire dalla comfort<br />
zone, guardando ogni cosa che facciamo<br />
da una prospettiva differente. E tutto<br />
questo rappresenterà il preambolo di<br />
un nuovo progetto di cui, però, ancora<br />
niente può essere svelato”.<br />
Luca Baccarelli, il patron di Roccafiore,<br />
realtà umbra del vino, ribadisce le<br />
dinamiche che stanno caratterizzando<br />
il nuovo anno, dopo la chiusura degli<br />
scorsi 12 mesi. “Il 2022 è stato un anno<br />
record in termini di fatturato, con un<br />
primo semestre trainato da vendite importanti<br />
al di fuori dei confini nazionali<br />
e soprattutto con un mercato americano partito<br />
per noi fortissimo. La seconda metà dell’anno,<br />
poi, ha visto un lieve e fisiologico rallentamento<br />
dell’export, cui hanno fatto da contraltare numeri<br />
davvero molto importanti sul mercato domestico.<br />
Penso che, in generale, l’effetto rebound post pandemico<br />
possa spiegare queste dinamiche. Con il<br />
<strong>2023</strong> che è partito bene e in cui speriamo di replicare<br />
il trend degli scorsi 12 mesi”. Un anno, quello<br />
iniziato, che porterà novità in casa Roccafiore.<br />
“Per tener viva l’attenzione dei nostri clienti pensiamo<br />
sempre a delle novità che possano stimolare<br />
i mercati, motivo per cui abbiamo atteso questi<br />
primi mesi del <strong>2023</strong> per presentare e lanciare un<br />
nuovo vino: è un Trebbiano Spoletino, clone locale<br />
molto interessante e dalle grandi potenzialità.<br />
Interamente elevato in anfora per 12 mesi e con un<br />
anno di affinamento in bottiglia, si chiama L’Altrobianco<br />
ed esce nella sua prima annata col millesimo<br />
2020”.<br />
Il <strong>2023</strong> segna, invece, l’inizio di una nuova era per<br />
Rocca delle Macìe, che con i suoi primi 50 anni di<br />
storia di successo alle spalle si riconferma una tra le<br />
più prestigiose aziende vitivinicole del Chianti Classico.<br />
Questi 12 non saranno soltanto mesi di festeggiamenti,<br />
ma portano con sé anche l’annuncio di un innovativo<br />
rebranding che attende i vini della famiglia<br />
Zingarelli. Un cambio di passo fortemente voluto, con<br />
l’obiettivo di enfatizzare lo spirito familiare molto solido,<br />
cifra distintiva dello “stile Rocca”. Ed è la stessa<br />
Famiglia Zingarelli che decide di diventare il nuovo<br />
brand identificativo per tutte quelle etichette che ne<br />
hanno marcato la crescita qualitativa. “Oggi, è la nuova<br />
e brillante generazione – con mio figlio Andrea, responsabile<br />
tecnico di cantina, mia figlia Giulia, per la<br />
parte hospitality, e mio nipote Fabio, impegnato nei<br />
mercati del Far East – che deve guardare avanti e continuare<br />
il successo dell’azienda”, spiega<br />
Sergio Zingarelli. Un progetto che<br />
vedrà le etichette storiche dei Chianti<br />
Classico Rocca delle Macìe, ambasciatrici<br />
del territorio da decenni, restare<br />
invece invariate, a testimonianza dello<br />
storico percorso che prosegue.<br />
Un cammino nel solco della tradizione<br />
che caratterizza anche Terra Moretti<br />
Vino. “Il nostro gruppo lavora sempre<br />
su progetti futuri tenendo conto che il<br />
vino è strettamente legato alla terra e<br />
ai suoi frutti: questo comporta tempi di<br />
rilascio lunghi per nuove referenze, che<br />
non possono prescindere da quelli della<br />
natura e dall’evolversi delle stagioni”,<br />
sottolinea Giacomo Di Feo, direttore commerciale<br />
Italia del gruppo fondato nel 1967 da Vittorio Moretti<br />
in Franciacorta. “Siamo estremamente convinti<br />
La famiglia<br />
Zingarelli<br />
Alessandro Vella<br />
Giacomo Di Feo<br />
Luca Baccarelli<br />
che non ci sia nulla di più innovativo della tradizione,<br />
perseguiamo nel solco di quello che abbiamo creato,<br />
cercando sempre un ideale di qualità complessiva, che<br />
non sia solo nel prodotto, ma che dalla campagna arrivi<br />
alla cantina, per giungere al bicchiere”. Una filosofia<br />
che ha condotto Terra Moretti Vino a mandare in archivio<br />
un 2022 estremamente positivo. “Tutti i brand<br />
e i canali di vendita hanno raggiunto gli obiettivi stabiliti,<br />
sia in termini di posizionamento sia di numeri.<br />
Abbiamo registrato un leggero calo sul canale moderno<br />
e sui market place online, figlio di un riequilibrio<br />
post pandemico. Siamo molto soddisfatti del canale<br />
Horeca: in particolare ristoranti ed enoteche hanno<br />
confermato il trend del 2021. Oserei dire inarrestabile<br />
il mercato del mare, i locali sui litorali italiani stanno<br />
prolungando i periodi di apertura, migliorando i servizi<br />
e sfruttando la possibilità degli spazi nei dehors<br />
e a ridosso delle spiagge”. Un’onda lunga che oggi va<br />
governata e cavalcata. “Il <strong>2023</strong> è iniziato nel segno del<br />
riallineamento, il che significa che le sperequazioni<br />
derivate dal periodo pandemico si stanno<br />
rabbonendo”, conclude Di Feo. “Dobbiamo<br />
essere pronti ad una nuova ripartizione<br />
mensile dei fatturati, che porterà ai risultati<br />
desiderati, ma in tempi differenti. Siamo<br />
molto fiduciosi, soprattutto sulla scelta di<br />
qualità di chi consuma vino”.<br />
La medesima fiducia e soddisfazione che<br />
traspare dalla voce di Alessandro Vella,<br />
direttore generale di Cantina Produttori<br />
di Valdobbiadene – Val D’Oca.<br />
“Considerando che il nostro anno fiscale<br />
è cominciato a luglio 2022 e si chiuderà<br />
ufficialmente a giugno prossimo, il primo<br />
semestre è andato bene. Il <strong>2023</strong> è ripartito<br />
altrettanto bene con aumento a volumi e in<br />
modo più che proporzionale a valore,<br />
avendo per il secondo anno<br />
consecutivo adeguato i listini a<br />
causa degli elevatissimi aumenti<br />
di prezzo di tutti i materiali e dei<br />
costi energetici. Anche l’estero ci<br />
sta dando grandi soddisfazioni:<br />
molti Paesi hanno ripreso bene<br />
dopo il periodo pandemico e,<br />
anche se non tutti sono tornati<br />
a pieno regime, noi grazie anche<br />
ad accordi con nuovi partner in<br />
diversi mercati stiamo crescendo<br />
a doppia cifra”. Diverse le novità,<br />
a più livelli, che stanno “fermentando”<br />
per la realtà cooperativa<br />
trevigiana. “Abbiamo avviato diversi<br />
progetti, tutti volti a proseguire<br />
l’ammodernamento tecnologico<br />
e gestionale dell’azienda<br />
per far in modo che diventi sempre<br />
più una cantina 4.0”, spiega Vella. “Siamo ancora<br />
impegnati nella riorganizzazione del portfolio prodotti.<br />
Stiamo lavorando al restyling di tutta la gamma<br />
Val D’Oca, tra cui le Cuvée Classiche: quattro etichette<br />
nate per esprimere al meglio l’identità del nostro<br />
territorio, la passione dei nostri soci e soprattutto<br />
per dare risalto alla categoria andando incontro alle<br />
nuove tendenze di gusto e consumo contemporaneo.<br />
A livello di produzione, restiamo maggiormente concentrati<br />
sulla tipologia Docg, che rappresenta il vertice<br />
della piramide qualitativa del Prosecco. Abbiamo,<br />
inoltre, inserito nuove figure manageriali in grado di<br />
dare un rinnovato e importante impulso a tutte queste<br />
iniziative”.<br />
Un cambio di passo ha caratterizzato anche l’apertura<br />
dell’anno in casa Valdo, storica realtà di Valdobbiadene<br />
guidata dalla famiglia Bolla, che ha mandato in<br />
archivio un 2022 chiuso con un fatturato di circa 76<br />
milioni di euro e una crescita pari a +12%. L’azienda,
Giacomo Antonio Armani<br />
Toniolo Armani<br />
1400<br />
Antonio Armani<br />
1500<br />
Domenico Armani<br />
Giacomina Armani<br />
Giovanni Armani<br />
Sabina Vettori<br />
Giovanni Armani<br />
Simone Armani<br />
Antonia Baldi<br />
oggi<br />
Patrizia Armani<br />
Claudio Armani<br />
Mario Armani<br />
Francesca Saiani<br />
Caterina Caproni<br />
1600<br />
Giovanni Armani<br />
Cleto Armani<br />
Maria Tomasoni<br />
Elisabetta<br />
di Bartolomeo Cipriani<br />
Olimpio Armani<br />
Giovanni Armani<br />
Domenica<br />
Giuseppe Armani<br />
Giovanna Bertoletti<br />
1700<br />
Davide Armani<br />
Luigia Martinelli<br />
Remo Armani<br />
Antonio Armani<br />
Enrica Armani<br />
Prassede Cipriani<br />
1800<br />
Luigia Armani<br />
Alessandro Saiani<br />
oggi<br />
Albino Armani<br />
Enrica Cipriani<br />
1900<br />
Antonio Armani<br />
Domitilia Martinelli<br />
Andrea Armani<br />
Veronika Rafikova<br />
oggi<br />
Albino Armani<br />
Egle Capilupi<br />
Federico Armani<br />
Essere parte di un territorio. Essere parte di una famiglia.<br />
Essere parte di una storia.<br />
Siamo in simbiosi con l’inestimabile patrimonio ereditato dalle generazioni che ci hanno preceduto.<br />
Come loro, ce ne prendiamo cura e lo salvaguardiamo per chi verrà dopo di noi.<br />
Oggi, più di ieri, Albino Armani significa ereditare per il futuro.<br />
www.albinoarmani.com
14<br />
oggi, è sempre più protesa sull’attuazione di nuove<br />
strategie e nuove prospettive di sviluppo che<br />
mirano a estendere le linee di prodotti e a rinforzare<br />
la presenza del brand in Italia e, in particolare,<br />
sui mercati esteri. “In un mercato vivace ma<br />
sempre più complesso, è necessario avere prospettive<br />
lunghe e i piedi ben piantati per terra”, sottolinea<br />
Pierluigi Bolla, presidente di Valdo Spumanti,<br />
“l’esperienza della nostra famiglia nel mondo degli<br />
spumanti di qualità ci permette anche di fare<br />
scelte audaci e prendere direzioni inaspettate. La<br />
capacità di trasformazione, senza abbandonare<br />
