Archeomatica Numero Zero - 2009
Tecnologie per i beni culturali
Tecnologie per i beni culturali
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<strong>Numero</strong> <strong>Zero</strong> novembre <strong>2009</strong><br />
ArcheomaticA<br />
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
MODELLI FOTOREALISTICI DELL’EDIFICATO<br />
QUALI TECNOLOGIE<br />
UN’ANOMALIA GEOFISICA PER LA SCOPERTA DEL TEMPIO DELLA ROCCIA DI EBLA<br />
L’EBE DI CANOVA: MODELLO DIGITALE E SVILUPPI APPLICATIVI<br />
SICUREZZA E CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI<br />
CONSERVAZIONE<br />
DEL PATRIMONIO:<br />
?
EDITORIALE<br />
ARCHEOMATICA NUMERO ZERO<br />
Col <strong>Numero</strong> <strong>Zero</strong> di <strong>Archeomatica</strong> diamo finalmente alla luce un progetto che ha avuto una<br />
lunga gestazione. Gli esperimenti iniziali sono serviti a farci comprendere se effettivamente<br />
la nostra sensazione di una carenza nel settore dell’informazione tecnico-divulgativo per<br />
le tecnologie applicate alla gestione, conservazione, restauro e mantenimento del patrimonio<br />
culturale, era reale e quindi colmabile. Da questa consapevolezza abbiamo derivato gli obiettivi<br />
principali della nostra iniziativa editoriale: la divulgazione ad ampio spettro, la promozione,<br />
l’incontro e l’interscambio di conoscenze per la tutela, la conservazione e la valorizzazione del<br />
patrimonio culturale con una particolare attenzione alla compatibilità tra un livello scientifico<br />
accessibile e una divulgazione allargata. Livello scientifico elevato anche per le tecnologie<br />
avanzate, vagliate però alla luce della loro effettiva usabilità con risultati che siano ripetibili,<br />
standardizzabili e trasmissibili alle future generazioni.<br />
Nella rubrica Documentazione, daremo visibilità alle tecniche di documentazione e acquisizione<br />
digitale di manufatti e monumenti, mentre in Rivelazioni, visiteremo le recenti scoperte in<br />
ambito archeologico, storico e conservativo, sottolineando ancora una volta l’uso di tecnologie<br />
che ci consentono di vedere al di là della semplice apparenza. In Restauro ospiteremo esperienze<br />
e risultanze di lavori realizzati sia con tecniche standard che sperimentali, mentre in Agorà,<br />
formeremo una sorta di bacheca che riporterà informazioni sui Beni Culturali tra tecnologie,<br />
mostre, eventi e progetti; sulla stessa linea EU and World Heritage, che offrirà invece un<br />
approfondimento sulle notizie in ambito europeo ed internazionale facendo riferimento alle<br />
principali organizzazioni del settore quali l’UNESCO o l’ICCROM. Nel settore della Sicurezza<br />
ospiteremo testimonianze applicative e sperimentali, mentre in Musei vi sarà spazio per le<br />
soluzioni museali stesse: dalla fruizione internet alle tecnologie di gestione, ambientali e di<br />
controllo come pure quelle dedicate alla visita dell’esposizione. In Arte e Scienza si darà spazio<br />
al connubio tra le due discipline, lontane e vicine, che, oltre ad essere il motore concettuale<br />
dell’intero progetto <strong>Archeomatica</strong>, è stato da sempre alla base della moderna accezione del<br />
restauro. Le soluzioni delle aziende avranno spazio nella rubrica Prodotti, mentre Recensioni avrà<br />
il chiaro scopo di promuovere le pubblicazioni che gli autori e le case editrici ci trasmetteranno.<br />
Apre la presente edizione Alberto Racheli con una considerazione relativa ad un mercato che<br />
offre continuamente innovazioni che lo specialista deve saper valutare attentamente. Luigi<br />
Colombo ci illustra le esperienze di costruzione di modelli foto-realistici dell’edificato. Marco<br />
Ramazzotti introduce una interessante scoperta effettuata ad Ebla in Siria, raccontando la storia<br />
di un’anomalia geofisica premonitrice. Simile, ma in campo completamente diverso, la rivelazione<br />
di strati pittorici tramite elaborazione di immagini acquisite con differenti radiazioni luminose,<br />
eseguita dal gruppo formato da ENEA e Università di Bologna. Claudia Pelosi e i suoi colleghi ci<br />
illustrano le problematiche relative all’uso di acquerelli per il restauro. Gli strumenti antichi del<br />
mosaico sono oggetto dell’articolo di Paolo Racagni e Paola Perpignani, mentre un’apparecchiatura<br />
dedicata alla Fluorescenza X ci viene proposta da Vittorio Bresciani. Il CAIlab espone un progetto<br />
di rilievo 3D mediante diverse tecnologie a scansione laser, per una scultura di Antonio Canova,<br />
l’Ebe, conservata a Forlì. Sandro Massa tratta le problematiche relative al binomio sicurezza e<br />
conservazione. Massimo Misiti di Civita affronta l’evoluzione internet nell’ultimo decennio che ha<br />
favorito enormemente la possibilità di distribuire informazioni ad alto livello di digitalizzazione,<br />
come le opere d’arte o i libri richiedono. Francesca Salvemini, infine, ripercorre elementi<br />
iconografici che hanno avuto le scienze della Terra a soggetto primario, con un particolare<br />
repertorio di artisti che si intersecano tra loro nei Musei della Scienza.<br />
Una lettura, quindi, coinvolgente ed ampia sui risultati delle tecnologie che oggi hanno<br />
radicalmente cambiato il rapporto che l’uomo aveva nei confronti del “monumento”.<br />
RENZO CARLUCCI<br />
direttore editoriale<br />
direttore@archeomatica.it
IN QUESTO NUMERO<br />
<br />
<br />
Tecnologie per i beni culturali<br />
ArcheomaticA<br />
OPINIONI<br />
6 <strong>Archeomatica</strong>: un ponte tra metodo e valutazione dei<br />
risultati DI ALBERTO M. RACHELI<br />
DOCUMENTAZIONE<br />
8 Costruzione di modelli foto-realistici<br />
dell’edificato DI LUIGI COLOMBO<br />
MODELLI FOTOREALISTICI DELL’EDIFICATO<br />
QUALI TECNOLOGIE<br />
UN’ANOMALIA GEOFISICA PER LA SCOPERTA DEL TEMPIO DELLA ROCCIA DI EBLA<br />
L’EBE DI CANOVA: MODELLO DIGITALE E SVILUPPI APPLICATIVI<br />
SICUREZZA E CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI<br />
CONSERVAZIONE<br />
DEL PATRIMONIO:<br />
In copertina: foto notturna del Palazzo<br />
Meridionale di Ebla (2000 - 1600 a.C. ca.)<br />
dall’Archivio Fotografico MAIS<br />
(Missione Archeologica Italiana in Siria)<br />
dell’Università La Sapienza di Roma.<br />
?<br />
RIVELAZIONI<br />
12 Dall’automazione del record<br />
geomagnetico alla scoperta del «Tempio<br />
della Roccia» (2400–2350 a.C. circa)<br />
DI MARCO RAMAZZOTTI<br />
16 Analisi multispettrali su un dipinto di<br />
Pietro Lianori DI DONATELLA BIAGI MAINO, EMANUELA GRIMALDI,<br />
GIUSEPPE MAINO<br />
RESTAURO<br />
24 Problematiche conservative degli<br />
acquerelli nel restauro DI CLAUDIA PELOSI, MAURIZIO<br />
MARABELLI, CLAUDIO FALCUCCI, FLAVIO GIURLANDA, FLORIANA ORTENZI,<br />
FRANCESCA PATRIZI<br />
ArcheomaticA<br />
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
N° 0 novembre <strong>2009</strong><br />
DIRETTORE<br />
RENZO CARLUCCI<br />
DIRETTORE@ARCHEOMATICA.IT<br />
COMITATO SCIENTIFICO<br />
DANIELE MANACORDA<br />
SANDRO MASSA<br />
FRANCESCO PROSPERETTI<br />
ALBERTO M. RACHELI<br />
FRANCESCA SALVEMINI<br />
DIRETTORE RESPONSABILE<br />
MICHELE FASOLO<br />
MICHELE.FASOLO@ARCHEOMATICA.IT<br />
REDAZIONE<br />
FULVIO BERNARDINI<br />
REDAZIONE@ARCHEOMATICA.IT<br />
GIOVANNA CASTELLI<br />
GIOVANNA.CASTELLI@ARCHEOMATICA.IT<br />
ELENA LATINI<br />
ELENA.LATINI@ARCHEOMATICA.IT<br />
MARIA MILVIA MARCIANO<br />
MARIA.MARCIANO@ARCHEOMATICA.IT<br />
AMALIA RUSSO<br />
AMALIA.RUSSO@ARCHEOMATICA.IT<br />
DOMENICO SANTARSIERO<br />
DOMENICO.SANTARSIERO@ARCHEOMATICA.IT<br />
AMMINISTRAZIONE<br />
VIA CRISTOFORO COLOMBO, 436<br />
00145 ROMA<br />
TEL. 06.62.27.96.12<br />
FAX. 06.62.20.95.10<br />
WWW.ARCHEOMATICA.IT<br />
MARKETING E DISTRIBUZIONE<br />
ALFONSO QUAGLIONE<br />
A.QUAGLIONE@ARCHEOMATICA.IT<br />
PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE<br />
DANIELE CARLUCCI<br />
DANIELE@ARCHEOMATICA.IT<br />
STAMPA<br />
FUTURA GRAFICA 70<br />
VIA ANICIO PAOLINO, 21 00178 ROMA
28 Martellina e tagliolo: strumenti di un’arte<br />
antica DI PAOLO RACAGNI, PAOLA PERPIGNANI<br />
32 L’Ebe di Canova: modello digitale e<br />
sviluppi applicativi - Prima parte<br />
DI FRANCESCA DE CRESCENZIO, MASSIMILIANO FANTINI, FRANCO PERSIANI,<br />
VALENTINA VIRGILLI, NICOLA SANTOPUOLI, LEONARDO SECCIA<br />
SCHEDE TECNICHE<br />
38 ZScan: scansione tridimensionale digitale<br />
DI MARCO GHEZZI, DOMENICO SANTARSIERO<br />
42 Sistema di analisi di fluorescenza X portatile<br />
DI VITTORIO BRESCIANI<br />
SICUREZZA<br />
44 La sicurezza e la conservazione dei Beni<br />
Culturali: riflessioni epistemologiche DI SANDRO MASSA<br />
RUBRICHE<br />
21 AGORÀ<br />
Notizie dal mercato<br />
55 EU AND WORLD<br />
HERITAGE<br />
Notizie da UNESCO<br />
e ICCROM<br />
56 PRODOTTI<br />
Soluzioni allo stato<br />
dell’arte<br />
59 RECENSIONI<br />
La Torre Ghirlandina<br />
60 EVENTI<br />
MUSEI<br />
48 La fruibilità in rete del patrimonio culturale:<br />
un’analisi per il futuro DI MASSIMO MISITI<br />
ARTE E SCIENZA<br />
52 I musei della scienza DI FRANCESCA SALVEMINI<br />
CONDIZIONI DI ABBONAMENTO<br />
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EDITORE<br />
A&C2000 S.R.L.<br />
In corso di registrazione al Tribunale di Roma.<br />
ISSN 2037-2485<br />
Gli articoli firmati impegnano solo la<br />
responsabilità dell’autore. È vietata la<br />
riproduzione anche parziale del contenuto di<br />
questo numero della Rivista in qualsiasi forma<br />
e con qualsiasi procedimento elettronico o<br />
meccanico, ivi inclusi i sistemi di archiviazione<br />
e prelievo dati, senza il consenso scritto<br />
dell’editore.<br />
HANNO COLLABOTATO A QUESTO NUMERO:<br />
Luigi Colombo, Francesca De Crescenzio,<br />
Claudio Falcucci, Massimiliano Fantini, Marco<br />
Ghezzi, Flavio Giurlanda, Emanuela Grimaldi,<br />
Donatella Biagi Maino, Giuseppe Maino, Maurizio<br />
Marabelli, Sandro Massa, Massimo Misiti,<br />
Floriana Ortenzi, Francesca Patrizi, Claudia<br />
Pelosi, Paola Perpignani, Franco Persiani, Paolo<br />
Racagni, Alberto M. Racheli, Marco Ramazzotti,<br />
Francesca Salvemini, Domenico Santarsiero,<br />
Nicola Santopuoli, Leonardo Seccia, Serena<br />
Setaccioli, Valentina Virgilli
OPINIONI<br />
di Alberto M. Racheli<br />
ARCHEOMATICA:<br />
UN PONTE TRA METODO E<br />
VALUTAZIONE DEI RISULTATI<br />
I<br />
metodi per giungere ad una oculata e corretta definizione diagnostica degli interventi di restauro e di manutenzione<br />
da effettuare sul patrimonio edilizio delle nostre città sono numerosissimi, e con il passare del<br />
tempo ci appaiono sempre più variegati, sofisticati e complessi; tali metodi si pongono spesso all’avanguardia<br />
rispetto alle odierne soluzioni tecnologiche per monitorare gli edifici; in questo contesto, poi, il mercato ci offre<br />
con solerzia ulteriori innovazioni che lo specialista deve saper valutare attentamente.<br />
I metodi a cui facciamo riferimento però, oltre che con attenzione, vanno anche esaminati con il dovuto distacco.<br />
Proviamo a ricordare quel che accadde negli anni 1965-1970 nelle facoltà di architettura italiane.<br />
L’uso del computer nella progettazione venne considerato la panacea per risolvere ogni tipo di problema; sorsero<br />
riviste dall’accattivante titolo “Architettura e Computer” (tutte di breve vita, bisogna dire) e, ad abundantiam,<br />
corsi universitari titolati esplicitamente “Progettazione assistita dal computer”.<br />
A parere di chi scrive, al giorno d’oggi non è così semplice comprendere se nelle varie facoltà di architettura<br />
tali iniziative abbiano costituito un reale vantaggio per il progettista, oppure se si sia in verità trattato di un<br />
progressivo allontanamento del pensiero del compositore dalla sfera dell’attività manuale, la quale inequivocabilmente<br />
rappresenta un dato necessario alla formazione dell’architetto.<br />
Sta di fatto che oggi, sia sul piano della progettazione che della diagnostica, vengono utilizzate esclusivamente<br />
le macchine, che invece dovrebbero rappresentare – ricordiamolo sempre – il mezzo per raggiungere un determinato<br />
fine. Esse elaborano dati che si debbono in seguito valutare con intelligenza, grazie soprattutto all’esperienza<br />
maturata su casistiche simili al problema che si va esaminando; solo questa è la corretta via da seguire.<br />
Considerate tali premesse, ben vengano dunque nuove iniziative come “<strong>Archeomatica</strong>”, una rivista che nasce<br />
proprio per fornire un apporto scientifico basandosi su casi di studio effettivi.<br />
L’importante è, lo abbiamo detto e lo ribadiamo ancora, non mitizzare il metodo, rammentando così quanto notava<br />
Lyotard a proposito dell’attività di ricerca: «Rinforzando queste ultime [le tecniche di ricerca] si “rinforza”<br />
la realtà, dunque le probabilità di essere giusti e di aver ragione», (J. F. Lyotard, La condizione postmoderna,<br />
Milano, 1981, p. 86, ed.or. 1979). Ed è proprio valutando con coscienza la correttezza dei metodi riguardanti le<br />
tecnologie a servizio del nostro patrimonio culturale, che si otterranno i migliori risultati nel campo applicativosperimentale<br />
nei diversi settori della museografia, dell’archivistica, del rilievo, della propedeutica del restauro<br />
nel senso più lato del termine.<br />
L’utilità di un siffatto approccio è ancor più evidente se si tiene in considerazione il contesto applicativo col<br />
quale ho iniziato questa mia nota: il restauro del patrimonio costruito.<br />
Questo argomento si presenta irto di problemi e radicato in posizioni culturali contrastanti (e talvolta ancora<br />
fin troppo accalorate se non belligeranti). Sino a che punto è lecito l’uso di materiali derivati dai processi della<br />
chimica nel restauro? È meglio al posto di quest’ultimi usare i materiali tradizionali che hanno tenuto in piedi<br />
i monumenti per millenni? Si ritiene che questa rivista non costituisca la sede appropriata per affrontare tali<br />
discussioni metodologiche (le quali, benchè risalgano a un dibattito degli anni ’80 del Novecento, sono ancora<br />
attuali: nel senso che ognuno prosegue agendo in base alle proprie convinzioni culturali – e auguriamoci si tratti<br />
solo di ciò e non di interessi occulti legati al mercato). Compito di <strong>Archeomatica</strong> è piuttosto quello di mostrare<br />
con il dovuto distacco le realizzazioni facenti capo all’una ed all’altra posizione in modo che il lettore possa<br />
trarre conclusioni appropriate e formarsi un’idea del problema sufficientemente ampia, cioè verificando i risultati<br />
ottenuti tramite i diversi metodi messi in opera.<br />
Ciò, naturalmente, sempre nell’ottica imprescindibile che i materiali impiegati non comportino danni (anche<br />
non visibili oggi, ma nel futuro supponibili) al patrimonio dell’edilizia storica.<br />
racheli@archeomatica.it<br />
6 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 7
DOCUMENTAZIONE<br />
COSTRUZIONE<br />
DI MODELLI FOTO-REALISTICI DELL’EDIFICATO<br />
di Luigi Colombo<br />
La documentazione del patrimonio culturale si avvale ormai di tecniche tridimensionali<br />
in grado di memorizzare interi complessi sotto forma di modelli 3D dai quali è<br />
possibile ricavare successivamente proiezioni o rappresentazioni sia prospettiche che<br />
assonometriche, utili alla comprensione dell’oggetto che, in questo modo, si valorizza<br />
ulteriormente assumendo un aspetto più realistico, se le superfici sono modellate<br />
attraverso tecniche di rendering da immagini fotografiche.<br />
LA MODELLAZIONE SPAZIALE DELL’EDIFICATO<br />
La documentazione dell’edificato storico e civile,<br />
che rappresenta la risposta naturale alla<br />
crescente richiesta di conoscenza geometrica<br />
e tematica, è oggi sempre più affidata ad un<br />
processo di misura e modellazione spaziale<br />
foto-realistica, che può trovare finalizzazioni<br />
anche nell’inserimento dell’elaborato in<br />
sistemi di geo-visualizzazione, come Google<br />
Maps, Microsoft Live Maps, Yahoo Maps, Pagine<br />
Gialle Visual.<br />
L’esigenza di un’adeguata descrizione geometrica<br />
e tematica è sentita soprattutto in<br />
interventi di analisi diagnostica e monitoraggio<br />
che interessano la struttura e i materiali;<br />
questo potrebbe richiedere, in casi di<br />
particolare rilevanza, la realizzazione di un<br />
sistema informativo dell’edificio per la tutela<br />
dell’opera durante il suo ciclo di vita.<br />
Il modello geometrico, costruito attraverso<br />
ben note procedure senza contatto (passive,<br />
se basate sull’immagine, o attive, se legate,<br />
per esempio a tecniche), si può configurare<br />
come un modello di punti o un modello di mesh.<br />
Inoltre, la sua lettura risulta ancora più efficace qualora si<br />
esegua sopra ad esso la riproiezione dell’immagine fotografica<br />
secondo i concetti del rendering foto-realistico.<br />
La densità dei punti oggetto acquisiti e la precisione della<br />
ricostruzione sono parametri strettamente correlati: solo una<br />
griglia di passo ridotto può offrire una descrizione adeguata e<br />
una corretta ricostruzione della forma.<br />
Il passo di scansione è strettamente collegato alla distanza<br />
media e alla posizione relativa sensore-oggetto: per ottenere<br />
un modello di punti con densità pressoché costante (per<br />
Figura 1 a-b - La copertura fotografica ripresa direttamente dallo scanner<br />
(a) e quella manuale off-line (b).<br />
esempio, un punto ogni dm 2 ) occorrerà variare opportunamente<br />
lo step angolare di acquisizione in funzione di questi<br />
parametri.<br />
La costruzione di un modello geometrico di tipo foto-realistico<br />
comporta una naturale sinergia operativa fra elaborazione<br />
fotogrammetrica e scansione laser. La scansione registra l’oggetto<br />
attraverso sequenze strutturate di punti, con origine<br />
nota e riferimento comune; la fotogrammetria, poi, completa<br />
la descrizione fornendo il dettaglio materico e il degrado.<br />
8 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />
Figura 2 a-b - I punti di legame necessari per la riproiezione manuale di<br />
immagini.<br />
Il progetto delle posizioni di scansione deve garantire un’ampia<br />
visibilità dell’area interessata dall’intervento di rilievo;<br />
in questo senso, è preferibile usare scanner panoramici, con<br />
FoV (campo di osservazione) di 360°x320°, ottimizzare le<br />
zone di collegamento fra nuvole e limitare i fenomeni di<br />
occlusione e di ombreggiatura prodotti da oggetti, sottosquadri,<br />
condizioni di luce.<br />
Proprio il problema visibilità-occlusioni è la maggiore causa<br />
della perdita di informazioni: in edifici di forma complessa<br />
e di dimensioni significative, diviene spesso impossibile realizzare<br />
un modello di punti, anche utilizzando più scansioni<br />
da stazioni collocate attorno all’oggetto. Per limitare questi<br />
inconvenienti, è utile pre-registrare in situ le scansioni,<br />
visualizzarle interattivamente, preventivare subito nuove<br />
acquisizioni a completamento.<br />
La gestione informatica del modello di punti complessivo risulta<br />
sempre molto pesante: per ovviare a questo, è possibile<br />
utilizzare processi software di semplificazione LoD (Livello<br />
di Dettaglio) che operano su punti, mesh e texture, così<br />
da tenere in memoria solo quanto è necessario e visibile. In<br />
particolare, la procedura LoD continuo è una nota tecnica<br />
adottata in operazioni di foto-texturing per la riduzione del<br />
numero di mesh e della risoluzione delle texture, al fine di<br />
ottimizzare il rapporto fra qualità visiva e tempo di rendering;<br />
il livello di dettaglio viene calcolato dinamicamente<br />
sulla base della complessità delle superfici, della distanza<br />
di visualizzazione e dell’angolo di osservazione, utilizzando<br />
valori soglia pre-selezionati.<br />
OPERAZIONI DI TEXTURE MAPPING<br />
Il texture mapping di oggetti, richiede un’adeguata sequenza<br />
di immagini e consente di realizzare la superimposizione<br />
di dati tematici su modelli di punti o di superfici.<br />
Durante la fase di ripresa fotografica, si devono evitare situazioni<br />
di sovra e sotto-esposizione; inoltre, nel caso di<br />
edifici, finestre e vetrate possono causare riflessioni e ombre<br />
indesiderate sulle foto. Nel rilievo di interni, la soluzione<br />
potrebbe essere quella di operare di notte, con luce<br />
artificiale diffusa.<br />
La registrazione delle immagini può essere eseguita in contemporanea<br />
con la scansione (acquisizione on-line o diretta),<br />
se lo strumento è attrezzato con una fotocamera<br />
collegata al sensore laser: in questo caso sono noti a priori<br />
i parametri dell’orientamento interno ed esterno della<br />
camera.<br />
Questo tipo di approccio risulta vantaggioso proprio per la<br />
conoscenza dei parametri dell’orientamento ma presenta<br />
una serie di vincoli e inconvenienti, come il condizionamento<br />
della situazione ambientale, l’impossibilità di variare<br />
liberamente la distanza della ripresa per descrivere particolari<br />
significativi (se non ripetendo anche la scansione) e<br />
l’accadimento di situazioni per cui spesso singoli dettagli<br />
ricadono su più immagini, con la conseguente necessità di<br />
mosaicatura, elaborazione radiometrica e derivante degrado<br />
della qualità (figura 1 a-b).<br />
Nel caso sia invece preferibile memorizzare le immagini in<br />
tempi diversi (acquisizione off-line), si deve acquisire la copertura<br />
fotografica da posizioni molto vicine a quelle delle<br />
scansioni e con lo stesso orientamento, per non generare lo<br />
sdoppiamento di particolari e incongruenze prospettiche.<br />
E’ tuttavia possibile non rispettare il vincolo geometrico fra<br />
ripresa dell’immagine e scansione se il software di elaborazione<br />
consente di operare come segue: foto e scansioni sono<br />
registrate da posizioni scelte liberamente e indipendentemente<br />
e poi dagli stessi punti di acquisizione delle immagini<br />
vengono generate (via software) scansioni virtuali ad hoc.<br />
In generale, la disponibilità di texture di risoluzione e radiometria<br />
omogenee costituisce l’elemento fondamentale per<br />
un adeguato processo di rendering fotografico.<br />
RIPROIEZIONE DI IMMAGINI<br />
SUL MODELLO DI PUNTI O DI SUPERFICI<br />
La riproiezione di immagini sopra un modello di punti o di<br />
superfici richiede la conoscenza dei parametri dell’orientamento<br />
interno della foto-camera e la stima del suo orientamento<br />
esterno. Con sensori fotografici collocati nel dispositivo<br />
di scansione o strettamente collegati ad esso,<br />
l’orientamento esterno risulta già noto: in questo caso, si<br />
parla di riproiezione automatica durante la scansione.<br />
Usando invece la fotocamera su treppiede, in modo indipendente<br />
dal sensore di scansione, l’orientamento esterno<br />
è incognito e deve essere determinato (insieme con quello<br />
interno, se la camera non è calibrata) mediante punti di legame<br />
selezionati sul modello e sull’immagine (riproiezione<br />
manuale).<br />
Il procedimento automatico rappresenta uno step sempre<br />
delicato, perché le fotocamere interne registrano di solito<br />
immagini a bassa risoluzione, mentre quelle collegate offrono<br />
minore stabilità di posizione nel tempo e le immagini<br />
sono spesso acquisite in condizione di luce non ottimale.<br />
Al contrario, la riproiezione manuale comporta la selezione<br />
e il riconoscimento di un ampio set di punti di legame ben<br />
distribuiti sulla scena, soprattutto in opere complesse come<br />
quelle di tipo storico; in ogni caso, la soluzione migliore<br />
sembra essere quella di utilizzare entrambe le modalità di<br />
riproiezione.<br />
La figura 2 a-b mostra la fase di selezione manuale dei punti<br />
di legame (all’interno del software 3D Reconstructor) sopra<br />
alcune superfici della Chiesa delle Grazie a Bergamo.<br />
Figura 3 a-b - Interni della Chiesa delle Grazie a Bergamo Bassa: confronto<br />
fra proiezione dell’immagine sul modello di punti (a) e di superfici (b).
