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Archeomatica 4 2022 - Landscape Visibility

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ivista trimestrale, Anno XIV - Numero IV DICEMBRE <strong>2022</strong><br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

<strong>Landscape</strong><br />

<strong>Visibility</strong><br />

SicilyLab<strong>2022</strong><br />

That’s Opera<br />

Sette Opere di Misericordia<br />

www.archeomatica.it


Pompei per un treno<br />

EDITORIALE<br />

Non l’abbiamo ancora presa Frecciarossa da Milano a Pompei per verificare che sia davvero<br />

competitiva con il volo aereo per raggiungere una destinazione tanto ambita anche da<br />

Milano per i viaggiatori e i turisti dell’intero pianeta. Certo è sembrata una pianificazione<br />

elitaria quella di un treno ad alta velocità che ferma soltanto a Salerno. Il problema vero<br />

del Frecciarossa in realtà è semmai quello di viaggiare vuoto anche per altre mete di<br />

spicco sul territorio italiano e non perché sia un treno costoso, ma perché è inaccessibile in<br />

stazione, avendo una gestione separata a prenotazione chiusa che in nessun modo è possibile<br />

prendere al volo: perfino sugli autobus in molte città è praticabile la salita col bancomat<br />

e l’applicazione delle riduzioni. Come sempre, nelle spartizioni tra pubblico e privato, il<br />

metaverso ecologico e sostenibile si è perso per strada e non riesce ad essere per chiunque<br />

viaggi occasionalmente. Pompei resta un obbiettivo imprescindibile del viaggio nel tempo<br />

che farà da esca, come sempre nei secoli, per i torpedoni, quali essi siano, specialmente<br />

se davvero si fossero dimostrati sostenibili avviando una gestione non esclusiva e senza<br />

sprechi. Anche il Pio Monte della Misericordia di Napoli con le Sette Opere di Misericordia<br />

di Caravaggio, di cui in questo numero di <strong>Archeomatica</strong> potrete riscoprire la dimensione<br />

corale, era stato un progetto nella storia culturale dell’Italia ad alto indice di ascolto ed<br />

oltre confine, che ha fatto della pittura non soltanto preghiera e predicazione, ma creazione<br />

e un’attitudine alla ricreazione materiale e immateriale della persona. Andremo a Napoli<br />

e a Pompei con o senza aereo e Frecciarossa, perché sono altrettante sorgenti di energia<br />

e di vitalità e luoghi d’incontro con la natura, umana o divina che sia. L’arte è tecnologia<br />

perché è invenzione, a cominciare dagli utensili delle caverne nella vita sotterranea, e non<br />

ci stancheremmo di dire che la tecnologia ha bisogno più di arte che mai e che il superfluo<br />

dell’arte è indispensabile alla natura, anche animale. Un pizzico di quella scienza che,<br />

invece di rendere schiava più umanità obbligandola a trasformare le proprie case in astronavi<br />

con il progetto Green europeo e a sradicare intere distese di campagna, ad eccezione<br />

dei parchi spontanei, foreste e allevamenti di bestiame - intrapresi perché sopravvivano<br />

alla civiltà e contribuiscano al nutrimento della terra e dell’aria - per coprire i terreni<br />

delle aziende agricole della plastica e del silicio delle rinnovabili, spingerebbe le potenze<br />

industriali dell’energia a realizzare nelle microscopiche batterie di accumulo dei cellulari<br />

il potenziale di un generatore di corrente per uso domestico e nelle antenne paraboliche<br />

dei televisori micropannelli fotovoltaici capaci di concentrazione come altrettanti specchi<br />

ustori. Ancora nessuno ha detto che la realtà virtuale sia un surrogato incapace di suscitare<br />

emozioni autentiche e che un ologramma non possa esplorare lo spazio per noi trasferendoci<br />

immagini, idee ed emozioni, con il vantaggio di evitarci il rischio del teletrasporto e meno<br />

avveniristici viaggi nell’universo a sperpero di gas ossigeno e idrogeno: come hanno mostrato<br />

i progetti sperimentati da SicilyLab a Gioiosa Marea nella Grotta Tono nel sottosuolo, Xenia<br />

Progetti con la Soluzione VEDI testata sull’Annunciazione di Antonello da Messina nel Museo<br />

di Palazzo Bellomo a Siracusa o il metodo <strong>Landscape</strong> <strong>Visibility</strong> nella determinazione dei<br />

luoghi della memoria biblica, per citarne alcuni solo in questo numero della rivista. Progetti<br />

che hanno mostrato, non solo umanamente, ma anche umanisticamente parlando, come il<br />

futuro Green sia alla nostra portata.<br />

Buona lettura,<br />

Francesca Salvemini


IN QUESTO NUMERO<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

6 Le Sette Opere di<br />

Misericordia del Pio Monte<br />

della Misericordia a Napoli<br />

di Francesca Salvemini<br />

In copertina l'immagine della Viewshed<br />

Analysis dalla vetta del Gebel Musa. Alcune<br />

indicazioni di visibilità sono disponibili<br />

(in rosso). Queste concordano con quanto<br />

riportato da Egeria nel suo libro, a parte il<br />

Mare del Partenio (Mediterraneo).<br />

16 Metaverso Architettura<br />

e Territorio. L’esperienza<br />

del SicilyLab<strong>2022</strong> a Gioiosa<br />

Marea di Gaetano De Francesco,<br />

Michela Falcone<br />

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ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Anno XIV, N° 4 - DICEMBRE <strong>2022</strong><br />

<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />

italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />

e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />

la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />

culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />

tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />

diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />

in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />

parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />

avanzata del web con il suo social networking e le periferiche<br />

"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani<br />

che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,<br />

enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.<br />

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Forte, Bernard Frischer, Giovanni Ettore<br />

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Antonino Saggio, Francesca Salvemini,<br />

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Redazione<br />

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Valerio Carlucci<br />

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MUSEI<br />

20 That’s Opera un Nuovo<br />

Progetto Artistico e<br />

Multimediale<br />

di Maddalena Camera<br />

RUBRICHE<br />

28 AZIENDE E<br />

PRODOTTI<br />

Soluzioni allo Stato<br />

dell'Arte<br />

32 AGORÀ<br />

Notizie dal mondo delle<br />

Tecnologie dei Beni<br />

Culturali<br />

24 Could Egeria have seen the<br />

“Parthenion” sea from the<br />

Top of Mount Sinai? -<br />

The <strong>Landscape</strong> <strong>Visibility</strong><br />

from the Top of Mount Sinai<br />

climbed by Egeria<br />

by Fabio Crosilla<br />

38 EVENTI<br />

INSERZIONISTI<br />

Esri 38<br />

Hubstract 39<br />

Geomax 31<br />

Planetek 2<br />

Salone del Restauro 40<br />

Stonex 15<br />

Strumenti Topografici 9<br />

TechnologyForAll 39<br />

Virpleo 27<br />

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del 19 novembre 2009<br />

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Data chiusura in redazione: 3 aprile 2023


DOCUMENTAZIONE<br />

Le Sette Opere di Misericordia del<br />

Pio Monte della Misericordia a Napoli<br />

di Francesca Salvemini<br />

La datazione generica dell’iscrizione marmorea<br />

di Paolo V sotto il quadro delle Sette Opere di<br />

Misericordia di Caravaggio della chiesa di S.<br />

Maria della Misericordia del Pio Monte omonimo<br />

di Napoli è l’anno 1606 (19 gennaio), due mesi<br />

dopo il Breve pontificio di approvazione. Tra il 6<br />

ottobre e l’11 novembre del 1606 Caravaggio è a<br />

Napoli e lavora alla committenza Radolovich del<br />

documento del Banco di S. Eligio (ASBN, Banco di<br />

S. Eligio, Giornale copiapolizze, 31, 1606) di una<br />

pala che dovrà consegnare nel mese di dicembre.<br />

Nella sommaria descrizione dello schema compositivo,<br />

espresso dal committente a sviluppo verticale, appare<br />

l’iconografia della Madonna col Bambino nel coro<br />

d’angeli delle Sette Opere di Misericordia (fig.1), sebbene<br />

questo documento sia stato trascritto nell’ultimo mezzo secolo<br />

alla stregua di un’opera da considerarsi ancora oggi<br />

perduta (Caravaggio e il suo tempo, 1984, p.199) e come<br />

tale esposto nella mostra "Caravaggio Napoli" al Museo di<br />

Capodimonte nel 2019.<br />

Non poche perplessità ha destato l’intestazione della pagina<br />

‘Venezia’ del Registro del Banco napoletano di S. Eligio, che<br />

riporta l’apertura di credito al pittore lombardo da parte<br />

del dalmata Radolovich alla data in cui la Fondazione pauperistica<br />

apparteneva alla nazione spagnola di Napoli, dedita<br />

soprattutto all’assistenza ospedaliera, dei moribondi e<br />

dei conservatori femminili, ma facendo sempre riferimento<br />

alla nazione veneziana dei depositi particolari, quando la<br />

gestione dei fondi di credito era agli albori della moderna<br />

istituzione bancaria. Il ‘Locus sigilli’ dell’epigrafe riporta la<br />

firma di ‘M. Ursinus Barbianus’, che, per quanto leggibile,<br />

non consente un’obbiettiva identificazione del secretario<br />

apostolico che promulgo’ il decreto pontificio dell’opera caritatevole<br />

napoletana, conservando perciò la flagranza del<br />

documento apocrifo che trascrive lapidariamente il Breve<br />

pontificio, a sua volta conservato in copia, della prerogativa<br />

concessa fin dal 15 novembre 1605: vi è approvato l’ufficio<br />

caritatevole corporale della misericordia in cui doveva concretarsi<br />

il deposito del censo di Napoli e non solo il titolo,<br />

Fig.1 - Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia (Chiesa del Pio Monte<br />

della Misericordia, 1607, Napoli).<br />

ma il privilegio all’istituzione del Pio Monte di devolvere<br />

i lasciti e le elemosine devote in beneficenza. Il lapidario<br />

documento è murato dietro all’altare maggiore della chiesa<br />

di Nostra Signora della Misericordia del Pio Monte, dove non<br />

prima del 1661, ad opera dell’architetto della Confraternita<br />

Francesco Antonio Picchiatti, con la ricostruzione nello<br />

stato attuale della Cappella di S. Maria della Misericordia<br />

che vi era stata edificata una prima volta nel 1605 (Cesare<br />

D’Engenio Caracciolo, Napoli Sacra, Napoli 1624), sarà<br />

nuovamente collocato il quadro delle Sette Opere di Miseri-<br />

6 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />

cordia di Caravaggio, destinato all’altare maggiore. La sua<br />

esistenza, se non prova che i due documenti, pala ed epigrafe,<br />

fossero stati originariamente l’uno accanto all’altro,<br />

conferma una concomitanza cronologica tra la pubblicazione<br />

nella chiesa della prerogativa concessa alla fondazione<br />

dal pontefice neo-eletto, la principale committenza artistica<br />

attinente il luogo di culto ed il soggetto ‘votivo’ richiesto<br />

al pittore da un donatore. Statuita nel 1601 (Giulio Cesare<br />

Capaccio, Il Forastiero. Dialogi, Napoli 1634) nella segretezza<br />

(Vangelo di Matteo, 6, 1-4) se non nell’anonimato di<br />

prestatori ed elemosinieri, l’opera caritatevole alla quale<br />

furono aderenti con lasciti non soltanto accademici, ma<br />

ospedalieri, banchieri, commercianti e feudatari del Regno,<br />

si avvaleva di un’indulgenza e di una sorta di tributo fisc -<br />

le agevolato elargito ai suoi sostenitori in virtù dei fondi<br />

raccolti in favore dell’Ospedale degli Incurabili e di altre<br />

opere caritatevoli intraprese nella città e nel territorio,<br />

infine riconosciuta anche dall’assenso ai suoi governatori<br />

del Vicerè di Napoli Juan Alonso Pimentel de Herrera Conte<br />

di Benavente. Radolovich (o Radulovich), omonimo del<br />

cardinale Niccolò Radulovich di Polignano a mare in Puglia,<br />

è testimoniato fra i suoi membri e per questa commissione.<br />

Caravaggio (forse entrato a Napoli a bordo di una delle<br />

galee di sua proprietà) sarà pagato per la pala dell’altare<br />

maggiore da Tiberio del Pezzo, governatore per i defunti e<br />

per il patrimonio del Monte di Misericordia (ASBN, 18 gennaio<br />

del 1607); una cedola di entrata ed uscita per il quadro<br />

Fig. 2 - S. Francesco in Meditazione (Sala del Caravaggio, Museo Civico<br />

“ALA PONZONE”, Cremona)<br />

Fig. 2a - Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia (dettaglio del<br />

S.Francesco possibile autoritratto)<br />

Fig.2b - Carlo Sellitto, (Napoli, 1581 - Napoli, 1614), San Francesco riceve<br />

le stimmate, 1611 circa Olio su tela, 90 x 105 cm, Collezione privata<br />

| Courtesy of Galleria Porcini.