la propria vocazione originale, è oggi un requisito<br />
indispensabile per affrontare le nuove sfide e i<br />
mercati che cambiano”. È nata così la joint venture con<br />
C. Mondavi & Family, una delle principali aziende vinicole<br />
al mondo e tra le prime nate in Napa Valley, che<br />
si svilupperà con un piano iniziale, in tre fasi, e che ha<br />
il valore di una vera next generation partnership. L’accordo<br />
è focalizzato, per quest’anno, sull’ampliamento<br />
della presenza di Valdo negli Usa, ma proseguirà nei<br />
prossimi 12 mesi con la costituzione di una joint venture<br />
paritetica che importerà e distribuirà negli Usa<br />
la migliore produzione vinicola italiana. Nel 2025,<br />
infine, si realizzerà un’ulteriore intesa paritetica con<br />
sede a Carneros, nella Napa Valley, per la produzione<br />
di vini e spumanti.<br />
Bollicine sempre più al centro anche per un’altra eccellenza<br />
delle colline del Prosecco Superiore: Villa<br />
Sandi. Il <strong>2023</strong> si è aperto con la celebrazione della<br />
punta di diamante della cantina della famiglia Moretti<br />
Polegato, con La Rivetta, il frutto delle vigne eroiche<br />
del Cartizze, incoronato per la prima volta come<br />
Pierluigi Bolla<br />
Giancarlo Moretti Polegato<br />
il miglior spumante d’Italia <strong>2023</strong> dalla speciale classifica<br />
che incrocia e somma i punteggi delle sei guide<br />
italiane più autorevoli. Il risultato certifica il momento<br />
d’oro di Villa Sandi, che ha chiuso il 2022 con un<br />
nuovo record nel fatturato, raggiungendo i 145 milioni<br />
di euro, per un rialzo del 20% sul 2021 e del 70% sul<br />
quinquennio. Il riconoscimento di miglior spumante<br />
d’Italia <strong>2023</strong> conferma l’alto livello qualitativo delle<br />
produzioni firmate dall’azienda, andando a sommarsi<br />
ai numerosi riconoscimenti e premi ricevuti a livello<br />
internazionale, che ne consolidano sempre più la reputazione<br />
a livello globale, tanto da averla fatta ritornare,<br />
dopo la grande “prima” del 2021, Prosecco partner<br />
ufficiale del più importante torneo di polo su neve, la<br />
Snow Polo World Cup di St.<br />
Moritz, con le bollicine venete<br />
che hanno nuovamente<br />
affiancato i grandi interpreti<br />
della spumantistica d’Oltralpe<br />
nei calici serviti ai bordi<br />
di uno dei campi da gioco più<br />
affascinanti di sempre e in<br />
un contesto tradizionalmente<br />
legato allo Champagne.<br />
Ma non meno importante è<br />
stato anche il recente inserimento<br />
di Villa Sandi nella<br />
classifica Top 100 World’s<br />
Best Vineyards, che ha visto<br />
la cantina della famiglia Moretti<br />
Polegato tra le migliori<br />
destinazioni enoturistiche al<br />
mondo.<br />
DOSSIER<br />
Tutte le bottiglie da sogno 2022 del vino italiano<br />
Quali sono stati i fine wines protagonisti delle aste iDealwine<br />
I<br />
fine wines italiani la fanno da<br />
protagonista nelle aste iDealwine<br />
ormai da diversi anni.<br />
E anche nel 2022 hanno rappresentato<br />
il 61% dei vini non<br />
francesi presenti nel catalogo delle<br />
vendite, contro il 39% del 2021. In<br />
termini di valore e volumi, l’Italia<br />
è ormai ottava nella classifica delle<br />
regioni vitivinicole aggiudicate<br />
all’asta su iDealwine e dunque la<br />
più ricercata dopo i vini d’Oltralpe.<br />
Ma quali sono state le bottiglie<br />
da sogno battute all’incanto nel<br />
2022? Ça va sans dire, in prima<br />
fila sempre Tenuta San Guido, con<br />
il suo leggendario Sassicaia a dominare<br />
le classifiche dei vini italiani<br />
più scambiati all’asta, registrando<br />
in sequenza diversi record: oltre ad<br />
essere in cima al podio della Top<br />
20 iDealwine, i volumi scambiati<br />
per questa etichetta sono aumentati<br />
del 121%, per un totale di 402<br />
bottiglie (eq. 0,75 lt) aggiudicate.<br />
Anche il valore è esploso per la<br />
speciale referenza (+165%), traducendosi<br />
in un aumento del prezzo<br />
medio per bottiglia pari a 257 euro.<br />
Infine, è grazie all’annata 1985 che<br />
Sassicaia afferma il suo primato in<br />
graduatoria, con una bottiglia aggiudicata<br />
per 2.170 euro. Sono stati,<br />
però, i vini piemontesi i più ricercati<br />
su iDealwine, rappresentando<br />
il 51% delle bottiglie del Belpaese<br />
aggiudicate nel 2022. Nella Top 20<br />
delle etichette più costose, la più<br />
cara appartiene a Bruno Giacosa:<br />
un Barbaresco Docg Santo Stefano<br />
di Neive 1964 (ribattezzato Albesani<br />
Santo Stefano a partire dall’annata<br />
2008), battuto all’asta per 1.854<br />
euro. Poi, però, è il Barolo a rubare<br />
la scena con 10 posizioni occupate<br />
su 13, tra cui spicca un Monfortino<br />
2004 di Giacomo Conterno battuto<br />
per 1.178 euro. Il Veneto, infine, è<br />
l’unica regione al di fuori della Toscana<br />
e del Piemonte ad apparire<br />
nelle classifiche, con un totale di<br />
285 bottiglie scambiate (eq. 0,75<br />
lt). Da segnalare tra le new entry<br />
la performance di Bertani, che si<br />
piazza non lontano dai big, in 21esima<br />
posizione, tra le etichette più<br />
costose del 2022 con un Amarone<br />
della Valpolicella 1980 venduto per<br />
403 euro. Nella graduatoria dei lotti<br />
più pagati, l’unico rappresentante<br />
dal Veneto è sempre un Amaro ne<br />
della Valpolicella:<br />
la Riserva<br />
2003 di<br />
Giuseppe<br />
Quintarelli,<br />
aggiudicata<br />
per<br />
496 euro.
15<br />
L’audacia<br />
di una generazione<br />
Tra Toscana e Sicilia, in due vini il racconto<br />
di un nuovo capitolo della famiglia Piccini<br />
Da oltre 140 anni, quella della famiglia<br />
Piccini è una storia che ha visto cinque<br />
generazioni che si sono succedute<br />
ininterrottamente, tramandando le une<br />
alle altre passione, valori, conoscenze e<br />
competenze. Un racconto di vino, da sempre, che oggi<br />
si colora di un nuovo capitolo: quello di “Generazione<br />
Vigneti”, che nasce, frutto dell’intraprendenza<br />
e dell’audacia, per racchiudere sotto il<br />
suo nome tutte le aziende agricole di<br />
proprietà. Un mosaico, quello delle<br />
tenute, che risponde a una visione<br />
ben precisa, figlia dell’intuito degli<br />
uomini e delle donne che si sono<br />
susseguiti nel corso di quasi un secolo<br />
e mezzo: iniziando dal capostipite,<br />
Angiolo Piccini, nel 1882, fino<br />
a Ginevra, Benedetta e Michelangelo<br />
Piccini, cui oggi è affidato il timone, affiancati<br />
dagli enologi Alessandro Barabesi<br />
e Pasquale Presutto. Un orizzonte che racchiude<br />
in sé cinque realtà, che insieme contano oltre 200 ettari<br />
vitati, legate dal filo conduttore dell’aspirazione<br />
di fare grandi vini, ovviamente nel segno della più alta<br />
identità territoriale delle diverse regioni dove l’azienda<br />
è presente. Se, a partire dal 1995, quando Mario Piccini<br />
si innamora delle colline di Valiano e decide che la<br />
sua terra è lo scenario ideale per produrre etichette di<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
assoluta qualità, anno dopo anno, il progetto si è arricchito<br />
di vigne e tenute disseminate lungo tutto lo<br />
Stivale, fedele all’assioma “un vitigno, un territorio”,<br />
oggi con “Generazione Vigneti” è il coraggio di fare<br />
della sperimentazione la propria bandiera a scendere<br />
in campo. Una nuova vision, fresca e dinamica,<br />
quella che si delinea, rinsaldando il vincolo con la<br />
terra, perseguendo l’obiettivo di raccontare<br />
le peculiarità e le sfumature di cinque<br />
angoli del Bel Paese, evidenziando<br />
così la centralità<br />
giocata dal terroir. La<br />
particolare combinazione<br />
di suolo, clima e<br />
uomo, poi è esaltata<br />
dall’audacia di chi<br />
sceglie di spingersi<br />
oltre, scrutando orizzonti<br />
ancora non immaginati.<br />
Come nel caso delle<br />
due più recenti novità che sono<br />
proprio derivazione di una filosofia<br />
produttiva che esalta lo stretto legame<br />
tra i vini e il loro luogo d’origine, messo<br />
ulteriormente in risalto da un approccio<br />
ecologico e sostenibile, come certifica<br />
l’impegno di vigneti gestiti interamente<br />
a regime biologico. Si parte da<br />
“casa”, là dove tutto è iniziato, ma<br />
nella sua evoluzione di Tenuta Moraia,<br />
nel cuore della Maremma toscana,<br />
a due passi dall’antico borgo<br />
di Gavorrano, dove l’influsso del<br />
mare, favorito dal vicino Golfo di<br />
Follonica, si mescola con la dolcezza<br />
delle colline e la luce generosa<br />
di queste terre. L’eco delle onde, il<br />
sibilo del vento, l’abbraccio del<br />
sole: così nasce Apricaia, un<br />
vino avvolgente e fruttato<br />
che ricorda la storia d’amore<br />
tra la vite e la Toscana,<br />
che rinnova i suoi<br />
voti in questo incontro<br />
tra Cabernet Sauvignon,<br />
Merlot e il giusto tocco<br />
di Cabernet Franc. Un taglio<br />
bordolese dal profilo<br />
internazionale, ma che<br />
nel calice racconta di un<br />
suolo d’eccezione, quello<br />
che in superficie vede un<br />
manto di argille grigio<br />
azzurre e rosse attraversato<br />
da calcare a macchie e<br />
da conglomerati calcarei.<br />
Sfoggiando il suo prezioso<br />
colore rosso rubino,<br />
conduce a un sorso che<br />
scorre profondo, rivelando<br />
la grande complessità<br />
e l’eleganza di Apricaia.<br />
Rintocchi di liquirizia e<br />
note minerali accarezzano<br />
il palato, mentre la trama tannica accompagna verso<br />
un finale elegante e rimarchevole. Anche le pendici<br />
dell’Etna, però, assumono una nuova fisionomia grazie<br />