Figura 4 a-b -<br />
Foto-texturing<br />
diretto dei prospetti<br />
principali<br />
di Santa Maria<br />
Maggiore (esterni).<br />
In basso: figura 5<br />
- Foto-texturing<br />
manuale degli interni<br />
della Chiesa<br />
delle Grazie,<br />
sopra un modello<br />
di punti molto<br />
denso (vista zenitale).<br />
PROBLEMI DI TEXTURING E RIMEDI<br />
Immagini di risoluzione più elevata della densità delle nuvole<br />
di punti (cosa abbastanza frequente), in modelli per<br />
cui è richiesta una scala di visualizzazione elevata, possono<br />
preservare la loro qualità solo se si proiettano i pixel sopra<br />
un modello di mesh.<br />
La figura 3 a-b mostra risultati a confronto per la riproiezione<br />
su modelli di punti e di superfici, con riferimento<br />
all’intradosso della cupola della Chiesa delle Grazie; si può<br />
notare la diversa efficacia della tematizzazione: quando<br />
l’immagine è proiettata sulle nuvole di punti, è la densità di<br />
queste ultime che condiziona la qualità dell’operazione di<br />
rendering fotografico, mentre quando l’immagine è spalmata<br />
sopra una mesh si conserva pienamente la sua risoluzione<br />
fotografica.<br />
Molti aspetti tecnici dell’operazione sono ancora da risolvere:<br />
le discontinuità radiometriche fra superfici contigue,<br />
per esempio, la perdita di informazioni a causa di occlusioni,<br />
l’eventuale distorsione geometrica prodotta sui contorni<br />
delle entità da fenomeni imputabili a una non corretta calibrazione<br />
o all’orientamento della fotocamera.<br />
Rimedi utili per attenuare questi inconvenienti possono essere<br />
un efficace bilanciamento dei colori, che ottimizza i<br />
livelli cromatici RGB, e il blending, cioè il ricorso a processi<br />
interpolativi (smoothing) sulle differenze radiometriche<br />
fra immagini riproiettate, sulla base della relazione spaziale<br />
immagine - oggetto (distanza e angolo<br />
di osservazione, costante della<br />
camera, risoluzione delle immagini).<br />
Bilanciamento e blending<br />
sono effettuati dapprima<br />
su ciascuna nuvola e poi,<br />
dopo averle collegate fra<br />
loro, sull’intero modello<br />
ricostruito.<br />
ESPERIENZE SVILUPPATE<br />
Gli edifici storici da conservare sono numerosi nel nostro<br />
Paese e rappresentano un impegno rilevante per la<br />
comunità scientifica e per le istituzioni preposte alla gestione<br />
dei Beni Culturali; in particolare gli edifici antichi<br />
in muratura costituiscono opere sensibili da salvaguardare<br />
con opportune azioni di tutela e recupero.<br />
A Bergamo, insediamento di vecchie origini, la basilica di<br />
Santa Maria Maggiore nella storica Città Alta, posta sul colle<br />
e circondata dalle mura venete, rappresenta un monumento<br />
di grande significato per la comunità.<br />
Da qualche anno, questo antico edificio trecentesco, realizzato<br />
in arenaria, è interessato da operazioni di misura<br />
e documentazione da parte del laboratorio di Tecnologie<br />
geomatiche dell’Università (GeoLab): in particolare, rilievi<br />
per la definizione di sezioni orizzontali e verticali e per la<br />
costruzione di un modello spaziale (interni ed esterni), con<br />
tecnica a scansione, nonché ortofoto delle zone affrescate.<br />
In particolare per il rilievo degli esterni è stato scelto uno<br />
scanner terrestre Riegl di grande portata e con una fotocamera<br />
collegata, in grado di produrre modelli spaziali di<br />
punti con foto-texturing diretto (dettagli dei risultati finali<br />
in figura 4 a-b).<br />
Un edificio religioso ottocentesco, la Chiesa delle Grazie,<br />
posta nella Città Bassa, è anch’essa oggetto di rilievi per<br />
la documentazione degli interni, con pareti in pietra e rivestimenti<br />
in marmo, degradati da fenomeni<br />
gravi di umidità e di risalita<br />
capillare.<br />
Si opera sempre con misure topografiche<br />
e scansione laser; l’acquisizione<br />
delle immagini digitali per<br />
la documentazione del degrado<br />
materico è stata<br />
eseguita durante<br />
la scansione, procedendo<br />
di notte<br />
per la ridotta<br />
praticabilità diurna<br />
dell’edificio, e<br />
poi integrata con<br />
un’apposita campagna<br />
fotografica.<br />
Il software scelto come<br />
supporto per il trattamento delle<br />
nuvole di punti e il foto-texturing è<br />
3D Reconstructor, un package sviluppato<br />
all’EU-JRC e dedicato alla<br />
scansione e all’imaging terrestre.<br />
10 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />
Pagina a fianco:<br />
Figura 6 - Una vista<br />
di dettaglio del modello<br />
denso di punti,<br />
con l’immagine riproiettata.<br />
Le esperienze sviluppate a Bergamo in questi anni hanno<br />
evidenziato che il foto-texturing automatico presenta significativi<br />
vantaggi, in situazioni normali di lavoro; in cattive<br />
condizioni di luce il processo manuale è invece più versatile<br />
ed efficace, pur se la fase di riproiezione è difficoltosa, in<br />
quanto si devono selezionare manualmente molti punti di<br />
legame.<br />
Le figure riportate in precedenza e quelle di seguito illustrano<br />
aspetti di queste problematiche: la figura 3 a-b,<br />
come già indicato, mette a confronto il problema della riproiezione<br />
delle immagini sul modello, facendo riferimento<br />
ad un modello di punti (a) di ridotta densità (mappatura<br />
con effetti modesti) e al corrispondente modello di superfici<br />
(b), che offre risultati migliori.<br />
La figura 5 presenta invece una vista nadirale di un modello<br />
denso di punti, relativo agli interni della Chiesa delle Grazie:<br />
il foto-texturing è stato eseguito per via manuale; la<br />
figura 6 mostra un dettaglio di questo complesso modello<br />
texturizzato.<br />
RINGRAZIAMENTI<br />
Al team del GeoLab presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università<br />
di Bergamo.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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(2007) - Laser scanning and automatic multi-image texturing<br />
of surface projections - XXI CIPA International Symposium, Athens,<br />
1-6 October, pp. 579-584.<br />
ABSTRACT<br />
The construction of photo-realistic building models - A relevant<br />
aspect in building modelling is the generation of photo-textured<br />
3D models; these representations are nowadays more and more<br />
requested in engineering applications, but the achievement of<br />
good results, through laser scanning and imaging geo-technologies,<br />
still requires great efforts and heavy processing time.<br />
The photo-texturing topics are highlighted in this work with the<br />
support of some test cases, regarding ancient historic buildings,<br />
carried out by GeoLab at the University of Bergamo (Italy), through<br />
the support of well-known package EU JRC 3D-Reconstructor.<br />
AUTORE<br />
LUIGI COLOMBO<br />
LUIGI.COLOMBO@UNIBG.IT<br />
UNIVERSITÀ DI BERGAMO<br />
DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E TECNOLOGIE
RIVELAZIONI<br />
DALL’AUTOMAZIONE DEL RECORD<br />
GEOMAGNETICO ALLA SCOPERTA DEL<br />
TEMPIO DELLA ROCCIA<br />
(2400–2350 A.C. CIRCA)<br />
di Marco Ramazzotti<br />
Questo contributo introduce una importante scoperta archeologica<br />
raccontando la storia di un’anomalia geofisica. Non si tratta, tuttavia,<br />
di un racconto fantastico – che certo ancora potrebbe deliziare l’ironia<br />
ingenua di ogni tradizionale scetticismo – ma della vera storia che ha<br />
condotto infine alla scoperta.<br />
Figura 1 - La carta geofisica di Ebla<br />
Una strana anomalia geomagnetica, di colore bianco e<br />
di forma regolare, è stata distinta perfettamente, tra<br />
le molte altre riconosciute, sulla superficie del settore<br />
Sud-orientale di Tell Mardikh (figura 1) – sito oggetto di<br />
ricerche da parte una missione archeologica della Sapienza<br />
Università di Roma diretta dal Prof. Paolo Matthiae sin dal<br />
1964 – che fu definitivamente identificata con Ebla, un’antica<br />
capitale della Siria settentrionale, nel 1975, anno della sensazionale<br />
scoperta dei suoi Archivi Reali datati alla seconda<br />
metà del III millennio a.C. 2<br />
Vale la pena percorrere qualche passo indietro, e seguire<br />
la genesi di questa scoperta, ancor prima di introdurne gli<br />
aspetti “archeomatici”.<br />
La storia della geofisica applicata alla ricerca archeologica<br />
territoriale non può essere distinta dalla storia del rapporto<br />
intimo che da sempre connette la geologia alla stratigrafia;<br />
l’anomalia riscontrata ad Ebla doveva necessariamente avere,<br />
anche per ragioni storiografiche, una lunga parentela, poiché<br />
rifletteva una sorta di diaframma materiale, interposto<br />
tra antichi sedimenti (figura 2) 3 .<br />
Questo diaframma, inoltre, sarebbe stato necessariamente<br />
una massa fisica ma, come deposito antropico, avrebbe certamente<br />
accolto – dopo il riconoscimento e il posizionamento<br />
– i processi analitici dello scavo stratigrafico e dell’interpretazione<br />
stratigrafica.<br />
12 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />
Figura 4 - Il Tempio della Roccia del BAIVA<br />
(2400-2350 a.C. circa).<br />
D’altronde, ancor prima che i rapporti sistemici tra geologia,<br />
geofisica, geografia e archeologia divenissero tra i soggetti<br />
prediletti dell’archeologia analitica, della paleoeconomia,<br />
dell’archeologia spaziale e computazionale 4 , i grandi<br />
edifici sepolti nel passato erano – in massima parte – considerati<br />
come masse da liberare con pionieristici, quanto<br />
distruttivi, sbancamenti. Solo molto più tardi divennero rovine<br />
da individuare e indagare con metodi meno invasivi 5 .<br />
In ogni caso, la nostra anomalia geomagnetica, non sarebbe<br />
stata mai indagata come un deposito archeologico se non<br />
fosse stata prima ipotizzata una sua ragione archeologica e<br />
non la si fosse poi collocata nello spazio reale. Così, una volta<br />
riconosciuta e verificata con un test radar la sua magnitudine<br />
(ovvero la misura del suo gradiente geomagnetico), si decise<br />
di immetterne la pianta bidimensionale nella nuova carta<br />
topografica vettoriale del sito, approntata contestualmente<br />
per gestire ogni dato alfanumerico (figura 3) 6 .<br />
Questa pianta topografica, che avrebbe anche costituito la<br />
piattaforma del primo livello (layer) di un Sistema Informativo<br />
Geografico, fu dunque utilizzata dall’inizio perché il profilo<br />
geomagnetico di tutte le aree indagate potesse essere<br />
ricollocato con esattezza; e fu solo da quel momento che<br />
si ottenne una mappa unitaria, gestibile, classificabile e automatizzata.<br />
Eppure, nonostante l’impegno tecnico, il paesaggio<br />
ottenuto accorpando tutte le informazioni, risultava<br />
simile a quello lunare: un insieme fortemente eterogeneo e<br />
incoerente di dati, che indicavano solo un’alternarsi di fosse<br />
e riempimenti, ma non disegnavano alcuna forma regolare.<br />
Le nostre anomalie erano dunque segni evidenti di contesti<br />
perturbati e pluristratificati che – in apparenza – avrebbero<br />
concesso ben poco respiro alla nostra ambizione di riconoscere<br />
le piante di edifici 7 . Tuttavia, integrati i valori dell’ultima<br />
ricognizione, ci si accorse che una grande macchia, grossomodo<br />
rettangolare, giaceva, isolata, nel settore sud-orientale<br />
della città bassa, dinanzi alla cosiddetta Fortezza M, e<br />
sarebbe stata proprio la sua strana forma regolare ad orientare<br />
il primo sondaggio di verifica. Come si sarebbe compreso<br />
solo dopo lo scavo, questo rettangolo di circa 18x8m, era la<br />
parte superiore di una spessa massicciata calcarea immersa<br />
nelle strutture architettoniche meridionali di un imponente<br />
edificio, che oggi è definito il “Tempio della Roccia” perché<br />
venne edificato sulla roccia vergine, e che costituisce l’esemplare<br />
più rilevante di architettura templare nord-siriana nella<br />
seconda metà del III millennio a.C. (Figura 4) 8 .<br />
L’anomalia, un basamento di tritume calcareo che aveva tagliato<br />
l’alzato del muro perimetrale meridionale del Tempio<br />
HH1 e riempito in massima parte il settore sud-orientale della<br />
sua cella, era dunque stata riconosciuta e verificata prima<br />
dello scavo come “resistenza” di una fondazione in pietra,<br />
e si sarebbe rivelata poi come il “riempimento” destinato a<br />
sostenere le fondazioni dei successivi edifici sacri. In assenza<br />
del suo riconoscimento<br />
geofisico, della sua collocazione<br />
geografica<br />
e del successivo intervento<br />
archeologico non<br />
avremmo oggi quell’incredibile<br />
frammento<br />
della storia antica di<br />
Ebla, che è tra le più<br />
rilevanti scoperte archeologiche<br />
italiane<br />
dell’ultimo ventennio 9 .<br />
Figura 3 (sopra) - Pianta<br />
schematica del Tempio della<br />
Roccia (HH1) e dell’ultimo<br />
Tempio del II Millennio a.C.<br />
(HH2). In basso: assonometria<br />
del Tempio della Roccia<br />
e dell’anomalia geomagnetica.<br />
Figura 2 (sotto) - L’anomalia<br />
rettangolare riconosciuta<br />
sulle carte del survey geofisico<br />
realizzato nel quadrante<br />
SE della Città Bassa<br />
di Ebla.
BIBLIOGRAFIA<br />
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l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres» I: 447-493. 2007 Nouvelles<br />
fouilles à Ébla en 2006: Le Temple du Rocher et ses successeurs protosyriens<br />
et paléosyriens, in «Comptes Rendus de l’Académie des Inscriptions<br />
et Belles-Lettres» I: 481-525. 2008b Gli archivi reali di Ebla. La scoperta, i<br />
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Meyer, J-W. 2007 Veränderungen der Grabungsstrategie in Tell Chuera<br />
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Ramazzotti, M. 2008 An Integrated Analysis for the Urban Settlement Reconstruction.<br />
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Tell Mardikh, Ancient Ebla, in Kühne, H., Czichon, R. M., Kreppner, F. J.<br />
(eds), Proceedings of the 4th International Congress of the Archaeology of<br />
the Ancient Near East (29 March – 3 April 2004), Freie Universität Berlin.<br />
Volume 1: The Reconstruction of Environment: Natural Resources and Human<br />
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pp. 191-205.<br />
Ramazzotti, M., Di Ludovico, A., Nadali, D., Polcaro, A. In st. From Monument<br />
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Thuesen, I. (Ed.), «Proceedings of the Second International Congress on the<br />
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C. L. 2006 Geoarchaeology: the Earth-science Approach to Archaeological<br />
Interpretation, Yale.<br />
Smekalova, T. N., Voss, O., Smekalov, S. L. 2008 Magnetic Surveying in<br />
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Weymouth, J. W. 1986 Geophysical Methods of Archaeological Site Surveying,<br />
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Matthiae, P. 2008a, The Temple of the Rock of Early Bronze IVA-B at Ebla:<br />
Structure, Chronology, Continuity, in J. M. CÓRDOBA et alii (eds), Proceedings<br />
of the 5th International Congress on the Archaeology of the Ancient<br />
Near East. Madrid, April 3-8 2006, II, Madrid 2008, pp. 547-570.<br />
Pettinato, G. - matthiae, P. 1976, Aspetti amministrativi e topografici di<br />
Ebla nel III millennio a.C., Rivista di Studi Orientali 50: 1-30.<br />
NOTE<br />
1. Ramazzotti 2008: 191-205.<br />
2. Da ultimo vedi Matthiae 2008b: 63-91.<br />
3. Per l’interpretazione archeologica di anomalie geomagnetiche vedi:<br />
Becker 1978: 48-62; Frese – Noble 1984: 38-54; Weymouth 1986:<br />
311-395; Jones – Maki 2005: 191-197.<br />
4. Clarke 1968; Higgs 1975; Hodder – Orton 1976; Blankholme 1991;<br />
Barceló 2008.<br />
5. Clarke 1996; Rapp – Hill 2006; Smekalova – Voss – Smekalov 2008;<br />
Campana – Pirro <strong>2009</strong>.<br />
6. Sull’ipotesi archeologica (ispirata dall’analisi di relazioni storiche,<br />
epigrafiche e topografiche) della collocazione di un edificio sacro nel<br />
quadrante sud-orientale della città bassa di Ebla vedi: Ramazzotti<br />
et al. in st. Riguardo la prima interpretazione potenziale dell’urbanistica<br />
di Ebla Protosiriana, su cui è stata fondata anche l’ipotesi<br />
del contributo sopra citato vedi, in particolare, Pettinato - Matthiae<br />
1976: 1-30. Per quanto riguarda, infine, l’applicazione nella ricerca<br />
archeologica contemporanea della tecnologia GPR si vedano: Goodman<br />
– Nishimura – Rogers 1995: 85-89; Conyers 2004.Sulle differenze<br />
qualitative riferite ai risultati che sono stati ottenuti con tecniche<br />
analoghe in siti monofasi (come Tell Rawda), pluristratificati (quali<br />
Tell Chuera) o morfologicamente diversi (come Tell Sheikh Hamad)<br />
vedi: Gondet – Castel 2005: 93-109; Meyer 2007: 223-236.<br />
7. La ricognizione geofisica di Ebla è stata realizzata in collaborazione<br />
con la Eastern Atlas - Geophysical Prospection di Berlino (dr. B. Ullrich<br />
e il dr. C. Mayer) nel periodo compreso tra il 2001 e il 2006. La<br />
mappa geomagnetica del sito copre ora una superficie complessiva<br />
di 22.5 ha ed è stata ottenuta con un gradiometro Fluxgate (o Caesium).<br />
I dati sono ora mappati sulla topografia vettoriale del Tell<br />
e del suo immediato circondario realizzata dall’Arco Studio e dalla<br />
Franceschetti SAS di Reggio Emilia (Arc. Dr. R. Franceschetti, Dr.<br />
C. Schiatti) con una stazione topografica Geodimeter (Classe 600<br />
robotizzata).<br />
8. Sulle caratteristiche stratigrafiche, architettoniche e storico-culturali<br />
dell’Area HH, il settore topografico nel quale è ora collocato il<br />
«Tempio della Roccia» vedi: Matthiae 2006: 447-493; Matthiae 2007:<br />
481-525. Matthiae 2008a: 547-570.<br />
ABSTRACT<br />
From the automation of the geomagnetical record to the discover<br />
of the rock temple of Ebla - This paper introduces an important<br />
archeological discover born from a geophysical anomaly.<br />
The selected areas chosen to be verified using Ground Penetrating<br />
Radar showed strong magnetic anomalies that indicated some important<br />
characteristics of the structures detected as in the eastern<br />
part of the southern geomagnetic survey (of Tell Mardikh – Ebla),<br />
where a presumed huge building is characterized by an high electromagnetic<br />
reflexivity and the absence of positive geomagnetic<br />
anomalies could indicate an hybrid structure, composed by mudbrick<br />
and limestone.<br />
AUTORE<br />
MARCO RAMAZZOTTI<br />
MARCO.RAMAZZOTTI@UNIROMA1.IT<br />
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA<br />
14 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
RIVELAZIONI<br />
ANALISI MULTISPETTRALI<br />
SU UN DIPINTO DI PIETRO LIANORI<br />
di Donatella Biagi Maino, Emanuela<br />
Grimaldi, Giuseppe Maino<br />
L’elaborazione delle immagini, mirata all’interpretazione e alla classificazione del<br />
contenuto delle stesse, costituisce una questione di fondamentale importanza per la<br />
conservazione dei Beni Culturali, ambito nel quale la richiesta dell’acquisizione, del<br />
trattamento e della trasmissione dei dati in forma digitale rientra nelle procedure,<br />
sempre più tecnologicamente avanzate, programmate per il monitoraggio dello stato<br />
conservativo dei manufatti artistici.<br />
Un esempio significativo di analisi su immagini è la<br />
campagna di indagini diagnostiche non distruttive<br />
effettuate sui dipinti del XV secolo conservati nel<br />
Museo Provinciale dei Frati Minori Cappuccini di Bologna.<br />
Mediante un’apparecchiatura portatile, costituita da una<br />
telecamera CCD con risoluzione 558x370 pixel e da un sistema<br />
di imaging multispettro modulabile con zoom-macro,<br />
si sono eseguite riprese in riflessione di luce visibile,<br />
riflettografia infrarossa e fluorescenza ultravioletta che<br />
hanno consentito, grazie ad una buona risoluzione spaziale<br />
e ad una riproducibilità delle immagini con poche distorsioni<br />
geometriche, un esame approfondito dello stato conservativo<br />
e della tecnica esecutiva delle pitture realizzate<br />
su supporto ligneo.<br />
Da sinistra a destra:<br />
Figura 1 - Pietro Lianori, Madonna col Bambino, XV sec., 171x124 cm,<br />
ripresa in luce visibile.<br />
Figura 2 - Pietro Lianori, Madonna col Bambino, XV sec., 171x124 cm,<br />
riflessione infrarossa.<br />
Figura 3 - Pietro Lianori, Madonna col Bambino, XV sec., 171x124 cm,<br />
fluorescenza ultravioletta.<br />
16 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />
LE RIPRESE<br />
Le riprese in riflessione infrarossa e fluorescenza ultravioletta<br />
effettuate sul Crocefisso di Marco Zoppo 1 – prima opera<br />
da lui eseguita in Bologna, nonché pregevole esempio<br />
del rinnovamento della pittura italiana quattrocentesca determinato<br />
dalla diffusione dei fondamenti dell’arte di Piero<br />
della Francesca – hanno evidenziato un disegno di straordinaria<br />
incisività espressiva e una materia pittorica a stesure<br />
liquide, in alcune zone impoverite da precedenti interventi<br />
di restauro. In generale, la pittura non ha subito importanti<br />
rimaneggiamenti, soltanto piccole ridipinture che hanno<br />
modificato l’andamento del manto della Vergine, in corrispondenza<br />
del gomito sinistro.<br />
Considerando le dimensioni del Crocefisso (190x152 cm),<br />
per ottenere un insieme coerente di dati, l’acquisizione digitale<br />
è avvenuta mediante riprese parziali: la superficie è<br />
stata idealmente suddivisa in una griglia rettangolare composta<br />
da 16 colonne e 25 righe, per un totale di 310 aree di<br />
ripresa, corrispondenti a 310 immagini digitali (risoluzione<br />
di 149 dpi ciascuna). Successivamente le immagini digitali<br />
sono state elaborate con un opportuno software per ridurre<br />
il rumore strumentale, generato dalla successione dei diversi<br />
frame acquisiti; quindi si è attuato il ridimensionamento<br />
delle immagini che hanno evidenziato una distorsione orizzontale<br />
o verticale. Lo stesso procedimento è stato adottato<br />
per l’analisi di un’altra tavola quattrocentesca della preziosa<br />
raccolta del museo cappuccino, la Madonna in trono col<br />
Bambino, di Pietro Lianori (documentato a Bologna dal 1428<br />
al 1460) sulla quale venne effettuato un primo restauro nel<br />
1973, ad opera di Otello Caprara. Tale intervento ha riguardato<br />
la struttura lignea del dipinto, che è stata disinfestata<br />
e provveduta di una nuova parchettatura in sostituzione<br />
della precedente di epoca ottocentesca.<br />
L’anno seguente, nel 1974, lo studio Tranchina realizzava il<br />
restauro della superficie pittorica. Dopo aver effettuato alcuni<br />
saggi, rimuovendo col bisturi zone della ridipintura seicentesca,<br />
fu deciso di asportarla al fine di scoprire la pittura<br />
quattrocentesca, ancora recuperabile. Considerate le condizioni<br />
in cui si trova attualmente il dipinto, è evidente che<br />
la rimozione delle ridipinture è stata solo parziale. Se da<br />
una parte questa scelta può essere giustificata dalla volontà<br />
di lasciare testimonianza del percorso storico del dipinto<br />
o al fatto che la materia pittorica degli strati sottostanti<br />
risultano, in alcune zone, molto impoverita, non si può non<br />
rilevare come tale modo di procedere abbia reso incoerente<br />
l’insieme dell’opera, la cui superficie è un compromesso di<br />
stesure pittoriche di epoche diverse – in parte quattrocentesche,<br />
in parte secentesche – ulteriormente peggiorato dai<br />
fastidiosi tasselli di pulitura e di rimozione delle ridipinture<br />
che intervallano quest’ultime.<br />
Presso l’Archivio Provinciale dei Frati Cappuccini di Bologna<br />
si conservano le fotografie che documentano lo stato<br />
dell’opera prima e durante le fasi del restauro. L’opportunità<br />
di confrontare tali fotografie con le immagini derivanti<br />
dalle acquisizioni multispettrali si rivela direttamente<br />
funzionale all’interpretazione ed allo studio di entrambe le<br />
fonti di informazione, che si comprendono più approfonditamente<br />
ed in modo completo solo dopo una lettura incrociata,<br />
dopo averle fatte “dialogare” reciprocamente.<br />
Per tutte queste ragioni le fotografie relative al restauro di<br />
questo dipinto ad oggi disponibili sono state acquisite tramite<br />
scanner con la risoluzione di 600dpi in formato .TIFF ciò consentirà<br />
di poter conservare, inalterate nel tempo, le corrispondenti<br />
immagini digitali con il loro contenuto informativo e<br />
quindi di rendere completa la documentazione derivante dalle<br />
indagini effettuate nell’ambito di questo studio.<br />
Prima di iniziare la fase di acquisizione vera e propria delle<br />
immagini multispettrali, considerate le dimensioni della<br />
Madonna in trono col Bambino del Lianori (171x124 cm),<br />
nonché la risoluzione di acquisizione della telecamera di-
gitale (559 pixel in verticale e 366 pixel in orizzontale), è<br />
stato necessario stabilire il numero esatto delle riprese necessarie<br />
alla digitalizzazione completa dell’opera. Nel corso<br />
di questa fase preliminare, le diverse ipotesi di lavoro sono<br />
state valutate in base ai seguenti parametri di riferimento:<br />
• il tempo di acquisizione della singola area di<br />
ripresa;<br />
• il numero dei fotogrammi necessario al fine di<br />
ricomporre complessivamente il dipinto, tenuto<br />
conto anche dell’area di sovrapposizione (di solito1/4<br />
dell’area di ripresa);<br />
• il tempo di acquisizione di tutta l’opera;<br />
• il tempo necessario per la ricomposizione;<br />
• lo spazio su disco necessario per la memorizzazione<br />
di tutti i frame da acquisire e per la loro<br />
elaborazione.<br />
Ciò considerato, si è deciso di suddividere la superficie complessiva<br />
della tavola del Lianori, acquisita in posizione orizzontale<br />
per non dover spostare la struttura sulla quale si<br />
muove la telecamera che è più bassa rispetto al dipinto, in<br />
16 colonne e 12 righe per un totale di 192 aree di ripresa e,<br />
quindi, 192 immagini digitali dalla risoluzione di 129 pixel/<br />
pollice.<br />
Successivamente, considerando una banda spettrale alla<br />
volta, sono state acquisite le aree prestabilite fino a coprire<br />
l’intera superficie pittorica. Per ridurre il più possibile l’interferenza<br />
del rumore strumentale e dedurre solo le informazioni<br />
utili, si è fatta la media delle riprese multiple, e la<br />
successiva riduzione delle distorsioni geometriche, tramite<br />
interpolazione bilineare.<br />
I RISULTATI<br />
I risultati confermano una situazione conservativa complessa:<br />
il dipinto presenta infatti una considerevole stratificazione<br />
di ridipinture e di interventi pittorici determinati da<br />
esigenze stilistiche e di riattualizzazione documentaria (ricalco<br />
delle tracce dell’iscrizione originale a caratteri gotici<br />
e aggiunta di una nuova scritta), come quella di mettere<br />
in evidenza l’identità di un nuovo donatore. Difatti il confronto<br />
tra i dati registrati dall’emissione delle radiazioni a<br />
diverse bande spettrali ha consentito l’individuazione quantitativa<br />
e qualitativa degli interventi posteriori alla stesura<br />
originale. L’indagine a riflessione infrarossa, oltre a mettere<br />
in luce il saldo disegno degli ovali dei volti della Vergine e<br />
del Bambino ha rilevato, in virtù del potere penetrante della<br />
radiazione, lo strato pittorico quattrocentesco, anche se<br />
diminuito nella materia da puliture incaute. Nelle due aree<br />
corrispondenti ai due stemmi gentilizi datati al XVII secolo,<br />
eseguiti da un ignoto pittore nella parte superiore del trono,<br />
il parallelo della ripresa in luce visibile e dell’immagine<br />
in riflessione infrarossa ha dimostrato come in origine il<br />
Lianori avesse eseguito delle decorazioni di forma sferica,<br />
occultate poi dai segni araldici necessari a celebrare i nuovi<br />
donatori, effigiati in scala ridotta ai lati delle due figure<br />
principali.<br />
Il confronto diretto tra la ripresa in luce visibile e l’immagine<br />
della tavola prima e durante il restauro degli anni settanta<br />
del Novecento evidenzia chiaramente come l’opera fosse<br />
stata quasi interamente ridipinta. Se la scelta di rimuovere,<br />
in alcune zone, la ridipintura seicentesca ha permesso di<br />
riportare alla luce la superficie pittorica originale che ancora<br />
si conservava negli strati sottostanti, anche se molto<br />
impoverita dal punto di vista materico, dall’altra ha compromesso<br />
la possibilità di leggere la totalità dell’opera in<br />
modo coerente. Allo stato attuale, infatti, l’immagine complessiva<br />
del dipinto è data dal compromesso di porzioni di<br />
stesure pittoriche eseguite in epoche differenti; inoltre, le<br />
zone che mantengono l’aspetto seicentesco sono intervallate<br />
da tasselli di pulitura e rimozione di ridipintura che, pur<br />
documentando lo stato della pittura sottostante, rendono<br />
ancor più difficoltosa la lettura dell’insieme.<br />
Grazie alle indagini multispettrali è stato possibile esaminare,<br />
in modo non distruttivo – come si è già rimarcato – l’intera<br />
superficie pittorica ed individuare alcune zone significative,<br />
dove il diverso potere di penetrazione delle radiazioni<br />
impiegate ha permesso di evidenziare le differenze esistenti<br />
tra la stesura seicentesca e quella quattrocentesca. Ad uno<br />
sguardo d’insieme delle immagini di riflessione infrarossa<br />
e fluorescenza ultravioletta (figura 1 in luce visibile, 2 e 3,<br />
infarosso e ultravioletto, rispettivamente) si impongono le<br />
diverse risposte date da pigmenti che ripresi in luce visibile<br />
sembrano essere cromaticamente uguali o, comunque,<br />
molto simili.<br />
Nonostante la lettura dell’immagine di fluorescenza ultravioletta<br />
sia in parte resa insidiosa dall’interferenza prodotta<br />
dalle vernici superficiali, è possibile apprezzare la diversità<br />
della risposta di fluorescenza prodotta dai pigmenti utilizzati<br />
per dipingere l’interno e l’esterno del manto blu della<br />
Vergine il cui andamento originario, come si osserva lungo<br />
il profilo, è stato ampiamente modificato dalle ridipinture<br />
successive che, in questo caso, non sono state rimosse<br />
se non in qualche tassello. La stessa discrepanza, nella risposta<br />
dei pigmenti, è ancor più evidente nell’immagine in<br />
riflessione infrarossa, probabilmente anche in ragione del<br />
notevole spessore che caratterizza la pellicola pittorica in<br />
corrispondenza di queste zone.<br />
E’ interessante osservare, inoltre, come sempre nell’area<br />
del manto che ricade sulle gambe della Madonna, in prossimità<br />
delle giunture delle tavole costituenti il supporto,<br />
siano visibili piccole pennellate scure, evidentemente realizzate<br />
con un pigmento diverso da quello utilizzato per dipingere<br />
l’esterno del manto e molto simile, invece, a quello<br />
utilizzato per l’interno.<br />
Tali differenze materiche sono evidenti anche nella parte<br />
del manto che incornicia il viso della Madonna. Proprio in<br />
questa area del dipinto, cioè intorno al volto della Vergine<br />
ed il Bambino, si è potuto apprezzare il disegno eseguito<br />
dall’artista grazie all’indagine in riflessione infrarossa che<br />
ha evidenziato le linee grafiche fondamentali, in altre zone<br />
non sempre identificabili a causa dell’elevato spessore della<br />
pittura. Ciò è stato reso possibile dal potere penetrante<br />
della radiazione infrarossa, alla quale sono trasparenti gli<br />
strati pittorici più superficiali; osservando l’immagine agli<br />
infrarossi si può infatti notare come il velo che scende sulla<br />
fronte della Madonna o la fine decorazione che corre lungo<br />
lo scollo della veste del Bambino “scompaiano” in questo<br />
tipo di ripresa. Questi elementi, invece, sono visibili ed anzi<br />
Figura 4a e 4b - Pietro Lianori, Madonna col Bambino, XV sec., particolare:<br />
riflessione infrarossa (a), fluorescenza ultravioletta (b).<br />
18 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />
Figura 5a e 5b - Pietro<br />
Lianori, Madonna<br />
col Bambino, XV<br />
sec., particolare:<br />
riflessione infrarossa<br />
(a), fluorescenza<br />
ultravioletta (b).<br />
sono messi in risalto nella fluorescenza ultravioletta, a causa<br />
della loro composizione materica e della loro estrema superficialità.<br />
Particolarmente interessanti si sono dimostrate<br />
le aree del dipinto dove si osservano i due stemmi gentilizi<br />
che pendono dalle mensole laterali del trono. Il parallelo<br />
della ripresa in luce visibile e dell’immagine in riflessione<br />
infrarossa ha dimostrato – come si è detto – che in origine<br />
al posto di tali stemmi erano stati previsti dei pendenti di<br />
forma sferica, poi occultati, come si evince dalla figura 4. Si<br />
ipotizza che questa trasformazione sia stata introdotta con<br />
la ridipintura seicentesca, che sembra abbia alterato anche<br />
le due figure di piccole dimensioni inginocchiate ai piedi<br />
del trono, probabilmente per far sì che gli offerenti fossero<br />
riconducibili agli stemmi gentilizi.<br />
Similmente, devono essere state introdotte modifiche anche<br />
nelle zone percepite in luce visibile come monocrome,<br />
delimitate dalle teste degli offerenti e dal profilo esterno<br />
del trono (figura 5). La riflessione infrarossa e la fluorescenza<br />
ultravioletta hanno evidenziato, in maniera più o meno<br />
diversa in ragione del loro diverso potere di penetrazione,<br />
un motivo vegetale, floreale.<br />
Figura 6a e 6b - Pietro Lianori, Madonna col Bambino, XV sec., particolare:<br />
riflessione infrarossa (a), fluorescenza ultravioletta (b).<br />
LA MADONNA COL BAMBINO<br />
La Madonna col Bambino del Lianori 2 fu acquisita al<br />
convento dei frati minori cappuccini prima che essi si<br />
trasferissero nell’attuale casa e chiesa dedicata a San<br />
Giuseppe in seguito alla distruzione del convento di<br />
Monte Calvario, in età napoleonica; fu inserita tra le<br />
opere del Museo dei Cappuccini di Bologna nel 1928 3 ,<br />
ed in seguito, dalla originaria sistemazione nella saletta<br />
sovrastante la sacrestia del convento, prima opera<br />
descritta nel catalogo del museo 4 . In precedenza,<br />
il dipinto, sconosciuto alla letteratura storico-artistica<br />
bolognese fino alla metà del XIX secolo, era stato collocato<br />
nella sacrestia: così si evince dal Libro Campione<br />
IV del convento dei cappuccini di Bologna dove, però,<br />
la tavola è ricordata con attribuzione a Pietro Giovanni<br />
Degiovanni: “in sacrestia… la B. Vergine col Bambino<br />
Gesù in braccio e due Santi ai piedi dipinta nel 1236,<br />
che si trova sopra alla Porta, che mette al Lavello, è<br />
opera di Pietro Giovanni Degiovanni, e la donò un certo<br />
Gabriele Dardi Medico Dottore, come sta’ scritto in<br />
fondo al Quadro” 5 .<br />
La notizia circa la collocazione della tavola, riportata<br />
sul Campione da Giuseppe Zangarini da Bologna nel<br />
1878-1880, è confermata nel 1916 da Paolo Bertuzzi da<br />
Molinella, il quale sottolinea anche le difficoltà d’attribuzione,<br />
affermando che “non è facile assegnare la<br />
vera paternità di questo buon quadro. Da alcuni si attribuisce<br />
a Pietro dei Lianori; da altri a Pietro Giovanni<br />
Degiovanni. Portando la data 1236, come pare leggasi,<br />
Corrado Ricci nega appartenga al Lianori; se, come<br />
vogliono altri potesse leggersi 1436, allora potrebbe<br />
attribuirsi al Lianori” 6 . Nel tempo, l’assegnazione al<br />
Lianori è stata da più voci confermata. 7<br />
La pittura, caratterizzata dalla monumentalità compositiva<br />
tipica delle opere dell’artista, rappresenta la Madonna<br />
seduta su un trono in posizione frontale, mentre<br />
regge con il braccio destro il Bambino e tiene alzata<br />
nella mano sinistra una rosa bianca, simbolo di purezza.<br />
In alto, dalle mensole laterali del trono, pendono<br />
due stemmi gentilizi da ricondurre, probabilmente,<br />
agli offerenti, dipinti in piccole dimensioni nella parte<br />
bassa dell’opera, ai lati del medesimo trono. Sotto<br />
quest’ultimo è un cartiglio con l’iscrizione<br />
“PETRUS IOHANIS DE LIANORIS P XT ANO 236 GABRIEL<br />
DARDUS MED. DOCTOR DONAVIT ANNO DNI 1611” scritta<br />
in lettere romane e, nella prima riga, gotiche.<br />
Come afferma Rezio Buscaroli “la sgrammaticata scritta<br />
è stata rifatta nel 1611, sulle tracce, forse mutile<br />
o guaste, di altra preesistente, in occasione del dono<br />
fatto dal Dardi”. Infatti, secondo quanto puntualizzato<br />
da P. Celso, “il fatto che la prima riga sia scritta<br />
in lettere gotiche può far pensare che sia una trascrizione<br />
errata di una precedente iscrizione originale ed<br />
autografa del pittore… il “236” potrebbe allora essere<br />
interpretato come 1436, anno appunto nel quale il Lianori<br />
operava”.<br />
Del resto è ormai chiaro come, in occasione della donazione,<br />
non fu ridipinto solo il cartiglio, ma la quasi totalità<br />
della superficie pittorica, come già sostenevano,<br />
alla fine dell’Ottocento, Cavalcaselle e Crowe 8 . Proprio<br />
per questa complessità stratigrafica si è ritenuto interessante<br />
sottoporre ad indagini multispettrali la tavola,<br />
anche in considerazione delle difficoltà di lettura che<br />
discendono dalle scelte effettuate durante l’ultimo restauro<br />
a cui è stata sottoposta.