Fig. 3 - Caravaggio, Madonna del Rosario 1605 – 1607 (Kunsthistorisches<br />

Museum, Vienna).<br />

dell’altare maggiore della chiesa del Registro Primo delle<br />

Declaratorie dei Conti di Amministrazione dei Governatori<br />

del Pio Monte della Misericordia, annotati dal 22 marzo 1604<br />

al 18 novembre 1622, è la seguente: “...et al Signor Tiberio<br />

del Pezzo Scudi 400 come Governatore per morti, et servitio<br />

della chiesa, Dal quale sono stati pagati a Michel’Angelo da<br />

Caravaggio per lo prezzo del quadro dell’altare grande di<br />

detta chiesa qual’essito fatto per detto Signor Carlo (Caracciolo,<br />

m. 1607) ascende alla detta somma de scudi 469 e<br />

per che l’essito supera l’introito in Scudi duecento settanta<br />

sei et 2.1, Dechiaro.” Presumendo perduta la pala ordinata<br />

per un altare da Radolovich (“Caravaggio Napoli”, Catalogo<br />

della mostra, Electa, 2019, p.18) i pagamenti al pittore del<br />

Pio Monte napoletano sono stati riferiti indipendentemente<br />

dal documento Radolovich alle Sette Opere di Misericordia,<br />

anche se, vivente Caravaggio, la chiesa doveva aver allogato<br />

più di una sua tela riscattata dai notabili napoletani,<br />

in veste di donatori ed acquirenti insieme con il committente<br />

Radolovich. Ognuno degli episodi narrati da Caravaggio<br />

nell’ancona, da collocare infine all’altare maggiore, rispecchia<br />

l’opera caritatevole assegnata a ciascun deputato<br />

Governatore e perciò cosiddette: la prima, degli infermi e<br />

cioé assistere gli ammalati, la seconda, dei pellegrini o alloggiare<br />

i viandanti, la terza, dei carcerati o dell’Angelo<br />

custode, cioé visitare e indulgere la pena ai carcerati, la<br />

quarta, dei morti o seppellire i morti, la quinta, del patrimonio<br />

e dei poveri vergognosi o bisognosi, quest’ultima<br />

che comunemente ricapitola le opere di bene corporali di<br />

dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati e<br />

dar da vestire agli ignudi, cioè la redistribuzione di beni<br />

delle sette opere corporali di redenzione, il Monte dei poveri<br />

propriamente detto governato dapprima da Lorenzo Di<br />

Franco o De Franchis (Capaccio cit., p. 922). Fu Tommaso<br />

De Franchis a riscattare nel 1607 il dipinto di S. Domenico<br />

Maggiore, che sarà collocato nell’omonima cappella nel<br />

quarto decennio del Seicento, la Flagellazione secondo Bellori,<br />

attualmente conservata a Capodimonte e allestita nella<br />

mostra “Caravaggio Napoli” nella Reggia (Catalogo n.6;<br />

scheda di Alessandra Cosmi). L’incertezza interpretativa del<br />

documento della commissione Radolovich è in parte riposta<br />

nella complessità iconologica di altre due ancone degli ultimi<br />

periodi della produttività di Caravaggio e cioé la Natività<br />

già dell’Oratorio della Compagnia di S. Lorenzo a Palermo<br />

e la Madonna del Rosario (Macioce 2003, p. 211) a Vienna<br />

(Kunsthistorisches Museum), in cui la Vergine con il Bambino,<br />

vestita di un saio azzurro, invece che su un coro d’angeli<br />

si erge a fianco del fusto scanalato di una colonna bianca<br />

del Pantheon, o chiesa di S. Maria della Rotonda elencata<br />

nei ‘Mirabilia urbis Romae’. Il dettaglio monumentale non<br />

esclude una committenza estense del dipinto per una chiesa<br />

romana, in cui il pittore, tra i devoti, avesse in realtà ritratto<br />

la personalità di Giambattista della Porta, che nel Della<br />

Fisonomia dell’huomo [1], tradotta in volgare nel 1610, aveva<br />

dedicato all’effigie del cardinale Luigi d’Este (m.1589),<br />

che per sua stessa affermazione conobbe a Roma (1580),<br />

l’esemplarità della verosimiglianza del ritratto. Oltre che<br />

dall’incisione del trattato volgare di Della Porta dell’effigie<br />

del cardinale Luigi d’Este è documentata da un ritratto familiare,<br />

con l’iscrizione della sua identità, quella del cardinale<br />

Alessandro d’Este (Dorotheum 2016) a testimoniare la<br />

voga del ritratto storico: il capovolgimento dell’immagine<br />

nella camera oscura (Antonino Saggio, La Rottura del telaio,<br />

Trento, ListLab, 2018) sperimentata nel dipinto di Narciso<br />

(Gallerie Nazionali Barberini/Corsini, Roma; Longhi 1943),<br />

in cui l’ambivalenza con la tentazione di S. Giovanni Battista<br />

alla specchio d’acqua d’una fonte è pretesto ad uno<br />

studio sulla riflessione, porrebbe non solo la conoscenza di<br />

Della Porta e delle sue opere a partire dagli anni romani,<br />

quando la grandezza nel dar vita a volti e personaggi al suo<br />

esordio fu annotata dai biografi con l’affibbiargli l’epiteto di<br />

pittore di teste, ma anche questa tela antesignana nell’orbita<br />

di un primo collezionismo estense.<br />

Recenti discussioni documentarie sulla pala della Natività<br />

di Palermo si avvalgono sempre della lettura iconografica<br />

di quest’altro quadro, che intenderebbero invece fondamentalmente<br />

scardinare, ad opera di Giovan Pietro Bellori,<br />

ponendo nel dubbio la veridicità biografica della notizia del<br />

viaggio anche palermitano di Caravaggio e non la conoscenza<br />

relativa e accademicamente indiretta del suo luogo di<br />

conservazione da parte del biografo, laddove Bellori descriveva<br />

esservi dipinto “S. Giuseppe à sedere”. Differente dal<br />

S. Giuseppe del Riposo durante la fuga in Egitto (Galleria<br />

Doria Pamphilj, Roma) e tratto da un altro modello, seppure<br />

il passo belloriano fosse dovuto a relazioni, per quanto non<br />

più emerse, di corrispondenti e pittori negli ambienti romani<br />

e nella pratica corroborate da disegni, di fatto la freschezza<br />

caricaturale del vecchio pastore col cappello appoggiato ad<br />

un bordone (o bastone da pellegrino) al limitare del presepe<br />

quale un suo autentico S. Giuseppe anziano veniva ad esservi<br />

elusa, identificandolo Bellori con il personaggio di spalle,<br />

8 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />

e così altrettanto l’immaginazione di un’Epifania, idea non<br />

meno intuitivamente esplicita degli astanti nel loro insieme<br />

in un dipinto dell’Adorazione dei re Magi. Il fatto che<br />

l’ancona fosse sentita nella devozione più viva del Santo<br />

dei poveri Francesco nel tema della redenzione dai peccati<br />

ed anche in questa tela di Lorenzo patrono del Pio Oratorio<br />

palermitano, in cui a sedere per terra in primo piano fosse<br />

non S. Giuseppe, raffigurato pastore e in piedi a chiudere il<br />

cerchio di lato, ma, con S. Nicola, S. Lorenzo elemosiniere,<br />

anonimo donatore non più liturgicamente abbigliato tra i<br />

principi della chiesa, era biograficamente negato da Bellori,<br />

per il quale anche la pala di Messina era una Natività (Museo<br />

Regionale, Messina), preceduto dall’Iconologia del gesuita<br />

Placido Samperi (1644) che al ‘Quadro della Madonna del<br />

Parto, opera dell’eccellente Pittore Michel’Angiolo da Caravaggio’<br />

aveva dedicato un paragrafo intitolato “Della Imagine<br />

della Madonna del Parto nel divoto Convento de’ Frati<br />

Cappuccini, e sua origine.” Un altro convento dell’ordine<br />

dei minori che nel 1605 si era avvalso di lasciti per fondarvi<br />

un’opera di Misericordia, l’Infermeria.<br />

Non del tutto isolata la fonte belloriana, senza per questo<br />

concludere che Caravaggio non fosse stato a Palermo (Cuppone<br />

2017), quel che potrebbe dirsene storicamente è che<br />

il biografo, se o anche non dovesse esservi stato, descrivesse<br />

proprio questo dipinto, non più rimosso attraverso i<br />

secoli dall’Opera di Misericordia palermitana almeno fino<br />

al 1969 (quando, secondo la cronaca, venne rubato, divenendo<br />

oggetto d’inchiesta) e nella quale era giunto a concretizzarsi<br />

il movimento pauperistico nella città nel primo<br />

decennio del Seicento, demistificandolo di qualsiasi spunto<br />

antagonista verso l’abilità caricaturale della naturalezza<br />

dei Carracci. Era spettato al cardinale Ascanio Filomarino,<br />

anch'egli afferente al Pio Monte della Misericordia di Napoli,<br />

il S. Francesco di Caravaggio (Wadsworth Atheneum Museum<br />

of Art, Hartford) annotato dalle notule del Banco di S. Spirito<br />

(ASR) di Ottavio Costa, dov'era stato descritto con il<br />

fraticello Leone compagno.<br />

La pala napoletana, anche più grandiosa, era stata esposta<br />

a Napoli e per conoscerla sarebbe stato indispensabile ad<br />

ogni storico farla copiare con qualunque mezzo o dettagliarla<br />

con beneficio d’inventario sull’interpretazione datane ‘in<br />

loco’, nella convinzione relativa della sua accessibilità al<br />

pubblico e all’intermediario. In realtà nel corso di qualche<br />

anno, data la rendita delle elemosine elargite senza penuria<br />

al titolo dell’altare maggiore, a chiunque venne vietato<br />

dai Governatori del Pio Monte di Misericordia il permesso di<br />

spostare l’ancona e di venderla: “Adì 27 Agosto 1613. Per<br />

li detti Signori Governatori del Monte della Misericordia è<br />

stato discorso come havendo li hanni passati il detto monte<br />

voluto porre un quadro nell’altare maggior della sua chiesa,<br />

volle farlo fare da Michele angelo di Caravaggio, acciò<br />

che fatto da così eccellente artefice fusse corrispondente<br />

all’altre grandezze dell’opere de Dio che vi s’essercitano et<br />

essendo riuscito di tanta perfettione, che più d’una volta<br />

se n’è ritrovato duemila scudi, hanno per ciò detti Signori<br />

concluso, che per nissuno prezzo si possa mai vendere, mà<br />

sempre si debbia ritenere nella detta chiesa”. Ed anche perfino<br />

quello di copiarla, eccezionalmente concesso al Conte<br />

di Villamediana per mano dei pittori designati dalla Confraternita<br />

Fabrizio Santafede, Carlo Sellitto e Giovan Battista<br />

Caracciolo detto Battistello nello stesso 1613, data alla<br />

quale il conte Juan de Tassis y Peralta di Villamediana come<br />

tale comparirà nei suoi documenti. Questa documentazione<br />

archivistica è stata altrettanto esposta nelle Sale della<br />

Fig. 4 – Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia (particolare del ritratto<br />

di Paolo V).<br />

Fig.4 a - Ritratto di Paolo V Borghese 1605 - 1607 (Palazzo Borghese,<br />

Roma).


Pinacoteca del Pio Monte della Misericordia in occasione di<br />

‘Caravaggio Napoli’, che l’ha coordinata nella visita al Museo<br />

di Capodimonte, Sala Causa, e ne è un autentico pregio.<br />

Il S. Francesco in preghiera dei Musei Civici Ala Ponzone di<br />

Cremona (fig. 2) ha consentito di rileggere una figura di S.<br />

Francesco a mani giunte e incrocicchiate nel profilo, schietto<br />

e rozzo, del mendicante supplice e infermo a piedi nudi e<br />

con la stampella per terra nella zona più oscura e quasi indistinguibile<br />

delle Sette Opere di Misericordia ed un possibile<br />

autoritratto che implora la grazia (fig.2a), senza per questo<br />

concludere che la tela da testa di Cremona (fig.2) che lo<br />

genuflette dalla parte opposta coprendone le gambe, se ordinata<br />

dal Governatore di Roma (1604-1610) Benedetto Ala<br />

cui era appartenuta, oltre che un’altra storica testimonianza<br />

dell’interesse rivolto dal pontefice al leggendario dipinto<br />

esposto a Napoli, sia una replica devozionale autografa che<br />

copre col saio i piedi nudi del Santo (Gregori 1987).<br />

Nella mostra ‘Caravaggio Napoli’ un S. Francesco che riceve<br />

le stimmate di Carlo Sellitto (fig. 2b) (Catalogo Electa 2019,<br />

n. 21: Collezione privata courtesy Galleria Porcini) appare<br />

in realtà, piuttosto che delle opere caravaggesche nella<br />

Chiesa di S. Anna dei Lombardi a Napoli, nel 1634 illustrata<br />

anche dai “Dialoghi” di Capaccio, avvalersi dello studio del<br />

S. Domenico col rosario nelle mani, analogamente protese,<br />

della Madonna del Rosario (fig.3) a Vienna (Kunsthistorisches<br />

Museum); quando il dipinto, nel 1607, era documentato<br />

nello studio napoletano di Caravaggio e, per quanto<br />

minore fortuna rispetto all’opera possa averne avuto il documento<br />

relativo anche alla Giuditta e Oloferne (Gallerie<br />

Nazionali Barberini/Corsini, Roma), quadro testimoniatovi a<br />

Napoli ancora da Carlo Cesare Malvasia, lo stesso Benedetto<br />

Ala avrebbe potuto ordinare la copia del S. Francesco di<br />

Cremona dalle Sette Opere di Misericordia, conferendo obbiettivo<br />

risalto al subitaneo risentimento dei pittori nella<br />

città fin dal primo soggiorno napoletano di Caravaggio, tra i<br />

primi, se non da subito nella stessa chiesa, Battistello Caracciolo.<br />

Nella Madonna del Rosario (fig.3) di fronte al S.<br />

Domenico predicatore ad una moltitudine è raffigurato S.<br />

Sisto, santo decollato dei ‘Mirabilia urbis Romae’, anche<br />

identificato in S. Pietro martire, e nel frate domenicano incappucciato<br />

accanto a lui un altro possibile autoritratto, in<br />

luce ancora più fervido e sofferente testimone di una disputa.<br />

La descrizione delle fonti attraverso i secoli dei tre dipinti<br />

nel 1630 nella cappella Fenaroli di S. Anna dei Lombardi<br />

sono laconiche soprattutto riguardo il formato e le dimensioni<br />

dei laterali con S. Giovanni Battista e S. Francesco,<br />

anche se Nicolas Cochin nel 1756, mostrando di conoscere<br />

l’opera di Bernardo De Dominici almeno quanto quella<br />

di André Félibien, stenterà a farvi il nome di Caravaggio,<br />

dando altrimenti credito alla fonte letteraria che voleva<br />

che il suo S. Francesco (Wadsworth Atheneum Museum of<br />

Art, Hartford, dal 1943), appartenuto al cardinale Francesco<br />

Maria Del Monte, originariamente dalla collezione di<br />

Ottavio Costa fosse infine pervenuto nella seconda metà del<br />

Seicento ai Duchi Caetani di Sermoneta. Lo stesso De Dominici<br />

(1742) avrà encomiato tra le opere di Caravaggio senza<br />

riserve: “...il quadro del maggiore Altare della chiesa della<br />

Misericordia è opera lodata de’ suoi pennelli ove dipinse le<br />

sette opere del titolo della Chiesa…”). Nelle Sette Opere di<br />

Misericordia, accanto a S. Francesco, nel mendicante seduto<br />

di spalle e a schiena nuda, un culto anche ‘laico’ non<br />

certo dimenticato da Caravaggio pure a Palermo, S. Lorenzo<br />

che ha gettato ai poveri il sacchetto e i turiboli delle offerte,<br />

tesoro della chiesa, e sta per ricevere il dono di metà<br />

del mantello tagliato da S. Martino, che è in piedi con il<br />

cappello piumato. La scena raffigura l’episodio caritatevole<br />

di vestire gli ignudi insieme con l’assistenza agli infermi<br />

dell’ordine francescano, la rinuncia ai beni terreni della Le-<br />

Fig. 5 - Nicolas Perrey, Adriana Basile (incisione tratta da: Il teatro delle<br />

glorie della Signora Adriana Basile, Venezia 1628).<br />

Fig. 5a - Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia (particolare di Pero<br />