all’audacia che guida “Generazione Vigneti”,<br />
che ha scelto di mostrare anche il<br />
volto più brioso di quel Nerello Mascalese<br />
che è principe assoluto della tenuta siciliana<br />
Torre Mora. Il custode dell’essenza di<br />
questo angolo vocato alla vite della Sicilia<br />
si mostra elegante nel Metodo Classico<br />
Etna Rosé, che interpreta alla meraviglia<br />
“a Muntagna” col suo peculiare carattere.<br />
Come l’antico vulcano, questa bollicina<br />
conserva, infatti, intatto il suo animo ruggente,<br />
senza mai perdere il fascino della sua<br />
innata bellezza. Chiuse Dosaggio Zero,<br />
questo il suo nome, ha trovato il perfetto<br />
equilibrio dopo 44 mesi di affinamento<br />
in bottiglia, successivi alla presa di spuma.<br />
Il lento processo di maturazione sui<br />
lieviti, contraddistinto dal fenomeno<br />
dell’autolisi e da una microssidazione<br />
controllata, dona struttura e favorisce<br />
lo sviluppo di ricercati aromi<br />
terziari. E se alla vista restituisce<br />
un delicato rosa tenue, mentre<br />
il suo finissimo perlage danza<br />
nel calice, in bocca diffonde<br />
una deliziosa sensazione di<br />
freschezza, accompagnata dal<br />
ruggito minerale dell’Etna. Il<br />
sorso scende brioso, mentre<br />
una piacevole acidità solletica<br />
il palato. Una nuova interpretazione<br />
capace di trasmettere<br />
ogni piega di quell’audacia<br />
che giorno dopo giorno rivolge<br />
il suo sguardo al futuro, in<br />
attesa del prossimo capitolo di<br />
famiglia da scrivere.<br />
GIRAMONDO
16<br />
PROTAGONISTI<br />
Il valore<br />
dell’Asolo Experience<br />
Prosegue la crescita di Montelvini, sempre più portavoce<br />
di una terra promessa per le bollicine<br />
Èun panorama vitivinicolo quanto mai in fermento<br />
quello di Asolo. Una terra promessa per<br />
le bollicine, che qui si trasformano in Superiori.<br />
Merito degli uomini e delle donne che vivono<br />
queste colline, traducendo in grandi vini i frutti<br />
che la natura e i suoi ritmi, anno dopo anno, donano.<br />
Tra loro, da cinque generazioni, anche la famiglia Serena,<br />
un riferimento nel cuore della Docg Asolo Montello con<br />
Montelvini. La cantina veneta con<br />
sede a Venegazzù, piccola frazione di<br />
Volpago del Montello, in provincia di<br />
Treviso, è oggi guidata dai fratelli Alberto<br />
e Sarah, che portano avanti una<br />
tradizione fondata su prodotti ricercati<br />
e di grande classe, capaci di trasmettere<br />
tutta l’eccezionalità del vocato territorio<br />
in cui prendono vita. Proprio<br />
partendo dalla valorizzazione della<br />
straordinaria unicità di queste terre,<br />
Montelvini ha impostato nel corso degli<br />
anni una strategia che l’ha condotta<br />
su una rotta ben precisa, portandola a volgere sempre più<br />
lo sguardo in direzione di un prodotto capace di farsi premium.<br />
E i numeri danno ragione alla cantina veneta, tanto<br />
che gli scorsi 12 mesi si sono chiusi con un record di fatturato<br />
mai raggiunto prima, 31 milioni di euro, per oltre 7,3<br />
milioni di bottiglie commercializzate, di cui 360mila solo<br />
di Asolo Prosecco Superiore Docg. Etichette che hanno<br />
DI RICCARDO COLLETTI<br />
raggiunto oltre 50 Paesi in giro per il mondo, dove l’estero<br />
oggi pesa per il 34% sul giro d’affari complessivo, con<br />
performance sempre più significative nel Far East. Il verbo<br />
dell’unicità dei frutti del territorio asolano viene così predicato<br />
a livello globale, portando ovunque le spumeggianti<br />
creazioni di questo angolo di Veneto. “Siamo molto soddisfatti<br />
del risultato ottenuto nel 2022, un anno complesso<br />
e allo stesso tempo stimolante, in cui tutti hanno dovuto<br />
far fronte al rincaro e alla scarsità delle<br />
materie prime nel comparto industriale”,<br />
sottolinea Alberto Serena, ceo di<br />
Montelvini. “Nonostante l’aumento<br />
dei prezzi, la volontà del consumatore<br />
di non rinunciare alla qualità non ha<br />
scoraggiato le vendite, a dimostrazione<br />
del valore premium che il mercato<br />
riconosce al nostro brand”. Merito di<br />
un percorso di crescita fondato proprio<br />
sulla valorizzazione dell’identità<br />
del territorio in cui opera, che lungo<br />
il corso degli anni ha fatto giungere<br />
l’azienda trevigiana sulla vetta dell’Olimpo delle bollicine.<br />
Un senso di appartenenza oggi ribadito anche dall’Asolo<br />
Experience, un nuovo modo di vivere un terroir unico, culla<br />
della Docg Asolo Montello, volto ad un maggiore coinvolgimento<br />
dei consumatori finali attraverso esperienze<br />
realizzate in ristoranti e wine bar di prestigio selezionati nel<br />
territorio italiano, che si faranno portavoce e ambassador<br />
del Prosecco Superiore di Asolo. Quello stesso prodotto<br />
che proprio l’inventiva di Montelvini ha elevato. Merito di<br />
un prodotto d’avanguardia: il Fm333, punta di diamante<br />
della Collezione Serenitatis. Il primo cru di Asolo Prosecco<br />
Superiore Docg del territorio, figlio di un metodo<br />
di vinificazione innovativo. Una rivoluzione in questa terra<br />
promessa che è Asolo, referenza che nasce in un unico<br />
vigneto chiamato Fontana Masorin nel cuore del Montello,<br />
a 333 metri s.l.m., e che poi in cantina si discosta dalla<br />
tecnica di vinificazione tradizionale del Prosecco e sfrutta<br />
nel processo di spumantizzazione un’unica fermentazione<br />
direttamente da mosto per donare maggiore complessità<br />
e persistenza al vino. Quello che è stato il coronamento di<br />
un percorso di ricerca di anni, ma soprattutto l’esempio<br />
più luminoso nel calice dell’abilità spumantistica dell’azienda<br />
e della qualità che il terroir asolano è in grado di<br />
esprimere. Quel territorio che da sempre Montelvini s’impegna<br />
a difendere. “Negli ultimi anni abbiamo tutti preso<br />
consapevolezza della limitatezza delle risorse ambientali e<br />
quindi per noi essere sostenibili significa non sfruttare in<br />
eccesso il nostro territorio, ma elevare la qualità e il valore<br />
dei vini che produciamo, con cura e passione”, riprende<br />
Alberto Serena. “A dimostrazione di questo, il prezzo medio<br />
negli ultimi cinque anni è aumentato del 50%, a fronte<br />
degli stessi volumi di vendita”. A fargli eco le parole della<br />
sorella Sarah Serena, direttore generale di Montelvini, che<br />
ribadisce il DNA dell’azienda: “Tutti i nostri investimenti<br />
hanno come obiettivo il miglioramento qualitativo e il<br />
dialogo con il territorio. Dopo aver ultimato nel corso del<br />
2022 la nuova area di conferimento delle uve, che permette<br />
di coccolare la materia prima dal primo momento in cui<br />
entra in cantina, per il <strong>2023</strong> abbiamo in programma di investire<br />
4 milioni di euro, sempre con un occhio di riguardo<br />
all’ambiente. Oltre ad una nuova area dedicata all’ampliamento<br />
del parco autoclavi, tutte le nostre strutture aziendali<br />
verranno dotate di un impianto fotovoltaico: un passo<br />
in più rispetto all’energia ottenuta da fonti rinnovabili che<br />
utilizziamo già da diversi anni. Essere sostenibili significa<br />
portare avanti progetti tangibili per dimostrarlo”. Asolo in<br />
prima linea, ma anche la sostenibilità come valore autentico,<br />
identitario e riconoscibile. Come testimonia anche<br />
un altro progetto della cantina asolana: Monvin. Stiamo<br />
parlando del brand del Gruppo veneto dedicato al vino in<br />
fusto, che si mostra oggi sul mercato con una nuova veste,<br />
frutto di un rebranding che risponde a uno stile di vita contemporaneo<br />
e che fa proprio della sostenibilità un aspetto<br />
essenziale, soprattutto tra le generazioni più giovani, che<br />
non si accontentano dei valori percepiti, ma scelgono realtà<br />
che si impegnano a rendere i passaggi dell’intera filiera<br />
produttiva e distributiva sempre più attenti al rispetto per<br />
l’ambiente. “I Millennials e la Generazione Z sono sempre<br />
più orientati verso realtà attente all’ambiente, capaci<br />
di dimostrarlo attraverso azioni tangibili”, riprende Sarah<br />
Serena. “Monvin ne è un esempio: il vino sfuso consente<br />
una notevole riduzione emissioni di CO2 e dei rifiuti, dovuti<br />
al packaging. Inoltre, in Italia, usiamo fusti a rendere,<br />
cosicché, dopo la sanificazione, possano essere riutilizzati;<br />
all’estero, invece, vengono commercializzati fusti a perdere<br />
in plastica interamente riciclabili”. L’evoluzione di Monvin<br />
si concretizza proprio con buone pratiche operative che<br />
l’azienda mette a frutto ogni giorno: dalla scelta di fornitori<br />
con una filiera sostenibile e certificata, alla diminuzione<br />
delle emissioni di CO2 grazie alla riduzione nell’utilizzo<br />
del vetro, un materiale dal forte impatto ambientale. Il fusto,<br />
oltre a consentire un abbattimento dei costi di imbottigliamento,<br />
garantisce una migliore conservazione del prodotto,<br />
che mantiene una qualità costante ed elevata, con<br />
l’ottenimento di un vino premium e distintivo sul mercato.<br />
“Il nostro obiettivo principale è far capire che il vino sfuso<br />
può essere un prodotto premium, frutto di un savoir-faire<br />
tramandato da generazioni di vignaioli”, conclude Alberto<br />
Serena. “Questa tipologia di consumo rappresenta, a mio<br />
parere, il futuro del mercato vinicolo: prodotti di qualità<br />
eccellente in formati rispettosi dell’ambiente e delle persone”.<br />
Un altro tassello di una realtà da sempre abituata a<br />
guardare al domani.
