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WineCouture 3-4/2024

WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

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NUMERO 3/4<br />

Anno 5 | Aprile-Maggio <strong>2024</strong><br />

Poste Italiane SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi.<br />

LA PRIMAVERA DEL VINO<br />

SBOCCIANO LE GRANDI NOVITÀ NEL CALICE, A INIZIARE DAL ROSA DEI MASI


2<br />

Quante belle storie<br />

Vinitaly è sempre uno snodo imprescindibile. La grande kermesse<br />

rappresenta sicuramente – al di là di tutto – un punto di svolta per il<br />

vino italiano e i suoi protagonisti, perché apre, o meglio lancia, la cosiddetta<br />

primavera del business, vale a dire dei consumi. Al di là di<br />

speranze, aspettative o preoccupazioni, anno dopo anno, le storie del<br />

vino da raccontare aumentano, viaggiano di pari passo con un’offerta<br />

che si rinnova senza però tradire quelli che sono i capisaldi di una<br />

tradizione imprenditoriale e in molti casi famigliare. Ed è quello che<br />

in queste pagine di <strong>WineCouture</strong> ancora una volta abbiamo avuto<br />

il piacere di scrivere e descrivere, soprattutto attraverso la voce degli<br />

attori principali, produttori e distributori, sempre più protesi a intercettare<br />

le tendenze che stanno emergendo sul mercato italiano, ma<br />

non solo. Uno scenario, questo, in costante evoluzione e cambiamento,<br />

e che non manca di offrire spunti interessanti e da cogliere al volo.<br />

Le storie del vino (ma anche quelle di Champagne e Spirits) si moltiplicano,<br />

facendo emergere la voglia dei consumatori di aprirsi, scoprire<br />

e degustare una produzione variegata e capace di sorprendere.<br />

Al di là delle dinamiche congiunturali, il mondo del vino dimostra –<br />

innanzitutto in Italia – la sua attitudine a mettersi al centro della tavola,<br />

o se preferite di alcuni stili di vita. Questo è un vero e proprio<br />

punto di forza e di eccellenza, ma rappresenta anche il viatico migliore<br />

per guardare ai prossimi mesi con rinnova fiducia ed entusiasmo.<br />

03 Primo piano. Sfumature contemporanee di<br />

Rosé: arriva Rosa dei Masi 2023<br />

04 Focus on. L’Italia del vino nel mirino dei<br />

collezionisti: i record all’asta su iDealwine<br />

06 Zoom. La nuova autenticità di un sorso di<br />

Sorbara. L’eleganza secondo Cavicchioli<br />

SOMMARIO<br />

16 Experience. Alla scoperta del colorato<br />

mosaico di Poderi Melini<br />

22 Giramondo. Castillo YGay: alle origini della<br />

Roja<br />

31 Spirits. Distillati, Liquori e Amari nel<br />

racconto di <strong>WineCouture</strong><br />

WINECOUTURE - winecouture.it<br />

Direttore responsabile Riccardo Colletti<br />

Direttore editoriale Luca Figini<br />

Coordinamento Matteo Borré (matteoborre@nelsonsrl.com)<br />

Marketing & Operations Roberta Rancati<br />

Contributors Francesca Mortaro, Andrea Silvello,<br />

Irene Forni<br />

Art direction Inventium s.r.l.<br />

Stampa La Terra Promessa Società Cooperativa<br />

Sociale Onlus (Novara)<br />

Editore Nelson Srl<br />

Viale Murillo, 3 - 20149 Milano<br />

Telefono 02.84076127<br />

info@nelsonsrl.com<br />

www.nelsonsrl.com<br />

Registrazione al Tribunale di Milano n. 12<br />

del 21 Gennaio 2020 - Nelson Srl -<br />

Iscrizione ROC n° 33940 del 5 Febbraio 2020<br />

Periodico bimestrale<br />

Anno 5 - Numero 3/4 - Aprile - Maggio <strong>2024</strong><br />

Abbonamento Italia per 6 numeri annui 30,00 €<br />

L’editore garantisce la massima riservatezza<br />

dei dati personali in suo possesso.<br />

Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli<br />

abbonamenti e per l’invio di informazioni<br />

commerciali. In base all’art. 13 della Legge<br />

n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati<br />

o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a:<br />

Nelson Srl<br />

Responsabile dati Riccardo Colletti<br />

Viale Murillo, 3<br />

20149 Milano


3<br />

Sfumature contemporanee<br />

di Rosé<br />

Si alza il sipario<br />

sul nuovo Rosa dei Masi 2023<br />

PRIMO PIANO<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

S<br />

boccia la primavera e sulle vocate colline della Valpolicella<br />

Classica fiorisce una nuova sfumatura di Rosé. Una novità<br />

che regala una tonalità inedita a una cantina tra le più<br />

storiche del panorama veronese, all’interno di un’ampia<br />

gamma capace di unire alla grande tradizione dell’Amarone<br />

interpretazioni figlie di una visione del vino contemporanea<br />

e che va incontro ai nuovi gusti del consumatore<br />

internazionale. Un’etichetta, quella che fa il suo esordio<br />

oggi, che non è solo perfetto complemento, ma soprattutto<br />

testimonia dell’incessante opera di ricerca portata<br />

avanti dalla famiglia Boscaini da sempre. Stiamo parlando<br />

del nuovo Rosa dei Masi 2023, una novità in questo<br />

inizio anno frutto dello studio del Gruppo Tecnico Masi,<br />

team di esperti in diverse discipline, dall’enologia al marketing,<br />

costantemente impegnato nella sperimentazione.<br />

Un’attività di ricerca che oggi è arrivata a toccare una<br />

delle categorie in più rapida evoluzione, quella dei Rosé,<br />

segmento in forte crescita a livello globale per vendite e<br />

per consumi. “È parte dei doveri di una realtà come la nostra<br />

fare innovazione e sviluppare nuovi prodotti, anche<br />

attenuando concetti solitamente fondativi per i vignaioli<br />

come il territorio per focalizzarsi sulla qualità, sull’esperienza<br />

sensoriale e sullo stile di vita che il vino rappresenta”,<br />

spiega Raffaele Boscaini, direttore marketing di Masi,<br />

introducendo il nuovo Rosa dei Masi 2023. Già, perché<br />

attraverso questa sfumatura di Rosé l’orizzonte si amplia<br />

ben oltre le colline di Gargagnago di Valpolicella. Con<br />

il nuovo Rosa dei Masi 2023 la mente viene condotta a<br />

prati primaverili e spiagge estive, con i suoi intensi aromi<br />

floreali e i piacevoli sentori di frutti rossi. Un inno alla<br />

convivialità: quello di un calice condiviso. Un rosato dal<br />

colore leggero, nato per regalare agli amanti dei Rosé un’esperienza<br />

rilassata nel segno della piacevolezza. Ed è proprio<br />

in direzione di una ricercata accessibilità che Rosa<br />

dei Masi 2023 punta, grazie a una combinazione vincente<br />

che lo porta ad essere un vero e proprio passe-partout sulla<br />

tavola della bella stagione grazie a una versatilità senza<br />

pari. Merito anche delle scelte tra i filari e di quelle in cantina<br />

prima che arrivi in bottiglia: 100% Merlot proveniente<br />

dall’alta Valpolicella, nello specifico quel vigneto Saline<br />

situato nella parte nord-orientale del comune di Negrar<br />

fra i 700 e 720 m s.l.m. dove le elevate escursioni termiche<br />

producono profumi incomparabili ed acidità sostenute, il<br />

successivo lavoro, dalla pressatura molto soffice delle uve<br />

ancora fredde in presenza di ulteriore aggiunta in pressa<br />

di ghiaccio secco all’affinamento in acciaio, è rivolto a preservare<br />

aromi ed equilibrio per produrre un rosato unico.<br />

È una singolarità vera e propria quella che definisce Rosa<br />

dei Masi 2023, che mira a ergersi a status symbol nel segmento<br />

dei rosati italiani d’autore anche per via di un abito<br />

che fa risaltare all’occhio, grazie alla bottiglia trasparente,<br />

in primis il suo colore rosa pallido con riflessi salmone e<br />

“buccia di cipolla” ma che è ulteriormente arricchito dal<br />

caratteristico ovale delle etichette storiche di Masi che si<br />

fa ancor più ricercato con l’aggiunta di una profusione di<br />

petali di rosa disegnati a china con tratto leggero, a completare<br />

il messaggio di leggerezza e delicatezza. Fresco e<br />

piacevole al palato, dove si distinguono sentori di frutti<br />

rossi, con spiccate note di lampone e una piacevole acidità,<br />

il nuovo Rosé firmato Masi è scelta tutto l’anno con<br />

cui non si sbaglia mai per un calice di qualità in aperitivo,<br />

ma è anche vino che si esalta, appena il sole torna a mostrarsi<br />

alto in cielo nella bella stagione, degustato a bordo<br />

piscina o in riva al mare, magari abbinato a crostacei,<br />

ostriche e frutti di mare. Un Rosé pronto costantemente<br />

a sedurre, con il suo profilo gourmet che, in un rendez-vous<br />

di livello all’insegna della cucina internazionale,<br />

non disdegna di condividere la tavola con del pregiato<br />

Sushi, mentre per quanti ricercano un accostamento più<br />

“autoctono”, il matrimonio perfetto diventa quello celebrato<br />

con una pasta alle vongole veraci. E per chi, infine,<br />

desidera osare con qualcosa che sfidi i canoni, Rosa dei<br />

Masi 2023 si rivela una scelta sorprendente come base<br />

per cocktail alla frutta: in un mondo che cambia, d’altronde,<br />

una visione contemporanea del vino è anche<br />

quella capace di ampliare gli orizzonti dei consumi.


4<br />

FOCUS ON<br />

Un’ottima annata, quella 2023 del vino tricolore<br />

da collezione. Almeno per quello<br />

che riguarda le aste iDealwine, la piattaforma<br />

di riferimento per le aste di etichette<br />

pregiate e la valutazione dei Grand<br />

Cru, fondata nel 2000 da Cyrille Jomand, Angélique de<br />

Lencquesaing e Lionel Cuenca. L’Italia del vino s’è desta<br />

e continua a raccogliere consensi<br />

tra i collezionisti. A testimoniarlo<br />

sono le 7.677 bottiglie<br />

vendute all’incanto (eq. formato<br />

0,75 lt, ndr) negli scorsi 12 mesi<br />

attraverso il portale online, che<br />

ha condotto il Belpaese, a fronte<br />

di un +37,5% sul 2022, al sesto<br />

posto nella classifica delle regioni<br />

più ricercate all’asta in termini<br />

di volume, scalando due posizioni<br />

rispetto all’anno precedente.<br />

Ma questi dati sono indicativi<br />

di una tendenza più generale,<br />

con il successo del vino italiano tutto da decifrare. Su<br />

iDealwine, infatti, i vini tricolore hanno rappresentato<br />

la percentuale più importante, pari al 61% dei volumi,<br />

nelle vendite di etichette non francesi battute all’asta.<br />

Nel valutare questo exploit, occorre innanzitutto<br />

partire dalla buona considerazione che attualmente le<br />

produzioni made in Italy godono a livello globale e che<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

la clientela profilata del portale transalpino, che anche<br />

lo scorso anno si è ampliata notevolmente, non fa che<br />

confermare. Con un nota bene di profondo interesse:<br />

i partecipanti alle aste del 2023 che hanno acquistato<br />

vini italiani su iDealwine parlano la lingua di ben 43<br />

Paesi del mondo, sintomo di una vera e propria globalizzazione<br />

della fama delle eccellenze enoiche tricolori.<br />

Ma se, come detto, i volumi hanno<br />

fatto segnare un progresso, la<br />

crescita in termini di valore è stata<br />

quasi altrettanto importante, a<br />

fronte di un +31,5% sui 12 mesi<br />

precedenti e un prezzo medio a<br />

bottiglia che ha raggiunto quota<br />

100 euro, in quest’ultimo caso<br />

con il chiaroscuro del lieve calo<br />

del prezzo unitario, -4,4%, e un<br />

livello inferiore alla media generale<br />

delle aste 2023, attestatasi<br />

a 152 euro. Cifre, queste ultime,<br />

che tuttavia non scalfiscono la<br />

performance dell’Italia, la cui gamma di vini battuti<br />

all’asta, anche di diversa fascia di prezzo, è cresciuta<br />

notevolmente e non è più limitata alle sole grandi icone.<br />

C’è, però, da considerare, come ovvio che sia, che le<br />

etichette presenti nella Top 20 dei lotti tricolore più costosi<br />

siano state vendute nell’ultimo anno a quotazioni<br />

anche otto volte superiore a quelle della media del resto<br />

L’Italia nel mirino<br />

dei collezionisti<br />

I fine wines tricolore si fanno sempre più spazio<br />

nelle aste iDealwine: i record del 2023<br />

dei vini italiani, per un divario indicativo però di quanta<br />

varietà oggi tratteggi l’offerta nelle aste. A fare la<br />

parte del leone sono ancora le produzioni in rosso, che<br />

rappresentano il 93% dei volumi aggiudicati, laddove<br />

nelle altre grandi terre del vino la quota si ferma al 73%<br />

di media, con il Piemonte in prima fila, concentrando<br />

il 44% dei volumi di etichette tricolori acquistate nel<br />

2023 all’asta su iDealwine e quasi la metà del valore<br />

(48%). Nella graduatoria del portale francese, sono piemontesi<br />

10 delle 20 tenute più presenti all’incanto e 11<br />

delle prime 20 posizioni nella classifica dei vini italiani<br />

più costosi. A guidare la carica è il Barolo, con la Denominazione<br />

a generare il 28,7% delle bottiglie tricolore<br />

vendute nel 2023 e sette delle 20 dal maggior valore.<br />

Tra queste ultime, a spiccare è stata negli scorsi 12 mesi<br />

una Riserva Monfortino 1964 Giacomo Conterno, terza<br />

nella Top 20 dei lotti più costosi dopo essere stata<br />

battuta per 1.302 euro a un appassionato di Hong Kong,<br />

ma altri nomi di grido che hanno ben figurato in lista<br />

sono stati Cappellano (ottavo), Burlotto (nono), Bartolo<br />

Mascarello (decimo), Giuseppe Rinaldi (14esimo)<br />

e Lorenzo Accomasso (15esimo). Altri miti del vino<br />

piemontese che non hanno mancato l’appuntamento<br />

con la storia sono stati poi Aldo Conterno, figlio di Giacomo,<br />

presente in 13esima piazza con un raro formato<br />

Jeroboam di Granbussia Riserva 2000, aggiudicata<br />

per 2.003 euro, ma anche Bruno Giacosa, con il Santo<br />

Stefano di Neive Riserva 1989, pezzo da collezione che<br />

ha conquistato il podio, secondo, con una quotazione<br />

di 1.810 euro. E poi: Angelo Gaja, con l’annata 1968<br />

di Sori San Lorenzo venduta per 1.002 euro, ed ex-aequo<br />

al quinto posto, Roagna, con l’introvabile Crichët<br />

Payé 2000, frutto di un minuscolo appezzamento situato<br />

a Barbaresco. Ma se il Piemonte è in prima linea,<br />

la Toscana non è stata di certo a guardare, con Sassicaia<br />

di tenuta San Guido, grazie a una 1985 valutata a<br />

suo tempo 100/100 da Robert Parker, a confermarsi il<br />

vino italiano più costoso, acquistato per 2.170 euro da<br />

un appassionato svizzero. La regione, che vale il 30%<br />

di bottiglie aggiudicate, pari al 39% del valore tricolore<br />

all’incanto, può contare su otto produttori nella Top 20<br />

dell’Italia del vino e sei bottiglie nella graduatoria delle<br />

più ricercate e valutate, grazie a icone come Masseto di<br />

Tenuta Ornellaia, Pergole Torte di Montevertine, Solaia<br />

di Antinori, oltre alle storiche eccellenze di Montalcino<br />

e del Brunello Gianfranco Soldera e Biondi Santi. Ma<br />

oggi, quel che è da prendere in considerazione per il futuro<br />

sono gli emergenti che stanno crescendo in termini<br />

di fama: da Il Marroneto, salito al decimo posto in classifica,<br />

a Le Macchiole, in 16esima piazza, passando per<br />

Bibi Graetz e Argiano. E ancora, gli orizzonti si allargano<br />

con gli abruzzesi Valentini ed Emidio Pepe, il Veneto<br />

di Quintarelli e Bertani, la Sicilia di Frank Cornelissen.<br />

Infine, occhi puntati anche sui simboli del biologico e<br />

del biodinamico nel vino tricolore, che strappano quotazioni<br />

leggermente superiori alla media, con casi come<br />

quello del Trentino di Elisabetta Foradori che propone<br />

prezzi ancora molto convenienti e meritevoli di attenta<br />

valutazione in ottica futura.<br />

Photo iDealwine


From Vineyards to Icons<br />

Vino leggendario diventato icona di un intero territorio, Amarone Allegrini è sinonimo di storia, passione e progetto.<br />

