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WineCouture 9-10/2023

WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

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NUMERO 9/<strong>10</strong><br />

Anno 4 | Ottobre <strong>2023</strong><br />

Poste Italiane SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi.<br />

CHAMPAGNE “ALL'ITALIANA”<br />

DALLA FAMIGLIA SERENA AI WINE LOVER, UNA STORIA D’AMORE SENZA CONFINI


2<br />

Nuovi orizzonti: benvenuto <strong>WineCouture</strong> International<br />

Il nostro sistema editoriale <strong>WineCouture</strong>, come si dice in gergo, “chiude”<br />

il cerchio (il primo) grazie al lancio di una nuova entusiasmante<br />

iniziativa editoriale: si chiama <strong>WineCouture</strong> International Edition<br />

ed è la novità che arricchisce ulteriormente il nostro finale d’anno.<br />

Newsletter settimanale, notiziario inviato via e-mail ogni giovedì alle<br />

ore 19 italiane, è dedicata a circa 20mila operatori del vino dislocati<br />

in 15 mercati in tutto il mondo: dagli Usa al Regno Unito, dal Canada<br />

a Singapore, dal Giappone alla Germania. Dopo aver da poco<br />

ampliato le attività (oltre che le pagine e i canali dei nostri media)<br />

al mondo Spirits – Distillati, Liquori e Amari – anche raccogliendo<br />

le suggestioni di molti partner (a cui va il nostro ringraziamento), la<br />

nostra società editoriale Nelson ha deciso di lanciare <strong>WineCouture</strong><br />

International Edition per ampliare ulteriormente il raggio operativo<br />

e contribuire a raccontare con la sua formula l’Italia, e i suoi vini, in<br />

giro per il mondo. Questo appuntamento settimanale, infatti, non solo<br />

allarga i nostri orizzonti, ma va a completare (per ora sul versante digital)<br />

l’offerta composta in modo strutturato sia nel mondo B2B, con<br />

la rivista <strong>WineCouture</strong> e la sua newsletter correlata, sia in quello B2C,<br />

con il web magazine <strong>WineCouture</strong>.it e la pubblicazione cartacea free-press<br />

I Quaderni di <strong>WineCouture</strong>, distribuita mediante il circuito<br />

delle enoteche aderenti a Vinarius. E per il 2024 non vediamo l’ora<br />

di compiere insieme a tutti voi altri ed emozionati passi in avanti.<br />

06 Dossier. Il <strong>2023</strong> di Laurent-Perrier e dello<br />

Champagne in Italia<br />

07 Dossier. De Vilmont: lo Champagne<br />

all’italiana secondo Serena Wines 1881<br />

08 Dossier. Alle origini del progetto Collection<br />

di Maison Louis Roederer<br />

SOMMARIO<br />

24 Dossier. A tu per tu con Nathalie Laplaige,<br />

Chef de Cave di Maison Joseph Perrier<br />

26 Focus On. L'irreplicabile Lambrusco di<br />

Sorbara e Cavicchioli<br />

30 Spirits. Un nuovo racconto di <strong>WineCouture</strong><br />

di Distillati, Liquori e Amari<br />

WINECOUTURE - winecouture.it<br />

Direttore responsabile Riccardo Colletti<br />

Direttore editoriale Luca Figini<br />

Coordinamento Matteo Borré (matteoborre@nelsonsrl.com)<br />

Marketing & Operations Roberta Rancati<br />

Contributors Francesca Mortaro, Andrea Silvello,<br />

Irene Forni<br />

Art direction Inventium s.r.l.<br />

Stampa La Terra Promessa Società Cooperativa<br />

Sociale Onlus (Novara)<br />

Editore Nelson Srl<br />

Viale Murillo, 3 - 20149 Milano<br />

Telefono 02.84076127<br />

info@nelsonsrl.com<br />

www.nelsonsrl.com<br />

Registrazione al Tribunale di Milano n. 12<br />

del 21 Gennaio 2020 - Nelson Srl -<br />

Iscrizione ROC n° 33940 del 5 Febbraio 2020<br />

Periodico bimestrale<br />

Anno 4 - Numero 9/<strong>10</strong>- Ottobre <strong>2023</strong><br />

Abbonamento Italia per 6 numeri annui 30,00 €<br />

L’editore garantisce la massima riservatezza<br />

dei dati personali in suo possesso.<br />

Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli<br />

abbonamenti e per l’invio di informazioni<br />

commerciali. In base all’art. 13 della Legge<br />

n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati<br />

o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a:<br />

Nelson Srl<br />

Responsabile dati Riccardo Colletti<br />

Viale Murillo, 3<br />

20149 Milano


3<br />

Mezzo secolo<br />

di La Selvanella<br />

Viaggio a ritroso nella storia di un Cru<br />

icona del Chianti Classico<br />

Un Sangiovese che ha sempre rivendicato la<br />

sua autenticità. Fieramente figlio esclusivamente<br />

dell’uva che meglio simboleggia<br />

nel mondo la Toscana del vino. Siamo sul<br />

confine tra i territori di Greve e Radda in<br />

Chianti, alla fine degli anni ’60, un’epoca di rivoluzioni:<br />

in questo caso nel calice. E l’inizio di una storia che ha in<br />

seguito dato ampiamente ragione a questo Chianti Classico<br />

Riserva che è sempre stato molto più di un semplice<br />

esponente dell’eccellenza delle terre del Gallo Nero.<br />

Qualità, solo qualità, fortissimamente qualità: all’insegna<br />

della scelta di percorrere la via che lo ha condotto, fin da<br />

principio, su un cammino che questa etichetta non ha mai<br />

abbandonato. Non ci sono stati, infatti, tentennamenti nel<br />

corso dei decenni rispetto alla immaginifica visione iniziale:<br />

né qualora si parli di affidarsi soltanto al Sangiovese<br />

di un vero e proprio Monopole in Chianti Classico, né<br />

guardando alle scelte in termini di vinificazione, da sempre<br />

fedele in cantina alla scelta di tre anni di affinamento<br />

in botte grande, con aggiunta di uno ulteriore di riposo in<br />

bottiglia. E non poteva essere altrimenti per un’azienda<br />

che, fin dalle origini, ha sempre avuto chiaro il percorso<br />

che avrebbe intrapreso: tanto che ancora oggi è una sola<br />

l’etichetta che la simboleggia e ne definisce la pioneristica<br />

produzione. L’idea fondante di Vigneti La Selvanella, infatti,<br />

è sempre stata quella di fare un grande vino, espressione<br />

di un territorio realmente unico all’interno dei panorami<br />

del Gallo Nero: per conformazione geologica dei<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

poco più di 50 ettari vitati, prima, per esposizioni e tratti<br />

che ne delineano il profilo nel calice, poi. La Selvanella è,<br />

infatti, è più di un nome: è sintesi di un’identità delineata<br />

attorno a una sola collina, combinazione infinita di biodiversità<br />

tra i filari e di suoli grazie ad Alberese e Galestro,<br />

un solo vitigno, il Sangiovese, un solo vino, un Chianti<br />

Classico Riserva Docg oltre ogni moda e in grado di mantenere<br />

assoluta precisione nel calice anche a distanza di<br />

decenni. Non è un caso: parliamo di uno dei primi Cru<br />

riconosciuti storicamente quando si parla di Gallo Nero.<br />

E la sua “nobiltà” è ribadita anche dalla verticale che ci<br />

ha posto innanzi a un procedere à rebours, partito dal<br />

frutto della 50esima vendemmia, l’annata 2019 oggi in<br />

commercio, fino a giungere alla scintilla che ha innescato<br />

la fiamma del mito, l’originale 1969, che ha distanza di<br />

mezzo secolo è tornata a brillare potentemente nel bicchiere.<br />

Un viaggio straordinario, che si è dipanato lungo<br />

il corso dei decenni, facendo sosta in anni simbolo: con<br />

le tappe fissate in 2006, 1995, 1986 e 1971. Arrivare al<br />

cuore del racconto, questo l’obiettivo, per cogliere appieno<br />

la complessità di un vino prima del suo straordinario<br />

potenziale evolutivo in bottiglia. Per questo, licenza giustificata,<br />

si è scelto di seguire nel calice il fil rouge della<br />

cifra stilistica partendo dall’annata più “fresca”: quella<br />

2019 che è non solo traguardo da celebrare, ma anche<br />

interessante termine di paragone per il suo ricordare, grazie<br />

a un andamento climatico ha ricondotto la mente alle<br />

decadi delle origini, gli anni ’60 e ’70. Balsamicità, sentori<br />

di violetta, note di erbe mediterranee, dal rosmarino al<br />

timo, e ancor prima una caratterizzazione pepata ed erbacea<br />

abbastanza evidenti, ulteriore strato quest’ultimo<br />

che si amalgama alla perfezione nella complessità di un<br />

vino unico. Secco, oscilla tra l’acidità che la componente<br />

calcarea dei terreni gli dona e potenza. Il Sangiovese nella<br />

sua più pura espressione: caldo, godibilissimo, diretto ma<br />

che avvolge con la sua persistenza infinita. Netto, pulito,<br />

dal tannino fieramente asciutto e vellutato, per un calice<br />

che invoglia a un nuovo sorso. Un secondo bicchiere che,<br />

nella realtà, ci conduce indietro nel tempo fino all’anno<br />

2006, grade annata per la Toscana del vino, ma più in generale<br />

per tutta l’Italia enoica. A fare capolino una Riserva<br />

che si rivela con i suoi tratti balsamici riconoscibili fin<br />

dal naso. In bocca, poi, è un esempio di stratificata concentrazione.<br />

È una narrazione, questa nel calice del profilo<br />

evolutivo del Chianti Classico Riserva La Selvanella,<br />

che giunta al 1995 si ritrova innanzi a un vino nettamente<br />

meno espansivo dei precedenti, non solo a causa dell’incedere<br />

del tempo. Violetta, cuoio, note che si rivelano<br />

col passare dei minuti, evidenziando quanto il carattere<br />

dell’annata influisca sul carattere nel calice. A ribadirlo, il<br />

frutto della vendemmia 1986, che oggi ritroviamo con un<br />

profilo più vellutato rispetto a chi è venuto prima, espressione<br />

che conquista nel suo lieve e tenue dipanarsi. Una<br />

delicata introduzione a quella che è la scossa di un finale<br />

da ricordare, in questa cronaca davvero unica di un vino<br />

da sempre contemporaneo. Se la Riserva 1971 accoglie il<br />

palato esprimendosi con un’acidità moltiplicata all’ennesima<br />

potenza, lama che parla di una freschezza in bottiglia<br />

ancora intatta a distanza di mezzo secolo, il punto di<br />

arrivo della prima annata evidenzia di un equilibrio che<br />

si sviluppa in una combinazione<br />

pressoché perfetta. La Selvanella<br />

1969 vede prevalere note di<br />

chinotto ed essenza di agrumi,<br />

invogliando a un nuovo<br />

sorso che evidenzia quanto<br />

effimeri possano essere 50<br />

anni per un grande vino.<br />

PRIMO PIANO


4<br />

DOSSIER<br />

Photo: Marcello Brunetti<br />

Dove sta andando<br />

lo Champagne<br />

Dopo il 2022 record, andamento in calo per la bollicina francese:<br />

perché non deve spaventare<br />

DI IRENE FORNI E MATTEO BORRÈ<br />

Nel <strong>2023</strong> lo Champagne ha perso quell’effervescenza che soli<br />

12 mesi fa ha fatto stabilire alla bollicina francese più nota al<br />

mondo la sua migliore performance di sempre? È questo il<br />

quesito che sta interrogando il mondo degli appassionati e<br />

degli operatori dopo un primo semestre chiuso con spedizioni<br />

in calo. È già finita la magia? La risposta, a nostro avviso, è: no. Ma<br />

occorre porre tutto in prospettiva, per comprendere il fisiologico andamento<br />

di un vino che non è più, come è stato per lungo tempo, la bollicina<br />

che aveva quale unico orizzonte di consumo il<br />

solo spazio dei momenti di celebrazione. Iniziamo<br />

dai numeri: dopo aver passato 12 mesi<br />

con il piede costantemente sull’acceleratore,<br />

nel primo semestre del <strong>2023</strong> le spedizioni di<br />

Champagne (Francia inclusa) sono state pari<br />

a 125,8 milioni di bottiglie, in discesa del 4,7%<br />

rispetto allo stesso periodo del 2022. Le esportazioni,<br />

con 77,7 milioni di bottiglie, sono risultate<br />

in diminuzione del 3,7%, mentre la<br />

Francia ha fatto segnare un arretramento del<br />

6,3% con 48,1 milioni di bottiglie. Una performance,<br />

quella tra gennaio e giugno, che va collocata, come si spiegava,<br />

nella giusta prospettiva: quella innanzitutto di un 2022 straordinario,<br />

quando nello stesso periodo dell’anno scorso le vendite erano aumentate<br />

di quasi il 14%. Serve, dunque, procedere con cautela e non scadere in<br />

allarmismi, in particolare tenendo in considerazione quelli che sono la<br />

congiuntura economica globale, aggravata dai venti di guerra e dai nuovi<br />

conflitti che si stanno innescando in diverse parti del mondo, e gli effetti<br />

di un’inflazione che comincia, soprattutto in alcuni sbocchi come l’ambito<br />

retail, a far sentire pesantemente i propri effetti. A evidenziare un trend<br />

che in questo <strong>2023</strong> sta puntando al ribasso, laddove posto a confronto<br />

con la performance dell’anno passato, arriva anche la conferma degli ultimi<br />

aggiornamenti disponibili sul fronte spedizioni di Champagne, che<br />

a fine agosto hanno fatto registrare un complessivo -6%, per un volume<br />

totale di 172,5 milioni di bottiglie. Interessante, sotto questo aspetto, evidenziare<br />

una tendenza che vede le Maison penalizzate (-5,6% su un totale<br />

di 130,1 milioni di bottiglie), un ambito cooperativo da profondo rosso<br />

(-16,2%, per 14,3 milioni di bottiglie), mentre<br />

i Vigneron “limitano” le perdite (-1,8%, per<br />

28,1 milioni di bottiglie). Se la Francia rimane<br />

sopra la media percentuale del calo (-6,7% e<br />

complessive 66,2 milioni di bottiglie), l’export<br />

tende all’opposto a mantenere più salda la posizione<br />

(-5,6%, a <strong>10</strong>6,3 milioni di bottiglie) in<br />

vista del rettilineo finale che condurrà al Natale<br />

e alla conclusione dell’anno. Poi c’è il dato del<br />

valore da prendere in considerazione, che spiega<br />

in parte anche i motivi dietro il fisiologico<br />

abbassamento dei volumi. I prezzi medi dello<br />

Champagne, infatti, hanno assistito nei 12 mesi precedenti la fine di luglio<br />

a una complessiva crescita del <strong>10</strong>,4%: con la Francia che ha fatto registrare<br />

un incremento del +7,6%, l’ambito comunitario del <strong>10</strong>,1% e i Paese Terzi<br />

assistere ad un rincaro del +12,5%. La partita, di conseguenza, ora si giocherà<br />

sempre più nel campo delle marginalità finali, con i ricarichi che,<br />

all’interno dei diversi canali di destinazione di ogni cuvée, sono chiamati<br />

sempre più a favorire i consumi. Questo è l’augurio e la speranza, confidando<br />

in una chiusura di <strong>2023</strong> spumeggiante: Santé.