18<br />
INTERNI D’AUTORE<br />
L’accattivante<br />
anticonformismo di Bruno<br />
La più famosa tra le bollicine Doc adesso è anche Extra Brut per V8+,<br />
gli Storyteller del Prosecco<br />
DI RICCARDO COLLETTI<br />
Si chiama Bruno ed è l’ultimo nato in casa V8+, gli Storyteller del Prosecco.<br />
La famiglia si allarga grazie a un Extra Brut che definisce una nuova tipologia<br />
con cui il marchio parte de Le Tenute del Leone Alato racconta in modo<br />
spontaneo e originale un’ulteriore sfaccettatura di questo successo internazionale,<br />
cui da sempre dedica particolare attenzione. “Siamo gli<br />
specialisti del Prosecco con una mission chiara di divulgazione e conoscenza sulla<br />
categoria”, sottolinea Antonella Imborgia, responsabile marketing e comunicazione<br />
de Le Tenute del Leone Alato, introducendo l’ultima novità. “Produciamo tante<br />
tipologie, quasi tutte, e mancava un Extra Brut: una sfumatura ancora contenuta nei<br />
volumi, ma che diventa, anno dopo anno, sempre più accattivante per il consumatore”.<br />
Sentori vivaci di lime, mela verde e un residuo zuccherino minimo, quasi impercettibile:<br />
questi i tratti che caratterizzano il nuovo vino, dedicato ai palati “più<br />
estremi”, a quanti amano la freschezza e la croccantezza anche nelle bollicine. “Il<br />
Prosecco Doc Bruno Extra Brut è pensato per chi vuole accostarsi alla categoria<br />
del Prosecco attraverso una tipologia meno convenzionale”, aggiunge<br />
Imborgia, “per chi ama gli aromi più agrumati e un gusto più diretto, secco<br />
ed energico”. Poi, c’è la forza di un brand che ha scelto di farsi Storyteller<br />
del Prosecco. Quello di V8+ è racconto informale, inclusivo e democratico,<br />
che mira a trasferire i valori di autenticità, qualità e innovazione sviluppati<br />
dalla vigna fin nel calice. Elementi ulteriormente accentuati dal<br />
look che conquista, puntando ad avvicinare un target di consumatori alla<br />
ricerca di un’esuberante versatilità anche in termini di consumi. “La bottiglia<br />
è in linea con lo stile del vino che contiene: originale, accattivante e un<br />
po’ anticonformista”, spiega la responsabile marketing e comunicazione<br />
de Le Tenute del Leone Alato descrivendo il nuovo nato. “Il tutto senza<br />
mai rinunciare ad un approccio altamente qualitativo. Le uve non vengono<br />
pressate, ma viene usata solo la prima sgrondatura. Questo trattamento delicato<br />
mantiene intatte le loro caratteristiche e tutto il corredo aromatico,<br />
oltre a preservarne la naturalità. I 60 giorni di fermentazione, poi, ne fanno uno Charmat<br />
lungo che si presenta complesso, gradevole e dalla beva intrigante”. Il nuovo Prosecco<br />
Doc Bruno Extra Brut di V8+ è, però, anche un omaggio a una tradizione produttiva: il<br />
nome, infatti, è quello del vignaiolo che coltivava i vigneti in Friuli, al cuore della<br />
Doc Prosecco, dai quali arrivano le uve Glera che danno forma alla novità. La sua<br />
famiglia ha curato quei filari per anni con dedizione, le stesse attenzioni che permettono<br />
a V8+ di offrire un prodotto di alta qualità, tassello di un corso spumantistico<br />
consolidato definito dalle otto referenze che compongo l’offerta del brand.<br />
Un insieme in cui il packaging di Bruno esplora un ottavo colore: il viola. Chic,<br />
trendy, fuori dal coro e originale – esattamente come il Prosecco che contiene –,<br />
questa bottiglia assume così non solo una sua originale veste, ma più in generale un<br />
nuovo significato. Un’altra variazione sul tema dello spartito V8+, che racchiude<br />
in sé un intero universo. Ogni bottiglia, infatti, è peculiare racconto che parte<br />
dal territorio in cui è nata e che influenzerà i suoi sentori, passando per la vendemmia,<br />
manuale o meccanica a seconda dell’etichetta, le caratteristiche<br />
a definire l’annata, nel caso dei millesimati, fino alle scelte compiute in<br />
cantina, a determinarne le note olfattive. Una narrazione del mondo Prosecco<br />
in tutte le sue fascinose sfaccettature, storia inesauribile di amore<br />
incondizionato per la terra e i suoi doni straordinari. Proprio come nel<br />
caso di Bruno, bollicina che invita ad essere scoperta, svelandosi in tutta<br />
la sua essenzialità, anche a tavola. “Pensiamo a Bruno come aperitivo<br />
ideale per accompagnare fritture di pesce, verdure pastellate, crostini con<br />
il baccalà mantecato e crudité”, sottolinea Antonella Imborgia, introducendo<br />
agli abbinamenti perfetti con l’Extra Brut. “Si sposa benissimo<br />
anche con primi di pesce o piatti sapidi e gustosi, come gli spaghetti alla<br />
bottarga. Volendo, invece, esplorare strade meno battute, un abbinamento<br />
interessante potrebbe essere con una frittata preparata con erbette di<br />
campo”. Ora, non resta che affrontare la prova nel calice.
19<br />
COLLECTION<br />
Arte e vino, un matrimonio in grado di regalare emozioni, fondendo<br />
insieme storie e tradizioni, con un tocco originale e fuori dagli schemi,<br />
trasportando l’immaginazione di chi vi si immerge in un’altra<br />
dimensione. Iniziando dall’etichetta, prima che da quel che poi si<br />
ritroverà nel calice: in questo caso il Viognier Sicilia Doc Biologico<br />
Baglio di Pianetto. Uno dei magnifici sette della linea Monovarietali<br />
Bio dell’azienda siciliana della famiglia Marzotto, che si<br />
ripresentano con una nuova veste disegnata dall’artista palermitano<br />
Andrea Buglisi, uno dei più significativi e importanti autori della<br />
Street Art italiana. Un abito tagliato su misura che cattura l’attenzione<br />
e l’immaginazione di chi guarda. Al centro, per il Viognier, è<br />
Monte Pellegrino, riferimento per chi lascia Palermo e per chi vi fa<br />
ritorno: lo sfondo al fermo immagine di una ginnasta retrò intenta a<br />
saltare con il cerchio in direzione di un sole che assume i tratti simbolici<br />
di un chicco d’uva. Un’illustrazione raffinata e di carattere,<br />
che racconta al primo sguardo l’anima di un vitigno internazionale<br />
ma sorprendentemente autoctono.
20<br />
COLLECTION<br />
La nuova annata del vino più iconico, l’etichetta<br />
che racconta nel calice il passaggio di un<br />
testimone tra chi diede il via all’avventura nel<br />
1984, Gianni Masciarelli, e chi oggi è chiamata<br />
a rinnovarne la memoria, la figlia Miriam Lee,<br />
non tradendone mai l’audace spirito innovatore.<br />
Il Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva<br />
Villa Gemma 2018 Masciarelli Tenute<br />
Agricole spiega magnificamente come un<br />
vino possa rimanere una granitica certezza<br />
anche nel mutamento. Prodotto con uve 100%<br />
Montepulciano d’Abruzzo, provenienti da<br />
un vigneto cru ad alta intensità di impianto,<br />
questo grande rosso è realizzato sin dagli<br />
albori dell’azienda, ma nel tempo ha saputo<br />
rivestirsi tanto del carattere di ciascuna<br />
annata, quanto dell’insegnamento più<br />
importante lasciato dietro sé dal fondatore:<br />
“Parlare la lingua della sua gente”. Agile<br />
espressione d’Abruzzo dall’elegante<br />
personalità, che sorprende per freschezza<br />
e croccantezza del sorso. Un equilibrio<br />
che è annuncio di longevità, per un<br />
vino pronto sorprendere, da qui a un<br />
paio di decenni, in quel che ne sarà<br />
l’evoluzione.<br />
Il mito racchiuso in bottiglia, con l’annata 2020<br />
disponibile sui mercati a partire da giugno in una<br />
nuova veste. Il Masi Campofiorin Rosso Verona Igt<br />
è l’originale Supervenetian della storica azienda della<br />
famiglia Boscaini: nato nel 1964, internazionalmente<br />
riconosciuto, è il creatore di una nuova categoria di<br />
vini veneti ottenuti attraverso la tecnica della doppia<br />
fermentazione. Oggi, una lieve evoluzione stilistica:<br />
il leggero ritardo nella vendemmia e un incremento<br />
della percentuale di uve appassite per ottenere un vino<br />
ancora più armonico, rotondo ed avvolgente, con meno<br />
acidità, una componente fruttata più integra e piacevole.<br />
Unione di Corvina, Rondinella e un pizzico di<br />
Molinara, è vero classico di rara ecletticità, che si abbina<br />
a paste con sughi ricchi della cucina mediterranea,<br />
carni rosse importanti e arrosti, così come con i sapori<br />
speziati e caldi della cucina asiatica e del Sud America.<br />
Un classico sempre al passo con i tempi.
21<br />
COLLECTION<br />
Tra gli ultimi arrivi di casa Serena, il Prosecco Doc Treviso Brut Nature<br />
completa dal 2022 la gamma di spumanti firmati Serena 1881, il marchio<br />
lanciato due anni fa in occasione del 140esimo anniversario dell’azienda<br />
di Conegliano. Una bollicina che si sintonizza alla perfezione con la nuova<br />
dimensione della domanda internazionale, sempre più alla ricerca di un<br />
prodotto di pregio o premium. Per un’etichetta che non solo incontra i gusti<br />
del consumatore più esigente, che nel bicchiere cerca complessità e finezza<br />
o una bevuta più secca rispetto alle già consolidate versioni Extra Dry<br />
e Brut, ma che svela, col suo perlage vivace, un sorso armonico che resta<br />
fresco. Un racconto di eleganza, all’interno di una linea ambiziosa, figlia<br />
di tempo e design, come testimoniano gli avvolgenti tratti della bottiglia<br />
disegnata in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Un<br />
simbolo di tradizione, savoir-faire, coraggio e unità di una famiglia lungo<br />
il corso dei secoli e, soprattutto, l’orgoglio di produrre vini perfetti per la<br />
tavola e da consumare al calice durante qualsiasi tipo di social occasion.