con il ritratto di Adriana Basile).<br />

10 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />

Fig.6 - Caravaggio, S. Sebastiano (Musée des Beaux Arts, Rouen).<br />

genda Aurea del domenicano Jacopo da Varagine, che conformavano<br />

la committenza di Niccolò Radolovich del 1606 di<br />

una pala bipartita con in alto la gloria della Vergine Maria e<br />

tra le sue figure in basso quattro Santi, tra i quali avrebbe<br />

voluto fosse S. Domenico stesso: anonima nella sfera contemplativa<br />

della Vergine l’ispirazione caravaggesca alla<br />

professione di fede nell’apostolato degli ordini mendicanti,<br />

che vuole i due Santi Francesco e Lorenzo di spalle giacere<br />

insieme sulla nuda terra. A Roma era intitolata a S. Lorenzo<br />

l’estrema propaggine della Porta Taurina, inglobata dalla<br />

cinta aureliana, che conduceva alla basilica cimiteriale di S.<br />

Lorenzo fuori le mura. Quanto alla possibilità che fosse proprio<br />

Abraham Vinck a copiare a Napoli la Giuditta e Oloforne<br />

di Caravaggio (Galleria Barberini, Roma) appartenuta ai Costa<br />

è tutt’altro che smentito dalla presenza tuttora nella<br />

città della copia di Louis Finson (Palazzo Zevallos, Banco di<br />

Napoli, Napoli, già attribuita a Battistello Caracciolo), ancora<br />

una volta copiando l’uno dall’altro i due pittori in società,<br />

ed anche una copia di Abraham Vinck risultare inventariata<br />

ad Amsterdam in sua proprietà un decennio più tardi<br />

come originale, sottolineando l’eccezionalità dell’esecuzione<br />

nello studio di Caravaggio: se non proprio la stessa, una<br />

sua fedele copia antica la Giuditta scaturita dal recente ritrovamento<br />

di Tolosa (2014), mentre anche la mezza figura<br />

di David e Golia della Galleria Borghese doveva essere stata<br />

eseguita a Roma da Caravaggio, la stessa per prima avuta da<br />

Juan de Tassis y Peralta, conte di Villamediana [2], come<br />

avrà sottolineato Bellori. Fu Lionello Venturi nelle “Note”<br />

del 1909 a riferire a Caravaggio la mezza figura di David nel<br />

Museo di Vienna, che più di ogni altra nel panorama europeo<br />

aveva mostrato di dipendere dal David Borghese. Nel 1613,<br />

infatti, oltre al San Giovanni Battista (Galleria Borghese,<br />

Roma), pure esibito nella mostra “Caravaggio Napoli”, anche<br />

il “David col teschio di Golia opera del Caravaggio”<br />

(Galleria Borghese, Roma) era stato infine esaltato da Scipione<br />

Francucci nel poemetto La Galleria dell’Il.mo e Rev.<br />

mo S Scipione cardinale Borghese (BAV, ms. Borghesiano<br />

184), galleria dove ormai entrambi i quadri si trovavano.<br />

D’altronde l’ancona della Madonna del Rosario di Vienna,<br />

giunta ad Anversa soprattutto per l’interessamento di Pietro<br />

Paolo Rubens, non più mercanteggiata, resterà alla chiesa<br />

domenicana di S. Paolo ad Anversa per quasi due secoli (Marini<br />

2005). Complessa è l’iconografia degli altri Santi delle<br />

Sette Opere di Misericordia, dove è semmai il documento<br />

della committenza di Radolovich ad essere più diretto se<br />

non soltanto accostato alle fonti letterarie di descrizione,<br />

ma alla stessa monumentale tela, avendovi sollecitato la<br />

rappresentazione del loro culto associato alle opere misericordiose,<br />

non solo simbolicamente attraverso sparsi attributi:<br />

oltre a S. Francesco e a S. Domenico dovevano essere<br />

dipinti nella tela dedicata alla grazia mariana S. Nicola, nel<br />

sacerdote custode del carcere al lume di una fiaccola, visitare<br />

i carcerati, e S. Vito, nel giovane che sostiene le gambe<br />

sospese di un cadavere, seppellire i morti, allusivo tanto<br />

alla sepoltura dei martiri cristiani che dei condannati a morte.<br />

Giovan Pietro Bellori, seppure chiara testimonianza della<br />

notorietà del grande dipinto, subito recepita dalle “Finezze<br />

dei pennelli italiani” di Luigi Scaramuccia (Pavia,


Fig. 7 - Battistello Caracciolo, Salomé (Napoli, collezione privata).<br />

1674), che l’intitolava le “Sette Opere della Misericordia”,<br />

contribuì a renderlo indeterminato precisandolo nella biografia<br />

di Caravaggio due volte: “Nella medesima Città (Napoli),<br />

per la chiesa della Misericordia dipinse le Sette Opere<br />

in un quadro lungo circa dieci palmi [n.d.r.: la larghezza o<br />

misura del traverso]; vedesi la testa di un vecchio, che sporge<br />

fuori della ferrata della prigione suggendo il latte d’una<br />

Donna, che à lui si piega con la mammella ignuda. Fra l’altre<br />

figure vi appariscono i piedi, e le gambe di un morto<br />

portato alla sepoltura; e dal lume della torcia di uno, che<br />

sostenta il cadavero, si spargono i raggi sopra il Sacerdote<br />

con la cotta bianca, e s’illumina il colore, dando spirito al<br />

componimento.” E ancora: “...et in Napoli frà le sette opere<br />

della Misericordia, vi è uno che, alzando il fiasco beve<br />

con la bocca aperta, lasciandovi cadere sconciamente il<br />

vino.” Dalla sua lettura deriva la tradizione ‹laica› degli episodi<br />

del dipinto, uno dei quali soltanto nitido nella memoria<br />

di Bellori, che rappresentano l’uno Cimone e Pero, tratto<br />

dai “Factorum ac dictorum memorabilium Libri” o “Libri<br />

Memorabili” di Valerio Massimo e l’altro Sansone che beve<br />

dalla mascella d’asino, tratto dal “Libro dei Giudici” (15),<br />

che in Bellori è genericamente un bevitore (E. Borea cur.,<br />

Giovan Pietro Bellori, Le Vite de’ pittori, scultori e architetti<br />

moderni, I, 1976, 2009, p.226, nota 1 e p.231, nota 4). La<br />

somiglianza del diacono, che in effetti regge in mano la torcia,<br />

al Ritratto di Maffeo Barberini della Galleria Corsini a<br />

Firenze, già proprietà Anna Corsini a Firenze, insieme<br />

all’approssimatezza del testo di Bellori che, sebbene dando<br />

in un altro passo la notizia di un suo ritratto originale del<br />

pontefice Urbano VIII (“Al cardinale Maffeo Barberini, che fu<br />

poi Urbano VIII sommo pontefice, oltre il ritratto, fece…”),<br />

avendola solo individuata, neanche identificava il cardinale<br />

in questa grandiosa pala napoletana, dimostrerebbero piuttosto<br />

che Caravaggio avesse avuto notoriamente l’occasione<br />

di ritrarre Maffeo Barberini molto giovane, quando non era<br />

ancora chierico di camera, e, se in consonanza con il più<br />

frammentario brano delle “Considerazioni” di Giulio Mancini<br />

(le righe riferibili alla presenza del pittore nello studio di<br />

Giuseppe Cesari D’Arpino dove erano annotate le frasi “vuol<br />

tre ritratti” e “fece ritratti per Barbarino”), solo in quest’ancona<br />

di nuovo lo dipingesse nell’abito clericale, nunzio apostolico<br />

a Parigi dal 1604, eletto cardinale l’11 settembre del<br />

1606 con imposizione dalle mani del re di Francia Enrico IV.<br />

Dei due dibattuti ritratti di Maffeo Barberini in collezione<br />

privata italiana attribuiti a Caravaggio non vi sono critiche<br />

smentite, infatti, fin dal loro paragone ad opera di Lionello<br />

Venturi nel 1912 (Lionello Venturi, Opere inedite di Michelangelo<br />

da Caravaggio, 1912, p.12) al Ritratto di Paolo V<br />

Borghese (fig.4) che entrambi consistano della storica fisi -<br />

nomia del cardinale che assumerà il nome di papa Urbano<br />

VIII nel 1623 e che nel sacerdote delle Sette Opere di Misericordia<br />

è energicamente commossa, ma, ormai trentottenne,<br />

non meno intensamente assorta dell’atteggiamento,<br />

non proprio consono ad un chierico, del giovane prodigo<br />

truffato al gioco dei Bari (Kimbell Art Museum, Fort Worth),<br />

cui il testo del manoscritto Mancini doveva alludere al pari<br />

12 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />

della più tarda memoria belloriana di fonte familiare, insieme<br />

alla voga per il ritratto morale esemplata scientific -<br />

mente da Giovan Battista Della Porta.<br />

Jusepe Martinez parlò di un ritratto di Caravaggio del pontefice<br />

Paolo V, dipinto insieme con i suoi beneficiati, nei<br />

“Discursos Practicables del nobilìsimo arte de la pinctura”<br />

(ed. Madrid 1866) tenuti all’accademia di Saragozza alla<br />

metà del Seicento, che non è improbabile fossero considerevoli<br />

già per la statura accademica di Bellori, che riferiva,<br />

incalzando a proposito dell’Ecce homo Massimi, come<br />

questo dipinto fosse stato portato in Spagna al tempo di<br />

Filippo III senza identificarlo, mentre descriveva un S. Sebastiano:<br />

“...fu portata in Parigi la figura con due ministri<br />

che gli legano le mani di dietro”, dettagliandolo corrispondente<br />

iconograficamente alla Flagellazione a mezze figure<br />

(Musée des Beaux Arts, Rouen; “Caravaggio Napoli” Catalogo<br />

n.7; scheda di Alessandra Cosmi), che doveva ritrovarsi<br />

a Roma. Anche nella grandiosità è riposta la confrontabilità<br />

alle Sette Opere di Misericordia del passo dei “Discursos” - a<br />

discapito del Ritratto di Paolo V (fig.4a) (Palazzo Borghese,<br />

Roma, cm.218x136, in copia nella Galleria Borghese, cm.<br />

144X126.5), riferito a Caravaggio nella Villa Borghese da<br />

Giacomo Manilli nel 1650 [3] e detto “a sedere” da Giovan<br />

Pietro Bellori nel 1672 - sul ritratto del pontefice Paolo V,<br />

che Martinez diceva eseguito dal pittore prima della sua<br />

fuga a Malta, esaustivo non solo per la grandiosità della scena<br />

descritta coinvolgente più figure, ma per la rapportabilità<br />

nel dettaglio delle vistose dimensioni (1 palmo=20-25 cm)<br />

alla tela napoletana (cm. 390X260), fino a competere per<br />

importanza con l’opera romana di Caravaggio più famosa:<br />

i laterali della Cappella Contarelli di S. Luigi dei Francesi,<br />

dove nell’una, la scena della Vocazione di Matteo era invece<br />

ritratto con gli occhiali il pontefice Clemente VIII Aldobrandini,<br />

che non aveva concesso al principe di Lorena e<br />

al re di Francia, verosimigliante al re Irtaco nell’altra del<br />

Martirio di Matteo, la dispensa matrimoniale con Caterina<br />

di Borbone. Seppure è vero che, calato nell’attualità delle<br />

controversie di quegli anni, fosse stato in questa occasione<br />

che Enrico avesse ricevuto in dono dal pontefice, insieme<br />

al suo rifiuto, o avesse fatto copiare l’Annunciazione<br />

di Nancy, in cui la figura dell’angelo annunciante appare<br />

riversa e non meno ruotata rispetto a quella del secondo<br />

dipinto di S. Matteo e l’angelo, tuttora sulla terza parete<br />

della cappella romana di S. Luigi. Quanto alla prospettiva<br />

della finestra nella Vocazione di Matteo, la presenza di uno<br />

scuro, usato nelle finestre senza persiane, dimostra la scena<br />

sfondare l’interno architettonico, in cui il sott’in su di S.<br />

Matteo avanza sul visitatore nella geometria di una sfera, la<br />

“rondeur” nella “manière noire” che André Félibien sottolineerà<br />

anche Valentin avesse appreso dal suo maestro Caravaggio,<br />

aggiungendo potersi trovare a Parigi non solo i loro<br />

dipinti, ma inoltre quelli di Bartolomeo Manfredi. Félibien<br />

dedicò a Caravaggio molte pagine del secondo volume degli<br />

Entretiens (1687), dimostrando di conoscere la biografia di<br />

Giovan Pietro Bellori, specialmente nel contrapporre la sua<br />

arte a quella di Guido Reni fino alla rivalità: nella “Felsina<br />

pittrice” di Carlo Cesare Malvasia, nella Vita di Reni, era<br />

detto occasionale l’incontro tra i due pittori narrato da Félibien.<br />

Con Paolo V appena eletto, Caravaggio, non solo a parere<br />

di Martinez, ma anche di Bellori, fisicamente condotto<br />

al suo cospetto, avrebbe quindi, secondo il primo, ritratto<br />

tre e anche più dei suoi nipoti, cardinali e seguaci: precoce<br />

la sua testimonianza, per la quale era prosopograficamente<br />

notoria la fisionomia del pontefice Camillo Borghese di tre<br />

quarti negli scuriti panni dell’oste, quale l’apostolo Pietro<br />

che vi indica la via dell’esilio a S. Giacomo, connotando l’oratorio<br />

come ospizio dei pellegrini. Inoltre il dipinto assume<br />

in Martinez una valenza storico-documentale nel ritrovarvi<br />

i suoi neo-eletti cardinali: il cardinal nipote, Scipione Caffarelli<br />

Borghese, nel 1605, era probabilmente supposto nel<br />

Sansone (raffigurato troppo vecchio per esserlo davvero) ed<br />

il cardinale Maffeo Barberini nel sacerdote con la torcia,<br />

dove ancora è innegabile sia connesso al dipinto il ‘motu<br />

proprio’ del papa nella concessione del privilegio all’istituito<br />

Pio Monte della Misericordia di Napoli. Dal confronto tra<br />

le due fonti letterarie di Bellori e di Martinez emerge come i<br />

due autori non si riferissero ad un solo ritratto e che in quello<br />

eseguito a diverse figure il pontefice non indossasse la solenne<br />

mozzetta purpurea. Nel dipinto napoletano, privo del<br />

risalto liturgico del velluto e della seta del quadro romano<br />

(fig.4a), l’identità del volto di Camillo Borghese (fig.4) sul<br />

bianco colletto di lino della cotta sotto l’umile pellegrina,<br />

più appariscente fisionomicamente, lo lascia interpretare,<br />

se non seduto, sodale protagonista di un cerimoniale sobrio<br />

dell’opera caritatevole perfino più autorevole. Il pontefice<br />

avrebbe potuto infine ottenere il ritratto personale<br />

dallo stesso Caravaggio a Napoli in cambio della promessa<br />

di ‘remissione’ di cui aveva parlato Giovanni Baglione nella<br />

propria biografia del pittore. Tanto Martinez quanto Bellori<br />

concordavano sulla circostanza biografica dell’incontro col<br />

pontefice e l’episodio memorabile del grande quadro delle<br />

Sette Opere di misericordia, in chiave autobiografica, poteva<br />

essere verosimilmente ambientato nei paraggi di Castel<br />

S. Angelo, il borgo non meno pieno di vicoli dei Tribunali di<br />

Napoli. Nel volto di S. Giacomo dei pellegrini con la conchiglia<br />

sul cappello è ritratto come donatore il poeta Giambattista<br />

Marino, amicissimo di Giambattista Manso, fondatore<br />

del Pio Monte (ritratto a suia volta al suo fianco in veste di<br />

San Martino) e nel 1606 segretario del cardinale camerlengo<br />

Pietro Aldobrandini, che seguì nella diocesi di Ravenna,<br />

dalle sue parole apparsa vissuta come un vero e proprio<br />

confino. Spettatore della sfera della Madonna col bambino,<br />

ascesa sul volo d’angeli plananti con ali di cigno, tra drappi<br />

a parabola, è ritratto sporgersi fra le sbarre della prigione,<br />

nei panni di Cimone, Galileo Galilei, tra i primi ad avvistare<br />

nel 1604 e dare corpo universale alla “lux quaedam peregrina”,<br />

cui Giovanni Keplero avrà dedicato il libello De Stella<br />

nova (Praga, 1606) e che Caravaggio vi dipinge come l’avesse<br />

realmente scorto a scrutare il cielo, forse interprete<br />

delle suppliche di estradizione di Tommaso Campanella rivolte<br />

al vescovo di Caserta inquisitore Deodato Gentile ed al<br />

nunzio apostolico di Napoli nel 1606 Guglielmo Bastoni. Se<br />

è vero che Bellori avrà parlato di un ritratto di Giambattista<br />

Marino e di Caravaggio stesso ormai celebre nelle accademie<br />

del tempo, certo è che, differentemente da Martinez,<br />

la pagina belloriana appare un’ermeneutica del sonetto<br />

della “Galeria” dello stesso Marino, identificabile nel Suonatore<br />

di liuto (Hermitage, S. Pietroburgo), la cui celebrità<br />

avesse solleticato anche l’ambizione di Alof di Wignacourt,<br />

che a sua volta si fece ritrarre dal pittore. Che il dipinto<br />

immerga le opere di misericordia, connotandole ciascuna di<br />

materialità e immediatezza comunicativa fenomenali nella<br />

misericordia mariana è la ben nota sensibilità musicale del<br />

pittore ancora una volta a dirlo, poiché è proprio ad un coro<br />

d’angeli che quasi tutti i partecipanti si uniscono sulla strada,<br />

le labbra socchiuse alla profferta.<br />

Pero è l’inerte cassa armonica della voce celeste in cui Caravaggio<br />

amò ancora ritrarre Adriana Basile (fig.5, 5a,5b),<br />

primadonna degli oratori napoletani e, con il fratello Giambattista<br />

Basile, fedelissima di Giambattista Manso, lui stesso<br />

il cavaliere nei panni di Martino conclamato rappresentativo<br />

a stringere il sodalizio col pontefice. La cantante lirica<br />

fu ritratta anche da Bartolomeo Manfredi con il tamburello<br />

alla spagnola nei panni di Salomé (‘La Zingara’, in copia


passata nel 2006 alle aste Pandolfini, Firenze), dimostrando<br />

di aver attinto personalmente a Roma alla pratica caravaggesca<br />

del ritratto. Claudio Monteverdi, lombardo conterraneo<br />

del pittore, compose l’inno polifonico ‘Ave maris stella’<br />

nel concerto “Sanctissimae Virgini missa senis vocibus” che<br />

diede alle stampe a Venezia nel 1610 riadattato per musica<br />

da camera, nel frontespizio annotando l’editore come<br />

l’opera fosse “consacrata” al pontefice Paolo V. Nel tempio<br />

della Vergine Maria, l’orazione ascendeva all’armonia dalla<br />

sapienza musicale di Claudio Monteverdi, dalla memoria<br />

personale del pittore, che con Giuseppe Cesari D’Arpino,<br />

prima attratto nell’orbita borromaica, aveva dipinto in S.<br />

Lorenzo in Damaso a Roma (Karel Van Mander, “HetSchilderboek”,<br />

Amsterdam, 1604), nelle Sette Opere impersonando<br />

pittorescamente un assetato Sansone, almeno al pari di David<br />

un colosso della tendenza pauperistica dell'episodio del<br />

gigante Golia dipinto al tempo del cantiere D'Arpino di S.<br />

Lorenzo in Damaso avrà reso testimonianza anche Joachim<br />

von Sandrart.<br />

Quanto al S. Sebastiano a Rouen (“Caravaggio Napoli”, n.7<br />

cit., cm.134x175, Flagellazione e n.8, copia, collezione privata)<br />

il fatto che le torture inflitte nei quadri di Caravaggio<br />

fossero le più praticate pubblicamente nel suo secolo<br />

non smentisce l’iconografia belloriana del Santo (fig.6) resa<br />

nell’azione che lo conduce al martirio, nella cui scena, afflosciato<br />

in un angolo, spicca il mantello rosso del gigantesco<br />

centurione che, anche piegato dal flagello alla colonna,<br />

sovrasta nella statura i due aguzzini privo non solo di frecce,<br />

ma della corona di spine di Cristo sui capelli. L’accurata<br />

descrizione del documento pubblicato da Virgilio Saccà nel<br />

1906, oggi noto soltanto dalla sua trascrizione, dell’eseguito<br />

‘Cristo con la croce in spalla’ della committenza siciliana<br />

di Niccolò Di Giacomo, non escludeva potesse essere questa<br />

una delle quattro tele da questi commissionategli con storie<br />

della Passione di Cristo.<br />

Sebbene Bellori in realtà obbiettasse alla “Memoria” di Gaspare<br />

Celio scritta nel 1620, edita a Napoli nel 1638, che nel<br />

romano Palazzo Mattei ricordava laconicamente accomunate<br />

dal formato alcune tele: “Quelle della presa di Christo<br />

mezze figure. Quella de Emaus. Quella del Pastor friso ad<br />

olio, di Michelangelo da Caravaggio”, avanzando l’ambiguità<br />

iconografica della figura di S. Sebastiano “portata in<br />

Parigi”, ne lasciava indeterminata l’ultima vicenda collezionistica:<br />

‘un quadro di S. Bastiano di mano di Michelangelo<br />

da Caravaggio’ era registrato nel 1604 dall’inventario di<br />

Asdrubale Mattei.<br />

Presenti entrambe in mostra le tele di Salomé per lo più<br />

stimate due versioni dello stesso soggetto, il loro allestimento<br />

espositivo vi è stato separato da un tramezzo, diventando<br />

singolarmente rilevante il fatto che le dimensioni<br />

della squadrata tela d’imperatore del Palazzo Reale di<br />

Madrid (cm.116x140) siano approssimate a quelle del S.<br />

Girolamo di La Valletta (cm.117x157). L’altra della National<br />

Gallery di Londra (cm.92x106), apprezzabilmente più<br />

piccola, si mostra per essere osservata dal basso come un<br />

soprapporta, non necessariamente in rapporto alla collocazione<br />

del S. Girolamo della Cappella Italiana nella Cattedrale<br />

di S. Giovanni di Malta, dove questo quadro fu dipinto,<br />

ma più vicina al visitatore del Sacello, architettonicamente<br />

ultimato nel 1609. Nella Salomé di Madrid la prospettiva,<br />

che situava S. Girolamo quasi a figura intera al centro della<br />

tela, accalca le mezze figure ingigantite sul lato destro della<br />

tela vuota, che Howard Hibbard (Hibbard 1983, fig.170)<br />

lasciava interpretare molto restaurata se non lacunosa in<br />

parte, in realtà senza che vi fossero sviluppate le masse<br />

distanziate dei corpi nell’angolo di rotazione stabilito dalla<br />

diametrale del braccio del carnefice dell’altro dipinto che<br />

poteva esserle esemplare: il quadro di Madrid apparirebbe<br />

un ingrandimento sproporzionato in cui le figure ruotano su<br />

se stesse anche per essere visto all’interno di una sala o di<br />

una grandiosa navata, se davvero i due medesimi soggetti<br />

fossero confrontati l’uno vicino all’altro in uno stesso ambiente.<br />

La proiezione sferica del particolare dei riflessi di<br />

luce sull’ampolla di fiori del Ragazzo morso da un ramarro<br />

(National Gallery, Londra) dimostra che le sperimentazioni<br />

caravaggesche di fenomeni dell’ottica anticiparono tanto la<br />

pubblicazione del De Astronomia di Giovanni Keplero che<br />

del De Centro gravitatis di Luca Valerio (1604) e la “rondeur”<br />

che gli sarà attribuita da André Félibien ne coglierà<br />

la naturalezza formale della massa nella fisica moderna:<br />

la cavità è la misura dell’inerzia di un corpo e l’indice di<br />

oscillazione nella spazialità non solo dell’atmosfera leonardesca,<br />

ma di un frammento dell’universo osservabile in cui<br />

l’osservatore sia immerso nel centro di proiezione, centro<br />

geometrico di una sfera. Oltre a Jusepe Ribera (collezione<br />

privata, Sotheby’s, New York 2019), ne è conscio Battistello<br />

Caracciolo nella Salomé (Napoli, collezione privata) (fig.7)<br />

che è stata nuovamente presentata in mostra (“Caravaggio<br />

Napoli” catalogo n.14; scheda di Stefano Causa), con tutta<br />

l’evidenza del gesto del carnefice di sollevare la testa del<br />

Battista, attraverso decenni di suggestioni critiche dalla sua<br />

storia collezionistica, finalmente a confronto alla Salomé di<br />

Londra, a riprova che quest’ultimo dipinto di S. Giovanni<br />

Battista di Caravaggio fosse a Napoli nel 1610.<br />

End Note<br />

[1] Giovan Battista Della Porta, De Humana Physiognomia, Napoli 1601, p. 286.<br />

[2] Juan de Tassis y Peralta conte di Villamediana era camerario di Filippo<br />

III e suo ambasciatore in Inghilterra. Gaspare Murtola, che lo conobbe quale<br />

drammaturgo, lo dette già morto nel 1614, data della dedicatoria a Filippo<br />

Masio, Principe dell’Accademia degli Ordinati, nel Delle Pescatorie (Macerata,<br />

1618, 2a).<br />

[3] Iacomo Manilli, Villa Borghese Fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p.77:<br />

“Sopra la Porta, in faccia à quello del Pontefice vivente [n.d.r.: papa Innocenzo<br />

X], si vede il ritratto di Paulo Quinto, di mano di Michelagnolo da Carauaggio.”<br />

Abstract<br />

The article traces the history of the Seven Works of Mercy of the Neapolitan<br />

Pio Monte di Misericordia from the commissioning of Niccolò Radolovich to the<br />

seventeenth-century historical-iconographic panorama to the other Neapolitan<br />

and Sicilian works by Caravaggio in the same period.<br />

Parole Chiave<br />

Caravaggio; mostre; analisi storica; iconografia caravaggesca; pittura<br />

napoletana<br />

Autore<br />

Francesca Salvemini<br />

14 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />

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DOCUMENTAZIONE<br />

Metaverso Architettura e<br />

Territorio. L’esperienza del<br />

SicilyLab<strong>2022</strong> a Gioiosa Marea<br />

di Gaetano De Francesco, Michela Falcone<br />

"Sul retro segni impronunciabili che<br />

spiegano come contattarlo: un numero<br />

di telefono. Un codice di reperibilità<br />

universale via segreteria telefonica.<br />

Casella postale. Indirizzo in una<br />

mezza dozzina di reti di comunicazione<br />

elettroniche. Un recapito nel<br />

Metaverso. «Che nome stupido» dice<br />

lei, infilando il biglietto in uno degli<br />

innumerevoli taschini della tuta. «Ma<br />

non riuscirai a dimenticarlo» dice<br />

Hiro". (Neal Stephenson, Snow Crash,<br />

Milano, Shake editore, 1995, p. 26)<br />

Il Termine metaverso è impiegato per la prima volta nel<br />

1992 da N. Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow<br />

crash per indicare un mondo virtuale in 3D popolato<br />

di repliche umane digitali. Con esso oggi si definisce una<br />

zona di convergenza di spazi virtuali 3d, interattivi, localizzata<br />

nel cyberspazio e accessibile dagli utenti attraverso<br />

avatar.<br />

Nell’ottobre 2021, il termine ha avuto vasta risonanza<br />

mediatica, quando M. Zuckerberg ha mutato la denominazione<br />

dell’azienda di cui è fondatore, e che controlla<br />

i principali social network, in Meta Platforms, Inc., con<br />

logo il simbolo matematico dell’infinito, puntando tutto<br />

sul metaverso.<br />

Società finanziarie, intermediarie e istituti bancari si<br />

stanno attrezzando per essere in questa realtà alternativa,<br />

in questo metamondo, consapevoli che micropagamenti<br />

e criptovalute lo domineranno.<br />

Gli ambienti virtuali rappresentano da decenni strumenti<br />

quotidiani per chi si occupa di spazialità. La tridimensionalità<br />

è strumento conoscitivo di uno spazio esistente. Laser<br />

scanning e fotogrammetria permettono di rilevare e<br />

conoscere nel dettaglio manufatti esistenti e ampie aree<br />

territoriali; è strumento progettuale: attraverso software<br />

quali Rhinoceros, Maya, 3ds Max, Blender, Cinema 4d designer<br />

di tutto il mondo sviluppano modelli tridimensionali<br />

che guidano le scelte strutturali, architettoniche, impiantistiche,<br />

quelle urbane e paesaggistiche; è strumento<br />

rappresentativo: rendering e animazioni permettono di<br />

visualizzare l’oggetto progettato e comunicare idee preliminari,<br />

progetti definitivi ed esecutivi; è strumento per<br />

la prototipazione e la gestione di manufatti durante il<br />

loro ciclo di vita e successivamente ad esso; è strumento<br />

speculativo: il processo di ricerca di nuove configuarazioni<br />

spaziali passa per un modello 3d.<br />

Ma cosa accade se la tridimensionalità entra nel cyber<br />

spazio. Cosa accade se la tridimensionalità diventa un<br />

mondo accessibile agli utenti del web? Beh allora le possibilità<br />

si moltiplicano.<br />

Nel <strong>2022</strong> il SicilyLab, al quale chi scrive ha partecipato,<br />