La ragione della presenza di questi elementi si chiarisce<br />
prendendo in considerazione la porzione dell’opera<br />
comprensiva dello zoccolo del trono, del cartiglio e<br />
dell’area ad esso circostante. Interpretando, infatti, in<br />
modo incrociato le fotografie che documentano questa<br />
zona prima e durante il restauro e le immagini multispettrali<br />
(figura 6), emerge chiaramente come nell’originaria<br />
versione del dipinto il trono si trovasse su un prato<br />
fiorito, poi celato dalla ridipintura seicentesca che ha<br />
reinterpretato la finitura del trono proponendo l’imitazione<br />
di tarsie marmoree, e la sua ambientazione.<br />
Oltre alla piccola piantina fiorita, visibile grazie alla rimozione<br />
della ridipintura, la ripresa di fluorescenza ha messo<br />
in risalto la sommità delle erbe che si sovrappongono alla<br />
fascia color azzurrino dello zoccolo del trono, nella zona<br />
in cui è a contatto con quello che doveva essere un prato<br />
fiorito.<br />
Le riflessione infrarossa non fornisce a tal proposito ulteriori<br />
elementi di valutazione; è però fondamentale per<br />
verificare come la geometrica decorazione della base del<br />
trono, riscoperta dopo la rimozione della pittura seicentesca,<br />
prosegua anche in prossimità dei due offerenti, sotto<br />
la ridipintura non asportata. La stessa immagine di riflessione<br />
infrarossa conferma, inoltre, l’ipotesi avanzata dagli<br />
studiosi circa l’esistenza sin dalla prima versione dell’opera<br />
di un cartiglio di dimensioni diverse rispetto all’attuale.<br />
Come si ipotizzava, e come in parte si poteva intuire dopo<br />
la rimozione della pittura seicentesca ad un’estremità del<br />
cartiglio, la sua posizione coincide effettivamente con la<br />
prima riga dell’iscrizione, quella scritta in caratteri gotici.<br />
Non è stata invece riscontrata alcuna traccia di un’eventuale<br />
iscrizione precedente; infatti, come già si è detto,<br />
la prima riga dell’iscrizione seicentesca potrebbe essere<br />
stata scritta “ricalcando” le tracce di quella originaria.<br />
CONCLUSIONI<br />
Grazie ai risultati conseguiti è stato così possibile approfondire,<br />
in modo oggettivo, le conoscenze relative ai dipinti<br />
considerati, valutandone lo stato di conservazione attuale<br />
ed i più recenti interventi di restauro. Inoltre, le immagini<br />
digitali disponibili in seguito alle indagini effettuate costituiscono,<br />
anche in considerazione della loro inalterabilità<br />
nel tempo, un’importante ed attendibile documentazione<br />
dello stato conservativo delle opere a questa data, documentazione<br />
che potrà essere utilizzata come punto di<br />
riferimento e confronto per approntare ulteriori indagini<br />
future o per valutare il deterioramento delle stesse a distanza<br />
di tempo.<br />
NOTE<br />
1. D.Biagi Maino, G.Maino, Indagini multispettrali sulla croce di<br />
Marco Zoppo, in La croce dipinta di Marco Zoppo e la cultura<br />
pierfrancescana a Bologna, a cura di D.Biagi Maino e M.Medica,<br />
Edisai, Ferrara, 2007, pp.39-46.<br />
2. La presenza di Pietro di Giovanni Lianori è documentata a Bologna<br />
dal 1428 al 1460. La sua figura è stata oggetto di recente<br />
rivalutazione, fondata principalmente sulla revisione della sua<br />
prima attività che lo vede, a date assai precoci, artista in grado<br />
di recepire ed interpretare, pur nella sua natura ancora neotrecentesca,<br />
le novità della cultura tardogotica locale. La maturazione<br />
del percorso artistico di Lianori si deve soprattutto al<br />
contatto con le opere di Giovanni da Modena, con il quale lavorò<br />
in alcune occasioni. Il prestigio raggiunto negli ultimi anni dal<br />
pittore, testimoniato anche dalle importanti cariche ricoperte<br />
(Massaro delle quattro arti e gonfaloniere del popolo), sembra<br />
coincidere con un calo qualitativo della sua produzione. Cfr. C.<br />
Volpe, Pietro di Giovanni Lianori, il La pittura in Emilia nella<br />
prima metà del 400, (Lezioni tenute nell’Università di Bologna<br />
durante l’anno accademico 1957-58), Bologna 1958, pp. 67-72;<br />
M. Medica, voce Pietro Lianori, in Storia della Pittura in Italia.<br />
Il Quattrocento, Milano 1987, pp. 663, 664 e la bibliografia ivi<br />
riportata.<br />
3. Risale a dieci anni prima la disputa tra il soprintendente Francesco<br />
Malaguzzi Valeri ed il superiore provinciale dei Cappuccini di<br />
Bologna per il deposito dell’opera, cfr. APCBo, Classe 1, Serie 1,<br />
b. 6, f. 2, Documenti relativi alle opere d’arte (1843...).<br />
4. Cfr. P. Umile da Camugnano, Catalogo del Museo, cit., 1938, p.<br />
7, n. 1.<br />
5. APCBo, Classe 1, Serie 1, b. 6C, n. 1, Campione IV del convento<br />
di Bologna (1755-1969) ms., p. 227.<br />
6. P. Paolo Bertuzzi da Molinella, Convento e Chiesa di San Giuseppe<br />
dei Padri Cappuccini. Note storiche, dattiloscritto inserito tra la<br />
p. 228 e la p. 229 del Campione IV di Bologna, edito in “Bollettino<br />
della Diocesi di Bologna”, VII (1916), n. 4.<br />
7. Cfr. Scheda n. 44 (Soprintendenza Arte Medievale e Moderna di<br />
Bologna) compilata da R. Buscaroli, febbraio 1933 (APCBo, Classe<br />
1, Serie 1, b. 6D, n. 10b); P. Umile da Camugnano, Catalogo del<br />
Museo, cit., 1938, p. 7; P. Donato da S. Giovanni in Persiceto, I<br />
conventi, cit., vol. I, 1956, p. 498, n. 2; scheda compilata da p.<br />
Celso Mariani, giugno 1974 (in APCBo); scheda OA (Ministero per<br />
i Beni Culturali e Ambientali – ICCD) compilata da N. Roio, marzo<br />
1998 (in APCBo).<br />
8. Cfr. G. B. Cavalcaselle, J. A. Crowe, Storia della pittura in Italia,<br />
vol. IV, 1887, p. 85 nota 1.<br />
ABSTRACT<br />
Multispectral Analysis on a Pietro Lianori painting - Image<br />
processing aimed to better understand and classify images is very<br />
important when dealing with the cultural heritage sector. An example<br />
of image analysis and processing on paintings is featured in this<br />
paper: the survey campaign was realised on several XV century’s<br />
paintings kept in the Frati Minori Cappuccini provincial museum<br />
in Bologna. The focus is on a work carried out on a Pietro Lianori<br />
painting. It is possible to understand the differences between the<br />
use of visible light, infrared light and ultra-violect fluorescence.<br />
AUTORI<br />
DONATELLA BIAGI MAINO<br />
EMANUELA GRIMALDI<br />
GIUSEPPE MAINO<br />
GIUSEPPE.MAINO@ENEA.IT<br />
ENEA - PROGETTO NEREA E FACOLTÀ DI CONSERVAZIONE DEI BENI CUL-<br />
TURALI, ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA,<br />
SEDE DI RAVENNA<br />
20 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
21<br />
Restauro aperto dell’Adorazione<br />
dei pastori di Caravaggio fino<br />
al 31 gennaio - Fino al 31 gennaio<br />
2010 sarà possibile ammirare a Roma<br />
il restauro di una delle tele più suggestive<br />
di Caravaggio: l’Adorazione dei<br />
Pastori, realizzata nel 1609. Il visitatore<br />
che si recherà al Punto Camera in<br />
Piazza del Parlamento (dove si svolge<br />
la visita), potrà seguire passo passo<br />
il restauro dell’opera. Le visite sono<br />
aperte due giorni alla settimana, dalle<br />
15 alle 17, con prenotazione obbligatoria<br />
ed in gruppi non superiori alle 10<br />
persone ogni 20 minuti. Per assistere<br />
agli interventi di restauro ci si dovrà<br />
avvalere della guida esperta delle restauratrici.<br />
Nei giorni della settimana<br />
in cui non sarà possibile effettuare la<br />
visita, chi passerà in Piazza del Parlamento<br />
potrà seguire l’esecuzione dei<br />
lavori attraverso una delle vetrate<br />
dello spazio attrezzato a laboratorio<br />
di restauro. L’Adorazione dei Pastori è<br />
giunta a Roma direttamente dal Museo<br />
Regionale di Messina. Questa iniziativa<br />
si inserisce nel contesto delle celebrazioni<br />
per i 400 anni delle mostre<br />
di Caravaggio, che scadono proprio nel<br />
2010.<br />
Archeologia subacquea tra Albania<br />
e Puglia - Il progetto Liburna,<br />
nato nel 2006 e promosso dall’Università<br />
degli Studi di Foggia, vede la<br />
partecipazione di numerosi partner,<br />
del Ministero degli Esteri, della Regione<br />
Puglia, del Ministero della Cultura<br />
Albanese e dell’Università di Tirana.<br />
Il progetto prevede la realizzazione di<br />
una carta archeologica del litorale albanese,<br />
attraverso la creazione di un<br />
Sistema Informativo Territoriale (GIS)<br />
e la conduzione di scavi; queste attività<br />
sono finalizzate al potenziamento e<br />
allo sviluppo del settore di archeologia<br />
subacquea, favorendo la formazione di<br />
giovani archeologi subacquei e la valorizzazione<br />
e fruizione turistica del<br />
patrimonio archeologico sommerso.<br />
Tra gli altri obiettivi vi è sicuramente<br />
anche il progresso delle conoscenze<br />
storiche e archeologiche, oltre che lo<br />
sviluppo culturale, economico e sociale<br />
dell’Albania in particolare per<br />
gli effetti benefici che questo tipo di<br />
attività potrà avere nello sviluppo turistico<br />
e nell’avvio di nuove iniziative<br />
economiche.<br />
Questa nuova campagna di rilievi subacquei<br />
nasce dall’esigenza di sistematizzare<br />
l’immenso patrimonio di cui<br />
sono ricche le coste e i fondali albanesi,<br />
costellate da importanti porti antichi,<br />
medievali e moderni.<br />
Per maggiori informazioni:<br />
www.archeologia.unifg.it/ric/Prog/<br />
Liburna.asp<br />
AGORÀ<br />
L’Italia della Roma imperiale<br />
sbarca nel Sol Levante - E’ partito<br />
a settembre uno scambio culturale<br />
tra il nostro paese ed il Giappone che<br />
si concluderà a dicembre. Nell’ambito<br />
della manifestazione, promossa<br />
dal Ministero per gli Affari Esteri e<br />
dalla Fondazione Italia-Giappone, si<br />
svolgeranno 165 eventi, di cui 65 in<br />
ambito culturale, 83 in ambito economico<br />
commerciale e turistico e 17 in<br />
ambito scientifico-tecnologico, tra le<br />
quali la mostra “L’eredità dell’Impero<br />
Romano” inaugurata dal Presidente<br />
della Repubblica, Giorgio Napolitano.<br />
Proprio in occasione di questa<br />
mostra, il contributo tecnologico nei<br />
confronti dei Beni Culturali si è fatto<br />
più forte: il Dipartimento Patrimonio<br />
Culturale (Istituti Ibam, Isti e Itabc),<br />
con il sostegno dell’Ufficio Pubblicazioni<br />
ed Informazioni Scientifiche del<br />
CNR, ha presentato il filmato in 3D<br />
“Life and Power in Imperial Rome”,<br />
che ricostruisce la Roma imperiale<br />
attraverso tecnologie di scansione<br />
laser tridimensionale ad alta risoluzione,<br />
tecnologie per la ricostruzione<br />
di modelli digitali tridimensionali da<br />
foto, e computer animation.<br />
Tra gli sponsor dello scambio culturale<br />
figurano i grandi gruppi mediatici<br />
nipponici che, grazie alla loro<br />
immensa capacità di diffusione delle<br />
informazioni, garantiranno alla manifestazione<br />
oltre 2 miloni e mezzo di<br />
fruitori.<br />
Software e formati liberi per la<br />
ricerca archeologica - Nelle giornate<br />
del 27 e 28 aprile si è tenuto a<br />
Roma, nell’aula Marconi del Consiglio<br />
Nazionale delle Ricerche, il Quarto<br />
Workshop Italiano su “Open source,<br />
free software e open format nei processi<br />
di ricerca archeologica” organizzato<br />
da CNR ITABC e CNR ISTI.<br />
Come nelle precedenti edizioni, il<br />
convegno è stato ricco di spunti utili<br />
ai giovani ricercatori ed agli studenti<br />
universitari per operare un confronto<br />
tra gli esperti del settore sui vari<br />
software presenti sul web e sulle loro<br />
applicazioni in campo archeologico.<br />
Giovani ingegneri, informatici e archeologi<br />
sono stati a stretto contatto per<br />
presentare i risultati nelle applicazioni<br />
schedografiche e catalografiche dei<br />
reperti di scavo e la loro gestione con<br />
il GIS, via web o con 3D scanner.<br />
Trenta interventi e un pomeriggio dedicato<br />
ai laboratori: dal GIS al WebGis,<br />
da Google Earth ai dati cronoreferenziati,<br />
da R+GRASS e la statistica geografica,<br />
ad ArcheOS e la distribuzione<br />
Linux per l’archeologia che fanno ben<br />
sperare nel futuro dell’<strong>Archeomatica</strong>.
AGORÀ<br />
La conoscenza in digitale: un resoconto<br />
dalla giornata di Studio<br />
a Perugia - E’ possibile conservare il<br />
sapere? Quali tecnologie devono essere<br />
utilizzate? Ma, soprattutto, siamo pronti<br />
per una sfida del genere?<br />
Queste ed altre domande sono state<br />
la base della giornata di studio del 23<br />
settembre a Perugia, intitolata “Amministrazione<br />
della memoria digitale”.<br />
Svoltasi presso la Sala Biblioteca<br />
dell’Archivio di Stato, la giornata ha<br />
preso corpo nell’ambito delle “Giornate<br />
Europee del Patrimonio” ed è stata<br />
patrocinata dalla Soprintendenza Archivistica<br />
per l’Umbria, l’A.S. di Perugia<br />
e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale<br />
dell’Umbria e delle Marche, per<br />
il quale è stato presentato il progetto<br />
sulla dematerializzazione dell’archivio<br />
scientifico.<br />
I numerosi partecipanti hanno assistito<br />
ad una proficua discussione sul futuro<br />
degli archivi, inevitabilmente proiettati<br />
verso il digitale, tra interventi e relazioni<br />
di personaggi di spicco dell’archivistica<br />
e dell’informatica giuridica<br />
attuale. Tra gli argomenti trattati, la<br />
conservazione di contenuti informativi<br />
Due progetti del CNR premiati<br />
all’Europa Nostra Awards - Il Consiglio<br />
nazionale delle ricerche si posiziona<br />
all’avanguardia nell’applicazione<br />
delle tecnologie innovative applicate<br />
alla protezione, gestione e fruizione<br />
del patrimonio culturale. Lo scorso 5<br />
giugno, due progetti del CNR sono stati<br />
premiati per la loro carica innovativa<br />
durante gli Europa Nostra Awards: lo<br />
studio Noah’s Ark sull’azione dei cambiamenti<br />
climatici sul patrimonio culturale<br />
e sul paesaggio, diretto da Cristina<br />
Sabbioni dell’Istituto di scienze<br />
dell’atmosfera e del clima di Bologna<br />
(Isac-CNR), e l’intervento di restauro<br />
e rifunzionalizzazione del complesso<br />
monumentale cipriota del Bedestan,<br />
curato da Luciano Cessari dell’Istituto<br />
di tecnologie applicate ai beni culturali<br />
di Roma (Itabc-CNR).<br />
Il primo progetto sottolinea i rischi<br />
digitali, l’e-governement, il documento<br />
informatico giuridico, il PEC, il modello<br />
OAIS, il Progetto IMAGO e la imprescindibile<br />
necessità di formazione di archivisti<br />
professionisti, attraverso l’inserimento<br />
di discipline informatiche nel<br />
Corso di Studi delle Scuole di Archivistica,<br />
Paleografia e Diplomatica, come<br />
avverrà da quest’anno a Perugia.<br />
La giornata di studio ha messo in evidenza<br />
i ritardi accumulati nel nostro<br />
paese per quanto riguarda l’applicazione<br />
dei corretti principi di gestione e di<br />
conservazione degli archivi, denotando<br />
una forte difficoltà nel risolvere i problemi<br />
che l’uscita dal mondo della carta<br />
propone ormai con urgenza.<br />
(Autore: Serena Setaccioli)<br />
per monumenti come il Duomo di Milano<br />
o l’Abbazia di Westminster, dovuti<br />
dall’effetto dilatante sulla pietra a<br />
causa dell’aumento delle precipitazioni.<br />
Inoltre è stato identificato, in particolare<br />
nelle zone montuose dell’Europa<br />
centrale, della Scandinavia e della<br />
Scozia, il rischio causato dall’aumento<br />
di CO2: il combinato disposto tra la<br />
maggiore frequenza di precipitazioni<br />
e l’aumento dell’anidride carbonica in<br />
atmosfera potrebbe comportare, nel<br />
periodo tra il 2070 e il 2099, un’erosione<br />
del materiale pari a 25-30 micron<br />
all’anno, con un aumento totale del<br />
rischio pari al 30%.<br />
Il progetto di restauro del complesso in<br />
Bedestan, ha visto invece sperimentare<br />
una tecnica di restauro conservatvo<br />
altamente innovativa che prende spunto<br />
dai pendoli in pietra con funzione<br />
anti-sismica, in uso nelle doppie cupole<br />
delle moschee Timuridi in Iran e<br />
Uzbekistan. Il pendolo è stato inserito<br />
in un vano ricavato sotto il pavimento<br />
in corrispondenza dell’arcone della<br />
navata centrale e sostenuto da tiranti<br />
metallici.<br />
(Fonte: CNR)<br />
Sacra Sindone: studio al laser<br />
conferma la genesi del telo da un<br />
lampo di luce - Torino, dopo l’evento<br />
del 2000, rappresenterà ancora il cuore<br />
della cristianità nel 2010, quando<br />
la Sacra Sindone sarà nuovamente visibile<br />
ai fedeli per qualche settimana.<br />
L’evento, come è facile immaginare,<br />
ha già assunto una rilevanza internazionale,<br />
soprattutto alla luce dei risultati<br />
di alcuni testt effettuati di recente<br />
proprio da un’equipe italiana: come<br />
ricorderete, da un documentario della<br />
BBC era nato un conflitto di datazione<br />
tra la prova al carbonio effettuata nel<br />
1989 e altre prove di tipo sia storico<br />
sia scientifico elaborate dagli studiosi<br />
in questi anni.<br />
La ricerca italiana, coordinata dal<br />
professor Giuseppe Baldacchini ENEA<br />
(Frascati Research Center), e pubblicata<br />
a livello internazionale col titolo<br />
Coloring Linens by Excimer Laser to<br />
Stimulate the Body Image of the Turin<br />
Shroud (Appl. Opt. 47, 1278-2008), ha<br />
effettuato delle misure di irraggiamento<br />
di speciali tessuti di lino con i laser<br />
ad eccimeri, con strumenti in dotazione<br />
al laboratorio di Frascati. Lo studio<br />
degli effetti in connessione con la immagine<br />
sindonica ha prodotto risultati<br />
di fiducia nella ipotesi iniziale: l’immagine<br />
corporea della Sindone di Torino è<br />
stata generata da un intenso lampo di<br />
luce direzionale e contenente una forte<br />
componente di raggi ultravioletti.<br />
L’impressione è che la faccenda si farà<br />
via via sempre più complicata.<br />
22 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
23<br />
AGORÀ<br />
Tecnologia laser per il restauro in<br />
Puglia - Scienza e Arte, un binomio antico<br />
intuito, ma oggi di imprescindibile<br />
applicazione quando si parla di Conservazione<br />
e Restauro. Il 15 settembre, a<br />
Bisceglie, la città di Vigiliae, di fondazione<br />
normanna, si è aperto il cantiere<br />
di restauro conservativo della fonte<br />
battesimale del XII secolo dell’Abbazia<br />
di S. Adoeno.<br />
Edoardo Andriani, ricercatore dell’Università<br />
di Bari, è il Coordinatore Scientifico<br />
del restauro nell’ambito del<br />
Progetto Regionale APQ “Tra sacro e<br />
profano”. Al suo fianco il Laboratorio<br />
di Restauro LIACE (Laser Innovation in<br />
Artwork Conservation and Education).<br />
Il progetto è promosso e finanziato dal<br />
Rotary Club di Bisceglie e controllato<br />
dalla Soprintendenza per i Beni Storici<br />
Artistici ed Etnoantropologici della<br />
Puglia.<br />
La fonte battesimale, in monolite calcareo,<br />
forgiato da bassorilievi, aveva<br />
già subito un antico restauro eseguito<br />
soltanto nella parte di esso sporgente<br />
dal muro stesso, nel quale era precedentemente<br />
collocato. Dalle analisi<br />
effettuate al laser sono emerse tracce<br />
di un pigmento verde scuro utilizzato<br />
per dare l’effetto del bronzo, di un<br />
giallo intenso ottenuto con l’utilizzo<br />
dell’arsenico e di un rosso ottenuto attraverso<br />
l’ematite.<br />
Nasce il Virtual Museum dell’IRAQ<br />
- Lo scorso 22 settembre, si è svolto<br />
a Roma il convegno “Il museo virtuale<br />
dell’Iraq: il CNR e le nuove tecnologie<br />
per la cultura e la comunicazione”.<br />
L’evento è stato l’occasione per<br />
presentare il portale www.virtualmuseumiraq.cnr.it,<br />
un sito web tecnologicamente<br />
all’avanguardia realizzato<br />
dal CNR, finanziato e promosso dal<br />
Ministero degli Affari Esteri con circa<br />
tre milioni di Euro, nel quadro di una<br />
missione che ha visto l’Italia operare in<br />
prima linea per la stabilizzazione e la<br />
ricostruzione dell’Iraq. La nascita del<br />
museo virtuale è ancora più importante<br />
se si considera che le visite, a causa<br />
della situazione politica della regione,<br />
sono al momento limitate ai soli cittadini<br />
iracheni. Il portale permette la<br />
consultazione di 70 reperti – dei quali<br />
40 con ricostruzioni 3D – di 22 filmati<br />
e di 18 elaborazioni cartografiche<br />
di siti archeologici. Il Virtual Museum<br />
ricostruisce dettagliatamente la storia<br />
delle civiltà sorte tra il Tigri e l’Eufrate:<br />
otto sale in home page, rappresentano<br />
le principali fasi evolutive, dalla<br />
preistorica a quella islamica passando<br />
per i Sumeri e Babilonesi.<br />
Una tomba etrusca da salvare: a<br />
Sarteano l’hanno rifatta - In occasione<br />
dell’ampliamento del Museo Civico<br />
Archeologico di Sarteano, progetto<br />
sostenuto dalla Fondazione Monte<br />
dei Paschi di Siena, è stata presentata<br />
un’avveniristica ricostruzione a grandezza<br />
naturale della Tomba della Quadriga<br />
Infernale. La tomba monumentale,<br />
rinvenuta nel 2003 nella vicina<br />
necropoli delle Pianacce, è infatti quasi<br />
interamente popolata da raffigurazioni<br />
dipinte perfettamente conservate con<br />
scene che non trovano confronti per la<br />
loro vivacità e per l’originalità delle<br />
iconografie. Il monumento è aperto al<br />
pubblico, ma per motivi di conservazione<br />
può essere visitato solo il sabato<br />
e a piccoli gruppi. Al fine di permettere<br />
a tutti di condividere l’emozione della<br />
visita, è nata dunque l’idea di ricostruire<br />
l’ipogeo direttamente in museo nel<br />
pieno rispetto delle dimensioni e delle<br />
sue reali caratteristiche, associandolo<br />
ai reperti originali rinvenuti nella tomba<br />
e ad una proiezione in realtà virtuale<br />
possibile grazie<br />
ad uno schermo<br />
touch screen.<br />
L’intervento è<br />
stato finanziato<br />
dall’Ente Cassa<br />
di Risparmio di<br />
Firenze, con il<br />
contributo della<br />
Regione Toscana<br />
e del Comune di<br />
Sarteano, mentre<br />
la Fondazione Musei<br />
Senesi ha curato<br />
e sostenuto<br />
la realizzazione<br />
di sistemi elettronici e digitali. Il tutto<br />
si è svolto nell’ambito delle “Giornate<br />
Europee del Patrimonio <strong>2009</strong>”.<br />
(Fonte: repubblica.it)
RESTAURO<br />
PROBLEMATICHE<br />
CONSERVATIVE<br />
DEGLI ACQUERELLI<br />
NEL RESTAURO<br />
di Claudia Pelosi, Maurizio Marabelli, Claudio Falcucci,<br />
Flavio Giurlanda, Floriana Ortenzi, Francesca Patrizi<br />
Nelle attività di restauro condotte sulle opere d’arte spesso<br />
si utilizzano materiali prodotti dall’industria per altre finalità<br />
e che sono entrati nella prassi comune dell’intervento. In<br />
particolare il Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione<br />
e il Restauro “Michele Cordaro”dell’Università della Tuscia<br />
di Viterbo ha studiato il comportamento degli acquerelli<br />
analizzando le loro caratteristiche chimico-fisiche.<br />
Gli acquerelli costituiscono una classe di materiali oggi ampiamente utilizzati nel<br />
restauro in particolare nella fase di reintegrazione pittorica grazie alla loro reversibilità<br />
che si mantiene nel tempo e solubilità in acqua o in medium acquosi,<br />
essendo il legante dell’acquerello costituito da gomma arabica 1 . Gli acquerelli reperibili<br />
in commercio sono dei preparati costituiti da diversi componenti che le ditte produttrici<br />
forniscono solo in termini generali, soprattutto per la tutela dei brevetti. Oltre<br />
al pigmento che conferisce colore all’acquerello, la miscela contiene un legante, costituito<br />
generalmente da gomma arabica, e altre sostanze, non specificate dal produttore<br />
nelle schede tecniche e di sicurezza di questi colori, come ad esempio glicerina, glucosio,<br />
arginato di sodio, carbossimetilcellulosa e conservanti. Inoltre, le ditte produttrici<br />
raramente verificano la durabilità e la stabilità dei materiali anche perché spesso non<br />
se ne prevede l’impiego per il restauro. Si è quindi ritenuto necessario caratterizzare<br />
chimicamente gli acquerelli e verificarne la stabilità nei confronti dell’invecchiamento<br />
artificiale. Molto spesso, infatti, nel restauro vengono impiegati inevitabilmente i materiali<br />
dell’industria che però non soddisfano i requisiti di stabilità, durabilità e compatibilità<br />
che invece si richiedono nell’intervento su un’opera d’arte con la conseguenza<br />
che si innescano dei processi di degrado spesso peggiori di quelli che l’operazione di<br />
restauro e conservazione mirava ad eliminare.<br />
L’applicazione degli acquerelli riguarda varie tipologie pittoriche: dipinti su tela e tavola,<br />
su carta e pergamena, su muro. Tuttavia il problema maggiore si pone quando vengono<br />
applicati in situazioni particolarmente avverse, ad esempio quando si interviene<br />
sui dipinti murali, con condizioni ambientali al contorno difficilmente controllabili 2 .<br />
In sostanza sono due i fattori di rischio: l’umidità di condensa capillare, che può determinare<br />
la “macchiatura” delle campiture con colori ad acquerello; le condizioni di<br />
illuminazione, che possono concentrare fasci di luce di intensità e qualità impropria sui<br />
colori stessi (figura 1).<br />
24 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 25<br />
Figura 1 – Esempi di alterazione cromatica<br />
e di migrazione dei colori ad acquerello<br />
impiegati nella reintegrazione di dipinti<br />
murali: Chiesa di Sant’Agostino a Tuscania,<br />
Crocifissione, particolari.<br />
Partendo da queste basi si è scelto di analizzare gli acquerelli<br />
che costituiscono la tavolozza del restauratore e che<br />
comprende generalmente una dozzina di colori tra i quali<br />
sono stati selezionati otto tra i più utilizzati: terra d’ombra<br />
naturale (Ton), terra d’ombra bruciata (Tob), terra di<br />
Siena naturale (TSn), rosso veneziano (RV), giallo di cadmio<br />
(GC), nero d’avorio (Na), verde ossido di cromo (VOC),<br />
blu oltremare (BO). Tra i materiali disponibili in commercio<br />
sono stati scelti quelli delle ditte che garantiscono prodotti<br />
di alta qualità, impiegati normalmente dai restauratori. In<br />
particolare sono stati scelti gli acquerelli delle ditte Maimeri<br />
(la serie Blu), Winsor&Newton (serie Artists’ Water Color)<br />
e Talens (serie Rembrandt). Gli acquerelli in commercio<br />
sono disponibili in due formati: in tubetto sotto forma di<br />
pasta che può essere utilizzata come tale o diluita in acqua;<br />
oppure in godet ovvero in piccoli panetti essiccati impiegati<br />
semplicemente con un pennello bagnato. In questa ricerca<br />
sono stati utilizzati sia colori in tubetto che in godet,<br />
a seconda delle disponibilità commerciali (la Talens e la<br />
Winsor&Newton hanno fornito solo godet, la Maimeri anche<br />
colori in tubetto). Insieme con i colori le ditte hanno fornito,<br />
su richiesta, le schede tecniche dei materiali che però<br />
sono risultate incomplete e in certi casi inesatte.<br />
PARTE SPERIMENTALE<br />
L’analisi degli acquerelli scelti è stata condotta tramite<br />
spettrofotometria di riflettanza impiegando uno spettrocolorimetro<br />
X-Rite modello CA22, con illuminante D65/10° e<br />
C/2° in base ai metodi CIE 1976 e CIE 1931; spettrometria<br />
FT-IR (Fourier Trasform Infrared) tramite uno spettrofotometro<br />
Nicolet Avatar 360 con detector DTGS e μ-FT-IR con<br />
microscopio IR Centaurμs con detector MCT; XRF (X-Ray<br />
Fluorescence), tramite uno spettrometro con tubo radiogeno<br />
(5-50 kV) e rivelatore Si-PIN (risoluzione 155 eV a 5.9<br />
keV).<br />
Una volta caratterizzati, gli acquerelli sono stati applicati<br />
su un intonaco a base di calce e sabbia e poi sottoposti a<br />
prove di invecchiamento artificiale in modo da accelerare<br />
i processi naturali di trasformazione che questi materiali<br />
possono subire e registrando alcune proprietà chimico-fisiche<br />
(in particolare il colore) ai vari stadi di invecchiamento.<br />
L’invecchiamento è stato condotto in una camera SolaBox<br />
1500E della Ericchsen eseguendo due cicli nelle seguenti<br />
condizioni: temperatura 55°C, irraggiamento 550 W/m 2 , filtro<br />
UV a 280 nm per 1000 ore ciascuno, per un totale, quindi<br />
di 2000 ore. Inoltre, un provino è stato esposto per tre mesi<br />
al 92% di umidità relativa<br />
in un ambiente<br />
chiuso.<br />
I valori dell’UR% e<br />
della temperatura<br />
della camera sono<br />
stati registrati con un<br />
datalogger Testo 175-H2.<br />
Occorre premettere che i colori ad acquerello, pur essendo<br />
da anni utilizzati ampiamente nella reintegrazione pittorica,<br />
non sono stati molto studiati da un punto di vista della<br />
loro stabilità nel tempo e soprattutto nei confronti dell’UR,<br />
parametro che, data la solubilità del legante dell’acquerello<br />
in acqua, potrebbe risultare determinante per il loro impiego<br />
3 . Alcuni studi sulla stabilità degli acquerelli sono stati<br />
avviati dall’Institut Royal du Patrimoine Artistique (IRPA) di<br />
Bruxelles ma non sono stati mai completati né pubblicati 4 .<br />
D’altra parte la stabilità e la permanenza sono indicate in<br />
maniera chiara solo per gli acquerelli della Winsor & Newton<br />
in base alla seguente scala: AA, estremamente permanente;<br />
A, permanente; B, moderatamente permanente; C,<br />
poco durabile. Per la Winsor&Newton e la Maimeri è indicata<br />
anche la resistenza alla luce secondo lo standard ASTM D–<br />
4236. La Talens indica, solo sul sito internet, alcuni test che<br />
vengono eseguiti sugli acquerelli, tra cui specifica quello di<br />
stabilità alla luce secondo l’ASTM.<br />
La caratterizzazione degli acquerelli è stata volutamente<br />
condotta mediante controlli non distruttivi sia per le loro insite<br />
caratteristiche che per il fatto che risultano le tecniche<br />
più impiegate per l’esame rapido e diretto delle superfici<br />
dipinte. I campioni di acquerello utilizzati nella ricerca sono<br />
stati indicati con la sigla sopra riportata seguita da quella<br />
della ditta (WN per Windsor&Newton, T per Talens e M per<br />
Maimeri).<br />
L’analisi XRF, eseguita sugli acquerelli puri ha messo in evidenza<br />
alcuni dati interessanti circa gli elementi presenti<br />
nei campioni esaminati: innanzitutto la presenza allarmante<br />
di arsenico nel campione TSnM. Nei campioni di terra di<br />
Siena naturale Talens e W&N, inoltre, si riscontrano bassi<br />
contenuti di ferro rispetto a quello Maimeri. Bassi risultano<br />
anche i contenuti di manganese nei campioni Ton, soprattutto<br />
quello della W&N. Per quanto riguarda i campioni di<br />
Tob solo quello della ditta Maimeri mostra un contenuto abbastanza<br />
elevato di manganese mentre il campione della<br />
W&N presenta anche tracce di piombo e zirconio. Quest’ultimo<br />
elemento è presente, inoltre, anche in altri campioni
Figura 2 – Provino invecchiato in Solar<br />
box per 2000 ore, prima e dopo il trattamento.<br />
Tabella 1 – Differenze delle coordinate cromatiche dopo 3 mesi in ambiente ad UR 92%.<br />
Campione ΔL* Δa* Δb* ΔE<br />
TobWN 2,162 0,456 1,548 2,70<br />
TobT 2,854 0,33 1,768 3,37<br />
TobM 31,832 3,748 10,588 33,76<br />
TonWN 0,928 0,85 1,388 1,87<br />
TonT 0,542 -0,092 -0,214 0,60<br />
TonM 17,354 -0,744 3,77 17,77<br />
TSnWN -0,69 0,528 1,984 2,17<br />
TSnT 0,44 -0,018 0,624 0,76<br />
TSnM 1,104 0,542 0,516 1,33<br />
RVWN -0,486 -0,336 0,184 0,62<br />
RVT 3,352 -2,362 -2,632 4,87<br />
RVM 0,49 -0,084 -0,238 0,55<br />
BOWN -0,968 0,98 0,384 1,43<br />
BOT 2,84 -1,136 0,682 3,13<br />
BOM 0,12 -0,454 0,844 0,97<br />
GCWN 0,376 -0,584 -0,336 0,77<br />
GCT -0,17 -0,07 -1,734 1,74<br />
GCM -0,192 -0,296 -1,87 1,90<br />
NaWN 0,98 -0,104 -0,216 1,01<br />
NaT -0,736 0,016 -0,042 0,74<br />
NaM 0,676 -0,088 -0,418 0,80<br />
VOCWN -0,896 0,12 -0,362 0,97<br />
VOCT -0,854 0,408 -0,598 1,12<br />
VOCM -0,31 -0,236 0,082 0,40<br />
Tabella 2 – Differenze delle coordinate cromatiche dopo 2000 ore in Solar Box.<br />
Campione ΔL* Δa* Δb* ΔE<br />
TobWN -0,31 0,112 0,158 0,37<br />
TobT 1,088 0,23 0,616 1,27<br />
TobM 2,802 0,434 1,27 3,11<br />
TonWN 0,318 0,132 1,104 1,16<br />
TonT 1,956 -0,108 0,754 2,10<br />
TonM 5,802 1,232 3,804 7,05<br />
TSnWN 0,826 -0,902 0,504 1,32<br />
TSnT -2,102 -2,758 -3,24 4,75<br />
TSnM 2,244 -1,684 -1,01 2,98<br />
RVWN 0,412 0,426 0,298 0,66<br />
RVT 0,59 0,166 0,278 0,67<br />
RVM 0,104 0,53 0,464 0,71<br />
BOWN 0,738 -1,516 -0,484 1,75<br />
BOT 2,03 -0,698 -1,266 2,49<br />
BOM 3,662 -5,24 1,418 6,55<br />
GCWN 0,424 -0,368 0,614 0,83<br />
GCT -0,52 0,09 -0,05 0,53<br />
GCM -0,202 -0,3 -1,298 1,35<br />
NaWN 0,826 0,038 0,038 0,83<br />
NaT 0,818 -0,072 -0,398 0,91<br />
NaM -0,148 0,006 -0,116 0,19<br />
VOCWN 0,104 -0,34 -0,052 0,36<br />
VOCT -0,112 -0,17 -0,082 0,22<br />
VOCM -0,086 -0,284 -0,134 0,33<br />
(BOWN, TSnT, BOT e TSnM). Solo nel<br />
campione VOC della Talens si riscontra<br />
la presenza, oltre chiaramente al cromo,<br />
di zinco e stronzio, quest’ultimo<br />
potrebbe costituire un’impurezza del<br />
gesso che, come si vedrà oltre, è stato<br />
evidenziato dalla spettrometria FTIR.<br />
Questa tecnica ha messo in evidenza,<br />
infatti, la presenza, oltre alla parte<br />
organica, di alcuni composti inorganici<br />