22<br />
Un ritorno alle origini, anche nelle forme, grazie alla bottiglia satinata nera, senza<br />
etichetta, a celare la misteriosa creazione. È la Ribolla Gialla Igt Venezia Giulia I<br />
Feudi di Romans, l’ultimo nato della linea più prestigiosa della cantina Lorenzon.<br />
Affinata in anfora, è il frutto di viti che nascono nei terreni solcati dalle acque<br />
smeraldine dell’Isonzo, in provincia di Gorizia, in una terra di confine, crocevia<br />
di culture diverse e oggi anche patria degli orange wine. Edizione limitata per un<br />
massimo di 1.000 bottiglie, è vino versatile, dalla facile beva, macerato che ti porta a<br />
bere il secondo bicchiere. Per un vino coinvolgente, che emoziona.<br />
COLLECTION<br />
L’anima ancestrale di Col Sandago che trova vigorosa espressione<br />
in un vino che si aggiorna, per portare la tradizione più pura nella<br />
contemporaneità. Da frizzante “Col Fondo” a spumante “Col<br />
Fondo”: cambia volto Antico Conegliano Valdobbiadene Prosecco<br />
Superiore Docg Col Sandago, Brut Nature rifermentato in bottiglia.<br />
Un vino figlio delle uve Glera in purezza provenienti dai vigneti<br />
situati a Susegana, dove il terreno argilloso con scheletro in arenaria<br />
conferisce delicata mineralità. Poi, un carattere forgiato in bottiglia,<br />
dove il vino rifermenta senza alcuna filtrazione né dégorgement,<br />
conservando all’interno il naturale deposito di lieviti. Fresco e<br />
vellutato, asciutto e piacevolmente amarognolo sul finale, di buona<br />
struttura e delicatamente minerale, Antico si presenta nell’apparente<br />
semplicità di una bottiglia liscia e trasparente: con l’etichetta color<br />
tortora dai dettagli dorati a rimarcare l’ancestralità e la matericità del<br />
contenuto, prezioso per tradizione e storia.
24<br />
FOCUS ON<br />
Alla ricerca<br />
della freschezza<br />
La selezione di Sagna S.p.A. di vini sopra i 500 metri<br />
s.l.m., risposta al clima che cambia<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
Per fare vino ci vuole l’acqua. No, non siamo<br />
di fronte a un paradosso, ma a una delle più<br />
pressanti esigenze dell’odierna realtà: quella<br />
ribadita anche da un’annata 2022 tra le più<br />
siccitose di sempre, alle nostre latitudini ma<br />
non solo. Effetto del cambiamento climatico, fattore con<br />
cui oggi qualsiasi produttore di qualunque zona vinicola<br />
del mondo è costretto a confrontarsi. Secondo uno studio<br />
del 2020, a fronte di un innalzamento delle temperature di<br />
2°C, in futuro più della metà delle aree del vino come le conosciamo<br />
ora scompariranno. Se fosse addirittura di 4°C, il<br />
valore salirebbe all’85%. La vite, d’altronde, ha rappresentato<br />
da sempre uno degli indicatori di maggiore interesse<br />
per comprendere il clima che cambia, dinamica che mostra<br />
attualmente un mutamento accelerato, destando giustamente<br />
preoccupazione. Dobbiamo allora rassegnarci a<br />
una migrazione di vigne e vignaioli? Non per forza, perché<br />
vite e vino hanno sempre mostrato una grande capacità di<br />
adattamento al cambiamento. E oggi l’universo enoico è<br />
quanto mai prodigo nell’individuazione di accorgimenti<br />
per modificare il corso degli eventi. Un adattamento che<br />
sta portando al mutare di tanti paradigmi, tra selezione<br />
dei vitigni più adatti ad affrontare il caldo e vigneti che si<br />
spingono sempre più in alto, verticalità laddove un tempo<br />
la vite non arrivava. È però anche una rinnovata opportunità<br />
per il vino questa via che conduce a raggiungere nuove<br />
altitudini, da leggere nelle diverse sfumature di terroir oggi<br />
vocati a una viticoltura di montagna che assume espressioni<br />
peculiari e straordinarie, da Nord a Sud. È la diversità,<br />
infatti, la chiave migliore per rispondere con efficacia al<br />
cambiamento climatico. E l’Italia, soprattutto quando si<br />
parla di cultivar, non ha rivali in tal senso. Lo testimonia<br />
magnificamente il viaggio nel calice che consente l’offerta<br />
del portfolio Sagna S.p.A. quando si parla di vini di montagna.<br />
Dalle Alpi della Valle d’Aosta alle pendici dell’Etna<br />
in Sicilia, sono molteplici e variegate le testimonianze di<br />
biodiversità e adattamento al cambiamento climatico che<br />
i vignaioli della selezione dello storico distributore di Revigliasco<br />
Torinese sono capaci di offrire. Si parte da un emblema<br />
della viticoltura eroica, quel Mamete Prevostini che<br />
è simbolo del vino della Valtellina. Il resiliente Nebbiolo,<br />
in due interpretazioni differenti tra loro, mostra benefici<br />
e difficoltà delle produzioni che tendono al cielo. Da una<br />
parte, lo Sforzato, con la sua vendemmia tardiva che oltrepassa<br />
il mese di novembre in vigneti posti oltre i 500 metri<br />
s.l.m., gode di rinnovate possibilità per la maturazione,<br />
dall’altra, il volto del La Cruus Valtellina Superiore Inferno<br />
Docg, selezione di grappoli colti in un singolo vigneto, si<br />
fa ogni giorno che passa sempre più racconto, in perfetta<br />
sintonia col nome di quest’area vocata alla viticoltura, delle<br />
nuove sfide legate alle temperature che montano, influendo<br />
non solo sulla vendemmia, ma anche sulla necessità di<br />
adattamento nel profilo del vino. Una capacità di risposta<br />
che, fin dalle sue origini, caratterizza anche le etichette di<br />
quella Maison Anselmet che tramanda da secoli, di generazione<br />
in generazione, di padre in figlio, un savoir-faire che<br />
si è plasmato sui pendii scoscesi della Valle d’Aosta. Una<br />
passione che si traduce in vini dalle caratteristiche uniche,<br />
come lo speciale Chardonnay “elévé en fut de chêne” o il<br />
Pinot Noir “Tradition”, che nascono in vigneti tra St. Pierre<br />
e Chambave, disposti da 600 a 900 metri s.l.m. Veri e<br />
propri vini di montagna, che parlano la stessa lingua alpina<br />
che si può ritrovare, con intonazione e cadenza differenti,<br />
sull’altra sponda d’Italia: il Friuli-Venezia Giulia di Ronchi<br />
di Cialla. In questo caso, il carattere fresco e minerale, dato<br />
dalla vicinanza a una catena orientale che raggiunge altitudini<br />
di quasi 3mila metri, si combina alla ricchezza e maturità<br />
del frutto, data invece dall’influenza del Mediterraneo,<br />
per vini che possono assumere la loro specifica fisionomia<br />
esclusivamente nello scenario dei versanti soleggiati della<br />
piccola Valle di Cialla, di cui sono esaltazione della tipicità<br />
di questo Cru. La medesima celebrazione del terroir, in<br />
questo caso delle colline del Chianti Classico che si estendono<br />
tra i comuni di Greve, Radda e Gaiole, che mira a<br />
racchiudere in bottiglia Querciabella. La cantina toscana,<br />
convertita alla viticoltura biologica, già nel 1988, da Sebastiano<br />
Cossia Castiglioni e oggi 100% vegana e biodinamica,<br />
ricerca l’equilibrio perfetto per le sue uve tra i 350 e i<br />
500 metri s.l.m. nelle zone più vocate della denominazione<br />
del Gallo Nero, ridefinendo così il Sangiovese in modo<br />
brillante, preciso e con grande profondità di espressione.<br />
Lo stesso obiettivo cui punta un’altra azienda familiare,<br />
ma ben più a Sud, all’interno della Docg Taurasi. È qui nei<br />
Campi Taurasini che Stefania Barbot, in tre ettari di vigne<br />
pre-fillossera condotti in regime bio-sostenibile<br />
a 450 metri s.l.m., produce vini a base<br />
Aglianico e Fiano: a iniziare da Ion, rosso<br />
irpino che simboleggia l’unione tra le virtù<br />
della natura e la conoscenza dell’uomo. Un<br />
matrimonio che ai piedi dell’Etna ripropone,<br />
in Contrada Santo Spirito a Passopisciaro,<br />
anche Palmento Costanzo. In questo angolo<br />
de “a’ Muntagna”, ad altitudini attorno<br />
ai 750 metri s.l.m., vecchie piante, anche<br />
centenarie, di Carricante hanno spinto, in<br />
una terra celebre per i suoi rossi, Mimmo<br />
e Valeria Costanzo a cimentarsi anche<br />
nella produzione di un bianco, che si<br />
caratterizza nel calice per la spiccata<br />
sapidità. Il debutto nel 2020, in<br />
una vendemmia equilibrata e di<br />
potenza che, proprio in un’annata<br />
dal calore non eccessivo e dotata<br />
di una buona riserva idrica, restituisce<br />
al sorso un’importante<br />
persistenza ed avvolgenza, che si<br />
uniscono a uno strato iodato che<br />
impreziosisce la complessità di un<br />
vino che è figlio dello studio delle<br />
escursioni termiche nei diversi<br />
appezzamenti. Un altro esempio<br />
degli stupendi frutti che l’adattarsi<br />
al cambiamento è in grado oggi<br />
di generare.