si è interrogato sui possibili rapporti del metaverso con<br />

il progetto architettonico, paesaggistico e urbano e ne<br />

ha sperimentato le potenzialità attraverso il progetto<br />

site specific MetaTono nella piccola cittadina siciliana di<br />

Gioiosa Marea.<br />

Questo breve saggio racconta l’intera esperienza.<br />

nITro e il SicilyLab<br />

nITro è l’acronimo di New Information Technology Research<br />

Office ed è un collettivo di architetti formatisi<br />

attorno al professor Antonino Saggio che ha operato dal<br />

2003 con l’obiettivo di interrogarsi sull’impatto della<br />

rivoluzione informatica in architettura e che ha visto il<br />

16 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />

susseguirsi di diverse formazioni nel tempo.<br />

Una delle attività del gruppo nITro è il Sicily Lab. Ogni<br />

estate i membri che hanno fatto parte del collettivo si<br />

riuniscono a Gioiosa Marea, dove nelle residenze Saggio,<br />

luogo dedicato ad eventi legati al tema dell’architettura,<br />

all’incontro e al dibattito, prende vita la dieci giorni del<br />

SicilyLab.<br />

Il SicilyLab è un momento di riflessione, di ricerca e sperimentazione<br />

che coinvolge i “nitrini” e membri esterni<br />

- quali artisti, esponenti del mondo accademico, università<br />

straniere, importanti studi di architettura e persone<br />

del luogo – e che si configura come un laboratorio durante<br />

il quale, a valle di una programmazione avvenuta<br />

nei mesi precedenti, si elaborano e finalizzano proposte<br />

progettuali per il contesto siciliano, si costruiscono installazioni<br />

temporanee, si testano soluzioni tecnologiche,<br />

si prova, si fallisce, si riprova, si elaborano strategie per<br />

far fronte a una “crisi”. Al contempo si vive insieme,<br />

come all’interno di una grande nave, in cui ogni membro<br />

dell’equipaggio lavora per un obiettivo comune.<br />

Partire dalla Crisi<br />

“Confidate nel nuovo, nella modernità rischiosa, nella<br />

modernità che fa della crisi un valore”. Cosi’ Bruno Zevi<br />

esordiva di fronte agli studenti universitari. Questa frase<br />

contiene la spinta che motiva ogni anno i partecipanti al<br />

SicilyLab e che viene applicata come metodologia progettuale.<br />

Per ogni progetto infatti si parte da una problematica,<br />

una crisi. Saggio e i suoi allievi sono convinti che<br />

oggi il compito del design e dell’architettura sia quello<br />

di affronare le grandi crisi contemporanee - come quella<br />

ad esempio dei cambiamenti climatici - e trasformarle in<br />

una risorsa per il territorio e le comunità che lo abitano.<br />

L’emergenza idrica, i fenomeni erosivi della costa e quelli<br />

franosi dei versanti, la separazione operata dalla ferrovia<br />

tra il waterfront e il tessuto cittadino, le cesure causate<br />

da torrenti e fiumare, gli scarti dell’industria ceramica, il<br />

degrado dello spazio pubblico, i vuoti urbani abbandonati<br />

e le brown areas dismesse, il non-finito, la mancata manutenzione<br />

e pulizia dei corsi d’acqua: queste sono solo<br />

alcune delle crisi che il SicilyLab ha tentato di affrontare<br />

a partire dal 2007 attraverso l’elaborazione di scenari architettonici,<br />

urbani e paesaggistici non convenzionali e<br />

design creativo.<br />

Il <strong>2022</strong> è l’anno della Grotta del Tono di Gioiosa Marea e<br />

della limitata conoscenza da parte della comunità locale<br />

e dei turisti di questo spazio caveale di notevole interesse<br />

geologico e antropologico.<br />

Tutto è iniziato a Roma nei mesi precedenti al SicilyLab,<br />

dove nello studio del professor Saggio si stava lavorando<br />

al nuovo numero del webmagazine OnnOff dal titolo “Underground”.<br />

Durante una sessione preparatoria torna alla<br />

mente il vecchio sito caveale su cui mai il SicilyLab ha<br />

lavorato: l’affascinante grotta, sconosciuta ai più e non<br />

molto valorizzata è immediatamente apparsa come una<br />

risorsa potenziale da valorizzare.<br />

La grotta<br />

La Grotta del Tono è un importante sito geologico adiacente<br />

la ferrovia che lambisce la piccola cittadina e che<br />

collega il versante ovest siciliano. Si trova a circa 10 metri<br />

sul livello del mare e conta 200 metri quadrati di cavità<br />

intercomunicanti che culminano in tre “aule” maggiori e<br />

che vantano la presenza di numerose stalattiti e stalagmiti.<br />

I cunicoli hanno una sezione variabile e presentano<br />

diverse stratigrafie e sedimi: la parte che in passato comunicava<br />

direttamente con il mare si contraddistingue<br />

Fig. 1 – installazione MetaTono, Gioiosa Marea – foto di Alessandra Antonini.<br />

per un terreno sabbioso e una quota più bassa rispetto<br />

alla zona d’ingresso. Le foto di Alessandra Antonini, qui<br />

pubblicate, ne fanno comprendere la bellezza.<br />

Le campagne esplorative degli anni Ottanta, a cura della<br />

Soprintendenza di Messina, hanno portato alla luce testimonianze<br />

di età preistorica relative ai culti di Diana,<br />

Piano Conte e Piano Quartara, oggi conservati al Museo<br />

Paolo Orsi di Siracusa. La Grotta era probabilmente<br />

abitata fin dalle epoche preistoriche e rappresenta una<br />

testimonianza dei primi rapporti sociali, come mostrano<br />

i reperti riconducibili all’età del Rame rinvenuti al suo<br />

interno.<br />

Non è chiara l’origine del toponimo. Probabilmente deriva<br />

dagli effetti sonori che il vento o lo sciabordio dell’acqua<br />

produceva nelle cavità, come ipotizzato dalla Dott.ssa Ari-<br />

Fig. 2, 3, 4 - modello 3d della grotta Tono.


Una tenda-portale, da realizzare esclusivamente<br />

con materiali di riciclo, sarà posizionato<br />

sul belvedere al di sopra della<br />

grotta e delimiterà l’area operativa nel quale<br />

l’utente indosserà il visore e avrà accesso<br />

all’esperienza di virtual reality.<br />

Dopo l’esperienza virtuale gli utenti, curiosi<br />

di raffrontare il mondo virtuale con lo spazio<br />

fisico della grotta, discenderanno nel sito di<br />

cava e scopriranno la ricchezza dei suoi spazi,<br />

arricchiti per l’occasione con oggetti plastici<br />

che sottolineano le stupefacenti articolazioni<br />

rocciose e proiettano le forme filiformi sulle<br />

volte naturali.<br />

La realtà virtuale diventa così strumento per<br />

la riscoperta di una risorsa sommersa.<br />

Fig. 5, 6, 7 – installazione MetaTono: la tenda e il visore – foto di Alessandra Antonini.<br />

anna Giardina Papa, archeologa ed etnoantropologa esperta<br />

del territorio, che ha fatto da consulente al gruppo durante<br />

le fasi preparatorie del workshop.<br />

Nonostante la ricchezza di questo sito, nonostante la sua<br />

posizione strategica limitrofa alla stazione ferroviaria, nonostante<br />

la facile accessibilità, la grotta rimane quasi completamente<br />

sconosciuta. Alla mancata conoscenza per alcuni,<br />

si affianca inoltre la paura di entrare per altri. “Mi<br />

scanto a entrare”, così il siciliano comunica la propria paura<br />

ad entrare nella grotta.<br />

Il progetto Meta Tono<br />

Proprio la mancanza di conoscenza da parte delle persone<br />

per la grotta è la scintilla che dà il via al progetto installativo<br />

di 48 ore e che spinge il gruppo ad immaginare una<br />

strategia per portare nuovamente la comunità dentro le<br />

cavità durante l’evento.<br />

Il progetto lavora su una dimensione fisica e una virtuale.<br />

La domanda che i progettisti si pongono è come utilizzare<br />

una tecnologia digitale per abbattere barriere, siano esse<br />

fisiche, psicologiche o culturali. Ciò che viene immaginato è<br />

un gemello virtuale della grotta, un’entità che può esistere<br />

nel Metaverso – da qui il nickname Meta-Tono – ed essere<br />

accessibile in un modo nuovo. Il progetto prevede la realizzazione<br />

di un ambiente virtuale immersivo che ricostruisca<br />

in maniera semplificata la grotta e nel quale l’utente sia in<br />

grado di navigare attraverso la tecnologia Oculus. La realtà<br />

virtuale sarà utilizzata per attrarre l’utente e incuriosirlo<br />

sulla cavità sotterranea.<br />

3D Modelling, Mapping e VR Immersive Experience<br />

La prima fase del progetto ha previsto un rilievo<br />

di massima della grotta e la restituzione<br />

digitale degli spazi sotterranei. Non sono<br />

stati utilizzati tecnologie laser scanner e fotogrammetrie<br />

digitali in quanto fin dal principio<br />

si è optato per una rappresentazione<br />

semplificata dello spazio geometrico della<br />

grotta al fine di non svelare fin da subito la sua ricchezza<br />

morfologica.<br />

La modellazione tridimensionale è avvenuta in un primo<br />

momento in ambiente Rhinoceros, dove è stata costruita la<br />

geometria NURBS e poi è stata finalizzata in Blender dove è<br />

avvenuta la conversione della geometria NURBS in mesh e il<br />

texture mapping. L’esperienza di realtà virtuale immersiva<br />

per la tecnologia Oculus, visore ad alta definizione, è stata<br />

realizzata grazie a Unity, un motore grafico multipiattaforma<br />

che partendo da un modello, restituisce un ambiente<br />

digitale in tempo reale.<br />

Una volta indossato il visore, l’utente si immerge così in<br />

una realtà simulata, semplificata, che lo avvolge completamente<br />

e che maschera la percezione del mondo reale circostante.<br />

All’interno della grotta virtuale può esplorare i<br />

diversi spazi che la compongono, ascoltare rumori, suoni,<br />

fruscii.<br />

La tenda “nomade”<br />

Il progetto ha previsto la realizzazione di un elemento fisico<br />

succitato, amichevolmente chiamato la “tenda nomade”,<br />

posizionata nel belvedere antistante via Giulio Forzano,<br />

soprastante la grotta, perfettamente in asse verticale con<br />

essa. Tale elemento ha un duplice obiettivo. Da una parte<br />

funziona da casa-base per l’utente che può prepararsi<br />

all’esperienza virtuale indossando il visore in uno spazio delimitato<br />

e riparato dal sole estivo; dall’altro segna il punto<br />

Fig. 8, 9, 10 - Installazione MetaTono: l’interno della grotta con installazioni temporanee – foto di Alessandra Antonini.<br />

18 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />

esatto sulla piazzetta al di sotto del quale si trova la grotta.<br />

La tenda è al contempo parasole, landmark che denuncia<br />

una presenza sommersa e simbolicamente portale di accesso<br />

all’esperienza virtuale.<br />

La struttura è realizzata con rami di palma derivanti dalla<br />

potatura del giardino del SicilyLab e annodati tra loro in<br />

moduli triangolari e ricoperti con morbidi tendaggi di recupero.<br />

La sua durata è strettamente legata all’evento – hic<br />

et nunc – e come tante altre installazioni del gruppo Nitro,<br />

si dissolve dopo 48 ore.<br />

L’allestimento nella grotta<br />

Dopo l’esperienza virtuale le persone raggiungono fina -<br />

mente la grotta. All’interno della grotta sono collocate<br />

alcune delle installazioni create durante il SicilyLab negli<br />

anni precedenti al <strong>2022</strong>. Sono tensostrutture filiformi e<br />

aggregazioni modulari plastiche, strutture tensegrity colorate<br />

che per l’occasione diventano oggetti artistici usati<br />

per allestire lo spazio che appare così come un contesto<br />

completamente nuovo. Le opere sono una punteggiatura<br />

all’interno della grotta, oggetti a reazione poetica che fanno<br />

accrescere curiosità e creano suggestioni nel visitatore.<br />

L’arte come elemento qualific nte dello spazio pubblico e<br />

delle risorse esistenti rappresenta una strategia non certo<br />

nuova. Sono molteplici le esperienze che si potrebbero citare.<br />

In Sicilia non si può non ricordare l’importante lavoro<br />

di Antonio Presti, con il quale da anni il SicilyLab intesse un<br />

rapporto di scambio e dal quale sono derivati preziosi suggerimenti<br />

sul processo allestitivo della grotta.<br />

Antonio Presti con la sua associazione culturale “Fiumara<br />

d’Arte” sponsorizza e promuove l’arte in Sicilia da anni. Una<br />

delle opere di riferimento per MetaTono è stata “La stanza<br />

di barca d’oro” dell’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa,<br />

custodita in un vano ipogeo appositamente creato per essere<br />

sigillato per la durata di cento anni, così da sottolineare<br />

il potere evocativo della memoria, l’unico mezzo con<br />

cui l’opera può essere vissuta.<br />

L’eterna lotta tra reale e virtuale<br />

Nel 1999 esce il film di fantascienza “The Matrix” (The Wachowskis,<br />

The Matrix, Warner Bros. 1999), in cui il protagonista<br />

si trova di fronte alla distopica scoperta che la realtà<br />

come la vediamo non esiste ma è una proiezione digitale di<br />

un mondo virtuale. Durante lo svolgersi del film si assiste<br />

allo struggimento del protagonista anti-eroe che cerca di<br />

capire la differenza tra cosa è reale e cosa non lo è, che<br />

lotta per sfuggire al mondo virtuale, vera e propria nemesi,<br />

che lo insegue e lo confonde. L’uno sembra il contrario<br />

dell’altro, verità contro menzogna.<br />

Oggi il digitale pervade le molteplici propaggini della nostra<br />

vita. Tutto è a portata di click, tutto o quasi è regolabile da<br />

un touch screen. Siamo ancora in grado di sostenere e delineare<br />

la differenza tra ciò che è virtuale e ciò che è reale? Ma<br />

soprattutto ha senso tirare una linea netta, demarcatrice<br />

tra i due mondi?<br />

I partecipanti al SicilyLab 2023 si sono interrogati su questa<br />

domanda e hanno osservato le reazioni provocate dalla installazione<br />

a Gioiosa Marea: la possibilità di esplorare un<br />

spazio attraverso un modello digitale ha suscitato reazioni<br />

di scetticismo e di curiosità. Nessuno è rimasto indifferente:<br />

gli scettici si sono ricreduti, i paurosi si sono rassicurati,<br />

gli entusiasti si sono divertiti. Di sicuro il modello digitale<br />

ha agito da facilitatore superando delle barriere fisiche e<br />

psicologiche in modo semplice.<br />

Gli utenti fortemente incuriositi nel voler raffrontare la<br />

grotta virtuale con quella reale si sono recati nella Grotta<br />

del Tono apprezzandone la ricchezza morfologica. Per alcuni<br />

era la prima volta, altri mancavano da quando erano<br />

bambini e nell’entrare hanno rivissuto ricordi di giochi e<br />

scorribande.<br />

Non è un caso che il termine “realtà virtuale” sia diventato<br />

di uso comune: una definizione che nel mondo di The Matrix<br />

sarebbe stata un ossimoro, oggi ci aiuta ad esplorare lo<br />

spazio in un modo differente.<br />

Tuttavia le qualità spaziali della grotta e l’alta capacità di<br />

stimolare tutti e cinque i sensi, rendono il “mondo reale”<br />

molto più potente rispetto al gemello virtuale.<br />

Finché i modelli digitali del metaverso continueranno a ricalcare<br />

le stesse regole del mondo reale, e sottostare alle<br />

leggi della fisica, sarà difficile produrre scenari più accattivanti<br />

di quelli unici come la grotta Tono. Nella grotta si<br />

è avvolti da un silenzio quasi religioso, l’udito si acuisce e<br />

la vista si adatta alla penombra, qualità molto difficili da<br />

ricreare tramite un software.<br />

CREDITI<br />

SICILYLAB <strong>2022</strong> - Antonino Saggio, Alessandra Antonini, Gaetano De Francesco,<br />

Michela Falcone, Arianna Giardina, Valerio Perna<br />

PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE - Alessandra Antonini, Gaetano De Francesco,<br />

Michela Falcone, Antonino Saggio<br />

MODELLO 3D, Gaetano De Francesco, Michela Falcone<br />

SITO WEB E INTERATTIVITÀ - Valerio Perna<br />

Innovation Factory Lab - Polis University<br />

CONSULENZA ANTROARCHEOLOGICA - Arianna Giardina<br />

COORDINAMENTO - Antonino Saggio<br />

FOTO - Alessandra Antonini<br />

Riferimenti Bibliografici di Progetto<br />

Paola Guarini, <strong>2022</strong>, I siti di cava come opera aperta, tra memoria storica e nuovi<br />

usi, “L’industria delle costruzioni” n. 487, settembre-ottobre <strong>2022</strong>, pp. 120-124<br />

Hans Biedermann, 1991, Enciclopedia dei Simboli, Garzanti, Cernusco s. N.<br />

Note di Chiusura<br />

1 Cfr. Enciclopedia Treccani<br />

2 Cfr. B. Sim, La finanza nel Metaverso, nuovo fronte per i regolatori, Il Sole 24<br />

Ore, 8 Ottobre <strong>2022</strong>, N. 277 pag. 5.<br />

3 Si rimanda al sito web http://nitrosaggio.altervista.org per una vasta selezione<br />

del lavoro del gruppo nITro.<br />

4 Si rimanda al sito web http://nitrosaggio.altervista.org/sicily-lab/ per una<br />

vsta selezione degli esiti del SicilyLab.<br />

5 Confronta Bruno Zevi, Zevi su Zevi, Marsilio Editori, 1993.<br />

6 Si rimanda alla pubblicazione ANTONINO SAGGIO, MARCELLA DEL SIGNORE,<br />

Sicily Lab – TSA Rome Program 2010, Lulu editore, Settembre 2011<br />

7 Cfr https://onnoffmagazine.com/<strong>2022</strong>/07/19/underground-lavorare-sullassenza/<br />

8 Per ulteriori informazioni si rimanda a: GABRIELLA TIGANO, PIERO COPPOLI-<br />

NO, MARIA CLARA MARTINELLI, Gioiosa Guardia. L’antiquarium e il sito archeologico.<br />

Ediz. Illustrata, Rubbettino, 2008<br />

9 Si rimanda al sito: http://www.ateliersulmare.com/en/fiumara_en/storia_<br />

fiumara_en.html per una vasta selezione del lavoro del lavoro d Antonio Presti<br />

10 Si rimanda al sito: https://www.ateliersulmare.com/it/fiumara/opere<br />

barca-oro.html<br />

Abstract<br />

The project works on a physical and a virtual dimension. The question designers<br />

are asking is how to use digital technology to break down barriers, be<br />

they physical, psychological or cultural. What is imagined is a virtual twin<br />

of the cave, an entity that can exist in the Metaverse – hence the nickname<br />

Meta-Tone – and be accessible in a new way. The project involves the creation<br />

of an immersive virtual environment that reconstructs the cave in a simplifie<br />

way and in which the user is able to navigate through Oculus technology. Virtual<br />

reality will be used to attract the user and make him curious about the<br />

underground cavity.<br />

Parole Chiave<br />

Metaverso; architettura; tecnologie; territorio<br />

Autore<br />

Gaetano De Francesco, Architetto PhD, gaetano.defrancesco@uniroma1.it<br />

Assegnista di Ricerca - Dipartimento di Architettura e Progetto Università degli Studi<br />

di Roma “La Sapienza” Fondatore DFR Architecture<br />

Michela Falcone, michela.falcone@aaschool.ac.uk<br />

Architetto - Senior Lecturer - Architectural Association London


MUSEI<br />

That’s Opera un Nuovo<br />

Progetto Artistico<br />

e Multimediale<br />

di Maddalena Camera<br />

L’opera lirica è la forma d’arte performativa<br />

più multidisciplinare e<br />

multimediale, perché è il prodotto<br />

di una pluralità di generi artistici.<br />

Tuttavia, nel tempo, il pubblico<br />

della lirica in Italia è diventato<br />

sempre più di nicchia: il grande<br />

pubblico non va all’Opera perché la<br />

ritiene un’arte elitaria, chiusa nei<br />

propri linguaggi e in una tradizione<br />

immutabile. D’altra parte, nella<br />

sola Lombardia, sono presenti da<br />

decenni molte realtà d’eccellenza<br />

nel panorama internazionale del<br />

teatro d’opera: oltre al Teatro alla<br />

Scala, il brand OperaLombardia<br />

raggruppa in un unico cartellone<br />

operistico i cinque teatri di tradizione<br />

nella regione: il Donizetti<br />

di Bergamo, il Grande di Brescia,<br />

il Sociale di Como, il Ponchielli di<br />

Cremona e il Fraschini di Pavia, ai<br />

quali si aggiunge il Teatro Scientifico<br />

Bibiena di Mantova che, pur non<br />

facendo parte del circuito, è un<br />

capolavoro indiscusso dell’architettura<br />

teatrale e si inserisce a pieno<br />

titolo nella forte identità musicale<br />

della città.<br />

Fig. 1 - Il making-of: la creazione delle scenografie.<br />

Aedo ha immaginato e realizzato insieme a OperaLombardia il<br />

progetto “That’s Opera!”, un progetto itinerante multimediale e<br />

spettacolare per cambiare la narrazione del mondo dell’opera e<br />

con l’obiettivo di portare nuovo pubblico - soprattutto i più giovani – sia<br />

a conoscere e ad abitarne gli edifici, sia ad avvicinarsi all’ascolto della<br />

lirica attraverso un’inedita modalità. Grazie alla costruzione di ambienti<br />

sensibili dal carattere immersivo, multisensoriale e interattivo<br />

si racconta la complessità del mondo dell’opera, soprattutto di quella<br />

parte che non si vede e che consiste nel creare e provare lo spettacolo<br />

(backstage e making of dell’opera lirica). Quello che si vede in palcoscenico<br />