In un’inimitabile sintesi di potenza ed eleganza, rappresenta la mirabile eccellenza produttiva della Valpolicella.<br />

allegrini.it


6<br />

ZOOM<br />

La nuova autenticità<br />

di un sorso di Sorbara<br />

Lo Scarlatto di Umberto e la gamma l’Ancestrale<br />

portano in tavola l’eleganza di un calice secondo Cavicchioli<br />

DI RICCARDO COLLETTI<br />

Cavicchioli è molto più di un nome quando si parla della storia del vino<br />

italiano. Tanto che oggi è impossibile pensare a una delle sfumature enoiche<br />

tricolori di maggior successo e originalità senza che la mente vada alla<br />

cantina che dal 1928, generazione dopo generazione, ha rappresentato<br />

un caposaldo nell’universo della declinazione modenese del Lambrusco.<br />

Pioniere della bollicina emiliana in rosso, oggi Cavicchioli scrive un nuovo capitolo della<br />

sua storia, riandando alle origini con una novità che fin nel nome è omaggio a chi ha dato<br />

il via a un cammino che ancora prosegue. “In questo inizio di <strong>2024</strong> vediamo l’esordio sul<br />

mercato di nuove referenze frutto del lavoro di revisione dell’intera gamma dei prodotti<br />

destinati all’Horeca a marchio Umberto Cavicchioli e F. iniziata con l’ingresso dei brand<br />

delle cantine Cavicchioli nel portfolio”, evidenzia Francesca Benini, Sales & Marketing<br />

Director di Cantine Riunite & Civ. “Al top di gamma rappresentato da Vigna del Cristo<br />

e Rosé del Cristo si aggiunge ora la novità Lo Scarlatto di Umberto, Metodo Classico<br />

che col suo color rosso rubino caratteristico si propone nel calice con uno spirito nobile<br />

quanto con un’anima elegante”.<br />

È una nuova tonalità di Sorbara quella che fa il suo esordio, figlio della zona più vocata,<br />

quella compresa tra i fiumi Secchia e Panaro, dove le uve Lambrusco hanno individuato<br />

uno dei loro terroir d’elezione. Una bollicina che è essenza di una terra ma al contempo<br />

omaggio a chi ha saputo unire tradizione e innovazione, semplicità ed alta enologia<br />

per sorprendere i palati più esperti e gli amanti del Lambrusco di Sorbara Doc con una<br />

versione spumantizzata. Evoluzione del “fratello maggiore” Rosé del Cristo, Lo Scarlatto<br />

di Umberto racconta di una pigiatura soffice cui segue la macerazione delle uve con le<br />

bucce per circa tre giorni. Successivamente la scelta è quella di procedere a un’estrazione<br />

del mosto separandolo in parti diverse qualitativamente omogenee per caratteristiche e<br />

qualità: dalla prima, più elegante e ricca da un punto di vista organolettico, a quella finale,<br />

carica di colore e profumi. Fermentazioni separate precedono la creazione di quella che<br />

sarà la cuvée, che affina poi in bottiglia a contatto coi lieviti, secondo i dettami del Metodo<br />

Classico, per 18 mesi. Il risultato conduce a una sfumatura di Lambrusco di Sorbara Doc<br />

profondamente diversa dal Rosé del Cristo: rosso rubino chiaro luminoso con riflessi<br />

scarlatti, da cui il nome, l’ultima novità firmata Cavicchioli si distingue per la spuma rosa e<br />

corposa e il perlage elegante e persistente. Dal residuo zuccherino che tocca i 12 g/l, al palato<br />

Lo Scarlatto di Umberto si presenta con un ingresso arioso, un gusto deciso con note<br />

di frutta rossa ed è caratterizzato da un’acidità vibrante e armonica tipica del vitigno che<br />

gli regala la sua peculiare fisionomia. L’equilibrio e la struttura di questo Metodo Classico<br />

lo rendono, poi, un sorprendente abbinamento con primi piatti al ragù bianco, con risotti<br />

e specialmente con carni bianche ma anche pesce alla brace.<br />

Una novità, Lo Scarlatto di Umberto, che arricchisce, grazie a un tocco ulteriore di ricercatezza,<br />

la proposta exclusive di Cavicchioli, cui si affianca, in questo <strong>2024</strong>, una produzione<br />

di nicchia: la gamma l’Ancestrale. “Per riprendere una delle grandi tradizioni<br />

del passato, abbiamo scelto d’introdurre anche una linea di vini frizzanti, ottenuti attraverso<br />

un processo di vinificazione diffuso nelle nostre campagne da tempi lontanissimi<br />

che riprende usi e tradizioni di come le cose si facevano nel passato”, spiega Francesca<br />

Benini. Un Lambrusco di Sorbara Doc Frizzante Secco e un Pignoletto Doc Frizzante<br />

sono i due vini non filtrati espressioni della tradizione territoriale del Sorbara e del<br />

Grechetto Gentile, per due etichette destinate ad un pubblico d’intenditori. Il primo,<br />

capace di essere al sorso secco e fruttato, talvolta scorbutico, quando incontra le ricette<br />

emiliane si lascia piacevolmente amare per la sua unicità che lo porta ad accompagnare<br />

alla perfezione i primi piatti di pasta fresca e ripiena, soprattutto nelle preparazioni in<br />

brodo. Il secondo, invece, è la perfetta sintesi tra eleganza e carattere, struttura e leggerezza,<br />

vino frizzante che ricorda i valori del passato ma al contempo regala un’esperienza<br />

di degustazione contemporanea che lo conduce a sposare idealmente ricette a base<br />

di pesce, in umido o marinato, e carni bianche arrosto e alla brace. Due etichette, quelle<br />

della gamma l’Ancestrale, che proprio come la novità Lo Scarlatto di Umberto fanno<br />

il loro debutto portando una ventata di rinnovata autenticità: quella che oggi è pronta<br />

a essere servita in un calice che mira a conquistare nuovi appassionati alla causa di un<br />

simbolo del Sorbara, di Modena e del Lambrusco.


Battito<br />

emiliano<br />

Il gusto dell’eccellenza passa attraverso una passione<br />

condivisa: quella per un sapore raffinato, che con le sue<br />

note fresche e floreali continua a legarsi alla migliore delle<br />

tradizioni vitivinicole. Vigna del Cristo. Cuore pulsante d’Emilia.


8<br />

INTERNI D’AUTORE<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

Innovare in un mondo come quello del vino, abituato<br />

a preservare gelosamente la tradizione, può<br />

risultare compito particolarmente arduo. Ma c’è<br />

chi, in questi anni, ha scelto nuove vie per percorrere<br />

il cammino che conduce nel futuro. È il caso<br />

della veronese famiglia Pasqua, che da anni associa a<br />

ogni calice e bottiglia un modo totalmente “altro” di<br />

comunicare il vino. Una modalità che mira a diffondere<br />

il verbo enologico e non a racchiuderlo in tecnicismi<br />

ormai fuori moda. Ed è così che, dopo l’installazione<br />

Luna Somnium, commissionata a fuse* in occasione<br />

dell’ultima edizione di Vinitaly, e Superfluo, realizzata<br />

da None Collective ed esposta durante ArtVerona nel<br />

2023, è nata anche l’ultima “avventura” firmata Pasqua<br />

Vini, che ha condotto il produttore veronese Oltremanica,<br />

per farsi mecenate di nuovi talenti emergenti in una<br />

partnership che vede le sue Icons, le etichette simbolo<br />

dei progetti che hanno sancito il rinascimento di un’azienda<br />

riferimento per la Valpolicella e l’Amarone, immergersi<br />

nello scenario di “Metamorphosis: Innovation<br />

in Eco Photography & Film”, mostra di artisti impegnati<br />

su temi ambientali e di sostenibilità, che sarà aperta<br />

dal 26 maggio al 28 luglio <strong>2024</strong> presso la celebre Saatchi<br />

Gallery di Londra. “La nostra cantina è prossima a<br />

festeggiare i suoi primi 100 anni di vita e siamo lieti di<br />

celebrare questo traguardo collaborando con una realtà<br />

di prestigio come Saatchi Gallery”, spiega Riccardo Pasqua,<br />

amministratore delegato di Pasqua Vini. “Sostenere<br />

questa mostra sottolinea ancora una volta il nostro<br />

impegno intergenerazionale a favore dell’innovazione,<br />

della creatività e degli approcci non convenzionali.<br />

Ognuno degli artisti scelti incarna i valori in cui crediamo:<br />

attraverso la sperimentazione e la tensione a sfidare<br />

il convenzionale è possibile innescare i processi di innovazione”.<br />

Quelle stesse dinamiche che hanno condotto<br />

l’azienda veneta a essere di recente premiata come “Innovator<br />

of the Year” agli “Oscar del vino” della rivista<br />

americana Wine Enthusiast. Il riflesso di una creatività<br />

e dell’importanza che assume il valore dell’innovazione<br />

per la realtà veronese che altro non sono che un elemento<br />

insito nel DNA stesso della cantina. Come dimostrano<br />

le release che hanno decretato negli ultimi anni i più<br />

grandi successi di Pasqua Vini: i tanti progetti della linea<br />

Icons, tra il bianco multivintage Hey French, i rosé<br />

11 Minutes e Y by 11 Minutes o la gamma Mai Dire<br />

Mai, testimonianze di tecniche di vinificazione capaci<br />

di rendere nuovi i volti di alcuni grandi classici della<br />

Valpolicella ma non solo. Un approccio che paga, anche<br />

sotto il profilo del riscontro di appassionati e operatori,<br />

come dimostra proprio la crescita della linea premium,<br />

che oggi rappresenta il 52% del business dell’azienda.<br />

“Mi preme evidenziare proprio quest’ultimo dato per<br />

far comprendere la crescita di brand che abbiamo avuto”,<br />

riprende Riccardo Pasqua. “Le nostre Icons hanno<br />

contribuito dal 2014 alla crescita complessiva del prezzo<br />

medio, registrando un +20% solo nel 2019. Nel 2023,<br />

Pasqua: innovazione<br />

in mostra<br />

Come la cantina veronese sta puntando<br />

a rendere di nuovo “cool” il vino<br />

siamo cresciuti nel mercato domestico, che si è attestato<br />

al 12,3% del giro di affari, con un +15% sul fatturato generale<br />

e un +16% nel canale Horeca. Numeri che sono<br />

motivo di grande soddisfazione. All’estero, nel 2023, abbiamo<br />

assistito in Europa all’exploit dei Paesi Bassi, che<br />

hanno segnato un +18%, e alla crescita del mercato Uk,<br />

+4,5%, grazie soprattutto alle buone prestazioni delle<br />

Icons Hey French e Y by 11 Minutes. In termini di peso,<br />

le quote di fatturato sono risultate stabili in Europa,<br />

che vale il 45,8% del business, mentre le Americhe, che<br />

rappresentano il 31,2% delle vendite, e l’Asia, il 10,7%,<br />

a registrare una contrazione”. Per strategie che mirano<br />

sempre più a coinvolgere anche un target più giovane di<br />

consumatori, a iniziare da quei mercati, come gli Stati<br />

Uniti, dove la Gen Z è sempre più centrale. “Il Nord<br />

America ci presenta un contesto di mercato complesso<br />

e incerto, dove emergono nuovi stili di consumo e di<br />

atteggiamento nei confronti del vino, più consapevoli e<br />

informati, soprattutto da parte della Gen Z”, prosegue<br />

Riccardo Pasqua. “Per il target più giovane, l’innovazione<br />

continua a rappresentare uno dei principali driver di<br />

acquisto: lo abbiamo visto con i risultati ottenuti da Hey<br />

French, tra le etichette Pasqua che hanno meglio performato<br />

in quest’area, che resta strategica per la nostra<br />

cantina, con un giro d’affari di 17,8 milioni di euro nel<br />

2023”. Lo sforzo posto in campo da Pasqua Vini in questo<br />

frangente, d’altronde, non è più solo quello di comunicare<br />

sé stessa, ponendo sotto la lente d’ingrandimento<br />

la quotidianità del proprio lavoro, ma anche di creare un<br />

universo “ispirazionale” tale da poter essere compreso<br />

da un nuovo tipo di consumatore. Sono nuove emozioni<br />

quelle che cerca di proporre l’azienda veronese, così da<br />

rendere nuovamente il vino e quanto gli ruota attorno<br />

qualcosa di “cool”. È, in fondo, tutta una questione di<br />

prospettiva. Quella che Pasqua Vini cerca d’individuare<br />

in ogni sua scelta è allora la giusta angolatura per parlare<br />

a un’audience che spazia nel suo spettro dalla New Gen<br />

di Tik Tok all’alta ristorazione che ama la classicità di un<br />

Amarone vintage. Così, quello della cantina veronese si è<br />

configurato sempre più in questi anni come un costante<br />

tendere in direzione della ricerca di nuovi ambasciatori<br />

che possano condividere il suo messaggio e contribuire a<br />

diffonderlo. Da qui nasce anche la nuova partnership che<br />

vede Pasqua Vini sostenere l’arte in collaborazione con<br />

l’iconica Saatchi Gallery di Londra, con i profili individuati<br />

a definire il capitolo di “Metamorphosis”, quelli di<br />

Almudena Romero, Hannah Fletcher, Edd Carr e Scott<br />

Hunter, selezionati in base ai loro approcci innovativi e<br />

non convenzionali e ai primi riconoscimenti come artisti<br />

emergenti ricevuti dalla critica. “L’inflazione e la ricerca<br />

di uno stile di vita più attento hanno condizionato i<br />

consumi del vino sia in casa che away from home, ma<br />

la ricerca della qualità resta la discriminante che incide<br />

sulle modalità di acquisto”, conclude Riccardo Pasqua.<br />

“Il consumatore finale continua a premiare le aziende capaci<br />

di innovare la produzione pur mantenendo un forte<br />

radicamento al proprio terroir, valori che rappresentano<br />

il nostro heritage”. Perché la tradizione si preserva anche<br />

grazie a un nuovo modo di trasmetterla.