25<br />
Acome agricoltori, artigiani, artisti. Si è celebrato il 13 marzo scorso<br />
nella splendida cornice di Palazzo Albergati, a Zola Pedrosa, venti minuti<br />
dalla stazione Centrale di Bologna, il ventesimo anniversario del<br />
progetto Triple “A”, fondato nel 2003 da Luca Gargano, presidente di<br />
Velier. Un momento di aggregazione, fermo nel tempo e nello spazio,<br />
quello di Triple “A” Live <strong>2023</strong>, complice la Villa ottocentesca in gran parte preservata<br />
dalla modernità e circondata da un giardino immenso, perfetta scenografia per<br />
uno di quei film in costume rimando di un’altra epoca. A tutto questo si è aggiunto<br />
il favore del meteo, con un sole dolce ma non caldo, e la possibilità<br />
di assaporare – più intenso che assaggiare – vini naturali<br />
e prodotti artigianali che sposano la stessa filosofia produttiva.<br />
Una giornata unica, dunque, scandita dal manifesto delle Triple<br />
“A”: “Agricoltori, Artigiani, Artisti”, punto di partenza su cui abbiamo<br />
coinvolto Luca Gargano, nella videointervista che potete<br />
vedere online inquadrando il QR code in questa pagina, per parlare<br />
di come il vino offra un momento privilegiato di aggregazione,<br />
di convivialità e di festa. Esattamente come quella vista a<br />
Palazzo Albergati.<br />
Quando parliamo di Triple “A”, facciamo riferimento alla prima<br />
realtà distributiva al mondo a scommettere sui cosiddetti “vini<br />
naturali”. E il 13 Marzo, a Bologna, sono stati più di 80 i vignaioli dall’Italia e dall’estero,<br />
protagonisti di quella che Luca Gargano ha definito una “rivoluzione culturale<br />
che ha investito il mondo del vino in questi ultimi vent’anni”, che si sono riuniti<br />
all’evento Triple “A” Live <strong>2023</strong>. Un ritrovo che ha accolto più di 2.500 partecipanti,<br />
tra appassionati e addetti ai lavori con una peculiarità unica: l’ampia fascia d’età rappresentata,<br />
dai giovani fino ai senior. Tantissimi gli osti e i ristoratori da tutta Italia,<br />
arrivati a Bologna per confrontarsi con quella che 20 anni fa è nata, su impulso di<br />
Velier, come selezione pionieristica per i tempi in cui ha preso il via, guidata da un<br />
decalogo che delinea ancora oggi precise regole produttive da rispettare per essere<br />
annoverati nelle Triple “A”, tra cui un approccio agricolo di tipo biologico, fermentazioni<br />
spontanee operate da lieviti indigeni, la completa esclusione di additivi (fatta<br />
eccezione per l’anidride solforosa) e coadiuvanti, nonché di tecniche di cantina invasive.<br />
E ora, a 20 anni di distanza, si contano all’interno del catalogo, che raduna<br />
alcune delle realtà più qualitative e rappresentative dei terroir d’appartenenza, più<br />
di 100 produttori.<br />
Quello Triple “A”, però, è anche e soprattutto un manifesto, nato nel 2003 in seguito<br />
alla constatazione (e contestazione) di come buona parte dei vini<br />
attualmente prodotti nel mondo sono standardizzati, cioè ottenuti<br />
con tecniche agronomiche ed enologiche che mortificano<br />
l’impronta del vitigno, l’incidenza del territorio e la personalità<br />
del produttore. Per questo, per non rischiare di ritrovare nel<br />
calice produzioni appiattite nei tratti organolettici e incapaci di<br />
sfidare il tempo, la particolare filosofia che si è fatta selezione<br />
indica ai propri produttori tre doti basilari necessarie per ottenere<br />
un grande vino. Quella triplice “A”, che evidenziano innanzitutto<br />
come soltanto chi coltiva direttamente il vigneto può instaurare<br />
un rapporto corretto tra uomo e vite, ed ottenere un’uva<br />
sana e matura esclusivamente con interventi agronomici naturali.<br />
Ma che sottolinea anche come occorrano metodi e capacità<br />
“artigianali” per attuare un processo produttivo viticolo ed<br />
enologico che non modifichi la struttura originaria dell’uva,<br />
e non alteri quella del vino. Infine, che precisa come<br />
solamente la sensibilità “artistica” di un produttore, rispettoso<br />
del proprio lavoro e delle proprie idee, possa dar<br />
vita ad un grande vino dove vengano esaltati i caratteri del<br />
territorio e del vitigno. Un vino Triple “A”.<br />
DI LUCA FIGINI<br />
20 anni da<br />
Triple “A”<br />
Agricoltori, artigiani, artisti:<br />
Velier celebra la sua selezione di vini naturali<br />
EXPERIENCE
26<br />
EXPERIENCE<br />
I primi 50 anni del<br />
tenore delle bollicine<br />
Mezzo secolo di Mattia Vezzola Metodo Classico,<br />
modello del rinascimento enologico tricolore<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
plomato com’era lui al tempo. E poi, le domande attorno<br />
a un nuovo concetto di enologia, delineato sulle annotazioni<br />
di ogni impressione suscitata dall’incontro con la<br />
Champagne del tempo. “Noto l’assenza totale di Inox,<br />
solo pièces, piccole botti di rovere bianco da 205 litri.<br />
Presse marmonier, tanta artigianalità”, racconta Mattia<br />
Vezzola. “Memorizzo prima con incredulità e<br />
poi con maggiore convinzione il valore<br />
della parola cuvée. Visito un laboratorio<br />
di analisi dove vedo qualche<br />
centinaio di piccoli campioni di<br />
vins claire, ognuno dei quali<br />
rappresenta una vigna. Regole,<br />
disciplinare semplice ma rigoroso,<br />
viticultori con un linguaggio<br />
estremamente positivo per i<br />
loro competitor, la gioia del vivere”.<br />
Poi, il ritorno a casa, che coincide<br />
con la volontà di provarci: di abbandonare,<br />
percorrendo la strada delle<br />
bollicine, il modo di fare vini alla “vecchia<br />
maniera”, per dedicarsi a una “nuova” viticoltura. “È<br />
stato complesso ma affascinante”, sottolinea Vezzola.<br />
“Nel 1975 con mio padre decidiamo che la Vezzola Mattia<br />
deve abbandonare il vino sfuso e l’azienda agricola<br />
di famiglia Costaripa inizia a vinificare le proprie uve e<br />
imbottigliare i propri vini. Mentre continuo a lavorare<br />
per la più importante azienda al mondo di tecnologia,<br />
Galeotto fu un viaggio in Champagne. È<br />
il 1972 quando Mattia Vezzola lascia<br />
la Valtenesi e sbarca per la prima volta<br />
nella patria delle bollicine francesi. A<br />
guidarlo, sono un’intuizione, un desiderio<br />
e mille domande. E da questa prima immersione<br />
nelle colline tra Reims ed Epernay, prende il<br />
via una storia che, capitolo dopo capitolo,<br />
oggi ha tagliato il traguardo dei primi<br />
50 anni. Mezzo secolo di Metodo<br />
Classico. 50 anni di bollicine che<br />
rappresentano uno dei più alti<br />
esempi del rinascimento enologico<br />
e viticolo italiano. Per etichette<br />
che hanno contributo in<br />
maniera concreta e fattiva a mutare<br />
il corso della storia del vino<br />
tricolore, plasmandone l’identità.<br />
Un carattere definito dall’ossessione<br />
virtuosa di voler fare grandi vini di qualità,<br />
che si traduce in attenzione maniacale<br />
a ogni dettaglio dell’intero processo che dal vigneto<br />
conduce fino al calice. Una vera e propria missione, cui<br />
Mattia Vezzola non ha mai derogato in nessuna tappa<br />
della sua lunga carriera. Ma tutto ha preso forma da<br />
quella prima pagina del 1972, dalle prime visite in cantina,<br />
che gli insegnano l’importanza della disponibilità<br />
all’accoglienza, anche di un giovane enologo appena diche<br />
mi consente, oltre che di viaggiare, di approfondire<br />
ogni dettaglio delle tecnologie d’avanguardia, investo<br />
30 milioni di lire dei miei risparmi nel Metodo Classico<br />
e ci dividiamo i compiti: papà Bruno, viticultore storico<br />
di grande valore, in vigna, mio fratello Imer, cantina<br />
e mercato, e io enologo”. Il prosieguo è una storia definita<br />
dagli incontri: quelli con Louis Roederer e Remi<br />
Krug, da cui Vezzola impara come la strada da seguire<br />
sia quella della ricerca dell’identità e del savoir-faire,<br />
poi con Vittorio Moretti, nel 1981. In Franciacorta,<br />
tutto cambia. Costanza di qualità, gli investimenti legati<br />
a una visione lungimirante, l’identità di un saper<br />
fare, la scienza che sposa la vigna e la viticoltura. Una<br />
dedizione che non solo porta ad allungare la vita dei vigneti,<br />
ma che conduce soprattutto a dare forma a vini<br />
di straordinaria longevità. Mattia Vezzola, da enologo<br />
di Bellavista, fa per il Metodo Classico italiano quello<br />
che Mario Schioppetto ha fatto per i bianchi e Giacomo<br />
Tachis per i rossi, pionieri di una vera rivoluzione enologica<br />
tricolore. “Prima di essere produttori abbiamo capito<br />
che dovevamo essere fieri di essere italiani”, spiega<br />
Vezzola. La sua ricetta in vigna è chiara: “La viticoltura<br />
di qualità nasce dopo 10 anni, i buoni vini dopo 20 e le<br />
grandi etichette dopo 30 anni”. Il tempo e la necessità di<br />
un’attesa che permetta di dare la giusta impronta a ogni<br />
cosa sono due costanti che ritornano in questi 50 anni<br />
di storia e Metodo Classico secondo Mattia Vezzola.<br />
Poi, c’è la libertà di rompere ogni schema precostituito,<br />
andando con orgoglio a presentare chi si è e cosa si<br />
fa. Ancora incontri: “Nel 1992 sono ricevuto a Modena<br />
dal maestro Luciano Pavarotti con il quale iniziamo una<br />
collaborazione indimenticabile per tutti i 10 Pavarotti &<br />
Friends. Un periodo di vita vissuta tra i migliori talenti<br />
del mondo: da Eric Clapton a Lionel Richie, da Liza<br />
Minnelli a Sting, da Lucio Dalla a Brian May. Nel 1995,<br />
a tavola attorno a un calice di bollicina italiana, la presenza<br />
magnetica della Principessa Diana”. Per la prima<br />
volta, al di qua delle Alpi, il Metodo Classico è al centro<br />
del palcoscenico e la sudditanza rispetto alle bollicine<br />
più famose comincia a venir meno. Il 1993 porta all’incontro<br />
tra Vezzola e un altro “tenore”, ma della tavola:<br />
Gualtiero Marchesi, “antidoto alla banalità in tutto”.<br />
Nasce un’amicizia profonda alla quale è dedicato un<br />
vino denominato Ottantesimato, speciale Franciacorta<br />
Bellavista in onore dell’80esimo compleanno dello<br />
Chef. Infine, il capitolo in rosa, quello del filo conduttore<br />
che unisce la Valtenesi e i suoi Rosé con i grandi<br />
Champagne: l’arte dell’assemblaggio. L’investimento<br />
su Costaripa, nel 1994, il primo millesimato di Grande<br />
Annata Brut, che vede la luce nel 1995, la conoscenza,<br />
nel 2000, con Christiaan Barnard, il celebre cardiochirurgo<br />
dietro al primo trapianto di cuore della storia, che<br />
gli domanda un’etichetta per sostenere i progetti benefici<br />
della sua fondazione. Istantanee, che conducono<br />
all’oggi di Mattia Vezzola, figlio di altri momenti spartiacque<br />
che hanno scandito gli ultimi 15 anni: nel 2009,<br />
la decisione di reimpostare da cima a fondo il lavoro in<br />
azienda, conseguenza della scelta del fratello Imer, pilastro<br />
fondamentale della crescita di Costaripa, di prendere<br />
un’altra strada; nel 2021, il ritorno definitivo sulla<br />
sua sponda del Lago di Garda, a Moniga, dopo 40 anni<br />
di Bellavista; prima, nel 2017, il via alla progettazione<br />
di una nuova cantina, espressamente dedicata a tutte le<br />
fasi produttive e manuali del Metodo Classico. “Si deve<br />
sempre cercare, con costanza, di fare il miglior vino assecondando<br />
le inclinazioni che il Padreterno ha dato del<br />
territorio”, questa la convinzione che guida ancora oggi<br />
Vezzola nel suo desiderio di continuare a sperimentare.<br />
Il motivo che spiega anche la scelta del 2014: da allora,<br />
quando parliamo di Costaripa ci si riferisce a tutti i vini<br />
del territorio, mentre quelli d’attitudine, “cioè quello<br />
che ti viene bene: per me si tratta delle bollicine”, portano<br />
la firma con nome e cognome prima dell’indicazione<br />
del luogo da cui provengono. E continueranno a farlo,<br />
anche nei prossimi 50 anni di “Mattia Vezzola Metodo<br />
Classico”.