è solo la punta emergente dello spettacolo, la sua indispensabile<br />

e magica conclusione. La missione principale di Aedo consiste nella<br />

valorizzazione dei luoghi di cultura che, insieme alla sperimentazione<br />

di nuove forme e alla loro accessibilità, consente di catturare e raccontare<br />

l’incanto e i segreti di una forma d’arte come la lirica. Tra le<br />

peculiarità dell’intervento, infatti, spicca la capacità di Aedo, costruita<br />

nel tempo, di usare tecniche narrative, strumenti e linguaggi artistici,<br />

tecnologici e scientifici contemporanei, per trasmettere contenuti culturali,<br />

renderli sempre più universalmente accessibili e riavvicinarli al<br />

pubblico con la sorpresa dell’inedito.<br />

20 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 21<br />

Fig.2 - I mestieri del teatro. La scenografia studia gli oggetti di scena.<br />

Fig. 3 - I mestieri del teatro. La sartoria realizza i costumi di scena.<br />

La sfida del progetto That’s Opera! è stata dunque l’acquisizione<br />

e la post-produzione dei materiali e dei contenuti<br />

necessari a creare successivamente un grande ambiente<br />

sensibile itinerante, immersivo e interattivo, che trasfigura<br />

l’intero spazio del teatro rendendolo un luogo di narrazione<br />

e di partecipazione predisposto per un’esperienza multisensoriale<br />

a 360°.Ogni spazio dell’edificio prende vita e<br />

diventa una breccia spazio-temporale in cui entrare dal vivo<br />

nella complessa macchina scenica di uno spettacolo lirico.<br />

Il regista e il direttore d’orchestra, i cantanti, il coro, i musicisti<br />

con i loro strumenti, lo scenografo, il costumista, il<br />

light designer, i tecnici e i macchinisti, il direttore artistico<br />

e il suggeritore, i sarti e i truccatori, il pubblico, infine,<br />

sono tutti protagonisti di questa esperienza teatrale multimediale.<br />

Negli spazi del teatro, ciascuno di loro mette in<br />

scena un racconto fatto di gesti, movimenti, suoni, arpeggi,<br />

parole e vocalizzi, che interagiscono tra loro e con il pubblico.<br />

Ogni personaggio appare proiettato entro superfici e solidi<br />

dalle forme pure, e prende vita grazie ad un sistema di<br />

sensori al passaggio del visitatore. Grazie al coordinamento<br />

tra i volumi fisici dell’allestimento, le proiezioni effimere<br />

dei personaggi e un’accurata scelta dei commenti musicali,<br />

ogni volta si genera un’improvvisazione legata alla presenza<br />

del pubblico e perciò sempre mutevole.<br />

Tutta la natura tecnologica del progetto parte dalla produzione<br />

dei diversi contenuti, audio e video acquisiti in occasione<br />

della messa in scena dell’Orfeo di Claudio Monteverdi<br />

al teatro Ponchielli di Cremona nel 2017, nell’ambito della<br />

celebrazione dei 450 anni dalla nascita del compositore. Il<br />

lavoro più complesso sui contenuti video è stato realizzare<br />

le riprese dal vivo all’interno di set non convenzionali. Le<br />

tecniche di ripresa non dovevano interferire con il lavoro<br />

del personale tecnico del teatro, ma era necessario sfruttare<br />

gli ambienti dove si svolgono i mestieri, i movimenti e le<br />

attività, assecondando tempi e disponibilità delle persone<br />

coinvolte. Le attrezzature di Aedo sono state portate negli<br />

spazi deputati quando vi si svolgeva l’azione, che non poteva<br />

essere ripetuta a richiesta, ma spesso la sfida era quella<br />

del “buona la prima”. Green screen con strutture autoportanti<br />

costruite ad hoc, videocamere professionali, set di luci<br />

da studio fotografico, microfoni professionali da registrazione,<br />

pc con software di post produzione live dei contenuti


Fig. 4 - Materiali per gli ambienti immersivi. Tecnici e maestranze raccontano il loro lavoro.<br />

per il controllo in diretta sono stati usati nelle sessioni di<br />

registrazione, che hanno catturato i momenti dell’attività di<br />

tutte le figure professionali coinvolte contemporaneamente<br />

nella messa in scena dell’Orfeo. Le medesime tecniche di<br />

ripresa e di post produzione sono state utilizzate per riprendere<br />

costumi e oggetti di scena e animarli con il supporto di<br />

software e hardware progettati ad hoc.<br />

Lo scopo di questa parte del lavoro è rendere visibile, mostrandone<br />

anche i minimi dettagli, il valore artistico dei<br />

prodotti di alto artigianato al servizio della rappresentazione.<br />

Un’operazione ancora più complessa dal punto di vista<br />

tecnico è stata la ripresa di ciascun elemento del complesso<br />

vocale e strumentale coinvolto nell'opera. Le voci dei cantanti<br />

e i singoli strumenti dell’orchestra sono stati separatamente<br />

registrati. Ognuna delle registrazioni consisteva<br />

nell’esecuzione di cadenze (assoli strumentali o vocali che<br />

in epoca barocca si effettuavano nei punti di fermata di<br />

un brano e che mettevano in luce le qualità virtuosistiche<br />

Fig. 5 - Le immagini a grandezza naturale dei musicisti si animano al passaggio dei visitatori.<br />

22 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 23<br />

dell’esecutore) scritte nello stesso<br />

ambito tonale per ogni voce e per ogni<br />

strumento, sfruttandone le peculiarità<br />

timbriche e organologiche. Questa<br />

parte delle riprese ha portato alla<br />

collaborazione e al coinvolgimento<br />

di professionalità tecniche del mondo<br />

musicale (maestri ed esecutori di<br />

conservatori e ensemble professionali<br />

come il Conservatorio “Giuseppe Nicolini”<br />

di Piacenza e il Coro “Costanzo<br />

Porta” di Cremona): un’operazione<br />

al servizio di un risultato tecnologico<br />

indissolubilmente legato alla presenza<br />

intermittente del pubblico. Le immagini<br />

e i suoni così registrati prendono<br />

vita al passaggio dei visitatori secondo<br />

una sequenza ogni volta diversa e non<br />

prevedibile. L’effetto finale di questo<br />

complesso lavoro di armonizzazione<br />

è quello di una polifonia che risulta<br />

dalla sovrapposizione delle melodie<br />

delle diverse cadenze e che dà origine<br />

a un tessuto sonoro sempre eufonico<br />

e coerente. Si realizza così la suggestione<br />

di un’esecuzione dal vivo anche<br />

all’interno di un prodotto multimediale<br />

progettato in precedenza nei<br />

minimi dettagli e sfumature sonore.<br />

L’enfatizzazione del singolo contenuto<br />

musicale all’avvicinarsi del visitatore<br />

produce quell’effetto di empatia tra<br />

esecutore e spettatore che è tipico<br />

delle performance live.<br />

That’s Opera è pronto a entrare in<br />

scena. I contenuti multimediali creati<br />

e conservati da Aedo sono predisposti<br />

per trovare collocazione in un ambiente<br />

immersivo multimediale modulare,<br />

progettato ad hoc per adattarsi<br />

alle diverse tipologie edilizie dei teatri lirici stessi. Un<br />

complesso sistema di tecnologie hardware (proiettori da<br />

retroproiezione, soundshower e casse con steli autoportanti,<br />

mixer e player, sensori di posizione) e di strutture<br />

autoportanti con fondo nero è stato pensato per dar vita<br />

a un’installazione itinerante e a un’esperienza culturale,<br />

replicabile allo stesso modo dell’allestimento di un’opera<br />

lirica. Si comincia dal foyer, dove si sviluppa il tema<br />

dell’opera nella vita di tutti i giorni con la proiezione di<br />

sequenze di film in cui gli attori cantano celebri arie d’opera<br />

nel ruolo di persone comuni. Nei corridoi di accesso<br />

alla platea lo spettatore si immerge nella penombra del<br />

teatro che si prepara allo spettacolo, ascoltando i suoni<br />

del making-of dell’opera. Dalla platea si ha la visione del<br />

palcoscenico, che accoglie la parte principale dell’allestimento<br />

immersivo: qui il pubblico incontra musicisti e<br />

cantanti virtuali che si animano davanti a loro, a grandezza<br />

naturale, con un effetto simile a un ologramma. Negli<br />

spazi di servizio dei laboratori e dei camerini l’ambiente<br />

immersivo racconta il lavoro dello scenografo, della sartoria<br />

teatrale e della costruzione delle scene, dal bozzetto<br />

all’oggetto finito. Nell’ambiente destinato al trucco<br />

si assiste alla trasformazione dell’artista nel personaggio<br />

dell’opera. Attraverso sperimentazioni come questa Aedo<br />

collabora con le istituzioni culturali a progetti di innovazione,<br />

accessibilità e partecipazione culturale.<br />

Fig. 6 - Sul palcoscenico: il coro.<br />

Abstract<br />

Together with OperaLombardia, Aedo imagined and created the “That's Opera!”<br />

project, a multimedia and spectacular traveling project to change the<br />

narration of the world of opera and with the aim of bringing new audiences<br />

- especially the younger ones - both to get to know and to inhabit their buildings,<br />

and to approach listening to opera in an unprecedented way. Thanks to<br />

the construction of sensitive environments with an immersive, multisensory<br />

and interactive character, the complexity of the world of opera is told, especially<br />

that part that is not seen and which consists in creating and rehearsing<br />

the show (backstage and making of opera). What you see on stage is only<br />

the emerging tip of the show, its indispensable and magical conclusion. Aedo's<br />

main mission consists in enhancing places of culture which, together with the<br />

experimentation of new forms and their accessibility, makes it possible to capture<br />

and tell the charm and secrets of an art form such as opera. Among the<br />

peculiarities of the intervention, in fact, the ability of Aedo, built over time,<br />

to use narrative techniques, contemporary artistic, technological and scientific<br />

tools and languages ​stands out, to transmit cultural contents, make them<br />

increasingly universally accessible and bring them closer to the public with a<br />

surprise of the unreleased.<br />

Parole Chiave<br />

Opera lirica; valorizzazione; luoghi della cultura; immersività;<br />

multisensorilaità; accessibilità<br />

Autore<br />

Maddalena Camera<br />

maddalena@aedolab.com<br />

Aedo Lab<br />

https://www.aedolab.com/chi-siamo/


GUEST PAPER<br />

Could Egeria have seen the “Parthenion”<br />

sea from the Top of Mount Sinai?<br />

The <strong>Landscape</strong> <strong>Visibility</strong> from the<br />

Top of Mount Sinai climbed by Egeria<br />

by Fabio Crosilla<br />

A "viewshed analysis", applied to the<br />

raster Digital Elevation Model available<br />

from the US National Aeronautics<br />

and Space Administration (NASA) of<br />

the Sinai Peninsula, allowed to verify<br />

that Egeria, the IV century AD Spanish<br />

pilgrim, climbed Gebel Musa when<br />

she reached the top of Mount Sinai.<br />

Fig. 1 - Viewshed analysis from the top of Gebel Musa. Some free visibility<br />

directions are available (in red). These agree with what reported by Egeria in<br />

her book, apart for the Parthenion Sea (Mediterranean).<br />

At the meeting organized in Novara (Italy) by the Nuova<br />

Regaldi, on September 22nd <strong>2022</strong>, entitled “Emmanuel<br />

Anati’s exodus proposal according to the<br />

publication of the Ennateuch in the holy language of Jerusalem<br />

Sanctuary”, during my presentation I mentioned the<br />

book “Diary of a Pilgrimage”, by the IV century AD Spanish<br />

pilgrim Egeria. In this book, she describes, with wealth of<br />

details, her climb to the top of Mount Sinai.<br />

In the subsequent discussion session, two hypotheses were<br />

raised about the location of Mount Sinai climbed by Egeria:<br />

Gebel Musa, in the South of the Sinai Peninsula and Har<br />

Karkom, in the Negev desert, proposed some decades ago<br />

by Emmanuel Anati.<br />

In the following, considering the description offered by<br />

Egeria about the landscape visibility from the top of mount<br />

Sinai, an objective comparison on the two hypotheses (Gebel<br />

Musa and Har Karkom) will be carried out, so to define<br />

in a scientific way, the most probable location of the Mount<br />

Sinai described by the Spanish pilgrim.<br />

ANALYSIS OF VISIBILITY FROM THE TOP OF MOUNT SINAI<br />

AS REPORTED BY EGERIA<br />

Egeria writes in her book that: “Egypt, Palestine, the Red<br />

Sea and the Parthenion Sea, that extends as far as Alexandria,<br />

and even the immense territory of the Saracenes:<br />

from up there we saw them so far below us, we could hardly<br />

believe it. And all these places, the Saints pointed out<br />

to us one by one”.<br />

As is well known, the (pseudo) spherical earth shape limits<br />

the earth surface visibility within a certain distance that depends<br />

on the terrestrial curvature ray, the observer height<br />

over the sea surface and the air refraction conditions.<br />

24 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

25<br />

In topographic surveying, a simple formula (referred to the<br />

so called “lighthouse problem”) allows us to calculate with<br />

enough approximation the maximum visibility distance at<br />

the sea surface level given the terrestrial curvature ray,<br />

the observer height and the atmospheric refraction parameter.<br />

With a simple extension of the formula, it is also possible<br />

to compute the maximum visibility distance between<br />

two points at different height over the sea level, because<br />

of the (pseudo)spherical shape of the earth. Applying<br />

these formulations, the maximum visibility distance value,<br />

to which Egeria could have seen the landscape around the<br />

top of Mount Sinai, has been computed. For instance, at<br />

the height of Gebel Musa (2285 m. a.s.l.), with air refraction<br />

conditions relative to the roman “Hora quarta<br />

diei” (between 9 AM and 10AM solar time), i.e. the time in<br />

which Egeria reached the top of Mount Sinai, for a<br />

terrestrial curvature ray equal to 6378 Km, a visibility<br />

maximum distance of 184 Km can be obtained.<br />

Applying the same formula for the top of S. Caterina<br />

Mount height, at 2629 m a.s.l., very near to Gebel<br />

Musa, the maximum distance of visibility at the sea<br />

surface level increases to 197 Km. .<br />

Let us now consider observation directions without visibility<br />

obstacles, so as not to interfere with the line of sight<br />

corresponding to the maximum visibility distance. Egeria<br />

climbed Mount Sinai in December 383 AD, according to P.<br />

Devos and P. Maraval, (“Egeria”, Journal of voyage, ed. P.<br />

Maraval, Paris, 1982). On a clear winter day, because of<br />

the earth shape curvature, it is possible to see the Egyptian<br />

territory, the Negev hills, the Read See and the land<br />

of the Saracens (Arabia), mentioned by Egeria in her book.<br />

On the contrary, it is not possible to affirm that Egeria<br />

could see the Parthenion Sea (the Mediterranean), which<br />

is approximately 270 km from Gebel Musa. It is clear that<br />

this distance would persuade the observer to imagine seeing<br />

what he could not actually see. As for Har Karkom, at<br />

a height of 847 m asl, the maximum visibility distance at<br />

the sea surface level, due to the earth’s sphericity, is 112<br />

km. From the top of Har Karkom, located in the Negev<br />

desert, you are faced with a morphological situation completely<br />

different from Gebel Musa. Prof. Anati reports in<br />

his book Exodus: Between Myth and History (Atelier, 2018)<br />

that Har Karkom is characterized by a plateau 4 km long,<br />

2 km wide, at a height of 847 m asl, dominating the Paran<br />

desert. Figure 65 on p. 126 of this book shows that the<br />

maximum visibility along the north, west and south directions<br />

reaches 30 km, while along the east sight is extended<br />

up to the mountains of the Transjordan chain, about 60-70<br />

km from Har Karkom. The situation is therefore completely<br />

different from that described by Egeria in her book.<br />

LOOKING FOR OBSERVATION DIRECTIONS<br />

WITHOUT VISIBILITY OBSTACLES<br />

To consider reliable the visibility reported by Egeria in her<br />

book, it is necessary to verify for the mountainous landscape<br />

around the top of Gebel Musa, the presence of observation<br />

directions without visibility obstacles.<br />

To this end, a systematic visibility analysis by a tour of<br />

the horizon of 360° degrees around Gebel Musa, was performed.<br />

For this purpose, the plug-in “Viewshed analysis”<br />

by Geo Guru, available in QGIS3, a very popular open<br />

source Geographic Information System software, has been<br />

used. This plug-in considers also the terrestrial curvature<br />

and the atmospheric refraction along the path.<br />

In particular, “Viewshed analysis” is a computational process<br />

that delineates a viewshed, i.e. the area that is visible<br />

(on the terrain surface) from a given location. In a raster<br />

environment, to determine visibility from a particular cell<br />

(pixel), the analysis uses each cell elevation value, i.e. the<br />

so-called Digital Elevation Model (DEM). The viewshed is<br />

created estimating the difference of elevation from one cell<br />

(the view point cell) to the next (the target cell). To determine<br />

the visibility of a target cell, each cell between the<br />

view point and the target one is examined for a line of sight.<br />

Where cells of higher altitude are between the viewpoint<br />

and target cell, the line of sight is blocked. In this case, the<br />

target cell is determined not to be part of the viewshed. On<br />

the contrary, if the line of sight is not blocked, it is included<br />

in the viewshed (see Kim Young-Hoon, Rana Sanjay, Wise<br />

Steve, 2004, “Exploring multipleviewshed analysis using<br />

terrain features and optimization techniques”, Computer<br />

& Geosciences, 30 (9), 1019-1032).<br />

The raster Digital Elevation Model (DEM) used is the<br />

one available from the US National Aeronautics and Space<br />

Administration (NASA). Obtained by the Shuttle Radar<br />

Topography Missions (SRTM), (see for instance Farr T.G.<br />

Kobrick M., 2000, “Shuttle Radar Topography Mission<br />

produces a wealth of data”, Amer. Geophys. Union Eos,<br />

vol 81, 583-585), it was originally carried out in 2000 with<br />

a theoretical cell resolution of 90 m., updated in 2015 with<br />

a theoretical cell resolution of 30 m. The real cell<br />

resolution of this ex-periment is 50 m.<br />

Figure 1 shows the viewshed analysis for the top of Gebel<br />

Fig. 2 - Viewshed analysis from the top of Har Karkom. Some free visibility<br />

areas are available (in red): the Paran desert, the Trans Jordan<br />

chain, some hills of the Jebel El Tih desertic plateau.