10<br />

namento con un piatto strutturato come il fritto di calamari,<br />

confermando la sua versatilità e il suo carattere<br />

distintivo.<br />

Qual è, a tuo avviso, il segreto della longevità<br />

per un Conegliano Valdobbiadene Prosecco<br />

Superiore Docg?<br />

Ci sono diverse ragioni per cui un Conegliano Valdobbiadene<br />

Prosecco Superiore Docg può vincere la sfida<br />

del tempo. Il primo segreto sta a monte: puntiamo su<br />

una resa per ettaro molto più bassa rispetto al disciplinare<br />

e sulla lavorazione della materia prima, in cui la<br />

mia famiglia crede fermamente dal 1946, anno di fondazione<br />

dell’azienda. In secondo luogo, lavoriamo queste<br />

uve sfruttando la gravità, favorendo così la nascita di<br />

un vino elegante e autentico. Entrambe le fermentazioni<br />

devono poi essere lente e continue: la velocità non è<br />

infatti un’alleata in cantina. Non da ultimo, le Rive di<br />

Ogliano sono caratterizzate da una grande struttura<br />

data dal loro terroir unico, di cui mio padre, Adriano<br />

Dal Bianco, aveva già intuito lo straordinario potenziale<br />

ancor prima dell’istituzione ufficiale delle stesse Rive.<br />

ON AIR<br />

La magia di una<br />

vecchia annata<br />

“Il valore del tempo” di Masottina e l’unicità del Rive<br />

di Ogliano R.D.O.: a tu per tu con Federico Dal Bianco<br />

Una sfida al tempo, per testare il valore di un<br />

terroir e del frutto delle sue eroiche vigne.<br />

È il progetto che ormai da diversi anni sta<br />

portando avanti Masottina con cui prova a<br />

svelare nel calice i segreti, non ancora tutti<br />

rivelati, dietro alla longevità delle vecchie annate del suo<br />

Rive di Ogliano R.D.O., cru e prodotto di punta dell’azienda<br />

di Conegliano che si declina nelle due varianti sul<br />

tema con Levante e Ponente. Con Federico Dal Bianco,<br />

vicepresidente della realtà nata nel 1946 per iniziativa<br />

del nonno Epifanio Dal Bianco sulle colline del Prosecco<br />

Superiore Docg, oggi patrimonio Unesco, andiamo alla<br />

scoperta di quel che è lo stato d’avanzamento di un’iniziativa<br />

che mira a raccontare l’evoluzione di un prodotto<br />

da sempre considerato di pronta beva, sfatando pregiudizi<br />

e falsi miti.<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

Che reazioni avete registrato in pubblico e operatori<br />

dopo che, in questi ultimi anni, hanno<br />

avuto l’occasione di confrontarsi con le vecchie<br />

annate di Rive di Ogliano R.D.O. Masottina?<br />

Assaggiare una vecchia annata di Rive di Ogliano<br />

R.D.O. Masottina offre una prospettiva affascinante<br />

sulla potenza di questo vino e sulla sua capacità di evolvere<br />

con il tempo, soprattutto se degustato alla cieca. Sia<br />

pubblico sia operatori restano colpiti dai sentori che si<br />

generano: frutta matura, sfumature balsamiche, di fiori<br />

secchi e di miele. In bocca l’R.D.O. sviluppa una maggiore<br />

struttura e corpo che lo rendono perfetto all’abbinamento,<br />

proprio come hanno scelto di fare i nostri<br />

R.D.O. Ambassador: ristoratori che propongono in carta<br />

vecchie annate per giocare con la gastronomicità di<br />

cui si arricchiscono questi vini.<br />

Chi sono gli Ambassador delle vecchie annate<br />

oggi in Italia e ne arriveranno anche livello<br />

internazionale?<br />

Ad oggi contiamo su quattro R.D.O. Ambassador, partner<br />

che condividono con noi il valore del tempo delle<br />

nostre Rive di Ogliano. L’enoteca La Moscheta di Padova<br />

offre una selezione di vecchie annate, mentre la<br />

Trattoria Città di Venezia, il Ristorante una stella Michelin<br />

L’Alchimia di Milano e il Ristorante Camponeschi<br />

di Roma giocano con gli abbinamenti nelle loro<br />

proposte gastronomiche. Stiamo lavorando per aggiungere<br />

R.D.O. Ambassador sia a livello nazionale sia internazionale,<br />

per far apprezzare la versatilità delle Rive<br />

di Ogliano ad un pubblico sempre più ampio. Il primo<br />

R.D.O. Ambassador all’estero potrebbe essere addirittura<br />

oltreoceano e speriamo di poter raccontare presto<br />

questa importante novità.<br />

I riconoscimenti internazionali che avete ricevuto<br />

in questi anni hanno mutato la percezione<br />

di trade e appassionati verso il Conegliano Valdobbiadene<br />

Prosecco Superiore Docg?<br />

I premi internazionali hanno giocato un ruolo fondamentale<br />

nella percezione del Conegliano Valdobbiadene<br />

Prosecco Superiore Docg, in particolare per le Rive<br />

di Ogliano, le prime Rive a entrare nella Top 100 di<br />

Wine Spectator. In una Denominazione che comprende<br />

circa 8.700 ettari vitati, è importante che la qualità<br />

venga riconosciuta anche attraverso la testimonianza di<br />

concorsi enologici e critica del settore che confermino<br />

le unicità di questo territorio. Sia il trade sia gli appassionati<br />

hanno così una riprova di un vino che esce da<br />

– ahimè – il concetto di “Prosecchino” e dall’ordinario,<br />

confermandosi all’altezza di consumi nel settore enologico<br />

sempre più esigenti e attenti al valore.<br />

Come prosegue in questo <strong>2024</strong> il progetto “Il<br />

valore del tempo” di Masottina?<br />

Anno dopo anno, continuiamo ad ampliare la nostra collezione<br />

di vecchie annate di R.D.O., le Rive di Ogliano di<br />

Masottina, confermando che un Conegliano Valdobbiadene<br />

Prosecco Superiore Docg di alta qualità e struttura può<br />

evolvere in interessanti sviluppi sensoriali. Per questo motivo,<br />

abbiamo scelto di presentare a OperaWine, l’evento<br />

di degustazione delle migliori cantine italiane selezionate<br />

da Wine Spectator che precede il Vinitaly, il nostro R.D.O.<br />

Levante 2021, un vino in bottiglia da oltre due anni.<br />

Qual è oggi l’annata di Rive di Ogliano R.D.O.<br />

Masottina che ti ha emozionato di più nel riassaggiarla<br />

a distanza di tempo?<br />

Sicuramente l’R.D.O. Levante annata 2019. Non solo è<br />

stato il primo Rive a entrare nella prestigiosa classifica<br />

Top 100 di Wine Spectator grazie a questo millesimo,<br />

ma ci sta regalando un’esperienza emozionante in termini<br />

di evoluzione. Assaggiato di recente alla cieca, insieme<br />

alla stampa americana, ha saputo stupire con un<br />

perlage elegante e un ricco bouquet. Ma c’è di più: la<br />

sua struttura complessa ha permesso un perfetto abbi-


12<br />

NUOVI CODICI<br />

La grande bellezza del patrimonio enologico<br />

italiano risiede anche, o forse soprattutto,<br />

nei suoi volti meno noti. Quei vitigni autoctoni<br />

che non sono moda del momento<br />

per chi, come l’azienda Albino Armani Viticoltori<br />

dal 1607, da sempre ha scelto di scommettere<br />

sulla riscoperta e la valorizzazione delle varietà indigene.<br />

Veri e propri scrigni nascosti di un vino<br />

d’altri tempi, oggi quanto mai attuale agli<br />

occhi di esperti e appassionati. Queste<br />

gemme dell’enologia nostrana nella<br />

filosofia produttiva della realtà<br />

trentina rappresentano l’amore e<br />

la sensibilità verso il territorio da<br />

cui provengono, che attraverso di<br />

esse infonde la sua identità unica<br />

ed irripetibile. Talvolta dimenticate<br />

per fare spazio a produzioni più<br />

remunerative e richieste dal mercato,<br />

come quelle figlie dei vitigni internazionali,<br />

oppure celati in blend che sfruttano le<br />

loro singolarissime peculiarità per dare una firma riconoscibile<br />

al vino creato, le uve indigene del Nordest<br />

hanno sempre esercitato un grande fascino su Albino<br />

Armani, che negli ultimi 40 anni – al fianco della moglie<br />

Egle Capilupi e oggi anche del figlio Federico – ha<br />

fatto della ricerca e del recupero delle varietà storicamente<br />

legate alla tradizione vinicola del Veneto – e<br />

DI LUCA FIGINI<br />

in anni più recenti del Friuli – la sua missione. Non<br />

deve stupire: soprattutto pensando alla storia del produttore<br />

nato e cresciuto nella Vallagarina trentina. È<br />

in questi luoghi remoti e straordinari che ha scoperto<br />

la sua vocazione viticola, ereditata da una tradizione<br />

secolare che lo lega con la sua famiglia a questa terra.<br />

Così, quello firmato Albino Armani Viticoltori dal<br />

1607 è diventato oggi un racconto che parla<br />

d’appartenenza e di un protagonista del<br />

vino italiano che ha scelto di riscoprire<br />

in bottiglia le eccellenze di<br />

questo angolo del panorama alpino,<br />

mosso dal desiderio di valorizzarlo<br />

e di sperimentare nuovi<br />

stili. È proprio l’amore sconfinato<br />

per la sua terra ad aver spinto<br />

Albino Armani già dagli anni ‘80<br />

ad iniziare un lavoro lungo e caparbio,<br />

così come impone la sua vera natura<br />

di “Trentino Doc”, di recupero delle<br />

varietà autoctone ancestrali e tradizionali<br />

della Vallagarina. A seguito di questa monumentale<br />

opera di riscoperta, oggi possiamo godere di grandi<br />

vini come il Casetta, noto come Foja Tonda nel dialetto<br />

locale, dal 2007 Doc Valdadige Terradeiforti, e<br />

la Nera dei Baisi, inseriti nell’offerta aziendale “Conservatoria”.<br />

Una determinazione e una volontà di rispolverare<br />

la storia antica della viticoltura locale che<br />

La nuova Alta Grave<br />

di Terre di Plovia<br />

Il secondo capitolo firmato Albino Armani<br />

alla riscoperta di un vino d’altri tempi<br />

ha esteso le proprie radici, arrivando a toccare ormai<br />

da qualche anno anche il Friuli-Venezia Giulia. Ci si<br />

sposta nell’Alta Grave Friulana, a Valeriano per l’esattezza,<br />

dove l’azienda guidata da Albino Armani possiede<br />

una tenuta e dove ha dato vita al progetto Terre<br />

di Plovia, presentato ufficialmente nel 2022. Un’iniziativa,<br />

che prende il nome dall’antico toponimo dove<br />

la dinastia feudale dei Plovia s’insediò nel Medioevo,<br />

con cui il produttore trentino due anni fa ha messo per<br />

la prima volta in commercio vini prodotti con<br />

l’utilizzo di antiche uve autoctone di questa<br />

area vinicola del Friuli ancora poco conosciuta.<br />

A causa delle condizioni climatiche quasi<br />

estreme di una terra situata a Nord, al limite<br />

della viticoltura, all’ombra delle Alpi Carniche<br />

e in un clima prealpino, questa zona non è di<br />

semplice gestione, ma quel che è certo è la<br />

sua eccezionale vocazione alla coltivazione<br />

di determinate varietà indigene.<br />

Da questo presupposto ha preso il via,<br />

in punta di piedi, la produzione di due<br />

blend composti da vitigni internazionali<br />

e da uve autoctone dell’Alta Grave<br />

tanto sconosciute quanto promettenti.<br />

Il risultato sono stati due vini di grande<br />

eleganza e personalità: il bianco Flum<br />

e il rosso Piligrin, dove nel primo alla<br />

base Chardonnay è sposata l’antica varietà<br />

a bacca bianca Sciaglin, mentre nel<br />

secondo il Merlot spartisce il palcoscenico<br />

con il Piculit Neri. Oggi è un nuovo<br />

capitolo quel che viene scritto da Albino<br />

Armani di questa straordinaria storia.<br />

Con l’orizzonte che si allarga ulteriormente<br />

grazie all’esordio, in occasione<br />

di Vinitaly <strong>2024</strong>, di una versione 2.0<br />

di Terre di Plovia, composta da due nuove<br />

etichette, entrambe Igt Venezia Giulia, da vitigni<br />

autoctoni in purezza che prendono il nome dalle uve<br />

stesse che li definiscono: Sciaglin e Ucelut. Delle prime,<br />

dalla lingua friulana “s’ciale”, ovvero terrazzamento,<br />

si hanno testimonianze già nell’Alto<br />

Medioevo; delle seconde, il cui nome richiama<br />

le cosiddette uve uccelline, quelle che crescono<br />

spontaneamente ai margini dei boschi e di<br />

cui gli uccelli vanno ghiotti, si ha notizia della<br />

progressiva scomparsa dopo la metà del secolo<br />

scorso. Proprio come in Vallagarina, la<br />

famiglia Armani ha deciso di recuperarle<br />

e metterle nuovamente a dimora nei<br />

vigneti di Valeriano, nel comune di Pinzano<br />

al Tagliamento, nel Friuli nord-orientale,<br />

zona collinare con intense<br />

escursioni termiche e precipitazioni,<br />

dove il terreno è composto principalmente<br />

da limo, sabbia e argilla. Proprio<br />

qui, lo Sciaglin e l’Ucelut hanno trovato<br />

una terra d’elezione per esprimere il<br />

loro carattere più autentico e la loro unicità.<br />

Con il primo, vino dai toni decisi,<br />

con eleganti espressioni di erbe e fiori<br />

di campo, verticale in bocca e una forte<br />

spalla acida con un bel finale sapido che<br />

promette longevità; mentre il secondo,<br />

dal profilo elegante, dai profumi floreali<br />

di fiori d’acacia e fiori di campo, morbido<br />

al palato, pur mantenendo la piacevole<br />

freschezza e sapidità che ne esaltano il<br />

gusto. Due etichette che raccontano molto<br />

più di quel che si può assaggiare nel calice. Nella realizzazione<br />

di questo progetto, infatti, Albino Armani<br />

si è calato non solo in un ragionamento di salvaguardia<br />

e tutela del territorio, ma anche e soprattutto in una<br />

dimensione culturale dove il vino non è mai il fine ma<br />

un mezzo per divenire esso stesso primo protagonista<br />

nella conservazione dei luoghi in cui nasce.


vendemmia<br />

vendemmia<br />

1993 2023


14<br />

PROTAGONISTI<br />

Palazzo di Varignana:<br />

annata da ricordare<br />

Sangiovese, Pinot Nero e Chardonnay: l’eleganza delle<br />

sabbie gialle e l’unicità dei suoli sulle colline bolognesi<br />

La storia di Palazzo di Varignana si rinnova<br />

anno dopo anno tra i filari che ricamano<br />

le pendici di un anfiteatro naturale a pochi<br />

km da Bologna, sulle colline tradizionalmente<br />

vocate per Sangiovese, Malbo<br />

Gentile e Pignoletto. Qui, ad un’altitudine che varia<br />

tra i 150 e i 230 metri s.l.m., insenature e calanchi<br />

forgiati dal tempo e dalla natura favoriscono con<br />

la loro peculiare conformazione la circolazione di<br />

correnti fresche provenienti dai monti: in estate<br />

un giovamento per i grappoli, cui garantiscono<br />

una lenta ed equilibrata maturazione, durante<br />

l’inverno una protezione per la vigna. Poi c’è<br />

la mano dell’uomo, che ha dato vita al progetto<br />

vitivinicolo firmato Palazzo di Varignana,<br />

che si affianca a quello dedicato alla<br />

coltivazione e valorizzazione di antiche varietà<br />

di olivi autoctoni, estesi per oltre 242<br />

ettari, per la produzione di un Olio Extravergine<br />

tra i più premiati e riconosciuti al<br />

mondo. All’interno degli oltre 650 ettari<br />

di terreni, a trovare spazio sono 57 ettari<br />

di vigneti, 3mila metri di orto, un vasto<br />

frutteto e una originalissima e rara produzione<br />

di zafferano. Ma è il vino che, sulle<br />

colline situate tra la Vena del Gesso e la<br />

Via Emilia, dove i crinali dell’Appennino<br />

emiliano-romagnolo si rivolgono a nord,<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