5<br />

Il <strong>2023</strong> si sta rivelando un anno<br />

particolare per il mercato dello<br />

Champagne, come abbiamo visto.<br />

Le distribuzioni, quali tramite<br />

e privilegiati osservatori<br />

del panorama vinicolo, offrono una<br />

prospettiva unica su come la bollicina<br />

francese più famosa stia rispondendo<br />

alle sfide e sfruttando spazi e opportunità<br />

che emergono. Analizzando le<br />

dinamiche economiche e le preferenze<br />

dei consumatori, abbiamo chiesto agli<br />

esponenti delle principali realtà distributive italiane come<br />

sta andando il mercato dello Champagne in questo <strong>2023</strong>.<br />

Il primo intervento è di Alessandro Sarzi Amadè di Sarzi<br />

Amadè: “In questi primi nove mesi stiamo confermando<br />

l’andamento di vendite di Champagne dello<br />

scorso anno. All’incirca lo stesso numero<br />

di bottiglie con un leggero incremento<br />

di valore. Riscontriamo purtroppo ancora<br />

qualche indisponibilità di alcune cuvée<br />

che ci vengono assegnate in quantità insufficienti<br />

rispetto alla richiesta del mercato.<br />

Per il <strong>2023</strong> non abbiamo introdotto novità<br />

nel catalogo Champagne, ma da gennaio ci<br />

sarà una new entry: un nuovo piccolo produttore<br />

di grande qualità”. La parola passa<br />

poi a Leonardo Sagna, direttore amministrativo<br />

Sagna S.p.A.: “Il mercato italiano<br />

dello Champagne sta subendo, come altri<br />

settori, gli effetti dell’inflazione che ha investito<br />

l’Italia, a partire dagli ultimi mesi<br />

dello scorso anno. Se il 2022 è stato l’anno dell’euforia nei<br />

consumi, esagerata, il <strong>2023</strong> lo ribattezziamo come l’anno<br />

della razionalità. Riscontriamo questi diversi approcci ai<br />

consumi confrontando i risultati degli ultimi due anni all’inizio<br />

della stagione autunnale: assegnazioni esaurite (lo<br />

scorso anno) contro pragmatismo e gestione<br />

del prodotto più organizzato (quest’anno)<br />

anche in ottica dell’imminente periodo<br />

natalizio. Prevediamo di chiudere il<br />

<strong>2023</strong> con risultati simili al precedente esercizio.<br />

Tra le performance più meritevoli di<br />

attenzione c’è sicuramente quella del Sud<br />

Italia, che sulla media nazionale fa registrare<br />

un +5%, a dimostrazione di quanto l’area<br />

sia viva e in crescita. L’attenzione per la<br />

Champagne resta alta, sta a noi continuare<br />

a proporre prodotti di qualità accessibili<br />

a un prezzo meritocratico e sostenibile. È<br />

uno dei punti di forza della nostra società,<br />

ben rappresentato attraverso la commercializzazione<br />

delle cuvée Collection e Cristal.<br />

L’ultimo arrivato in casa Roederer è,<br />

poi, il Brut Nature 2015, progetto originale<br />

e fuori dagli schemi per la Maison”. Continuando<br />

la nostra indagine, ecco la considerazione di Alberto<br />

Massucco di Alberto Massucco Champagne: “Per<br />

quanto riguarda l’andamento della domanda di Champagne<br />

in Italia, possiamo affermare che c’è una crescita, sostenuta<br />

anche dall’imporsi di un’abitudine<br />

sempre più consolidata che vede le persone<br />

non destinare lo Champagne solo alle<br />

grandi occasioni, ma a consumarlo nella<br />

quotidianità. I grandi brand continuano a<br />

dominare il mercato ma, parallelamente,<br />

rileviamo anche una crescita importante<br />

delle piccole Maison: questo significa che,<br />

da una parte il consumatore cerca l’affidabilità<br />

che gli Champagne più famosi garantiscono;<br />

dall’altra, però, si sta consolidando<br />

una fascia di appassionati che ricerca le<br />

chicche e le piccole produzioni. Fra le novità,<br />

proprio pochi giorni fa abbiamo presentato<br />

due nuove referenze che vanno ad<br />

ampliare la gamma che conta quindi otto<br />

Alberto Massucco e<br />

Pietro Pellegrini<br />

Corrado Mapelli e<br />

Marcello Meregalli<br />

Alessandro Sarzi<br />

Amadè e<br />

Leonardo Sagna<br />

Luca Cuzziol e<br />

Dick Ten Voorde<br />

etichette: Le Mesnil 2018 e Ma Vie en Rose 2018”. Un’altra<br />

grande distribuzione ci regala un’analisi dettagliata con<br />

Pietro Pellegrini, presidente di Pellegrini S.p.A.: “La nostra<br />

è una prospettiva piuttosto particolare, in quanto importatori<br />

di Champagne prodotti esclusivamente con uve<br />

di vigneti di proprietà o, nel caso di Jacquesson, sia di proprietà<br />

sia direttamente controllati<br />

dal produttore. Di conseguenza,<br />

i nostri volumi sono legati a<br />

precise allocazioni che a fatica<br />

soddisfano il nostro fabbisogno<br />

anche in questo <strong>2023</strong>. Premesso<br />

ciò, lo Champagne in Italia non<br />

sta performando come lo scorso<br />

anno e si nota soprattutto una<br />

grande differenza di domanda<br />

tra produttori conosciuti e quelli<br />

meno noti. Quest’anno non abbiamo<br />

inserito a catalogo nuove<br />

realtà. Abbiamo invece una novità di prodotto molto particolare:<br />

si chiama Cyber Cuvée ed è il primo Champagne<br />

al mondo interamente disegnato e comunicato<br />

dall’intelligenza artificiale, sotto la direzione<br />

creativa di Teo KayKay”. La palla passa in mano<br />

a Dick Ten Voorde di Vino e Design: “Il <strong>2023</strong><br />

ha visto una leggera flessione in generale nelle<br />

vendite di Champagne. L’estate molto calda<br />

non ha favorito i consumi. Nonostante ciò,<br />

possiamo registrare un incremento del 23%<br />

delle vendite dei nostri Champagne rispetto<br />

al 2022. L’azienda principale per il nostro catalogo<br />

è Champagne Palmer & Co, con la quale<br />

stiamo sviluppando un ottimo lavoro sul mercato<br />

italiano grazie anche alla brand manager<br />

Selena Cortot. L’anno scorso abbiamo introdotto<br />

Grands Terroirs, etichetta che esprime la<br />

quintessenza dei vigneti Premier e Grand Cru<br />

della Montagne de Reims. Inoltre, la cantina<br />

dispone di una riserva storica dalla quale ogni<br />

anno libereremo nuovi millesimi”. Siamo giunti agli ultimi<br />

interventi, con Gruppo Meregalli e Cuzziol Grandivini.<br />

Marcello Meregalli e Corrado Mapelli, rispettivamente<br />

ceo e direttore generale di Gruppo Meregalli raccontano:<br />

“In questo <strong>2023</strong> alcune cose sono cambiate: i prodotti dei<br />

marchi storici sono già stati allocati<br />

e performano sempre<br />

molto bene, come testimoniano<br />

per noi Maison Bollinger e Maison<br />

Ayala. Più lenta, invece, la<br />

situazione per quanto riguarda<br />

i Récoltant che recupereranno<br />

sicuramente sul fine anno, ma si<br />

può dire che ci sia meno effervescenza<br />

nel mercato rispetto ai<br />

dati 2022. Inoltre, la possibilità<br />

di un rialzo dei prezzi prospettata<br />

per il 2024 potrebbe comportare<br />

dei problemi, specie per le<br />

piccole realtà che diventeranno<br />

così meno sostenibili commercialmente. Sul lato distributivo,<br />

in questo <strong>2023</strong> ingressi particolari non ci sono stati,<br />

ci siamo concentrati sull’ultima new entry Chassenay d’Arce.<br />

Ma il 2024 sicuramente regalerà anche a noi e ai nostri<br />

produttori novità, stando sempre attenti ai bisogni dei consumatori”.<br />

A chiudere la carrellata sono le parole di Luca<br />

Cuzziol, amministratore unico di Cuzziol Grandivini, che<br />

chiosa: “Il mercato dello Champagne in questo <strong>2023</strong>, dopo<br />

un primo semestre effervescente e di riposizionamento, ha<br />

iniziato a soffrire nel periodo estivo per via di un assestamento<br />

del mercato post Covid. Inoltre, molte cuvée risultano<br />

sempre meno accessibili per il consumatore medio.<br />

Ma lo Champagne ha, nonostante tutto, un grande futuro<br />

in Italia per la sua versatilità, sebbene la situazione macroeconomica<br />

nel nostro Paese e in Europa stia portando ad un<br />

posizionamento molto alto in carta vini di alcuni prodotti,<br />

limitando dunque la richiesta nel grande pubblico”.<br />

DOSSIER


6<br />

di strategia in agenda nei prossimi mesi, dove manterremo<br />

fede a quanto già concordato coi clienti. L’effetto<br />

inflazione, nondimeno, ha senza dubbio avuto ripercussioni<br />

sulle rotazioni, soprattutto se guardiamo allo<br />

scaffale, dove il consumatore ha una percezione più immediata<br />

di eventuali aumenti dei prezzi.<br />

Cosa sta andando di più in tema Champagne<br />

in Italia?<br />

Se volgiamo lo sguardo ai trend in Italia, oggi le cuvée<br />

di alta gamma soffrono meno dei Brut Sans Année,<br />

anche perché le prime sono maggiormente distribuite<br />

all’interno dell’universo Horeca, che ha sofferto meno<br />

dell’ambito retail classico. Poi c’è da fare un discorso<br />

di più ampio raggio sul fronte di quelli che oggi sono i<br />

prezzi per il consumatore finale, soprattutto all’interno<br />

della ristorazione.<br />

DOSSIER<br />

“Bisogna tornare<br />

ad essere realisti”<br />

Il <strong>2023</strong> di Laurent-Perrier e dello Champagne<br />

in Italia: intervista a Stefano Della Porta<br />

Una nuova Iterazione, la N°26, oggi all’esordio,<br />

per la cuvée de prestige che ambisce<br />

a ricreare l’annata perfetta, quella<br />

che la Natura non donerà mai. Ma anche<br />

un altro passo in avanti in cantina, con la<br />

novità di un nuovo Wine Manager. E poi il ritorno di<br />

Grand Siècle Iterazione N.20, nella sua speciale sboccatura<br />

tardiva in Magnum Les Réserves. Ma<br />

anche il termometro su come sta andando<br />

il mercato dello Champagne in Italia.<br />

Con Stefano Della Porta, direttore<br />

commerciale di Laurent-Perrier<br />

Italia, tracciamo una fotografia sul<br />

<strong>2023</strong> della Maison di Tours-sur-<br />

Marne.<br />

Qual è il bilancio dello Champagne<br />

in Italia in questo <strong>2023</strong>?<br />

C’è stato uno storno generale in termini<br />

di volumi per lo Champagne verso l’Italia in<br />

questa prima metà di <strong>2023</strong>, con una variazione tra il<br />

-5% e il -6% a livello d’importazioni. Un dato che possiamo<br />

confermare anche noi sotto l’aspetto del sell-in,<br />

dopo le performance record del 2022. Ma il semestre di<br />

riferimento resta il secondo, quando lo scaffale diventa<br />

più importante per lo Champagne. Il trend che osserviamo<br />

oggi è quello di un Natale che si preannuncia in<br />

linea con le cifre dello scorso anno, ma poi occorrerà<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

vedere cosa sposteranno i cosiddetti consumi a casa e<br />

la regalistica. La nostra particolare condizione di filiale<br />

e il rapporto con la casa madre ci mette nelle condizioni<br />

di guardare con serenità alla previsione rispetto a una<br />

conferma della performance 2022. Ma se fosse anche<br />

qualche punto percentuale al di sotto non sarebbe un<br />

dramma, in quanto i numeri rimarrebbero comunque<br />

migliorativi sul 2021. Inoltre, una dinamica di<br />

questo tipo condurrebbe a risolvere una<br />

delle criticità degli ultimi tempi: quella<br />

di disponibilità che hanno faticato a<br />

stare al passo con la richiesta. E volendo<br />

noi, in quanto filiale, offrire<br />

innanzitutto un servizio e costruire<br />

partnership consolidate, più che ambire<br />

a rincorrere vendite effimere, la<br />

cosa peggiore che ci sia è proprio l’incapacità<br />

di poter soddisfare la domanda<br />

dei clienti. La tensione nei volumi che si<br />

stava protraendo a livello globale, d’altronde,<br />

non è assolutamente status in cui le Maison si trovano<br />

a loro agio, noi per primi.<br />

Si procede, dunque, in direzione di un anno di<br />

assestamento?<br />

È un <strong>2023</strong> di deciso assestamento dopo la frenesia degli<br />

scorsi 12 mesi e la costante rincorsa alla bottiglia.<br />

Anche in termini di listini, non abbiamo grandi cambi<br />

Lo Champagne costa spesso troppo caro?<br />

Se anche in ambito ristorativo di alta fascia in molti<br />

evidenziano di una contrazione delle vendite, è giusto<br />

però cominciare a fare una riflessione sulle attuali<br />

politiche di ricarico legate alle etichette di maggior<br />

prestigio. Oggi, ritengo che sia necessario essere un<br />

po’ più “realistici”, andando a ragionare meglio in direzione<br />

di ricarichi assoluti e non percentuali. Bisogna<br />

favorire l’apertura delle bottiglie da parte dei clienti e<br />

interagire di più a livello di filiera sotto questo punto<br />

di vista. I nostri agenti è anche questo il servizio che<br />

offrono sul territorio: predispongono una consulenza<br />

che arriva fino a suggerire prezzi in carta che possano<br />

essere coerenti con la zona dove un locale si trova e con<br />

il posizionamento del brand. Non è assolutamente una<br />

volontà di entrare nel conto economico dei clienti, ma<br />

piuttosto un sostegno affinché poi il prodotto possa garantire<br />

una rotazione in linea con le aspettative di tutti:<br />

dal ristoratore all’appassionato. Non bisogna, in sintesi,<br />

rischiare di mandare in crisi quel segmento delle<br />

bottiglie ad alto valore aggiunto che oggi non mostra<br />

segni di flessione.<br />

Una categoria che include Grand Siécle, la<br />

punta di diamante di Laurent-Perrier…<br />

Oggi Grand Siécle è sempre più al centro della nostra<br />

attività. E la Maison lo ha ribadito ancora una volta con<br />

il lancio di una campagna media mondiale che vede il<br />

celebre Morgan Freeman diventare il volto della nostra<br />

cuvée de prestige. Un vero e proprio ambasciatore<br />

d’eccezione per lo Champagne più esclusivo firmato da<br />

Laurent-Perrier, che si affianca allo sforzo che continuiamo<br />

a portare avanti a livello locale per spiegare l’unicità<br />

di un prodotto davvero particolare, ora disponibile<br />

con la nuova Iterazione N°26, assemblaggio di una selezione<br />

di tre annate eccezionali – in questo caso: 65%<br />

2012, 25% 2008, <strong>10</strong>% 2007 – complementari tra loro<br />

e selezione di 8 dei 17 Grand Cru esistenti in Champagne:<br />

per lo Chardonnay, 58%, Le Mesnil-sur-Oger,<br />

Oger, Cramant, Avize; per il Pinot Noir, 42%, Tourssur-Marne,<br />

Ambonnay, Bouzy, Verzy. Ma in termini di<br />

novità non ci fermiamo qui.<br />

Cosa dobbiamo attenderci ancora in questa<br />

fine anno?<br />

È pronta all’esordio in Italia anche Grand Siècle Iterazione<br />

N.20 Les Réserves, una sboccatura tardiva in<br />

formato Magnum che ha affinato oltre 20 anni sui lieviti.<br />

Assemblaggio che vede protagoniste le annate 1999<br />

(60%), 1997 (20%) e 1996 (20%), è un blend di Chardonnay<br />

(54%) e Pinot Noir (46%) elaborato a partire da<br />

una scelta di 8 dei 17 Grand Cru: Avize, Cramant, Oger,<br />

Le Mesnil-sur-Oger, Ambonnay, Bouzy, Tours-sur-Marne,<br />

Mailly. Ma poi, da ricordare anche il passo in avanti<br />

compiuto dalla Maison in cantina con l’ingresso, dallo<br />

scorso luglio, di Maximilien Bernardeau nel team Laurent-Perrier<br />

in qualità di Cellar Master e Wine Manager<br />

del gruppo, dove riporta a Michel Fauconnet.


7<br />

Lo Champagne ha anche un volto italiano. Sempre più, infatti, l’eccellenza in<br />

bottiglia di Reims e dintorni parla la nostra lingua. Ne è un fulgido esempio<br />

l’elegante Champagne De Vilmont, oggi tra i brand di punta di Serena Wines<br />

1881. Le colline di Conegliano, infatti, non sono mai state così vicine alla Francia:<br />

o, meglio sarebbe dire, ai dolci pendii dell’Aoc Rilly la Montagne, al cuore<br />

della Champagne. Il progetto nasce nel 2007, quando per volontà dello zio di Luca Serena,<br />

Gerardo, grande estimatore delle più prestigiose bollicine transalpine, la famiglia veneta<br />

decide d’investire nell’Appellation d’Origine Contrôlée Rilly la Montagne, ampliando<br />

così il proprio portfolio. Un marchio dedicato che affonda le radici in un’area vocata, come<br />

testimonia il fatto che a esservi prodotto è storicamente lo Champagne che celebra il nobile<br />

marchese di San Crevés, François Alphonse Donatien De Vilmont, vissuto a fine 1700.<br />

Leggenda narra che l’ex ufficiale della Guardia Reale di Luigi XVI, passato nel 1792 tra le<br />

file del neonato esercito rivoluzionario, dopo aver conseguito un’importante vittoria militare<br />

contro le armate austro-prussiane a Valmy, festeggiò con gli ussari francesi sul campo<br />

di battaglia sciabolando una bottiglia di Champagne. Oggi, la famiglia Serena dimostra lo<br />

stesso coraggio, portando avanti fieramente il testimone di una lunga tradizione, dando<br />

vita a cuvée e millesimati di alta qualità, proprio a marchio De Vilmont, da uve provenienti<br />

dalla zona Premier Cru Aoc Rilly La Montagne, a poca distanza da Reims. Ci si trova in<br />

un’area collinare con esposizione delle vigne prevalentemente a Sud, accarezzata da un clima<br />

continentale, segnato da una temperatura media annuale intorno ai <strong>10</strong>,5°C, che favorisce<br />

una maturazione lenta degli acini e regala, insieme a un suolo particolarmente ricco<br />

per via della presenza di Calcare, Gesso e Marna, tratti di freschezza e vivacità alla bollicina<br />

che tra i suoi filari prende forma. Uno Champagne che ha proprio nel Belpaese il suo primo<br />

mercato di destinazione, non tradendo le origini del nome dietro al marchio. Oggi,<br />

infatti, l’Italia assorbe il 70% dei volumi totali venduti, cioè 35mila bottiglie su 50mila<br />

complessive commercializzate ogni anno. Ma gli orizzonti di De Vilmont lo conducono<br />

davvero in ogni angolo del globo, spaziando, nelle sue destinazioni principe, da Austria,<br />

Russia e Santa Lucia nelle Antille Inglesi, con circa 2mila bottiglie cadauna, Germania,<br />

circa 1.500 bottiglie, Svezia, Repubblica Ceca e Polonia, attorno alle 1.000 bottiglie ciascuna.<br />

Dopo proprio la Svezia, che rappresenta il mercato di più recente apertura grazie<br />

alla riconquista della catena Elite Hotels e dei suoi bistrot Bishop, l’azienda si sta muovendo<br />

ora verso l’America, dove sta lavorando alla realizzazione di un progetto da circa 8mila<br />

bottiglie l’anno. “L’obiettivo in Italia è continuare a servire Signorvino, sia per la visibilità<br />

sia per il prestigio di far parte del loro assortimento accanto ai migliori Champagne delle<br />

piccole Maison”, esordisce Luca Serena. Negli ultimi anni, a partire dal Covid, il bilancio<br />

del brand è sempre stato positivo. “Siamo passati da 30mila bottiglie nel 2020 a 40mila nel<br />

2021, per arrivare a 50mila nel 2022”, prosegue. “Ora che abbiamo raggiunto questo importante<br />

traguardo, che era l’obiettivo dell’azienda quando abbiamo acquisito il marchio<br />

De Vilmont nel 2006, credo che sia fondamentale impegnarci al massimo per consolidarlo”.<br />

Per la famiglia Serena, da sempre Champagne significa qualità: dunque, un prodotto e<br />

un marchio di primo livello che, pur ad un prezzo concorrenziale, si rivolga esclusivamente<br />

all’Horeca e, al tempo stesso, innalzi il percepito di tutti gli spumanti a metodo Charmat<br />

prodotti e commercializzati dalla realtà con sede a Conegliano. “Per questo”, chiosa Luca<br />

Serena, “siamo pronti ad investire in Pos e materiale dedicato per i locali italiani che decideranno<br />

di diventare ambassador del marchio De Vilmont, mentre all’estero puntiamo<br />

ad un’ulteriore e graduale crescita in tutti quei mercati che siano in grado di apprezzare e<br />

fare spazio alla qualità e al pregio di uno Champagne di matrice italiana”. Fiore all’occhiello<br />

della gamma De Vilmont è il Brut Grande Réserve Premier Cru. La sua elegante complessità<br />

inizia dall’assemblage: 50% Chardonnay, 25% Pinot Noir e 25% Meunier. I profumi, la<br />

freschezza, la verticalità e la buona struttura sono poi raggiunti dopo il periodo minimo di<br />

36 mesi sui lieviti. Cristallino, dal colore dorato con riflessi ramati, si distingue per il perlage<br />

fine e vivace e per un bouquet armonico e complesso. Fine e delicato, è ben strutturato,<br />

in un giusto intreccio tra acidità e morbidezza, lasciando una sensazione finale rotonda<br />

ed equilibrata. Uno Champagne perfetto per la tavola tricolore: sia in aperitivo sia con<br />

antipasti, come crostini di pâté al fegato, tartare di salmone o formaggi, ma anche abbinato<br />

a portate principali come ravioli di ricotta e piatti elaborati, spaziando da pesce a carni.<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