28<br />
In un periodo come quello attuale, in cui ogni settimana il mondo del vino si propone<br />
prospero e sfacciato con nuovi eventi, degustazioni e presentazioni, talvolta<br />
ripetitivi e privi di notizie, tornare ad un evento come quello tenutosi lo scorso 13<br />
marzo all’Hotel Principe di Savoia a Milano è davvero un’autentica e vitale boccata<br />
d’aria fresca. L’occasione è stata importante, perché dopo la tappa parigina<br />
dello scorso anno, l’Union des Gens de Métier (per tutti Ugm) è arrivata in Italia per<br />
un tasting molto partecipato, dove a concretizzare il tutto è stata tanto la qualità<br />
del pubblico, quanto quella delle aziende presenti e dei loro vini. Un’associazione,<br />
l’Ugm, nata alla fine del secolo scorso, in Francia, dall’idea<br />
di Didier Dagueneau, celebre vignaiolo della Loira, il quale voleva<br />
riunire uomini dal profilo singolare, legati al mondo e alla passione<br />
per il vino, dalla curiosità, dall’approccio naturale alla cultura<br />
e all’ambiente, ma soprattutto dall’amicizia. Una causa nobile e<br />
allo stesso tempo essenziale, che ha trovato da subito il giusto seguito,<br />
coinvolgendo personaggi di spicco dell’enologia contemporanea<br />
e non solo. I primi a sposare il progetto furono Alois Lageder,<br />
noto produttore altoatesino, e il filosofo agrario Rainer Zierock, ma<br />
dopo di loro, tanti gli uomini e le donne, legati ai mestieri della terra<br />
e dell’ambiente e fortemente uniti da una grande passione per la gastronomia,<br />
a aderire al progetto. Fu poi l’apertura del gruppo, unito inizialmente<br />
dal mestiere di vigneron, a permettere l’entrata di altri artigiani della terra e non solo:<br />
come quella di un produttore di sidro e poi di un panificatore. Insomma, un insieme<br />
coeso e dai solidi principi, arrivato oggi a 23 produttori che hanno decretato, nel tempo,<br />
il successo di questa unione e della sua filosofia, dove approccio biologico e biodinamico<br />
sono fra i fondamenti più importanti. A fare parte di questa associazione c’è<br />
anche una nota azienda del vino italiano, la G.D. Vajra, realtà vinicola indipendente, a<br />
conduzione familiare, tra i nomi di spicco della viticoltura delle Langhe. Un’eccellenza<br />
tricolore che si è fusa con i grandi nomi della viticoltura francese e le sue principali<br />
appellazioni, accogliendoli in questa tappa nel Belpaese della degustazione Ugm. Ed è<br />
proprio nei volti entusiasti di questi rappresentati italiani del vino, nelle facce di Aldo,<br />
Marisa, Francesca, Giuseppe e Isidoro Vaira, che l’energia di ciò che stava accadendo ha<br />
fatto balenare alla mente il motivo per cui noi tutti, in fondo, partecipiamo a momenti<br />
come questo: la condivisione. È proprio come afferma lo stesso Aldo Vaira: “L’Union<br />
des Gens de Métier è un’unione di persone con cuore, e che hanno a cuore l’amicizia,<br />
la buona tavola e il vino. Ad unirci è l’amore per la terra e la grande espressione<br />
della sua bellezza. Questi vini, per noi, hanno uno scopo particolare:<br />
quello di fare bello il mondo. E in questo crediamo profondamente,<br />
proprio come crediamo che la bellezza sia tale solo se condivisa”. E<br />
se ci si domanda ancora che cosa effettivamente ha reso davvero<br />
interessante e diversa questa degustazione rispetto alle tante che<br />
si trovano nel mondo del vino, italiano ma non solo, la risposta è<br />
certamente il momento, al contempo, dello scambio e del dono<br />
che si sono percepiti girando fra i tavoli del tasting. Dopo ogni<br />
assaggio, infatti, ciascun produttore guidava verso la scoperta di<br />
un’altra azienda, rendendo ancora più solida e fitta questa rete di<br />
persone, vino e dialogo, evidenziando ed esaltando ciò che li rendeva<br />
simili ma anche diversi e dove la filosofia che muoveva l’Union des Gens<br />
de Métier ci è apparsa viva e nitida, davanti ai nostri occhi e nei nostri calici.<br />
Se si compie un passo indietro e si osserva davvero questa minaccia contemporanea<br />
che affligge oggi il vino, denunciato come poco sano, rischioso e fortemente dannoso,<br />
e poi ci s’immerge in un’idea di vino come quella proposta e inseguita con forza da<br />
questi produttori e produttrici, sembra di essere catapultati in un mondo opposto. E a<br />
quel punto, per tutti coloro che amano questo settore la domanda sorge spontanea: può<br />
qualcosa di così sociale, vivo, bello e buono creare un danno? Oppure, sarebbe meglio<br />
dire: non dovremmo semplicemente tornare a comunicare questo universo raccontandolo<br />
con la stessa spontaneità e onestà con cui un vignaiolo ne abbraccia un altro?<br />
DI IRENE FORNI<br />
NUOVI CODICI<br />
Di cosa parliamo<br />
quando parliamo di vino<br />
Molto più di una grande degustazione: cosa ci insegna l’abbraccio<br />
dell’Union des Gens de Métier<br />
Photo: Mauro Fermariello
29<br />
Photo: JennyZarins<br />
Krug è un simbolo della Champagne: cosa signitutte<br />
le iniziative create nel corso del tempo, come quelle<br />
legate al singolo ingrediente o la creazione delle Krug Ambassade,<br />
che testimoniano la nostra vitalità come Maison.<br />
Come è nato l’abbinamento con la musica?<br />
La musica è sempre stata presente all’interno della nostra<br />
Maison. E quando sono arrivato in Krug, ormai 33 anni<br />
fa, mio padre mi ha spiegato il suo savoir-faire attraverso<br />
un’analogia musicale, comparando i vini a dei musicisti,<br />
che dovevano essere selezionati, di anno in anno, per comporre<br />
una nuova sinfonia. Ma a ogni vendemmia che si<br />
sussegue, sono profili diversi di musicisti che si presentano<br />
all’audizione: dunque, per ricreare la nostra sinfonia occorre<br />
trovare dei performer con più esperienza alle spalle. E<br />
dopo questo primo “incontro” tra musica e Krug, un giorno<br />
abbiamo letto questo studio dedicato alle connessioni<br />
neurologiche tra note e gusto: ci siamo lasciati incuriosire<br />
e abbiamo sviluppato questo approccio che si chiama Krug<br />
Echoes, domandando a dei grandi artisti di “ascoltare” i nostri<br />
Champagne e inviarci indietro il loro spartito musicale<br />
di quel che avevano letto nel calice.<br />
Tornando alla tavola: qual è per Olivier Krug il<br />
piatto italiano che meglio si abbina a Krug?<br />
Io, con estrema semplicità, adoro abbinare la Grande Cuvée<br />
Krug a una scaglia di Parmigiano stagionato, ma più in<br />
generale sono davvero tanti gli accostamenti che si potrebbero<br />
fare tra i nostri Champagne e i piatti della tradizione<br />
italiana.<br />
L’eredità di un sogno<br />
ancora vivo<br />
L’essenza di un tra le più storiche Maison di Champagne<br />
svelata dalle parole di Olivier Krug<br />
I<br />
n compagnia di Olivier Krug, direttore della celebre<br />
Maison fondata nel 1843, siamo andati alla<br />
scoperta dell’essenza di una tra le più storiche realtà<br />
della Champagne. Una chiacchierata, faccia<br />
a faccia, in cui ha svelato a <strong>WineCouture</strong> anche<br />
qualcosa in più di sé, tra ricordi d’infanzia e la speciale<br />
degustazione di un millesimato 1915 davvero unico.<br />
Qual è il primo ricordo che associa a un calice<br />
di Champagne?<br />
Sono due, in realtà. E del primo ricordo, in verità, non ho<br />
memoria diretta. Questo, perché il mio “battesimo” con lo<br />
Champagne – almeno, così mi è stato raccontato in famiglia<br />
– è stato il giorno stesso in cui sono nato, quando ho<br />
avuto le labbra bagnate da un goccio di Krug. Poi c’è l’altro<br />
primo ricordo, di cui ho ben memoria: sono bambino,<br />
a casa di mio nonno, al pranzo in famiglia, dove tutti noi<br />
bambini avevamo un piccolo calice con dentro un velo di<br />
Champagne che avevamo l’autorizzazione ad assaggiare.<br />
Cos’è oggi lo Champagne per Olivier Krug?<br />
È gioia. È condivisione. Lo Champagne è un’occasione per<br />
creare nuovi legami. È occasione per festeggiare in maniera<br />
elegante. Ma lo Champagne è anche – e innanzitutto – un<br />
grande vino, che merita di essere scoperto, di essere atteso,<br />
di essere abbinato con un’infinità di piatti e cucine.<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
fica essere chiamati a trasmettere e comunicare<br />
un savoir-faire e una tradizione plurisecolari?<br />
Prima del savoir-faire, credo ci sia qualcosa di ancora più<br />
forte che siamo chiamati a far vivere: il sogno di Joseph<br />
Krug. Perché quando il mio avo, nel 1843, fondò la Maison<br />
che porta il nome di famiglia, il suo desiderio e la sua<br />
ambizione non era di trasmettere un saper fare, ma creare<br />
ogni anno uno Champagne straordinario e diverso dagli<br />
altri. Questo era il suo sogno. E per inseguirlo ha dato<br />
forma a un savoir-faire. E noi, oggi, comunichiamo questo<br />
Champagne straordinario, che è la Grande Cuvée con la<br />
sua 170esima edizione. Ogni giorno è la visione di Joseph<br />
Krug che siamo chiamati a trasmettere a chi incontriamo:<br />
quella di un uomo che non era neanche originario della<br />
Champagne e che era già avanti con l’età al momento di<br />
dare il via alla Maison, ma che ha avuto il coraggio di creare<br />
qualcosa che non esisteva prima.<br />
Cosa definisce oggi Krug come Maison?<br />
La generosità. È un’equipe di donne e uomini realmente<br />