in direzione della Pianura Padana,<br />

assume colori e tonalità uniche per<br />

la zona. Già, perché non solo di Sangiovese<br />

si parla quando si fa riferimento<br />

a Palazzo di Varignana. Qui,<br />

al cuore dell’Emilia, la celebrazione<br />

del vitigno principe a queste latitudini<br />

sposa il carattere internazionale<br />

di Pinot Nero, declinato sia in una<br />

bollicina Metodo Classico, ma soprattutto<br />

nell’elegante setosità<br />

della sua versione rossa ferma, e<br />

dello Chardonnay. A fare oggi<br />

capolino è nuova annata sulle<br />

colline di Varignana, iniziando<br />

da quel Sangiovese Superiore<br />

2021 Romagna Doc<br />

che affonda in profondità le<br />

sue radici nell’identità del<br />

territorio in cui prende vita.<br />

Snello, fresco ed equilibrato<br />

con una vibrante parte tannica, racconta<br />

l’anima delle sabbie calcaree dei<br />

suoli di Varignana, regalando un finale<br />

sapido e persistente che ne delinea<br />

l’unicità. “Il Sangiovese di Romagna è<br />

un vitigno di grandi forza e carattere”,<br />

spiega l’enologo Umberto Marchiori<br />

di Uva Sapiens S.r.l. “Nei suoli di Palazzo di Varignana<br />

si è trovato subito a suo agio, essendo uno dei territori<br />

che storicamente lo ha visto protagonista fin dai suoi<br />

natali. Un ambiente autentico, ancestrale, con suoli severi<br />

e magri, di sabbie gialle e calanchi azzurri, matrici<br />

che mettono il vitigno nelle condizioni<br />

di doversi dedicare alla maturazione<br />

delle uve con tutte le proprie capacità<br />

e risorse. Proprio il connubio tra una<br />

genetica vigorosa e un contesto asciutto<br />

e snello ha prodotto per contrasto un<br />

grande risultato sia viticolo sia enologico”.<br />

Ma cosa evidenzia nel calice la<br />

specificità del Sangiovese firmato da<br />

Palazzo di Varignana? “La forza di un<br />

carattere autentico e sincero che si<br />

regala completamente sin dal primo<br />

sorso”, prosegue Marchiori.<br />

“Un tono rubino, intenso e profondo,<br />

un naso molto contemporaneo,<br />

vivace e articolato<br />

dalla piccola frutta colorata<br />

alle spezie, dai fiori viola alle<br />

fragranze balsamiche. Al palato<br />

regala tutta l’energia che la<br />

vite ha condensato nelle uve:<br />

fresco e sostenuto all’ingresso,<br />

vibrante al centro bocca,<br />

saporito e consistente nella<br />

matrice di frutta e spezia”.<br />

Un’eleganza nella struttura e<br />

un racconto della tipicità di<br />

un territorio che si ritrovano<br />

tratteggiate anche nelle altre<br />

due produzioni di punta di Palazzo<br />

di Varignana: il Pinot Nero 2022 Rubicone Igt e<br />

lo Chardonnay 2023 Colli d’Imola Doc. Il primo, sorprendente<br />

ode al principe dei vitigni internazionali, al<br />

palato è una carezza vellutata, succulento nel<br />

frutto ben definito, in un perfetto equilibrio<br />

che ne esalta piacevolezza e delicata persistenza.<br />

Il secondo, poliedrica varietà che ha<br />

individuato in Varignana un microclima per<br />

esprimere la qualità che l’ha resa famosa, vede<br />

le forti escursioni termiche tra giorno e notte<br />

esaltarne il potenziale aromatico, rendendolo<br />

nel calice ricco e suadente. “Il Pinot Nero<br />

2022 ha una grande stoffa”, sottolinea<br />

Umberto Marchiori in merito alla nuova<br />

annata all’esordio. “Emergono delle<br />

fragranze varietali molto eleganti<br />

ed intense. Complice l’annata calda<br />

e asciutta i toni rimangono nitidi e<br />

concentrati, naso di grande ampiezza<br />

e sorso pieno, fine e setoso”. E anche<br />

per il suo “gemello” in bianco, la release<br />

sul mercato è di quelle da ricordare.<br />

“Lo Chardonnay 2023 regala<br />

uno dei più intriganti esempi di vino<br />

bianco del territorio”, prosegue l’enologo.<br />

“Lo spirito internazionale del vitigno<br />

declina con superba freschezza<br />

ed armonia la luminosità dei vigneti<br />

collinari di Palazzo di Varignana. Sicuramente<br />

un’esperienza gratificante<br />

perfettamente comprensibile sin dal<br />

suo esordio”. Due espressioni di un<br />

progetto vitivinicolo nato sotto la stella<br />

dell’eccellenza, che oggi anche sul lato<br />

delle bollicine ha visto la “famiglia” allargarsi con l’arrivo<br />

del Blanc de Blancs Metodo Classico Villa Amagioia,<br />

da uve Chardonnay e Pinot Bianco, che si affianca<br />

all’iconico Blanc de Noirs 100% Pinot Nero, ma nel<br />

futuro è pronta a stupire con due nuove espressioni in<br />

rosso che arricchiranno ulteriormente il racconto di<br />

un territorio unico.


16<br />

EXPERIENCE<br />

Storia di due mondi, che lungo il corso dei<br />

secoli ha contribuito a forgiare quella delle<br />

due Denominazione che si “spartiscono” i<br />

vigneti di una tra le più longeve proprietà<br />

del vino di Toscana. Siamo a Gaggiano, a<br />

300 metri di altitudine sui colli del Chianti Classico<br />

lungo la strada che da Poggibonsi porta a<br />

Castellina. Qui, nel 1705, viene scritto<br />

il primo capitolo di Melini. Come<br />

ci racconta Alessandro Zanette,<br />

enologo e direttore della tenuta.<br />

“Melini di storia ne ha<br />

davvero tante da raccontare”,<br />

esordisce. “A oggi, rappresenta<br />

uno dei marchi toscani<br />

del vino più longevi e, da più<br />

di 300 anni, la sua caratterizzazione<br />

è sempre stata quella<br />

di occuparsi esclusivamente di<br />

Toscana”. Un elemento distintivo,<br />

questa scelta produttiva e commerciale:<br />

tanto che, a più riprese, le evoluzioni stesse<br />

di due delle Denominazioni più note del vino della<br />

regione, Chianti e Chianti Classico, si sono intrecciate<br />

con quella dell’azienda e della famiglia fiorentina<br />

che diede il via all’attività. Una storia che lo stesso<br />

enologo e direttore della tenuta contribuisce a scrivere<br />

da più di 15 anni. “La mia storia in Melini inizia nel<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

2007, subito dopo il termine dei miei studi”, riprende<br />

Zanette. “Ho cominciato così un precorso che mi<br />

ha condotto fino alla guida di una realtà che possiede<br />

556 ettari di proprietà nella zona tra Siena e Firenze,<br />

con un vigneto che copre un’area di 86 ettari, tagliati<br />

da quella strada che unisce Castellina a Poggibonsi<br />

che rappresenta lo spartiacque tra le denominazioni<br />

del Chianti, dove vantiamo<br />

25 ettari, e del Chianti Classico, su<br />

cui insiste il resto del parco vitato”.<br />

Sono, dunque, le diverse<br />

anime del vino del vasto<br />

universo del Chianti a<br />

svilupparsi all’interno di<br />

un ecosistema inglobato<br />

in una riserva naturalistica,<br />

il Bosco di Sant’Agnese<br />

tra Castellina e San<br />

Donato in Poggio, che è la<br />

più grande cipresseta da seme<br />

del Mediterraneo. Un microcosmo<br />

che si può osservare in tutta la sua<br />

articolazione fin dall’etichetta dei vini firmati<br />

Melini, su cui è riportata la mappa della tenuta,<br />

con il suo vigneto suddiviso in cinque poderi<br />

Cru, lascito dell’epoca della mezzadria. “All’inizio<br />

del progetto di Melini siamo semplicemente<br />

andati alle nostre origini, rileggendo quella che<br />

Il colorato mosaico<br />

di Poderi Melini<br />

Cinque espressioni differenti nel calice<br />

di una storia lunga oltre 300 anni<br />

era la storia della proprietà”, spiega<br />

Zanette. “Da qui sono nati vini frutto<br />

dell’espressione dei vigneti situati<br />

in questi cinque poderi Cru, con<br />

le loro specificità e caratteristiche<br />

peculiari”. Un tragitto geograficamente<br />

non particolarmente ampio<br />

quello che separa la cantina dalla<br />

proprietà più remota, il Podere<br />

Coltri, ma in quei 5 km è racchiuso<br />

un mondo intero. È un<br />

vero e proprio mosaico quello<br />

che prende vita al suo interno,<br />

con tasselli molto diversi<br />

tra loro sia se parliamo di<br />

suoli, sia se si fa riferimento<br />

alle epoche geologiche che<br />

stanno all’origine di ciascuna<br />

area. “In sintesi, ritroviamo<br />

cinque differenti<br />

terroir da cui non posso che<br />

nascere altrettanti vini con<br />

espressioni e anime molto<br />

differenti l’una dall’altra”,<br />

sottolinea l’enologo di Melini.<br />

Sangiovese, ma non<br />

solo. Prima, però, di parlare<br />

di varietà ed espressioni<br />

peculiari di ciascuna area,<br />

occorre comprendere quale<br />

sia il fil rouge in cantina<br />

che fa da comun denominatore<br />

a Poderi Melini e che si<br />

sviluppa attorno a un unico precetto.<br />

“La filosofia di base del nostro approccio è sempre la<br />

stessa: per ciascun prodotto a cui diamo vita miriamo<br />

innanzitutto al rispetto della materia prima, poi<br />

all’espressione più fedele possibile<br />

della storia del vigneto e dell’annata,<br />

così che in cantina le scelte<br />

divengano piuttosto semplici e<br />

spontanee”, sottolinea Zanette.<br />

“Da un punto di vista delle vinificazioni<br />

operiamo in maniera tradizionale:<br />

macerazioni più o meno<br />

lunghe, a seconda dei singoli casi e<br />

della propensione di uve e terroir,<br />

poi un approccio poco invasivo,<br />

con basse temperature<br />

di fermentazione per preservare<br />

la nota fruttata”.<br />

La direzione che viene<br />

presa è sempre quella di<br />

una valorizzazione delle<br />

caratteristiche intrinseche<br />

dell’uva di ciascun<br />

vigneto, dando così forma<br />

al vino che ogni podere è<br />

portato a regalare. “Non<br />

parliamo solo di Sangiovese<br />

quando facciamo riferimento<br />

a Poderi Melini”,<br />

evidenzia il direttore.<br />

“Infatti, in uno dei tasselli<br />

del nostro mosaico, Bonorli,<br />

cresce il Merlot con<br />

cui diamo vita all’omonimo<br />

Igt in stile Supertuscan.<br />

La scelta del vitigno<br />

è conseguenza dell’arenaria<br />

calcarea che definisce<br />

il suolo del podere, che<br />

porta a un matrimonio<br />

perfetto con quest’uva. La<br />

zona, poi, è piuttosto fresca, anche perché i 7,5 ettari<br />

di vigneto sono immersi in un bosco che porta ad ave-


17<br />

re temperature medie di un paio di<br />

gradi più basse delle aree vicine.<br />

Quel che nasce è così un Merlot<br />

molto elegante e con delle note balsamiche<br />

di sottobosco nitide che lo<br />

rendono un’opzione di beva particolarmente<br />

fresca e che non affatica”.<br />

Di fronte a Bonorli, nel podere<br />

Coltri, il più remoto rispetto alla<br />

cantina, troviamo invece dello<br />

Chardonnay. “Una scelta, quella<br />

d’impiantare quest’altra varietà<br />

internazionale, tutt’altro<br />

che casuale, perché si<br />

tratta della proprietà più<br />

in alto, anch’essa coronata<br />

dal bosco, ma soprattutto<br />

di una zona caratterizzata<br />

dalla presenza<br />

di galestro, che<br />

regala ai vitigni<br />

a bacca bianca<br />

espressioni croccanti<br />

e minerali,<br />

che invitano alla<br />

beva”. Poi, c’è<br />

il caso del Cru<br />

più piccolo della<br />

proprietà,<br />

quella della<br />

collina di<br />

Poggio a’<br />

Rosi tutta<br />

esposta<br />

a Nord.<br />

“ D u n q u e ,<br />

con meno irraggiamento e temperature<br />

più basse”, spiega Zanette. “Elementi<br />

che hanno condotto a optare<br />

per impiantare del Pinot Nero sui<br />

suoi terreni calcarei. Un vitigno che,<br />

nel corso degli anni, abbiamo imparato<br />

a vinificare in rosato: una vera<br />

e propria particolarità per questo<br />

angolo di Toscana”. Si arriva così al<br />

Sangiovese, che è principe in Poderi<br />

Melini. “Lo troviamo a San Lorenzo<br />

e a Granaio: nel primo Cru prende<br />

vita un Chianti Superiore Docg,<br />

dalla seconda un Chianti Classico<br />

Docg”, evidenzia l’enologo. Un caso<br />

particolare, questo di due poggi che<br />

si specchiano a distanza di 1,5 km,<br />

ma che nei suoli raccontano di un<br />

balzo geologico di circa 120 milioni di<br />

anni. “A San Lorenzo, troviamo 100% tufo senese<br />

con le sue sabbie giallo ocra di origine marina;<br />

a Granaio, invece, siamo su un terreno molto più<br />

antico, vecchio di 130 milioni di anni, con l’alberese,<br />

marna calcarea tipica del Chianti Classico”,<br />

spiega Zanette. “È così che da una parte<br />

nasce un Sangiovese fresco e fruttato, capace di<br />

dare il meglio di sé in quattro o cinque anni,<br />

per vini molto rotondi, piacevoli, immediati,<br />

dai tannini contenuti; dall’altra, invece,<br />

la varietà si esprime con toni molto<br />

più strutturati e acidi, con una frutta<br />

che vira su marasca, ciliegia, fino a note<br />

balsamiche molto interessanti, per vini<br />

estremamente più longevi, come ancora<br />

oggi dimostrano le vecchie annate di<br />

Granaio che conserviamo in cantina, a<br />

partire dalla prima del 1969: un rosso<br />

ancora vivo e godibile pur non essendo<br />

stato all’epoca concepito con l’idea<br />

di dover durare così a lungo nel tempo,<br />

non essendo una Riserva”. Uno sguardo<br />

al passato, per parlare già oggi la lingua<br />

del vino di domani. “Nel futuro prossimo<br />

di Melini c’è il consolidamento di<br />

un progetto che abbiamo rilanciato nel<br />

2023: si tratta di una novità con una<br />

grande storia alle spalle”, sottolinea Zanette.<br />

“E l’ago della bussola indica proprio<br />

la direzione di quella che è l’identità<br />

coltivata da oltre tre secoli in questa<br />

realtà, che oggi si sviluppa nella diversità<br />

delle cinque etichette che ne definiscono<br />

la complessità e la stratificazione<br />

sotto il profilo dei suoli e dei vini”. Questo,<br />

in definitiva, è Poderi Melini: un grande mosaico di<br />

diversità che chiede soltanto di essere scoperto un<br />

sorso dopo l’altro.<br />

EXPERIENCE


18<br />

TREND<br />

Resonant: cambiare il mondo<br />

rivitalizzando il suolo<br />

La sfida della sostenibilità passa dalla vitalità del terreno:<br />

la tecnologia Sop Inside migliora l’uva e il vino stimolando il microbiota<br />

DI ROBERTA RANCATI<br />

U<br />

na tecnologia innovativa, una grande ambizione, un<br />

obiettivo forte: è questa la ricetta di Resonant, l’azienda<br />

che ristabilendo l’equilibrio tra la pianta e il microbiota<br />

del suolo punta a migliorare il Pianeta e il mondo<br />

del vino. Una realtà, quella guidata dal founder Marco<br />

Poggianella, che si dedica a valorizzare le intrinseche<br />

potenzialità dei terreni, mitigando così gli effetti dei<br />

cambiamenti climatici sul sistema viticolo e favorendone<br />

al contempo l’adattamento.<br />

Che cos’è Resonant<br />

“La nostra ambizione è mitigare gli effetti dei cambiamenti<br />

climatici sul sistema viticolo favorendone al<br />

contempo l’adattamento”, spiega Marco Poggianella,<br />

founder di Resonant. “Lo facciamo aiutando i viticoltori<br />

a superare le sfide della sostenibilità, riducendo i<br />

concimi di sintesi e le emissioni di gas serra e gas inquinanti”.<br />

Alla base di questo impegno è la tecnologia<br />

Sop Inside, frutto di più di vent’anni di sperimentazione<br />

nel campo agricolo e dell’allevamento e di numero-<br />

si studi a livello internazionale. Una vera rivoluzione<br />

che permette di abbattere le emissioni di ammoniaca<br />

e protossido di azoto dalle coltivazioni riducendo o<br />

eliminando i fertilizzanti chimici, limitando in maniera<br />

sostanziale il loro impatto negativo sulla salute del<br />

suolo e dell’acqua, e sul clima.<br />

“I nostri prodotti per i vigneti sono creati su misura per<br />

ogni esigenza vitivinicola, e permettono di mantenere<br />

terreni più fertili e produttivi, nei quali le viti possano<br />

crescere più sane e resilienti e affrontare così al meglio<br />

le problematiche legate al cambiamento climatico”,<br />

spiega Poggianella. “I nostri prodotti permettono di<br />

sviluppare un microbiota del suolo sano, migliorandone<br />

la biodiversità e aiutando così le viti a rimanere più<br />

produttive e resilienti allo stress idrico e termico”.<br />

Da qui, poi, l’equazione è presto fatta: con viti più sane<br />

e attive si potrà avere un’uva migliore, che darà vita a<br />

un vino più complesso, di migliore qualità e maggiore<br />

espressività ricavata dal terreno in cui vive e prende<br />

forma. “Lo scopo ultimo della nostra tecnologia è non<br />

solo quello di avere terreni più attivi per vigne migliori<br />

ma anche di lasciare ai nostri figli un mondo miglio-<br />

“ UN GIORNO, NELLE SCHEDE<br />

TECNICHE DEI VINI VORREMMO<br />

LEGGERE: QUESTO VINO NASCE<br />

DA TERRENI RICCHI E VITALI ”