Champagne<br />

“all’italiana”<br />

De Vilmont e il suo Brut Grande Réserve Premier Cru:<br />

la bollicina francese secondo Serena Wines 1881<br />

DOSSIER


8<br />

DOSSIER<br />

Collection<br />

alla “prova”<br />

Le origini del progetto di Maison Louis Roederer<br />

nella prima verticale di Champagne tra “essai” e release<br />

DI ANDREA SILVELLO E MATTEO BORRÈ<br />

U<br />

n numero a volte può fare tutta la differenza. Proprio<br />

quanto una sequenza può indicare molto di più di una<br />

semplice serie. Lo spiega esemplarmente il progetto<br />

Collection firmato dalla Maison Champagne Louis<br />

Roederer.<br />

Inizia, infatti, da una bottiglia che in etichetta riporta<br />

la dicitura “essai 238”, ovvero “prova 238”, un nuovo<br />

capitolo di una storia che affonda le radici in profondità,<br />

come testimonia proprio quel numero a ricordare<br />

gli assemblaggi svolti dalla Maison di Reims a far data<br />

dal 1776, anno della sua fondazione. Sullo sfondo, un<br />

uomo che da diversi decenni guida il team enologico e<br />

che oggi ha assunto anche il ruolo di direttore generale<br />

della Maison. Una figura centrale, non soltanto per il<br />

marchio Louis Roederer, ma per l’intera Champagne.<br />

Da lui, infatti, sono partite alcune delle più grandi rivoluzioni<br />

della Maison e sue sono le scelte che hanno<br />

portato la realtà di Reims alla centralità che oggi riveste<br />

all’interno del panorama enologico champenoise.<br />

Ed è stato proprio Jean-Baptiste Lécaillon a tenerci<br />

incollati alla sedia per oltre un’ora, lo scorso maggio<br />

a Milano, nell’ascolto dalla sua viva voce della genesi<br />

dell’ultimo nato in casa Louis Roederer: per l’appunto<br />

il progetto Collection.<br />

L’occasione per fissare nozioni e raggruppare considerazioni<br />

attorno allo stato d’avanzamento dell’iniziativa<br />

è giunta con l’esordio italiano della più recente<br />

release, la 244, che ha permesso di tirare una prima<br />

riga sul bilancio di un’idea capace di condurre a un<br />

vero cambio di prospettiva.<br />

Sia, infatti, chiarito fin da subito un elemento decisivo:<br />

il Collection non è una scelta di marketing e non<br />

è neppure l’evoluzione del Brut Premier. Ci troviamo<br />

di fronte a un vero e proprio mutamento filosofico<br />

profondo nel pensiero stesso della Maison, nella sua<br />

logica di fare Champagne. Il Brut Premier, d’altronde,<br />

“fu” altra cosa. Parliamo, infatti, di un Sans Année<br />

(Non Vintage) che rappresenta - a detta di Jean-Baptiste<br />

Lécaillon - un modo “vecchio” di fare Champagne:<br />

non millesimato nato negli anni ‘70 per adattare<br />

i vini a decenni in cui si assisteva a poche ottime annate<br />

“millesimabili”. Oggi, però, il mondo è cambiato:<br />

è sufficiente guardare quel che accade all’interno<br />

della vigna per rendersene conto. Si presta molto più<br />

attenzione alla natura e alla pianta, scendono le rese<br />

per ettaro e siamo innanzi a cambiamenti climatici<br />

che hanno ripercussioni e impatti profondi.<br />

Lo Chef de Cave di Louis Roederer ha sintetizzato


9<br />

Il team<br />

Sagna S.p.A.,<br />

distributore<br />

per l’Italia degli<br />

Champagne<br />

Maison Louis<br />

Roederer, insieme<br />

a Jean-Baptiste<br />

Lécaillon<br />

queste complesse dinamiche in una frase: “Il faut reinventer<br />

le Champagne, essayer de trouver l’identité du<br />

Champagne de demain”. Ovvero: bisogna individuare<br />

la nuova strada su cui si dovrà riscoprire la nuova<br />

identità dello Champagne di domani.<br />

Se fino a qualche decade fa le grandi annate erano<br />

meno frequenti, infatti, dall’inizio del nuovo millennio<br />

gli scenari sono mutati: sono moltissime quelle<br />

meritevoli di essere espresse tal quali, “millesimabili”.<br />

Ed ecco prendere forma il concetto dietro al progetto<br />

Collection, Champagne Multimillesimato che non è<br />

tuttavia un’evoluzione del Sans Année.<br />

Si parla del figlio di un lavoro attento in campagna,<br />

di un’agricoltura efficace in risposta agli effetti del<br />

cambiamento climatico, che creano una diversa qualità<br />

delle uve: da vendemmie più anticipate ad acini<br />

più sani e maturi, ricchi di sapori, polpa e consistenza<br />

ma con meno acidità. Una “materia prima” che si tramuta<br />

in espressione fedele del luogo, voce del suolo in<br />

cui nasce: in breve, è un’identità più forte quella ad<br />

emergere dove è il climat che firma il vino. Una nuova<br />

sfida, quella su cui in Maison Louis Roederer si è iniziato<br />

a ragionare fin dal 2002 e che con l’annata 2013<br />

ha visto una risposta compiuta in bottiglia venire alla<br />

luce. Ci riferiamo proprio a quel “essai 238”, l’origi-<br />

nale “prova” non destinata alla vendita e sboccata nel<br />

2017. Il punto d’origine di un nuovo percorso, pagina<br />

voltata a dare il via a una nuova storia.<br />

L’acidità, che non gioca più il ruolo principale, lascia<br />

spazio a nuove freschezze e a una rinnovata forma di<br />

leggerezza. I Pinot Noir diventano più strutturati ma<br />

è necessario preservane il lato più dinamico. Pertanto,<br />

l’assemblaggio subisce una svolta radicale, con l’impiego<br />

dei Vini di Riserva (affinati in legno) finalizzato<br />

a una resilienza stilistica del vino, mentre l’uso di annate<br />

diverse diventa un punto di forza e vera opportunità.<br />

Poi, la scelta delle date di raccolta è lettura del<br />

millesimo, stigma del futuro vino. Mentre la vinificazione<br />

può diventare meno “invasiva” e agevolare una<br />

produzione di Champagne orientati al terroir. Ed è<br />

una nuova sequenza che riparte, definita da un’iniziale<br />

aggiustamento dei fattori in campo, alla ricerca del<br />

corretto equilibrio nel calice. Dall’assaggio dei vini<br />

preparatori, identificati con le cifre 238, 239 e 240,<br />

al debutto di Collection, avvenuto con la release 242,<br />

si comprende come la Maison abbia ricercato sempre<br />

più tensione passando dalla riduzione della fermentazione<br />

malolattica a una maggiore presenza di composti<br />

fenolici, dati dalle tailles e fermentazioni in rovere,<br />

alla riduzione del dosaggio, passato nel tempo da 9 a<br />

7 g/l, come nel caso 244. Se in 241 e 242 il sorso offre<br />

sensazioni materiche e profili aromatici più impattanti,<br />

più precisi, di grande concentrazione e persistenza,<br />

il confronto tra 243 e 244, invece, sottolinea un<br />

perfetto equilibrio tra struttura e freschezza, dato da<br />

una maggiore presenza di Chardonnay. “L’obiettivo di<br />

Collection”, ha spiegato Lécaillon, “è mostrare nuove<br />

sfumature e intensità fruttate, complesse, nonché<br />

un maggiore potenziale d’invecchiamento del vino”.<br />

Composto per la metà dall’assemblaggio da uve d’annata<br />

provenienti da vigneti di proprietà e di vigneron<br />

partner, che seguono i rigidi protocolli imposti dalla<br />

Maison, il nuovo volto di Louis Roederer enfatizza<br />

il carattere di ogni millesimo. E il risultato non può<br />

che essere “un multimillesimato buono come un vintage”,<br />

come lo ha definito il suo artefice. Realizzato<br />

creando il migliore assemblaggio possibile ogni anno,<br />

Collection è reale espressione dei diversi terroir della<br />

Champagne – Côte des Blancs, Montagne de Reims e<br />

Vallée de la Marne – e dello stile della vendemmia: per<br />

una bollicina che, prima di essere tale, è vino coinvolgente,<br />

avvolto da un finale materico e salino. Poi, non<br />

si deve mai dimenticare come sia il tempo lo scultore<br />

dello Champagne. E proprio la ricetta che tratteggia<br />

le forme dell’ultimo nato in casa Louis Roederer,<br />

dove la singolarità del millesimo è catturata per essere<br />

impreziosita dai vini di riserva di altre grandi annate,<br />

regala in bottiglia una capacità d’invecchiamento<br />

che supera la decade. A fare capolino nel calice è, dunque,<br />

un nuovo modo di concepire lo Champagne e la<br />

Champagne. E per quel che ci riguarda, l’au revoir al<br />

Brut Premier ci lascia oggi con la conferma di trovarsi<br />

davanti a una nuova bollicina che è buona cosa avere<br />

sempre pronta in cantina.<br />

DOSSIER


<strong>10</strong><br />

Il mercato dello Champagne in Italia è oggi sempre<br />

più rilevante nel panorama commerciale nazionale.<br />

L’incontro tra l’eleganza e la passione tricolore<br />

per il vino e le aziende produttrici dell’iconico<br />

Metodo Classico francese sta dando vita a forti<br />

sinergie tra le realtà vinicole. Ma cosa porta le aziende e<br />

i gruppi italiani del vino a importare Champagne? Abbiamo<br />

deciso di esplorare le ragioni dietro questa scelta,<br />

confrontandoci con chi ha abbracciato questa tendenza<br />

e con le storie dietro alla loro selezione. Scopriremo<br />

così come questa fusione di tradizioni enologiche abbia<br />

portato a risultati sorprendenti e quanto le aziende italiane<br />

abbiano fatto proprie le sfumature e la raffinatezza<br />

del prestigioso spumante francese. Il nostro viaggio di<br />

scoperta inizia dalle vette alpine e dà voce a Klaus Gasser,<br />

direttore commerciale di Cantina Terlano: “Tutto è<br />

iniziato da una profonda passione per lo Champagne e<br />

da una conoscenza della famiglia Legras e Haas, che ormai<br />

va avanti da più di 20 anni. Apprezzando lo Champagne<br />

è nata un’amicizia con la famiglia, in particolare<br />

con il figlio Jérôme Legras. Convinto dalla straordinaria<br />

qualità di questo Champagne abbiamo intrapreso l’importazione<br />

di questo marchio, tanto che oggi è l’unico<br />

che importiamo e siamo estremamente soddisfatti dei<br />

risultati ottenuti. Essendo uno Champagne di Chouilly<br />

della Côtes de Blancs, patria dello Chardonnay, ci piacerebbe<br />

incrementare la linea di prodotti inserendo un<br />

Blanc de Noirs, in quanto questa tipologia d’importa-<br />

zione è per noi stimolante e conferma un’attività molto<br />

giusta per la nostra azienda”. Cambiando regione, ma<br />

rimanendo sempre nel Nord della penisola, raccogliamo<br />

le considerazioni di un’altra grande azienda nel panorama<br />

enologico nazionale: Ceretto, da Alba, in Piemonte.<br />

Un racconto attento e già di lunga storia, come<br />

evidenzia Giacolino Gillardi, ceo e responsabile del<br />

progetto Terroirs – Ceretto: “Agli inizi del nuovo millennio<br />

partecipai all’annuale degustazione del nostro<br />

importatore spagnolo Quim Vila. Fu qui che ebbi modo<br />

di conoscere Didier Depond, presidente della Maison<br />

Salon-Delamotte. Mi chiese un consiglio sull’Italia,<br />

poiché al tempo era per loro un mercato da ricostruire.<br />

Subito mi balenò l’idea di iniziare un’attività di importazione<br />

e rientrando ad Alba telefonai ai fratelli Ceretto<br />

che senza esitare mi diedero il mandato per iniziare<br />

immediatamente un’importazione di vini stranieri. Fu<br />

così che mi proposi a Depond: era il 2002 e di lì a pochi<br />

mesi sarebbe nata Terroirs – Ceretto. La nostra impostazione<br />

come importatori si distingue perché abbiamo<br />

avuto un approccio diretto e più personale fin da subito,<br />

conoscendo, selezionando e degustando con i produttori<br />

i loro vini. Nella scelta abbiamo privilegiato i Récoltant:<br />

non grandi Maison, ma aziende che rappresentavano<br />

coi loro vini il territorio d’appartenenza. Le realtà<br />

che importiamo oggi sono: Lelarge-Pugeot, Soutiran,<br />

Maurice Grumier, Salon-Delamotte, Perrot-Batteux,<br />

Nominè-Renard, Chateau de Bligny, Cottet-Dubreuil,<br />

Guenin e Albert Beerens”. Proseguendo questo nostro<br />

viaggio di racconto e scoperta incontriamo l’azienda Cà<br />

di Rajo di San Polo di Piave, Treviso. A prendere la parola<br />

è Fabio Cecchetto, titolare insieme ai fratelli Simone<br />

e Alessio: “Abbiamo iniziato lo scorso anno, dopo l’acquisizione<br />

della tenuta friulana che oggi porta il nome<br />

di Aganis. In seguito al lancio sul mercato di questi<br />

nuovi prodotti abbiamo deciso di metterci in gioco tra<br />

gli interlocutori italiani per la distribuzione di etichette<br />

francesi, tra cui Champagne e Borgogna, e di aziende<br />

nazionali. Nel nostro portfolio vi sono Paul Déthune<br />

e Damien Hugot. Come gruppo Ca’ di Rajo distribuiamo<br />

in Italia aziende che condividono la nostra stessa<br />

visione: realtà a conduzione famigliare con una filosofia<br />

orientata alla qualità e al rispetto dell’ambiente”. Rimanendo<br />

in Veneto, questa volta nel veronese, anche uno<br />

dei volti più storici dell’Amarone e della Valpolicella ha<br />

scelto di confrontarsi con l’universo dello Champagne,<br />

come ci spiega Silvia Allegrini, della storica azienda di<br />

famiglia di Fumane che con la commerciale Corte Giara<br />

importa anche un marchio di Champagne: “L’attività<br />

di distribuzione ha preso il via circa quattro anni fa,<br />

dai primi contatti con una Maison che ha il suo cuore in<br />

Borgogna, Olivier Leflaive, ma che ha anche una ramificazione<br />

ad Avize: lo Champagne Valentin Leflaive. Ne<br />

è nata una collaborazione davvero interessante, che poi<br />

si è ampliata coinvolgendo altre realtà borgognone. Abbiamo<br />

ricercato sempre aziende che avessero un’affinità<br />

DI IRENE FORNI<br />

DOSSIER<br />

Se lo Champagne si colora<br />

di verde, bianco, rosso<br />

Cosa c’entrano le cantine italiane con l’importazione<br />

delle bollicine francesi più famose


11<br />

Klaus Gasser e<br />

Giacolino Gillardi<br />

Silvia Allegrini e<br />

Fabio, Simone e<br />

Alessio Cecchetto<br />

Chiara Lungarotti,<br />

Leo Damiani e<br />

Sergio Zingarelli<br />

Miriam Lee<br />

Masciarelli e<br />

Luca Baccarelli<br />

con noi, con una connotazione famigliare, eccellenze<br />

dei rispettivi territori. Inoltre, essendo noi specializzati<br />

nella valorizzazione delle varietà autoctone, abbiamo<br />

scelto chi potesse offrire un volto internazionale, a partire<br />

dal Pinot Nero. Abbiamo dato così forma a sinergie,<br />

individuando produttori non ancora distribuiti in Italia,<br />

che per noi rappresenta anche un grande<br />

stimolo, essendo aziende di prestigio di un<br />

territorio prestigioso con cui potersi confrontare.<br />

Poi, la ristorazione ha sposato fin<br />

da subito il nostro progetto distributivo, tanto<br />

che spesso queste etichette che portiamo<br />

su questo lato delle Alpi si trasformano in<br />

un’occasione per consolidare nuovi rapporti<br />

commerciali a tutto tondo”.<br />

Ci spostiamo in Toscana, dove a fornirci<br />

nuovi spunti sull’esperienza aziendale in termini<br />

di import di Champagne sono protagonisti<br />

assoluti come Rocca delle Macìe e Marchesi<br />

Antinori. Sergio Zingarelli, patron<br />

di Rocca delle Macìe a Castellina in Chianti,<br />

racconta: “Quando<br />

ho fondato Rocca delle<br />

Macìe, nel 1973, ho realizzato<br />

il sogno che accarezzavo<br />

da molti anni:<br />

produrre vini di qualità<br />

e farli conoscere ovunque.<br />

Tuttavia, l’obiettivo<br />

era anche quello di strutturare<br />

la mia impresa in<br />

modo tale che potesse<br />

affiancare e realizzare i<br />

sogni di altri produttori.<br />

Su questa idea s’innesta la<br />

collaborazione con aziende che devono<br />

avere specifiche caratteristiche di filosofia<br />

produttiva ed etica: una proprietà che<br />

faccia anch’essa capo ad una famiglia,<br />

una determinazione a cercare sempre il<br />

massimo della qualità possibile, il rispetto<br />

per l’ambiente, tecniche di produzione<br />

in vigneto e in cantina non invasive, infine<br />

l’attenzione all’identità del territorio.<br />

Attualmente abbiamo una sola etichetta<br />

d’Oltralpe, più precisamente della zona<br />

dello Champagne: una collaborazione<br />

iniziata nel 2021 con Maxime<br />

Blin, giovane vignaiolo<br />

di lunga tradizione.<br />

È un progetto nel quale<br />

abbiamo creduto fin da<br />

subito e che ci sta regalando<br />

immense soddisfazioni”.<br />

Passando, invece,<br />

alla storica ed illustre<br />

azienda Marchesi Antinori,<br />

a prendere la parola<br />

è Leo Damiani, direttore<br />

commerciale e marketing<br />

spumanti e Champagne: “Marchesi Antinori<br />

ha iniziato quest’attività nel 1982, volgendo<br />

le sue attenzioni su un’unica area vitivinicola,<br />

quella della Champagne, collaborando solamente<br />

con due maison: Krug e Perrier-Jouët.<br />

Fin dall’inizio si è trattato di una scelta ben<br />

precisa nei confronti di un territorio storico,<br />

unico ed evocativo, quale è la Champagne,<br />

partendo dal rapporto personale e dalla condivisione<br />

degli stessi valori di eccellenza, così<br />

come l’approccio artigianale, tra la famiglia<br />

Antinori e le proprietà delle due Maison.<br />

L’importazione e distribuzione in Italia dello<br />

Champagne resta un’eccezione per Marchesi<br />

Antinori, dettata da motivi di grande stima<br />

tra le famiglie e, di conseguenza, tra le aziende<br />

coinvolte”. La Toscana<br />

passa il testimone all’Umbria<br />

e a parlare è Chiara Lungarotti<br />

dell’omonima cantina:<br />

“La mia famiglia ha sempre<br />

avuto un rapporto privilegiato<br />

con il mondo vitivinicolo<br />

francese. Quando mio padre<br />

venne a mancare, chiedemmo<br />

a Denis Dubourdieu, di<br />

aiutarci e seguirci nel cambio<br />

generazionale. E così,<br />

un paio di anni fa, abbiamo<br />

deciso di selezionare una serie di produttori di nicchia<br />

di Champagne, di cui condividiamo la filosofia produttiva,<br />

inserendoli nella nostra distribuzione. Con le<br />

aziende che abbiamo selezionato condividiamo la stessa<br />

filosofia produttiva:<br />

vini espressione del<br />

territorio da cui provengono,<br />

selezione<br />

delle migliori uve,<br />

cura artigianale, ricerca<br />

dell’eccellenza.<br />

Abbiamo scelto di<br />

distribuire aziende<br />

storiche di famiglia,<br />

piccoli produttori<br />

che rappresentano tre<br />

territori diversi della<br />

regione dello Champagne:<br />

Guy Charbaut,<br />

Alain Bailly, A.<br />

Viot & Fils e Minard<br />

& Filles”. Rimanendo<br />

in Umbria, troviamo Roccafiore e le parole di Luca<br />

Baccarelli, patron dell’azienda: “Abbiamo iniziato a<br />

distribuire Champagne nel 2017 come parte del nostro<br />

progetto Les Bulles. Questa iniziativa si<br />

concentra su piccoli produttori artigianali<br />

e rappresenta una parte significativa<br />

di Roccafiore. È guidata dalla passione<br />

per la Champagne e il suo cambiamento<br />

grazie a nuove generazioni di vignaioli.<br />

Distribuiamo 19 produttori, per circa 90<br />

referenze. Le storie dei Vigneron sono<br />

simili, unite da radici, terroir e stile distintivo.<br />

Valutiamo anche l’umanità e<br />

guardiamo alle nuove generazioni che<br />

interpretano il vino in modo contemporaneo”.<br />

Siamo giunti all’ultima tappa,<br />

e questa volta siamo in Abruzzo con la<br />

celebre azienda Masciarelli, che ci viene<br />

raccontata nella sua attività d’importazione<br />

da Miriam<br />

Lee Masciarelli, brand<br />

manager di Masciarelli<br />

Tenute Agricole: “La<br />

Gianni’s Selection, la<br />

nostra linea di distribuzione,<br />

nasce nel 2004<br />

da un’idea di Gianni<br />

Masciarelli e dalla sua<br />

continua ricerca dell’eccellenza<br />

anche al di<br />

fuori dei confini nazionali.<br />

Interpretandone la<br />

visione, continuiamo ad<br />

arricchirne la gamma, per mettere a disposizione dei<br />

nostri partner un’offerta sempre più completa, adatta<br />

a ogni esigenza. Per quanto riguarda lo Champagne,<br />

distribuiamo Andrè Jacquart e li abbiamo scelti perché,<br />

come tutte le altre aziende entrate a far parte della<br />

nostra Gianni’s Selection, incarnano i valori di qualità,<br />

artigianalità e forte legame col territorio condivisi da<br />

sempre anche dalla nostra realtà”.<br />

DOSSIER


12<br />

DOSSIER<br />

Un incanto<br />

di Champagne<br />

Quando la bollicina francese va all’asta: record,<br />

tendenze e i tutti nomi da tenere d’occhio nel <strong>2023</strong> su iDealwine<br />