Musa (view point) extended up a the distance of 180 Km. As<br />

it is possible to see, despite the mountainous morphology of<br />

this area, there exist some directions of free visibility.<br />

In particular, some directions towards the Gulf of Suez and<br />

the Egyptian coast, the northern part of the Gulf of Aqaba<br />

and the Jordan coast, the Red Sea and part of Arabia in the<br />

south- western direction from Gebel Musa have free visibility,<br />

satisfying that reported in the book of Egeria.<br />

Furthermore, from Figure 1 it is possible to note some limited<br />

visibility areas in correspondence of the hills of the Negev<br />

desert, in the direction of Har Karkom. It is noteworthy<br />

that then, the visibility along the North direction from<br />

Gebel Musa allows seeing the Jebel El Tih desertic<br />

plateau, char-acterizing the central part of the Sinai<br />

Peninsula. Of course, Egeria could not see the Parthenion<br />

Sea (Mediterranean), 270 Km from Gebel Musa.<br />

Moving on to the Har Karkom, we are faced with a completely<br />

different situation. Figure 2 shows that from the top<br />

of Har Karkom it is possible to have a wide vision of the<br />

Paran desert, located at the south- southeast of Har Karkom.<br />

Also the mountains of the Trans-Jordan chain, placed<br />

east of the Aravà valley, are visible, from the Gulf of Aqaba<br />

until the Dead Sea.<br />

Furthermore, from Har Karkom there is a good visibility of<br />

the hills of the Jebel El Tih desertic plateau, in the central<br />

part of the Sinai Peninsula. The visibility situation is<br />

therefore completely different from what reported in the<br />

Egeria’s book.<br />

CONCLUSIONS<br />

According to the results, it clearly emerges that the<br />

mountain climbed by Egeria is Gebel Musa and not Har Karkom,<br />

an assumption that can be scientifically hown considering<br />

the landscape visibility from the top described by Egeria.<br />

However, it cannot be said from the other descriptions<br />

offered by the pilgrim about the approach to the mountain,<br />

its climb and descent, that have induced some to think that<br />

Egeria, in reality, did not climbed Gebel Musa.<br />

In any case, some descriptions of the climbing to the top of<br />

mount Sinai by Egeria are analogous to those reported by frà<br />

Niccolò da Poggibonsi, an italian Franciscan of the XIV century,<br />

who travelled to Holy Land in the years 1345-1350 and<br />

that had the opportunity to climb the top of Gebel Musa and<br />

and Mount S. Caterina. The story of his travel was reported<br />

in the “Libro d’Oltremare”, written by the friar after his<br />

return to Italy and subsequently published by Alberto Bacchi<br />

della Lega, in Bologna in 1881. In reference to the landscape<br />

visibility from the top of the mount S. Caterina, frà Niccolo<br />

writes in his book “From this place you can see Mount Sinai,<br />

and also the Red Sea, where the people of Israel passed and<br />

where the Pharaoh and his army were submerged; and also<br />

Arabia and the land of Egypt. On the top of the mountain we<br />

sang aloud: Salve Regina.<br />

Figure 3 reports the viewshed analysis from the top of mount<br />

S. Caterina, 400 m. higher than the Gebel Musa, but very<br />

near to it. Despite the greater height of mount S. Caterina<br />

and consequently the wider visibility from its top, we can<br />

state that there is a good correspondence with the landscape<br />

visibility of Gebel Musa, described by Egeria in her book.<br />

Therefore, limiting the discussion to the landscape visibility<br />

offered by the top of the mountain, and reserving discussion<br />

of other aspects for another occasion, it reaffirms, or now,<br />

with good probability, that Egeria climbed Gebel Musa and<br />

not Har Karkom.<br />

AKNOWLEDGMENTS<br />

This paper was already published in the issue N. 38 of Expression<br />

(ISSN 2499-1341), directed by prof. Emmanuel Anati.<br />

The author is grateful to him for having allowed its publication<br />

in <strong>Archeomatica</strong>.<br />

The author is also grateful to Prof. Domenico Visintini and<br />

Arch. Elisa Crosilla for the technical support, and Dr. Eleonora<br />

Maset for the revision of the manuscript.<br />

Abstract<br />

At the meeting organized in Novara (Italy) by the Nuova Regaldi, on September<br />

22nd <strong>2022</strong>, entitled “The Emmanuel Anati’s exodus proposal according to<br />

the publication of the Ennateuch in the holy language of Jerusalem Sanctuary”,<br />

during my presentation I mentioned the book “Diary of a Pilgrimage”,<br />

by the IV century AD Spanish pilgrim Egeria. In this book, among other, she<br />

describes, with wealth of details, her climb to the top of Mount Sinai.<br />

In the subsequent discussion session, two hypotheses raised about the location<br />

of Mount Sinai climbed by Egeria: Gebel Musa, in the South of the Sinai Peninsula<br />

and Har Karkom, in the Negev desert, proposed some decades ago by<br />

Emmanuel Anati, as an alternative location hypothesis of Mount Sinai.<br />

In the following, considering the description offered by Egeria about the landscape<br />

visibility from the top of mount Sinai, an objective comparison on the<br />

two hypotheses (Gebel Musa and Har Karkom) will be carried out, so to define<br />

in a scientific way, the most probable location of the Mount Sinai described<br />

by the Spanish pilgrim.<br />

Keywords<br />

Ancient Topography; GIS; QGIS; Viewshed analysis; Egeria<br />

Fig. 3 - Viewshed analysis from the top of mount S. Caterina. Many<br />

free visibility directions are available (in red). These agree with what<br />

reported by Egeria in her book, apart for the Parthenion Sea (Mediterranean).<br />

Author<br />

Fabio Crosilla<br />

Fabio.crosilla@uniud.it<br />

University of Udine, Italy<br />

26 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 27


AZIENDE E PRODOTTI<br />

riservata a tutti i soci in regola con il tesseramento, i<br />

quali potranno usufruire di uno sconto del 30% rispetto<br />

al normale prezzo di listino. Restano inoltre valide anche<br />

le agevolazioni previste per coloro che appartengono ad<br />

Ordini o Associazioni professionali e a Categorie Educational,<br />

oltre che per i dipendenti di Pubbliche Amministrazioni.<br />

FORMAZIONE TERRELOGICHE: CORSO SUL"RILIEVO<br />

FOTOGRAMMETRICO 3D E GESTIONE DELLE NUVOLE<br />

DI PUNTI"<br />

Le nuove sessioni del corso che la Formazione Terre-<br />

Logiche ha dedicato alle principali metodologie e tecnologie<br />

per il rilievo tridimensionale, alla restituzione<br />

2D/3D del costruito e del paesaggio, alla gestione<br />

dei dati e all'estrazione di ortofoto, sezioni e modelli<br />

texturizzati. Il corso si è tenuto online alla fine di Marzo,<br />

live streaming, e rappresenta il primo step di un<br />

percorso formativo, è proseguito con il modulo avanzato,<br />

in programma il 17, 18 e 19 aprile.<br />

I partecipanti hanno avuto l'opportunità di scoprire<br />

come progettare e realizzare una campagna di rilievo<br />

fotogrammetrico e hanno potuto utilizzare utilizzare<br />

le conoscenze acquisite in diversi settori, come ad<br />

esempio nell'elaborazione di riprese fotogrammetriche<br />

da Sistemi a Pilotaggio Remoto (drone) e Close-Range,<br />

nel rilievo architettonico, nelle attività di documentazione,<br />

conservazione e valorizzazione dei beni culturali,<br />

nei campi del restauro, della simulazione, della<br />

didattica, dell'animazione, nella cartografia e gestione<br />

territoriale (GIS), nel monitoraggio quantitativo del paesaggio,<br />

e nella computer grafica<br />

Sono stati forniti dataset di esercitazione per rilievi<br />

di manufatti, rilievi architettonici e territoriali, e immagini<br />

e GCP sono state utilizzate in particolare per<br />

il processo di elaborazione, da cui estrarre tutti gli<br />

elaborati metrici principali derivanti da un’applicazione<br />

fotogrammetrica. Si è parlato, inoltre, di come<br />

effettuare una corretta campagna di acquisizione fotogrammetrica<br />

di un manufatto architettonico in base<br />

alla strumentazione fotografica a disposizione, camera<br />

professionale o semplice smartphone.<br />

I principali software utilizzati sono: Agisoft Metashape<br />

(Professional), considerato il miglior software di basso<br />

costo per elaborazioni di fotogrammetria digitale;<br />

CloudCompare, software Open Source molto diffuso<br />

per la gestione di nuvole di punti e mesh; PerspectiveRectifie<br />

, software low cost che permette il raddrizzamento<br />

e la georeferenziazione di immagini digitali o<br />

tradizionali.<br />

Si ricorda infine che è ancora attiva la convenzione<br />

stipulata con ANA – Associazione Nazionale Archeologi<br />

RAVENNA DANTESCA: LA RICOSTRUZIONE<br />

STORICA 3D DI TRE.DIGITAL<br />

Ravenna distesa sulle rive del mare, nell’antichità acquisì<br />

prestigio mercantile e militare successivamente<br />

alla occupazione romana della pianura del Po nel II<br />

sec. d. C. La sua fama nel mondo è anche però di essere<br />

stata l’ultimo approdo del Sommo Poeta Dante,<br />

riverberando ancora le sue parole: “Siede la terra dove<br />

nata fui su la marina dove ‘l Po discende per aver pace<br />

co’ seguaci sui” (Paolo e Francesca- Divina Commedia<br />

- Inferno – Canto V – vv. 97-99). Così il poeta evoca<br />

il ricordo di Francesca da Rimini e lo stretto rapporto<br />

che ebbe con questa città.<br />

Lo scorso 28 Maggio 2021 la mostra “Classe e Ravenna<br />

al tempo di Dante” ha ricostruito i paesaggi e i monumenti<br />

della città ai tempi del poeta. Di Ravenna nel<br />

Trecento non si ha una conoscenza dettagliata, né dell'<br />

impianto urbanistico, né della vita dei cittadini, ma<br />

dopo un attenta selezione di dati e attraverso la sinergia<br />

di storici, archeologi ed esperti in nuove tecnologie<br />

è stata proposta una ricostruzione interessante. L’archiviazione<br />

storica di tutto il materiale raccolto, come<br />

mappe territoriali antiche, testi e schizzi dell’epoca<br />

ha consentito di raggiungere ipotesi attendibili per ricostruire<br />

la Classe e la Ravenna di Dante.<br />

Il lavoro è stato commissionato da Ravenna Antica<br />

(Fondazione Parco Archeologico di Classe) che per la<br />

parte tecnologica ha affidato l’intero lavoro alla Tre.<br />

digital srl specializzata in elaborazioni 3D. Lo studio<br />

di una quantità consistente di documenti per avere un<br />

quadro sufficientemente chiaro delle caratteristiche<br />

essenziali della città e del territorio all'epoca di Dante,<br />

ha consentito un'attività di ricostruzione 3D articolata<br />

ed efficiente<br />

Fig. 1 - L’assetto urbano di Ravenna antica sud- ovest visto dall’alto<br />

28 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />

Fig. 2 - Dettaglio della mostra “Classe e Ravenna al tempo di Dante”<br />

Il punto di partenza è stato la consultazione e lo studio<br />

della piattaforma georiferita GIS dell’Università<br />

di Bologna, nella quale erano state inserite negli anni<br />

una grande quantità di informazioni e la raccolta sistematica<br />

di tutti i dati archeologici della Ravenna medievale<br />

prelevati. La successiva elaborazione è stata il<br />

confronto tra dati, tra cartine ed altre fonti storiche,<br />

così da ottenere la definizione di un assetto unitario<br />

e integrato delle strutture urbane e del contesto paesaggistico<br />

circostante. Successivamente sono state realizzate<br />

ricostruzioni tridimensionali delle città e del<br />

territorio che intensificano l'esperienza di visita e nello<br />

stesso tempo costituiscono il collettore visivo completo<br />

di tutta la molteplicità delle informazioni utilizzate.<br />

La rappresentazione di Ravenna medievale ricopre<br />

un’area molto vasta e circoscritta in un perimetro quadrato<br />

di ben 8 km di lato, dall’entroterra al mare: vi<br />

sono stati modellati dapprima il territorio grezzo, il<br />

terreno, gli alberi ed i corsi d’acqua principali ed in<br />

secondo luogo i temi urbani, comprensivi delle mura,<br />

dei palazzi, delle case, delle altissime torri in mattoni<br />

e così via. Tutti i dettagli sono stati revisionati costantemente<br />

da curatori scientifici che ne hanno valutato<br />

scelte e forme. Lo scopo della ricostruzione è stata<br />

quella di soffermarsi su vedute a volo d’uccello, estremamente<br />

scenografiche, volte a ricostruire segmenti<br />

funzionali della città, il che ha consentito un'esplorazione<br />

di Ravenna e di Classe da diverse angolazioni.<br />

Per via dell’estrema vastità del territorio rappresentato<br />

sono state utilizzate tecnologie realtime (come per<br />

i videogiochi) per comporre l'insieme delle scene, cioé<br />

le uniche che potevano gestire un così ampio numero<br />

di geometrie ed elementi tecnici 3D come la vegetazione.<br />

La scelta di puntare sulla ricostruzione di spazi<br />

fisici, ma anche di ricomporre i principali luoghi delle<br />

attività funzionali della città concorre a dimostrare<br />

che è il concetto di relazione quello su cui i curatori<br />

hanno voluto porre l’accento. In questo studio le ricostruzioni<br />

3D allestite indicano una direzione e non un<br />

fine, dipanare intrecci con punti di rilievo importanti<br />

Fig. 3- Veduta di dettaglio su Ravenna, quartiere arcivescovile con il<br />

mercato principale della città nei pressi del Palazzo Mercurio. Agli inizi<br />

del Trecento quest’area di mercato si chiamava Guazzaduro, per la<br />

presenza di abbeveratoi per buoi, asini e cavalli venduti in quest’area.<br />

dall’epoca romana ai giorni d’oggi.<br />

L’accuratezza scientifica e l’innovazione tecnologica<br />

sono gli ingredienti su cui si fonda il progetto espositivo<br />

'Classe e Ravenna al tempo di Dante': un lavoro di<br />

squadra, con l’obiettivo di garantire il rigore delle ricostruzioni<br />

e degli apparati, realizzati con un linguaggio<br />

semplice e coinvolgente, di per sé spettacolare.<br />

Ideazione e cura scientifica Enrico Cirelli (Dip. Di Storia<br />

Culture Civiltà dell’Università di Bologna), Fabrizio<br />

Corbara, Giovanna Montevecchi, Giuseppe Sassatelli.<br />

Tre.Digital<br />

VEDI COMPUTER VISION PER I BENI CULTURALI<br />

La fruizione dei beni culturali nei musei viene tradizionalmente<br />

accompagnata da strumenti quali videoaudioguide,<br />

proiezioni, pannelli, cataloghi e materiale<br />

cartaceo. La direzione della struttura museale, se interessata<br />

a valutare l’efficacia della sua gestione, si<br />

affida inoltre ad una raccolta di informazioni sul gradimento<br />

da parte dei visitatori, spesso attraverso l’uso<br />

di sondaggi. Oltre ai visori in realtà aumentata, nuove<br />

tecnologie, basate sull’Intelligenza Artificiale applicata<br />

alla visione (computer vision), abilitano gli uffici museali<br />

ad un grosso passo avanti in tema di innovazione per<br />

i Beni Culturali.<br />

E’ quanto introdotto dalla soluzione VEDI, realizzata<br />

da Xenia Gestione Documentale srl, assieme all’Università<br />

degli studi di Catania e a IMC Services srl, che consiste<br />

di una piattaforma informatica di raccolta dei dati<br />

provenienti da dispositivi di visione indossabili, noleggiati<br />

dai visitatori all’ingresso del museo. Il dispositivo<br />

fornisce ai visitatori informazioni in realtà aumentata,<br />

proprie al servizio aggiuntivo, sulle opere osservate nel<br />

percorso all’interno della struttura, consentendo al visitatore<br />

di sapere sempre dove si trova, di orientarsi<br />

nella mappa dell’edificio e di ricevere suggerimenti<br />

e informazione culturale in base alle preferenze mostrate<br />

durante la visita: in altre parole di avvalerse-


AZIENDE E PRODOTTI<br />

ne in sostituzione della guida. Il sistema non usa tag di<br />

riferimento per le opere e non è necessario installare<br />

strumentazione e/o dispositivi nelle sale del museo. Il<br />

riconoscimento delle opere avviene attraverso la visione<br />

(object recognition) e la localizzazione all’interno della<br />

struttura è basata sulle immagini (image based localization)<br />

osservate dal dispositivo indossato, continuativamente<br />

solidale con il punto di vista del visitatore.<br />

La raccolta passiva di queste informazioni alimenta inoltre<br />

la piattaforma di gestione, che permette alla direzione<br />

della struttura di conoscere quali opere sono maggiormente<br />

osservate e per quanto tempo, quali percorsi<br />

sono preferenziali e le restituisce attraverso un’interfaccia<br />

grafica (Visual Analytics) sulle preferenze dei visitatori<br />

(Behaviour Analysis). La gestione di questi dati<br />

attraverso mappe di calore, mappe di percorsi, statistiche<br />

sulle opere osservate, etc., permette di misurare la<br />

“performance” (KPI) del sito culturale e fornisce all’ente<br />

gestore gli strumenti e gli elementi per sviluppare e dosare<br />

i servizi offerti. Il visitatore, attraverso il dispositivo<br />

indossabile, viene immerso in un contesto sensoriale<br />

sempre più ricco, in cui i limiti della frontiera robotica<br />

giorno dopo giorno fanno coincidere con la flagranz<br />

delle visite le attività museali, anche quelle rivolte allo<br />

stato di conservazione e alla vulnerabilità delle opere,<br />

e con i commenti più professionali di gradimento sulle<br />

dinamiche espositive.<br />

La stessa piattaforma VEDI, infatti, ultimamente è stata<br />

arricchita di un’esperienza multisensoriale di interazione<br />

verbale, in linguaggio naturale, da parte del visitatore<br />

con l’ologramma (avatar) di una guida virtuale che<br />

lo accompagna nel corso della sua visita, nella quale il<br />

fruitore potrà agire da influence .<br />

XENIA PROGETTI<br />

info@xeniaprogetti.it<br />

RICERCA ARCHEOLOGICA:<br />

QUAL È LO STRUMENTO PIÙ CORRETTO?<br />

I magnetometri Geometrics, i nuovi georadar GSSI, il software<br />

Oasis Montaj consentono indagini accurate per ritrovare<br />

reperti delle attività o degli insediamenti umani.<br />

Ognuno ha una sua specialità:<br />

• Magnetometro marino Geometrics G-882 – Rapido,<br />

accurato, acquisisce dati ad altissima risoluzione in<br />

acque poco o molto profonde.<br />

• Magnetometro terrestre Geometrics G-864 – Leggero<br />

e intuitivo è preimpostato per risparmiare tempo; i<br />

dati sono visualizzati a colori per essere controllati<br />

già sul campo.<br />

• Magnetometro per drone UAV Geometrics MagArrow<br />

– Piccolo, leggero, a basso consumo, permette rilievi<br />

speditivi con drone per individuare le aree di interesse<br />

archeologico.<br />

• Georadar GSSI UtilityScan - specifici per indagini prescavo,<br />

mappatura di vuoti e oggetti interrati... Operano<br />

sul terreno, in edifici, sulle pareti per la ricerca<br />

di cavità; con la capacità di andare molto in dettaglio<br />

(con le antenne ad alta frequenza) o molto in profondità<br />

(bassa frequenza).<br />

Fig. 2 - Fruizione di contenuti attraverso il dispositivo indossabile Hololens 2.<br />

Due novità:<br />

◦ Immagini 3D - Acquisizione e visualizzazione già in<br />

campo<br />

◦ Map Mode – Mappatura dei target e visualizzazione<br />

area …<br />

30 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />

• Software Oasis Montaj – uno dei software più potenti<br />

ed utilizzati per elaborare, analizzare e modellare<br />

le anomalie.<br />

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strumento migliore per la tua applicazione:<br />

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STONEX X120GO SLAM LASER SCANNER<br />