19<br />

re di quello che abbiamo trovato”, aggiunge il founder<br />

di Resonant. “Lavoriamo allo sviluppo del terroir del<br />

vino per migliorarne la vitalità: la nostra ambizione è<br />

che si sposti l’attenzione più sugli aspetti vitali del terreno<br />

che sui suoi aspetti minerali”.<br />

Per un vino da terreni ricchi e vitali<br />

È un vero e proprio cambiamento di paradigma quello<br />

che mira a promuovere Marco Poggianella e il suo<br />

team. “Un giorno, nelle schede tecniche dei vini vorremmo<br />

leggere: questo vino nasce da terreni ricchi e<br />

vitali”, sottolinea. “Sarà quello il giorno in cui daremo<br />

importanza alla parte produttiva e fertile del suolo,<br />

invece di darne solo a quella minerale ed inerte. Sarà<br />

un passo avanti verso una viticoltura che riconosce e<br />

rispetta la complessità e l’interconnessione della vita<br />

del suolo, sottolineando l’importanza di pratiche sostenibili<br />

che nutrono la terra da cui nascono vini meravigliosi”.<br />

Quella di Resonant, d’altronde, è una storia che fin dai<br />

primi anni 2000 parla di un lavoro a stretto contatto<br />

con agricoltori e aziende agricole al fine di perfezionare<br />

soluzioni efficaci attraverso il continuo sviluppo<br />

della tecnologia Sop Inside e delle sue numerose applicazioni<br />

in diversi settori, come quello agricolo, vitivinicolo<br />

e zootecnico.<br />

“Dopo numerose ricerche scientifiche e test sul campo<br />

in Europa e negli Stati Uniti, la tecnologia Sop<br />

Inside è stata distribuita con successo in numerosi<br />

mercati in tutto il mondo”, spiega Poggianella. “Da<br />

Sop S.r.l Società Benefit nasce la linea di prodotti<br />

Resonant, sempre dotata di tecnologia innovativa<br />

denominata Sop Inside, che permette di ottenere la<br />

sostenibilità economica e ambientale in settore agricolo,<br />

vitivinicolo e zootecnico. Abbiamo stretto collaborazioni<br />

con aziende multinazionali e agricoltori<br />

e abbiamo testato la nostra efficacia alcune delle migliori<br />

università di tutto il mondo, per garantire un<br />

impatto reale e duraturo sulla vita degli agricoltori e<br />

nella lotta al cambiamento climatico”.<br />

La storia di Marco Poggianella: come la<br />

tecnologia Sop Inside migliora la viticoltura<br />

Da sempre appassionato di fisica e fenomeni naturali,<br />

dopo anni di ricerche e osservazioni nel 2001 Marco<br />

Poggianella concretizza le sue intuizioni fondando<br />

l’azienda Sop - Save the Planet divenuto nel tempo un<br />

“ LA NOSTRA AMBIZIONE È MITIGARE<br />

GLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI<br />

CLIMATICI SUL SISTEMA VITICOLO<br />

FAVORENDONE AL CONTEMPO<br />

L’ADATTAMENTO ”<br />

gruppo internazionale con aziende in Europa e in Usa.<br />

Per una realtà oggi sempre più impegnata a sviluppare<br />

e diffondere pratiche agricole sostenibili, dimostrando<br />

il potere dell’approccio sistemico nell’armonizzare le<br />

attività umane con i cicli naturali del Pianeta.<br />

Una leadership, quella di Poggianella, che riflette<br />

un impegno verso la sostenibilità che ispira azioni<br />

concrete per un futuro in cui l’economia e l’ecologia<br />

procedano mano nella mano. La sua voce, non a caso,<br />

è stata protagonista anche in numerosi convegni internazionali<br />

dedicati alla lotta contro i cambiamenti<br />

climatici, relatore in eventi di spicco quali UN Global<br />

Compact e le conferenze COP (25, 26, 27, 28). Autore,<br />

con Alessio Brusemini, del libro “The Possible<br />

Company - Come fare impresa con gli Obiettivi per<br />

lo Sviluppo Sostenibile”, un’opera che esplora come le<br />

aziende possano crescere adottando pratiche sostenibili,<br />

Marco Poggianella ha dato vita nel 2021 alla linea<br />

di prodotti Resonant, frutto di formule ottimizzate e<br />

test scientifici in campo, che ha applicato gli studi legati<br />

allo sviluppo della tecnologia Sop Inside ai prodotti<br />

per la viticoltura.<br />

“I nostri trattamenti per i vigneti sono creati su misura<br />

per ogni esigenza enologica, e permettono di ottenere<br />

terreni più fertili e produttivi, nei quali le viti possano<br />

crescere più sane e affrontare al meglio il cambiamento<br />

climatico”, sottolinea. Due esempi su cui si sono ottenuti<br />

ottimi risultati nel corso degli anni sono quelli<br />

delle gemme cieche e dello stress idrico.<br />

In primavera la natura comincia lentamente a risvegliarsi,<br />

l’aria si riscalda e le viti iniziano ad ingrossare<br />

le delicate gemme, preparandosi al germogliamento.<br />

Spesso un buon numero di esse non riescono a portare a<br />

termine il processo, per questo vengono definite gemme<br />

cieche. La causa è data da primavere secche, con poche<br />

precipitazioni, che non permettono alla pianta di avere<br />

abbastanza linfa per poter far schiudere tutte le preziose<br />

gemme. Meno germogli uguale a meno grappoli: il fenomeno<br />

delle gemme cieche porta, infatti, a una riduzione<br />

della produzione anche fino al 30 o 40%. “Nel 2023 i<br />

dati raccolti dal nostro team di ricerca e sviluppo hanno<br />

evidenziato come i prodotti Fortify abbiano ridotto il<br />

numero di gemme cieche, rispetto al non trattato, fino<br />

al 30%”, spiega il founder di Resonant.<br />

Discorso simile quando si parla di stress idrico, un<br />

problema che la vite si trova a fronteggiare sempre più<br />

spesso, a causa della carenza di precipitazioni dovuta<br />

anche al cambiamento climatico. “Si tratta di un vero e<br />

proprio stress che può comportare una riduzione della<br />

produzione e anche della qualità dell’uva, a causa di<br />

un’insufficiente elaborazione fotosintetica”, evidenzia<br />

Poggianella. “Nel 2023 nonostante la stagione altalenante<br />

e picchi di caldo e siccità, i prodotti Resonant<br />

hanno permesso un maggiore sviluppo radicale, il che<br />

ha consentito una migliore idratazione e il corretto<br />

sviluppo delle viti”. Perchè per far grande un vino ci<br />

vuole innanzitutto un suolo vivo e in perfetto equilibrio<br />

con la pianta.<br />

TREND


20<br />

HO.RE.CA<br />

Il volto spumeggiante<br />

di Pellegrini<br />

Dall’Italia alla Francia, le bollicine<br />

secondo il distributore bergamasco<br />

Nel mondo dinamico della distribuzione<br />

di vini e distillati, rimanere all’avanguardia<br />

è essenziale per riuscire a soddisfare<br />

le esigenze mutevoli dei consumatori. In<br />

questo contesto, anche quando si parla<br />

di bollicine, Pellegrini S.p.A. si conferma un faro di<br />

eccellenza. Costantemente impegnata a individuare<br />

soluzioni e introdurre nuovi prodotti<br />

esclusivamente destinati al canale Horeca<br />

all’interno del suo vasto portfolio, il<br />

distributore bergamasco è un partner<br />

efficace e strategico quando si tratta<br />

di creare proposte d’eccellenza e<br />

performanti al calice. Proprio come<br />

dimostrano, anche in questo <strong>2024</strong>,<br />

i nuovi e interessanti inserimenti<br />

a catalogo di spumanti pronti ad<br />

arricchire le carte vini di questa<br />

primavera e dell’estate che seguirà.<br />

Quali sono dunque le<br />

proposte effervescenti che Pellegrini<br />

S.p.A. presenta in vista<br />

della nuova stagione? “Tutti i<br />

produttori e i relativi prodotti presenti nel<br />

nostro catalogo sono stati selezionati partendo<br />

da precisi concetti che si possono<br />

riassumere in una frase: progetti agricoli<br />

fortemente identitari dei diversi territori<br />

DI IRENE FORNI<br />

di produzione, e, anche per i vini spumanti,<br />

negli anni è stata sempre seguita questa regola”,<br />

sottolinea Pietro Pellegrini, presidente<br />

di Pellegrini S.p.A. Non rimane, dunque, che<br />

andare alla scoperta di queste bollicine per il<br />

<strong>2024</strong> a iniziare dalla prima grande novità: la<br />

bollicina tutta da provare dello Spumante<br />

Metodo Classico Cuvée ’85 Brut Trento<br />

Doc di Monfort. L’azienda, fondata nel<br />

comune di Palù di Giovo in Valle di Cembra,<br />

venne trasferita nel 1951 dalle pendici del<br />

monte al borgo di Lavis, in Valle d’Adige, dove<br />

iniziò un percorso di crescita dedicato alla produzione<br />

di vini trentini di qualità. Fu nel 1985<br />

che Monfort lanciò il suo primo spumante Metodo<br />

Classico: il nome “Cuvée ‘85”, a memoria<br />

dell’annata d’esordio, testimonia la presenza e<br />

l’impegno durevole nel produrre “bollicine di<br />

montagna”. Un Trento Doc dal perlage fine e<br />

persistente con profumi netti, intensi e fruttati.<br />

Sorso secco, pieno, fragrante, e ben equilibrato.<br />

È da considerarsi uno spumante a tutto pasto,<br />

il classico vino delle ricorrenze per dare inizio<br />

alla festa. La spumeggiante rassegna del catalogo Pellegrini<br />

S.p.A. prosegue con il Franciacorta Brut Docg Dosaggio<br />

Zero Ammonites di Stefano Camilucci. Ci troviamo nel<br />

cuore della Franciacorta, in una bellissima zona collinare<br />

particolarmente vocata per la viticoltura, con vigneti nei<br />

comuni di Rodengo Saiano, Ome, Monticelli<br />

Brusati e Gussago, a pochi Km di distanza dal<br />

lago d’Iseo e da Brescia. Negli anni, Stefano Camilucci<br />

ha fatto di un’antica attività di famiglia<br />

la sua vita, arrivando così a produrre vini come<br />

“Ammonites” un Franciacorta Dosaggio Zero<br />

nato da una ricercata selezione di uve Chardonnay,<br />

Pinot Nero e Pinot Bianco, vinificate<br />

separatamente e poi armonicamente<br />

riunite, alle quali il tempo dona evoluzioni<br />

di sapori e profumi. È un Brut che si<br />

adatta ad ogni occasione, grazie alla freschezza<br />

delle sue note, all’eleganza ed<br />

all’armonia dei suoi profumi. Equilibrato,<br />

fresco, di carattere, ottimo per aperitivi<br />

e perfetto per accompagnare tutte le<br />

portate. Per completare un tridente tutto<br />

tricolore, una sorprendete proposta<br />

arriva da un territorio in forte ascesa con<br />

l’Alta Docg Docg Dosaggio Zero Numero<br />

Primo di Castello di Perno. Il “Numero<br />

Primo” è uno spumante Metodo Classico<br />

Millesimato composto da uve Pinot Nero<br />

e Chardonnay: le prime danno struttura, densità e persistenza<br />

gusto-olfattiva, mentre la piccola percentuale delle<br />

seconde regala la giusta morbidezza di gusto. Ogni sorso di<br />

questo Alta Langa è pura espressione del territorio. Per un<br />

vino grintoso ed energico, ma allo stesso tempo elegante.<br />

Il viaggio continua, ma questa volta cambiando territorio:<br />

si vola in Francia. Le proposte di Pellegrini S.p.A. in fatto<br />

di bolle sanno allietare tutti i gusti, dai più esigenti ai più<br />

disinvolti e volenterosi di fare nuove scoperte. Nel territorio<br />

francese d’elezione per le bollicine ritroviamo così lo<br />

Champagne Veuve Fourny & Fils Grand Terroir<br />

Brut Premier Cru. Se la Champagne è territorio<br />

capace di regalare grandi emozioni, con i fratelli<br />

Fourny evoca anche la passione di un’artigianalità<br />

ereditata dalle quattro precedenti generazioni<br />

di Vigneron che li hanno preceduti. Grazie a vigneti<br />

coltivati seguendo pratiche e principi meticolosi,<br />

il loro Grand Terroir Brut Premier Cru<br />

è uno Champagne dallo stile puro e raffinato,<br />

che privilegia l’eleganza e la freschezza, con<br />

un bell’equilibrio di vivacità e rotondità. Ma<br />

l’offerta d’Oltralpe di Pellegrini S.p.A. spazia<br />

ben oltre la Champagne, a iniziare da un’altra<br />

bolla francese di diverso approccio, ma<br />

al contempo interessante e versatile come<br />

il Crémant de Bourgogne Brut Organic<br />

Henri Champliau. Una produzione firmata<br />

da un’azienda familiare che realizza vini<br />

spumanti a Mercurey, nel cuore della Côte<br />

Chalonnaise, fondata da Alexandre<br />

Graffard, nipote di Henri Champliau.<br />

Da uve Chardonnay, questa<br />

raffinata bollicina si presenta con<br />

note delicate di frutta bianca al<br />

naso, chiaro e preciso al palato:<br />

la sorprendente finezza e la mineralità accentuata<br />

sono poi il marchio dei migliori spumanti di<br />

Borgogna. Perfetto per l’aperitivo, può essere<br />

bevuto anche con pesce e carni bianche fino ai<br />

dessert. La conclusione di questo viaggio nelle<br />

effervescenti proposte del catalogo Pellegrini<br />

S.p.A. è con il Crémant d’Alsace Brut di<br />

Willm. L’azienda si trova a 36 Km a sud di<br />

Strasburgo, sulla strada dei vini d’Alsazia, e<br />

produce un’ampia selezione di vini di alta<br />

qualità. Come questo Crémant d’Alsace<br />

Brut da uve Pinot Blanc e Auxerrois, che<br />

si presenta con un naso molto espressivo<br />

dove si percepiscono sentori di pesca, albicocca<br />

e note tostate. Un vino strutturato<br />

ed equilibrato, perfetto per il momento<br />

dell’aperitivo o da degustare con antipasti<br />

leggeri di verdure o pesce.