DI ROBERTA RANCATI<br />

C'è un mondo che ruota attorno allo Champagne, ma non è strettamente<br />

quello legato all’acquisto dell’ultima annata in commercio.<br />

Piuttosto, in questo spazio che racchiude in sé tesori spesso introvabili,<br />

sono i grandi appassionati e i professionisti alla ricerca di un’aggiunta<br />

insolita alla propria offerta i protagonisti. Stiamo parlando<br />

dell’universo delle aste sul web, dove è possibile immergersi in profondità alla ricerca<br />

di bottiglie uniche: per disponibilità a volte, per prezzo molto spesso. Veri e propri gioielli,<br />

quelli che si trovano da acquistare, garantiti nella loro autenticità dalla piattaforma<br />

online di riferimento per le aste di vini pregiati e la valutazione dei Grand Cru: il sito<br />

transalpino iDealwine. Ed è proprio con l’aiuto di Laura Salis, responsabile marketing e<br />

comunicazione per l’Italia dell’azienda francese, che scattiamo una fotografia su quelli<br />

che sono stati i record dello Champagne nell’ultimo anno e le tendenze che stanno caratterizzando<br />

il <strong>2023</strong> della regina tra le bollicine.<br />

Il bilancio del 2022 dello Champagne<br />

“Il 2022 è stato un anno di successo per le grandi Maison e piccoli produttori”, esordisce<br />

Laura Salis tracciando l’attuale stato dell’arte. “Con oltre 325 milioni di bottiglie vendute<br />

in tutto il mondo, la Champagne nel 2022 ha quasi sfiorato il record stabilito nel lontano<br />

2007, quando erano state 339 milioni, per un giro d’affari che ha superato i 6,3 miliardi di<br />

euro: un nuovo primato anche in termini di valore”. Ma cosa ha comportato questa improvvisa<br />

rinascita dello Champagne, che ha impressionato tutti gli operatori del settore,<br />

produttori compresi? “La forte crescita dell’export, agevolata da tassi di cambio piuttosto<br />

favorevoli, ha messo in difficoltà la compravendita della rinomata bollicina in Francia<br />

e all’interno dello spazio europeo, rendendo così le etichette di maggior pregio difficili<br />

da trovare”, prosegue responsabile marketing e comunicazione per l’Italia di iDealwine.<br />

“E questi fattori hanno avuto delle forti ripercussioni anche nel mercato secondario delle<br />

aste”. A svelare di che numeri si parla quando si volge lo sguardo sull’universo delle vendite<br />

all’incanto nel 2022 è la tradizionale analisi della piattaforma francese sulle principali tendenze<br />

nel vino. “Dati e statistiche emersi mostrano, per il secondo anno consecutivo, un<br />

mercato in piena salute”, sottolinea Laura Salis. “Il 2022 per lo Champagne è stato l’anno<br />

della rinascita”. Ed è un caso davvero unico quello della regina tra le bollicine.<br />

Bollicine all’incanto: i trend degli ultimi 12 mesi<br />

Con oltre 34mila ettari, la Champagne rappresenta solo il 5% della superficie vitata francese.<br />

E se all’asta la sua presenza è piuttosto limitata, poiché la maggior parte delle bottiglie<br />

proposte in vendita sono millesimati e questi ultimi risultano più rari dei Brut Sans Année<br />

immessi ogni anno sul mercato, ciononostante la regione ha registrato performance da record<br />

anche su iDealwine. Merito della forte domanda da parte di collezionisti e appassionati,<br />

che hanno portato, nel 2022, la Champagne a essere la quarta regione in termini di<br />

valore e la quinta per volumi sul portale francese, per un totale di 7.934 bottiglie vendute<br />

all’asta (eq. 0,75 lt), registrando dunque un aumento del 55% rispetto all’anno precedente.<br />

Osservando più nel dettaglio i dati relativi al valore, la Champagne ha registrato una crescita<br />

del +122%, superando il 2 milioni di euro di valore aggiudicato: senza dubbio, uno degli<br />

aumenti più significativi degli scorsi 12 mesi. Queste performance hanno fatto esplodere<br />

il prezzo medio a bottiglia, passato da 182 euro nel 2021 (eq. 0,75 lt) a ben 259 euro nel<br />

2022: un aumento del +42%. I grandi nomi che appaiono nella classifica della Top 20 delle<br />

tenute più scambiate lo scorso anno non sono stati da meno in termini di performance:<br />

+43% a volume e +121% a valore. Un’offerta piuttosto limitata, infatti, unita ad una crescita<br />

esponenziale della domanda, hanno spinto i collezionisti a separarsi da alcune cuvée<br />

che avevano visto i loro indici salire alle stelle, con in cima alle classifiche l’immancabile<br />

Jacques Selosse, che ha visto quasi raddoppiare i suoi numeri all’asta, per un totale di 853<br />

bottiglie scambiate e un prezzo medio che ha sfiorato i 764 euro, per un +73%.<br />

Le grandi Maison di Champagne sotto i riflettori<br />

Ben cinque produttori - di cui quattro Maison - hanno superato la soglia dei <strong>10</strong>0mila<br />

euro di valore scambiato gli scorsi 12 mesi: nel 2021, erano stati solo due. Ma chi


13<br />

sono i nomi parte di questo speciale club? Nell’ordine: Selosse, Dom Pérignon, Salon,<br />

Krug e Louis Roederer. Un risultato degno di nota è sicuramente quello realizzato da<br />

Salon, la cui produzione, è risaputo, risulta da sempre piuttosto limitata: solo 112 bottiglie<br />

sono finite sotto il martello di iDealwine lo scorso anno, per un prezzo medio<br />

che si aggira attorno ai 1600 euro.<br />

Poi, è da considerare che, a fronte degli importanti volumi produttivi, risulta quasi<br />

scontato come siano le grandi Maison ad avere la meglio nella classifica delle realtà<br />

più aggiudicate nelle vendite all’incanto. La Top 20, infatti, vede da loro occupate<br />

ben 13 posizioni, contro le sette dei Vigneron. “Per quanto riguarda questi ultimi”,<br />

evidenzia Laura Salis, “ci teniamo a sottolineare la performance registrata da Ulysse<br />

Collin, passato dalla 16esima alla settima piazza, oppure da Cédric Bouchard, che<br />

sale al decimo posto in classifica, o ancor da Pierre Péters, che ha guadagnato ben <strong>10</strong><br />

posizioni, e Romain Hénin, che per la prima volta fa la sua comparsa in una graduatoria<br />

iDealwine”.<br />

Quali sono stati gli Champagne più costosi del 2022<br />

“Per quanto riguarda la ripartizione della Top 20 dedicata ai lotti più cari della regione<br />

Champagne, i risultati del primo semestre 2022 ci avevano fatto pensare, in<br />

principio, che finalmente gli Champagne dei Vigneron avrebbero avuto la meglio sulle<br />

cuvée delle grandi Maison”, prosegue la responsabile marketing e comunicazione<br />

per l’Italia di iDealwine. “Ma l’anno si è concluso togliendoci una volta per tutte di<br />

quest’illusione”. Le cuvée delle grandi Maison, infatti, hanno dominato la classifica<br />

dei lotti più cari e hanno lasciato ben poco spazio agli Champagne di nicchia. “In<br />

cima alla classifica troviamo la cuvée P3 Plénitude 1971 di Dom Pérignon aggiudicata<br />

per 5.828 euro”, spiega Laura Salis, “seguita da una rarissima cuvée S di Salon<br />

nell’annata 1966 e da una bottiglia di Clos du Mesnil 1979 di Krug, battute all’asta<br />

rispettivamente per 5.580 euro e 3.844 euro”. Dando uno sguardo alle bottiglie da<br />

record, si può notare che anche nel 2022 i collezionisti sono andati alla ricerca di<br />

vecchie annate: tutte le etichette delle grandi Maison presenti nella Top 20 sono state<br />

prodotte prima del 1989, ad eccezione della rara cuvée 200 di Billecart-Salmon,<br />

tirata nel 2013 esclusivamente nei cosiddetti grandi formati e nata per celebrare il suo<br />

200esimo compleanno. Per quanto riguarda gli Champagne dei Vigneron, in classifica<br />

sono presenti annate piuttosto recenti o non millesimati: esempi sono Les Enfers<br />

Blanc de Blancs Extra Brut di Ulysse Collin (818 euro e nona posizione), prodotto<br />

con uve provenienti in maggioranza dall’annata 2014, e la rarissima cuvée Gamin<br />

du Terroir di Romain Henin (422 euro, 20esima piazza), prodotta ogni anno in soli<br />

1.300 esemplari e in questo caso blend composto in maggioranza con uve della vendemmia<br />

2018.<br />

Le prime tendenze del <strong>2023</strong><br />

“Quest’anno preferiamo non sbilanciarci troppo in merito alla sfida tra grandi Maison<br />

e Vigneron, ma possiamo affermare che le tendenze generali emerse nel 2022 si confermeranno”,<br />

spiega Laura Salis fotografando il <strong>2023</strong> dello Champagne finora. “Nello<br />

specifico, la dinamica delle vendite continuerà ad essere determinata da una forte domanda<br />

export di Europa, Usa e Asia, da una costante ricerca per i vini d’annata, soprattutto<br />

i vecchi millesimi, da parte di collezionisti e intenditori e, infine, da una spinta<br />

sempre più marcata verso gli Champagne biologici, biodinamici e sostenibili da parte<br />

del consumatore”. Per quanto riguarda l’effetto annata, ne è stata una conferma la presenza<br />

di due millesimati nella Top 20 del primo semestre <strong>2023</strong>. “Un Clos du Mesnil<br />

1979 di Krug (13esimo), aggiudicato per 4.092 euro, e un Extra Brut 1er Cru 2008 di<br />

Jacques Selosse (20esimo), venduto per 3.<strong>10</strong>0 euro”, svela la manager iDealwine. Ma<br />

quali sono, invece gli emergenti all’asta del <strong>2023</strong>? “Si tratta di produttori veramente di<br />

nicchia, che ogni anno possono garantire al mercato solo una micro produzione dalle<br />

quantità estremamente limitate”, conclude Laura Salis. “Emmanuel Brochet, Vigneron<br />

di Villiers-aux-Nœuds, a sud di Reims, ha visto nel mese di agosto un lotto di tre bottiglie<br />

di Les Hauts Meuniers Extra Brut 2009 aggiudicato per 738 euro, ossia 246 euro a<br />

bottiglia; poi, Jérôme Prévost, con la sua tenuta, La Closerie, di appena due ettari sulla<br />

Montagne de Reims, che durante l’estate ha fatto segnare un lotto di tre bottiglie di Les<br />

Béguines Extra Brut venduto per 751 euro, ossia 250 euro a bottiglia; e, ancora, Elise<br />

Bougy, Vigneronne con i suoi appena tre ettari sempre in zona Montagne de Reims, ha<br />

registrato un lotto di due bottiglie di Côteaux Champenois Les Mesneux 2021 battuti<br />

all’asta per 375 euro, ovvero 187,50 euro l’unità; Maison Jérôme Lefèvre, invece, negli<br />

scorsi mesi ha assistito all’aggiudicazione per <strong>10</strong>2 euro di una bottiglia di Côteaux<br />

Champenois a seguito di un’agguerrita contesa tra 23 offerenti; poi c’è Pascal Doquet,<br />

con i ben otto ettari a Vertus, che nel <strong>2023</strong> ha visto un lotto di tre bottiglie di Grand Cru<br />

Champ Alouette Les Mesnil sur Oger Extra Brut 2004 venduto per 304 euro; infine, da<br />

un lato Antoine Bouvet, che ad agosto ha contato un lotto di due bottiglie di Brut Les<br />

Coutures 2018 aggiudicato per 175 euro, mentre Thomas Perseval ha visto due bottiglie<br />

di Art’Terre 2019 battuto all’incanto per 138 euro. “In tutti questi casi ci troviamo<br />

davanti a micro tenute che seguono i dettami delle pratiche bio e sostenibili e con produzioni<br />

dal carattere riservato”, chiosa Laura Salis. “Realtà da tenere d’occhio perché tra<br />

qualche anno si sentirà parecchio parlare di questi piccoli ma già grandi produttori”.<br />

DOSSIER<br />

Ranking 2022 (2021) EvoluzioneRanking Tenuta 2022 (2021) Evoluzione Tenuta Valore scambiato N.bt. (eq 75cl) Valore scambiato Prezzo medio/bt. (eq. N.bt. 75cl) (eq 75cl) Ranking Prezzo medio/bt. (eq. 75cl)<br />

Descrizione lotto<br />

Prezzo agguid.<br />

lotto comm.<br />

incl.<br />

Prezzo agguid. unitario<br />

comm. incl. (eq. 75cl)<br />

% rilancio*<br />

Acquirente /<br />

Data vendita<br />

1 (1) = Jacques 1 (1) Selosse = Jacques Selosse 853<br />

853<br />

2 (2) = Dom 2 (2) Pérignon = Dom Pérignon 511<br />

511<br />

3 (6) ↗ Salon 3 (6) ↗ Salon 112<br />

112<br />

4 (3) ↘ Krug 4 (3) ↘ Krug 176<br />

176<br />

5 (5) = Louis 5 (5) Roederer = Louis Roederer 318<br />

318<br />

6 (4) ↘ Bollinger 6 (4) ↘ Bollinger 413<br />

413<br />

7 (16) ↗ Ulysse 7 (16) Collin ↗ Ulysse Collin 156<br />

156<br />

8 (9) ↗ Ruinart 8 (9) ↗ Ruinart 315<br />

315<br />

9 (8) ↘ Taittinger 9 (8) ↘ Taittinger 204<br />

204<br />

<strong>10</strong> (11) ↗ Cédric <strong>10</strong> (11) Bouchard ↗ Cédric Bouchard 159<br />

159<br />

1 1 bottiglia P3 Plénitude 1971 (Bianco frizzante) - Dom Pérignon 4% Professionista-Irlanda<br />

aprile-22<br />

2 1 bottiglia Cuvée S 1966 (Bianco frizzante) - Salon 50% Professionista-Irlanda<br />

maggio-22<br />

3 1 bottiglia Clos du Mesnil 1979 (Bianco frizzante) - Krug - Professionista-Irlanda<br />

giugno-22<br />

4 1 bottiglia Extra-Brut 1er Cru Millésimé 2008 (Bianco frizzante) - Jacques Selosse <strong>10</strong>3% Privato-Francia<br />

aprile-22<br />

5 1 bottiglia Brut Vieilles Vignes Françaises 1989 (Bianco frizzante) - Bollinger 65% Professionista-Irlanda<br />

ottobre-22<br />

6 1 bottiglia Cristal 1959 (Bianco frizzante) - Louis Roederer - Privato-Slovacchia<br />

marzo-22<br />

7 1 magnum Brut Millésimé 1952 (Bianco frizzante) - Veuve Clicquot Ponsardin 300% Privato-Danimarca<br />

aprile-22<br />

8 2 bottiglie Comtes de Champagne 1976 (Bianco frizzante) - Taittinger 48% Privato-Germania<br />

novembre-22<br />

9 1 bottiglia Les Enfers Blanc de Blancs Extra Brut (Bianco frizzante) - Ulysse Collin 89% Privato-Francia<br />

dicembre-22<br />

Privato-Regno Unito<br />

<strong>10</strong> 1 bottiglia Ambonnay Vieilles Vignes Brut Millésimé 2008 (Bianco frizzante) - Egly-Ouriet <strong>10</strong>3%<br />

ottobre-22<br />

11 (18) ↗ Veuve 11 (18) Clicquot Ponsardin ↗ Veuve Clicquot Ponsardin 205<br />

205<br />

11<br />

2 bottiglie Les Ursules Blanc de Noirs Brut 2008 (Bianco frizzante) - Roses de Jeanne (Cédric<br />

Bouchard)<br />

8% Professionista-Spagna<br />

dicembre-22<br />

12 (13) ↗ Deutz 12 (13) ↗ Deutz 267<br />

267<br />

13 (<strong>10</strong>) ↘ Egly-Ouriet 13 (<strong>10</strong>) ↘ Egly-Ouriet 118<br />

118<br />

14 (24) ↗ Pierre 14 (24) Péters ↗ Pierre Péters <strong>10</strong>1<br />

<strong>10</strong>1<br />

15 (17) ↗ Jacquesson 15 (17) ↗ Jacquesson 156<br />

156<br />

16 (12) ↘ Perrier-Jouët 16 (12) ↘ Perrier-Jouët 137<br />

137<br />

17 (-) ↗ Romain 17 (-) Henin ↗ Romain Henin 142<br />

142<br />

18 (14) ↘ Aurélien 18 (14) Lurquin ↘ Aurélien Lurquin 66<br />

66<br />

19 (23) ↗ Charles 19 (23) Heidsieck ↗ Charles Heidsieck 1<strong>10</strong><br />

1<strong>10</strong><br />

20 (21) ↗ Pol 20 Roger (21) ↗ Pol Roger 123<br />

123<br />

12 1 magnum Brut Blanc de Blancs 1985 (Bianco frizzante) - Delamotte 5% Professionista-Hong-Kong<br />

giugno-22<br />

13 1 bottiglia GC Blanc de Blancs Les Chétillons Oenothèque 2002 (Bianco frizzante) - Pierre Péters 83% Privato-Francia<br />

gennaio-22<br />

Privato-Regno Unitoi<br />

14 1 bottiglia Réserve Charlie 1979 (Bianco frizzante) - Charles Heidsieck 44%<br />

gennaio-22<br />

15 1 magnum Ruinart 1986 (Rosé frizzante) - Dom Ruinart - Privato-Slovacchia<br />

marzo-22<br />

16 1 bottiglia Minéral Extra Brut Blanc de Blancs 2008 (Bianco frizzante) - Agrapart & Fils 250% Privato-Francia<br />

settembre-22<br />

17 1 magnum Extra Brut Cuvée 200 (Bianco frizzante) - Billecart-Salmon - Privato-Francia<br />

maggio-22<br />

18 1 mezza-bottiglia Extra Quality Brut 1949 (Bianco frizzante) - Ayala 111% Privato-Italia<br />

giugno-22<br />

19 2 bottiglie Chardonnay 2016 (Bianco frizzante) - Aurélien Lurquin 34% Privato-Francia<br />