in particolare gesso e carbonato di<br />
calcio. Il gesso è stato riscontrato nei<br />
campioni GCWN, TSnT, RVT, VOCT; il<br />
carbonato di calcio nei campioni BOT,<br />
TonT, TSnT, TSnWN, in quest’ultimo più<br />
abbondante.<br />
Le misure di colore sono state eseguite<br />
sia allo scopo di confrontare gli stessi<br />
acquerelli delle tre ditte sia per valutare<br />
le variazioni in seguito ai processi<br />
di invecchiamento. Per ogni acquerello<br />
sono state prese 5 misure e riportati<br />
poi i valori medi sia come spettri<br />
di riflettanza che come dati L*a*b*.<br />
I provini sono stati poi sottoposti a<br />
due serie di cicli di invecchiamento,<br />
uno in Solar Box e l’altro in ambiente<br />
ad umidità relativa controllata. Al<br />
termine dei cicli è stato nuovamente<br />
misurato il colore ed il risultato finale<br />
è stato riportato come Δa*, Δb*, ΔL* e<br />
ΔE (tabelle 1 e 2) 5 ; i provini sono stati<br />
fotografati prima e dopo i cicli di trattamento,<br />
nelle stesse condizioni di ripresa<br />
(figure 2-3).<br />
La tabella 1 mostra i valori delle differenze<br />
di colore dopo tre mesi di permanenza<br />
delle tavolette in ambiente ad<br />
UR del 92%. Due dati sono evidenziati<br />
in grigio perchè decisamente anomali:<br />
questi valori così grandi sono dovuti al<br />
fatto che nel caso della terra d’ombra,<br />
sia naturale che bruciata, il pigmento<br />
è caduto per un’eccessiva perdita di<br />
legante determinando perciò una misura<br />
di colore fortemente influenzata<br />
dal fondo bianco. Occorre comunque<br />
sottolineare che anche gli acquerelli<br />
a base di terra d’ombra bruciata della<br />
W&N e della Talens presentano signifi-<br />
26 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 27<br />
Figura 3 – Provino invecchiato per tre mesi in ambiente<br />
ad UR 92%, prima e dopo il trattamento.<br />
cative variazioni cromatiche. Negli altri casi non si verificano<br />
grandi variazioni di colore, tranne per il rosso veneziano<br />
e il blu oltremare della Talens. Come andamento generale si<br />
può aggiungere che la coordinata L*, che rappresenta la luminosità,<br />
subisce quasi sempre un aumento: questo potrebbe<br />
essere associato alla perdita di colore per migrazione del<br />
legante, ovvero la gomma arabica, molto solubile in acqua.<br />
Per quanto riguarda i dati ottenuti dai campioni invecchiati<br />
in Solar Box, si può constatare che gli acquerelli che hanno<br />
mostrato variazioni maggiori sono la terra d’ombra naturale<br />
(ΔE=7,05) e il blu oltremare (ΔE=6,55) entrambi della Maimeri.<br />
Questi valori sono senza dubbio maggiori della soglia<br />
di variazione cromatica percepibile dall’occhio umano, che<br />
solitamente viene indicata tra 2 e 3 6 .<br />
NOTE<br />
1. F. Ortenzi, Gli acquerelli nel restauro. Valutazione della stabilità<br />
nei confronti dell’invecchiamento artificiale di alcuni materiali<br />
scelti (rosso veneziano, verde ossido di cromo, nero d’avorio, terra<br />
d’ombra naturale), tesi di laurea in Tecnologie per la conservazione<br />
e il restauro, Università degli Studi della Tuscia, relatore C.<br />
Pelosi, 2005. - F. Patrizi, Gli acquerelli nel restauro. Verifica della<br />
loro stabilità attraverso l’invecchiamento artificiale e le tecniche<br />
spettroscopiche, tesi di laurea in Tecnologie per la conservazione<br />
e il restauro, Università degli Studi della Tuscia, relatore C. Pelosi,<br />
2005. - C. Falcucci, M. Marabelli, C. Pelosi, Il controllo degli acquerelli<br />
nel restauro mediante controlli non distruttivi, Atti del<br />
XX Congresso Nazionale di Chimica analitica, S. Martino al Cimino<br />
(VT), 16-20 settembre 2007.<br />
2. F. Giurlanda, Caratteristiche chimico-fisiche dei colori ad acquerello<br />
per restauro, tesi di laurea in Tecnologie per la conservazione<br />
e il restauro, Università degli Studi della Tuscia, relatore M.<br />
Marabelli, 2006.<br />
3. B. Callede, Stabilité des couleurs utilisées en restauration, pigments<br />
bleus, Comité pour la conservation de l’ICOM 4 ème Reunion<br />
Triennale, Venise, 1975. - E.R de la Rie, S.Q. Lomax, M. Palmer, L.<br />
Deming Glinsman, C.A. Mes, An investigation of the photochemical<br />
stability of urea-aldeihyde resin retouching paints: removability<br />
tests and colour spectroscopy, in Tradition and Innnovation, Contributions<br />
to the Melbourne Congress, 10-14 october 2000, pp. 51-<br />
59. - D.M. Scarlone, Caratterizzazione e studi di invecchiamento di<br />
materiali pittorici organici naturali e sintetici, Tesi di dottorato,<br />
Università degli Studi di Torino, relatore O. Chiantore, 2001.<br />
4. Alcune informazioni sono state ottenute da un colloquio diretto<br />
con la direttrice generale dell’Istituto, Madame Myriam Serck-<br />
Dewaide. L’Istituto ha svolto delle ricerche agli inizi degli anni ’90<br />
del secolo scorso, poi interrotte, in base alle quali era emersa la<br />
scarsa stabilità di alcuni acquerelli, in modo particolare quelli della<br />
ditta Maimeri.<br />
5. Per il calcolo delle differenze cromatiche si è tenuto conto del<br />
Normal 43/93, Misure colorimetriche di superfici opache, CNR-ICR,<br />
Roma, 1993.<br />
6. Non esiste una normativa che esprima con chiarezza i valori delle<br />
variazioni cromatiche in funzione delle effettive differenze di colore<br />
percepibili dall’occhio; dati in questo senso sono riportati sul<br />
sito HYPERLINK “http://www.boscarol.com” www.boscarol.com<br />
alla voce colorimetria.<br />
7. F. Ortenzi, I colori a vernice nel ritocco pittorico: stato dell’arte e<br />
verifica della stabilità, tesi di laurea specialistica in Storia dell’arte<br />
e Tutela dei Beni Storico-Artistici, Università degli Studi della<br />
Tuscia, relatore C. Pelosi, 2007.<br />
In generale si può affermare che le terre e il blu oltremare<br />
sono, tra gli acquerelli studiati, quelli che certamente subiscono<br />
maggiori variazioni, mentre i più stabili risultano<br />
senza dubbio il verde ossido di cromo e il nero d’avorio.<br />
Questo dato non è molto incoraggiante dato che per le reintegrazioni<br />
in pittura murale le ocre e le terre sono i pigmenti<br />
più utilizzati.<br />
Occorreranno certamente ulteriori sperimentazioni per<br />
verificare la stabilità anche di altri colori ad acquerello e,<br />
soprattutto, per individuare materiali più duraturi per l’impiego<br />
nei dipinti murali. In altre tecniche pittoriche, infatti,<br />
la reintegrazione viene solitamente effettuata con colori a<br />
vernice (a base di resina Dammar o chetonica) che presentano<br />
certamente una maggiore stabilità ma, per la loro lucentezza,<br />
non possono essere impiegati sui dipinti murali 7 .<br />
ABSTRACT<br />
Watercolours restoration and conservation issues - Watercolours<br />
are today widely used in restoration, especially for the pictorial<br />
reintegration thanks to their reversibility and solubility during the<br />
time. But these materials show some problem when used in wall<br />
painting stored in high relative humidity environment giving rise<br />
to colour changes and dripping down the painting surface. The aim<br />
of this work has been to study the chemical-physical characteristics<br />
of the most used commercial water colours and to test their<br />
stability by means of artificial aging. Water colour from Maimeri,<br />
Windsor&Newton and Talens have been examined; then they have<br />
been aged and the colour has been measured to evaluate their<br />
changes.<br />
AUTORI<br />
CLAUDIA PELOSI - PELOSI@UNITUS.IT<br />
MAURIZIO MARABELLI<br />
CLAUDIO FALCUCCI<br />
FLAVIO GIURLANDA<br />
FLORIANA ORTENZI<br />
FRANCESCA PATRIZI<br />
FACOLTÀ DI CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI<br />
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA TUSCIA - VITERBO
RESTAURO<br />
MARTELLINA<br />
E TAGLIOLO:<br />
STRUMENTI DI<br />
UN’ARTE ANTICA<br />
di Paolo Racagni, Paola Perpignani<br />
Ravenna conserva un patrimonio artistico di straordinario valore che si esprime in<br />
particolar modo nei mosaici dei suoi mausolei, chiese e battisteri, dove operano<br />
mosaicisti con antiche procedure a tutt’oggi ancora invariate, che vengono utilizzate<br />
per i necessari interventi di conservazione e restauro in atto.<br />
Col termine mosaico si indicano opere antiche e<br />
moderne, composte da elementi poligonali litici<br />
o vetrosi, denominati tessere, ripetuti uno accanto<br />
all’altro, separati e allettati in una malta cementizia<br />
posta su un supporto rigido: pavimento, muro o supporto<br />
trasportabile.<br />
Il mosaico è l’arte dell’ “eterna pittura” (secondo il Ghirlandaio)<br />
in virtù dell’incorruttibilità dei suoi materiali.<br />
Ed è proprio in virtù ed in conseguenza di tali materiali che<br />
l’arte musiva si è sviluppata più lentamente e diversamente<br />
dalla pittura. I luoghi ove si è maggiormente sviluppata<br />
sono in relazione diretta con le aree in cui la reperibilità<br />
dei materiali costitutivi le tessere – sia litiche che vetrose<br />
– è più facile.<br />
I gesti che nel corso di tremila anni, hanno caratterizzato e<br />
caratterizzano il fare musivo sono essenzialmente due e si<br />
sono ripetuti sempre uguali: il taglio manuale delle tessere<br />
e la loro posa nella malta cementizia.<br />
Figura 1 - Un mosaico in corso di realizzazione.<br />
28 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />
Figura 2 - Mosaicisti al lavoro.<br />
ORGANIZZAZIONE NELL’ANTICHITÀ<br />
Le poche informazioni di cui disponiamo relativamente<br />
all’organizzazione del lavoro nell’antichità, concordano sul<br />
fatto che i mosaicisti erano organizzati in equipe di lavoro<br />
la cui divisione è testimoniata dalla descrizione che ne fa<br />
J.A. Furietti nel De musivis (Roma, 1732).<br />
La divisione del lavoro avveniva secondo specifiche competenze<br />
manuali sia artigianali che artistiche.<br />
Rientrano in questa classificazione mansioni prettamente<br />
“operaie”, quali:<br />
Figura 3 - Martellina e tagliolo sul ceppo.<br />
saggio La Mosaique (A. Quantin 1881, Paris) – si dà nota degli<br />
strumenti in uso nel sec. XIX per la lavorazione del mosaico<br />
(figura 4).<br />
• il calcis coctor, addetto alla fabbricazione della calce;<br />
• il lapidarius structor, scalpellino che lavorava la pietra;<br />
• il pavimentarius, che preparava gli strati di sottofondo<br />
dei pavimenti;<br />
• il tessellarius, che eseguiva le parti più semplici dei<br />
pavimenti, fondi monocromi e mansioni artistiche,<br />
• il musaearius, che aveva sia conoscenze tecniche dei<br />
materiali che artistiche;<br />
• il pictor imaginarius, creatore dei “cartoni” (disegni<br />
preparatori) che fungevano da modello dell’opera,<br />
• il pictor parietarius, che trasferiva i cartoni sulla parete<br />
in scala 1:1.<br />
Agli inizi del IV sec, a Roma, la remunerazione economica<br />
giornaliera dei mosaicisti era intermedia rispetto al salari<br />
di un artigiano, mentre quella dei pictores era superiore: il<br />
calcis coctor ed il tessellarius guadagnavano 50 denari, il<br />
musaearius 60 denari, il pictor parientarius 75 denari, il<br />
pictor imaginarius 150 denari.<br />
Un panettiere ed un fabbro percepivano 60 denari al giorno<br />
(pari al valore d’acquisto di due polli).<br />
Il taglio delle tessere veniva dunque eseguito da operai specializzati,<br />
probabilmente il lapidarius, con l’utilizzo di una<br />
semplice martellina ed un tagliolo come testimoniato dal<br />
bassorilievo rinvenuto ad Ostia Antica ed oggi conservato al<br />
Museo Archeologico di Ostia.<br />
Si tratta di due strumenti semplici ancora oggi in uso, le cui<br />
caratteristiche specifiche si sono mantenute inalterate nel<br />
tempo.<br />
MARTELLINA E TAGLIOLO<br />
La martellina in ferro forgiato e temperato presenta una<br />
forma ad arco ed è predisposta per il taglio su entrambe le<br />
estremità.<br />
Il tagliolo, un cuneo in ferro forgiato, viene posizionato in<br />
un ceppo di legno atto a garantire solidità e stabilità durante<br />
le fasi di lavorazione.<br />
In una sintesi grafica – pubblicata da Edouard Gerspach nel<br />
Figura 4 - Strumenti in uso nel sec. XIX per lavorazione del mosaico.<br />
Una delle tecniche essenziali della martellina prevede che<br />
la linea di taglio debba essere perfettamente piana, e tale<br />
deve restare (figura 5), anche a seguito di arrotature che si<br />
rendono necessarie nel corso dell’uso. Si deve quindi aver<br />
cura di affilare solo la parte superiore curva.<br />
Per quanto concerne il tagliolo, questo deve essere bene<br />
infisso nel ceppo, avendo cura di lasciare un vuoto d’aria tra
l’estremità inferiore del tagliolo e il ceppo stesso (Figura 6).<br />
Tale accortezza serve ad eliminare gli inevitabili contraccolpi<br />
che influiscono negativamente sull’esito del taglio.<br />
Attualmente si producono e sono in uso due diversi tipi di<br />
martelline e di taglioli.<br />
L’una in semplice<br />
acciaio temperato viene<br />
impiegata nel taglio<br />
di tessere litiche (marmi,<br />
pietre, ciottoli di<br />
fiume) accoppiata al<br />
Figura 6 - Schema grafico del montaggio<br />
del tagliolo sul ceppo.<br />
corrispettivo tagliolo<br />
in acciaio. L’altra,<br />
sempre in acciaio ma<br />
con l’inserimento di<br />
un puntale in widia e<br />
tagliolo corrispondente<br />
in acciaio, è utile<br />
per il taglio di smalti e<br />
paste vitree (il widia<br />
è una sostanza durissima<br />
a base di carburo di tungsteno).<br />
Il peso delle martelline varia dai 300 ai 900 grammi. Il peso<br />
influisce sul taglio ed è determinato dalla natura del materiale,<br />
dalla sua durezza: maggiore è la durezza della pietra<br />
maggiore dovrà essere il peso della martellina.<br />
Il taglio avviene poggiando in piatto il materiale da tagliare<br />
sul tagliolo e infliggendo<br />
un colpo<br />
secco con la mar-<br />
Figura 7 - Esecuzione del taglio delle tessere.<br />
tellina. Questa<br />
deve cadere perpendicolarmente<br />
ed in assetto lineare<br />
col tagliolo,<br />
dividendo in due<br />
parti il materiale.<br />
Tale movimento<br />
viene ripetuto milioni<br />
di volte fino<br />
ad ottenere delle tessere della dimensione richiesta e il<br />
quantitativo sufficiente ad eseguire l’opera a mosaico.<br />
Si possono ottenere tessere (solidi a forma di parallelepipedi)<br />
di dimensioni variabili, da grandi a piccole ad infinitamente<br />
piccole.<br />
Figura 9 - Dettaglio del mosaico Battaglia d’Isso.<br />
ABSTRACT<br />
Hammer and Hardy: instruments of an ancient art - The term<br />
mosaic indicates ancient and modern works of art made of polygonal<br />
stone, pottery and vitreous tesserae, placed close together in a<br />
cement mortar onto a rigid support: floor, wall or other.<br />
The same techniques have been used in the last 3000 years: work<br />
was subdivided according to specific manual, craftsmanship and artistic<br />
competence, from the calcis coctor (who made the mortar),<br />
to the pavimentarius (prepared floors underlayer). Cutting of the<br />
tesserae was carried by the lapidarius, using a simple hammer and<br />
hardy (arched and sharpened on both ends).<br />
There are two different types of hammer and hardy. One made of<br />
steel, coupled to a steel hardy, used for cutting marbles, stone<br />
and river pebbles tesserae. The other type is made of steel with<br />
a widia hardy and is used for enamels and vitreous pastes. The<br />
weight of the hammer varies between 300 to 900 grams, according<br />
to the nature of material.<br />
Tesserae vary in size: from big to very small, from 2 x 2 x 2 cm to<br />
0,2 x 0,2 x 3 cm (as in the “opus vermicolatum” of the “Battle of<br />
Isso”, from Pompei).<br />
Figura 8 - Battaglia d’Isso - Pompei.<br />
Si può valutare una variazione dimensionale che va da<br />
2x2x2 cm a 0,2x0,2x3 cm; tali misure estreme sono presenti<br />
nei mosaici in “opus vermicolatum” (ad esempio la famosa<br />
Battaglia d’Isso rappresentante la battaglia fra Alessandro e<br />
Dario rinvenuta a Pompei nella Domus del Fauno e trasportata<br />
nel 1852 nel Museo Archeologico di Napoli).<br />
AUTORI<br />
PAOLO RACAGNI, PAOLA PERPIGNANI<br />
P.R.P. RESTAURO E MOSAICI D’ARTE<br />
VIA DON G. MINZONI, 65<br />
48100 RAVENNA<br />
WWW.MOSAICORAVENNA.COM<br />
30 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
RESTAURO<br />
L’EBE DI CANOVA:<br />
MODELLO DIGITALE<br />
E SVILUPPI APPLICATIVI<br />
PRIMA PARTE<br />
di Francesca De Crescenzio, Massimiliano Fantini Franco Persiani,<br />
Valentina Virgilli, Nicola Santopuoli, Leonardo Seccia<br />
In questo contributo sono descritti i principali aspetti di un articolato<br />
progetto di ricerca portato avanti dai laboratori CAILab e V-lab della<br />
Seconda Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna. Il progetto,<br />
tuttora in fase di sviluppo, è basato sul rilievo tridimensionale ad<br />
alta precisione, mediante diverse tecnologie a scansione laser, di una<br />
scultura di Antonio Canova, l’Ebe conservata a Forlì.<br />
Nella prima parte dell’articolo ci occuperemo della fase di rilievo,<br />
mentre nella seconda degli sviluppi applicativi.<br />
Per cercare di contribuire a dare risposte alle complesse esigenze della tutela, conservazione<br />
e valorizzazione dei beni storico-artistici ed architettonici, la Seconda Facoltà di<br />
Ingegneria dell’Università di Bologna (sede di Forlì), ha costituito da tre anni il Laboratorio<br />
di Archeoingegneria CAILab, che, insieme al Laboratorio di Realtà Virtuale e Simulazione V-lab,<br />
è impegnato in numerosi progetti riguardanti i Beni Culturali, soprattutto con riferimento a tre<br />
ambiti di ricerca ed applicazione:<br />
• Realtà Virtuale: la progettazione e lo sviluppo di sistemi di realtà virtuale immersiva e<br />
semi-immersiva; l’utilizzo di tecniche di rilievo 3D (ad esempio, mediante laser scanner) e<br />
di prototipazione rapida;<br />
• Diagnostica: l’uso di metodi diagnostici non distruttivi di tipo multispettrale (ad esempio,<br />
riflettografia e telefotometria, termografia, colorimetria e spettrofotometria);<br />
• Materiali innovativi: la progettazione e lo sviluppo di dispositivi per il restauro basati su<br />
materiali di nuova concezione (ad esempio, sistemi intelligenti per il restauro di mosaici e<br />
la protezione di affreschi realizzati con leghe a memoria di forma).<br />
Va sottolineato, inoltre, che CAILab e V-lab operano in sinergia, sia per gli aspetti scientifici che<br />
didattici, con molti altri enti e strutture di ricerca, in particolare con la Facoltà di Architettura<br />
Valle Giulia della Sapienza Università di Roma 1 , in quanto solo una progettualità multidisciplinare<br />
può dare risposte efficaci nel medio e lungo periodo alla salvaguardia del patrimonio culturale<br />
per le attuali e future generazioni.<br />
In occasione della mostra su Antonio Canova (1757-1822) presso i Musei San Domenico a Forlì (20<br />
gennaio-21 giugno <strong>2009</strong>) intitolata “Canova. L’ideale classico tra scultura e pittura”, CAILab e V-<br />
lab hanno curato l’allestimento di due sale, nelle quali far conoscere ai visitatori alcuni dei propri<br />
contributi nel campo dei Beni Culturali. In particolare, due importanti opere del grande scultore<br />
di Possagno sono state oggetto di articolati progetti di ricerca, tuttora in corso di sviluppo: la statua<br />
dell’Ebe forlivese (1816-1817), di cui si parlerà sinteticamente in questo contributo (quarta<br />
opera di Canova con questo soggetto, personificazione della “bellezza rasserenatrice”, eseguita<br />
32 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />
Figura 1 - Ebe forlivese di Canova nella sede della Pinacoteca Civica di Forlì prima del trasferimento nei Musei San Domenico.<br />
per la contessa Veronica Guarini di Forlì, è stata trasferita<br />
nel gennaio <strong>2009</strong> ai Musei San Domenico dalla Pinacoteca<br />
Civica di Forlì) e la Stele funeraria in memoria di Domenico<br />
Manzoni (1817-1818), che non è stato possibile portare in<br />
mostra dalla sua originaria collocazione all’interno della<br />
Chiesa della Trinità a Forlì.<br />
Inoltre, occorre sottolineare che la statua di Ebe qui esaminata<br />
(figura 1), è stata oggetto di vari interventi di restauro<br />
ed è attentamente monitorata con indagini periodiche 2 , al<br />
fine di tenere sotto costante controllo l’evoluzione del suo<br />
stato conservativo (ad esempio, con riferimento ad alcune<br />
fessurazioni, di cui una nella parte superiore della schiena),<br />
che attualmente risulta buono.<br />
REALIZZAZIONE DEL MODELLO DIGITALE<br />
Un primo studio di fattibilità per l’applicazione di tecnologie<br />
avanzate di rilievo, prototipazione e realtà virtuale<br />
sull’Ebe forlivese di Canova è stato condotto nel novembre<br />
2006 insieme al DIAPReM (Development of Integrated Automatic<br />
Procedures for Restoration of Monuments) della<br />
Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara e i risultati<br />
di questo lavoro sono stati presentati in occasione della<br />
Fiera del Restauro di Ferrara nel 2007.<br />
Il progetto di rilievo tridimensionale dell’opera di Canova<br />
si è poi sviluppato in due ulteriori campagne di acquisizione<br />
adottando due diversi sistemi di scansione: nel maggio<br />
2007 è stato utilizzato un laser scanner a triangolazione<br />
ottica Konica Minolta Vivid 9i per la scansione 3D della testa<br />
dell’opera, mentre nell’agosto 2007, in collaborazione<br />
con il DIAPReM, è stato impiegato un sistema integrato di<br />
misura che combina interferometria, videogrammetria e<br />
triangolazione ottica, per il rilievo completo dell’opera 3 .<br />
Prima di entrare nel dettaglio della descrizione delle due<br />
campagne di acquisizione, è opportuno sottolineare un<br />
aspetto di fondamentale importanza quando si opera nel<br />
campo dei Beni Culturali: in entrambi i casi si tratta di<br />
interventi di rilievo assolutamente non invasivi in quanto,<br />
non essendo richiesto il contatto con l’opera o l’applicazione<br />
di target fotogrammetrici o polvere opacizzante sulla<br />
sua superficie, non si corre il rischio di danneggiare l’originale.<br />
SCANSIONE 3D DELLA TESTA DELLA STATUA TRAMITE<br />
KONICA MINOLTA VIVID 9I<br />
Strumentazione adottata<br />
Durante la prima campagna di acquisizione, è stato adottato<br />
lo scanner Konika Minolta Vivid 9i per la digitalizzazione<br />
tridimensionale della testa dell’Ebe.<br />
Si tratta di un sistema attivo (non a contatto) che sfrutta il<br />
principio della triangolazione ottica. Questo laser scanner<br />
3D è fondamentalmente costituito da una sorgente laser e<br />
da un sensore CCD (Charge Coupled Device). La sorgente<br />
emette un raggio laser che, opportunamente deviato da<br />
uno specchio galvanometrico, scandisce l’oggetto in esame<br />
in modo regolare con una serie di profili di luce paralle-
Figura 2. Scansione 3D della testa della statua tramite il laser scanner Konica Minolta Vivid 9i.<br />
li che si muovono dall’alto verso il basso. Il sensore CCD,<br />
posto ad una distanza nota rispetto all’emettitore, acquisisce<br />
il segnale di ritorno riflesso dalla superficie dell’oggetto.<br />
Essendo nota la distanza tra emettitore e ricevitore,<br />
la misura degli angoli di emissione e di riflessione del<br />
raggio laser permette di ottenere, attraverso il principio<br />
della triangolazione, la posizione spaziale (x, y, z) dei punti<br />
sulla superficie dell’oggetto che appartengono al profilo<br />
di luce prodotto. L’insieme dei profili generati, ottenuti al<br />
termine della scansione, restituisce una “nuvola di punti”<br />
molto densa, con una risoluzione dell’ordine dei decimi di<br />
millimetro, necessaria per la realizzazione del modello tridimensionale.<br />
Lo strumento, dotato di un gruppo di tre ottiche intercambiabili,<br />
tele, middle e wide, con distanza focale rispettivamente<br />
a 25, 14 e 8 mm, è capace di acquisire fino a<br />
un massimo di 307.200 punti (640x480) per ogni scansione.<br />
Congiuntamente alla riproduzione della geometria esterna<br />
di un oggetto, questo scanner è in grado di ottenere anche<br />
un’immagine RGB che fornisce informazioni sul colore registrando<br />
una texture di 640x480 pixel per ogni scansione.<br />
Acquisizione dei dati<br />
Il rilievo 3D della testa dell’Ebe è stato condotto utilizzando<br />
l’ottica tele (distanza focale 25mm) per ottenere un<br />
modello ad elevato livello di dettaglio. Tale operazione ha<br />
richiesto la pianificazione di una complessa campagna di<br />
acquisizione caratterizzata da un elevato numero di scansioni,<br />
a causa, in particolare, della grande complessità della<br />
capigliatura. Infatti, per la realizzazione di un modello<br />
digitale 3D completo è necessario effettuare scansioni da<br />
più punti di vista per garantire la totale copertura della<br />
superficie dell’oggetto in esame. In questo caso, sono state<br />
necessarie acquisizioni mirate dello stesso particolare da<br />
diverse stazioni di rilievo per coprire le lacune causate dalla<br />
presenza dei numerosi sottosquadri. Durante la campagna<br />
di acquisizione, lo scanner è stato posizionato ad una<br />
distanza dalla statua compresa tra i 60 e i 90cm, cercando<br />
di mantenerlo in direzione ortogonale rispetto alla superficie<br />
da acquisire, al fine di ottimizzare il risultato delle<br />
scansioni. E’ stato inoltre necessario utilizzare un’impalcatura<br />
per poter accedere alla parte superiore della statua<br />
(Figura 2).<br />
Per il rilievo completo della testa sono state effettuate 179<br />
scansioni (salvate già in formato di mesh triangolare e non<br />
come nuvole di punti) e l’intera campagna di acquisizione<br />
ha comportato cinque giornate di lavoro.<br />
Dato che le singole scansioni in questa fase conservano un<br />
proprio sistema di riferimento, per ottenere un modello<br />
digitale completo è necessario registrarle insieme individuando<br />
almeno tre punti omologhi (elementi morfologici<br />
riconoscibili) presenti all’interno di due scansioni adiacenti.<br />
Questa prima fase di allineamento è stata eseguita contestualmente<br />
alla fase di rilievo (tramite il software Polygon<br />
Editing Tool che controlla lo scanner), registrando ogni<br />
scansione su quella precedentemente acquisita, al fine di<br />
semplificare la successiva fase di elaborazione dei dati.<br />
Elaborazione dei dati<br />
La lunga e complessa fase di elaborazione dei dati acquisiti<br />
dal laser scanner ha permesso la ricostruzione digitale<br />
della testa dell’opera con un elevato livello di accuratezza<br />
e con una risoluzione superficiale ampiamente sotto il millimetro.<br />
Questa elaborazione è stata eseguita attraverso<br />
un processo di post-processing (software Rapidform XOS)<br />
unendo insieme in un unico modello tridimensionale tutte<br />
le singole scansioni pre-registrate, avendo cura di diminuire<br />
il “rumore” presente in ogni presa (il marmo è una<br />
superficie non facile da rilevare con metodi ottici a causa<br />
della sua elevata riflettività) e di ricostruire con precisione<br />
le eventuali zone nascoste e non acquisite a causa della<br />
presenza di sottosquadri.<br />
Come primo passo di questo processo, è stato eseguito un<br />
filtraggio per la riduzione del rumore superficiale e una<br />
pulitura dei dati tramite l’eliminazione dei punti esterni<br />
alla parte di interesse. Successivamente, è stato effettuato<br />
un raffinamento globale dell’allineamento, in modo da<br />
far combaciare perfettamente le diverse scansioni preregistrate<br />
e da minimizzare e ridistribuire globalmente<br />
l’errore precedentemente introdotto nella registrazione<br />
delle singole coppie. E’ stata poi effettuata un’operazione<br />
di fusione delle scansioni in un’unica mesh a facce trian-<br />
34 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 35<br />
golari eliminando le parti ridondanti e ottenendo un solo<br />
modello, sottoposto ad una serie di operazioni di finitura,<br />
quali la chiusura dei buchi e l’eliminazione delle facce degeneri.<br />
Infine, il modello digitale 3D è stato sottoposto ad<br />
un leggero smoothing e ad una semplificazione geometrica<br />
attraverso la decimazione, controllata in funzione della<br />
curvatura superficiale della mesh, del numero dei vertici<br />
e dei triangoli fino ad ottenere la versione finale composta<br />
da 4.3 milioni di facce (figura 3).<br />
SCANSIONE 3D DELLA STATUA TRAMITE SISTEMA DI MISU-<br />
RA INTEGRATO<br />
Strumentazione adottata<br />
Durante la seconda campagna di acquisizione per il rilievo<br />
completo dell’opera, è stato utilizzato un sistema integrato<br />
di misura che combina interferometria, videogrammetria<br />
e triangolazione ottica.<br />
Il sistema integrato di misura è composto fondamentalmente<br />
da due elementi: una stazione Laser Tracker accoppiata<br />
con una videocamera digitale (T-Cam) e un sensore remoto<br />
che in via opzionale può essere costituito da uno scanner<br />
portatile T-Scan o da un tastatore portatile T-Probe.<br />
Il T-Scan è un laser scanner non a contatto che utilizza il<br />
principio della triangolazione ottica per l’acquisizione delle<br />
nuvole di punti della superficie in esame. Il T-Probe è uno<br />
strumento di misura a contatto che utilizza tastatori Renishaw<br />
e che consente di operare esattamente come si fa con<br />
una CMM (Coordinate Measurement Machine) tradizionale<br />
effettuando misure puntuali.<br />
Durante la fase di rilievo il sensore remoto del sistema (T-<br />
Scan o T-Probe) è impugnato dall’operatore e movimentato<br />
manualmente, mentre la localizzazione è costantemente<br />
monitorata in base alla Tecnologia di Posizionamento Locale<br />
tramite la stazione Laser Tracker accoppiata alla videocamera<br />
digitale T-Cam.<br />
Il Laser Tracker è un sistema basato su interferometria laser<br />
3D ad inseguimento con incorporato un distanziometro<br />
assoluto per la misura diretta della distanza che fornisce la<br />
posizione (x, y, z) 4 di uno dei prismi riflettori posti sul sensore<br />
remoto in utilizzo, mentre la T-Cam ne fornisce i tre<br />
angoli di Eulero (i, j, k), leggendo la mutua posizione di 10<br />
diodi infrarossi adeguatamente disposti. In questo modo,<br />
combinando i vantaggi della tecnologia basata sull’interferometria<br />
laser con quelli della videogrammetria, è possibile<br />
ottenere un sistema in grado di risolvere i sei gradi<br />
di libertà del sensore remoto movimentato dall’operatore<br />
durante l’acquisizione. E’ ovvio che in fase operativa il sensore<br />
remoto portatile del sistema (T-Scan o T-Probe) deve<br />
risultare sempre visibile alla stazione di localizzazione; in<br />
caso contrario si verifica l’interruzione del rilievo per evitare<br />
dati indesiderati.<br />
Acquisizione dei dati<br />
Per il rilievo completo dell’opera è stato predisposto il sistema<br />
integrato di misura posizionando la stazione Laser<br />
Tracker (accoppiata con T-Cam) 5 pochi metri di fronte alla<br />
statua, mentre l’operatore che impugnava il T-Scan era libero<br />
di muoversi vicino all’opera durante l’intera campagna<br />
di acquisizione (Figura 4).<br />
Infatti, il rilievo tridimensionale dell’opera avviene attraverso<br />
una serie di successive scansioni spostando lentamente<br />
lo scanner portatile in maniera parallela alla superficie<br />
da acquisire e mantenendolo ad una distanza di circa 7 cm<br />
da questa. Essendo noti i sei gradi di libertà del sensore<br />
remoto rispetto al sistema di riferimento individuato dalla<br />
stazione Laser Tracker, le singole “pennellate 3D” vengono<br />
automaticamente registrate e visualizzate tramite il software<br />
Polyworks utilizzato per la gestione delle nuvole di<br />
punti.<br />
In questa prima fase di scansione, è stato possibile acquisire<br />
solo una metà della statua senza compromettere la localizzazione<br />
del T-Scan da parte del sistema di inseguimento<br />
Laser Tracker, mentre per il rilievo della restante parte si<br />
è dovuto spostare la stazione di riferimento e posizionarla<br />
pochi metri dietro la statua. Per non effettuare la registrazione<br />
del nuovo set di scansioni sul precedente (come<br />
è usuale nei processi di ricostruzione 3D da scansione), è<br />
stato prima necessario definire un sistema di riferimento<br />
per registrare insieme le nuvole di punti acquisite dalle due<br />
posizioni del Laser Tracker.<br />
Pertanto, cinque riferimenti calibrati (tre è il numero minimo)<br />
sono stati collocati nell’ambiente intorno alla statua;<br />
la posizione di questi riferimenti è stata acquisita con<br />
il tastatore portatile T-Probe (impiegato in questa fase di<br />
registrazione come sensore remoto al posto del T-Scan) e<br />
mantenendo il Laser Tracker nella prima posizione. Dopo<br />
aver spostato il Laser Tracker nella seconda posizione, gli<br />
stessi riferimenti sono stati nuovamente misurati per determinare<br />
la trasformazione di rototraslazione tra le due<br />
posizioni del sistema di inseguimento.<br />
In totale, per completare la campagna di acquisizione,<br />
sono state complessivamente realizzate 1290 scansioni in<br />
tre giornate di lavoro.<br />
Figura 3 - Confronto tra il modello tridimensionale della testa dell’Ebe prima e dopo la fase di chiusura dei fori.