Selezionati e distribuiti da Pellegrini S.p.A.<br />

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BEVI RESPONSABILMENTE


22<br />

GIRAMONDO<br />

Una verticale da sogno nel calice per toccare<br />

con mano le origini della Roja. Sorsi che<br />

parlano di storie e incontri tra famiglie, di<br />

un’eccellenza del vino che piace sempre<br />

più in Italia, di una rivoluzione portata in<br />

bottiglia che ha saputo conquistare, di generazione in generazione,<br />

i palati più raffinati. Una vera e propria epopea<br />

che ha avuto inizio nel 1852 e, un passo alla volta,<br />

ha condotto fino all’incontro milanese in<br />

un tempio dell’eccellenza gastronomica<br />

come Il Luogo di Aimo e Nadia. Al<br />

centro del proscenio un’icona come<br />

il Castillo Ygay di Marqués de Murrieta,<br />

che Carlo Alberto e Leonardo<br />

Sagna, importatori dell’azienda<br />

spagnola in Italia, hanno raccontato<br />

in compagnia di Gianluca Petruzzi,<br />

export manager della storica realtà.<br />

Un procedere à rébours che dall’annata<br />

2012 ha condotto fino a un leggendario<br />

1968. Ma quella di Marqués de Murrieta è una<br />

storia che, come detto, va ben più indietro nel tempo,<br />

conducendo dritti fino all’origine dei vini della Rioja. È<br />

un racconto che ruota attorno alla figura di Luciano de<br />

Murrieta, militare e uomo d’affari che, dopo innumerevoli<br />

peripezie, a metà del XIX secolo decidi di “importare”<br />

dal Médoc le tecniche di vinificazione che avevano<br />

resi grandi i vini di Bordeaux nel mondo per applicarle<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

alle produzioni della regione spagnola. Primo tra tutti fa<br />

suo il concetto di Château, con il corpo vitato intorno alla<br />

cantina che ancora oggi regala la fisionomia all’azienda<br />

spagnola che porta il suo nome. Composta da 300 ettari<br />

di vigneti, la tenuta Ygay, situata a pochi chilometri<br />

da Logroño, è uno dei più grandi vigneti della Rioja. Un<br />

vero e proprio microcosmo, quello che circonda la cantina<br />

che nel 2022 ha visto l’apertura delle porte<br />

del nuovo centro produttivo, progetto d’investimento<br />

high tech di 25mila metri<br />

quadri che si completerà nel 2027 con<br />

la parte del complesso che verrà dedicata<br />

all’Hospitality di lusso. Ygay,<br />

così com’è stata concepita fin dalle<br />

origini, consente in questo modo il<br />

controllo diretto di ogni fase della<br />

produzione. E se il passaggio delle<br />

uve dal vigneto alla cantina è immediato,<br />

garantendo la massima qualità di<br />

quanto giunge in pressa, nel 2000 l’azienda<br />

ha completato la mappatura dell’intero parco vitato,<br />

suddividendolo in 30 appezzamenti con caratteristiche<br />

distinte tra suoli, esposizioni, ventilazioni e altitudini<br />

che variano tra i 320 e i 485 metri s.l.m. Un passaggio<br />

fondamentale, quest’ultimo, che poi si riflette nel calice,<br />

con vini che sono rappresentazioni del DNA di filari capaci<br />

di preservare lungo il corso del tempo la peculiare<br />

personalità e lo stile Murrieta. Un’identità che si mostra<br />

Castillo Ygay:<br />

alle origini della Roja<br />

Dal 2012 al 1968, il vino simbolo<br />

di Marqués de Murrieta alla prova del tempo<br />

alla perfezione nel suo vino di punta, quel Castillo Ygay<br />

Tinto Gran Reserva Especial Doca Rioja, racconto anche<br />

in termini di Denominazione della più alta qualifica del<br />

vino di Spagna, che dal 1877, prima annata, fino al 1904<br />

era noto come Château Ygay, nome che ha poi ritrovato<br />

in etichetta, deroga ai regolamenti che vietano l’uso di<br />

parole straniere, per la sola data del centenario dell’azienda<br />

nel 1952. Ma cosa racconta in un raffronto col tempo<br />

che passa l’etichetta simbolo della realtà guidata dal<br />

1996 da Vicente Dalmau Cebrián-Sagarriga, 11esimo<br />

conte di Creixell, insieme con la sorella Cristina? Innanzitutto,<br />

a partire dal 2001 del frutto dei 33 ettari piantati<br />

nel 1950 sui suoli calcareo argillosi del vigneto La Plana,<br />

situato a 485 metri s.l.m. e caratterizzato da un sistema<br />

di allevamento ad alberello. Blend oggi di Tempranillo e<br />

Mazuelo, ma che in passato, come per l’annata 1968, vedeva<br />

concorrere in parte minoritaria anche Garnacha e<br />

Graciano, è vino che prende vita solo nelle<br />

annate considerate le più adeguate alla sua<br />

produzione, che non significa necessariamente<br />

le migliori: quella ora sul mercato è<br />

la 2012, poi si passerà, non prima del 2026,<br />

alla 2016. Proprio dall’ultima release ha<br />

preso il via la verticale, matrimonio di 81%<br />

Tempranillo e 19% Mazuelo, sorprendete<br />

riserva di pronta beva, concentrato nei<br />

suoi frutti rossi maturi e le successive<br />

note balsamiche, per un’espressione<br />

che regala col suo stile che tende<br />

a una più spiccata classicità nel<br />

calice e una già chiara immediatezza<br />

a farsi da tramite ideale per<br />

introdurre perfettamente il consumatore<br />

italiano, spesso tradizionale<br />

nel suo approccio, allo stile di<br />

questa grande etichetta. È proprio<br />

nel confronto con le annate che<br />

seguono nella degustazione, la<br />

2011 e la 2009, che si nota tutta la<br />

bellezza dello stile Ygay: la prima<br />

con una freschezza che racconta<br />

di un orizzonte, in prospettiva,<br />

molto più ampio della 2012, per<br />

una riserva che merita più di tutte<br />

di essere preziosamente conservata<br />

in cantina; la seconda, la 2009,<br />

che evidenzia un tannino sempre<br />

morbido e dalla trama sottile, oltre<br />

a una macchia mediterranea<br />

che si trasforma in trait d’union.<br />

In sintesi, nel confronto tra le tre, a<br />

emergere è il denominatore comune<br />

del frutto rosso maturo, una balsamicità<br />

che si esprime ora come eucalipto, ora come liquirizia,<br />

ora come foglie di tè verde, ma soprattutto una spiccata<br />

complessità che sposa, in un equilibrio quasi perfetto,<br />

un’acidità e una freschezza che rendono questa riserva un<br />

vino estremamente piacevole ed elegante. Un’equazione<br />

confermata anche dallo straordinario privilegio del confronto<br />

con l’annata 1968 che meriterebbe ogni superlativo<br />

che le si possa affiancare. Un vino perfetto, a distanza<br />

di più di 40 anni dalla sua messa in commercio nel 1983,<br />

nella sintesi tra acidità, freschezza e una succosità al palato<br />

che ha dell’incredibile. Una riserva che ha tutt’altro<br />

che esaurito il suo cammino e ancora da considerare sul<br />

sentiero di una crescita evolutiva. Lunghissimo in bocca,<br />

splendido nella nota salina che ne tratteggia come una<br />

pennellata il finale. È da evidenziare, come spiegato in<br />

principio, che spingendosi così indietro con gli anni quello<br />

che si ritrova nel calice è un blend differente dalle versioni<br />

“moderne”, in questo caso 70% Tempranillo, 13%<br />

Mazuelo, 12% Garnacha e 5% Graciano, con anche un<br />

tenore alcolico molto diverso. Per una nuova sfumatura<br />

di un mito, che domanda soltanto mente aperta e animo<br />

predisposto alla scoperta per essere compreso e goduto<br />

nelle sue straordinarie sfaccettature.


23<br />

COLLECTION<br />

Una nuova nuance di Soave, ad oggi la prima e unica a celebrare fin dall’etichetta la<br />

vocazione in bianco delle sommità vocate dell’Unità Geografica Aggiunta Monte<br />

di Colognola, esterna all’area Classica della Denominazione ma dall’identità e il<br />

prestigio iconici. L’ultima creazione firmata Famiglia Castagnedi, al suo esordio,<br />

racconta di un futuro ancora tutto da scrivere. Un ulteriore tassello di un mosaico<br />

che regala l’immagine di un’area, quella a cavallo tra Valpolicella Orientale e Soave,<br />

che una filosofia sartoriale tramuta in prodotti unici in bottiglia: Single Vineyard,<br />

racconto privilegiato dei terroir in cui prendono forma. Là, dove la Garganega è<br />

regina, dopo Vecchie Vigne e Vigna Monte Ceriani, oggi è tempo del Soave Doc<br />

Monte di Colognola Tenuta Sant’Antonio. Un vero tripudio di freschezza, note<br />

floreali e frutta a polpa bianca, unite dalla mineralità iconica dei bianchi secondo lo<br />

stile dei fratelli Castagnedi. Un’ode nel calice alle caratteristiche calcareo-sulfuree<br />

plasmate nei millenni dei suoli di Località Ceriani. Un nuovo frammento dell’anima<br />

in bianco di Famiglia Castagnedi, a completare una rivoluzione, all’insegna di<br />

verticalità, mineralità, fresche note agrumate e floreali, corpo pieno e sapido, che si<br />

pone la non celata ambizione di confrontarsi con i più prestigiosi vini al mondo.


24<br />

COLLECTION<br />

Un Rosé dalla terra del Brunello, visionaria sfumatura di Sangiovese che<br />

nasce in vigna e stupisce in cantina. È una vera e propria sorpresa quella che<br />

regala nel calice il Rosato Toscana Igt Patrizia Cencioni, con il suo profilo<br />

rotondo, il finale croccante e un’acidità appetitosa. Un vino estivo, per definizione<br />

e tratti: gourmet, dalla fragrante sapidità, di beva assoluta con il suo<br />

retrogusto di fragola e rose, schietto come il carattere di chi lo produce. Dal<br />

colore rosa chiaro e brillante con riflessi ciliegia, racconta di pic-nic, tavole<br />

imbandite, piatti freschi e taglieri di salumi e formaggi, ma anche di colorate<br />

creazioni a base di verdure.<br />

Una nuova veste, leggera come la spensieratezza di un calice condiviso nella<br />

bella stagione, per un classico in rosa che non tarda a svelare le sue franche<br />

origini maremmane. Nasce a due passi dall’antico borgo di Gavorrano<br />

Il Vanesio Rosato Maremma Toscana Doc Tenuta Moraia, fresca e vivace<br />

celebrazione del connubio tra Sangiovese e Syrah. Un vino il cui seducente<br />

color rosa pallido preannuncia quei dolci aromi di frutta rossa che lo rendono<br />

ottimo accompagnamento anche al momento del dessert. Il sorso scorre<br />

morbido e rotondo, puntellato da una buona acidità. In bocca, si fanno spazio<br />

sfumature di lamponi maturi e scorza d’arancia, a conferire a questo rosato<br />

l’eleganza e la complessità giusta per trasformarsi in assoluto protagonista di<br />

un pranzo all’aria aperta dove in tavola siano serviti pesci grassi e affumicati.


25<br />

Il volto misterioso di un simbolo di<br />

Montefalco e del Sagrantino. Cuvée Secrète<br />

Umbria Bianco Igt Arnaldo Caprai è<br />

un’etichetta fuori da ogni schema, che<br />

cela in bottiglia, pronta a essere svelato<br />

nel calice e desideroso di farsi scoprire, il<br />

meglio di ogni annata. Merito di un blend<br />

che anno dopo anno, avendo come cardine<br />

il Grechetto, unisce le uve che sanno<br />

esprimere al massimo le potenzialità di<br />

ogni vendemmia. Un bianco che prima di<br />

trasformarsi in vino è percorso di studio e<br />

ricerca nel segno dell’eccellenza produttiva,<br />

incontro tra varietà locali e internazionali,<br />

nonché piacevole scommessa di confronto<br />

tra territori. Rotondo, morbido e al tempo<br />

stesso fresco e delicatamente sapido,<br />

straordinaria è la sua lunga persistenza.<br />

COLLECTION<br />

Un sogno: quello di Silvia Maestrelli e di Roberto Silva, chi<br />

ha gettato il seme di un progetto oggi sbocciato e trasformato<br />

in vino. Il frutto di un Cru su A’Muntagna, nella contrada di<br />

Manzuedda a Biancavilla, versante sud dell’Etna, a 900 metri<br />

s.l.m. A’Puddara Etna Bianco Doc Tenuta di Fessina è<br />

100% Carricante, per un inusuale quanto straordinario vino<br />

d’alta quota. Una sintesi nel calice dell’incontro tra le nevi<br />

perenni della vetta e le fiamme del vulcano. Vera e propria<br />

scoperta, per chi sapientemente decide di vedere l’effetto che<br />

fa dimenticarne una bottiglia in cantina, con quella elegante<br />

e intrigante nota di idrocarburo che il passare del tempo gli<br />

dona e che incontra, caratteristiche di gioventù, la mineralità<br />

verticale, la spiccata acidità citrica che si sposano con note<br />

burrose e un finale sapido e marino, salsedine che conduce la<br />

mente a vagare lieta ben oltre gli orizzonti della tavola.


26<br />

COLLECTION<br />

A volte basta un fazzoletto di vigna per dare vita a qualcosa di unico: come nel caso del<br />

Valpolicella Superiore Doc Burato Wines. “Io non ho fatto niente”: in queste parole è<br />

racchiusa l’essenza del progetto enologico della giovane realtà vitivinicola di Marcellise<br />

guidata da Andrea Burato, nata con l’obiettivo di produrre etichette espressione unica<br />

ed inequivocabile del territorio da cui provengono. Corvina e Corvinone concorrono a<br />

dare forma a un vino agile nel sorso quanto raffinato nella sua trama tannica. Slanciato,<br />

fresco, regala le note più tipiche della zona, dalla violetta alla ciliegia, sorrette da una<br />

acidità e una sapidità che si integrano alla perfezione all’interno di quella che è una<br />

vera e propria istantanea del terroir dove affonda in profondità le radici. Per un rosso<br />

moderno, con il suo splendido finale agrumato, capace di scardinare i canoni di una<br />

terra del vino che in questa gemma ritrova un nuovo respiro.<br />

L’eleganza di un punto di colore che seduce con la sua luminosa veste,<br />

la delicatezza di note che richiamano a piccoli frutti rossi, la freschezza<br />

di una rosa canina appena sbocciata: è un’ammaliante alchimia<br />

sensoriale quella che lega Sangiovese, Vermentino Nero e Syrah nel<br />

Magia di Rosa Liguria di Levante Rosato Igp Ca’ du Ferrà,<br />

spalancando le ali ad un sorso di sconfinata piacevolezza, sottile, teso,<br />

profondo e appagante nell’inarrestabile beva. Per un Rosé della costa<br />

ligure, sapido, vivace, armonico e di lunga persistenza, che in ogni calice<br />

racchiude un tramonto primaverile vissuto dalle alture di Bonassola.


28<br />

CHAMPAGNE<br />

Collection Impériale Création<br />

No.1 Moët & Chandon<br />

Debutto italiano per la nuova visione<br />

di Haute Oenologie firmata da Benoît Gouez<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

La Cuvée de prestige che ancora non c’era e che giunge, in occasione di quello<br />

che è stato il 280esimo anniversario dalla nascita, per definire una nuova<br />

espressione enologica di una Maison simbolo dello Champagne. Lo scorso<br />

11 marzo, il palcoscenico di Identità Golose a Milano è stato lo scenario del<br />

debutto italiano della novità Création No. 1 Moët & Chandon. Una nuova<br />

bollicina, ideata per onorare il sogno del fondatore Claude Moët, Brut Nature che s’ispira<br />

al nuovo concetto di Haute Oenologie cui lo Chef de Caves Benoît Gouez ha dato vita<br />

realizzando uno Champagne stratificato, base 2013, prima cuvée a comporre la nuova<br />

Collection Impériale della Maison. Un vero e proprio virtuosismo nel calice pensato<br />

per resistere all’incedere del tempo e dedicato a definire una nuova via per quelle che<br />

dovranno essere le produzioni destinate alle generazioni a venire. “Oggi, la nostra biblioteca<br />

di vini di riserva, una delle più grandi della regione, mi ha permesso di dare vita<br />

a questa creazione, che racchiude tutta la profondità del tempo”, spiega Benoît Gouez,<br />

Chef de Caves Moët & Chandon. “Ancorata ai nostri 280 anni di savoir-vin, è un assemblaggio<br />

di sette annate straordinarie, prodotte in modo unico, selezionate e lasciate<br />

invecchiare attraverso diversi processi di maturazione e successivamente assemblate in<br />

maniera armoniosa. Sono orgoglioso di presentare la Collection Impériale Création No.<br />

1 come massima espressione dell’arte dell’Haute Oenologie di Moët & Chandon”. Già,<br />

perché la novità oggi all’esordio è una cuvée senza tempo, d’intricata complessità fin nel<br />

suo concepimento, apice di una pratica enologica in cui concorrono un assemblaggio di<br />

sette annate straordinarie invecchiate attraverso processi diversi di maturazione al fine<br />

di elevarne specificità e personalità: dalle botti di rovere alle vasche in acciaio inox fino<br />

in bottiglia sui lieviti. Un vero e proprio mosaico che trova sintesi in un’unità che si fa<br />

doveroso omaggio alla figura di Claude Moët, che nel 1743 gettò le basi per dare vita a<br />

una Maison visionaria, ponendo una pietra miliare sia per la propria contemporaneità<br />

sia per il futuro della Champagne. Una filosofia che oggi rivive grazie al neonato concetto<br />

di Haute Oenologie. È un termine, quest’ultimo, coniato da Moët & Chandon per<br />

descrivere il savoir-faire perfezionato dall’abilità e dal virtuosismo degli Chef de Caves<br />

della Maison nel corso delle generazioni: si spazia dalla precisa scienza di vinificazione<br />

e selezione delle migliori annate, lasciate maturare seguendo processi differenti specifici<br />

per ciascuna delle loro personalità, alla capacità di assemblarle armoniosamente e farle<br />

riposare nelle cantine, rispettando pazientemente l’incedere del tempo e la sua opera.<br />