PER I BENI CULTURALI<br />

X120 GO è dotato di una testa rotante in grado di generare<br />

una copertura 360°x270° della nuvola di punti. In combinazione<br />

con l’algoritmo SLAM, può ottenere dati ad alta<br />

precisione dell’ambiente circostante in nuvole di punti<br />

tridimensionali, anche senza luce e GPS.<br />

X120 GO è un’ottimo alleato per scansionare ambienti a<br />

valenza archeologica di diverso tipo, da templi e chiese<br />

a scavi situati all’aperto. Grazie alla collaborazione tra<br />

Stonex e PointCab, puoi usare questo software per elaborare<br />

i tuoi dati e ricavare planimetrie e sezioni. PointCab<br />

è compatibile con tutti i sistemi CAD e BIM e quindi si<br />

inserisce perfettamente nel tuo flusso di lavoro<br />

bilità senza pari anche negli ambiti più difficili<br />

Software dedicato<br />

X120 GO è dotato di due software dedicati:<br />

GOapp<br />

GOapp è l’applicazione mobile dedicata a X120GO, per<br />

la gestione dei progetti, la visualizzazione della nuvola<br />

di punti in tempo reale, l’anteprima delle immagini,<br />

l’aggiornamento del firmware e altre operazioni. L’app<br />

funziona sul sistema operativo Android.<br />

GOpost<br />

Software di post-elaborazione per Windows che esegue<br />

ottimizzazione, colorazione delle nuvole di punti e creazione<br />

di immagini panoramiche. È inoltre possibile importare<br />

punti di controllo per geo referenziare la nuvola<br />

di punti.<br />

Per avere più informazioni compila il form sul sito di Stonex.<br />

Tecnologia Slam<br />

La tecnologia Stonex SLAM offre una maggiore portata,<br />

più punti al secondo e i migliori algoritmi di elaborazione<br />

per raggiungere una velocità di acquisizione e un’affid -<br />

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BLK2GO, a handheld 3D imaging scanner, captures models and point clouds and<br />

X-PAD OFFICE FUSION, GeoMax geodata office software, processes them in a few clicks.<br />

©<strong>2022</strong> Hexagon AB and/or its<br />

subsidiaries and affiliates.<br />

All rights reserved.<br />

Part of Hexagon<br />

Works when you do


AGORÀ<br />

Heritage Science. Nuovo dottorato<br />

all'avanguardia in Italia<br />

– Allo scopo di favorire il coordinamento<br />

e superare la frammentazione<br />

del sistema dell'alta<br />

formazione nell'ambito della<br />

ricerca applicata al patrimonio<br />

culturale e creare nuove generazioni<br />

di ricercatori e professionisti<br />

operanti nel settore dell'Heritage<br />

Science capaci di competere<br />

e collaborare nei contesti<br />

delle più prestigiose iniziative<br />

europee e internazionali è stato<br />

istituito il dottorato nazionale in<br />

Heritage Science (PhD-HS.it) che<br />

mira a favorire una vasta mobilità<br />

di docenti e dottorandi fra<br />

le sedi intra ed extracurriculare.<br />

Il dottorato in Heritage Science,<br />

con una spiccata connotazione<br />

internazionale mira a formare<br />

professionisti altamente qualificati<br />

in grado di eccellere a livello<br />

sovranazionale, ma anche<br />

per attrarre studenti provenienti<br />

dall'estero.<br />

Le infrastrutture di ricerca europee<br />

sono il luogo ideale per formare<br />

le nuove generazioni in un<br />

ambiente altamente interdisciplinare<br />

e caratterizzato dall’eccellenza.<br />

L'uso di facilities delle infrastrutture<br />

di ricerca da parte dei<br />

dottorandi e il loro coinvolgimento<br />

nelle stesse è un aspetto<br />

chiave di questa formazione dal<br />

carattere fortemente innovativo,<br />

competitivo e d'eccellenza.<br />

L'Heritage science è caratterizzato<br />

anche da un ecosistema di<br />

infrastrutture di ricerca riconosciute<br />

a livello internazionale incluse<br />

nella Roadmap ESFRI European<br />

Strategy Forum on Research<br />

Infrastructures.<br />

Le principali sono:<br />

E-RIHS - European Research Infrastructure<br />

for Heritage Science<br />

DARIAH ERIC Digital Research<br />

Infrastrutcture for the Arts and<br />

Humanities European Research<br />

Infrastructure Consortium<br />

Una delle peculiarità del sistema<br />

curriculare del dottorato Heritage<br />

Science è la sua interdisciplinarietà<br />

volta ad abbracciare la<br />

vasta gamma di sapere e conoscenza<br />

racchiusa nel settore del<br />

patrimonio culturale: dall’archeologia<br />

all’intelligenza artificiale,<br />

dalla storia dell’arte alla<br />

fisica applicata e allo studio della<br />

materia e dalla museologia<br />

alle scienze ambientali ecc.<br />

L’obiettivo è mettere a sistema<br />

e fare sinergia affinché le nuove<br />

generazioni possano beneficiare<br />

di competenze all’avanguardia,<br />

nate dal sodalizio fra le opportunità<br />

della conoscenza umanistica<br />

e dell’innovazione tecnologica.<br />

CURRICULA<br />

CURRICULUM 1: MATERIALI E METO-<br />

DOLOGIE AVANZATE PER LA SALVA-<br />

GUARDIA DEL PATRIMONIO CULTU-<br />

RALE: TRANSIZIONE ECOLOGICA E<br />

DIGITALE PER LA MITIGAZIONE DEI<br />

RISCHI ANTROPICI E NATURALI<br />

Università degli Studi di Firenze<br />

CURRICULUM 2: SCIENZA E TECNO-<br />

LOGIE PER IL PATRIMONIO ARCHI-<br />

TETTONICO<br />

Politecnico di Milano<br />

CURRICULUM 3: TECNOLOGIE PER<br />

LA DIAGNOSTICA, MONITORAGGIO<br />

E STUDIO DEL PATRIMONIO CULTU-<br />

RALE<br />

Università di Bologna - Alma Mater<br />

Studiorum<br />

CURRICULUM 4: LA VITA DELLE<br />

COSE. STORIA DEI MATERIALI, DEL-<br />

LE TECNOLOGIE E DELLE TECNICHE<br />

DI PRODUZIONE, TRA ARCHEOLO-<br />

GIA, ARTE E SCIENZA<br />

Università di Pisa<br />

CURRICULUM 5: STORIA E ARCHEO-<br />

LOGIA GLOBALE DEI PAESAGGI<br />

Università degli Studi Bari Aldo<br />

Moro<br />

CURRICULUM 6: CONOSCENZA, GE-<br />

STIONE E COMUNICAZIONE DI CON-<br />

TESTI PLURISTRATIFICATI<br />

Sapienza Università di Roma<br />

CURRICULUM 7: ARTE CONTEMPO-<br />

RANEA<br />

Università di Ca' Foscari di Venezia<br />

CURRICULUM 8: ANALISI E GESTIO-<br />

NE DEL PATRIMONIO CULTURALE<br />

Scuola IMT Alti Studi Lucca<br />

CURRICULUM 9: DIGITAL TRANSI-<br />

TION FOR HERITAGE<br />

Università degli Studi Suor Orsola<br />

Benincasa di Napoli<br />

CURRICULUM 10: PATRIMONIO, CIT-<br />

TA', ECONOMIA E SOCIETÀ<br />

Università di Napoli Federico II<br />

CURRICULUM 11: ARCHIVI E BIBLIO-<br />

TECHE<br />

Università di Napoli Federico II<br />

32 32 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie Tecnologie per per i Beni i Beni Culturali Culturali<br />