Figura 4 - Scansione 3D della statua tramite il T-Scan del sistema di misura integrato.<br />
Elaborazione dei dati<br />
Il post-processing dei dati è stato effettuato tramite il software<br />
Polyworks, che dispone di un plug-in di interfaccia<br />
con il sistema di misura integrato per la gestione e visualizzazione<br />
in tempo reale delle nuvole di punti acquisite tramite<br />
il T-Scan.<br />
Questa fase di elaborazione dei dati è risultata particolarmente<br />
lunga e complessa in funzione dell’elevato numero<br />
di scansioni. Le 1290 nuvole di punti registrate tra di loro,<br />
grazie alla funzione di localizzazione dello scanner portatile<br />
rispetto alla stazione di riferimento Laser Tracker, sono<br />
state sottoposte ad un raffinamento dell’allineamento attraverso<br />
una funzione di registrazione globale seguita da un<br />
processo automatico per la riduzione della sovrapposizione<br />
tra le diverse scansioni (zone di overlap), che ha portato ad<br />
una prima diminuzione della massa di dati.<br />
La mesh a facce triangolari è stata poi ottenuta attraverso<br />
un processo di triangolazione che converte le nuvole di punti<br />
acquisiti dallo scanner in una superficie continua e ne produce<br />
una rappresentazione visualmente più intuitiva. Consi-<br />
Figura 5 - A sinistra: insieme delle scansioni registrate (visualizzate in colori diversi) ottenute tramite il T-Scan. A destra: modello digitale 3D dell’Ebe<br />
ottenuto dalla fusione delle precedenti scansioni.<br />
36 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 37<br />
derata la grande quantità di dati (dipendente dalle dimensioni<br />
della statua), è stato necessario sottoporre il modello<br />
digitale ad una forte semplificazione geometrica attraverso<br />
una decimazione controllata in funzione della curvatura superficiale<br />
della mesh. Questo approccio determina quindi<br />
una mesh a risoluzione variabile, che utilizza triangoli più<br />
grandi dove la superficie dell’oggetto ha una minore curvatura<br />
e triangoli più piccoli nelle aree a maggiore curvatura.<br />
Il risultato è stato un modello finale composto da poco più di<br />
5 milioni di triangoli, non molti di più rispetto al modello di<br />
più piccole dimensioni, ma a più alta risoluzione, della sola<br />
testa dell’opera (figura 5).<br />
[continua…]<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
S. A. Curuni, N. Santopuoli, 2007, “Pompei, Via dell’Abbondanza. Ricerche,<br />
restauri e nuove tecnologie”, Edizioni Skira, Milano.<br />
F. De Crescenzio, M. Fantini, F. Persiani, N. Santopuoli, L. Seccia, V.<br />
Virgilli, 2008, Monitoring of the conservation state of the internal wall<br />
surfaces of Room with Golden Vault in the Domus Aurea, in Proceedings<br />
of the International Workshop – In Situ Monitoring of Monumental<br />
Surfaces, Florence, 27-29 ottobre 2008, pp. 77-86.<br />
S. Androsov, F. Mazzocca, A. Paolucci (a cura di), <strong>2009</strong>, “CANOVA. L’ideale<br />
classico tra scultura e pittura”, Silvana Editoriale, Milano.<br />
M. Balzani, M. Fabbri, F. Persiani, L. Seccia, F. De Crescenzio, M. Fantini,<br />
V. Virgilli, 2007, L’Ebe di Antonio Canova nella Pinacoteca Civica di<br />
Forlì: studio di fattibilità per l’applicazione di tecnologie avanzate di<br />
rilievo, prototipazione e realtà virtuale. In “Restauro. Economia della<br />
Cultura – Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni<br />
Culturali e Ambientali”, Catalogo della Fiera del Restauro di Ferrara<br />
2007, 22-25 marzo 2007, Acropoli s.r.l., Bologna, pp. 222-226.<br />
R. Scopigno, 2005, Gestione efficiente dei dati prodotti dai sistemi di<br />
scansione tridimensionale. Laser Scanner e GPS: Paesaggi Archeologici<br />
e Tecnologie Digitali, 4, pp. 41-68.<br />
C. Cassani, 2008, Strumenti per una nuova tecnologia per il rilevamento<br />
architettonico ed archeologico, in “Il cantiere della conoscenza,<br />
Metodologie e strumenti per la conservazione ed il restauro”, a cura di<br />
R. A. Genovese, Arte Tipografica Editrice, pp. 155-167.<br />
RINGRAZIAMENTI<br />
Gli autori ringraziano in modo particolare:<br />
Avv. Pier Giuseppe Dolcini (Presidente delle Fondazione Cassa dei<br />
Risparmi di Forlì), Dr. Gianfranco Brunelli (Coordinatore generale<br />
della Mostra su Canova), Dr.ssa Luciana Prati (Dirigente Pinacoteca<br />
Civica, Servizi Pinacoteca e Musei, Comune di Forlì), Prof. Marcello<br />
Balzani (Responsabile Scientifico e Direttore del DIAPReM, Università<br />
di Ferrara), Ing. Cesare Cassani, Dr. Anthony Vianna (Leica<br />
Geosystems/Hexagon Metrology), Dr. Renato Figini, Sig. Daniele<br />
Molina (Konica Minolta Sensing Europe B.V. Italy Branch Office).<br />
ABSTRACT<br />
Canova’s Ebe: digital model and application developments - 1st<br />
part - In this paper the main aspects of a complex research project,<br />
performed by the CAILab and V-lab laboratories of the Second Engineering<br />
Faculty of the Bologna University, are described. This<br />
project is being developed exploiting some different laser scanning<br />
technologies, with the goal to obtain a 3D survey of the sculpture<br />
called Ebe of Antonio Canova that is conserved in Forlì.<br />
NOTE<br />
1. Presso la sede di Cusercoli (FC) del CAILab vengono organizzati<br />
periodicamente incontri scientifici e cantieri-scuola per la preparazione<br />
teorica e pratica di allievi delle due Facoltà e della<br />
Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio<br />
della Sapienza Università di Roma.<br />
2. In particolare si tratta di indagini ultrasoniche e radiografiche<br />
eseguite da Carlo Lugnani Doria della ditta RCL – Ricerca Controlli<br />
Lavori.<br />
3. La parte iniziale di questo progetto di ricerca è stata resa possibile<br />
anche grazie alla grande disponibilità del Prof. M. Balzani,<br />
Direttore del DIAPReM, in termini sia di personale che di mezzi.<br />
4. Di fatto il sistema effettua misure polari (due angoli e una distanza),<br />
che vengono poi trasformate in coordinate cartesiane.<br />
5. Nel resto del paragrafo il sistema di inseguimento Laser Tracker si<br />
intende sempre accoppiato con la videocamera digitale T-Cam.<br />
AUTORI<br />
FRANCESCA DE CRESCENZIO<br />
MASSIMILIANO FANTINI<br />
FRANCO PERSIANI<br />
VALENTINA VIRGILLI<br />
II FACOLTÀ DI INGEGNERIA, CAILAB, UNIVERSITÀ DI BOLOGNA<br />
NICOLA SANTOPUOLI<br />
FACOLTÀ DI ARCHITETTURA VALLE GIULIA, SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA<br />
LEONARDO SECCIA<br />
SECCIA@CIRAM.UNIBO.IT<br />
II FACOLTÀ DI INGEGNERIA, CAILAB E CIRAM, UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
SCHEDE TECNICHE<br />
ZSCAN:<br />
SCANSIONE<br />
TRIDIMENSIONALE<br />
DIGITALE<br />
di Marco Ghezzi,<br />
Domenico Santarsiero<br />
Tra le tecnologie di ultima generazione applicate ai beni<br />
culturali, il laser scanner rappresenta senza alcun dubbio una<br />
soluzione adeguata e allo stesso tempo innovativa, la dove la<br />
necessità impone la documentazione dei beni culturali attraverso<br />
la modellistica 3D. Ma le frontiere applicative non hanno limiti,<br />
ed ecco che si affaccia nel mercato delle soluzioni per i beni<br />
culturali, un nuovo approccio al problema, ovvero la tecnica del<br />
photo scanning , basata sull’impiego delle immagini come fonte<br />
inesauribile di informazioni non solo metricamente valide, ma<br />
ampiamente estensive nel loro carico di informazioni contenute<br />
nello strato informativo della cromaticità del bene culturale.<br />
ZScan è uno strumento per l’acquisizione<br />
di nuvole di punti<br />
mediante l’uso di una camera<br />
fotografica digitale, una slitta di precisione<br />
e un software basato su un innovativo<br />
algoritmo di analisi multifocale<br />
dell’immagine. E’ caratterizzato<br />
dall’accuratezza sia geometrica che<br />
cromatica dei risultati, dalla semplicità<br />
e praticità d’uso e dalla robustezza<br />
dei suoi componenti. Serve per realizzare<br />
modelli digitali acquisendo, da<br />
immagini fotografiche, delle nuvole di<br />
punti che definiscono una copia digitale<br />
in 3D dell’oggetto rilevato.<br />
Consente il rilievo metrico indiretto,<br />
quello cioè che si realizza senza “toccare”<br />
l’oggetto prescindendo anche<br />
dalla necessità di rilievo di punti topografici<br />
di appoggio. Non è pertanto<br />
necessario alcun altro strumento<br />
per completare il rilievo. Il sistema<br />
è completamente autonomo: dalle<br />
immagini alle misure, sfruttando<br />
un software completamente italiano<br />
prodotto dalla stessa MenciSoftware.<br />
Inizialmente progettato per l’uso da<br />
parte di utenti inesperti nel settore<br />
del rilievo dei Beni Culturali, è stato<br />
successivamente utilizzato anche in<br />
altri settori.<br />
Il sistema può essere infatti adottato<br />
anche a scopo documentario<br />
per conoscere<br />
con esattezza<br />
il bene da<br />
rilevare in 3D. L’ausilio<br />
delle immagini<br />
rende lo strumento<br />
particolarmente<br />
appetibile per<br />
il rilievo dei Beni<br />
Culturali, dove la<br />
componente informativa<br />
dei colori<br />
ha una grande importanza.<br />
Il risultato<br />
è una griglia<br />
di punti 3D ad alta<br />
precisione con texture dell’immagine<br />
applicata: ovvero un raster 3D. È<br />
possibile prendere misure, graficizzare<br />
tematismi, fare rappresentazioni<br />
3D in CAD, generare ortofoto<br />
e ortomosaici ad alta risoluzione.<br />
ZScan opera in condizioni di lavoro<br />
che richiedono distanze di presa variabili<br />
da pochi centimetri fino ad un<br />
massimo di 10 metri, influenzando di<br />
conseguenza la precisione dei modelli.<br />
Tutte le nuvole di punti hanno colori<br />
con fedeltà fotografi ca, consentendo<br />
inoltre di applicare eventualmente<br />
la propria texture dopo il processo di<br />
Figura 1 – Fase di presa di una “tripletta” di immagini per un affresco murale.<br />
triangolazione.<br />
Si tratta del primo sistema fotogrammetrico<br />
semplificato, di facile trasporto<br />
e con una estrema facilità d’uso.<br />
Chiunque può operare senza competenze<br />
specifi che o specialistiche, realizzando<br />
modelli 3D frutto di soli 3<br />
scatti fotografici senza nessun altro<br />
intervento, in quanto non è richiesto<br />
alcun punto di controllo o misura preliminare.<br />
E’ comunque possibile avvalersi<br />
dei punti di controllo, se disponibili,<br />
per facilitare la registrazione dei<br />
modelli, il disegno 3D e la generazione<br />
di ortofoto.<br />
38 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 39<br />
Figura 2 – Tripletta di<br />
immagini.<br />
Figura 3 – Una vista della nuvola di punti che genera il modello 3D.<br />
DESCRIZIONE TECNICA<br />
Il sistema richiede una camera fotografica<br />
appositamente calibrata. In<br />
funzione dell’ottica utilizzata si può<br />
ampliare il campo di azione dello strumento.<br />
La configurazione proposta<br />
prevede una camera digitale Canon o<br />
Nikon. Le precisioni sono direttamente<br />
relazionate alla distanza di presa<br />
e all’ottica utilizzata. Lo strumento<br />
può avere più ottiche calibrate.<br />
La camera deve essere alloggiata su<br />
una slitta di precisione con carrello<br />
a ricircolo di sfere (lunghezza 500 o<br />
900 mm) con testa tilt, che consente<br />
di conoscere con alta precisione la<br />
“base di presa”.<br />
Figura 4 – Camera da presa sulla slitta<br />
Il dispositivo di<br />
acquisizione dati<br />
è supportato dal<br />
software ZScan<br />
per la generazione<br />
di nuvole<br />
di punti. ZScan<br />
basa il proprio<br />
funzionamento<br />
su un sofisticato<br />
algoritmo di<br />
rettifica multifocale<br />
mediante il quale le immagini<br />
vengono ricampionate epipolarmente<br />
secondo piani variabili in funzione<br />
della morfologia dell’oggetto da<br />
ricostruire. La rettifica è seguita da<br />
un processo di image<br />
matching multioculare<br />
che consente di<br />
ottenere un’elevata<br />
Figura 5 – Modello 3D di dettaglio di affresco - una fase di misurazione<br />
l’ampiezza di una fessurazione.<br />
qualità ricostruttiva<br />
sia della forma<br />
che del colore della<br />
nuvola di punti.<br />
Le fasi del processo<br />
di elaborazione sono<br />
suddivisibili in due<br />
grandi categorie: la<br />
preparazione della<br />
tripletta di immagini<br />
(per tripletta si intende lo scatto<br />
in successione della camera digitale<br />
sulla barra di precisione) e la successiva<br />
ricostruzione tramite il software<br />
della superficie rilevata in 3D.<br />
RESTITUZIONE DEL MODELLO 3D:<br />
UN SOFTWARE EVOLUTO<br />
La restituzione inizia con l’introduzione<br />
dei valori relativi alla distorsione<br />
delle immagini, rilevati durante la<br />
fase di calibrazione della camera nei<br />
laboratori MenciSoftware, per l’eliminazione<br />
delle aberrazioni ottiche.<br />
Le immagini vengono analizzate mediante<br />
un operatore d’interesse per<br />
la ricerca di un numero di features<br />
dipendente dalle loro dimensioni, ma<br />
che di solito non è inferiore a 1500.
La disposizione delle features influenza<br />
le fasi successive del calcolo.<br />
È necessario che esse siano distribuite<br />
su tutto il fotogramma e che<br />
quest’ultimo sia omogeneamente<br />
texturizzato.<br />
Un algoritmo di ricerca delle features<br />
omologhe e del loro filtraggio mediante<br />
geometria epipolare, conduce<br />
alla ricostruzione degli orientamenti<br />
dei tre fotogrammi. I valori angolari<br />
ottenuti per l’assetto di presa sono<br />
prossimi a zero e la loro entità dipende<br />
dalle tolleranze costruttive della<br />
slitta, dal posizionamento della camera<br />
sul carrello, dall’oscillazione<br />
della barra ed eventualmente del<br />
supporto che la sostiene. La correttezza<br />
dell’orientamento è il presupposto<br />
indispensabile per la buona riuscita<br />
del processo di ricostruzione.<br />
Noto l’orientamento, si procede alla<br />
fase di rettifica trinoculare al fine di<br />
annullare simultaneamente la parallasse<br />
verticale sui tre fotogrammi. La<br />
rettifica è particolarmente complessa<br />
in quanto le condizioni di presa sono<br />
prossime a quelle di perfetto allineamento,<br />
che costituisce una condizione<br />
degenere per il tensore trifocale.<br />
A tale scopo è stato messo a punto un<br />
algoritmo di rettifica trinoculare senza<br />
l’uso del tensore trifocale. La ricostruzione<br />
della superficie avviene per<br />
image matching mediante metodi di<br />
programmazione dinamica. Il calcolo<br />
della cross-correlazione è simultaneo<br />
sulle tre immagini e sfrutta le componenti<br />
cromatiche RGB.<br />
IMAGE SCAN E LASER SCAN<br />
La tecnica “Image Scan” realizzabile<br />
con il sistema ZScan produce un risultato<br />
direttamente paragonabile a<br />
quello acquisibile con sistemi di “laser<br />
scanning” (ove cioè i punti sono<br />
rilevati in maniera automatica e direttamente<br />
da unità distanziometriche<br />
laser a testa<br />
rotante); il<br />
multi-matching<br />
delle 3 immagini<br />
è in grado di<br />
produrre nuvole<br />
di punti che<br />
hanno la stessa<br />
qualità, in termini<br />
di densità<br />
e di precisione,<br />
delle nuvole di<br />
punti acquisite<br />
dalle unità di<br />
acquisizione laser<br />
scanning.<br />
Il risultato è<br />
valido sia per<br />
Figura 6 - Zscan versione Micro per analisi di dettaglio e distanze di<br />
presa ravvicinate.<br />
le applicazioni terrestri che quelle<br />
aeree (LIDAR). Pertanto, l’utilizzazione<br />
di sistemi di fotogrammetria<br />
o LIDAR per la produzione di una nuvola<br />
di punti non è influenzata dalla<br />
precisione, dalla densità, né dal<br />
tempo necessario per ottenere il<br />
prodotto finale. Le misure fotogrammetriche<br />
sono completamente automatiche<br />
e possono essere eseguito<br />
subito dopo la registrazione delle<br />
immagini, grazie alle misurazioni<br />
dirette dei parametri di orientamento<br />
esterno (tramite sistemi GPS/<br />
IMU, come per gli strumenti LIDAR).<br />
La generazione di una nuvola di punti<br />
fotogrammetrica offre un vantaggio<br />
particolare rispetto all’approccio<br />
laser scanner. Le stesse immagini<br />
orientate, usate per generare le nuvole<br />
di punti, possono essere utilizzate<br />
per favorire e migliorare la successiva<br />
fase di segmentazione. Nei laser<br />
scanner si richiede un “extra” per<br />
l’acquisizione di immagini orientate,<br />
al fine di ottenere gli stessi dati ricavabili<br />
dalla fotogrammetria. Questa<br />
esigenza significa, ovviamente, costi<br />
più elevati.<br />
ABSTRACT<br />
Zscan: digital 3D scanning - Nowadays,<br />
laser scanner represents one of the stateof-the-art<br />
technologies, even in the cultural<br />
heritage field. Now, more than ever,<br />
the need for a three dimension documentation<br />
is the goal of most restoration<br />
programs. But the development of new<br />
techniques and applications is far from<br />
slow down: a new technique, called Photo<br />
Scanning, is now facing the scene. Developed<br />
in Italy by Menci Software, this technique<br />
provides a 3D documentation of an<br />
artefact taking advantage the chromatic<br />
informations kept by images.<br />
AUTORI<br />
MARCO GHEZZI<br />
MARCO.GHEZZI@MENCI.COM<br />
DOMENICO SANTARSIERO<br />
DOMENICO.SANTARSIERO@MENCI.COM<br />
RIFERIMENTI<br />
FOTOGRAMMETRIA, LASER SCANNER, SCANNER 3D, SISTEMI PER CARTOGRAFIA TERRESTRE, AEREA E SATELLITARE<br />
SISTEMI DI MISURA TRIDIMENSIONALE MEDIANTE IMMAGINI E/O SCANSIONI LASER<br />
SISTEMI DI RIPRESA HARDWARE E SOFTWARE PERSONALIZZATI<br />
VIA LUMIERE 19 52100 AREZZO - ITALY<br />
TEL/FAX (0039)0575382051 / (0039)0575383960<br />
WWW.MENCI.COM<br />
40 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
SCHEDE TECNICHE<br />
SISTEMA DI<br />
ANALISI DI<br />
FLUORESCENZA<br />
X PORTATILE<br />
di Vittorio Bresciani<br />
Figura 1 - Particolare della testa con sorgente e detector.<br />
Un strumento portatile per fluorescenza X si colloca nel campo<br />
delle strumentazioni per le analisi non distruttive ed è in grado<br />
di effettuare analisi in situ, in tempo reale, su campioni solidi,<br />
senza dover affrontare problematiche importanti quali quelle<br />
del trasporto delle opere in laboratorio.<br />
In letteratura è possibile incontrare<br />
sigle diverse per identificare il medesimo<br />
principio fisico di funzionamento<br />
degli strumenti di analisi di<br />
fluorescenza X: con EDXRF si intende<br />
Energy Dispersion X Ray Fluorescence,<br />
mentre con XEDS, X-Ray Energy<br />
Dispersion Florescence.<br />
Il sistema qui presentato consente<br />
di effettuare le analisi qualitative e<br />
semiquantitative, sia chimiche che<br />
mineralogiche, necessarie alla caratterizzazione<br />
composizionale del campione<br />
in analisi.<br />
IL PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO<br />
Il principio fisico della tecnica di fluorescenza<br />
X si basa sull’espulsione di<br />
un elettrone dagli orbitali più interni<br />
di un atomo, qualora esso venga colpito<br />
da un fascio di fotoni o di particelle<br />
cariche di sufficiente energia; in<br />
seguito al riassestamento energetico<br />
si ha l’emissione di fotoni X caratteristici,<br />
con frequenza correlata al numero<br />
atomico Z dell’atomo bersaglio<br />
secondo la legge di Moseley (n = [K<br />
(Z – s)]2 ). Questi fotoni vengono raccolti<br />
da un rivelatore a semiconduttore<br />
Si(Li) e inviati ad un analizzatore<br />
multicanale in grado di discriminarli<br />
in base alla loro energia; si ottiene<br />
così uno spettro in cui si distinguono<br />
dei picchi, ogni picco corrisponde ad<br />
una ben precisa energia caratteristica<br />
dello specifico atomo.<br />
Dall’identificazione dei picchi si deduce<br />
la presenza nel campione di determinati<br />
elementi: l’analisi elementare<br />
qualitativa è perciò immediata.<br />
DESCRIZIONE DEL SISTEMA<br />
Lo strumento qui illustrato è specificatamente<br />
progettato per indagini<br />
sui Beni Culturali.<br />
Il sistema, altamente innovativo, è in<br />
grado di rivelare elementi nel range<br />
1.5Kev-30Kev (Al-Cs) ed è fornito in<br />
due contenitori rigidi di peso limitato,<br />
atti al trasporto ed alla corretta<br />
conservazione del sistema stesso.<br />
In un contenitore è alloggiata l’unità<br />
principale completa di alimentatori,<br />
nel secondo contenitore e’ alloggiata<br />
la testa di misura (Figura 1), i cavi<br />
di alimentazione, gli accessori e un<br />
computer portatile.<br />
La sorgente, molto compatta, contiene<br />
l’alimentatore alta tensione, ed è<br />
stata progettata specificatamente<br />
per l’utilizzo in fluorescenza X. Consente<br />
un funzionamento continuo con<br />
raffreddamento a convezione naturale,<br />
e ha caratteristiche di schermatura<br />
e stabilità per operare con sensori<br />
ad elevata risoluzione.<br />
L’unità è dotata di puntatori laser<br />
per verificare esattamente la zona<br />
di eccitazione e la distanza ottimale<br />
di posizionamento dell’elemento da<br />
analizzare.<br />
L’unità principale consente, tramite<br />
un computer ed un software dedicato,<br />
di analizzare, elaborare e memorizzare<br />
i dati acquisiti dal sensore.<br />
SOFTWARE DI<br />
ACQUISIZIONE E ANALISI DATI<br />
Il sistema è fornito del software AM-<br />
PTEK per analisi qualitativa (opz.<br />
quantitativa) X-Ray Fluorescence.<br />
Esso processa le righe spettrali misurate<br />
per ottenere prima l’intensità<br />
degli elementi di punta (cioè l’intensità<br />
dei picchi corrispondenti a ogni<br />
elemento), e poi le concentrazioni<br />
elementari o gli spessori della pellicola<br />
superficiale (Figura 2).<br />
UTENTI E PRINCIPALI REFERENTI<br />
Alla data di pubblicazione del seguente<br />
articolo, molti laboratori di analisi<br />
si sono dotati di tale strumentazione;<br />
tra questi vengono annoverati:<br />
• il Dipartimento di Fisica dell’Università<br />
di Bologna<br />
• il Dipartimento di Conservazione<br />
dei Beni Culturali dell’Università<br />
di Bologna (sede di Ravenna)<br />
• l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare<br />
di Catania<br />
42 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 43<br />
NOTE TECNICHE:<br />
- Alimentazione da rete 220Vac<br />
50 Hz<br />
- Sorgente RX con anodo di W<br />
e finestra in Be in grado di<br />
operare nel campo 2- 38KV<br />
con corrente regolabile nel<br />
campo 0- 0.5mA, completa<br />
di collimatori per consentire<br />
analisi su superfici del<br />
diametro di 1 e 3 mm.<br />
- Silicon Drift Detector (Unità<br />
realizzata in collaborazione<br />
con il Politecnico di Milano)<br />
- Risoluzione 130 eV (125 a<br />
richiesta).<br />
- Autoraffreddante con elemento<br />
Peltier<br />
- Finestra in Be da 8 μM<br />
- Area utile del sensore: 5mm<br />
quadri<br />
- Shaping time: 1,5<br />
microsecondi.<br />
- Analizzatore multicanale con<br />
16K data channel, altamente<br />
stabile completo di software<br />
di presentazione spettri<br />
compatibile Windows montato<br />
nel modulo di alimentazione.<br />
Figura 2 - Software AMPTEK di analisi<br />
Figura 3 - Particolare testa strumento (Detector<br />
e Generatore raggi-x) montata su<br />
dispositivo di centratura con supporto a tripode<br />
telescopico.<br />
- Computer portatile con<br />
installato sistema operativo<br />
Windows e software di<br />
presentazione spettri Windows<br />
compatibile. Il computer<br />
colloquia con una porta seriale<br />
RS 232 con il multicanale.<br />
- Cavalletto regolabile in<br />
altezza, completo di supporto<br />
per la testa di misura e di<br />
slitta per l’avvicinamento della<br />
testa all’oggetto da analizzare.<br />
• il Dipartimento di Fisica della<br />
Sapienza Università di Roma<br />
• il Dipartimento di Chimica<br />
dell’Università di Perugia<br />
• l’Istituto Centrale per il Restauro<br />
di Roma<br />
• l’Universite Catholique de Louvain<br />
• la Divisione di Scienze Fisiche<br />
dell’Università di Napoli<br />
• il Dipartimento di Fisica dell’Università<br />
di Pisa<br />
Figura 4 - Particolare della testata dello strumento<br />
posizionata per l’analisi di un frammento<br />
di intonaco.<br />
• il Dipartimento di Energetica<br />
dell’Università la Sapienza di Roma<br />
• il Centro Nacional de Aceleradores<br />
de Sevilla<br />
• l’Institut de Ciencia de Materials<br />
de Valencia<br />
• l’Instituto Portugues De Conservação<br />
e Restauro<br />
• l’Università di Camerino<br />
• il China National Institute of Cultural<br />
Property di Beijing (Pechino)<br />
• il CFP - Centro Formazione Professionale<br />
della Provincia di Cremona<br />
• Il museo di Xian - Shaanxi Historical<br />
Museum - Xi’an- Cina.<br />
Figura 5 - Strumento con computer ed<br />
accessori pronto per il trasporto sul<br />
campo alloggiato nel suo contenitore<br />
antiurto.<br />
ABSTRACT<br />
Portable X-Ray Fluorescence System<br />
- The portable x-ray fluorescente equipment<br />
uses the technical EDXRF and specifically<br />
has been designed for non destructive<br />
analysis on metals, paintings,<br />
marbles and generally for Cultural Heritage<br />
investigations and for research in<br />
geochemistry, forensic science, etc.<br />
This version, has possibilities of analysis<br />
on the range of measure from 1 to 33kev.<br />
Resolution 130eV (125ev on request). The<br />
elevated ability of acquisition, allows<br />
measures very brief times, typically within<br />
one minute.<br />
AUTORE<br />
VITTORIO BRESCIANI<br />
RIFERIMENTI<br />
BRESCIANI MATERIALI ED ATTREZZATURE PER IL RESTAURO E LA CONSERVAZIONE<br />
BRESCIANI S.R.L. - VIA BREDA 142 - 20126 MILANO ITALY<br />
TEL. +39 02.27002121 R.A.<br />
FAX +39 02.2576184<br />
www.brescianisrl.it info@brescianisrl.it
SICUREZZA<br />
LA SICUREZZA E LA CONSERVAZIONE<br />
DEI BENI CULTURALI<br />
RIFLESSIONI EPISTEMOLOGICHE<br />
di Sandro Massa<br />
Nel corso dei secoli il concetto di<br />
conservazione e di restauro ha assunto<br />
via via sfumature diverse, non sempre<br />
omogenee tra loro. Si è dato per scontato<br />
che il degrado delle opere fosse segno<br />
dell’ineluttabilità del tempo senza<br />
chiedersi in maniera scientifica perché<br />
ciò si verificasse. Questo articolo vuole<br />
cercare di dare una accezione più<br />
organica ai vari concetti utilizzando,<br />
anche se in maniera impropria, il “Rasoio<br />
di Occam” per giungere ad una visione più<br />
realistica.<br />
Figura 1 – Esempio di degrado: la statua sul Ponte dei quattro capi a Roma.<br />
Nell’antichità l’attività di conservazione era pressoché<br />
sconosciuta e quella di restauro era prevalentemente<br />
intesa come semplice manutenzione o come riadattamento<br />
dell’opera, legato al gusto del tempo o a motivazioni<br />
ideologiche. Gli interventi di restauro hanno subito<br />
nei secoli trasformazioni anche rilevanti: basti pensare alle<br />
impostazioni date nell’ultimo secolo e che si legano ai nomi<br />
di Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, John Ruskin, Camillo<br />
Boito, Gustavo Giovannoni e Cesare Brandi, il quale ha definito<br />
il restauro come: «il momento metodologico del riconoscimento<br />
dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e<br />
nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della<br />
trasmissione al futuro».<br />
A tutt’oggi l’impostazione del Brandi non è ancora universalmente<br />
accettata, nonostante sia alla base delle varie<br />
“Carte del restauro”. Nei paesi asiatici infatti – ma non solamente<br />
lì – ancora si ritiene che il restauro consista nel<br />
mantenere in vita lo “spirito” dell’opera, non la sua “materialità”.<br />
Il concetto di restauro naturalmente non può essere<br />
scisso da quello di degrado, essendo questo la causa e<br />
l’altro un intervento di ripristino delle funzionalità (rendere<br />
nuovamente solido, re-staurare).<br />
44 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 45<br />
MA COSA SI INTENDE PER DEGRADO?<br />
La prima formulazione del concetto di degrado consisteva<br />
nel ritenerlo una perdita di materia. In realtà in alcune tipologie<br />
di degrado, ad esempio nella corrosione dei metalli,<br />
questo può manifestarsi come un aumento di materia (figura<br />
1).<br />
E poi che dire dello scolorimento superficiale? E dove si perde<br />
la lettura di un’iscrizione o di un’immagine senza che si<br />
abbia una perdita o un aumento di materia?<br />
Forse, in analogia con la teoria dell’informazione, si potrebbe<br />
definire con il termine degrado la perdita d’informazione,<br />
indipendentemente dal fatto che venga implicata una<br />
perdita di materia. È stato necessario lo studio dei processi<br />
termodinamici per avere una visione scientifica di quanto<br />
accadeva naturalmente. In particolare, l’impostazione del<br />
Secondo principio ha dimostrato come qualunque trasformazione<br />
nel mondo fisico non possa avere un rendimento<br />
pari ad 1, ossia qualcosa viene sempre perso in termini di<br />
energia o di materia. Da questa impostazione è poi derivata<br />
l’affermazione che sottolinea come tutto in natura tenda<br />
ad un massimo di disordine, ovvero come ogni cosa tenda a<br />
perdere le caratteristiche originarie e quindi a degradarsi.<br />
Per un periodo piuttosto lungo poi, si è cercato di attribuire<br />
la causa principale del degrado alla presenza degli<br />
inquinanti, non riuscendo a giustificare come siano sorti<br />
i deserti. In un’accezione sistemica si dovrebbe vedere il<br />
degrado di origine ambientale determinato dall’interazione<br />
con l’ambiente circostante in un continuo scambio di energia<br />
e materia (calore ed umidità); dall’entità, dalla tipologia<br />
e dalla localizzazione di questi scambi – mediati dalle<br />
caratteristiche fisico/chimiche dei vari materiali – nascono<br />
tutti i problemi del degrado fisico di origine ambientale. Più<br />
intensi sono questi scambi, maggiore è la probabilità che si<br />
manifestino localmente trasformazioni irreversibili e quindi<br />
fenomeni di degrado legati in una relazione di causa-effetto<br />
(figura 2).<br />
BBCC<br />
Figura 2 - Origine del degrado ambientale.<br />
Calore<br />
Umidità<br />
Ambiente<br />
In quest’ottica, anni fa, si è anche cercato di individuare le<br />
condizioni conservative ottimali per ciascun materiale costituente<br />
l’opera. Anche qui non si è riusciti a spiegare il motivo<br />
per il quale il Wasa (un vascello svedese del VII secolo),<br />
come altre opere, sia stato fino a qualche anno fa esposto<br />
a continui getti di vapore, al fine di mantenere condizioni<br />
ambientali simili a quelle in cui si trovava (figura 3).<br />
Si possono portare molti esempi simili. In definitiva, se si è<br />
fatta strada la concezione dell’adattabilità dell’opera alle<br />
condizioni ambientali esterne, un grosso contributo nei confronti<br />
di questo aspetto è legato all’impostazione del principio<br />
di Le Châtelier-Braun: «ogni sistema tende a reagire<br />
ad una modifica impostagli dall’esterno minimizzandone gli<br />
effetti». Ciò equivale a dire che il materiale tende a modificare<br />
le sue caratteristiche intrinseche al fine di contenere<br />
gli effetti. Se le variazioni ambientali sono di breve durata,<br />
il materiale in questione potrebbe anche non avvertirle ma,<br />
se sono prolungate, esso mette in atto azioni massive di<br />
contrasto e, in alcuni casi, questo comportamento può dar<br />
luogo a fenomeni irreversibili e quindi a degrado.<br />
Pertanto le condizioni conservative, ovvero quelle per le<br />
quali si manifesta una minore velocità di degrado, sono<br />
quelle alle quali l’opera si è adattata nel corso degli anni; è<br />
difficile sostenere, come nel caso del Wasa, che per conservare<br />
il legno questo debba essere continuamente irrorato.<br />
Figura 3 – Stato di conservazione del vascello svedese Wasa (VII secolo).<br />
PREVENIRE LE CAUSE PIÙ CHE CURARE GLI EFFETTI<br />
Assodata la relazione di causa ed effetto del degrado di<br />
origine ambientale, dobbiamo considerare gli interventi<br />
correttivi più idonei al fine di ridurre questi effetti. Gli<br />
interventi di restauro sono azioni postume e spesso questi<br />
vengono effettuati con tecniche e prodotti innovativi,<br />
che generano ulteriore danno all’opera stessa. Dobbiamo<br />
pertanto ragionare con un ottica diversa: innanzitutto è<br />
necessario accettare il fatto- come suggerisce il Secondo<br />
Principio della Termodinamica - che non è possibile mantenere<br />
eternamente in vita un’opera d’arte; è ovvio però<br />
che si può cercare di eliminare o mitigare le cause. Questo<br />
è possibile riducendo gli scambi con l’ambiente circostante,<br />
in maniera da minimizzare il rischio di degrado, sempre<br />
tenendo presente che il sistema ambiente-manufatto è un<br />
sistema complesso dotato di molti parametri, con condizioni<br />
di soglia e non lineare; spesso, infatti, nel minimizzare<br />
l’effetto di un solo parametro, si rischia di generare effetti<br />
indesiderati scaturiti dal rinvigorimento dei parametri non<br />
controllati (pensiamo all’uso di materiali impermeabilizzanti<br />
sulle superfici murarie dove il vapore contenuto nella muratura,<br />
non potendo più fuoriuscire, genera pressioni tali da<br />
rimuovere completi strati murari in superficie).<br />
L’operazione più consona in un’ottica sistemica è quella di<br />
cercare, laddove possibile, di trasformare un sistema (ambiente-manufatto)<br />
di tipo aperto, dove sono possibili scambi<br />
di calore e di vapore, in un sistema isolato dove questi<br />
scambi non sono permessi (tabella 1).<br />
Tipo di<br />
Sistema<br />
SCAMBI di<br />
Energia Materia<br />
Velocità<br />
di Degrado<br />
Isolato NO NO +<br />
Chiuso SI NO ++<br />
Aperto SI SI +++<br />
Tabella 1 - Velocità di degrado in relazione alla tipologia del sistema.
Pensiamo all’effetto generato durante l’apertura di una<br />
tomba affrescata in un ipogeo, ossia al passaggio, da un<br />
ambiente inizialmente isolato ad un ambiente aperto, ed<br />
a come la superficie affrescata venga rapidamente ricoperta<br />
dai sali a seguito dell’evaporazione dell’acqua presente<br />
nella struttura muraria, alterando così la visione e deteriorando<br />
l’affresco.<br />
Naturalmente, un sistema isolato presuppone la non fruibilità<br />
delle opere: se vogliamo rendere fruibile l’opera dobbiamo<br />
cercare di realizzare un sistema chiuso, dove sono solo<br />
possibili scambi di energia ma non di materia. Questi scambi<br />
debbono comunque essere ridotti al minimo.<br />
Anche qui è necessario fare delle considerazioni: non si deve<br />
ad esempio chiudere l’opera in una vetrina, creando così un<br />
sistema chiuso, per poi illuminarla, seppur dall’esterno, con<br />
una sorgente di elevata intensità: ciò favorirebbe l’effetto<br />
serra all’interno della vetrina stessa. Infatti le radiazioni<br />
elettromagnetiche (luce) che penetrano all’interno, non essendo<br />
più in grado di uscire fuori, genererebbero un aumento<br />
di temperatura all’interno che a sua volta determinerebbe<br />
una diminuzione dell’umidità relativa, contribuendo a<br />
stressare l’opera in essa contenuta.<br />
TIPOLOGIE DEL RISCHIO DI DEGRADO<br />
Quanto detto prende in considerazione le interazioni ambiente-manufatto.<br />
Ma sono solo queste le cause di degrado?<br />
E quali sono le cause di degrado più dannose?<br />
In un’accezione oramai consolidata, le cause più dannose<br />
sono quelle più intense e che si sviluppano rapidamente;<br />
mi riferisco agli accadimenti catastrofici, alle inondazioni,<br />
alle frane, ai crolli, ai fulmini, gli incendi, ed ora anche gli<br />
attacchi terroristici. Basti ricordare l’attacco dei talebani<br />
alle statue dei Buddha di Bamiyan nel marzo 2001, volto a<br />
distruggere ogni traccia di idolatria alternativa alla simbologia<br />
islamica: una sorta di damnatio memoriae amplificata<br />
dagli effetti mediatici associabili ad una simile azione. E noi<br />
non siamo esclusi da queste minacce (figura 4).<br />
Quindi, più che parlare di degrado ambientale nel senso che<br />
abbiamo proposto, dovremmo affrontare un altro tipo di<br />
problematica: quella del rischio delle opere.<br />
Il rischio può essere espresso, da un punto di vista strettamente<br />
economico, come prodotto della perdita di valore<br />
dell’opera stessa per la probabilità che l’effetto si manifesti.<br />
In questa ottica il rischio maggiore dovrà essere attribuito<br />
innanzitutto agli attentati, poi agli eventi catastrofici,<br />
ai furti, al degrado di natura ambientale e a quello di natura<br />
antropica. Quest’ultimo, a sua volta, può essere di tipo<br />
intenzionale (danneggiamenti), ed andrebbe assimilato ai<br />
furti, e di tipo non intenzionale, corrispondente alle alterazioni<br />
ambientali legate al flusso dei visitatori.<br />
Ma se parliamo di rischio, necessariamente dobbiamo introdurre<br />
il suo opposto, ossia la sicurezza. Definire il concetto<br />
di sicurezza in questo contesto non è facile e normalmente<br />
lo si deduce dalla valutazione del rischio, in quanto questa<br />
variabile è stimabile a priori. Pertanto, il grado di sicurezza<br />
sarà una conseguenza degli interventi preventivi di mitigazione<br />
dei rischi che abbiamo messo in atto.<br />
INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEI RISCHI<br />
Per gli attentati i sistemi migliori di riduzione del rischio,<br />
oltre che una buona dose di “intelligence,” sono i sistemi<br />
di identificazione delle persone (biometrie), i controlli sulla<br />
tipologia dei movimenti, sul superamento di zone di “sicurezza”,<br />
sulla video sorveglianza in generale e sulla predisposizione<br />
di una procedura di intervento in grado di ridurre<br />
i danni alle persone ed alle opere in caso di crisi.<br />
Per quanto riguarda le catastrofi, possiamo cercare di rendere<br />
più sicura la struttura e predisporre misure di gestione<br />
delle crisi.<br />
Per quanto riguarda i crolli, esistono sistemi diagnostici in<br />
grado di valutare il rischio o produrre un allarme in condizioni<br />
critiche: gli ultrasuoni, l’emissione acustica, l’analisi<br />
strutturale, ecc.<br />
Per quanto riguarda i furti, si fa ricorso alle ormai note contromisure<br />
del settore: basta ricordare che sino a qualche<br />
anno fa, per sistema di sicurezza si intendeva la sola protezione<br />
dai furti. La novità attualmente consiste nell’avere a<br />
disposizione sistemi wireless che non necessitano di installazione.<br />
Per quel che riguarda il degrado antropico e specialmente<br />
quello intenzionale, si farà riferimento alle tecniche di videosorveglianza<br />
intelligente opportunamente integrate con<br />
sistemi wireless e IP, oltre<br />
che a tecniche di separazione<br />
degli ambienti come<br />
nel caso della Necropoli<br />
etrusca di Tarquinia, con<br />
zone preposte alla conservazione<br />
e zone preposte<br />
alla fruizione (figura 5).<br />
Figura 4 – Uno dei Buddha di Bamyian, distrutto dai talebani nel 2001.<br />
Figura 5 - Separazione degli<br />
ambienti in zone di fruizione<br />
e conservazione (Tarquinia,<br />
necropoli etrusca).<br />
46 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 47<br />
RISCHIO E SICUREZZA DEI BENI CULTURALI<br />
Tutto questo sposta l’accezione del degrado verso un più<br />
corretto concetto di rischio e conseguentemente di sicurezza.<br />
In definitiva possiamo dire che, per una corretta conservazione,<br />
è necessario garantire la massima sicurezza ovvero il<br />
minor rischio.<br />
Cause di degrado Rischio Sicurezza<br />
Attentati +++++ +<br />
Catastrofi ++++ ++<br />
Furti +++ +++<br />
Cause ambientali ++ ++++<br />
Cause antropiche + +++++<br />
Questa impostazione tra l’altro sposa bene il concetto, oramai<br />
abusato, di sostenibilità, col quale ci si impegna a fare<br />
in modo che la stessa quantità di risorse che noi abbiamo<br />
a disposizione venga tramandata ai posteri. Rimanendo<br />
nell’ambito delle risorse rinnovabili, questo comporta azioni<br />
di sostituzione di materia o di energia con altre forme<br />
equivalenti; nel settore dei beni culturali – essendo questi<br />
un unicum – dobbiamo adoperarci per ridurre al minimo i<br />
rischi di degrado o di perdita totale o parziale, e di conseguenza<br />
aumentare il grado di sicurezza delle opere.<br />
Tabella 2 - Intensità del rischio e sicurezza dei Beni Culturali<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
A.V. Luikov - Heat and mass transfer Mir, Moskow 1978<br />
Ashton, H.E.; Sereda, P.J. - Environment, microenvironment and durability<br />
of building materials; Durability of building materials / 1982<br />
Charola, A. Elena - Chemical-physical factors in stone deterioration;<br />
Durability of building materials, 1988<br />
Stolow, Nathan - The microclimate: a localized solution, Museum news<br />
/ 1977<br />
S.Massa - Analisi ambiental i condensacio; Manual de diagnosi i tractament<br />
d’humita- Collegi D’aparelladors I Arquitectes Tecnics de Barcelona<br />
1993 pg. 79 - 84<br />
S.Massa, P.Paribeni - Il deperimento delle opere d’arte: cause, evoluzione.<br />
Possibilità di valutazioni quantitative; Ricerche di storia dell’arte<br />
n. 16,1982, pp. 11-18;<br />
S.Massa - Approccio modellistico all’analisi ambientale; Scienza del lavoro<br />
- Roma - 1986 - Ist. Poligrafico dello Stato - pg. 275 - 278<br />
S.Massa -Metodi di simulazione del degrado: rilevamento delle sollecitazioni<br />
ambientali e stima degli effetti; Materiali lapidei n. 41,<br />
1987 - Bollettino d’arte Ist. Poligrafico dello Stato<br />
S.Massa, A.Cyrillo Gomes - Analisi ambientale e conservazione: restauro;<br />
La ricerca progettuale - 1989 - Ed. Progetto Padova pg. 370 – 380<br />
T.Cavallini, S.Massa, A.Russo - Optimal environmental conditions in<br />
museums; Science Tecnology and European Cultural Heritage - Butterworth<br />
1991 p. 320 - 322<br />
S.Massa, S.Morretta - “Fruizione sostenibile di un ambiente confinato”;<br />
VII Colloquio Internazionale “La Gestione Del Patrimonio Culturale. Accessibilità<br />
ai Beni Culturali e Ambientali”- Cesena 4-8 Dicembre 2002,<br />
Roma 2003, pp. 100-107.<br />
C.Bettini, S.Massa - Problemi di conservazione, degrado e fruizione<br />
delle tombe dipinte etrusche; Science Tecnology and European Cultural<br />
Heritage - Butterworth 1991 pg. 370 - 372<br />
S.Massa - Il degrado: Cause ed interventi correttivi; “Dalla morfologia<br />
del degrado alla morfologia della conservazione” CNR- 1994 pg.<br />
305-3<br />
ABSTRACT<br />
Cultural Heritage security and conservation: scientific knowledge<br />
remarks - During the centuries, the concepts of conservation<br />
and restore gradually adopted different meanings. The deterioration<br />
of artefacts was taken for granted as a sign of time but the<br />
scientific causes of this degrade were not deeply investigated. This<br />
paper tries to give a more organic meaning to those concepts, and<br />
to do so a Occam’s razor like principle is being used.<br />
AUTORE<br />
SANDRO MASSA<br />
SANDRO.MASSA@CNR.IT<br />
RESPONSABILE PROGETTO INTERDIPARTIMENTALE “SICUREZZA” DEL CNR
MUSEI<br />
LA FRUIBILITÀ IN RETE<br />
DEL PATRIMONIO CULTURALE:<br />
UN’ANALISI PER IL FUTURO<br />
di Massimo Misiti<br />
L’evoluzione di internet nell’ultimo decennio ha favorito enormemente la possibilità di<br />
distribuire informazioni ad alto livello di digitalizzazione, come le opere d’arte o i libri<br />
richiedono. A fronte di tutto ciò, permangono ancora i problemi del limitato intervento<br />
pubblico a favore delle strutture che dovrebbero relazionarsi col mondo del web 2.0<br />
attraverso gli standard che le tecnologie per i database e per il 3D oggi consentono e<br />
contestualmente richiedono. Viene qui presentata un’analisi sulla base di un rapporto<br />
dell’Associazione Civita.<br />
Il navigatore esperto che alla fine degli anni novanta si<br />
fosse avvicinato ai siti web culturali (musei, istituti, biblioteche)<br />
avrebbe provato molta delusione. I siti web<br />
dei musei non potevano che apparire, per la maggior parte,<br />
desueti. Rispetto ad alcune esperienze europee la ricerca<br />
sui cataloghi delle biblioteche italiane era pressochè inensistente,<br />
tranne qualche rara eccezione, mentre in Francia<br />
già si avviava il progetto Gallica che, nel 2000, contava<br />
35.000 volumi digitalizzati (oggi ne conta quasi un milione).<br />
La multimedialità era pressochè assente. Prenotare visite,<br />
effettuare acquisti di gadget e altri servizi non era possibile.<br />
Perfino i contenuti erano poco curati. Quando nel 1998<br />
Civita partecipò al progetto Parnaso con una indagine denominata<br />
MARS (Musei Attraverso una Rete Strutturata), una<br />
prima ricognizione sullo stato della presenza delle ITC nel<br />
settore museale indicava che il 72,5% non disponeva di un<br />
collegamento Internet.<br />
Oggi i beni culturali sembrano aver finalmente incontrato<br />
il mondo delle tecnologie e scoperto le immense possibilità<br />
che esse offrono. Non solo, ma il salto di qualità è andato<br />
nella direzione giusta, ossia quello della massima utilizzazione<br />
del web, nel riconoscimento che è nella rete che si<br />
gioca il vero confronto strategico. Il 51,9% dei musei ha oggi<br />
una presenza su internet con un proprio dominio (17,25%) o<br />
mediante la presenza su un sito dell’amministrazione che<br />
ne ha la titolarità.<br />
TECNOLOGIE DI PUNTA PER LA FRUIZIONE<br />
Le tecnologie e la cultura si incontrano in molteplici campi.<br />
Il settore del restauro, ad esempio, utilizza non solo le tecnologie<br />
informatiche, ma anche quelle chimiche e fisiche,<br />
dalla spettroscopia all’impiego dei laser per la pulizia delle<br />
superfici lapidee, dall’elettrocibernetica, alle scansioni<br />
elettroniche. Qui si considereranno, in particolare, tutte<br />
quelle applicazioni che hanno attinenza con il mondo della<br />
rete e che sono legate ad alcune delle funzioni che deve<br />
affrontare chi opera nel settore dei Beni Culturali: quelle<br />
della conservazione e della fruizione del patrimonio. Questi<br />
due elementi sono vissuti come due elementi contraddittori<br />
e spesso contrapposti. L’esigenza di preservare la memoria<br />
storica per le future generazioni spinge a limitare l’accesso<br />
al patrimonio culturale sia esso artistico, librario, scientifico.<br />
L’unicità dell’oggetto rappresenta uno scoglio insormontabile<br />
per il fruitore. Un manoscritto, un incunabolo,<br />
una cinquecentina, rappresentano un unicum che va difeso<br />
e salvaguardato. Ma questo vale anche per un’opera d’arte,<br />
per un dipinto, una tavola, una miniatura. In effetti, un bene<br />
culturale ogni volta che è fruito, è sottoposto allo stress della<br />
consultazione, della visita, dell’esposizione. Uno stress<br />
che si manifesta in molteplici forme: dallo spostamento da<br />
un ambiente all’altro, con le variazioni microclimatiche che<br />
questo comporta, al contatto fisico, che trasferisce sul documento<br />
elementi che possono alterarne l’equilibrio batteriologico<br />
o fisico-chimico. Un problema chiaro a chi opera<br />
nelle biblioteche, negli archivi o nei musei, al quale si è<br />
ovviato con la microfilmatura o con le microfiches, o con la<br />
fotografia analogica, tecnologie che oggi sembrano lontane<br />
da noi migliaia di anni luce.<br />
La digitalizzazione dei documenti ha radicalmente modificato<br />
l’accesso ai medesimi perché ha rimosso un elemento<br />
fondamentale che ostacola la fruizione, quello spaziale, la<br />
distanza tra l’utente e l’oggetto. Oggi la combinazione tra<br />
digitalizzazione e compressione da una parte, e impiego<br />
della banda larga dall’altra, fa sì che l’accesso ai documenti<br />
avvenga in maniera rapida e che la consultazione dei medesimi<br />
richieda pochi secondi.<br />
La Bibliothéque Nationale de France alla fine degli anni novanta<br />
ha avviato il progetto Gallica che, a ragione, può essere<br />
considerato il primo e più importante esempio di biblioteca<br />
digitale fruibile in rete. In Italia, nel 2001, nell’ambito<br />
della III Conferenza Nazionale delle Biblioteche, la Direzione<br />
Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali (DGBLIO)<br />
del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha dato il via<br />
al progetto denominato “Biblioteca Digitale Italiana” (BDI).<br />
48 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 49<br />
Figura 1 - Libro di dominio pubblico scaricabile in pdf.<br />
Altre biblioteche pubbliche e di istituzioni culturali hanno<br />
avviato i loro progetti di digitalizzazione convergendo poi<br />
nei rispettivi progetti nazionali. Lo stesso processo ha interessato<br />
la Germania, la Gran Bretagna, i paesi scandinavi.<br />
Un anno fa ha preso il via Europeana, la biblioteca digitale<br />
europea, un’organizzazione a rete basata su un portale<br />
internet per l’accesso comune e multilingue al patrimonio<br />
culturale digitale europeo. Oggi consente l’accesso a circa<br />
4 milioni di oggetti digitali: immagini, dipinti, disegni, mappe,<br />
foto, testi, video, suoni posseduti da importanti musei,<br />
gallerie, archivi, biblioteche e istituti, tra i quali, in Italia,<br />
l’ICCD, La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, l’Istituto<br />
e Museo di Storia della Scienza. Il progetto Europeana ha<br />
assunto come prospettiva quella dell’utente sia in termini<br />
di multilinguismo che di usabilità.<br />
Anche le grandi imprese che operano nel web hanno avviato<br />
progetti specifici. Tra queste vale la pena di considerare il<br />
progetto Google Books Search che prevede sia l’opera di indicizzazione<br />
che di digitalizzazione del testo rendendo possibili<br />
ai milioni di utenti di internet di poter accedere ad un<br />
libro partendo dal contenuto e questo indipendentemente<br />
dal periodo di stampa. Tra l’altro il sistema consente di accedere<br />
al volume nel totale rispetto delle regole sui diritti<br />
d’autore vigenti in ciascuno stato, partendo dal riconoscimento<br />
della provenienza dell’utente (figura 1).<br />
IL WEB 2.0 PER UNA NUOVA COMUNICAZIONE MUSEALE<br />
Lo sviluppo del web – sviluppo che si traduce nella moltiplicazione<br />
per otto del numero degli host in soli nove anni,<br />
passando dai poco più di 72 milioni agli oltre 540 milioni – è<br />
un fenomeno generalizzato, conseguenza di un insieme di<br />
fattori. L’elemento principe è rappresentato dalla crescita<br />
della rapidità di trasmissione delle informazioni con la<br />
banda larga.<br />
La ricerca su web e musei condotta dal Centro Studi di Civita,<br />
pubblicata nel Rapporto Civita “Web e Musei: la cultura<br />
nella rete”, ha affrontato questo tema evidenziando i tratti<br />
fondamentali dei siti dei musei italiani: prevale la cura dei<br />
contenuti, con una attenzione particolare alla presentazione<br />
delle opere e dei reperti conservati nei musei (descrizione,<br />
informazioni storiche, etc.), oltre ad una descrizione<br />
curata degli edifici che li ospitano.<br />
Molto spesso, però, l’approccio ai contenuti è analogo a<br />
quello che si avrebbe nella predisposizione di un catalogo<br />
o di un testo su supporto cartaceo. La costruzione di relazioni<br />
tra gli oggetti, gli autori, la collocazione nel tempo<br />
e sul territorio non sono mai sviluppate con tutte le potenzialità<br />
offerte dalle tecnologie. In sostanza, si cerca di<br />
virtualizzare il museo, più che utilizzare le tecnologie per<br />
proporre una contestualizzazione nel tempo e nello spazio<br />
degli oggetti, che mostri, ad esempio, la documentazione<br />
sulla tecnica di esecuzione o sui lavori di restauro, eventuali<br />
ricostruzioni in 3D di realtà ormai non più visibili. Un<br />
approccio che modifichi il modo stesso di avvicinarsi alla<br />
cultura, che solleciti la crescità di curiosità e conoscenza.<br />
Un altro elemento di fragilità è rappresentato dal multilinguismo<br />
che, tranne qualche rarissima eccezione, non è<br />
proposto nei siti museali, talvolta persino in siti di musei<br />
di fama internazionale. La mancata traduzione dei siti è,<br />
fra l’altro, uno degli handicap maggiori rispetto alla capacità<br />
di offrire servizi al turista che programma la sua visita.<br />
L’impressione che si riporta è che il sito web di un museo<br />
non faccia altro che rispecchiare il modo di comunicare che<br />
il museo ha deciso di assumere e il suo modo di intendere<br />
il rapporto con il visitatore, il pubblico, la comunità. Tanto<br />
più un museo è “noioso” tanto più lo sarà il suo sito; tanto<br />
più il museo sarà chiuso rispetto alla comunità in cui si<br />
trova, non raccontando ciò che fa, i suoi programmi, i suoi<br />
obiettivi, meno il sito sarà aperto a questi temi. Tanto più<br />
il visitatore sarà visto come il destinatario passivo di un<br />
messaggio, tanto più il sito non si preoccuperà di costruire<br />
un rapporto di interazione con il suo pubblico. Un approccio<br />
che contraddice nettamente le nuove filosofie web – quelle,<br />
per intenderci, che sono riconducibili al web 2.0; è un’evoluzione<br />
che mette in campo, secondo la definizione di Tom<br />
O’Really, «un insieme di applicazioni che permettono agli<br />
utenti di creare e condividere contributi on line attraverso<br />
numerosi strumenti».<br />
La nuova forma di internet è proprio caratterizzata dalla<br />
possibilità per gli utenti di interagire e rendere disponibili<br />
contenuti e conoscenza attraverso la rete. Il web 2.0 non è<br />
però solo una tecnologia, ma si propone come un insieme di<br />
strumenti per interagire nella rete: esso comporta una nuova<br />
filosofia della comunicazione e della conoscenza, un’idea<br />
del valore dello spirito di gruppo e della cooperazione.<br />
Eppure non mancano punte di eccellenza: ne sono esempi<br />
validissimi il sito della Galleria degli Uffizi, del Museo Nazionale<br />
della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci o<br />
quello dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza (figure 2<br />
e 3).<br />
Figura 2 (a sinistra) -<br />
Home page del museo<br />
nazionale della scienza<br />
e della tecnologia Leonardo<br />
Da Vinci - www.<br />
museoscienza.org (aprile<br />
2008).<br />
Figura 3 (a destra) - La<br />
home page del sito del<br />
Polo Museale Fiorentino<br />
all’interno del quale si<br />
trova il sito degli Uffizi.