ottobre-22<br />

20 1 bottiglia Gamin du Terroir 2018 (Bianco frizzante) - Romain Henin 36%<br />

Privato-Corea del Sud<br />

dicembre-22


14<br />

S<br />

e n’è già parlato molto e se ne parlerà ancora per tanto<br />

tempo. Un’annata sicuramente difficile in Champagne,<br />

questa <strong>2023</strong> la cui vendemmia si è da poco<br />

conclusa. Se vogliamo provare a descriverla sinteticamente<br />

con le parole degli addetti ai lavori: un’annata<br />

da Chardonnay, un’annata da Vigneron. Ricordiamo<br />

bene, come fa notare Alberto Lupetti, uno dei principali<br />

esperti riconosciuti nel mondo dello Champagne<br />

in Italia, in un recente intervento su Instagram che<br />

“non si può parlare di annata prima di aver assaggiato<br />

i vin clair (quindi occorre attendere almeno gennaio<br />

del prossimo anno, ndr), oggi possiamo parlare solo di<br />

andamento dell’annata in vigna e della vendemmia”.<br />

L’annata agronomica è stata estremamente complicata.<br />

Molti Vigneron a cui abbiamo domandato qualche<br />

considerazione hanno utilizzato il termine “stressante”.<br />

In tanti hanno dovuto annullare le ferie, che di solito<br />

si programmano verso metà agosto per ricaricarsi<br />

prima della vendemmia: la situazione in vigna necessitava<br />

la loro presenza costante. Ma andiamo con or-<br />

dine: cosa ha caratterizzato l’annata <strong>2023</strong> tra i filari e<br />

cosa l’ha resa così complicata?<br />

L’annata <strong>2023</strong> nelle parole dei Vigneron<br />

“La primavera è stata molto fredda”, racconta Antoine<br />

Coutier, Vigneron ad Ambonnay, “quindi la vigna era<br />

in ritardo. Poi si sono alzate le temperature e ha spinto<br />

molto rapidamente a maggio e giugno”. Gli fa eco Benoit<br />

Munier, Vigneron dalla Cote de Blancs: “A maggio<br />

però sono arrivate anche le prime piogge, si è generata<br />

umidità e si sono viste le prime tracce di Peronospora.<br />

Nel mese di giugno è stata poi la volta dell’Oidio, che<br />

noi ci ha più lasciato fino alla vendemmia”.<br />

“Il problema delle muffe è stato particolarmente sentito<br />

nel mese di agosto”, riprende Coutier. “Nella seconda<br />

parte del mese di agosto poi, a complicare ulteriormente<br />

le cose, si è assistito ad un forte rallentamento dell’evoluzione<br />

della maturità. Fortunatamente a cavallo tra<br />

fine agosto e inizio settembre le temperature si sono<br />

alzate in maniera importante. Questo è stato molto utile<br />

perché ha dato una spinta (per alcuni insperata) alla<br />

maturità”.<br />

Una caratteristica assoluta dell’annata è stata la dimensione<br />

dei grappoli, enormi e con tanti acini. “Il<br />

peso medio del grappolo negli ultimi <strong>10</strong> anni è stato di<br />

130/135 grammi”, ricorda Coutier. “Quest’anno siamo<br />

arrivati 200/220 grammi”. Anche Alberto Lupetti,<br />

che frequenta la Champagne assiduamente da decen-<br />

ni, parla di “grappoli giganteschi che non si ricordano<br />

a memoria d’uomo”. Tanta quantità, quindi, che da un<br />

lato è sicuramente positivo ma dall’altro in molti casi<br />

ha messo a rischio la qualità, con parti dei grappoli che<br />

faticavano a maturare.<br />

Un anno da Chardonnay<br />

È bene innanzitutto precisare che non si può descrivere<br />

un’annata in Champagne senza fare distinzioni di zone<br />

e di vitigni. Se è vero che la <strong>2023</strong> è stata difficile per<br />

tutti, lo Chardonnay è quello che ne è uscito meglio,<br />

il Pinot Noir segue a distanza, con differenze anche<br />

abbastanza nette da zona a zona. Per il Meunier, ma<br />

la Vallée de la Marne in generale, discorso a parte: ne<br />

è uscito piuttosto male, con intere parcelle completamente<br />

distrutte dalle muffe.<br />

“Da noi abbiamo potuto raccogliere lo Chardonnay a<br />

maturità perfetta”, racconta Brigitte Beaufort, Vigneronne<br />

a Bouzy, “e con una qualità impeccabile. Il Pinot<br />

Noir è stato molto più attaccato dalle muffe e abbiamo<br />

dovuto gestire il marciume. Abbiamo dovuto fare tanta<br />

selezione per ottenere l’alto livello qualitativo ricercato.<br />

Alle fine, comunque, sono molto soddisfatta sia<br />

dello Chardonnay sia del Pinot Noir e sono pressoché<br />

certa che millesimerò entrambe”.<br />

Sulla stessa lunghezza d’onda il collega Benoit Munier:<br />

“Io sono molto soddisfatto del mio raccolto. Nella <strong>2023</strong><br />

trovo frutto, aromi, una bella maturità, una bella acidi-<br />

DI ANDREA SILVELLO<br />

DOSSIER<br />

Storie di vendemmia<br />

in Champagne<br />

Come è andata la raccolta dell’uva <strong>2023</strong><br />

raccontata da chi l’ha vissuta in vigna<br />

Photo: Marcello Brunetti


15<br />

tà: mi aspetto una grande annata per i miei vini. Io ci<br />

sto per avere altre annate come questa, anche se è stata<br />

molto difficile e stressante per tutti i problemi e i conseguenti<br />

lavori che abbiamo dovuto fare tra i filari. Chi<br />

ha seguito molto bene la vigna durante tutto l’anno è<br />

stato ricompensato”.<br />

L’importanza dei vendemmiatori<br />

Thomas Rossi, che frequenta la Champagne da diversi<br />

decenni e quest’anno vi ha speso un po’ di tempo in periodo<br />

di vendemmia, racconta nel podcast Champagne<br />

Talks: “Ci si è trovati davanti ad una vendemmia mai<br />

fatta prima: non ci sono paragoni con il passato. Situazione<br />

mai successa: tantissima quantità ha permesso<br />

di fare una bella selezione, ma ovviamente è stato un<br />

lavoraccio. E a complicare il lavoro il caldo e l’umidità”.<br />

Quest’anno più che mai si è rivelato fondamentale il lavoro<br />

dei vendemmiatori.<br />

Fare una attenta selezione<br />

in vigna in molti casi è<br />

stata l’unica strategia per<br />

portare in pressa uva di<br />

altissima qualità.<br />

La regola base per chi<br />

raccoglie ce la svela sorridendo<br />

Brigitte Beaufort:<br />

“Se il grappolo che avete<br />

in mano lo mangereste,<br />

allora lo mettete nella<br />

cesta, altrimenti lo buttata<br />

in terra”. Nulla di più<br />

semplice ma allo stesso<br />

tempo nulla di più vero.<br />

“Stare in vendemmia è<br />

come vivere in una grande<br />

famiglia”, prosegue<br />

Thomas Rossi. “Si inizia<br />

la mattina presto. Sveglia<br />

alle 6, se non prima, poi<br />

si parte in squadriglia e<br />

si arriva sul punto di vendemmia.<br />

Finita una parcella,<br />

si parte e ci si sposta<br />

in quella successiva”.<br />

La vendemmia “italiana”<br />

Tra i vendemmiatori quest’anno davvero tanti gli italiani.<br />

In molti giovani, giovanissimi appassionati di<br />

Champagne che hanno voluto vivere questa esperienza.<br />

Alcuni invece sono ormai dei veterani. Tra questi<br />

Stefania Vignoli, originaria di Correggio, residente<br />

in Svizzera da quattro anni. “Quella appena conclusa<br />

è stata la mia settima vendemmia: la prima volta nel<br />

2017. La mia voglia di approfondire la conoscenza sullo<br />

Champagne non si limita alla programmazione di un<br />

viaggio, sono alla ricerca di qualcosa di più. Per una<br />

strana coincidenza arrivo a dialogare con Céline Rousseaux<br />

(vigneronne di Verzennay, Champagne Jacques<br />

Rousseaux, ndr) e parto. Oggi io e Celine siamo grandi<br />

amiche. Un’amicizia nata per caso, da una passione.<br />

Ogni anno, poi, è un’emozione nuova. Nonostante il rituale<br />

sia sempre lo stesso, sembra sempre tutto diverso.<br />

La routine è la stessa, ma le persone sono diverse, ed è<br />

anche quello che rende l’abitudine una novità”.<br />

Un esordio per Yari Paletti, che è stato ad Ambonnay,<br />

da Coutier. “È stata la prima vendemmia per me, non<br />

sapevo bene cosa aspettarmi. Ho trovato grande ospitalità.<br />

Ci hanno fatto sentire a casa. C’è stato tanto<br />

coinvolgimento, tanta condivisione sia con loro che<br />

con gli altri membri dell’equipe di vendemmia. I pranzi<br />

e le cene per me restano dei momenti indimenticabili di<br />

questa settimana. Sia per l’ottimo cibo che per le bottiglie<br />

stappate”. Con lui, anche Davide Ferrari, che conferma<br />

le stesse emozioni. “È il secondo anno che vado.<br />

Mi ero trovato molto bene lo scorso anno da La Borderie<br />

e quest’anno ho deciso di tornare a vendemmiare.<br />

Sono andato da Coutier. Siamo praticamente sempre<br />

stati con la famiglia, condiviso tutti i pasti con loro.<br />

Mangiato benissimo<br />

e assaggiato delle<br />

bottiglie che credo<br />

non avrei mai potuto<br />

assaggiare altrimenti.<br />

La vendemmia è<br />

sicuramente molto<br />

faticosa ma passare<br />

tante ora nella natura<br />

e tutto il resto ne ripagano<br />

il sacrificio”.<br />

Eduard Baltag, solo<br />

22 anni, racconta la<br />

sua prima esperienza,<br />

da La Borderie,<br />

nella Cote des Bar.<br />

“Emozioni uniche,<br />

un tuffo nell’atmosfera<br />

della campagna<br />

e un incontro con<br />

persone provenienti<br />

da tutto il mondo. Il<br />

ritmo delle giornate<br />

è scandito dalla natura.<br />

Si crea un’atmosfera<br />

unica. Tanta fatica<br />

in vigna ma dopo<br />

questa esperienza<br />

guarderò ogni calice<br />

di Champagne con<br />

occhi diversi”.<br />

Poi c’è anche chi è “del mestiere”. Andrea Micheloni ha<br />

un’azienda agricola in Valpollicella e quest’anno è partito<br />

per fare la sua prima vendemmia in Champagne,<br />

da Pierre Brocard: “Bellissimo. Ospitalità super. Si è<br />

creato un gruppo spettacolare. Una grande esperienza<br />

umana prima di tutto. In vigna si faticava ma tutto<br />

questo era in secondo piano per quello che stavamo vivendo”.<br />

Come è andata la raccolta dell’uva <strong>2023</strong> vista<br />

da chi era in vigna<br />

Dopo qualche frammento di storie di vita vissuta in<br />

vendemmia in Champagne, con tante emozioni e ricordi<br />

di esperienze umane,<br />

prima di tutto, la sintesi<br />

della vendemmia <strong>2023</strong><br />

da un punto di vista vitivinicolo<br />

la lasciamo alle<br />

parole di Marcello Brunetti,<br />

da un suo post Instagram<br />

al rientro. Alla<br />

quinta esperienza, anche<br />

lui a Verzenay da Jacques<br />

Rousseaux, conclude:<br />

“Quest’anno otto giorni.<br />

Intensi. Da noi la qualità<br />

era ineccepibile con<br />

l’80% delle parcelle con<br />

uva intatta come la 2022<br />

e le restanti parcelle dove<br />

con un po’ di selezione<br />

abbiamo comunque<br />

portato a casa un’ottima<br />

qualità. Se si fa la media<br />

tra le diverse zone, con<br />

situazioni molto diverse,<br />

alla fine l’umore in giro è buono. La quantità per selezionare<br />

e smistare c’era. Questa è un’altra di quelle vendemmie<br />

dove chi raccoglie pagando al kilo non oso immaginare<br />

cosa possa avere portato a casa. Per me, alla<br />

fine, l’annata è sempre molto relativa. Chi sa lavorare fa<br />

grande vino sempre, chi non sa lavorare non fa grande<br />

vino mai”.<br />

DOSSIER


Morgan Freeman


It takes time to become an icon


18<br />

me rappresentano un momento di grande soddisfazione<br />

all’interno del mio lavoro. Anche se è molto faticoso, concentrandosi<br />

le fasi decisive in poco meno di due mesi, io<br />

vivo sempre questo frangente con una grande eccitazione<br />

in corpo: dal giorno in cui abbiamo, appena dopo le fermentazioni,<br />

la degustazione “d’approccio”, all’interno della<br />

cantina in un piccolo gruppo e dove avviene il primo incontro<br />

con i vini della vendemmia, fino al tempo della creazione<br />

dell’assemblaggio, con l’assaggio di tutti i vini e la<br />

loro precisa descrizione. Attimi intensi, senza dubbio, ma<br />

appassionanti.<br />

Come nasce Yellow Label?<br />

Sono 800 vini quelli che degustiamo tra novembre e dicembre,<br />

poi inizia il lavoro di assemblaggio che porta alla<br />

nascita di Yellow Label: una ricetta che richiede almeno un<br />

mese prima che si riesca ad arrivare alla giusta soluzione<br />

del rompicapo. Poi, entrano in gioco tutti i vini che individuiamo<br />

per il potenziale d’invecchiamento e che non sono<br />

stati integrati all’interno di Yellow Label. Da un loro nuovo<br />

assaggio, tra marzo e aprile, decidiamo cosa diventeranno:<br />

se La Grande Dame, un Vintage o se li conserveremo come<br />

vin de réserve. Un passo dopo l’altro, dunque, costruiamo<br />

progressivamente l’insieme della nostra opera.<br />

DOSSIER<br />

“È il momento<br />

a dettare la scelta”<br />

Didier Mariotti, Chef de Cave Veuve Clicquot, tra<br />

La Grande Dame 2015 e lo Champagne di domani<br />

Come è cambiato il modo di fare Champagne dal<br />

tuo arrivo nella regione a oggi?<br />

La mia prima vendemmia in Champagne è stata come<br />

stagista nel 1995, il primo contratto come professionista è<br />

del 1999. Da allora a oggi non ci sono stati quasi per nulla<br />

mutamenti se guardiamo ai metodi di vinificazione: ricordiamoci<br />

che tra gli anni ’80 e ’90, l’enologia aveva già<br />

compiuto importanti e decisivi passi in avanti in termini<br />

di rivoluzioni nelle fermentazioni. Quello che è cambiato<br />

è soprattutto il fattore culturale nella conduzione delle vigne.<br />

Poi se guardiamo all’ambito di assemblaggi e utilizzo<br />

dei vin de réserve, ogni Maison fa storia a sé. Quando sono<br />

entrato in Veuve Clicquot ero contento perché ho ripreso<br />

a porre domande. Quando sei per decenni Chef de Cave di<br />

una realtà, sei tu quello addetto a rispondere ai quesiti che<br />

vengono posti. Ma a 50 anni, mi sono ritrovato entusiasta<br />

a ricominciare a fare domande, perché ho proprio avuto la<br />

sensazione di ringiovanire. È bello nella vita non smettere<br />

mai di porre dei quesiti.<br />

Seduti a un tavolino, una chiacchierata in assoluta<br />

libertà in compagnia di un calice di La Grande<br />

Dame 2015 e dello Chef de Cave Veuve<br />

Clicquot, Didier Mariotti, classe 1971, custode<br />

dello spirito di una tra le più storiche Maison<br />

in Champagne.<br />

Cosa ha di diverso da chi l’ha preceduta La<br />

Grande Dame 2015?<br />

Amo il millesimo 2015 con La Grande<br />

Dame perché lo trovo solare, verticale<br />

e caloroso. È un sorso di convivialità<br />

gourmand e pieno di colore che davvero<br />

canta e incanta nel calice. È un vino che<br />

mi parla molto: un buon debutto dove si<br />

ritrova lo spirito de La Grande Dame.<br />

Qual è la sfida oggi nel creare<br />

uno Champagne?<br />

Per me la sfida oggi è quella di arrivare a<br />

vendemmiare, soprattutto parlando di Pinot Noir, avendo<br />

raggiunto il giusto equilibrio. Questo significa poi donare<br />

ai vini una complessità senza pesantezza: individuare un<br />

profilo che sia elegante, ma al contempo energico, con una<br />

struttura che permetta di sviluppare un potenziale in termini<br />

di orizzontalità, texture e gourmandise.<br />

C’è già un tocco personale che Didier Mariotti<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

ha portato agli Champagne Veuve Clicquot?<br />

Quest’anno sono usciti i primi Yellow Label da quando ho<br />

ricevuto la responsabilità di Chef de Cave in Veuve Clicquot<br />

e sono molto contento del risultato. Per il momento<br />

non ho ancora avuto la pretesa di voler introdurre qualcosa<br />

di “mio”, ma piuttosto ho cercato di comprendere in profondità<br />

come lavora la Maison e di apprendere il “vocabolario”<br />

legato alle degustazioni interne: detto più semplicemente,<br />

mi sto integrando. È solo dopo<br />

aver compreso veramente lo spirito di<br />

una realtà, infatti, che si può poi portare<br />

un contributo col proprio tocco personale.<br />

Ma è più complicato dare forma<br />

a una produzione limitata come<br />

La Grande Dame o a uno Champagne<br />

di più ampia diffusione<br />

come Yellow Label?<br />

È più facile realizzare una cuvée de prestige<br />

come La Grande Dame rispetto a Yellow Label, perché<br />

la prima possiamo decidere di non farla qualora non<br />

ci siano le condizioni ideali. Yellow Label, invece, ci deve<br />

essere tutti gli anni, con il medesimo livello qualitativo e<br />

uno stile costante: per questo motivo è qui che si annidano<br />

le più grandi difficoltà. Ma è anche la sfida che mi procura<br />

più piacere. Tutta la fase di costruzione di Yellow Label,<br />

dalla degustazione dei vini fino all’assemblaggio finale, per<br />

Lo Champagne di domani sarà differente?<br />

È una domanda difficile a cui rispondere. Spero di no, in<br />

realtà, perché oggi lo Champagne ha una sua identità ben<br />

chiara. Di certo, quello che al momento mi fa un grande<br />

piacere è vedere, ogni giorno di più, dei Vigneron che fanno<br />

uscire i loro vini. Penso, sotto questo punto di vista, che<br />

il cambiamento futuro non sarà riservato a noi in quanto<br />

Maison, che continueremo a proporre etichette in linea<br />

con lo stile Veuve Clicquot, ma sarà frutto di quei Vigneron<br />

che saranno capaci di mostrare la straordinaria diversità<br />

che colora la Champagne con i suoi straordinari terroir.<br />

Qual è oggi, tra le ultime uscite, La Grande<br />

Dame che prediligi?<br />

Ritengo che da dopo il 2008, con questa base 90% Pinot<br />

Noir, La Grande Dame abbia adottato uno stile ben preciso<br />

e affermato, che adoro. C’è la 2012 che è molto energica<br />

e gioca tanto su una verticalità “tranchant”. La Grande<br />

Dame 2015, invece, noto che ha un profilo più seducente,<br />

gourmand, con uno spirito differente da quella che l’ha<br />

preceduta. Poi di recente ho degustato una 2008 in Magnum<br />

e l’ho trovata davvero straordinaria. In pratica, ogni<br />

millesimo ha caratteristiche differenti, ma ognuno ti offre<br />

degli ottimi motivi per farsi adorare. Quindi, credo che la<br />

risposta alla domanda sia da trovare in ciascuno di noi: la<br />

scelta su quale sia l’annata migliore si legherà al momento<br />

della giornata del suo consumo, alle condizioni in cui ci<br />

troveremo, alla voglia che avremo in quell’istante di bere<br />

un certo stile o un altro, prediligendo una volta la freschezza<br />

e un’altra la struttura. Per quel che mi riguarda, è il momento<br />

a dettare la scelta del vino.