Questo “savoir-vin”, come lo definisce la storica realtà champenoise, rappresenta la visione<br />

fondante che ha oggi condotto Moët & Chandon a ospitare una vasta biblioteca<br />

di vini di riserva, una delle più grandi della regione: uno strumento fondamentale al<br />

servizio dello Chef de Caves, Benoît Gouez, per produrre armoniosi blend capaci di<br />

unire sapori, delicati aromi e un finale raffinato e persistente. Proprio come nel caso della<br />

Collection Impériale Création No. 1, uno Champagne originariamente pensato per<br />

l’eternità, che mira a ridefinire il concetto stesso di Haute Oenologie. Un Brut Nature,<br />

incontro di sette annate straordinarie, ognuna con peculiarità distintive e attentamente<br />

selezionate e lasciate riposare in ambienti diversi per esaltarne le specifiche qualità.<br />

L’intricata sintesi prende il via con Grand Vintage 2013, maturato in vasche di acciaio<br />

inox, cui si uniscono la raffinata annata 2012, la potente 2010, la tesa 2008, la corposa<br />

2006, passando per la vivace 2000, invecchiata in botti di rovere, e terminando con l’elegante<br />

2004, affinata sui lieviti in bottiglia dopo la seconda fermentazione. Sfruttando<br />

l’arte della selezione, dell’invecchiamento, dell’assemblaggio e della maturazione – senza<br />

zuccheri aggiunti al dosaggio – Collection Impériale Création No. 1 è Champagne<br />

che offre una fotografia senza filtro, pura espressione di un’unione di sapori e unicità.<br />

Per una bollicina stratificata che trascende la percezione del tempo, raggiungendo l’armonia<br />

tra la freschezza della gioventù e la maturità dell’età. Uno Champagne, in definitiva,<br />

al contempo complesso ma anche accessibile. Una novità, quella di Collection<br />

Impériale Création No. 1, che guarda al futuro non soltanto nel calice, perché si fa annuncio<br />

del conto alla rovescia che condurrà al 300esimo anniversario di Moët & Chandon,<br />

traguardo che sarà raggiunto nel 2043. A partire dall’uscita che ha fatto oggi il suo<br />

esordio italiano, ogni due anni sarà scritto un nuovo capitolo della neonata Cuvée de<br />

prestige, che arricchirà nel tempo la storica Collection Impériale.


Wine of the Year<br />

2023<br />

100/100<br />

Tra i 39.000 v i ni recensiti quest’anno da Ja m es Suckli n g,<br />

Grand Siècle Iterazione Nº26 non solo ha ricevuto la nota più alta<br />

100/100, ma gli è stato assegnato anche il premio «Vino dell’anno»,<br />

risultando quest’anno il miglior vino del mondo.


30<br />

Montelvini: FM333 Asolo<br />

Prosecco Superiore Docg si fa<br />

esclusiva Magnum<br />

Nasce<br />

Allegrini Wines:<br />

TITOLI DI CODA<br />

nuovo logo e brand architecture<br />

un simbolo della Valpolicella<br />

Battesimo ufficiale per Allegrini Wines, la nuova realtà<br />

che ingloba tutte le attività della famiglia Allegrini nel<br />

settore vitivinicolo. Sotto il suo cappello si colloca innanzitutto<br />

Allegrini, lo storico marchio che da sempre<br />

promuove i “signature wines” di Valpolicella e Lugana.<br />

Poi, spazio ad Allegrini Wine Distribution, la società<br />

di distribuzione che nasce dalla volontà di affiancare ai<br />

vini in gamma una serie di prodotti di realtà affini per<br />

filosofia e rispetto della tradizione, a cominciare dalle<br />

referenze di Corte Giara, la linea creata nel 1989 dalla<br />

famiglia Allegrini, e al cui portfolio si sono aggiunte di<br />

recente: la marchigiana Agricola Lanciani; Domaine<br />

du Couvent, piccola azienda di Gevrey-Chambertin;<br />

e Jacques Picard, Vigneron della<br />

Champagne. A completamento<br />

del progetto rientra infine Tenuta<br />

Merigo, il nuovo centro<br />

produttivo che vedrà la luce<br />

nei prossimi anni a Fumane,<br />

con anche uno spazio dedicato<br />

all’accoglienza enoturistica.<br />

Alberto Lusini<br />

nuovo Ceo<br />

di Angelini Wines & Estates<br />

Cambio al vertice di Angelini Wines & Estates. Dal<br />

mese di maggio, il CdA dell’azienda vitivinicola ha nominato<br />

Alberto Lusini nuovo Ceo. Il manager arriva<br />

dalla Massimo Zanetti Beverage Group S.p.A, dopo<br />

aver maturato importanti esperienze in Mezzacorona,<br />

Allegrini e Gruppo Lunelli – Ferrari Trento. Prende il<br />

posto di Ettore Nicoletto che, come presidente e amministratore<br />

delegato di Angelini Wines & Estates, lascerà<br />

il suo incarico con l’approvazione del bilancio 2023.<br />

La famiglia Serena annuncia per il lancio dell’esclusiva<br />

Magnum, in sole 333 bottiglie, della sua bollicina simbolo:<br />

l’Asolo Prosecco Superiore Docg FM333. Una limited edition,<br />

confezionata in astucci dedicati, della referenza che<br />

fa parte della Collezione Serenitatis, nonché il primo Cru<br />

della denominazione, “spumante da mosto” che nasce dalle<br />

uve di un unico vigneto chiamato Fontana Masorin, situato<br />

sulle colline del Montello a 333 metri s.l.m.<br />

Contadi Castaldi:<br />

nuovo Sparkling Bar<br />

all’Aeroporto di Milano Bergamo<br />

Le bollicine Contadi Castaldi prendono il volo. Si arricchisce<br />

infatti l’offerta destinata ai viaggiatori dell’Aeroporto<br />

di Milano Bergamo con l’inaugurazione del nuovo Sparkling<br />

Bar all’interno dell’area partenze Schengen. Un nuovo<br />

spazio, dopo il successo ottenuto a Catania dal binomio<br />

vincente, frutto della collaborazione tra Chef Express del<br />

Gruppo Cremonini e l’azienda vitivinicola franciacortina<br />

del Gruppo Terra Moretti. I passeggeri avranno la possibilità<br />

di consumare eccellenze italiane accomodandosi ai<br />

tavoli, per un totale di 34 posti a sedere, oppure sostando<br />

ai tavoli dedicati alle consumazioni in piedi, per chi vuole<br />

concedersi una tappa di piacere prima della partenza.<br />

E ancora...<br />

Schenk Family Italia: fatturato 2023 oltre i 141 milioni di<br />

euro. Serena Wines 1881: debutta lo spumante zero alcol.<br />

Italia del Vino: Roberta Corrà confermata presidente fino<br />

al 2027, Le Monde la new entry. Mionetto, 2023 record:<br />

crescita a doppia cifra, fatturato a 153,4 milioni di euro.<br />

Consorzio del Soave: Cristian Ridolfi di Cantina Santi è il<br />

nuovo presidente. Tenuta Mazzolino: lo scultore e pittore<br />

Pablo Atchugarry firma la nuova etichetta del Blanc. M+M<br />

Perpetuelle Sbagliato: Enrico Serafino presenta l’Alta<br />

Langa Docg che non esisteva. Nino Negri porta il Nebbiolo<br />

a 3000 metri con il Vigna Fracia per Milano Cortina<br />

2026. Maremma Toscana: un nuovo logo per i vini della<br />

Doc. Planeta premiata famiglia del<br />

vino <strong>2024</strong>. Merano WineFestival<br />

e Vinitaly: nasce la joint venture<br />

Amphora Revolution.<br />

Graziana Grassini sbarca in<br />

Sicilia a Baglio di Pianetto.<br />

Bolgheri: brilla nelle guide<br />

<strong>2024</strong> la stella di Caccia Al Piano.<br />

In memoria di<br />

Marco Felluga<br />

il ricordo di <strong>WineCouture</strong><br />

Ci ha lasciato martedì 2 aprile, all’età di 96<br />

anni, Marco Felluga, il decano del vino friulano.<br />

Anche qui su <strong>WineCouture</strong> desideriamo<br />

ricordare chi è stato per noi un vero e proprio<br />

Maestro, con la M maiuscola. Un uomo geniale<br />

in tante intuizioni che ne hanno contraddistinto<br />

la vita, ma soprattutto colui il quale ci<br />

ha insegnato che sul vino si può fare un gran<br />

parlare e scrivere, ma alla fine per comprenderlo<br />

per davvero è una soltanto la regola:<br />

“Vale più un sorso di un discorso”. Marco, Roberto<br />

e Ilaria: tre nomi, tre volti, un cognome<br />

unico. I Felluga, per chi scrive e fin dal primo<br />

incontro, hanno sempre rappresentato un unicum,<br />

come spiegato nel novembre 2021 in occasione<br />

della scomparsa di Roberto. Di padre<br />

in figlio, poi in nipote, tre generazioni e un’unica<br />

– “più grande” – opera: quella di Marco<br />

Felluga e Russiz Superiore. Un simbolo del<br />

Collio. Un simbolo del Friuli del vino. Un simbolo<br />

del meglio del made in Italy enoico. Ma<br />

prima di queste tre cose: Marco, Roberto e Ilaria<br />

Felluga, un unicum come famiglia. Oggi è<br />

un altro pezzo di questa storia che viene meno:<br />

l’uomo che scelse il Collio goriziano quando<br />

decise di percorrere la propria strada, dividendosi<br />

(enologicamente parlando) dal fratello<br />

Livio. Classe 1927, nel 1957 Marco Felluga<br />

aveva fondato l’azienda che porta il suo nome<br />

a Gradisca d’Isonzo. Poi, 10 anni dopo, l’acquisizione<br />

di Russiz Superiore a Capriva del<br />

Friuli. Due facce e un unico volto, quello di un<br />

uomo geniale, come dimostrato anche in occasione<br />

dei mandati alla guida del Consorzio<br />

Tutela Vini Collio: si ricordi la straordinaria<br />

provocazione di quando ingaggiò il mai banale<br />

Oliviero Toscani per una campagna pubblicitaria<br />

(“L’unico Bianco che amo”, è sufficiente<br />

una ricerca online) che<br />

avrebbe lasciato il segno.<br />

Proprio come<br />

per quell’insegnamento<br />

che conserveremo<br />

sempre nel<br />

cuore: “Vale più un<br />

sorso di un discorso”.


31<br />

No.3 Gin, pluripremiato come Isc<br />

the World’s Best Gin per quattro<br />

volte consecutivamente, nasce all’omonimo<br />

civico di St. James Street<br />

a Londra, dove ha sede l’azienda<br />

Berry Bros. & Rudd, il più antico<br />

mercante di vini e liquori del Regno<br />

Unito. Dargli vita ha richiesto due<br />

anni d’impegno e collaborazione tra<br />

rinomati barman e mastri distillatori,<br />

incluso David Clutton, il primo al<br />

mondo a conseguire un dottorato di<br />

ricerca in Gin. Il suo aroma è intenso<br />

e fresco, con un marcato sentore di<br />

ginepro. Al palato, a emergere è proprio<br />

il gusto della botanica, insieme<br />

a delicate note floreali e piccanti<br />

sfumature di cardamomo. Il profilo<br />

gustativo è ulteriormente arricchito<br />

dalla vivacità degli agrumi e dalla<br />

piccantezza del coriandolo, mentre<br />

il retrogusto persistente è caratterizzato<br />

dalla radice di Angelica. Per<br />

un prodotto unico che si presta ad<br />

andare oltre il classico abbinamento<br />

con una tonica.<br />

Glenmorangie svela l’ultima<br />

novità della serie BarrelSelect.<br />

Per la quinta edizione, la prima<br />

a venire distribuita anche sul<br />

mercato italiano, nasce Glenmorangie<br />

12 Years Old Barrel<br />

Select Calvados. Il direttore<br />

della creazione e della distillazione<br />

del Whisky di Glenmorangie,<br />

il dottor Bill Lumsden,<br />

ha selezionato un piccolo<br />

lotto che aveva trascorso più<br />

di 10 anni a maturare in botti<br />

ex-bourbon di quercia bianca<br />

americana e lo ha trasferito in<br />

barili che, per 20 anni, avevano<br />

contenuto Calvados du<br />

Pays d’Auge, proveniente dalla<br />

Normandia. Il risultato è un<br />

single malt morbido e deliziosamente<br />

ricco che unisce al<br />

sapore di mele e pere cotte al<br />

forno, sottili note di gelsomino,<br />

narciso e vaniglia. Glenmorangie<br />

12 Years Old Calvados Cask<br />

Finish è una nuova integrazione<br />

della collezione Barrel Select<br />

Release, collezione che esalta<br />

aromi derivati dall’uso e dalla<br />

combinazione di botti rare.<br />

Un omaggio alla “Regina delle Dolomiti”, creato dal<br />

mastro distillatore Roberto Castagner, uno dei più<br />

rinomati nel mondo della grappa di alta qualità. Nasce<br />

Grappa Agadeìta Castagner, il risultato di vinacce<br />

di Riesling, Muller Thurgau, Traminer, Moscato Bianco<br />

e Pinot Nero provenienti dai vigneti della Igt Dolomiti<br />

coltivati nel Bellunese. Il termine “Agadeìta”, che significa<br />

“acqua di vita” in ladino, è un richiamo evocativo che sottolinea<br />

il profondo legame con la cultura e la tradizione di Cortina<br />

d’Ampezzo. Per una Grappa Vigneti delle Dolomiti “strutturata<br />

come un rosso, ma profumata come un bianco”, che al naso<br />

spazia dalla vivacità di aromi avvolgenti floreali e di frutta a<br />

pasta bianca ai sentori di mora e lampone con note balsamiche<br />

e minerali in una sensazione di straordinaria intensità.<br />

DISTILLATI – LIQUORI – AMARI<br />

Da uno dei produttori di Tequila più famosi al mondo, un<br />

distillato ultra premium creato in quantità limitate e realizzato<br />

con il 100% della migliore Agave Blue Weber: è la<br />

Gran Patrón Burdeos. Distillata due volte, invecchiata in<br />

botti usate e nuove di rovere americano e francese, la sua<br />

particolarità risiede nella finitura: viene, infatti, affinata<br />

in botti che contenevano precedentemente i grandi vini di<br />

Bordeaux, acquisendo il suo tipico colore ambrato scuro e<br />

il gusto vellutato e morbido, con note di legno di quercia,<br />

vaniglia e uva passa. Gran Patrón Burdeos non è una semplice<br />

Tequila: è un’esperienza unica, che eleva la categoria<br />

mettendo in mostra tutte le sue potenzialità.


32<br />

DISTILLATI – LIQUORI – AMARI<br />

Il risiko<br />

degli Spirits<br />

Al via dal 2025 una distribuzione propria in Italia per Brown-Forman.<br />

Compagnia dei Caraibi rilancia con Sabatini Gin e Dictador Rum<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

La notizia d’inizio marzo è di quelle che cambiano<br />

le carte in tavola, per una rivoluzione<br />

che coinvolge Jack Daniel’s, Woodford Reserve,<br />

Gin Mare e Diplomático Rum in Italia.<br />

L’annuncio arriva direttamente da Louisville<br />

e rappresenta una vera e propria scossa pronta a<br />

mutare il volto del mercato degli Spirits nel Belpaese.<br />

Brown-Forman Corporation comunica, infatti, il via<br />

di una distribuzione propria in Italia, che si occuperà<br />

della gestione di suoi celebri marchi, a partire dal 1°<br />

maggio 2025. “Crediamo che l’istituzione della distribuzione<br />

propria ci consentirà di far crescere i nostri<br />

brand su tutti i canali in Italia”, il commento a caldo di<br />

Agnieszka Przybylek, General Manager Brown-Forman<br />

Italia. Con Yiannis Pafilis, EVP, presidente Europa,<br />

Brown-Forman, che aggiunge: “L’Italia è un<br />

mercato importante per guidare la crescita del portafoglio<br />

Jack Daniel’s a livello globale, insieme alle ultime<br />

acquisizioni del gruppo: Gin Mare e Diplomático<br />

Rum. Crediamo che la creazione del nostro business<br />

di distribuzione sul territorio italiano permetterà<br />

una maggiore attenzione al consumatore, dando priorità<br />

ai nostri brand, supportati da un team esperto<br />

e talentuoso”. Una decisione, quella dell’azienda<br />

statunitense che oggi vede i suoi marchi presenti in<br />

oltre 170 Paesi in tutto il mondo, che segna anche la<br />

fine dell’intesa con Compagnia dei Caraibi, che non<br />

si è certo persa d’animo, rilanciando a modo suo.