Nel rapporto Civita, l’indagine condotta sulla domanda ha<br />
evidenziato come il 34% degli italiani utilizzi Internet per<br />
visitare siti di musei.<br />
La composizione di questo pubblico è analizzata nei grafici<br />
delle figure 4 e 5.<br />
CONSERVARE LA MEMORIA NEL NOSTRO FUTURO DIGITALE<br />
Il giudizio del pubblico è sostanzialmente positivo, ma esistono<br />
delle aspettative importanti che riguardano la quantità<br />
e qualità delle informazioni, l’usabilità e, soprattutto,<br />
una maggiore interattività: lo chiede il 66,5% del totale degli<br />
intervistati e di questi il 70,1% di quelli tra i 15 e i 19<br />
anni e oltre l’81,1% di quelli tra i 20 e i 24 anni. I siti dei<br />
musei non si relazionano adeguatamente ai loro visitatori.<br />
Strumenti come i blog, le raccolte personali, la condivisione<br />
di informazioni tra utenti non vengono messi a disposizione<br />
del pubblico e oggi sappiamo che questi sono gli strumenti<br />
in grado di rendere ai giovani più appetibile il web.<br />
Tutto questo è ancora molto lontano dal mondo dei musei<br />
italiani.<br />
IL GRUPPO CIVITA<br />
Il Gruppo Civita è oggi tra le più importanti realtà private nel settore dei<br />
servizi culturali, impegnata sia a livello nazionale che internazionale.<br />
La sua missione è da sempre la tutela e la valorizzazione del nostro<br />
patrimonio culturale e ambientale, finalità che persegue attraverso<br />
le strutture da cui è costituito: l’Associazione Civita e Civita Servizi<br />
ognuna delle quali con una propria specializzazione e funzionalità<br />
operativa. Questa configurazione organizzativa attribuisce al Gruppo<br />
Civita una capacità di intervento a tutto campo nel settore, dalle<br />
attività espositive alla gestione dei servizi museali, dalla promozione<br />
culturale al marketing territoriale.<br />
L’Associazione Civita è un’organizzazione non profit che nasce con<br />
l’intento di creare un nuovo spazio di dialogo tra pubblico e privato nel<br />
settore della cultura e dell’ambiente, coniugando la valorizzazione<br />
del patrimonio con le potenzialità di sviluppo, anche economico, del<br />
settore.<br />
Fondata nel 1987 da un gruppo di imprese, enti pubblici di ricerca e università, per far fronte al degrado di Civita di<br />
Bagnoregio, antico borgo dell’Alto Lazio, l’Associazione ha superato i confini locali e ampliato i propri spazi di azione<br />
nel corso degli anni. Forte del sostegno di circa 180 aziende associate e impegnata nella “promozione della cultura”<br />
attraverso ricerche, convegni, pubblicazioni e progetti, l’Associazione ha stimolato e partecipato alla nascita di<br />
nuovi soggetti imprenditoriali che oggi costituiscono quello che si può definire il “Gruppo Civita”, con capacità<br />
di intervento a tutto campo nel settore. Il Centro Studi e Ricerche “Gianfranco Imperatori”, traendo impulso da<br />
un Comitato Scientifico composto da autorevoli personalità del mondo istituzionale e culturale, accompagna con<br />
riflessione critica i principali avvenimenti del settore e indaga i temi del rapporto fra impresa e cultura, valorizzazione<br />
dei beni culturali e turismo, nuove tecnologie e Beni Culturali. Per assicurare la condivisione delle riflessioni sui temi<br />
dell’economia e della cultura e per diffondere i risultati del suo lavoro di ricerca, l’Associazione si avvale anche di<br />
diversi strumenti editoriali: oltre al Rapporto Civita, indagine annuale realizzata in collaborazione con autorevoli<br />
esperti del settore, “Il Giornale di Civita”, il quadrimestrale in edicola con il “Il Giornale dell’Arte”, e numerose<br />
altre pubblicazioni.<br />
Civita Servizi Srl nasce nel 1999, per cogliere le nuove<br />
opportunità di intervento da parte di soggetti imprenditoriali nel<br />
settore dei Beni Culturali, con l’obiettivo di creare un “operatore<br />
globale” in grado di fornire un’offerta integrata di servizi in<br />
quattro aree di intervento: servizi museali, eventi culturali ed<br />
espositivi, progetti di valorizzazione territoriale e iniziative di<br />
promozione e comunicazione, eventi aziendali e congressi. Nel<br />
corso di questi anni la società ha maturato un’esperienza in<br />
ambito organizzativo, gestionale e promozionale che la colloca<br />
oggi in una posizione di leadership, anche in virtù di una capacità<br />
organizzativa articolata su tutto il territorio nazionale dove ha<br />
saputo consolidare con successo rapporti con le più significative<br />
realtà istituzionali. Oggi Civita Servizi può contare sulle sedi<br />
operative di Roma, Milano e Napoli e sulle società regionali<br />
Civita tre Venezie e Civita Sicilia, che operano in precisi ambiti<br />
territoriali come il Triveneto e la Sicilia. Sempre in quest’ottica<br />
si inquadrano l’operazione di integrazione societaria con<br />
il Gruppo Abete – che consente di rafforzare, attraverso la<br />
partecipata Gebart, la presenza nel Lazio e nelle Marche – e la<br />
recente acquisizione della maggioranza del capitale di Opera<br />
Laboratori Fiorentini, che diventa una delle società controllate<br />
da Civita Servizi e garantisce la presenza di Civita in Toscana.<br />
50 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 51<br />
Figura 4 - Caratteristiche sociodemografiche<br />
del pubblico web<br />
dei musei.<br />
interessano per la maggior parte beni di proprietà pubblica<br />
ha posto il problema della loro conservazione. Il tema<br />
della fragilità delle memorie digitali è un punto essenziale<br />
per tutto ciò che viene prodotto in questo formato e, tanto<br />
più, nel campo dei beni culturali. Da questo punto di vista<br />
i progetti che mettono insieme le competenze e le risorse<br />
utili a definire le migliori procedure assumono un valore<br />
fondamentale non solo per i Beni Culturali, ma per la stessa<br />
rete. Se il futuro sarà digitale, il tema della conservazione<br />
dei contenuti prodotti non è una questione di poco conto.<br />
Garantire la memoria della propria storia è una conquista<br />
relativamente recente della storia dell’umanità. Non affrontarlo<br />
per ciò che produciamo in formato elettronico ci<br />
spingerebbe indietro di qualche centinaio di anni.<br />
Figura 5 - Composizione socio-demografica e provenienza dei visitatori<br />
virtuali (Fonte: Indagine Centro Studi Associazione Civita – Unicab).<br />
Sarebbe invece auspicabile che venissero avviate delle sperimentazioni<br />
in questa direzione. Per farlo occorrono risorse<br />
è questo è uno dei punti dolenti del tema web e musei. In<br />
Italia si investe poco o nulla in questo settore a prevalente<br />
carattere pubblico. Eppure ci sono competenze, come<br />
testimonia la straordinaria esperienza del Museo Virtuale<br />
di Baghdad, che consente di vedere in internet i tesori<br />
dell’Iraqi National Museum di Baghdad – saccheggiati e danneggiati,<br />
quando non distrutti, nel 2003 durante la prima<br />
fase della guerra in Iraq; questo grazie al lavoro del CNR,<br />
che con un progetto tutto italiano di ricostruzione informatica,<br />
«restituirà all’umanità uno dei patrimoni culturali e<br />
archeologici più importanti al mondo».<br />
Da una collaborazione tra IBM e governo cinese è nato invece il<br />
progetto “Oltre lo spazio e il tempo” (Beyond Space and Time)<br />
che rende oggi disponibile per il pubblico uno spazio virtuale<br />
3D che riproduce fedelmente l’intera Città Proibita: circa 72<br />
ettari che comprendono centinaia di palazzi e monumenti.<br />
La crescita del web, dei processi di digitalizzazione che<br />
ABSTRACT<br />
Cultural Heritage internet usability: an analysis for the future<br />
Internet’s evolution in the last decade massively promoted the distribution<br />
of digitised informations, the same dynamic that artefacts<br />
or ancient books need to be known and exploited worldwide.<br />
The analysis featured in this paper, carried out by Associazione<br />
Civita, shows the problems caused by the limite public intervention<br />
dedicated to the structures that should interface with the<br />
web 2.0 world through standards and technologies for databases<br />
and 3D.<br />
AUTORE<br />
MASSIMO MISITI<br />
M.MISITI@CIVITA.IT<br />
CENTRO STUDI GIANFRANCO IMPERATORI<br />
ASSOCIAZIONE CIVITA
ARTE E SCIENZA<br />
I MUSEI DELLA SCIENZA<br />
di Francesca Salvemini<br />
Nell’iconologia<br />
umanistica di artisti<br />
che hanno fondato<br />
l’illustrazione<br />
enciclopedica alla<br />
base della nostra<br />
epistemologia<br />
gli strumenti<br />
astronomici delle<br />
scienze della Terra.<br />
L’ In praise of idleness di Bertrand Russell 1 nei primi decenni del secolo<br />
scorso aveva rilanciato l’asserzione platonica che l’arte e la scienza,<br />
teoreticamente rifondate sull’idea di similitudine 2 , subordinano tanto<br />
l’utile quanto il superfluo alla sfera contemplativa, sia nell’osservazione<br />
che nell’astrazione dai fenomeni.<br />
Contemporaneamente, la psicoanalisi aveva introdotto nel metodo<br />
scientifico l’analessi onirica, assimilando alla proiezione il paradosso<br />
speculativo di un’anatomia della mente umana.<br />
Designati nelle Vite con lo stesso termine i Trattati di Leonardo, nei<br />
Ragionamenti 3 Vasari illustrò alla metà del Cinquecento l’immaginario<br />
a Palazzo della Signoria e a Firenze, conferendo alle più bizzarre forme<br />
retoriche mai rappresentate dal mecenatismo mediceo, il principio<br />
analogico della similitudine tra forme geometriche della scienza oggettiva<br />
emergente. 4<br />
Dalla dottrina di Vasari 5 era discesa una vastissima produzione di repertori<br />
degli archetipi di tutti i tempi, vere e proprie enciclopedie del sapere,<br />
che diramarono l’illustrazione e il lessico comparativo della prospettiva,<br />
dei compendi e dei bestiari: le lettere capitali miniate del “Libro d’Ore”<br />
avevano invaso l’illustrazione scientifica sull’intera pagina a stampa 6 .<br />
LA VOLTA CELESTE DELLA GALLERIA FARNESE -<br />
La Galleria Farnese storicamente ha improntato<br />
nel modello dal vero il genere accademico a fondamento<br />
del suo contenuto enciclopedico, dalla<br />
statuaria antica la forma epica del mito.<br />
LA VOLTA CELESTE NELLA GALLERIA FARNESE<br />
La Galleria Farnese storicamente ha improntato nel modello dal vero il genere<br />
accademico a fondamento del suo contenuto enciclopedico, dalla statuaria<br />
antica la forma epica del mito.<br />
La composizione architettonica della volta celeste sperperata di dèi<br />
nell’immaginazione dei poeti, eruditi e maestri contemporanei 7 , consisteva<br />
nell’ingrandimento telescopico consueto all’evidenza cartografica e<br />
documentale del sistema galileiano.<br />
Come consisteva nei presupposti epistemologici della geometria proiettiva<br />
dall’anamnesi fisiologica del cristallino, il corpo vitreo dei trattati<br />
d’ottica, e negli studi di anatomia del corpo umano, compresi gli umori nei<br />
temperamenti. Il suo prodigioso calendario di ore, giorni, mesi e stagioni<br />
dell’anno rappresentava nella topografia della sala l’apoteosi del Sole, con<br />
l’effetto centrifugo di un baleno all’orizzonte dell’atmosfera del pianeta,<br />
culminante nello spazio assonometrico con moto ascensionale dalle pareti al<br />
centro del soffitto.<br />
52 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 53<br />
Una genealogia gremita di cani, aquile, cavalli, capre, pavoni,<br />
elefanti e delfini, e i tritoni gli anfibi “tricesi”, che illustrava,<br />
ai quattro punti cardinali, da una compagine di esemplari<br />
di morfologie arcadiche, un annuario di tipi mediterranei,<br />
trasformando l’elencazione cosmica del bestiario astronomico<br />
del Palazzo Farnese di Caprarola (Figura 1) in un atlante<br />
planetario di classificazione di specie zoologiche e botaniche<br />
di Ulisse Aldrovandi.<br />
Quasi ogni riquadro della Galleria le annotava come<br />
arcaicamente esistite, riconnettendole cronologicamente<br />
– in coincidenza con la scoperta astronomica galileiana<br />
meno divulgabile – all’identificazione apotropaica del mito<br />
antropomorfico corrispondente all’origine evolutiva sul<br />
pianeta, che ne avesse determinato l’aspetto ad elezione.<br />
Nelle antimonie di Russell è l’enunciato metafisico di Protagora<br />
corrispondente alla definizione generica di allegoria: quegli<br />
insiemi di astrazioni che contengono se stessi come elemento<br />
astratto e sono essi stessi oggetti concreti.<br />
La teogonia della Montagna Circea 8 , il breve libretto del<br />
torneo di cavalieri bolognesi in occasione del passaggio ducale<br />
a Bologna nel 1600, ostentava nella giostra la vuota conchiglia<br />
del carro di Venere e la più scenografica metamorfosi di<br />
Proteo: nei due riquadri trasversali della Galleria Farnese in<br />
proiezione inversamente omotetica, Elena nelle braccia di<br />
Proteo fra le tre dèe del giudizio, dono di Venere che l’addita<br />
a Paride mentre riceve il pomo da Mercurio.<br />
Al Rinascimento dell’età dell’oro era rivolto il celebre trimetro<br />
“materiam superabat opus”, l’ “ut pictura poësis” dell’aurea<br />
porta apollinea delle Metamorfosi di Ovidio, con la pienezza<br />
ovidiana della mitologia omerica affrescato dai Carracci nel<br />
Rapimento di Elena 9 , che imperniava il racconto della Galleria<br />
tra Oriente, Grecia, Magna Grecia, Cipro, Sardegna e Italia,<br />
nel paesaggio mediterraneo dei sette quadri riportati con il<br />
Trionfo di Bacco e Arianna al centro. Mitopoietica dell’arrivo<br />
di Enea nel Lazio, dal Tevere a Castro, gli estremi del ducato<br />
dove a Roma, nel Campo Marzio, saranno sorte le residenze<br />
dei Farnese.<br />
L’apostrofe delle “poesie” di Tiziano nella storia dell’immagine<br />
diviene apoteòsi, dove l’allegoria è morfòsi 10 : il ragionamento,<br />
l’ambiguo assioma della matematica antica che assomma un<br />
significato discreto ad un contenuto ineffabile.<br />
Il carro del sole vi è rappresentato nel cielo della loggia<br />
palatina degli Orti Farnesiani, museo dei più celebri simulacri<br />
di dèi ed eroi, diametralmente in equilibrio con l’immensità<br />
del carro della Terra al centro della volta, i due riquadri in<br />
rapporto di omotetia in misura ridotta tra loro e al riquadro<br />
della Luna, la Diana.<br />
Il composto classicismo del contesto marino ambientava<br />
tra Arianna, Aurora, Diana e Galatea il “Ratto di Elena” e il<br />
“Giudizio di Paride” come la più narrata delle innumerevoli<br />
favole archeologiche dell’amore corrisposto per volere divino,<br />
nell’esposizione di C. C. Malvasia dell’Argomento della<br />
Galleria: “Argomento, Situatione, et ordine de partimenti<br />
sono la gran Baccanale, con le favole di Paride, e di Diana”<br />
nell’imbotte.<br />
Nella biografia di Giulio Mancini dipinte da Agostino Carracci<br />
nella Galleria alcune cose “che sono sopra le finestre verso<br />
fiume”, il lato lungo dell’Aurora, con Polifemo due in tutto<br />
le Galatee della Farnese nel Polifemo e Galathea d’Agostino<br />
Carracci della Galeria del poeta Giambattista Marino, sui lati<br />
corti del fregio.<br />
La dinamica simulata delle luminosità e intensità diacroniche<br />
del colore è il gradiente atmosferico dei riquadri, che aumenta<br />
speculativamente, stratificando nella camera la morfogenesi<br />
di regioni, continenti e pianeti, popoli e stagioni, come un<br />
concetto di limite è espresso dal simbolo di infinito.<br />
CARAVAGGIO E GALILEI<br />
Galilei stesso è significativamente ritratto da Caravaggio<br />
nel volto di Cimone a rappresentare, tra le Sette opere di<br />
misericordia nella chiesa del Pio Monte della Misericordia<br />
a Napoli, l’episodio della carità di Pero tratto da Valerio<br />
Massimo, mentre sporto dal reticolo delle sbarre di prigione<br />
nell’oscurità di un vicolo scruta l’universo, un cielo mirabile<br />
di angeli in volo nell’atmosfera terrena 11 .<br />
La visione corale grazia mariana è situata nell’orizzonte<br />
Figura 1 - Palazzo Farnese di Caprarola.
del misticismo occidentale di letterati e scienziati<br />
contemporanei sulla via di Santiago de Compostela, fisica<br />
meta di pellegrinaggio di Ulisse Aldrovandi, , il “Camino de<br />
Santiago” la via Lattea.<br />
La somiglianza e la concretezza ideologica di questo ritratto<br />
e nella Madonna del Rosario del ritratto di Giambattista Della<br />
Porta, girato verso gli astanti, documentano un rapporto<br />
personale tra Caravaggio e Galilei 12 , sul piano di quello<br />
testimoniato dalle lettere dello scienziato ai pittori Ludovico<br />
Cigoli e Artemisia Gentileschi, e di quello di Aldrovandi<br />
con l’Accademia carraccesca, intrattenuto attraverso le<br />
personalità più inquietanti dello scorcio del secolo, come lo<br />
stesso Cavalier Marino, che vi è a sua volta ritratto 13 .<br />
Come Giovan Battista Manso, accademico illustre fra i<br />
fondatori dell’Opera di Misericordia napoletana, oltre<br />
a Giambattista Della Porta, oppure i marchesi Patrizi e<br />
Maffeo Barberini o Giulio Mancini e il giurista Marzio Milesi,<br />
come Guidobaldo Del Monte 14 , che accolse dal metodo di<br />
costruzione del quadrante 15 , il principio di equivalenza<br />
galileiano del “Misuratore di corpi celesti”, il compasso della<br />
misura dell’angolo di parallasse sviluppato da Bonaventura<br />
Cavalieri dal sestante.<br />
STRUMENTI NEI MUSEI DELLA SCIENZA<br />
Il telescopio e la camera chiara a specchio, prossima ai<br />
teleobbiettivi, con lenti concavo-convesse sostituivano<br />
gradatamente la parabola alla griglia o reticolo prospettico<br />
nel calcolo del rapporto di proporzionalità delle grandezze,<br />
la mira topografica nel Rinascimento denominata ‘occhiale’<br />
di Leone X e “Righettone speciale” dal biografo dei Carracci<br />
Carlo Cesare Malvasia.<br />
Con la Madonna dei palafrenieri, dove il biblico serpente<br />
ha la naturalezza della comune vipera, sui sacramenti<br />
del Battesimo e del Matrimonio e la Madonna di Loreto 16<br />
nell’argomento agostiniano della grazia su quello dell’Ordine,<br />
le committenze tolentinate, di Roma, di Modena e di Napoli di<br />
cinque dipinti 17 , la Madonna del Rosario sul sacramento della<br />
Cresima, la Morte della Madonna sul Monte Sion sull’Estrema<br />
Unzione, sembrarono ispirate da un unico promotore. Nel<br />
soffitto dello Studiolo di Francesco I° a Firenze era dipinta la<br />
sfera prometeica del proiettile, nel Fuoco la simmetria delle<br />
specie di Biringuccio Vannuccio.<br />
La sfera di angeli nell’Assunta delle Sette opere di<br />
Misericordia 18 , nella simbologia michelangiolesca del<br />
planisfero della placchetta di Ganimede nel Victoria and<br />
Albert Museum, estenuatamente riprodotta. nel crisma della<br />
penitenza si avvaleva come di corollari della sperimentazione<br />
leonardesca del volo umano, della fisica dei corpi illuminati,<br />
della caduta dei gravi, dell’ellissoide dei solidi di rotazione<br />
del linceo Luca Valerio 19 : ad ogni punto della superficie<br />
terrestre nella dinamica di rotazione e rivoluzione della<br />
sfera corrisponde biunivocamente all’orizzonte un punto,<br />
ed uno solo, dell’universo 20 , l’infinita sostanza trasparente<br />
rifratta alla luce del telescopio.<br />
ABSRATCT<br />
The museums of science - In humanistic iconology of artists who<br />
founded the encyclopedic illustration at the base of our epistemology<br />
the astronomical instruments of the earth sciences. The author<br />
retraces iconographic elements that have had earth sciences at<br />
primary subject with a particular repertoire of artists that intersect<br />
with each other to form the primary link between art and science<br />
that are now the basis of our knowledge.<br />
AUTORE<br />
FRANCESCA SALVEMINI<br />
NOTE<br />
1. Pubblicato nel 1935 e tradotto in italiano negli anni Cinquanta con il<br />
titolo di Elogio dell’ozio.<br />
2. Dalla Naturalis historia di Plinio.<br />
3. G. Vasari (il Giovane), Ragionamenti del Sig. Cavaliere Giorgio<br />
Vasari pittore et architetto aretino, Firenze, Giunti, 1588, pronti<br />
per la stampa nel 1562, continuati ed editi dal nipote.<br />
4. Riferita ai Ragionamenti, dialogo con Francesco I Medici, la<br />
Descrizione dell’apparato per le nozze di Francesco dei Medici e di<br />
Giovanna d’Austria (1566).<br />
5. Con la pratica pittorica e la retorica classica del paragone delle<br />
Vite, Vasari aveva compendiato e personificato emozioni, stati<br />
d’animo, temperamenti, virtù e vizi nella ‘maniera’ dal modello<br />
michelangiolesco.<br />
6. Il repertorio più noto l’ Iconologia di Cesare Ripa, un almanacco di<br />
ogni argomento universale, dall’etica alla teologia, alla geometria,<br />
all’anatomia, alla zoologia, all’astronomia. Dal 1603 le incisioni,<br />
fonte nella decorazione araldica e nella descrizione idealistica<br />
di palazzi signorili, suggestionarono per tutto il secolo analoghe<br />
edizioni, a Norinberga l’Iconologia Deorum dei Sandrart.<br />
7. Le Metamorfosi di Ovidio accluse all’Academia Todesca di Joachim<br />
von Sandrart, in Italia nel 1627, edita da Fulvio Orsini al servizio dei<br />
Farnese l’Epitome di Fabio Fulgenzio Planciade.<br />
8. Torneamento nel passaggio della Serenissima Duchessa Donna<br />
Margherita Aldobrandina sposa del Serenissimo Ranuccio Farnese<br />
Duca di Parma, e Piacenza festeggiato in Bologna a’ XXVII Giugno<br />
1600.<br />
9. “ Caeruleos habet unda deos, Tritona canorum Proteoque ambiguum<br />
ballenarumque prementem Aegeona suis immania terga lacertis<br />
Doridaque et natas, quarum pars mare videtur, pars in mole sedens<br />
viridis siccare capillos, pisce vehi quaedam; facies non omnibus<br />
una, non diversa tamen, qualem decet esse sororum.” Nel carro<br />
di Oceano e Teti dell’apparato per le nozze di Francesco dei Medici<br />
della Descrizione l’Oceano aveva avuto parte degli attributi di<br />
Proteo, o ‘Primo’ ingenerato, l’uno e l’altro identificati nel vecchio<br />
Nereo.<br />
10. Nelle Réflections del 1786 Jean-Joachim Winckelmann: “…& si je<br />
ne me trompe, la galerie du palais Farnèse ne doit pas être mise<br />
au nombre des ouvrages allégoriques. Peut-être n’ai-je pas rendu<br />
justice à Annibal Carrache en ne m’arrêtant à lui dans cet endroit<br />
de mon ouvrage…”<br />
11. ‘Visitare i carcerati’, fra le opere di misericordia, è una carità<br />
romana della predicazione oratoriana, espunta dai Memorabilium<br />
Libri, i Factorum et dictorum memorabilium libri [IX, 1 e IV, 4,<br />
7], tradotti alla metà del Cinquecento col titolo De i detti et fatti<br />
memorabili, tra i passi dedicati alla compassione familiare intitolati<br />
‘De Pietate in Parentes’.<br />
12. Galilei mutuava a sua volta al linguaggio scientifico la forma<br />
umanistica platonica dei Ragionamenti di Vasari.<br />
13. G. B. Marino nell’opera La Galeria del Cavalier Marino. Distinta in<br />
pitture & scolture, alla sua terza edizione nel 1619, annoverava<br />
la Medusa, la Viola o Suonatore di liuto dell’Hermitage, e la<br />
Giuditta, dipinta a Napoli, e nell’Adone (X, 42-44) il telescopio di<br />
Galilei, alternando nelle strofe la metafora di “picciol cannone” a<br />
“occhiale”, tra Le Maraviglie che aveva visto realizzate nel “picciol<br />
mondo.”<br />
14. Autore del Mechanicorum liber e del Perspectivae Libri Sex editi a<br />
Pesaro.<br />
15. Illustrato nel trattato di topografia Del modo di misurare tutte<br />
le cose terrene di Cosimo Bartoli, dedicato a Cosimo dei Medici e<br />
stampato a Venezia nel 1589.<br />
16. A S. Agostino nella Memoria di G. Celio nel 1620: “La Madonna di<br />
Loreta pittura di altare ad olio di Michelangele, da Caravagio” e G.<br />
Baglione nella Vita di Caravaggio: “Nella prima cappella della chiesa<br />
di S. Agostino alla man manca fece una Madonna di Loreto ritratta<br />
dal naturale con due pellegrini …”<br />
17. Incentrate sul dogma tridentino del sinodo De ausiliis gratia del<br />
pontificato Aldobrandini.<br />
18. L’assunzione corporea nel transito della Vergine consacrata dal<br />
dogma cattolico nel 1950.<br />
19. Nel De Centro gravitatis solidorum libri tres edito a Roma nel<br />
1604.<br />
20. Secondo il Narciso al fonte, cioè l’uomo che si specchia nella<br />
propria miseria di Ippolito Falcone [1655]: “Richiesto Michelangelo<br />
da Caravaggio che facesse un gruppo d’Angioli nel largo campo che<br />
resta in alto, in quel famoso quadro; in cui si piangono, e s’ammirano<br />
i funerali di S. Lucia in Siracusa, egli non volle dipingerli, dicendo:<br />
Non avendone mai veduti, non so ritrarli ”, il pittore dissuasivamente<br />
si rifiutò di dipingere la corona di cherubini del martirologio nella<br />
tela a Palazzo Bellomo. Francesco Susinno nel 1724: “Per opera del<br />
cardinale che lo proteggeva, ottenne un impiego in S. Luigi de’<br />
Francesi per la cappella de’ signori Contarelli, ove fece l’evangelista<br />
S. Matteo coll’angelo, dal che viene dell’intutto screditata quella<br />
diceria tanto volgata che questo dipintore non volesse dipignere<br />
angeli a cagione di non averne mai veduti. Quando che, ed invero<br />
tutte le volte che gli occorse sempre li rappresentò nelle sue tele;<br />
egli, la verità si è che non inclinava a farli.”<br />
54 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
55<br />
EU AND WORLD HERITAGE<br />
IRINA BOKOVA ELETTA DIRETTORE GENERALE DELL’UNESCO<br />
La 35 a sessione della Conferenza<br />
Generale ha eletto<br />
Irina Bokova come il decimo<br />
Direttore generale dell’UNE-<br />
SCO. E’la prima donna a ricoprire<br />
la carica dalla fondazione<br />
dell’Organizzazione<br />
nel 1945.<br />
Il nuovo direttore generale,<br />
che durerà in carica quattro<br />
anni, è stato Ambasciatore<br />
della Repubblica di Bulgaria<br />
per la Francia e Principato<br />
di Monaco e delegato permanente presso l’UNESCO dal 2005.<br />
Nata nel 1952, la sig.ra Bokova ha ottenuto un MBA presso la Moscow<br />
State Institute of International Relations e ha studiato presso<br />
l’Università del Maryland e la Harvard University, negli Stati Uniti<br />
d’America.<br />
Ha oltre tre decenni di esperienza in campo internazionale, serviti<br />
in qualità di rappresentante alle Nazioni Unite e successivamente<br />
sia come Segretario di Stato della Bulgaria per l’integrazione europea<br />
che come ministro degli Esteri. Coinvolta<br />
ampiamente nella transizione verso<br />
l’integrazione europea e fondatore e presidente<br />
della European Policy Forum, il<br />
nuovo direttore generale ha lavorato per<br />
superare le divisioni in Europa e promuovere<br />
i valori del dialogo, della diversità,<br />
della dignità umana e dei diritti umani.<br />
Irina Bokova ha parlato di un nuovo umanesimo<br />
per il 21° secolo, sostenendo che «la sfida più grande è<br />
quella di guidare il mondo verso una nuova era di pace e di umanesimo,<br />
di creare una società più equa e sostenibile attraverso lo<br />
sviluppo economico e sociale, basato sulla scienza, l’innovazione<br />
e le nuove tecnologie che serviranno all’umanità per preservare<br />
l’ambiente».<br />
La diplomatica bulgara ha clamorosamente sconfitto il ministro egiziano<br />
per la cultura Faruk Hosni, dato per favorito fino all´ultimo.<br />
La vittoria è arrivata dopo giorni di tensione, alla quarta votazione,<br />
in cui le chances di Hosni si sono andate progressivamente assottigliando.<br />
Dopo la sua nomina fino a poco prima imprevedibile, Irina<br />
Bokova ha reso omaggio all´Egitto e al suo candidato, perchè non<br />
crede allo scontro tra le civiltà .<br />
14TH INTERNATIONAL COURSE ON WOOD CONSERVATION TECH-<br />
NOLOGY (ICWCT)<br />
Un corso sulla conservazione del patrimonio culturale in legno<br />
Date: 24 Maggio – 2 Luglio 2010 (sei settimane)<br />
Luogo: Oslo, Norway (uffici del Riksantikvaren)<br />
Partners<br />
Il corso è organizzato sotto gli auspice dell’UNESCO da:<br />
• ICCROM - International Centre for the Study of the Preservation<br />
and Restoration of Cultural Property)<br />
• Riksantikvaren - The Directorate for Cultural Heritage, Norway<br />
• NTNU - Norwegian University of Science and Technology<br />
• NIKU - Norwegian Institute for Cultural Heritage Research<br />
Background e contenuto<br />
Il corso ICWCT è stato avviato in risposta a una raccomandazione<br />
della Conferenza generale dell’UNESCO nel 1980, ed è stato organizzato<br />
in Norvegia ogni due anni a partire dal 1984. È diretto verso<br />
i professionisti che hanno lavorato per alcuni anni nel campo della<br />
conservazione del legno.<br />
La ICWCT copre una vasta gamma di argomenti interdisciplinari.<br />
Aspetti teorici e pratici di conservazione del legno sono oggetto di<br />
un esame uguale per tutto il corso. Alcuni dei più interessanti siti<br />
del patrimonio culturale, costruiti in legno in Norvegia saranno visitati<br />
durante l’escursione principale alla fine del corso, compreso il<br />
sito di Urnes, la chiesa Doga e il porto anseatico di Bergen appartenenti<br />
al Patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO. Esercitazioni e<br />
dimostrazioni saranno organizzate durante l’escursione principale.<br />
Il corso si concluderà con un esame scritto, che assegnerà crediti<br />
formativi universitari, se superato.<br />
Il corso 2010 sarà basato sulle esperienze seguite nel 2008 ove è<br />
stato sviluppato un programma di miglioramento da parte dei partner<br />
e degli esperti esterni nel corso del 2007, tenendo in considerazione<br />
le valutazioni dei corsi precedenti per mantenere strategie e<br />
standard di alto valore scientifico, come i corsi precedenti.<br />
Scopo e obiettivi<br />
L’obiettivo del Corso è quello di promuovere la comprensione culturale<br />
e di ricerca nel campo della conservazione del legno e di<br />
essere una risorsa preziosa per il lavoro dei singoli partecipanti nei<br />
rispettivi paesi.<br />
Gli obiettivi principali del corso sono:<br />
• dare ai partecipanti le conoscenze teoriche e pratiche indispensabili<br />
per diagnosticare le cause del degrado e per la selezione<br />
dei più opportuni metodi appropriati di conservazione e restauro<br />
del legno;<br />
• di estendere le conoscenze dei partecipanti con un più ampio<br />
quadro dei diversi aspetti delle strategie per la conservazione<br />
del legno;<br />
• di portare insieme le persone con professioni diverse da paesi e<br />
culture diverse per una esperienza di apprendimento reciproco,<br />
basandosi sulle diverse esperienze, nella prassi e approccio per<br />
la conservazione del legno e l’uso di materiali in legno.<br />
Il programma del corso - Il programma del corso è diviso tra lezioni,<br />
esercitazioni di laboratorio, esercitazioni di laboratorio di<br />
conservazione, gli studi sul campo, visite a musei ed escursioni.<br />
Il curriculum comprende sei unità distinte ma interconnesse che<br />
coprono gli aspetti di: proprietà del legno, fattori che influenzano<br />
la decomposizione del legno; principi di conservazione a livello<br />
globale; conservazione preventiva, la conservazione di oggetti e<br />
superfici verniciate compreso il legname archeologico e i mobili;<br />
conservazione degli edifici in legno e strutture, tra cui la lavorazione<br />
del legno e le macchine utensili. Il corso prevede una settimana<br />
di workshop in situ, fuori Oslo, e una visita di studio di 4 giorni su<br />
una selezione di siti di legno protetti in Norvegia, tra cui due appartenenti<br />
aln Patrimonio Mondiale dell’Umanità.<br />
Come parte del programma, per ogni partecipante è previsto di<br />
effettuare una presentazione di 20 minuti dalla sua esperienza di<br />
lavoro.<br />
Docenti - Un numero di docenti compreso tra 20 e 25 contribuiranno<br />
al corso. Tutti sono riconosciuti esperti nel campo della conservazione<br />
con diversa estrazione geografica e esperienza professionale.<br />
Esame - Il corso si conclude con una prova scritta, attribuendo 18<br />
crediti formativi universitari, se superato. Una presenza a tempo<br />
pieno durante il periodo del corso è necessaria per essere ammessi<br />
a sostenere l’esame e per ottenere il relativo certificato.<br />
Tasse - La partecipazione è gratuita per i partecipanti selezionati.<br />
Partecipanti - I candidati ottimali dovrebbero essere a metà della<br />
carriera professionale con un minimo di tre anni di esperienza<br />
lavorativa nel campo della conservazione del legno. E ‘di grande<br />
importanza per il successo del corso che i partecipanti abbiano<br />
l’esperienza necessaria per contribuire e beneficiare del reciproco<br />
scambio di idee.<br />
Il numero dei partecipanti è limitato a 20.<br />
Lingua - La lingua di lavoro del corso è l’inglese. Un buona conoscenza<br />
della lingua inglese è essenziale per il bene del singolo<br />
partecipante e per il corso nel suo complesso, e deve quindi essere<br />
documentata nella domanda. Un certificato di lingua potrà essere<br />
richiesto.<br />
Domande<br />
Entro il 29 Gennaio 2010<br />
ICCROM – Sites Unit<br />
Via di San Michele 13<br />
I-00153, Rome, ITALY<br />
Tel: +39 06 58553 1<br />
Fax: +39 06 58553349<br />
Email: wood2010@iccrom.org<br />
Web Site: www.iccrom.org<br />
Si noti che l’organizzazione del corso è soggetta a finanziamento<br />
e alla approvazione della General Assembly of ICCROM che si terrà<br />
a Novembre <strong>2009</strong>.