partecipi della storia e della filosofia della Maison quella<br />
che la compone oggi. Una condivisione di valori che porta<br />
sempre tutti ad andare “oltre”, in una costante ricerca<br />
dell’eccellenza, ancor prima che della perfezione. C’è sempre<br />
tanta curiosità e grande libertà in ogni cosa che facciamo.<br />
Ci sono sempre delle evoluzioni e nell’ultimo decennio<br />
siamo diventati molto più contemporanei rispetto al<br />
passato. Penso, ad esempio, alla creazione del Krug ID o a<br />
Ma c’è, all’interno della gamma Krug, uno Champagne<br />
che Olivieri Krug ama di più?<br />
È come per i propri figli: non si può scegliere, li amo tutti<br />
alla stessa maniera. Però, posso confessare di avere una predilezione<br />
per le Grande Cuvée con tre o più anni alle spalle,<br />
per la rotondità che sviluppa col passare del tempo.<br />
Dunque, è sempre bene attenderle un poco le<br />
creazioni Krug?<br />
Sì, possiamo attenderle un poco per gustarle al meglio nella<br />
loro generosità.<br />
L’anno scorso si è completata la grandissima<br />
trilogia, dall’orchestra al solista, che ha visto<br />
un’annata considerata eccezionale in Champagne,<br />
come la 2008, interpretata da Krug: qual è<br />
il suo giudizio delle diverse espressioni di questo<br />
millesimo oggi?<br />
Credo che in questo momento, anno dopo anno che passa,<br />
sia ogni volta meglio del precedente assaggio. Si avverte<br />
una ricchezza che si sviluppa con sempre maggiore importanza.<br />
Dopodiché parliamo di una degustazione comparata<br />
molto rara, quella che coinvolge Krug Clos du Mesnil<br />
2008, Vintage 2008 e Krug Grande Cuvée 164ème édition.<br />
Si tratta, tuttavia, anche di un parallelo straordinario, per<br />
andare a scoprire nella sua straordinaria espressività, tra orchestra,<br />
ensemble e solista, quella che è l’essenza di Krug,<br />
tra talento individuale, storia dell’annata e la più generosa<br />
musica che si può ascoltare in Champagne.<br />
Nella sua lunga carriera, qual è stata la più bella<br />
esperienza di degustazione con un Krug avuta?<br />
Non so se definirla come la più bella, ma di certo è stata<br />
la più emozionante: parlo della degustazione di un Krug<br />
1915 che era stato creato dalla mia bisnonna durante la Prima<br />
Guerra Mondiale. Uno Champagne nato sotto le bombe<br />
che cadevano su Reims, con tutti gli uomini che erano<br />
al fronte e mio bisnonno che era stato fatto prigioniero. E la<br />
mia bisnonna ha avuto la forza di creare questo millesimo,<br />
di cui rimanevano ancora quattro bottiglie, una delle quali<br />
è stata battuta a un’asta di beneficenza nel 2015. In questa<br />
occasione abbiamo degustato in Maison questo vino realmente<br />
unico ed è stato qualcosa di realmente straordinario:<br />
al momento dell’apertura, nel silenzio più totale, abbiamo<br />
sentito il sibilo della bollicina che si era conservata… Un’emozione<br />
grandissima.<br />
CHAMPAGNE
30<br />
Le Tenute<br />
del Leone Alato:<br />
partnership con Masseria Li Veli<br />
Un nuovo importatore per<br />
l’Italia per gli Champagne<br />
Taittinger<br />
l<br />
Ve<br />
TITOLI DI CODA<br />
A partire da marzo <strong>2023</strong> la storica azienda salentina Li Veli<br />
sarà distribuita in maniera esclusiva da Le Tenute del Leone<br />
Alato. “Siamo particolarmente felici di avviare questa<br />
partnership distributiva”, commenta Francesco Domini,<br />
chief commercial officer del gruppo veneto. “Questa ulteriore<br />
tappa del nostro progetto distributivo ci consente di<br />
arricchire l’offerta del portfolio verso il segmento premium<br />
e super premium, in linea con il percorso di crescita intrapreso<br />
dal 2021. Vogliamo costruire un catalogo che vede<br />
coinvolti tra i cinque e i sei partner distributivi, che costituisca<br />
il 20% del fatturato complessivo del gruppo. L’obiettivo<br />
principale è quello di lavorare su un assetto multiregionale<br />
piuttosto che porci come un mero distributore<br />
commerciale, per poter garantire la giusta attenzione a tutti<br />
i marchi, nel rispetto delle singole identità e riuscire a costruire<br />
il valore desiderato, vero obiettivo di Leone Alato”.<br />
Una scritta al neon tra i vigneti:<br />
le Vite Operose<br />
della Franciacorta<br />
Guido Berlucchi<br />
In Franciacorta, il 10 Marzo, inaugurata presso la sede<br />
della Guido Berlucchi la prima scultura luminosa del<br />
ciclo Vite Operose, progetto artistico partecipato e diffuso<br />
che inaugura Casa dei Talenti Berlucchi. Si tratta<br />
del via di un’iniziativa community-based che nasce dal<br />
coinvolgimento di tre comunità della Franciacorta e<br />
delle due città di Bergamo e Brescia Capitale della Cultura<br />
Italiana <strong>2023</strong> attraverso una<br />
serie di attività laboratoriali.<br />
Per una scritta al neon, lunga<br />
quasi 6 metri, realizzata a<br />
mano in edizione unica per<br />
essere allestita sulla torre<br />
del Castello di Borgonato, al<br />
cuore dei vigneti più pregiati.<br />
Uno dei volti più noti del vino d’Oltralpe sceglie un nuovo<br />
partner per la distribuzione delle sue pregiate bollicine<br />
in Italia. Maison de Champagne Taittinger riparte da<br />
Bergamo, affidando a Ghilardi Selezioni le sue etichette<br />
per il mercato italiano con l’obiettivo di tornare a essere<br />
un brand di riferimento. “Siamo onorati di rappresentare<br />
in Italia questo grande vino”, sottolinea Pietro Ghilardi,<br />
founder di Ghilardi Selezioni, “e lavoreremo perché possa<br />
riaffermarsi sul mercato con la leadership che gli si addice”.<br />
In memoria di<br />
Francesco Tiralongo<br />
La notizia è di quelle che non si vorrebbero mai dare. Baglio<br />
di Pianetto e tutto il vino italiano piangono l’improvvisa<br />
scomparsa di Francesco Tiralongo, avvenuta nella notte<br />
di giovedì 2 marzo, all’età di 55 anni. E anche noi di Wine-<br />
Couture ci uniamo nel ricordo di un<br />
amico e di un grandissimo professionista,<br />
con cui abbiamo<br />
avuto la fortuna di condividere<br />
più di un brindisi e tante<br />
chiacchierate sulla sua visione<br />
del futuro per la cantina siciliana<br />
e il comparto.<br />
E ancora...<br />
Alto Adige: rossi o bianchi, perché l’annata 2022 è<br />
“epocale”. Riparte la Formula 1 con la novità del Ferrari<br />
Trento F1 Edition dedicato ai 70 anni dell’Autodromo<br />
di Imola. Brunello di Montalcino da record: +18% di<br />
vendite nel 2022. Schenk Italia: investimenti <strong>2023</strong><br />
per 1,2 milioni di euro e altri 30 ettari bio in Puglia. La<br />
Doc Custoza conferma all’unanimità Roberta Bricolo<br />
presidente. Società Excellence:<br />
un Corso Agenti per stare<br />
al passo con i fine wines.<br />
Consorzio Tutela Lugana<br />
Doc: Edoardo Peduto è il<br />
nuovo direttore. La Guida<br />
Michelin <strong>2023</strong> conferma la<br />
Stella a Osteria di Passignano.<br />
Arriva una Riserva<br />
per il Trento Doc Clé<br />
firmato Albino Armani<br />
Sperimentazione e voglia di mettersi in gioco<br />
sono i dictat che da oltre 400 anni spingono la<br />
famiglia Armani a non fermarsi, andando oltre<br />
per scoprire frontiere sempre nuove dell’enologia,<br />
soprattutto quando applicata ai territori di<br />
montagna. Un tema, la viticoltura in quota e in<br />
contesti alpini, che a tutti gli effetti rappresenta<br />
il comune denominatore di tutta la produzione<br />
– unicamente triveneta – firmata Albino Armani<br />
1607. Ed è casa, quel Monte Baldo massiccio<br />
montuoso ancora veneto che apre le porte al<br />
Trentino e che da milioni di anni domina la Vallagarina,<br />
al centro della nuova avventura del Trento<br />
Doc Clé Riserva Dosaggio Zero 2016, dove<br />
Chardonnay e Pinot Nero si fondono in egual<br />
percentuale. “Da qualche anno io, mio figlio Federico<br />
e il nostro enologo Marco Campostrini<br />
mettevamo via le bottiglie di Clé di precedenti<br />
annate”, spiega Armani. “Volevamo conoscere<br />
l’evoluzione di questo prodotto, a cui personalmente<br />
sono molto affezionato, che andasse oltre i<br />
classici 36 mesi. Questa è l’origine della Riserva:<br />
il nostro Clé 2016 sostato sui lieviti per 60 mesi<br />
nato dalla nostra curiosità e voglia di<br />
metterci alla prova”. Solo 1000 le<br />
bottiglie a disposizione per il debutto,<br />
figlie di una bella annata, la<br />
2016, non particolarmente calda<br />
in Vallagarina e che ha saputo garantire<br />
un’elevata acidità dell’acino,<br />
a favorire la buona evoluzione<br />
in vista della permanenza sui lieviti<br />
per cinque anni. La Riserva, con<br />
sboccatura marzo 2022 e dove la<br />
scelta del dosaggio zero la rende<br />
espressione autentica del territorio<br />
d’origine, è un omaggio<br />
al vino di punta dell’offerta<br />
aziendale trentina che avvolge<br />
il naso con delicata<br />
pasticceria e note di miele<br />
d’acacia e inonda il palato<br />
di straordinaria freschezza.<br />
Per un’etichetta che si<br />
ripresenterà al pubblico<br />
soltanto tra due anni, con<br />
l’annata 2019 ambasciatrice<br />
di un’ulteriore sperimentazione<br />
che prevede<br />
un 20% di affinamento in<br />
tonneaux: ma il risultato<br />
sarà svelato solo nel 2025.
Noma Bar firma<br />
a Limited Edition <strong>2023</strong><br />
La Pettegola<br />
rmentino Banfi