Èstata la bollicina francese più amata dalla Regina<br />

Vittoria e dal figlio Edoardo VII, tanto da ricevere<br />

il “royal” stamp della casa reale inglese fin<br />

dal 1889. È stata la scelta di celebrità, dall’artista<br />

Joséphine Baker al presidente Jacques Chirac,<br />

oltre che di momenti che hanno fatto la storia, come il<br />

viaggio inaugurale British Airways del Concorde tra Londra<br />

e New York nel 1976. Oggi, dietro a ogni bottiglia di<br />

Champagne Joseph Perrier si cela la mano di una<br />

donna, la Chef de Cave Nathalie Laplaige.<br />

Siamo andati a Châlons-en-Champagne<br />

per intervistarla.<br />

Cos’è per Nathalie Laplaige lo<br />

Champagne?<br />

Lo Champagne è innanzitutto un vino<br />

d’assemblaggio che crea la magia della<br />

convivialità, permettendo di riunirsi attorno<br />

a un calice e passare dei momenti di<br />

festa e di confronto. Lo Champagne, in sostanza,<br />

è un sorso di gioia.<br />

Ma esiste un vino, anche fuori dalla regione, che<br />

t’ispira nella creazione dei tuoi Champagne?<br />

Sono champenoise nell’anima. Lo Champagne mi ha conquistata<br />

totalmente ed è un amore infinito quello che mi<br />

lega a questo vino. La mia ispirazione oggi la traggo dall’aver<br />

individuato un allineamento tra chi sono io e quel che<br />

DOSSIER<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

19<br />

è la Maison per cui lavoro. È una vera e propria simbiosi<br />

la nostra. Se da una parte, infatti, non riuscirei mai a fare<br />

uno Champagne che non mi rassomigli, poi, d’altro canto,<br />

occorre avere anche la fortuna, com’è capitato a me, di trovare<br />

una realtà che si allinei al meglio a chi sei tu.<br />

Cosa cerchi dando vita a uno Champagne?<br />

Quello che ricerco nel dare forma a uno Champagne è un<br />

vino cristallino, diretto, preciso. Non ci devono<br />

essere ombre o approssimazioni: tutto si<br />

gioca sulla freschezza, l’eleganza, la precisione<br />

assoluta. Desidero arrivare a<br />

una complessità che ruoti attorno a<br />

fragranza e giovialità. Siamo una Maison<br />

particolarmente dinamica e che<br />

dimostra ogni giorno di possedere un<br />

vero e proprio surplus d’energie: ed è<br />

proprio questo che cerco di replicare nei<br />

nostri Champagne.<br />

Dopo il suo ingresso come Chef de Cave,<br />

qual è il cambiamento che ha portato?<br />

Il cambiamento più grande fatto dopo il mio arrivo come<br />

Chef de Cave è stato senza dubbio il lavoro portato avanti<br />

sui dosaggi. È stata una bella evoluzione quella registrata,<br />

tanto che gli stessi critici di settore hanno segnalato la variazione.<br />

Poi, un altro aspetto dove tanto è mutato è quello<br />

del lavoro in vigna. Prima, del rapporto diretto con i con-<br />

“Lo Champagne<br />

è un sorso di gioia”<br />

A tu per tu con Nathalie Laplaige, Chef de Cave<br />

dietro le bollicine di Maison Joseph Perrier<br />

feritori si occupava più Jean-Claude Fourmon. Ora, sono<br />

io che mi confronto quasi quotidianamente con i nostri<br />

Vigneron sui diversi terroir, per poi in cantina separare al<br />

meglio ogni Cru, mettendoli in luce e valorizzandoli al<br />

massimo. Non amo, infatti, gli assemblaggi che non siano<br />

frutto della valorizzazione delle specifiche peculiarità dei<br />

differenti elementi in gioco. Ed è questo un lavoro che,<br />

anno dopo anno, si noterà sempre più, perché quanto compiuto<br />

finora ha un orizzonte di lunga prospettiva.<br />

Esiste un terroir in Champagne che ama di più?<br />

Devo ammettere che arrivando in Joseph Perrier ho scoperto<br />

lo straordinario potenziale di Cumières, con il suo<br />

Pinot Noir così diverso dalla Montagne de Reims e lo<br />

Chardonnay che nulla ha a che vedere con la Côte des<br />

Blancs. Il bello dell’arte dell’assemblage, in fondo, è anche<br />

questo: individuare qualcosa di atipico per poi creare uno<br />

Champagne dal carattere specifico, differente da tutti gli altri.<br />

Adoro, sotto questo aspetto, anche il Pinot Noir di Les<br />

Riceys, con le sue note di frutti rossi, l’eleganza, il profilo<br />

gourmand. Amo molto anche la regione attorno a Bassuet,<br />

a poca distanza di Vitry-le-François, con la freschezza del<br />

suo Chardonnay. Non sono di certo le aree più note, ma le<br />

trovo magnifiche per la loro caratterizzazione e le tipicità<br />

così affascinanti.<br />

Sul volto in rosa di Joseph Perrier, però, ha mischiato<br />

le carte in tavola dopo il suo arrivo…<br />

Quando sono arrivata c’erano in gamma due Rosé: da un<br />

lato il millesimé, molto tannico, gastronomico, da pasto;<br />

dall’altro lato, la cuvée Royale Rosé, molto simile all’epoca<br />

nel profilo al millesimato. Allora mi sono interrogata<br />

sul senso di avere due prodotti così sovrapponibili. Poi, ho<br />

cercato di convertire uno dei due in un Rosé più leggero,<br />

fruttato, adatto all’aperitivo. Io amo le versioni gastronomiche<br />

e di corpo, ma al contempo apprezzo anche quelle<br />

più leggere e ghiotte. Così, al momento del mio arrivo ho<br />

domandato a Jean-Claude Fourmon, che all’epoca era ancora<br />

alla guida della Maison, di poter intervenire senza ovviamente<br />

snaturare lo stile Joseph Perrier. Ho avuto carta<br />

bianca e il risultato ha soddisfatto tutti, anche perché ora<br />

abbiamo maggiore coerenza in gamma. E sono particolarmente<br />

contenta perché il “mio Rosé” performa sempre<br />

molto bene anche sotto il punto di vista commerciale.<br />

Ma tra le ultime annate in Champagne, qual è la<br />

preferita di Nathalie Laplaige?<br />

Non sarò molto originale, ma è l’annata 1982 la mia preferita<br />

in Champagne degli ultimi decenni. La trovo da sempre<br />

magnifica. Poi, se guardo più a corto raggio, dico che<br />

la 2018 è foriera di grandi promesse. È ancora presto per<br />

un giudizio definitivo, ma le degustazioni fino ad oggi mi<br />

fanno credere che si tratterà di un vero e proprio millesimo<br />

“wow”. Spero davvero si confermi eccezionale come si<br />

preannuncia.<br />

DOSSIER<br />

Che abbinamento associa alla cucina italiana<br />

per le bollicine Joseph Perrier?<br />

Se devo fare un abbinamento tra gli Champagne Joseph<br />

Perrier e la cucina italiana, dico una pasta con tartufo accompagnata<br />

dal Rosé Millesimé.<br />

E se guarda al futuro: cosa vede per lo Champagne?<br />

Nel futuro dello Champagne vedo sempre più dosaggi<br />

bassi e vini freschi. I palati, oggi, si sono abituati a mangiare<br />

meno “dolce” rispetto al passato. E anche nel calice<br />

osserveremo la crescita di vini più diretti. Mentre se penso<br />

alle produzioni naturali e bio, penso che sia un trend che si<br />

andrà ad arrestare in termini di crescita, ma più che altro<br />

perché, osservando come sempre più produttori e Maison<br />

oggi lavorano, possiamo renderci conto quanto tutti si stiano<br />

già orientando verso meno interventi possibili e un’attenzione<br />

al terroir e alla sua valorizzazione nel calice. È<br />

proprio quest’ultima l’evoluzione che vedo stagliarsi all’orizzonte:<br />

quella di Champagne sempre più di terroir.


DOSSIER<br />

I<br />

l racconto di Maison Billecart-Salmon prende il via<br />

nel 1818 a Mareuil-sur-Ay, nella Marna, quando<br />

l’unione di Nicolas François Billecart ed Elisabeth<br />

Salmon ha quale primo frutto quella che oggi è una<br />

tra le più note realtà in Champagne. Una storia di<br />

famiglia, nel vero senso del termine, perché anche Louis<br />

Salmon, fratello di Elisabeth e appassionato di enologia,<br />

partecipa alla produzione dei<br />

vini. Una tradizione che si è<br />

tramandata, per sette generazioni,<br />

fino ad oggi, restando<br />

fedele a un impegno immutabile:<br />

“Privilegiare la qualità,<br />

puntare all’eccellenza”.<br />

Ora, a capo della Maison è<br />

Mathieu Roland-Billecart,<br />

mentre è Florent Nys, lo chef<br />

de cave (in foto), l’uomo dietro<br />

a bottiglie espressione di<br />

tutto il savoir-faire di uno tra i<br />

più storici produttori della patria<br />

delle bollicine più prestigiose. Etichette che non solo<br />

definiscono gli spumeggianti volti di una realtà che conta<br />

Pinot Noir, Chardonnay e Meunier provenienti da 40<br />

Cru della regione, su una superficie totale di 200 ettari,<br />

15 dei quali coltivati seguendo la pratica biologica, per<br />

un approvvigionamento, con il 75% delle uve classificate<br />

Premier Cru o Grand Cru, che favorisce materia prima da<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

un raggio di 20 chilometri intorno al comune di Épernay,<br />

un territorio che si estende tra Montagne de Reims, Côte<br />

des Blancs e Vallée de la Marne. In cantina, poi, è una<br />

doppia anima quella della Maison: con Billecart-Salmon<br />

a far convivere l’innovazione di 80 tini in acciaio inox termoregolati<br />

di piccole dimensioni, che consentono di osservare<br />

la tracciabilità dei vitigni e delle parcelle, per una<br />

fermentazione più lunga a bassa<br />

temperatura, e la tradizione<br />

di vinificazioni che avvengono<br />

seguendo rigorosamente i dettami<br />

di un tempo, in piccoli fusti<br />

di legno da 50 ettolitri. Poi,<br />

è il fattore tempo il segreto,<br />

con i sans année a raggiungere<br />

la piena maturazione dopo tre<br />

o quattro anni, ovvero dopo un<br />

periodo due volte superiore rispetto<br />

alla norma prevista dalla<br />

Denominazione, mentre le cuvée<br />

millesimate pazientano per<br />

un decennio prima di vedere nuovamente la luce. Primo<br />

simbolo di un operato che evidenzia anche un profondo<br />

legame con gli appassionati delle bollicine francesi più<br />

prestigiose, a iniziare dall’Italia, è il Brut Reserve, la bottiglia<br />

più venduta di Billecart-Salmon e che ben rispecchia<br />

la filosofia fondante della Maison. Uno Champagne in<br />

cui s’incontrano, all’insegna della migliore arte dell’as-<br />

Le cuvée senza tempo<br />

di Billecart-Salmon<br />

20<br />

Dal “nuovo” Brut Reserve<br />

all’esordio per Nicolas François 2008<br />

semblage, 40% Pinot Meunier, 30% Pinot Noir e 30%<br />

Chardonnay: una “ricetta” immutata dal 1945. Anche<br />

se oggi una novità introduce a una nuova era per questo<br />

figlio delle uve di 28 comuni diversi con punteggio superiore<br />

a 94/<strong>10</strong>0 nella scala dei Cru. Uno Champagne che<br />

affina sui lieviti per oltre tre anni e tutto da godere, un<br />

calice dopo l’altro. Fresco e gastronomico, concentrato e<br />

armonico, ora quello che si propone come il biglietto da<br />

visita di Maison Billecart-Salmon assiste a un’evoluzione<br />

nell’edizione base 2019: non solo il dosaggio scende a 3<br />

g/l dai 6 g/l del base 2018 e i 9 g/l del base 2016, ma<br />

in aggiunta la componente di vins de réserve tocca quota<br />

62%, di cui oltre il <strong>10</strong>% réserve perpétuelle di assemblaggi<br />

precedenti riferiti all’intervallo 2006 - 2018. Ed è<br />

questa fresca complessità che lo rende perfetto davvero<br />

per qualsiasi occasione. Ma il nome Billecart-Salmon è<br />

associato anche a cuvée d’eccezione. A iniziare dall’ultima<br />

annata giunta in ordine di tempo, la grandemente<br />

celebrata 2008, dell’omaggio al fondatore della Maison:<br />

Nicolas François Billecart. Equilibrato e maturo, il Nicolas<br />

François 2008 è un autentico riflesso del know-how<br />

ancestrale di Billecart-Salmon. Un vino iconico, cuvée<br />

che esiste dal 1964 e che racchiude in sé perfettamente<br />

lo stile della realtà di Mareuil-sur-Ay in tutta la sua gloria:<br />

l’assemblaggio di 83% Grand Cru e 17% Premier Cru<br />

provenienti dai vigneti classificati della Montagne de<br />

Reims e della Grande Vallée de la Marne (il 60% di Pinot<br />

Noir) e della Côte des Blancs (il 40% di Chardonnay)<br />

danno vita a uno Champagne dalla forte personalità. Poi,<br />

la magia della vendemmia 2008 in Champagne: generosa<br />

e soleggiata, con uve concentrate e selezionate a maturazione<br />

ottimale. Nicolas François 2008 esprime tutta la<br />

ricchezza e la finezza di una curva aromatica complessa e<br />

rinfrescante. Al palato, l’equilibrio della tensione data dalla<br />

grande maturità del vino, richiamata da mela cotogna<br />

fresca, biscotti al miele e limone caviale, si fonde a una<br />

texture dalla personalità affermata, grazie all’impronta<br />

calcarea e alla notevole potenza, bilanciata dal basso dosaggio<br />

totalmente integrato. Un finale di rara complessità<br />

e dalle tante sfumature evolve verso note di pane<br />

tostato e bergamotto. Per uno Champagne che è figlio<br />

di un grande millesimo di notevole intensità, teso e minerale,<br />

caratterizzato da una vinosità elegante, e che offrirà<br />

un invecchiamento garantito. Da ricordare, curiosità degna<br />

di nota, come il nuovo Nicolas François 2008 porti in<br />

dote con sé My Origin: uno strumento digitale che, grazie<br />

al codice a sei cifre presente sulla retroetichetta, permette<br />

di studiare la carta d’identità della cuvée, con tutte<br />

le informazioni dettagliate riguardanti vitigni, dosaggio,<br />

fino alla data di sboccatura. Per un’esperienza, poi, nel calice<br />

che ogni appassionato di Champagne difficilmente<br />

dimenticherà. Esattamente come nel caso di un altro unicum<br />

della gamma di Maison Billecart-Salmon, esclusiva<br />

assoluta per il mercato Italia: lo speciale Blanc de Blancs<br />

20<strong>10</strong> dedicato a celebrare i 50 anni di collaborazione<br />

con Velier, storica azienda familiare genovese, oggi<br />

guidata da Luca Gargano, che fin dalla sua nascita, nel<br />

1947, si occupa di importazione e distribuzione di distillati,<br />

liquori e vini, con grande attenzione alla qualità e<br />

una reale passione per la divulgazione. Una cuvée, selezionata<br />

dalla stessa famiglia Billecart e che lega ancor di<br />

più la Maison agli appassionati italiani. Il Blanc de Blancs<br />

20<strong>10</strong> è frutto dei migliori Grand Cru della Côte des<br />

Blancs e ha trascorso oltre <strong>10</strong> anni nelle cantine di gesso<br />

scavate nel 1840 e che da allora, con i loro 2,8 chilometri<br />

di corridoi, ospitano 24 foudre e 400 botti, ognuna delle<br />

quali è stata scelta con cura per valorizzare la ricchezza e<br />

la complessità aromatica dei vini. Questa cuvée speciale<br />

svela tutta l’eleganza dei grandi Champagne e rivela<br />

le specificità dello Chardonnay. E se gli amanti e i veri<br />

intenditori di Billecart-Salmon riconosceranno certamente<br />

le note proprie della Cuvée Louis Salmon, iconico<br />

Blanc de Blancs della Maison, i Grand Cru selezionati<br />

per l’occasione sono davvero tra i migliori: Chouilly,<br />

Cramant, Oiry e Oger. “Privilegiare la qualità, puntare<br />

all’eccellenza”: una filosofia viva più che mai.


21<br />

<strong>10</strong>0% Chardonnay, nobile figlio<br />

della Côte des Blancs con uve<br />

selezionate Premier Cru di Vertus<br />

(52%) e Bergères les Vertus<br />

(27%) e di Cramant Grand Cru<br />

(21%). La ricetta del Valentin<br />

Leflaive CV1830 Champagne<br />

Extra Brut Blanc de Blancs<br />

prevede vinificazioni separate,<br />

di cui il 30% in botti di secondo<br />

passaggio delle migliori cuvée<br />

dei vini di Borgogna. Poi, l’affinamento<br />

in vasche d’acciaio con<br />

22% vins de rèserve. Il tocco<br />

finale sono 40 mesi in bottiglia.<br />

Per uno Champagne dalla<br />

fine effervescenza e dal finale<br />

perfettamente cesellato e<br />

con bel volume al palato.<br />

Una novità, sotto ogni profilo: in particolare, quello nel calice. <strong>10</strong>0% Pinot Noir, esclusivamente<br />

prima pigiatura, come da cifra della Maison, è espressione dei migliori Grand Cru<br />

“nordici”, parlando di esposizione ma non solo, della Champagne. Verzenay, Mailly, Verzy<br />

e Bouzy: è da questi suoli gessosi che prende vita il nuovo Champagne Blanc de Noirs<br />

Grand Cru Bruno Paillard. Una fotografia nitida dell’anima più puramente settentrionale<br />

e gessosa della bollicina francese per eccellenza. Un inedito, nei tratti, per questo Blanc<br />

de Noirs che indossa l’abito più candido, Extra Brut gemello, neanche troppo diverso,<br />

del Blanc de Blancs, esprimendosi in tutta la sua eterea salinità. Fresco multimillesimato,<br />

dopo una gestazione dell’idea che ha impegnato la Maison per quasi un decennio, oggi<br />

esordisce con la sua trama finemente cesellata. L’attacco sorprende, in quel che appare il<br />

più atipico tra i <strong>10</strong>0% Pinot Noir, la delicatezza impressiona, in un intreccio perfettamente<br />

studiato, la persistenza testimonia infine lo stretto legame tra il vino e i suoi terroir d’origine.<br />

Elegante, distintivo, unico: tre anni sui lieviti, almeno altri sei mesi in cantina dopo<br />

il dégorgement. Il suo carattere vivace e profondo, poi, lo porta a ben sposare anche piatti<br />

gourmet e speziati con note dolci e salate.


22<br />

COLLECTION<br />

Zero dosaggio e una ricetta che all’80% di Pinot Noir integra un <strong>10</strong>% Chardonnay<br />

e altrettanto Pinot Blanc, quelli dello Champagne Gautherot Brut Nature. Poi,<br />

a definirne il carattere è un attacco schietto, tipico dello stile di una famiglia di<br />

Vigneron in Champagne da molto prima la Rivoluzione e Napoleone, e un cuore<br />

gourmand, che lascia spazio a un finale armonico. Un perfetto equilibrio per una<br />

cuvée ideale all’aperitivo, ma capace di sorprendere anche in accompagnamento a<br />

pietanze piccanti e a piatti esotici.<br />

Per concludere con il sorriso, il fiore<br />

all’occhiello della gamma, frutto<br />

delle migliori vigne e composizione<br />

di cuvée selezionate in un curato<br />

assemblaggio di 80% Pinot Noir<br />

e 20% Pinot Blanc. Lo Champagne<br />

Gautherot Exception Extra<br />

Brut è cavallo di razza che si<br />

fa notare una volta messo in bottiglia.<br />

A definirlo sono bollicine<br />

di una finezza incomparabile e<br />

un attacco carnoso, delizioso,<br />

con un finale molto delicato di<br />

frutti bianchi e agrumi. Uno<br />

Champagne di personalità che<br />

rende facile l’associazione con i<br />

piatti più disparati: dai plateau<br />

di frutti di mare a formaggi con<br />

una buona stagionatura come<br />

un Parmigiano Reggiano invecchiato<br />

o un Comté.<br />

Maestosa bolla dai tratti dorati, 80% Pinot<br />

Blanc e 20% Chardonnay, che affina sui<br />

lieviti per 60 mesi è, invece, quella dello<br />

Champagne Gautherot Notes Blanches<br />

Blanc de Blancs Extra Brut. Si svela poi<br />

con un sottile perlage e un naso delicato<br />

che associa aromi di fiori e frutti bianchi. Il<br />

palato è schietto, luminoso, con note tenere<br />

e setose. Soave ma opulento, è millesimato<br />

che rappresenta una perfetta sintesi d’eleganza,<br />

da condividere durante un aperitivo<br />

o con piatti molto raffinati: cruditè, ostriche<br />

o sushi. Ottimi abbinamenti sono anche<br />

i formaggi delicati, le carni bianche e sua<br />

maestà, il caviale.