PRODOTTI<br />
DIGICAD 3D PER IL TRATTAMENTO DI IMMAGINI E DISEGNI<br />
DigiCad 3D è uno strumento per il trattamento di immagini<br />
e disegni e per la fotogrammetria architettonica<br />
da fotografie di facciate di fabbricati e di elementi<br />
costruttivi e decorativi. E’ in grado di operare sia tramite<br />
digitalizzazione che direttamente su immagini di<br />
tipo raster. La soluzione viene usata nel campo fotogrammetrico<br />
e in cartografia, anche se in questi ultimi<br />
anni la fotogrammetria architettonica ha assunto sempre<br />
più importanza, e anche in questi campi il programma<br />
fornisce strumenti potenti, semplici ed esclusivi.<br />
Digicad 3D ha strumenti esclusivi e innovativi, che non<br />
sono presenti in altri programmi, e che permettono di<br />
lavorare su parti dell’immagine, controllare le trasparenze,<br />
lavorare su superfici curve regolari e irregolari e<br />
eliminare la deformazione ottica degli obiettivi.<br />
CAM2 LASER SCANNER<br />
L’elegante design del nuovo Photon è ricco di innovazioni<br />
tecnologiche, quali:<br />
scanner Photon rappresenta una rivoluzione per tutti i settori<br />
che necessitano di un’elevata fedeltà delle immagini<br />
3D registrate, per riproduzione, reengineering, sicurezza,<br />
qualità e riconoscimento automatico degli oggetti in lavorazione.<br />
I miglioramenti apportati sono importanti per<br />
molti settori: conservazione dei beni culturali, architettura,<br />
settore manifatturiero, produzione e trasporto di energia,<br />
settore aerospaziale, automobilistico e navale, sistemi<br />
di controllo automatico della qualità, fonderie discipline<br />
forensi, tunnel, miniere e riproduzione di giocattoli.<br />
www.faro.com<br />
GESTIONE DELLE IMMAGINI DA CENTRICA<br />
XLimage è un software che consente di visualizzare su<br />
internet immagini ad alta risoluzione in modo rapido e<br />
interattivo, con la garanzia di un’alta fedeltà cromatica<br />
e la tutela del copyright. XLphoto è invece una piattaforma<br />
web-based per la gestione di collezioni di immagini<br />
digitali e dei relativi diritti, consente la visualizzazione<br />
multi-risoluzione, la distribuzione on-demand, la gestione<br />
dei prezzi e la commercializzazione.<br />
ArsTouch è un’installazione di digital signage interattivo<br />
per fornire una nuova esperienza visiva. Consente di<br />
presentare al meglio opere d’arte, paesaggi, prodotti,<br />
dando la possibilità di toccare con mano la qualità e ogni<br />
dettaglio di interesse.<br />
Centrica, che produce le due soluzioni, ha ricevuto una<br />
IST Prize Nominee per XLimage: l’IST Prize riconosce a<br />
livello europeo i migliori prodotti nell’ambito dell’Information<br />
e Communication Technology.<br />
www.centrica.it<br />
• la riduzione del “rumore” di 3 volte per una maggiore<br />
limpidezza<br />
• una maggiore accuratezza di posizionamento<br />
• una maggiore sensibilità per una migliore rilevazione<br />
degli oggetti distanti, scuri ed obliqui<br />
• semplice sovrapposizione del colore<br />
• maggiore velocità di rotazione dello specchio<br />
• tempo minimo di scansione più veloce.<br />
Un bracketing per sovrapporre colore ad alta definizione<br />
ed una maniglia per una portabilità semplice e<br />
sicura completano i nuovi accessori disponibili. In combinazione<br />
con la batteria super compatta Power Base,<br />
Photon offre più di sei ore di autonomia di scansione.<br />
Grazie ai suoi accessori e al CAM2 Scene, la famiglia di laser<br />
NUOVE TECNOLOGIE DI ESPLORAZIONE DEL TERRITO-<br />
RIO<br />
I prodotti multimediali In volo sulla carta - STM (Sistema<br />
Territoriale Multimediale) e I Comuni sul web rappresentano<br />
un innovativo sistema di esplorazione del territorio<br />
che coniuga una nuova architettura multimediale con la<br />
cartografia ortofotografica e sono destinati agli enti – pubblici<br />
e privati – che hanno l’esigenza di rendere visibili sulla<br />
rete le proprie emergenze territoriali per fini turistici,<br />
culturali e divulgativi. L’idea progettuale è nata dall’esigenza<br />
di fornire uno strumento di lettura del territorio che<br />
potesse essere applicato a vari settori e che fosse d’uso<br />
immediato ed agevole anche per un pubblico profano.<br />
L’utente ha a sua disposizione un modello del territorio di<br />
facile lettura, a partire dal quale potrà accedere ai nodiobiettivo<br />
su di esso evidenziati aventi funzione progettuale.<br />
Una volta selezionato un nodo-obiettivo, si accede a tut-<br />
56 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
57<br />
PRODOTTI<br />
te le categorie di approfondimento progettate, le quali<br />
possono essere variate secondo lo scopo finale che si vuole<br />
raggiungere.<br />
L’aspetto fondamentale, sul quale si basa la forte caratterizzazione<br />
di questo prodotto, è quindi rappresentato dal<br />
modo di esecuzione del progetto, che guarda il territorio<br />
come sistema complesso di risorse integrate alle diverse<br />
scale di lettura e di approfondimento: da quella territoriale<br />
a quella di dettaglio sino ad arrivare fino a quella puntuale.<br />
Maggiori informazioni su: www.artcomultimedia.com<br />
LA TECNOLOGIA LASER DI ZOLLER+FROEHLICH<br />
La Zoller+Froehlich sviluppa e distribuisce sistemi laser<br />
per il rilievo da quasi un ventennio, fornendo anche<br />
i software necessari per operare al meglio con<br />
gli strumenti e per generare modelli tridimensionali.<br />
I sistemi Z+F forniscono lo stato di fatto dettagliato e<br />
mappe del degrado precise. Per la velocità di acquisizione<br />
e l’accuratezza nella misura della distanza inferiore<br />
a 1 mm anche le strutture e i manufatti più<br />
complessi e delicate possono essere documentati.<br />
Lo stato di fatto, il degrado, le strutture e i particolari rilevati<br />
sono salvati in una banca dati che permette la ricostruzione<br />
di oggetti complessi o parti di essi in ogni momento.<br />
Combinando mappe provenienti dal laser scanner<br />
e immagini panoramiche ad alta risoluzione è possibile<br />
creare ortofoto dettagliate metricamente corrette e in<br />
scala. Gli oggetti 3D restituiti in CAD e le ortofoto possono<br />
essere utilizzati per generare modelli virtuali da considerare<br />
copie autentiche della realtà. Questa possibilità<br />
è molto utile per le case di produzione di film o animazioni<br />
al computer, ma anche in ambito architettonico.<br />
UN WEBGIS PER LA DOCUMENTAZIONE E LA PROGETTA-<br />
ZIONE DEI CANTIERI DI RESTAURO<br />
SICaR – Sistema Informatico per la Catalogazione dei cantieri<br />
di Restauro – è un GIS web-based per la gestione delle<br />
informazioni (vettoriali, alfanumeriche e raster) collezionate<br />
durante l’analisi e la progettazione di un intervento di<br />
un restauro, sia che si tratti di restauro architettonico, che<br />
pittorico, ecc.; tali informazioni possono essere mappate<br />
e georeferenziate su un modello geometrico 2D del bene.<br />
SICaR w/b, evoluzione di Akira GIS server il sistema<br />
utilizzato per la progettazione del restauro lapideo<br />
della Torre di Pisa, è integralmente configurabile e accessibile<br />
via web sia in consultazione che in data-entry;<br />
è progettato per funzionare anche con connessioni<br />
wireless così da consentire la documentazione dello<br />
stato di conservazione direttamente dal cantiere.<br />
SICaR w/b fornisce un accesso trasversale a tutte le categorie<br />
di dati gestiti – informazioni geometriche, raster,<br />
documenti testuali, ipertesti (HTML) o testi semistrutturati<br />
(XML) – garantendo ricerche incrociate tra<br />
gli stessi ed estrema facilità di consultazione. La soluzione<br />
è stata scelta come sistema informativo di riferimento<br />
per i cantieri di restauro nell’ambito del progetto<br />
ARTPAST - Applicazione informatica in Rete per<br />
la Tutela e la valorizzazione del Patrimonio culturale<br />
nelle aree Sottoutilizzate, coordinato dal MiBAC con<br />
il supporto scientifico della Scuola Normale Superiore,<br />
finanziato con le delibere CIPE 17/2003 e 83/2003.<br />
Maggiori informazioni su: www.liberologico.com<br />
LA VISIONE DI SUN MICROSYSTEMS PER I BENI CULTU-<br />
RALI<br />
Preservare le informazioni digitali per il futuro non è solo<br />
un problema tecnico. E’, innanzitutto, un problema di<br />
organizzazione efficace per proiettare in modo naturale<br />
e con confidenza, nel futuro, una produzione culturale<br />
concepita in un ambiente digitale. Lo scopo di Sun Microsystems<br />
– in linea con le esigenze e i trends emergenti a<br />
livello internazionale – è quello di concentrarsi su architetture<br />
IT aperte, flessibili, modulari, sostenibili e dotate<br />
dell’intelligenza necessaria per permettere alle organizzazioni<br />
che ne hanno la necessità di focalizzarsi sugli<br />
aspetti organizzativi. Ad un anno di distanza dal lancio di<br />
Project Wonderland – lo strumento Open Source ideato da<br />
Sun Microsystems per creare mondi virtuali collaborativi<br />
3D – I ricercatori del CATTID - Centro per le Applicazioni<br />
della Televisione e delle Tecniche di Istruzione a Distanza<br />
che fa capo all’Università La Sapienza di Roma – hanno<br />
avviato, in collaborazione con Sun, attività di sperimentazione<br />
in merito alla possibilità di utilizzare le peculiarità<br />
dei mondi<br />
virtuali 3D per<br />
allestire mostre<br />
di arte<br />
digitale interattive.<br />
www.sun.it<br />
In rete 11
FORUM TECNOLOGIE<br />
AUTOMATIC RESISTIVITY PROFILING PER IL SONDAGGIO<br />
DEL TERRENO<br />
La tecnica ARP (Automatic Resistivity Profiling), è promossa<br />
in Italia dalla SOING che ha validato l’applicazione<br />
del metodo ARP all’agricoltura di precisione collaborando<br />
con istituti di ricerca quali il CRA-ABP (centro di ricerca<br />
per l’Agrobiologia e la pedologia di Firenze) e i dipartimenti<br />
universitari di Napoli e della Basilicata.<br />
La tecnica geofisica ARP rappresenta un nuovo metodo<br />
d’indagine rapido e non invasivo che permette di determinare<br />
in continuo la resistività elettrica apparente del<br />
suolo (in Ohm*m), correlata con i parametri pedologici<br />
quali tessitura, umidità e contenuto di argilla.<br />
Il sistema si presta ad essere impiegato anche nel campo<br />
delle indagini sui beni culturali orientate all’individuazione<br />
di zone archeologiche sotterrate. L’enorme<br />
potenzialità del sistema è dovuta alla sua capacità<br />
di acquisizione massiva dei dati, e quindi la possibilità<br />
di indagare ettari di terreno in pochi giorni.<br />
Il plus del sistema è tutto legato alle sue potenzialità<br />
operative; infatti esso e’ installato su un mezzo<br />
mobile trainato da un piccolo vettore ed e’ in grado<br />
di fornire, attraverso i suoi 3 sensori, tre distinti<br />
livelli del terreno i cui valori vengono rappresentati<br />
da mappe di resistività rispettivamente a 0.5, 1 e 1.7<br />
metri di profondità, con letture sia di variazioni laterali<br />
che di profondità di un singolo strato, grazie alla<br />
possibilità di variare la posizione spaziale dei sensori.<br />
Il sistema di acquisizione dati e’ ovviamente dotato di<br />
un sistema DGPS che permette di georeferenziare con<br />
precisione submetrica i diversi data set di dati. A valle<br />
del sistema di acquisizione abbiamo la fase di interpretazione<br />
e la fase di disegno delle mappe geoelettriche<br />
della resistività; queste fasi, gestibili attraverso uno specifico<br />
software, rappresentano il momento in cui SOING<br />
interviene massivamente con tutta la sua esperienza.<br />
www.soing.eu<br />
IKEGPS – IKE1000<br />
Per tutti coloro che devono acquisire immagini georeferenziate<br />
di monumenti o di siti durante operazioni di documentazione,<br />
in special modo per Sistemi Informativi Geografici,<br />
lo strumento ikeGPS si dimostra particolarmente<br />
efficace in quanto riunisce in un unico apparto il GPS, una<br />
bussola triassiale, una Camera digitale, un Distanziometro<br />
e un palmare per l’elaborazione dei dati.<br />
ike1000 è un dispositivo unico sul mercato, che consente<br />
all’operatore di acquisire a distanza la posizione GPS dei<br />
target di interesse e di documentare il dato con un’immagine<br />
georeferenziata sul target, garantendo:<br />
- sicurezza dell’operatore: acquisizione di target pericolosi,<br />
posizionati in aree pericolose o difficilmente<br />
raggiungibili, come ad esempio a seguito di eventi<br />
sismici o di collassi strutturali;<br />
- velocità e riduzione dei costi: acquisizione<br />
di target multipli in un’area di oltre 3 Km<br />
quadrati da un unica posizione operatore,<br />
data collection GIS basato su ArcPAD di Esri;<br />
- nessun problema di accesso: acquisizione<br />
GPS di target localizzati in aree private<br />
o non accessibili, senza richiedere<br />
permessi o pratiche burocratiche.<br />
ike1000 è la nuova generazione di dispositivi<br />
ikeGPS, basata su un gruppo di strumenti<br />
completamente rinnovato ed un computer palmare<br />
più veloce e flessibile:<br />
• GPS di nuova generazione più veloce ed accurato<br />
• Bussola 3D più accurata e versatile<br />
• Distanziometro laser sicuro, con distanza massima di<br />
misura fino a 1000m<br />
• Fotocamera digitale con risoluzione fino a 5 MPixels e<br />
zoom digitale<br />
• Palmare più veloce, con maggior autonomia e batteria<br />
sostituibile in campo<br />
• Display leggibile anche in piena luce<br />
Maggiori informazioni su: www.3dpixel.com.<br />
IL SISTEMA ONE CLICK<br />
Sistema di scanner ad altissima risoluzione fotografica (oltre<br />
55 megapixel). Riprende in modo sferico un ambiente:<br />
360° gradi in orrizontale e 180° gradi in verticale. Il sistema<br />
gira lentamente sul proprio asse e riprende pixel per<br />
pixel tutto l’ambiente. Ingrandisce (zoom) ogni piccolo<br />
dettaglio con possibilitá di aggiunta di immagini o testi.<br />
Misura le distanze all’interno della foto sferica: Attraverso<br />
la ripresa di due immagini stereoscopiche<br />
(sovrapposte l’una sull’altra) ed algoritmi matematici<br />
fra le due foto sferiche ed i punti da misurare, vengono<br />
calcolate le distanze all’interno della foto ripresa.<br />
Vede tutte le zone sovra e sottoesposte alla luce<br />
(High Dynamic Range), ripresa per ogni livello di luce.<br />
Il sistema riesce a catturare la luce nel momento della<br />
ripresa fino a 26 livelli di diaframma. Aprendo e chiudendo<br />
virtualmente il diaframma con il mouse sulla foto sferica<br />
al computer, l’operatore può regolarsi in ogni momento la<br />
luce di vista. Utilizzo delle foto sferiche in diversi formati,<br />
programmi e media: Ripresa in formato proprietario trasformazione<br />
automatica in formati TIFF, JPEG, utilizzabili<br />
in Java, Quicktime ed altri programmi grafici.<br />
Il sistema ONE CLICK ha trovato un impiego importante<br />
nel settore criminalistico ed anche in altri settori tra cui il<br />
settore dei beni culturali ove può realizzare:<br />
• documentazione dello stato presente dell’ambiente<br />
prima della progettazione del restauro<br />
• documentazione di restauri, palazzi, ville, piazze,<br />
strade, vicoli, ecc.<br />
• documentazione dello stato di degrado (interno ed<br />
esterno) di un palazzo<br />
• documentazione di stanze ed oggetti molto preziosi,<br />
mostre di quadri, musei, ecc. a scopi assicurativi<br />
• documentazione immediata per scoperte culturali<br />
Informazioni su: www.sistemiavanzati.com<br />
58 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 59<br />
FSALVEMINI@FASTWEBNET.IT<br />
RECENSIONI<br />
LA TORRE GHIRLANDINA<br />
UN PROGETTO PER LA CONSERVAZIONE<br />
a cura di Rossella Cadignani<br />
Editore: Luca Sossella<br />
TITOLO: LA TORRE GHIRLANDINA<br />
A CURA DI: ROSSELLA CADIGNANI<br />
EDITORE: LUCA SOSSELLA EDITORE<br />
LINGUA: EDIZIONE BILINGUE INGLESE / ITALIANO<br />
USCITA: APRILE <strong>2009</strong><br />
PREZZO: EURO 35,00<br />
ISBN: 9788889829721<br />
Il volume, in cui vengono descritti l’organizzazione,<br />
il metodo di lavoro, le osservazioni e le indagini<br />
che hanno permesso l’elaborazione del progetto<br />
di restauro, è corredato da disegni, foto e altri apparati<br />
illustrativi. Si tratta di un progetto di grande valore<br />
culturale, mirato a conservare un monumento che ha più di<br />
otto secoli e che oltre a essere il simbolo della città, fa parte<br />
della lista dei siti dichiarati dall’Unesco “Patrimonio Mondiale<br />
dell’Umanità”. La Ghirlandina è amata dai cittadini<br />
ed è rappresentativa dell’idea collettiva ancor più della bellissima<br />
cattedrale. Sorge in Piazza Grande, cuore del centro<br />
storico cittadino, accanto alla cattedrale, di cui è anche torre<br />
campanaria e a cui è collegata da due sottili archi.<br />
Dal momento che la durata prevista per i lavori di restauro<br />
è di almeno due anni, il ponteggio è stato ricoperto da<br />
un telo dell’artista contemporaneo Mimmo Paladino. Il suo<br />
intervento originale, ideato per il cantiere di restauro della<br />
Ghirlandina, è rappresentato da disegni colorati e da particolari<br />
di sculture che richiamano l’immaginario arcaico<br />
e cristiano. Gli inserti in bianco e nero che riproducono<br />
sculture di Paladino stesso rievocano con una sintonia del<br />
tutto particolare l’austerità e il mistero dell’architettura romanica<br />
del Duomo. Grazie al vivace rapporto che l’artista<br />
ha intrattenuto con Modena nel corso degli anni e alla sua<br />
particolare capacità di interpretare le mitologie collettive,<br />
fi ltrando la sensibilità di un luogo e le sue suggestioni, Mimmo<br />
Paladino, uno degli artisti italiani più noti sulla scena internazionale,<br />
è stato scelto per elaborare un’opera destinata<br />
a coprire il campanile più caro alla città.<br />
L’avvio dei lavori di restauro, promossi dal Comune di Modena,<br />
è stato possibile grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio<br />
di Modena, per la quale i temi del recupero e della<br />
valorizzazione del patrimonio artistico costituiscono una<br />
delle priorità. La Fondazione ha svolto un ruolo determinante<br />
per l’avvio dei lavori: l’ente ha deciso infatti di sostenere<br />
l’intervento con un fi nanziamento di 3 milioni di euro,<br />
successivamente integrato dalla Regione Emilia-Romagna<br />
con ulteriori 200 mila euro.<br />
Un progetto integrato di restauro prevede il connubio delle<br />
discipline umanistiche con le tecnologie avanzate di cui si<br />
può disporre. Di quesee ultime, l’uso calibrato e non solo finalizzato<br />
alla dimostrazione tecnologica apporta conoscenze che<br />
integrano quella acquisita tramite l’esperienza. Ciò allo scopo di<br />
effettuare restauri il cui fine sia quello di prolungare la visione<br />
del bene nello stato in cui ci è giunto per le generazioni che<br />
seguiranno.<br />
La Torre Ghirlandina ci illustra una storia di due anni di lavoro<br />
in cui sono stati impegnati tecnici, storici e amministratori in un<br />
percorso di studio che ha portato all’elaborazione del progetto<br />
di restauro della Torre Ghirlandina di Modena.<br />
In questo volume, realizzato in occasione dell’opera richiesta a<br />
un gruppo multidisciplinare di tecnici che hanno portato a fattor<br />
comune la loro competenza, si illustra esaustivamente il progetto<br />
di restauro. Il testo è illustrato con numerose immagini,<br />
disegni e schemi che nell’insieme forniscono un valido tracciato<br />
ripercorribile e utilizzabile ad esempio per altre opere similari.<br />
L’approccio tecnologico negli spazi dedicati al rilievo è di notevole<br />
interesse in quanto sono state tecniche adottate sia tecniche<br />
consolidate di alto livello qualitativo che tecniche recenti<br />
molto avanzate.<br />
Si va quindi dall’uso dalla fotogrammetria con strumenti anch’essi<br />
consolidati, i quali la storica camera Wild P31 (l’ultima camera<br />
fotogrammetrica non amatoriale prodotta in Europa), e la restituzione<br />
stereoscopica classica con restitutori analitici “del primo<br />
ordine”. Con questa tecnica è stata realizzata la base della documentazione<br />
di rilievo, con realizzazione di prodotti derivati quali<br />
gli ortofotopiani e le sezioni e le piante degli interni, realizzate<br />
con integrazioni di triangolazioni effettuate con metodi classici.<br />
Tale lavoro è stato poi integrato con tecnologie avanzate per la<br />
modellazione 3D, quale il rilievo laser scanner. I risultati ottenuti<br />
sono particolarmente accurati in quanto inquadrati nello schema<br />
geometrico di alta precisione derivato dalla tecnica topograficafotogrammetrica.<br />
Il volume è elegantemente stampato su 286 pagine, molte illustrazioni<br />
a colori, in doppia lingua italiano e inglese e dispone di<br />
una scheda USB con contenuto lo stesso volume in PDF.<br />
RC
EVENTI<br />
13 SETTEMBRE <strong>2009</strong> –<br />
5 APRILE 2010<br />
VIGEVANO, CASTELLO VISCONTEO<br />
Il laboratorio di Leonardo: i codici,<br />
le macchine e i disegni<br />
WEB: www.leonardoevigevano.it<br />
EMAIL: servizi@civita.it<br />
10 OTTOBRE <strong>2009</strong> –<br />
10 GENNAIO 2010<br />
VENEZIA, GALLERIE DELL’ACCADEMIA<br />
Leonardo L’uomo vitruviano fra arte<br />
e scienza<br />
WEB: http://leonardo.uomovitruviano.it<br />
EMAIL: sspsae-ve@beniculturali.it<br />
23 OTTOBRE <strong>2009</strong> -<br />
31 GENNAIO 2010<br />
ROMA, PALAZZO DEL QUIRINALE<br />
Giordania, crocevia di popoli e di<br />
culture<br />
WEB: www.quirinale.it<br />
4-6 NOVEMBRE<br />
ROMA, UNIVERSITÀ LA SAPIENZA, CITTÀ<br />
UNIVERSITARIA, PIAZZALE ALDO MORO, 5<br />
Un nuovo “made in Italy” per lo<br />
sviluppo del Paese - ICT per la<br />
valorizzazione dei beni e delle<br />
attività culturali<br />
WEB: http://aica<strong>2009</strong>.sapienza.roma.it<br />
EMAIL: segreteria@aicanet.it<br />
9-10 NOVEMBRE<br />
MILANO, PALAZZO DELLE STELLINE<br />
V Conferenza Nazionale dei Musei<br />
d’Italia<br />
WEB: www.icom-italia.org<br />
EMAIL: info@icom-italia.org<br />
11-14 NOVEMBRE<br />
CATANIA<br />
Vulcani, Paesaggi e Culture: prima<br />
conferenza mondiale = Volcanoes,<br />
Landscapes and Cultures<br />
WEB: www.etnacatania<strong>2009</strong>.com<br />
EMAIL: conf-volcano@etnacatania<strong>2009</strong>.com<br />
16-18 NOVEMBRE<br />
VIENNA, AUSTRIA<br />
14th International Congress:<br />
Cultural Heritage and New<br />
Technologies: Archiving or building<br />
an information system<br />
WEB: www.stadtarchaeologie.at<br />
EMAIL: kongrarchae@ma07.wien.gv.at<br />
18-20 NOVEMBRE<br />
NAPOLI, CENTRO MUSEI SCIENZE NATURALI,<br />
UNIVERSITÀ DI NAPOLI FEDERICO II.<br />
XIX Congresso ANMS “Strategie della<br />
comunicazione della scienza dei<br />
Musei”.<br />
WEB: www.musei.unina.it<br />
24-27 NOVEMBRE<br />
FIRENZE<br />
Degree and Profession: Degree<br />
Projects Virtual Expo and<br />
International Awards<br />
WEB: www.florence-expo.com<br />
EMAIL: info@florence-expo.com<br />
15-16 DICEMBRE<br />
FIRENZE<br />
2nd CULTURAL HERITAGE online :<br />
Empowering users: an active role<br />
for user communities<br />
WEB: www.rinascimento-digitale.it/<br />
conference<strong>2009</strong><br />
1 GENNAIO 2010<br />
LONDRA, INGHILTERRA<br />
Preservation and Conservation<br />
Issues in Digital Printing and Digital<br />
Photography: 4th International<br />
Conference<br />
WEB: www.iop.org/Conferences/<br />
Forthcoming_Institute_Conferences<br />
EMAIL: dawn.stewart@iop.org<br />
23-26 FEBBRAIO 2010<br />
NUOVA DELHI, INDIA<br />
International Conference on Digital<br />
Libraries (ICDL) : Shaping the<br />
Information Paradigm<br />
WEB: www.teriin.org/events/icdl<br />
3-6 MARZO 2010<br />
BUENOS AIRES, ARGENTINA<br />
9th Biennial international<br />
Conference of Infrared and Raman<br />
Users’ Group (IRUG)<br />
WEB: www.irug9.org<br />
EMAIL: irug9@qo.fcen.uba.ar<br />
23-25 MARZO 2010<br />
ROMA, COMPLESSO MONUMENTALE DI SAN MICHELE<br />
A RIPA<br />
Multidisciplinary conservation: a<br />
holistic view for historical interiors<br />
WEB: www.icom-cc.org<br />
24-27 MARZO<br />
FERRARA, FIERA DI FERRARA<br />
Salone dell’Arte del Restauro e della<br />
Conservazione dei Beni Culturali e<br />
Ambientali<br />
WEB: www.salonedelrestauro.info<br />
13-17 APRILE 2010<br />
DENVER, STATI UNITI<br />
Museums and the Web 2010<br />
WEB: www.archimuse.com/mw2010<br />
EMAIL: mw2010@archimuse.com<br />
28-30 APRILE 2010<br />
GINEVRA, SVIZZERA<br />
8th European Conference on Digital<br />
Archiving<br />
WEB: www.bar.admin.ch/eca2010/<br />
index.html?lang=en<br />
EMAIL: eca2010@bar.admin.ch<br />
1-3 LUGLIO 2010<br />
RAVENNA<br />
Chemistry for cultural heritage<br />
(ChemCH)<br />
EMAIL: segreteria@<br />
fondazioneflaminia.it<br />
60 ArcheomaticA N° 0 novembre <strong>2009</strong>
CARTOLINA DI ABBONAMENTO<br />
<br />
Abbonamento<br />
annuale a<br />
GEOmedia € 45<br />
Ragione Sociale<br />
P.I./C.F.<br />
Cognome<br />
Nome<br />
Indirizzo N°<br />
Cap<br />
Comune<br />
Tel.<br />
Fax<br />
E-mail<br />
Tipo di organizzazione<br />
• Società di ingegneria<br />
• Consulenza<br />
• Formazione<br />
• Università<br />
• Produttore<br />
• Assoc. categoria<br />
• PAC<br />
• PAL<br />
• Ente parco<br />
• Comunità montana<br />
• Uff. Tecnico<br />
• Altro _ _ _ _ _ _ _ _ _ _<br />
Attività primaria<br />
• Cartografia<br />
• Rilievi GPS<br />
• Topografia, Geodesia<br />
• Catasto<br />
• GIS/SIT<br />
• Ingegneria del territorio<br />
• Protezione ambientale<br />
• Banche dati territoriali<br />
• Formazione<br />
• Editoria<br />
• Consulenza<br />
• Altro _ _ _ _ _ _ _ _ _ _<br />
Scelgo di pagare secondo quanto di seguito indicato:<br />
• Conto corrente postale n. 67876664 intestato a: A&C 2000 S.r.l.<br />
• Bonifico bancario alle seguenti coordinate:<br />
IBAN: IT91T0760103200000067876664<br />
Banco Posta S.p.a intestato a: A&C 2000 S.r.l.<br />
• Pagamento online all’indirizzo: www.rivistageomedia.it,<br />
nella sezione “abbonamento online”.<br />
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