33<br />

Brown-Forman sbarca in Italia dal 2025<br />

Brown-Forman Corporation, una delle più grandi<br />

Spirits company americane, ha dunque annunciato il<br />

piano di distribuzione dei propri marchi in Italia a far<br />

data dal 1° maggio 2025. Secondo Iwsr, l’Italia è tra i<br />

primi cinque mercati di Spirits nell’Unione Europea<br />

(escludendo il Regno Unito) e leader di mercato per<br />

Gin Mare a livello globale. Nel Belpaese, Brown-Forman<br />

è l’azienda leader nel settore degli Spirits premium<br />

plus, con Jack Daniel’s Whiskey numero uno<br />

sul mercato e Gin Mare al secondo posto nella categoria<br />

dei Gin super premium plus, categoria a più<br />

rapida crescita negli ultimi cinque anni (Iwsr 2022).<br />

Anche da qui la decisione di procedere in direzione<br />

di un’evoluzione del presidio, in scia a quanto già<br />

fatto in diversi mercati europei, tra cui Belgio, Repubblica<br />

Ceca, Francia, Germania, Lussemburgo,<br />

Polonia, Slovacchia, Spagna, Turchia e Regno Unito,<br />

dove vende direttamente i propri brand.<br />

Compagnia dei Caraibi annuncia l’intesa<br />

con Sabatini Gin e Dictador Rum<br />

Persa la distribuzione di uno Spirits, si passa ad un altro.<br />

Dopo l’annuncio di Brown-Forman, che dal 2025<br />

prenderà in mano in Italia i propri brand, Compagnia<br />

dei Caraibi è corsa immediatamente ai ripari, rilanciando<br />

con un nuovo accordo che ha portato nel suo<br />

portfolio distributivo da aprile <strong>2024</strong> Sabatini Gin e<br />

Dictador Rum. Al contempo, l’intesa per l’esclusiva<br />

di Gin Mare, Diplomático Rum e Fords Gin non si è<br />

interrotta, con il contratto che lega l’azienda d’importazione<br />

e la titolare americana dei tre marchi esteso<br />

fino al 30 aprile 2025, quando poi l’accordo andrà<br />

a scadenza naturale.<br />

“Siamo consapevoli del momento particolarmente<br />

sfidante per la Società: guardiamo ai prossimi<br />

mesi di gestione con concretezza e determinazione”,<br />

le parole del Ceo di Compagnia dei Caraibi,<br />

Edelberto Baracco. “I nuovi scenari che andranno a<br />

delinearsi ci impongono, più che mai, di mettere in<br />

campo l’expertise consolidata della Società nel segmento<br />

Spirits. Quello che ha sempre caratterizzato<br />

l’approccio al mercato di Compagnia dei Caraibi<br />

è – infatti – la capacità di consolidare un portfolio<br />

in grado di interpretare e anticipare le tendenze nel<br />

segmento Spirits, contribuendo a creare nuove forme<br />

e occasioni di consumo. Questa visione ricopre<br />

oggi un ruolo determinante e trova la sua concretizzazione<br />

nel consolidamento di prodotti di fascia<br />

super-premium plus all’interno del nostro catalogo.<br />

Con l’ingresso di nuovi brand in questa fascia puntiamo<br />

a sostenere il business con un’offerta sempre<br />

più allineata alle richieste del mercato”.<br />

Compagnia dei Caraibi scommette dunque sulle due<br />

new entry Sabatini Gin, marchio italiano nato in Toscana<br />

nel 2015, e Dictador Rum, referenza colombiana<br />

super premium da una ricetta tramandata da tre<br />

generazioni di Master Blender dalla famiglia Parra,<br />

per delineare i nuovi scenari distributivi dopo la fine<br />

del matrimonio con Brown-Forman per Gin Mare,<br />

Diplomático Rum e Fords Gin. Una nuova esclusiva<br />

sul mercato Italia, quella messa in campo a partire<br />

dal mese di aprile <strong>2024</strong>, che prevede per Sabatini Gin<br />

un’intesa della durata di cinque anni con rinnovo automatico<br />

per i cinque successivi, mentre per Dictador<br />

Rum il limite temporale è fissato al 31 dicembre 2027.<br />

Sabatini Gin: prioritaria è la crescita in Italia<br />

Enrico Sabatini, co-founder e general manager<br />

dell’omonima famiglia toscana, anticipa gli obiettivi<br />

condivisi con Compagnia dei Caraibi: “La priorità<br />

nel medio termine sarà lavorare su un piano di crescita<br />

condiviso partendo dall’attuale situazione del<br />

marchio in Italia. Sabatini gode di una ottima brand<br />

equity ma in passato ha avuto difficoltà di penetrazione<br />

nel territorio e nei vari canali commerciali,<br />

soprattutto Horeca. Lavoreremo quindi per colmare<br />

questo gap distributivo e parallelamente con il<br />

supporto del team di Compagnia dei Caraibi avremo<br />

come focus piani marketing che ci permettano<br />

d’incrementare ancora più la nostra brand equity,<br />

aumentando le attività sia trade che consumer e consolidando<br />

il nostro posizionamento come Premium<br />

Gin di riferimento nel mercato italiano”.<br />

Aggiunge Juri Persiani, chief commercial officer a<br />

guida dell’area sales e marketing di Compagnia dei<br />

Caraibi: “La nostra expertise in materia di sviluppo<br />

commerciale e brand building sosterrà il raggiungimento<br />

di obiettivi condivisi. Nel breve termine,<br />

potenzieremo il posizionamento già premium di<br />

Sabatini Gin, ampliando il focus da made in Italy a<br />

icona del lifestyle, protagonista di momenti e luoghi<br />

di consumo specifici. Dal punto di vista commerciale,<br />

ci concentreremo sulla penetrazione dell’On<br />

Trade, con particolare focus sull’Horeca, lavorando<br />

alla selezione dei locali flagship e sviluppando una<br />

distribuzione capillare grazie alla rete agenti attiva<br />

in tutta Italia. Presidieremo inoltre attivamente il<br />

canale dell’e-commerce, accorciando le distanze tra<br />

brand e consumatore finale. Infine, svilupperemo<br />

iniziative rivolte alla bartender community, con il<br />

supporto strategico del nostro team advocacy, per<br />

consolidare la presenza nel settore e creare un legame<br />

più forte con i consumatori”.<br />

Dictador Rum: occhi puntati sulle linee<br />

Fine&Rare e Art Distilled<br />

Se con l’ingresso di Sabatini Gin in portfolio, Compagnia<br />

dei Caraibi ha rafforzato la gamma nel segmento<br />

super premium plus, in linea con il trend di<br />

premiumizzazione che sta caratterizzando il mercato<br />

Spirits, per quella che è in Italia una delle principali<br />

realtà leader nell’importazione, sviluppo,<br />

brand building e distribuzione di distillati, vini e<br />

soft drink di fascia premium e over premium provenienti<br />

da tutto il mondo, nonché birre craft italiane,<br />

non è da considerarsi da meno per importanza il via<br />

della collaborazione strategica con Dictador, il Rum<br />

colombiano noto per l’alta qualità e l’impegno verso<br />

l’innovazione e l’arte. Una nuova intesa finalizzata a<br />

rafforzare la presenza del brand sul mercato italiano,<br />

con l’intero portfolio del marchio, con particolare<br />

focus sulle linee Fine&Rare e Art Distilled, che sarà<br />

distribuito in esclusiva a far data sempre da aprile.<br />

Questa nuova collaborazione segna un traguardo<br />

significativo per entrambe le aziende, con Dictador,<br />

con la sua lunga storia fatta di tradizione, artigianalità,<br />

eccellenza, che ha trovato in Compagnia dei Caraibi,<br />

player affermato nel settore per la sua expertise<br />

in materia di brand building, il partner ideale per<br />

rafforzare la propria presenza sul mercato italiano.<br />

“Siamo entusiasti di intraprendere questa collaborazione<br />

con Compagnia dei Caraibi, un’azienda<br />

che condivide i nostri valori di innovazione ed eccellenza”,<br />

ha dichiarato Mika, Ceo di Dictador. “La<br />

loro dedizione nel selezionare Spirits eccezionali si<br />

allinea perfettamente con la nostra mission di elevare<br />

Dictador come brand di riferimento nel segmento<br />

dei Rum super premium”. A fare eco le parole di<br />

Edelberto Baracco, che chiosa: “Siamo orgogliosi di<br />

avviare questa collaborazione con una società dinamica<br />

e innovativa che ha saputo in maniera efficace<br />

trovare con successo il connubio tra innovazione,<br />

arte e prodotto, valori per noi di riferimento. Essere<br />

mercanti di merci e di idee è uno statement che da<br />

sempre guida il nostro viaggio nel mondo degli Spirits,<br />

attraverso la selezione di etichette con storie da<br />

raccontare che danno valore ai prodotti. La nostra<br />

visione del mercato e la nostra expertise di brand<br />

builder unite all’alta qualità e al prestigio del rum<br />

colombiano ci consentiranno di valorizzare questa<br />

collaborazione, elevando Dictador a marchio di riferimento<br />

nel segmento dei Rum super premium”.<br />

DISTILLATI – LIQUORI – AMARI


34<br />

tradizionali, ma si presenta in taniche di latta che ricordano<br />

quelle di olii e carburanti da competizione di<br />

motorsport, creando un nostalgico<br />

omaggio ai mitici anni ’80.<br />

Illva Saronno S.p.A. continuerà<br />

la distribuzione di<br />

Engine a livello mondiale,<br />

mentre manterrà la proficua<br />

collaborazione con Velier<br />

per la distribuzione italiana.<br />

DISTILLATI – LIQUORI – AMARI<br />

Nio Cocktails e Acetaia<br />

Giusti lanciano due cocktail<br />

ready to drink<br />

In collaborazione con la start-up Nio Cocktails, brand<br />

che nasce con l’obiettivo di rivoluzionare la cultura dei<br />

cocktail e le abitudini di consumo del grande pubblico,<br />

Acetaia Giusti, che porta l’eccellenza dell’Aceto Balsamico<br />

di Modena in giro per il mondo, presenta due<br />

nuove interpretazioni dei classici intramontabili: il Negroni<br />

1605 e il Milano-Modena. Questi “ready to drink”<br />

sono arricchiti da un tocco speciale, grazie alla firma sui<br />

Cocktail della casa produttrice di Aceto Balsamico di<br />

Modena. Si tratta di due novità pronte per essere gustate,<br />

che offrono un’esperienza sensoriale<br />

completa. Drink classici,<br />

resi speciali dalle note<br />

agrodolci conferite dal Vermouth<br />

Giusti e dal 5 Medaglie<br />

d’oro Giusti. Il risultato?<br />

Due cocktail amabili, adatti<br />

come aperitivo o dopocena.<br />

Illva Saronno<br />

si beve Engine<br />

Illva Saronno Holding S.p.A., nota per il celebre Disaronno,<br />

compie un importante passo nel settore degli<br />

Spirits tricolori acquisendo totalmente la società Engine,<br />

autrice del noto Gin 100% italiano. L’operazione,<br />

iniziata nel 2021 con l’acquisizione di una quota del<br />

25% e un accordo di distribuzione globale, consolida la<br />

presenza di Illva Saronno nel mercato del Gin, puntando<br />

sull’identità e l’innovazione made in Italy. Engine,<br />

prodotto nel cuore del Piemonte utilizzando esclusivamente<br />

ingredienti biologici, è caratterizzato da un gusto<br />

deciso in cui i profumi balsamici del ginepro sono<br />

arricchiti dalle fresche note delle scorze di limone e<br />

dall’intenso profumo di salvia, su elegante sottofondo<br />

floreale. Si contraddistingue, inoltre, per il suo design<br />

originale e non convenzionale: non si trova in bottiglie<br />

Fratelli Branca Distillerie:<br />

Claudia Ciacci nuovo<br />

General Manager<br />

Fratelli Branca Distillerie ha annunciato il suo nuovo General<br />

Manager, Claudia Ciacci, ingegnere, che ha assunto<br />

la carica dal 1° gennaio scorso. Questa scelta riflette l’impegno<br />

dell’azienda nel promuovere e valorizzare i talenti<br />

interni più brillanti. Claudia Ciacci è stata nominata in<br />

un momento di notevole crescita per il Gruppo Branca,<br />

come indicato dai recenti successi aziendali e dalla posizione<br />

di leadership nel mercato nazionale. Con Niccolò<br />

Branca alla presidenza e la nuova General Manager, l’azienda<br />

mira ora a rafforzare ulteriormente la sua presenza<br />

in Italia, seguendo il motto aziendale “Novare Serbando”,<br />

che enfatizza l’innovazione mantenendo le radici salde.<br />

Saffron: arriva il primo<br />

bitter firmato dal Mio Lab<br />

di Park Hyatt Milano<br />

Park Hyatt Milano ha lanciato una serie limitata di bitter<br />

ideali per degustazioni pure o in cocktail. La prima<br />

variante, chiamata Saffron, è un omaggio alla città di<br />

Milano, che, arricchita dallo zafferano, dona al The<br />

Bitter The Better un retrogusto netto e ben distinto.<br />

Questa è solo la prima delle tre ricette che saranno rilasciate<br />

nel corso del <strong>2024</strong>. Il lavoro sulle botaniche ed<br />

estratti è stato curato dal team di bartender di Mio Lab,<br />

il cocktail bar del prestigioso hotel meneghino, guidato<br />

da Alessandro Iacobucci Vitoni, Bar & Lobby Manager.<br />

Nasce Ardbeg House<br />

Ardbeg ha acquisito il rinomato Islay Hotel di Port<br />

Ellen con l’obiettivo di creare un’esperienza di ospitalità<br />

e degustazione senza precedenti, celebrando così<br />

l’essenza dell’isola di Islay e il suo legame con il famoso<br />

brand di whisky. Il progetto multimilionario, noto<br />

come Ardbeg House, si propone di onorare la storia di<br />

Islay, offrendo non solo alloggi di lusso, ma anche un<br />

ristorante e uno spazio di degustazione aperti a tutti<br />

gli amanti del whisky.<br />

Pallini diventa<br />

il limoncello premium<br />

più venduto al mondo<br />

Pallini, la storica distilleria romana attiva dalla prima<br />

metà del XX secolo, continua il suo percorso di crescita.<br />

Dopo avere registrato un fatturato di oltre 18 milioni di<br />

euro nel 2022, a fronte di una progressione del +17% ha<br />

raggiunto quota 21,5 milioni nell’ultimo anno. Questi<br />

risultati positivi rappresentano tappe intermedie in un<br />

processo d’espansione globale continuo. Per il <strong>2024</strong>,<br />

l’azienda ha progetti ambiziosi, tra cui il restyling del<br />

celebre Limoncello Pallini. Questo prodotto di punta<br />

nel vasto portfolio della storica distilleria è diventato<br />

il limoncello premium più venduto al mondo, con una<br />

quota di mercato globale che supera il 15%, grazie alla<br />

crescita nei mercati domestici e all’apertura di nuovi<br />

canali nel duty-free. Per preservare la forte immagine<br />

di marca già consolidata in oltre 50 Paesi, il nuovo<br />

design della bottiglia si mantiene simile alla versione<br />

precedente, ma sono state apportate modifiche per<br />

aggiornare e migliorarne l’aspetto. Il nuovo abito presenta<br />

una forma slanciata con un<br />

elegante rilievo sul fondo e<br />

un collo più largo e corto.<br />

Questi accorgimenti sono<br />

stati attentamente studiati<br />

per conferire al Limoncello<br />

di Pallini un’aura ancora<br />

più sofisticata e aspirazionale.


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