23<br />

Un progetto nuovo dal sapore antico, che vede nella sua bollicina “d’ingresso” non soltanto un<br />

simbolo, ma una delle espressioni più affascinanti di una Champagne che non è più, ma vive e brilla<br />

ancora. È la storia discreta di monsieur Gaston Burtin, uomo d’altri tempi capace di diventare,<br />

lungo il corso del Novecento, non solo una delle figure simbolo della bollicina francese più nota e<br />

amata, ma anche uno degli uomini più ricchi d’Oltralpe. Un volto fino ad oggi poco noto al grande<br />

pubblico, nonostante abbia dato vita a quella che tra gli anni ’60 e ’70 sarebbe diventata la seconda<br />

Maison più importante dell’epoca, proprio grazie all’intuito e al lavoro di questo Négociant, la cui<br />

grandezza è perfettamente riassunta dal motto che per tutta la vita ha guidato la sua ambiziosa opera:<br />

“Be bold and say little”. Una filosofia che Hommage à Gaston Burtin Brut racchiude perfettamente<br />

in bottiglia, incontro dei tre storici vitigni dello Champagne: 39% Meunier, 24% Pinot Noir e 37%<br />

Chardonnay. Ma c’è di più, dettato da una cifra stilistica che si basa sull’invecchiamento dei vin<br />

de réserve tramite il metodo Solera, adottato dalla Maison nel 2005, e che in questo base 2018<br />

contribuiscono per il 35% all’assemblage. Il risultato è una bollicina versatile e accattivante, dalla<br />

straordinaria facilità di beva, vero must da avere sempre pronto in cantina.<br />

COLLECTION


24<br />

COLLECTION<br />

Potente, strutturato, ma al contempo fine ed elegante, dal colore rosa<br />

brillante e vivace, lo Champagne Régis Poissinet Terre de Rosé<br />

Extra Brut è figlio di 12 ore di macerazione sulle bucce.<br />

Regala una bocca dove struttura, acidità e sapidità si uniscono in un<br />

tutt’uno. Il primo sorso arriva<br />

con una naturalezza tale da<br />

permettere di riconoscere<br />

immediatamente i due<br />

grandi vitigni che gli danno<br />

forma: Meunier (70%) e<br />

Chardonnay (30%). Sono<br />

quattro gli anni sui lieviti per<br />

questa fragrante bollicina,<br />

capace di trasportare<br />

semplicemente al naso in un<br />

universo di sentori fruttati<br />

e floreali che spaziano<br />

dalla fragolina di bosco al<br />

lampone, dalla violetta alla<br />

lavanda sul finale.<br />

Il Rosé d’assemblaggio<br />

di casa Laherte, <strong>10</strong>0%<br />

Meunier. Il 30% in<br />

macerazione, il <strong>10</strong>%<br />

come vino rosso e il<br />

60% come vinicazione<br />

in bianco: questa la<br />

“ricetta” vincente del Laherte<br />

Frères Champagne Rosé de Meunier Extra Brut s.a., che nasce<br />

esclusivamente dalle uve di vecchie vigne. Poi, la scelta della<br />

vinificazione in legni di diversa misura, tra botte e barrique, per dare il<br />

giusto equilibrio in una sponda continua e perfetta tra frutto, vinosità,<br />

fragranza, complessità, freschezza e profondità.


Battito<br />

emiliano<br />

Il gusto dell’eccellenza passa attraverso una passione<br />

condivisa: quella per un sapore raffinato, che con le sue<br />

note fresche e floreali continua a legarsi alla migliore delle<br />

tradizioni vitivinicole. Vigna del Cristo. Cuore pulsante d’Emilia.


26<br />

Tra le infinite tonalità che compongono le<br />

diverse sfumature di bollicine nel mondo,<br />

ne esiste una che per colore e caratterizzazione<br />

è realmente irreplicabile. Tanto che<br />

da sempre gli stessi “maestri” francesi ce<br />

la invidiano, non avendo nulla di simile all’interno del<br />

loro patrimonio enologico con cui poterla porre a paragone.<br />

È la sua veste in rosso a definirla nel calice, ma<br />

poi al palato gli orizzonti che può schiudere sono ampi<br />

e definiti in primis dalle sue radici.<br />

Da anni, la nouvelle vague di quella che è una storia al<br />

plurale che si dipana tra Modena a Reggio Emilia, dal<br />

rosa chiaro, al rubino, fino al porpora, ha la sua terra<br />

d’elezione in una piccola frazione che prende il nome<br />

di Sorbara. È in questo angolo della provincia modenese,<br />

tra il fiume Secchia e il Panaro, che prende vita<br />

una bollicina che ha saputo impressionare anche sotto<br />

forma di Metodo Classico: parliamo del Lambrusco di<br />

Sorbara. E tra i suoi volti più celebrati, ce n’è uno che<br />

da sempre s’identifica tra i pionieri di questa sfida al<br />

tempo: Cavicchioli. A Francesca Benini, Sales & Marketing<br />

Director di Cantine Riunite & Civ, abbiamo<br />

domandato quale sia oggi la modernità e l’unicità del<br />

Lambrusco di Sorbara.<br />

Il Lambrusco di Sorbara oggi entra a pieno<br />

titolo nel novero dei vini contemporanei?<br />

Certo, proprio per i suoi tratti assolutamente unici<br />

che conferiscono a un’intera categoria una premiumness<br />

capace di esaltare al contempo tradizione e<br />

innovazione. Se per le sue caratteristiche il Sorbara<br />

si eleva all’interno della famiglia dei Lambruschi,<br />

parlando di peculiarità e pregio, con i suoi tratti freschi,<br />

fruttati ed equilibrati, non solo è una promessa<br />

di versatilità in tavola, ma è anche coerente con quella<br />

riscoperta delle tradizioni territoriali che oggi è più<br />

che mai forte da parte dei consumatori.<br />

Cavicchioli è senza dubbio un marchio tra i<br />

più storici di questo universo, ma quanto ha<br />

saputo anche essere anticipatore dei tempi?<br />

La storia delle referenze iconiche di Cavicchioli è particolarmente<br />

affascinante e ha la propria origine in un<br />

appezzamento di terra in provincia di Modena, nella<br />

località di Cristo, a 200 metri dall’argine del fiume<br />

Secchia: un vigneto di cinque ettari dal quale provengono<br />

le uve utilizzate per la vinificazione dell’omonimo<br />

vino e del Metodo Classico Rosé, oggi premiato<br />

con i Tre Bicchieri Gambero Rosso. D’altronde, l’orientamento<br />

alla ricerca e ad innovare sono parte di<br />

un DNA familiare che ha decretato poi, nel tempo, il<br />

successo della Cantina Cavicchioli.<br />

In cosa si traduce tutto questo?<br />

In molte scelte, oggi dimostratesi decisive: a iniziare<br />

dall’aver introdotto, a partire dalla vendemmia del<br />

1987, per celebrare il suo 60esimo anniversario, il<br />

concetto di cru applicato ai territori del Lambrusco<br />

di Sorbara. È proprio in quell’anno che viene presentato<br />

l’iconico Vigna del Cristo, il primo Lambrusco<br />

di Sorbara Doc in purezza, conferendo alla cantina<br />

il primato per aver “interpretato” in modo assolutamente<br />

unico un prodotto fortemente ancorato alla<br />

tradizione contadina emiliana. Da quel momento, la<br />

voglia di sperimentare e dare forma a nuovi orizzonti,<br />

in primis degustativi, ha condotto alla creazione<br />

del Rosé del Cristo, altra icona. Era il 2000 quando<br />

Sandro Cavicchioli, enologo e nipote del fondatore<br />

della cantina, ha presentato la prima versione di un<br />

Lambrusco di Sorbara in purezza vinificato seguendo<br />

i dettami del Metodo Classico. Questo spumante<br />

nasce da quella visione avanguardista di Cavicchioli<br />

volta a nobilitare un vino “pop” fino ad arrivare alla<br />

vinificazione attraverso il procedimento usato tradizionalmente<br />

per lo Champagne, elevandolo così in<br />

termini di eleganza e raffinatezza. Una qualità che ha<br />

saputo nel tempo conquistare appassionati ed esperti,<br />

oltre a conseguire numerosi riconoscimenti.<br />

Come cambia Cavicchioli col nuovo volto che<br />

si presenta oggi al pubblico?<br />

Cavicchioli vuole oggi rafforzare i propri valori e comunicare<br />

in modo più forte e incisivo la connessione<br />

con il territorio. Vuole enfatizzare la conoscenza di<br />

DI RICCARDO COLLETTI<br />

FOCUS ON<br />

L’irreplicabile<br />

Lambrusco di Sorbara<br />

L’alternativa che anche i “maestri” francesi invidiano:<br />

la modernità della bollicina modenese secondo Cavicchioli


27<br />

un prodotto che è figlio dei ricordi della tradizione<br />

emiliana e di un territorio ricco di valori, emozioni<br />

ed esperienze. Infine, vuole comunicare un vino fatto<br />

per essere condiviso, grazie al carattere spumeggiante<br />

e frizzante che lo rende unico.<br />

Cavicchioli rappresenta “la nuova autenticità”, in un<br />

momento in cui, a livello generale, come risposta alle<br />

incertezze e all’eccessiva presenza del mondo digitale<br />

nella vita reale, cresce l’attenzione verso la semplicità,<br />

la riscoperta delle tradizioni, di valori etici e di una<br />

genuinità in ogni aspetto dell’esistenza. Per questo la<br />

sua comunicazione prende forma attorno al concept<br />

di una “nuova autenticità”, perché il brand attinge<br />

forza e sviluppa le sue radici nel territorio della tradizione,<br />

che continuerà a sposare a quell’innovazione<br />

che diventa elemento fondamentale per affrontare il<br />

futuro, anche se si tratta di vino.<br />

e vibrante, in grado di farci sentire vivi: proprio come<br />

il vino, il Lambrusco Cavicchioli, che ci trasmette<br />

tutta la forza di una terra, l’Emilia.<br />

L’alternativa per gli appassionati di bollicine<br />

oggi può essere proprio la riscoperta dell’universo<br />

Lambrusco con il Sorbara?<br />

Sì, senza dubbio per i tratti eleganti e per quel che significa<br />

in termini di storicità il Sorbara per tutto il<br />

mondo Lambrusco.<br />

Un vino che anche nel calice, con la sua versione Metodo<br />

Classico, per la finezza che sposa l’esuberanza<br />

regalando un profilo che conquista al primo sorso,<br />

ben si pone in scia a quella che è l’eccellenza delle<br />

bollicine di Champagne. Si tratta, certo, di due prodotti<br />

diversi, ma che hanno il potenziale per essere<br />

complementari in tavola.<br />

FOCUS ON<br />

Un nuovo modo di ribadire anche le radici<br />

emiliane?<br />

Nella nuova veste di Cavicchioli c’è dinamicità, vivacità<br />

come le bollicine dei suoi vini, c’è voglia di convivialità<br />

nel pieno senso dell’essere emiliani.<br />

Ma essere emiliani, e modenesi, significa anche far<br />

parte di un tessuto economico produttivo di grande<br />

valore, dove la qualità e la ricerca sono diventate il<br />

motore del successo.<br />

Il nuovo visual vuole essere un omaggio proprio a<br />

questo territorio e ai suoi simboli: quindi, ecco che<br />

appare un’auto, un casolare che domina le colline vitate<br />

in mezzo alle quali si trova un gruppo di amici,<br />

eleganti ma in contesto informale, per gustare i prodotti<br />

di una tavola ricca di sapori.<br />

Da qui anche il nuovo claim: “Battito Emiliano”. La<br />

massima espressione di quell’allegria inclusiva, dello<br />

stare insieme e dei momenti unici che solo un’emozione<br />

forte e sincera sa dare. Ma è anche ritmo dinamico<br />

Cavicchioli in quasi un secolo di storia ha<br />

sempre guidato l’avanguardia del Lambrusco:<br />

quanto viene apprezzato oggi il suo stile<br />

nel calice?<br />

Cavicchioli è sempre stato, e resta ancora, un must<br />

quando parliamo di Lambrusco.<br />

Quelli che sono stati i riconoscimenti che hanno colorato<br />

il nostro <strong>2023</strong> e che preannunciano un 2024 altrettanto<br />

performante lo ribadiscono con forza: tanto<br />

si parli di Tre Bicchieri Gambero Rosso con il Metodo<br />

Classico Rosé del Cristo 2020, quanto si faccia riferimento<br />

al rapporto tra qualità e prezzo con la segnalazione<br />

Berebene del Lambrusco Sorbara Doc Secco<br />

Cavicchioli 1928, passando per le selezioni degli<br />

esperti del The Champagne & Sparkling Wine World<br />

Championships o dei migliori sommelier con Bibenda<br />

e Ais Emilia-Romagna da Bere, fino al bollino del<br />

The WineHunter Award di Merano WineFestival o la<br />

corona Vini Buoni d’Italia.


28<br />

EXPERIENCE<br />

Il Trentodoc<br />

che sfida il tempo<br />

L’assaggio al debutto dell’esclusivo<br />

Giulio Ferrari Collezione 2004<br />

Ritrovarsi innanzi all’anteprima di un<br />

piccolo capolavoro in bottiglia non capita<br />

tutti i giorni. Ancora più raro è poterlo<br />

fare seduto alla tavola di un tre stelle<br />

Michelin in una location da sogno. Ma<br />

quel che ha reso davvero unico il debutto ufficiale del<br />

Giulio Ferrari Collezione 2004, ultimo arrivato della<br />

casa spumatistica simbolo delle bollicine Trentodoc,<br />

è la condivisione sperimentata in<br />

occasione del lancio tra grandi appassionati<br />

e professionisti della sala.<br />

Già, perché presso Villa Crespi, dove<br />

un abbinamento gourmet studiato<br />

ad hoc dallo chef Antonino Cannavacciuolo<br />

ha deliziato i palati dei<br />

presenti, riuniti a dare il benvenuto<br />

alla più estrema sfida con il tempo<br />

tra le creazioni Ferrari Trento, insieme<br />

alla famiglia Lunelli, c’erano chi<br />

quelle bollicine è chiamato a raccontarle<br />

– la stampa –, chi le ama e ne è competente conoscitore<br />

– i collezionisti – e chi le farà apprezzare agli<br />

appassionati – i sommelier dei ristoranti culto in tutta<br />

Italia –, per un confronto che ha decretato all’unanimità<br />

che il neonato Giulio Ferrari Collezione 2004 è<br />

uno di quei casi straordinari di grandissima cuvée già<br />

pronta per essere aperta e goduta nel suo sfaccettato<br />

potenziale. Si apre un nuovo capitolo nella gloriosa<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

storia di un mito del Trentodoc, con l’edizione limitata<br />

che ha visto la luce in soli 3906 esemplari numerati<br />

e 331 Magnum. Una creazione che è molto più di una<br />

bottiglia. Infatti, è la chiave per entrare in un gruppo<br />

tra i più esclusivi del vino italiano, accedendo quel<br />

Club dei Collezionisti Giulio Ferrari che offre ai suoi<br />

soci una serie di esperienze e privilegi speciali. Un acquisto<br />

non per tutti, se si ragiona in termini di portafoglio,<br />

ma che testimonia una volta in<br />

più ancora la capacità della casa spumantistica<br />

trentina di dare forma a<br />

bollicine senza tempo. E lo fa anche<br />

questa volta in scia al mito del fondatore:<br />

quel Giulio Ferrari che non soltanto<br />

aveva portato lo Chardonnay<br />

sui pendii del Trentino, ma aveva<br />

anche intuito il potenziale di bollicine<br />

figlie di un lungo affinamento<br />

sui lieviti. E di tempo, nel buio e nel<br />

silenzio della cantina, il Giulio Ferrari<br />

Collezione 2004 ne ha passato decisamente tanto,<br />

quasi 20 anni, per arrivare oggi a testimoniare che un<br />

grande Trentodoc è capace di esprimere un’incredibile<br />

longevità, acquisendo progressivamente complessità,<br />

senza però nulla perdere in freschezza e finezza. Ma<br />

come nasce la “super riserva” da 216 mesi di affinamento<br />

di casa Ferrari Trento? Parliamo, infatti, di un vero<br />

e proprio caso a sé, vedendo la luce solo in quelle ven-<br />

demmie che raccontano di uno<br />

straordinario potenziale evolutivo.<br />

Una fotografia che fissa<br />

in un’istantanea in bottiglia<br />

quella viticoltura di montagna<br />

di cui Giulio Ferrari intuì oltre un<br />

secolo fa la vocazione e che la famiglia<br />

Lunelli ha permesso di portare<br />

alla sua massima espressione.<br />

Giulio Ferrari Collezione 2004<br />

giunge dopo quattro illustri<br />

precedenti. L’etichetta, infatti,<br />

ha fatto il suo esordio con<br />

la vendemmia 1995, poi<br />

seguita da 1997 e 2001.<br />

Oggi, la nuova release è<br />

figlia di un’annata che<br />

giunge dopo il fatidico<br />

spartiacque 2003, che<br />

ha mutato i paradigmi<br />

della viticoltura nel<br />

mondo a causa degli<br />

effetti del cambiamento<br />

climatico che<br />

da allora è fattore con<br />

cui dover fare prepotentemente<br />

i conti. Il<br />

2004 si è caratterizzato<br />

per essere stato anno<br />

dalle condizioni climatiche<br />

estremamente<br />

favorevoli, con un’estate<br />

fresca che ha permesso allo<br />

Chardonnay di raggiungere la maturazione con un’acidità<br />

ideale per lunghi affinamenti. Ed è così, che a distanza<br />

di quasi 20 anni oggi Giulio Ferrari Collezione<br />

2004 fa il suo esordio in tavola, stupendo chi ha avuto<br />

il privilegio del primo assaggio per la straordinaria<br />

prontezza nel calice che lo contraddistingue fin da ora.<br />

Per un vino che sta vincendo la sfida col tempo, avendo<br />

già trovato quella sua nota di complessità accentuata,<br />

con uno splendido accenno fumé, ma conservando<br />

finezza, freschezza ed eleganza, come deve essere per<br />

le grandi bollicine da Chardonnay. Le alte aspettative<br />

nutrite nei confronti di Giulio Ferrari Collezione 2004<br />

non solo sono così confermate fin dal primo assaggio,<br />

ma incuriosisce quella che potrà esserne l’evoluzione.<br />

Oggi è una bottiglia che si beve bene subito, grande<br />

pregio quando si parla di cuvée de prestige, e ha una<br />

lunghezza che ci si porta dietro, impressa nella memoria<br />

e al palato. Ma in Magnum, l’equazione come muta?<br />

“Ai posteri l’ardua sentenza”, verrebbe da rispondere.<br />

Da qui a quattro o cinque anni, a venire annunciato<br />

con questo formato è un assaggio da sogno, come ribadisce<br />

anche Marcello Lunelli, vicepresidente di Ferrari<br />

Trento, che in una videointervista esclusiva a Wine-<br />

Couture (visibile grazie al QR Code di questa pagina,<br />

ndr) parla di una variabile tutta da scoprire anche in relazione<br />

a come il cambiamento climatico abbia influito<br />

su un lunghissimo invecchiamento sui lieviti. La degustazione<br />

della bottiglia da 0,75 lt, di fatto, evidenzia<br />

le caratteristiche dell’annata, che si presenta con un’esplosione<br />

di bollicine finissime. Nel calice, oro puro,<br />

che poi conquista fin dal primo sorso per la sua magnifica<br />

complessità aromatica, esaltata da un dosaggio che<br />

enfatizza l’essenzialità della creazione. Un Trentodoc<br />

in cui si percepiscono armoniose note di agrumi, frutta<br />

secca e vaniglia, sorrette da un’intrigante salinità.<br />

Per un vino che è sintesi di opposti<br />

che si attraggono: dinamico<br />

e profondo, al tempo stesso<br />

espressione piena e fresca,<br />

tostata ed elegante, con il finale<br />

che, come detto, sembra<br />

estendersi all’infinito, proprio<br />

come il mito di Giulio Ferrari.