33<br />

Il Codice Atlantico di Leonardo<br />

è digitale – Oggi il Codice Atlantico<br />

di Leonardo è digitale: è possibile<br />

consultarlo on Line sul sito<br />

Leonardo//thek@, la piattaforma<br />

digitale, curata ed allestita dal Laboratorio<br />

Multimediale del Museo<br />

Galileo di Firenze in collaborazione<br />

con la Commissione Vinciana.<br />

La banca dati archivia i 1119 fogli<br />

del manoscritto vinciano della<br />

Biblioteca Ambrosiana di Milano,<br />

collazionabili con i disegni nei fogli<br />

pure appartenuti alla fine del Cinquecento<br />

allo scultore Pompeo Leoni<br />

che sono conservati alla Royal<br />

Library della Royal Collection di<br />

Windsor, i manoscritti della Biblioteca<br />

Leonardiana di Vinci e l’Ente<br />

Raccolta Vinciana.<br />

La visione virtuale del Codice, ordinabile<br />

cronologicamente pagina<br />

per pagina dall’anno 1492 all’anno<br />

1518 e non solo per argomento, ma<br />

con carte nella raccolta databili al<br />

decennio precedente, è accessibile<br />

dal 2020, quando fu pubblicata<br />

on Line in occasione delle celebrazioni<br />

per il cinquecentenario della<br />

morte del maestro ed è ora completata,<br />

integrando con il restauro<br />

digitale del Codice Ambrosiano la<br />

possibilità di studio ad alta risoluzione<br />

di una consistente parte<br />

dei testi vinciani pervenuti, l’immenso<br />

patrimonio iconografico on<br />

Line dell’opera leonardesca. Ad<br />

una condizione, che l’avventuroso<br />

lettore della pregiata edizione<br />

Mondadori delle pagine originali<br />

fotografate e restaurate solo digitalmente,<br />

sia in grado di interpretare<br />

allo specchio la scrittura<br />

da destra a sinistra, rovesciata o<br />

speculare del Codice Atlantico del<br />

genio del Rinascimento, della quale<br />

aveva fatto parte anche l’Uomo<br />

Vitruviano, il celeberrimo disegno<br />

alle Gallerie dell’Accademia di Venezia<br />

(fig.1), tecnica non semplicissima,<br />

sebbene intuitiva, come<br />

tutti sanno, che caratterizza l’opera<br />

manoscritta di Leonardo. Con<br />

poche eccezioni, tra le quali quella<br />

della sua propria firma, leggibile<br />

invece da sinistra a destra nel<br />

documento che ne è pervenuto, il<br />

contratto del 1483 per la Vergine<br />

delle Rocce, conservato nell’Archivio<br />

di Stato di Milano, autografo<br />

ormai leggibile sul manoscritto<br />

soltanto con l’ausilio della lampada<br />

di Wood ad ultravioletto, anche<br />

per passati interventi di restauro<br />

troppo invasivi. Ma un’altra firma<br />

nell’anno delle celebrazioni leonardiane,<br />

oltre alla data 1503, è<br />

stata scoperta sui monti alle spalle<br />

della Gioconda (Louvre).<br />

‘Omo sansa lettere’, come amava<br />

definirsi, più che una graficizzazi -<br />

ne della scrittura, il suo artifici<br />

d’inversione del corsivo doveva essere<br />

strumentale, una sorta d’inchiostratura<br />

con carta assorbente,<br />

per mezzo della quale i suoi scritti,<br />

anche circolanti, restassero incomprensibili<br />

ai più. Chiarezza e<br />

segretezza, che con l’aristotelico<br />

principio di non contraddizione<br />

formano i cardini del naturalismo<br />

meccanicistico dell’artista, rivelando<br />

come il corpus del Codice Atlantico<br />

sia il romanzo della scienza<br />

del Quattrocento, l’emozione vitale<br />

della natura partecipata dagli<br />

esseri viventi, chimica inorganica<br />

compresa, attraverso l’armonia<br />

dei suoni e la sintesi matematica.<br />

ArcheoVerso: il Metaverso dei<br />

Beni Culturali. Un progetto di<br />

collaborazione tra DIGILAB e<br />

COOPCULTURE – Il 28 novembre<br />

<strong>2022</strong> DigiLab ha sottoscritto una<br />

convenzione con CoopCulture per<br />

il cofinanziamento di un progetto<br />

originale, che coniuga competenze<br />

e interessi di entrambi i partner.<br />

Il progetto, intitolato "ArcheoVerso",<br />

intende esplorare le potenzialità<br />

degli universi digitali per la<br />

valorizzazione del patrimonio culturale,<br />

materiale e immateriale,<br />

mettendo a punto un ecosistema<br />

metodologico e tecnologico per la<br />

creazione, fruizione, interazione<br />

in realtà immersiva e aumentata<br />

di luoghi della cultura.<br />

All’interno di "ArcheoVerso" verranno<br />

integrate esperienze virtuali<br />

e reali per i singoli luoghi della cultura<br />

presi in esame. Per ogni sito<br />

o museo individuato verrà creato<br />

un ambiente virtuale fruibile sia in<br />

remoto che in presenza, a supporto<br />

e non sostituzione del normale<br />

processo di visita, integrando una<br />

serie di servizi, mediante il digitale,<br />

altrimenti non fruibili normalmente.<br />

All’interno di questo ambiente,<br />

l’utente avrà la possibilità<br />

di fruire di esperienze di primo livello<br />

gratuite e di secondo livello a<br />

pagamento. Il sistema di fruizione<br />

appositamente elaborato, utilizzando<br />

le potenzialità del sistema<br />

metaverso, permetterà inoltre la<br />

vendita di servizi di biglietteria<br />

e altri servizi accessori legati al<br />

bene all’interno dello stesso ambiente<br />

virtuale.<br />

Si tratta di un modello di collaborazione<br />

e cofinanziamento del tu -<br />

to innovativo, per il quale DigiLab<br />

esprime tutta la sua soddisfazione.<br />

Fonte: DTCLazio


AGORÀ<br />

Cultural <strong>Landscape</strong> Scanner: alla<br />

scoperta di siti archeologici non<br />

individuati tramite EO, Telerilevamento<br />

e approcci di Intelligenza<br />

artificiale – Il progetto Cultural<br />

<strong>Landscape</strong> Scanner (CLS) mira ad<br />

individuare siti archeologici nascosti<br />

nel sottosuolo mediante tecniche<br />

di Earth Observation (EO), algoritmi<br />

di Intelligenza Artificial<br />

(AI) analizzando dataset di immagini<br />

telerilevate.<br />

I siti del patrimonio culturale nascosto<br />

sottoterra (come strutture<br />

e monumenti antichi sepolti) possono<br />

essere identificati mediante<br />

dati telerilevati provenienti da<br />

una varietà di sensori sotto forma<br />

di anomalie o tracce rilevabili su<br />

terreni nudi, colture e<br />

vegetazione. L'attuale<br />

disponibilità di dataset<br />

telerilevati aperti, come<br />

quelli messi a disposizione<br />

dal Copernicus Service,<br />

non ha precedenti.<br />

Tuttavia, tale straordinaria<br />

proliferazione di<br />

dati ha posto notevoli<br />

ostacoli in termini di<br />

gestione, elaborazione<br />

e interpretazione delle<br />

immagini al punto che<br />

la quantità di dati non è<br />

gestibile dalla tradizionale<br />

interpretazione visiva<br />

"umana". Ed entrano<br />

così in gioco specifici algoritmi di<br />

Intelligenza Artificiale che permettono<br />

l’analisi di una grandissima<br />

mole di immagini.<br />

La nuova sfida è quindi sviluppare<br />

o migliorare approcci che possano<br />

facilitare il rilevamento automatico<br />

e la selezione di immagini di<br />

oggetti (archeologici) di interesse.<br />

Il progetto CLS si fa carico di<br />

tale sfida sviluppando algoritmi<br />

di Intelligenza Artificiale (AI) che<br />

ricercano immagini telerilevate<br />

di specifici oggetti del patrimonio<br />

culturale e modelli relativi a passate<br />

interferenze antropogeniche<br />

nei paesaggi. Questo progetto amplierà<br />

anche considerevolmente i<br />

mezzi esistenti per l'dentificazion<br />

di antichi sistemi di divisione del<br />

territorio — e più in generale di<br />

modellazione del paesaggio — automatizzando<br />

procedure di rilevamento<br />

per lo studio del territorio<br />

in ambito archeologico.<br />

Nel perseguimento del suo programma<br />

di ricerca, Cultural <strong>Landscape</strong>s<br />

Scanner (CLS) lavorerà<br />

per rimuovere alcuni degli ostacoli<br />

più urgenti allo sviluppo di applicazioni<br />

di intelligenza artificial<br />

per il rilevamento automatico in<br />

archeologia, come:<br />

- mancanza di adeguati dataset su<br />

cui formare le AI, spesso limitati<br />

in estensione e/o qualità e non disponibili<br />

al pubblico;<br />

- assenza di dataset di riferimento<br />

disponibili al pubblico su cui testare<br />

diverse tecniche di intelligenza<br />

artificiale<br />

- assenza di una standardizzazione<br />

delle misure di valutazione l'efficienza<br />

delle tecnologie proposte<br />

Metodologia<br />

CLS mira a stabilire un punto di<br />

riferimento nell'uso dei dati di telerilevamento<br />

per l'identificazion<br />

automatica di varie classi di siti<br />

del patrimonio culturale non scoperti<br />

attraverso l'integrazione di<br />

approcci di apprendimento automatico<br />

all'avanguardia con la ricerca<br />

archeologica e il lavoro sul<br />

campo.<br />

Il progetto sta lavorando alla creazione<br />

del primo set di dati multimodale<br />

pubblicamente disponibile<br />

di siti archeologici etichettati e<br />

alla risoluzione del problema della<br />

non standardizzazione delle metriche<br />

delle prestazioni. Questo<br />

dataset di riferimento conterrà<br />

immagini multispettrali di Sentinel<br />

2 e dati LiDAR del paesaggio<br />

archeologico di Aquileia (Italia),<br />

una delle principali città dell'Impero<br />

Romano.<br />

Si stanno esplorando metodi all'avanguardia<br />

per il rilevamento di<br />

oggetti e la segmentazione semantica<br />

per stabilire in che modo la<br />

granularità del rilevamento infl -<br />

isce sulla qualità della previsione<br />

da un punto di vista archeologico.<br />

Per valutare le prestazioni dei diversi<br />

modelli, verrà introdotto un<br />

insieme di differenti metriche<br />

con la collaborazione<br />

di archeologi del paesaggio,<br />

al fine di stabilire<br />

un primo standard di riferimento<br />

per promuovere<br />

misurazioni obiettive trasversali.<br />

Verifiche archeologiche<br />

saranno effettuate<br />

nell'area caso studio<br />

per verificare i risultati<br />

previsti forniti dai metodi<br />

di intelligenza artificial<br />

sviluppati. I dati raccolti<br />

durante le attività di<br />

ground-truthing saranno<br />

utilizzati per migliorare<br />

le prestazioni di identificazione<br />

dei metodi proposti.<br />

Il progetto pilota Cultural <strong>Landscape</strong>s<br />

Scanner è il risultato di una<br />

partnership tra il Center for Cultural<br />

Heritage Technology dell'IIT<br />

e l'Agenzia spaziale europea (ESA)<br />

nell'ambito del programma di ricerca<br />

co-finanziato dall'ESA "Discovery<br />

& Preparation".<br />

Il progetto giunge al suo terzo<br />

anno di attività e a breve potremmo<br />

vedere pubblicati i risultati di<br />

questo importante studio che unisce<br />

varie tecnologie.<br />

Fonte: Istituto Italiano di Tecnologia<br />

- Center for Cultural Heritage<br />

Technology<br />

34 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

35<br />

Cosa sta facendo il Distretto<br />

Tecnologico del Lazio per i Beni<br />

Culturali – Il Distretto Tecnologico<br />

per i Beni Culturali del Lazio è una<br />

della maggiori realtà in termini<br />

di valorizzazione tecnologica, conservazione<br />

e fruizione del patrimonio<br />

storico-artistico e culturale<br />

del territorio. La Regione ha pertanto<br />

investito 37 milioni di euro<br />

nel DTC – Distretto Tecnologico<br />

per le nuove tecnologie applicate<br />

ai Beni ed alle Attività Culturali.<br />

L’Avviso pubblico mira a sostenere<br />

la diffusione di tecnologie innovative<br />

per la valorizzazione, conservazione,<br />

recupero, fruizione e<br />

sostenibilità del patrimonio culturale<br />

del Lazio.<br />

È stata pubblicata sul<br />

BURL la graduatoria<br />

dei 35 progetti ammessi<br />

al finanziame -<br />

to relativi all’avviso<br />

pubblico Ricerca e sviluppo<br />

di tecnologie per<br />

la valorizzazione del<br />

patrimonio culturale del<br />

DTC – Distretto Tecnologico<br />

per le nuove tecnologie<br />

applicate ai beni e<br />

alle attività culturali del<br />

Lazio. A breve, partiranno<br />

i cantieri dei primi<br />

21 progetti già finanzi -<br />

ti. La graduatoria dei<br />

35 progetti finanziabil<br />

rientra nell’Azione TE2 del DTC riguardante<br />

appunto interventi per<br />

la ricerca e lo sviluppo di nuove<br />

tecnologie per la valorizzazione,<br />

la tutela, la fruizione, la conservazione,<br />

il recupero e la sostenibilità<br />

del patrimonio culturale<br />

laziale. Le azioni riguarderanno<br />

complessi monumentali, raccolte<br />

e realtà museali, aree e parchi archeologici,<br />

archivi e biblioteche,<br />

e coinvolgeranno 83 Comuni e 193<br />

Luoghi della Cultura del Lazio. Per<br />

quanto riguarda la tipologia dei<br />

proponenti, spicca la forte presenza<br />

degli enti locali, seguiti da altre<br />

istituzioni pubbliche, enti ecclesiastici,<br />

fondazioni, associazioni,<br />

cooperative e società private.<br />

Se nella prima fase sono stati progettati<br />

gli interventi e poste le basi<br />

per la realizzazione di quest'ultimi,<br />

questa seconda fase del bando<br />

DTC Lazio è dedicata alla concreta<br />

realizzazione degli interventi stessi<br />

con nuovi fondi messi a disposizione<br />

degli addetti ai lavori.<br />

Tra i progetti finanziati spiccano i<br />

seguenti per innovazione e competitività,<br />

ma anche ai fini della<br />

ricerca, conservazione, fruizione<br />

e valorizzazione.<br />

Il Complesso di Villa Gregoriana:<br />

nuove tecnologie per la conservazione,<br />

valorizzazione, gestione e<br />

fruizione sostenibili<br />

Promosso e gestito dal FAI - Fondo<br />

Ambiente Italiano) oggetto di numerosi<br />

restauri e progetti di conservazione<br />

nel corso degli anni a<br />

causa del forte dissesto idrogeologico<br />

della zona.<br />

Il complesso di Villa Gregoriana,<br />

che si sviluppa su un’area complessiva<br />

di circa 35.000 mq, è ricco<br />

di componenti archeologiche,<br />

architettoniche e botaniche che si<br />

mescolano e convivono costituendo<br />

un luogo estremamente articolato,<br />

prodotto dalla stratificazion<br />

di eventi costruttivi e spontanei<br />

che sulla stessa area sono intervenuti<br />

costruendo nel parco quell’unicum<br />

naturale-artificiale che lo<br />

caratterizza e che ne ha fatto il<br />

tema centrale nelle rappresentazioni<br />

pittoriche di Tivoli nel corso<br />

di tutto l’Ottocento.<br />

A livello archeologico, vanno certamente<br />

segnalati i templi di Vesta<br />

e della Sibilla, la Villa di Manlio Vopisco,<br />

il complesso sistema idraulico<br />

romano costituito da cunicoli e<br />

acquedotti.<br />

Obiettivi del progetto<br />

• Preservare lo stato del luogo da<br />

rischi ambientali e fisici e garantirne<br />

contestualmente la fruizione<br />

in sicurezza.<br />

• Raggiungere l’autonomia energetica<br />

con un impatto positivo sul<br />

contenimento dei costi di gestione.<br />

• Aumentare la conoscenza del<br />

complesso, attraverso strumenti<br />

digitali e innovativi, per valorizzarne<br />

i molteplici aspetti (storici,<br />

letterari, artistici,<br />

botanici) e spettacolarizzare<br />

gli aspetti culturali, incrementando<br />

il numero dei visitatori.<br />

S.T.AR.T. Ostia Soluzioni Tecnologiche<br />

per l’ARrcheologia<br />

e il Territorio<br />

Utilizzare lo strumento BIM<br />

(Building Information Modeling),<br />

ancora scarsamente<br />

applicato al settore dei Beni<br />

Culturali, per gestire le fasi<br />

di studio e diagnostica degli<br />

edifici storici e supportare la<br />

successiva progettazione degli<br />

interventi conservativi.<br />

È l’obiettivo del progetto del Parco<br />

Archeologico di Ostia Antica,<br />

un patrimonio di oltre 130 ettari<br />

che comprende le 3 aree archeologiche<br />

principali (città romana di<br />

Ostia, necropoli di Isola Sacra e<br />

infrastrutture portuali di Portus) e<br />

14 aree demaniali.<br />

Numerosi i casi di studio inseriti<br />

nel progetto (Ninfeo degli Eroti,<br />

Caupona del Pavone, Domus di<br />

Giove Fulminatore, Domus della<br />

Nicchia a mosaico, Domus delle<br />

Colonne, Domus dei Pesci, Domus<br />

di via della Caupona, Necropoli di<br />

Via Laurentina e di Pianabella, le<br />

Saline, Tor Boacciana, le ville costiere),<br />

incluse 2 strutture museali<br />

(Museo Ostiense e Museo delle<br />

Navi di Fiumicino). Filo conduttore


AGORÀ<br />

del progetto è la digitalizzazione,<br />

attraverso video e timelapse, corredati<br />

da storytelling, che illustreranno<br />

il progetto e racconteranno i<br />

casistudio selezionati; tour virtuali<br />

per gli edifici attualmente non accessibili<br />

al pubblico; ricostruzioni<br />

in realtà aumentata e in 3D, per<br />

offrire ai visitatori e agli stessi<br />

viaggiatori provenienti dall’aeroporto<br />

di Fiumicino un’esperienza<br />

storica e culturale inedita e immersiva.<br />

ULISSE - Underwater and Littoral<br />

Itineraries to Safeguard and enhance<br />

Submerged archaEological<br />

heritage - Conservazione e valorizzazione<br />

dei siti sommersi e semisommersi<br />

nella Riviera di Ulisse<br />

e nelle Isole Pontine<br />

L’immenso patrimonio archeologico<br />

e naturalistico che giace sui<br />

fondali marini rappresenta una risorsa<br />

che richiede una particolare<br />

attenzione da parte degli Enti pubblici<br />

chiamati a tutelarne l’integrità<br />

e a valorizzarne le potenzialità,<br />

anche attraverso una corretta gestione<br />

ai fini turistici<br />

Il progetto “Ulisse” comprende<br />

perciò interventi finalizzati al monitoraggio<br />

e alla valorizzazione,<br />

mediante nuove tecnologie digitali,<br />

di alcuni siti archeologici sommersi<br />

e semisommersi del basso<br />

Lazio, alcuni dei quali ricadenti<br />

nelle Aree Protette comprese nel<br />

Parco Regionale Riviera di Ulisse:<br />

il Parco di Monte Orlando (Gaeta),<br />

il Parco di Gianola e Monte di Scauri<br />

(Formia), il Promontorio Villa di<br />

Tiberio e Costa Torre Capovento –<br />

Punta Cetarola (Sperlonga).<br />

Obiettivi del progetto:<br />

• Creare nuovi percorsi di visita<br />

reali e virtuali, in ambiente sommerso<br />

e subaereo;<br />

• Promuovere il turismo archeologico<br />

subacqueo ampliandone le<br />

esperienze sensoriali ed estendendo<br />

la fruizione dei siti a nuovi target<br />

di visitatori;<br />

• Promuovere modelli gestionali<br />

sostenibili per i beni culturali sommersi<br />

e subaerei mettendo a sistema<br />

il patrimonio naturale e culturale<br />

presente nei Luoghi;<br />

• Sviluppare forme di controllo del<br />

patrimonio sommerso.<br />

M-USE IT! Musei e Itinerari Archeologici<br />

della Provincia di Frosinone<br />

Valorizzare e sviluppare, nell’ottica<br />

di un museo diffuso e di un<br />

brand della cultura, i siti archeologici<br />

della provincia di Frosinone<br />

e i materiali dei Musei civici, con<br />

esperienze di visita innovative e<br />

messa in rete di percorsi e itinerari.<br />

È il progetto “M-USE IT”, che<br />

prevede la promozione del patrimonio<br />

attraverso forme di divulgazione<br />

innovative e trasversali<br />

(digital storytelling, gamification,<br />

ecc.); la produzione di esperienze<br />

di visita esclusive, spettacolari e<br />

immersive (virtual e mixed-reality,<br />

proiezioni olografiche, videomapping,<br />

ecc.); la pubblicazione<br />

su web e App mobile di contenuti<br />

aggiornati e di qualità e campagne<br />

marketing.<br />

Il tutto attraverso una piattaforma<br />

web dedicata; un’applicazione<br />

multiutente per smartglass,<br />

smartphone e tablet per realtà<br />

aumentata; applicazioni di realtà<br />

virtuale con visione stereoscopica<br />

di ambienti 3D presso aree e corner<br />

all’interno dei siti espositivi e<br />

applicazioni mobile gamificate per<br />

giovani e scolaresche.<br />

Obiettivi del progetto:<br />

• Influire sui processi interni, aumentando<br />

l’efficienza e l’efficaci<br />

gestionale e la capacità di reperire<br />

risorse;<br />

• Proporre nuovi paradigmi di fruizione<br />

delle opere, attraverso linguaggi<br />

e strumenti che vadano incontro<br />

alle esigenze di un pubblico<br />

sempre più digitale;<br />

• Migliorare l’efficacia dell’attività<br />

di comunicazione e promozione<br />

favorendo la partecipazione non<br />

sporadica di fasce più ampie di<br />

pubblico e l’inclusione sociale;<br />

• Favorire la conservazione e la disponibilità<br />

nello spazio e nel tempo<br />

del patrimonio culturale tangibile<br />

e immateriale, attraverso azioni di<br />

digitalizzazione e restituzione on<br />

line delle opere.<br />

Le porte del Celio, le chiavi della<br />

città - Soluzioni Tecnologiche per<br />

l’ARrcheologia e il Territorio<br />

I Musei Capitolini costituiscono il<br />

polo più importante della rete dei<br />

Musei Civici che fanno capo alla<br />

Sovrintendenza di Roma Capitale.<br />

Con la sede del Celio, pensata con<br />

un approccio geografico e cartografico<br />

alla Roma antica, i Musei<br />

Capitolini intendono valorizzare<br />

un importante patrimonio:<br />

la Forma Urbis, la gigantesca pianta<br />

marmorea di Roma, eseguita<br />

in scala 1:240 intorno al 200 d.C.<br />

sotto l’imperatore Settimio Severo.<br />

La pianta rappresenta l’Urbe<br />

all’apice del suo potere ma sviluppa<br />

temi di architettura e di urbanistica<br />

validi ancora oggi.<br />

Legato alla Forma è il progetto di<br />

valorizzazione dei Castra Albana,<br />

il complesso di fortificazioni di<br />

Albano Laziale ideato dallo stesso<br />

Settimio Severo per i soldati della<br />

Legio II Parthica. Si tratta dell’unico<br />

forte legionario eretto in Italia<br />

e rappresenta l’altra “piccola<br />

Roma”, nel cuore dei Castelli romani.<br />

Obiettivi del progetto:<br />

• Potenziare, con le risorse tecnologiche<br />

e multimediali, l’allestimento<br />

del nuovo spazio museale<br />

dei Musei Capitolini nel Parco del<br />

Celio;<br />

• Implementare, attraverso i contenuti<br />

multimediali, il progetto di<br />

rendere il Parco del Celio la cerniera<br />

di una rete di itinerari verso<br />

il centro monumentale di Roma e<br />

verso l’esterno della città;<br />

• Trasformare il Parco del Celio in<br />

un punto di incontro, valorizzando<br />

contenuti culturali, spazi esposi-<br />

36 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

37<br />

tivi e servizi accessori, divenendo<br />

un landmark del quartiere e della<br />

città;<br />

• Incrementare e internazionalizzare<br />

i flussi turistici verso Albano<br />

Laziale, e indirettamente nell’intera<br />

area dei Castelli, in passato<br />

meta quasi obbligata dei viaggiatori<br />

stranieri.<br />

PONTES Progetto operativo per<br />

nuove tecnologie, esperienze, socialità<br />

Raccontare con una nuova modalità<br />

narrativa la storia di territori e<br />

civiltà che si sono avvicendati lungo<br />

l’asse geografico costituito dal<br />

Tevere e dalla via Salaria. Nasce<br />

con questo obiettivo il progetto<br />

“Pontes”, che approfondisce i rapporti<br />

tra Roma e il territorio laziale<br />

attraverso l’intero arco cronologico,<br />

fino ai nostri giorni<br />

Il racconto viene proposto mediante<br />

esperienze multisensoriali realizzate<br />

con video, installazioni e<br />

plastici animati da proiezioni olografiche<br />

nonché attraverso dispositivi<br />

per la fruizione dei contenuti<br />

a ipo e non vedenti.<br />

L’intento è stimolare il pubblico a<br />

visitare aree di interesse culturale<br />

disperse, puntando – anche attraverso<br />

iniziative di gioco – ad avvicinare<br />

alla cultura e alla storia fasce<br />

di popolazione solitamente poco<br />

interessate.<br />

Il progetto insiste sul tema del<br />

ponte, struttura inaugurata dalla<br />

tecnica costruttiva romana e simbolo<br />

del superamento delle barriere<br />

comunicative fra normodotati e<br />

persone diversamente abili.<br />

Il tema verrà declinato secondo le<br />

diverse vocazioni dei luoghi interessati.<br />

Obiettivi del progetto:<br />

• Aumentare il numero dei visitatori,<br />

abbattendo le barriere, favorendo<br />

la fruizione da parte di<br />

persone con disabilità visiva e la<br />

condivisione di esperienze fra normodotati<br />

e ipodotati;<br />

• Realizzazione di un dispositivo<br />

collegato a un software di modellazione<br />

per creare un volume tattile<br />

mobile che assume il ruolo di<br />

comunicazione “per immagini” per<br />

ipo/non vedenti;<br />

• Sviluppo di un gioco on line ambientato<br />

nel museo e di una rete<br />

premiale tra tutti i luoghi del progetto,<br />

per stimolare anche la popolazione<br />

non digitalizzata alla<br />

visita dell’intero percorso;<br />

• Impostazione di un laboratorio<br />

che, usando la documentazione<br />

scientifica disponibile (reperti, documenti,<br />

fotografie, dipinti ecc.)<br />

elabori prodotti culturali spendibili<br />

in varie forme (cinema, televisione,<br />

comunicazione museale).<br />

DEPP - Dall’Emporium ai prati del<br />

popolo romano. Itinerario multisensoriale<br />

tra i paesaggi perduti<br />

della sponda tiberina<br />

Grazie alle tecnologie multimediali,<br />

il progetto ripropone la visione<br />

di paesaggi scomparsi che hanno<br />

avuto un ruolo vitale nella nascita<br />

e nella formazione della Città<br />

eterna ma il cui passato è stato in<br />

gran parte nascosto o cancellato<br />

dalle radicali trasformazioni del<br />

periodo post-unitario.<br />

Soluzioni innovative per la digitalizzazione<br />

permetteranno di rivivere<br />

la storia di Roma, dalla protostoria<br />

alla fine dell’età antica,<br />

osservando lo scorrere del tempo<br />

da un punto di vista privilegiato: il<br />

fiume e le sue pertinenze<br />

Il percorso collegherà aree d’interesse<br />

archeologico e architettonico<br />

e si muoverà dentro la città,<br />

toccando punti di osservazione dai<br />

quali fruire delle ricostruzioni paesaggistiche.<br />

I complessi monumentali e le<br />

strutture di servizio a disposizione<br />

della Soprintendenza saranno<br />

utilizzati come “stazioni” per introdurre<br />

il pubblico ai temi storici<br />

e archeologici che costituiranno il<br />

filo conduttore della visita, dove le<br />

ricostruzioni virtuali dei paesaggi<br />

scomparsi sovrapporranno epoche<br />

diverse e vedute odierne.<br />

Il percorso interesserà il Rione<br />

Testaccio, in un ambito compreso<br />

tra le falde dell’Aventino e la cerchia<br />

difensiva delle mura Aureliane,<br />

ancora in gran parte esistenti,<br />

spingendosi fino alle sponde del<br />

Tevere per terminare a Fiumicino.<br />

Obiettivi del progetto:<br />

• Creare una nuova identità museale<br />

attraverso la realtà aumentata,<br />

il digital storytelling, la didattica<br />

multimediale, i contest digitali<br />

e il turismo emotivo.<br />

• Garantire la più alta aderenza<br />

possibile alle attese del territorio<br />

(crescita economica sostenibile,<br />

nuove opportunità professionali e<br />

occupazionali).<br />

• Raggiungere target di fruitori di<br />

nuove tipologie di prodotti culturali<br />

e ambientali connotati da<br />

grande tipicità ed estranei ai circuiti<br />

classici.<br />

L’iniziativa è nata da un Accordo<br />

di Programma Quadro tra Regione<br />

Lazio, Ministero dell’Università<br />

e della Ricerca, Ministero della<br />

Cultura e Ministero dello Sviluppo<br />

Economico e intende consolidare e<br />

stimolare l’innovazione delle imprese<br />

e degli organismi di ricerca<br />

dedicati ai beni culturali.<br />

Maggiori approfondimenti e i progetti<br />

finanziati nella prima fas<br />

Consulta la graduatoria dei progetti<br />

finanziati per la seconda fase<br />

qui.<br />

Fonte: Distretto Tecnologico per i<br />

Beni e le Attività Culturali del Lazio


EVENTI<br />

19 - 21 APRILE 2023<br />

XII Congresso Nazionale AIAr<br />

Messina (Italia)<br />

http://www.associazioneaiar.<br />

com/<br />

10 – 11 MAGGIO 2023<br />

Conferenza Esri Italia<br />

Roma<br />

https://www.esriitalia.it/<br />

10 – 12 MAGGIO 2023<br />

Restauro – Salone<br />

Internazionale dei Beni<br />

Culturali e Ambientali<br />

XXVIII edizione<br />

Ferrara Fiere (Italia)<br />

https://www.<br />

salonedelrestauro.com/<br />

24 – 26 MAGGIO 2023<br />

MMT 2023 – 12th International<br />

Symposium on Mobile<br />

Mapping Technology<br />

Padova (Italia)<br />

https://www.cirgeo.unipd.<br />

it/mmt/<br />

25 - 30 GIUGNO 2023<br />

SIFET 2023<br />

Firenze (Italia)<br />

https://www.sifet.org/<br />

25 - 30 GIUGNO 2023<br />

CIPA 2023<br />

Firenze (Italia)<br />

https://www.<br />

cipa2023florence.org<br />

SETTEMBRE 2023<br />

ArcheoFOSS 2023<br />

Torino (Italia)<br />

https://www.archeofoss.org/<br />

28 – 29 SETTEMBRE 2023<br />

LUBEC 2023<br />

Lucca (Italia)<br />

https://www.lubec.it/<br />

11 - 13 OTTOBRE 2023<br />

INTERGEO<br />

Berlino (Germania)<br />

https://www.intergeo.de/en/<br />

11 - 13 OTTOBRE 2023<br />

DRONITALY<br />

Bologna (Italia)<br />

https://www.dronitaly.it<br />

2 – 5 NOVEMBRE 2023<br />

BMTA PAESTUM 2023<br />

Paestum, SALERNO (Italia)<br />

https://www.<br />

borsaturismoarcheologico.it/<br />

NOVEMBRE 2023<br />

ROMADRONE<br />

Roma (Italia)<br />

https://www.romadrone.it/<br />

10 – 11 maggio<br />

2023<br />

ROMA<br />

38 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong><br />

www.esriitalia.it


Tecnologie per i Beni Culturali 39<br />

Il Forum dell'Innovazione<br />

Tecnologie per il Territorio, Beni Culturali e Smart Cities<br />

14 - 16 NOV 2023<br />

www.technologyforall.it


MAGGIO<br />

10 11 12<br />

2023<br />

XXVIII EDIZIONE<br />

FERRARA<br />

VIA DELLA FIERA 11<br />

Con il supporto di<br />

Con il patrocinio di<br />

In collaborazione con<br />

Sponsor

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