29<br />

Aquarius<br />

Blanc des Blancs:<br />

nuova cuvée glamour per Valdo<br />

Una nuova cuvée glamour, frutto di<br />

uve Garganega e Glera, selezionate<br />

con cura per donare un equilibrio<br />

unico di freschezza e complessità,<br />

che ha fatto il suo esordio nell’evento<br />

milanese più alla moda: la Vendemmia<br />

di Montenapoleone. Valdo,<br />

simbolo del Valdobbiadene Prosecco<br />

Superiore Docg, ha scelto la boutique<br />

di Ippolita, giovane brand americano<br />

di gioielleria, come location<br />

vetrina per svelare l’inedita novità<br />

Aquarius Blanc des Blancs, etichetta<br />

dalla grafica unica e distintiva<br />

disegnata in esclusiva<br />

per il brand dall’artista americana<br />

Ceci Johnson. Una<br />

special edition, capolavoro<br />

di design esclusivo ispirato<br />

al mitologico mondo<br />

sottomarino, dove sirene<br />

danzano tra i coralli e pesci<br />

colorati sfoggiano tutta<br />

la loro bellezza. Aquarius<br />

Blanc des Blancs Valdo<br />

è realizzata partendo da<br />

un disegno ad acquerello<br />

dipinto a mano e poi digitalizzato<br />

tramite scanner,<br />

che ha inoltre la particolarità<br />

di essere in 3D<br />

e quindi di offrire anche<br />

un’esperienza tattile. Per<br />

una vera ode alla creatività.<br />

I Sodi di S. Niccolò<br />

2019 – Brera:<br />

edizione limitata decorata a mano<br />

per l’Historical Supertuscan<br />

550 bottiglie dipinte, ognuna decorata a mano e diversa<br />

dall’altra, per un progetto che coniuga arte, valorizzazione<br />

dei giovani talenti e solidarietà. Presentata l’edizione<br />

limitata I Sodi di S. Niccolò 2019 – Brera, selezione di<br />

diversi formati (0,75 lt, 1,5 lt, 6 lt e 9 lt) personalizzati da<br />

oltre 500 studenti dell’istituto artistico milanese con un<br />

carosello di fiori, foglie, animali ed elementi della natura<br />

dipinti a mano, in perfetta armonia con l’iconico uccellino<br />

che appare in etichetta. Vere e proprie opere d’arte, ognuna<br />

diversa dall’altra, una parte del ricavato della loro vendita<br />

sarà devoluto all’associazione Non profit Dynamo Camp.<br />

Suavia: tre Cru, 2mila bottiglie<br />

di Soave Classico per<br />

la nuova linea<br />

“I Luoghi”<br />

Castellaro, Fittà e Tremenalto: Cru unici nel loro genere<br />

nati da tre Unità Geografiche Aggiuntive (Uga) rappresentative<br />

del terroir del Soave Classico. Sono i protagonisti<br />

della nuova linea “I Luoghi” firmata dalla cantina Suavia.<br />

Per 2mila preziose bottiglie da centellinare e assaporare<br />

con cura figlie di un progetto ambizioso, nato<br />

da cinque anni di lavoro,<br />

di ricerca in vigna e<br />

in cantina, con l’obiettivo<br />

di raccontare una<br />

delle aree vitate più<br />

prestigiose d’Italia, caratterizzata<br />

da un suolo<br />

vulcanico che delinea<br />

i sentori dei tre vini,<br />

ognuno con le sue caratteristiche<br />

uniche.<br />

Henriot passa in mano a<br />

Terroirs & Vignerons<br />

de Champagne<br />

Nuovo colpo per Terroirs & Vignerons de Champagne,<br />

realtà nata dalla fusione tra Nicolas Feuillatte e Champagne<br />

Castelnau nel 2021, che controlla il 9% del vigneto<br />

della regione e riunisce quasi 6mila viticoltori distribuiti<br />

su 2.750 ettari attraverso 82 cooperative. Annunciata il 29<br />

settembre l’acquisizione dello Champagne Henriot da<br />

Artémis Domaines della famiglia Pinault, secondo quelle<br />

che erano state le condizioni stabilite a primavera <strong>2023</strong><br />

con l’avvio della trattativa in esclusiva: la celebre Maison<br />

si va ad aggiungersi a un portfolio che include anche dal<br />

2019 Abelé 1757. L’operazione garantisce quasi 144 ettari<br />

di conferimento, metà dei quali in Grand Cru e Premier<br />

Cru, compreso un parco viticolo di quasi 38 ettari di proprietà<br />

o in affitto a lungo termine. Terroirs & Vignerons de<br />

Champagne si assicura anche l’acquisizione di uno stock di<br />

vini in cantina di qualità pari a diversi milioni di bottiglie.<br />

E ancora...<br />

Cantina Kurtatsch lancia Tres 2016, eccellenza bordolese<br />

dall’Alto Adige. Villa Morona De Gastaldis: una nuova<br />

foresteria per Mionetto nel cuore di Valdobbiadene.<br />

Vendemmia <strong>2023</strong> in ulteriore calo: stime riviste a<br />

-12% per il vino italiano. Ferrari Trento Sparkling<br />

Wine Producer of the Year al campionato del mondo<br />

delle bollicine. Ornellaia e Masseto: Marco Balsimelli<br />

nuovo direttore di produzione. Argea lancia la sfida della<br />

sostenibilità nel vino con la prima bottiglia al mondo con<br />

Bio Meg. EnoConegliano <strong>2023</strong>: a Springo Bronze Le<br />

Manzane il premio speciale “Tullio<br />

de Rosa” per il miglior spumante.<br />

Yeppon brinda con Bibentes e<br />

lancia il nuovo e-commerce<br />

del vino Bibes.it. Iwe Chicago<br />

e Wine Vision by Open<br />

Balkan: due nuove fiere in Usa<br />

e Serbia per Vinitaly.<br />

Una carta vini unica al mondo:<br />

Teo KayKay firma la wine list di<br />

Enrico Bartolini<br />

al Mudec<br />

Una carta vini unica al mondo. E non soltanto<br />

per le pagine e pagine di straordinarie bottiglie<br />

che vi si possono trovare al suo interno, circa 800<br />

etichette tra Italia ed estero. La wine list del Ristorante<br />

Enrico Bartolini al Mudec cambia oggi pelle<br />

e si trasforma grazie al tocco unico della Street<br />

Art di Teo KayKay. La carta dei vini dell’insegna<br />

tristellata assume, infatti, la forma di una vera e<br />

propria opera d’arte, per una novità che non trova<br />

termini di paragone nel mondo. Già, perché a<br />

firmare la wine list non è più soltanto la sapiente<br />

e attenta ricerca di Sebastien Ferrara, restaurant<br />

manager, e del sommelier Edoardo Jobet, ma anche<br />

la mano di Teo KayKay, noto per essere il primo<br />

artista e designer a trasformare le bottiglie di<br />

Champagne in opere d’arte da collezione. Il suo<br />

tocco inconfondibile ha, infatti, colorato con creatività<br />

la carta vini del Ristorante Enrico Bartolini<br />

al terzo piano del Mudec, il Museo delle Culture<br />

di Milano. Con oltre 170 illustrazioni, tra titoli e<br />

paesaggi, avventori ed appassionati scorreranno<br />

le pagine di un’opera d’arte unica al mondo che<br />

l’artista ha creato in esclusiva per lo Chef tre stelle<br />

Michelin interpretando, con il proprio stile personale<br />

e inconfondibile, terroir, vigneti, luoghi<br />

iconici e villaggi. L’unicità di questa wine list,<br />

corredata di certificato di autenticità cartaceo e<br />

su blockchain, è proprio nel linguaggio delle illustrazioni,<br />

realizzate a colpi di bombolette spray e<br />

tratti neri che richiamano quelli dei markers utilizzati<br />

dai writers, e nel font dei titoli delle varie<br />

sezioni della Carta, che guidano l’ospite nella<br />

scelta del vino. “Con Sebastien, Edoardo e Monica<br />

Biella abbiamo pensato di approfondire anche<br />

gli argomenti legati alla carta dei vini e abbiamo<br />

coinvolto Teo KayKay”, spiega Enrico Bartolini,<br />

“a cercare delle sfumature di colore, di disegni e di<br />

tratti che dessero vigore alla carta. Insieme hanno<br />

ricostruito il percorso geografico attraverso i vari<br />

luoghi del vino. Questo ci ha permesso di dare<br />

alla nostra carta dei vini personalità e identità”.<br />

TITOLI DI CODA


30<br />

Arriva BaffoTonico, elisir dal gusto unico che unisce<br />

tradizione alchemica, ingredienti di alta qualità<br />

e tecniche di infusione meticolose al rispetto dei<br />

ritmi naturali, il tutto con un tocco di Cabala. Il<br />

nuovo membro della linea Pellegrini Private Stock<br />

è liquore artigianale ottenuto attraverso una lenta<br />

macerazione a freddo di una selezione di 26 (il numero<br />

perfetto per creare un elisir curativo secondo<br />

i precetti della Cabala) bacche, radici e fiori noti<br />

per le loro proprietà curative nella tradizione erboristica.<br />

Davide Monorchio, responsabile Liquori &<br />

Distillati di Pellegrini S.p.A., ha seguito un percorso<br />

che ha abbracciato le preparazioni alchemiche<br />

più antiche, per poi risalire alle conoscenze della<br />

Scuola Medica Salernitana. Questo viaggio nel<br />

tempo lo ha condotto alla riscoperta di quelle “elisir<br />

di lunga vita”, che erano in origine appannaggio<br />

dei conventi e delle congreghe religiose. BaffoTonico<br />

si rivolge agli appassionati del genere con una<br />

generosa gradazione alcolica (33% Vol.) che esalta<br />

i profumi e i sapori del suo corredo botanico. Un<br />

leggero residuo zuccherino è stato aggiunto solo<br />

per creare un equilibrio perfetto in quello che è un<br />

elisir amaricante puro.<br />

L’ultima arrivata in casa Engine è una edizione limitata, con il gin<br />

d’Alta Langa che per la speciale occasione è stato invecchiato per<br />

sei mesi in botti di Caroni distillato nel 1998. Dopo il periodo di<br />

affinamento, è filtrato, al fine di preservare appieno il bouquet<br />

aromatico donato dalle botti: un processo che conferisce a questa<br />

novità una complessità raffinata e sorprendente. Un incontro<br />

inconsueto che promette scintille, quello tra il cuore del Piemonte<br />

e lo spirito di Trinidad, dal quale prendono forma 5mila bottiglie<br />

che rappresentano una tappa unica nel percorso di ricerca di<br />

Engine. Engine Caroni è un gin fresco e dalle molteplici nuance, in<br />

cui l’aroma intenso della salvia viene ammorbidito da note di frutti<br />

maturi estivi, con il sapore balsamico del ginepro armoniosamente<br />

unito a delicati sentori di legno tostato.<br />

DISTILLATI – LIQUORI – AMARI<br />

Un’esplosione di sapori audaci e dolci si fondono<br />

nell’edizione limitata A Tale of Tokyo di Glenmorangie,<br />

creando un single malt Limited Edition in<br />

sintonia con la vivace città giapponese. Ricordi ed<br />

emozioni delle numerose visite nella capitale del Sol<br />

Levante hanno spinto il Master Distiller di Glenmorangie,<br />

il Dr. Lumsden, a sperimentare l’invecchiamento in<br />

rare botti di rovere giapponese Mizunara. Il risultato è un’edizione<br />

limitata che, nel profilo gustativo, vede il pepe fondersi con<br />

le ciliegie amare e il cocco, mentre l’aroma invitante dell’arancia s’intreccia<br />

con l’incenso e la dolcezza della quercia. Nel finale, emergono i classici sapori<br />

di mandarino, mandorla e marzapane, tipici di Glenmorangie. E per catturare<br />

anche visivamente le sfumature di A Tale of Tokyo, Glenmorangie ha scelto lo<br />

stile massimalista dell’artista giapponese<br />

Yamaguchi Akira.<br />

Eminente è il rum prodotto da César Martí, il più giovane Maestro<br />

Ronero di Cuba, affettuosamente chiamata dagli autoctoni la Isla del<br />

Cocodrilo. Ed è proprio a questo animale cui è reso omaggio attraverso<br />

la bottiglia. Rum ricco e corposo, trae ispirazione dalla complessità<br />

delle eaux-de-vie cubane del XIX secolo, arrivando in Italia con<br />

Eminente Gran Reserva Edition No1, risultato di una delle numerose<br />

sperimentazioni di César Martí nell’invecchiamento e assemblaggio<br />

delle aguardientes, le acquaviti di canna da zucchero più aromatiche<br />

e complesse prodotte nell’isola. La prima edizione di Eminente<br />

Gran Reserva Edition No1 ha invecchiato <strong>10</strong> anni, con affinamento<br />

di tre mesi in botti di rovere francese, che conferiscono note legnose<br />

e floreali che richiamano fiori d’arancio, legno di sandalo e miele.<br />

Da servire preferibilmente liscio o su un cubo di ghiaccio, Eminente<br />

Gran Reserva Edition No1 è imbottigliato a 43,5% ABV.


31<br />

Compagnia dei Caraibi<br />

diventa B Corp e si beve<br />

l’amaro Jefferson<br />

Altro passo in avanti nel progetto Compagnia dei Caraibi,<br />

con l’azienda piemontese che ottiene ufficialmente la certificazione<br />

B Corp. Attiva nell’importazione e distribuzione<br />

di distillati, vini, soft drink provenienti da ogni parte del<br />

mondo e birre craft italiane, la realtà torinese, Società Benefit<br />

dal 2021, attesta così il costante impegno del gruppo<br />

e gli standard di impatto sociale e ambientale perseguiti e<br />

raggiunti in questi anni, frutto di un percorso di miglioramento<br />

continuo. Da sempre proiettata verso una crescita<br />

interna di valori inclusivi e sostenibili, la certificazione ottenuta<br />

assume per l’azienda ulteriore importanza poiché<br />

posiziona Compagnia dei Caraibi nella rosa di aziende B<br />

Corp del settore Food & Beverage che al momento conta<br />

51 realtà nel settore di riferimento sul territorio italiano.<br />

Ma non è la sola novità. Un accordo, siglato tra Compagnia<br />

dei Caraibi e Vecchio Magazzino Doganale, ha portato<br />

una quota del celebre Jefferson Amaro Importante<br />

nelle disponibilità dell’azienda piemontese. L’operazione,<br />

passata attraverso la controllata Refined Brands, con<br />

l’acquisto di una partecipazione fino al 30% del capitale<br />

sociale del liquorificio artigianale Amari & Affini, segna<br />

l’inizio di un nuovo progetto produttivo e rappresenta la<br />

conferma di una collaborazione già consolidata.<br />

Soffia sull’Italia il vento<br />

del gin galiziano Nordés<br />

anni c’è stato un considerevole aumento del numero dei<br />

gin sul mercato italiano con una previsione di incremento<br />

di un ulteriore 7% nel corso dei prossimi tempi”, spiega<br />

Gian Paolo Di Pierro, Brand Ambassador. “E Nordés<br />

sta sicuramente fornendo un contributo importante in<br />

questa crescita. La tendenza positiva del gin sul mercato<br />

contribuirà a un ulteriore aumento delle vendite, con<br />

una crescita prevista tra il 25% e il 35% annuo”. Nordés<br />

Gin è una presenza riconosciuta sulle piazze di Milano<br />

e Torino ma sta costantemente lavorando per far sì di<br />

essere presente in maniera più capillare su tutto il territorio<br />

nazionale. “Negli anni passati, abbiamo registrato<br />

un aumento delle vendite del 30%, confermando la nostra<br />

posizione di riferimento nel settore. Nordés è un gin<br />

originario del nord della Spagna dove è leader assoluto<br />

della categoria in termini di vendite e notorietà e dove, in<br />

soli <strong>10</strong> anni, ha raggiunto il 25% della quota di mercato”,<br />

chiosa Di Pierro. “L’Italia è una nazione che ama il gin ed<br />

è un mercato per noi molto importante. Stiamo espandendo<br />

il nostro raggio d’azione per affermare la nostra<br />

presenza anche su Roma, Bologna e Firenze, e nei prossimi<br />

mesi, concentreremo i nostri sforzi anche nell’area<br />

del Nord-Est, comprese Venezia, Bassano e Padova”.<br />

Savoia Orancio: il nuovo<br />

aperitivo che rievoca<br />

l’Oriente di Marco Polo<br />

Antica Torino: due novità<br />

dalle Alpi tra gli Spirits<br />

del catalogo Sagna<br />

Due novità per il catalogo Spirits di Sagna<br />

S.p.a. A sei anni dalla fondazione di Antica<br />

Torino e dalla prima produzione di Vermouth<br />

di Torino Rosso, Filippo Antonelli<br />

e Vittorio Zoppi hanno voluto<br />

cimentarsi con la produzione<br />

di due classici delle montagne del<br />

Piemonte: il Liquore<br />

di Genziana e il<br />

Genepì. Il primo ha<br />

sapori di agrumi ed<br />

eleganti note amaricanti<br />

che rimangono<br />

vivaci sulla<br />

lingua. È consigliato<br />

con<br />

soda od acqua<br />

tonica oppure per<br />

un effetto speciale in aggiunta (in<br />

piccole quantità) ai cocktail a base<br />

di whisky e gin. Il Genepì è il liquore<br />

per eccellenza associato alle Alpi,<br />

i cui fiori gialli sono raccolti sulle<br />

cime più elevate. Alla degustazione<br />

si presenta con un sapore potente,<br />

fresco e leggermente<br />

dolce. È il<br />

digestivo ideale dopo pasto<br />

ma anche un versatile ingrediente<br />

per cocktail, ai quali<br />

aggiunge affascinanti note erbacee<br />

dai sapori particolari.<br />

DISTILLATI – LIQUORI – AMARI<br />

Nordés Gin, il gin galiziano premium, sempre più protagonista<br />

sul mercato italiano, dove è presente ormai da<br />

ben sette anni. Ed è stata una crescita costante nel settore<br />

degli Spirits, la sua, grazie ad un’autenticità e a un<br />

gusto unici. In un mercato del gin affollato da numerosi<br />

brand, Nordés Gin si fa notare per la provenienza e gli<br />

11 botanicals selezionati con cura, tra cui spiccano sei<br />

selvatici della tradizione galiziana, che gli conferiscono<br />

il suo carattere fresco e balsamico. Un gusto equilibrato<br />

che lo colloca tra i migliori gin premium. “Negli ultimi<br />

Savoia, il vino aperitivo autentico e vegano, ora si declina<br />

anche nella variante “ambrata” di Savoia Orancio, per un’altra<br />

proposta nata dal talento di Giuseppe Gallo, ideatore<br />

di Italicus e Savoia Americano Rosso, esperto di mixology<br />

e bar industry di fama internazionale. Le note aromatiche<br />

agrumate ed esotiche di Savoia Orancio riconducono ai<br />

sapori d’Oriente, quelli narrati nei racconti leggendari di<br />

Marco Polo, che proprio all’inizio del 2024 sarà celebrato<br />

a 700 anni dalla sua scomparsa. Con una bassa gradazione<br />

alcolica (ABV 17,2%), Savoia Orancio racchiude in un<br />

sorso l’anima intrepida del mercante veneziano. “Savoia<br />

Orancio – spiega Giuseppe Gallo – racchiude l’essenza del<br />

passato, invitando a intraprendere un viaggio sensoriale<br />

che trascende il tempo”. Il gusto di questo vino aperitivo<br />

è combinazione di agrumi e frutti rossi, armonizzati con<br />

spezie ispirate alla via della seta, zenzero, zafferano e melograno.<br />

Le fragranti e complesse note dell’Orange wine<br />

arricchiscono il profilo dolce-amaro donando freschezza.<br />

C’è poi un’ulteriore nota di freschezza: l’essenza del lime e<br />

del bergamotto, per un tocco agrumato che si bilancia con<br />

gli altri sapori. L’insieme delle erbe aromatiche orientali<br />

forma un mix incredibilmente esotico, fragrante, ricco e<br />

caldo, che emerge nel bicchiere ma senza sopraffare il carattere<br />

dolce-amaro del vino aperitivo. Per gustarlo al meglio,<br />

versarlo freddo su ghiaccio o miscelarlo con della soda<br />

o dell’acqua tonica, per un cocktail aperitivo dal carattere<br />

dissetante. Ma il pairing perfetto è in uno Spritz.<br />

Illva Saronno fa suo il<br />

whisky Usa di Sagamore<br />

Spirit<br />

Nuovo colpo per Illva Saronno, che acquisisce la quota di<br />

maggioranza dell’americana Sagamore Spirit e della sua<br />

distilleria con sede a Baltimora. La multinazionale italiana<br />

leader nel mondo degli alcolici grazie principalmente a<br />

Disaronno, “il liquore italiano più bevuto nel mondo”, ha<br />

annunciato la chiusura dell’intesa, per un accordo che nasce<br />

sia con l’obiettivo di garantire una crescita per entrambe<br />

le società, sia con la volontà di rafforzare la presenza di<br />

Illva Saronno Holding negli Stati<br />

Uniti. L’acquisizione offre l’opportunità<br />

alla realtà lombarda<br />

di espandere il proprio portfolio<br />

di whisky includendo,<br />

oltre a The Busker Irish<br />

Whiskey, il brand Sagamore<br />

Spirit Rye whiskey americano.

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