Archeomatica 4 2022 - Landscape Visibility
ivista trimestrale, Anno XIV - Numero IV DICEMBRE 2022 ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali Landscape Visibility SicilyLab2022 That’s Opera Sette Opere di Misericordia www.archeomatica.it
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ivista trimestrale, Anno XIV - Numero IV DICEMBRE <strong>2022</strong><br />
ArcheomaticA<br />
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
<strong>Landscape</strong><br />
<strong>Visibility</strong><br />
SicilyLab<strong>2022</strong><br />
That’s Opera<br />
Sette Opere di Misericordia<br />
www.archeomatica.it
Pompei per un treno<br />
EDITORIALE<br />
Non l’abbiamo ancora presa Frecciarossa da Milano a Pompei per verificare che sia davvero<br />
competitiva con il volo aereo per raggiungere una destinazione tanto ambita anche da<br />
Milano per i viaggiatori e i turisti dell’intero pianeta. Certo è sembrata una pianificazione<br />
elitaria quella di un treno ad alta velocità che ferma soltanto a Salerno. Il problema vero<br />
del Frecciarossa in realtà è semmai quello di viaggiare vuoto anche per altre mete di<br />
spicco sul territorio italiano e non perché sia un treno costoso, ma perché è inaccessibile in<br />
stazione, avendo una gestione separata a prenotazione chiusa che in nessun modo è possibile<br />
prendere al volo: perfino sugli autobus in molte città è praticabile la salita col bancomat<br />
e l’applicazione delle riduzioni. Come sempre, nelle spartizioni tra pubblico e privato, il<br />
metaverso ecologico e sostenibile si è perso per strada e non riesce ad essere per chiunque<br />
viaggi occasionalmente. Pompei resta un obbiettivo imprescindibile del viaggio nel tempo<br />
che farà da esca, come sempre nei secoli, per i torpedoni, quali essi siano, specialmente<br />
se davvero si fossero dimostrati sostenibili avviando una gestione non esclusiva e senza<br />
sprechi. Anche il Pio Monte della Misericordia di Napoli con le Sette Opere di Misericordia<br />
di Caravaggio, di cui in questo numero di <strong>Archeomatica</strong> potrete riscoprire la dimensione<br />
corale, era stato un progetto nella storia culturale dell’Italia ad alto indice di ascolto ed<br />
oltre confine, che ha fatto della pittura non soltanto preghiera e predicazione, ma creazione<br />
e un’attitudine alla ricreazione materiale e immateriale della persona. Andremo a Napoli<br />
e a Pompei con o senza aereo e Frecciarossa, perché sono altrettante sorgenti di energia<br />
e di vitalità e luoghi d’incontro con la natura, umana o divina che sia. L’arte è tecnologia<br />
perché è invenzione, a cominciare dagli utensili delle caverne nella vita sotterranea, e non<br />
ci stancheremmo di dire che la tecnologia ha bisogno più di arte che mai e che il superfluo<br />
dell’arte è indispensabile alla natura, anche animale. Un pizzico di quella scienza che,<br />
invece di rendere schiava più umanità obbligandola a trasformare le proprie case in astronavi<br />
con il progetto Green europeo e a sradicare intere distese di campagna, ad eccezione<br />
dei parchi spontanei, foreste e allevamenti di bestiame - intrapresi perché sopravvivano<br />
alla civiltà e contribuiscano al nutrimento della terra e dell’aria - per coprire i terreni<br />
delle aziende agricole della plastica e del silicio delle rinnovabili, spingerebbe le potenze<br />
industriali dell’energia a realizzare nelle microscopiche batterie di accumulo dei cellulari<br />
il potenziale di un generatore di corrente per uso domestico e nelle antenne paraboliche<br />
dei televisori micropannelli fotovoltaici capaci di concentrazione come altrettanti specchi<br />
ustori. Ancora nessuno ha detto che la realtà virtuale sia un surrogato incapace di suscitare<br />
emozioni autentiche e che un ologramma non possa esplorare lo spazio per noi trasferendoci<br />
immagini, idee ed emozioni, con il vantaggio di evitarci il rischio del teletrasporto e meno<br />
avveniristici viaggi nell’universo a sperpero di gas ossigeno e idrogeno: come hanno mostrato<br />
i progetti sperimentati da SicilyLab a Gioiosa Marea nella Grotta Tono nel sottosuolo, Xenia<br />
Progetti con la Soluzione VEDI testata sull’Annunciazione di Antonello da Messina nel Museo<br />
di Palazzo Bellomo a Siracusa o il metodo <strong>Landscape</strong> <strong>Visibility</strong> nella determinazione dei<br />
luoghi della memoria biblica, per citarne alcuni solo in questo numero della rivista. Progetti<br />
che hanno mostrato, non solo umanamente, ma anche umanisticamente parlando, come il<br />
futuro Green sia alla nostra portata.<br />
Buona lettura,<br />
Francesca Salvemini
IN QUESTO NUMERO<br />
DOCUMENTAZIONE<br />
6 Le Sette Opere di<br />
Misericordia del Pio Monte<br />
della Misericordia a Napoli<br />
di Francesca Salvemini<br />
In copertina l'immagine della Viewshed<br />
Analysis dalla vetta del Gebel Musa. Alcune<br />
indicazioni di visibilità sono disponibili<br />
(in rosso). Queste concordano con quanto<br />
riportato da Egeria nel suo libro, a parte il<br />
Mare del Partenio (Mediterraneo).<br />
16 Metaverso Architettura<br />
e Territorio. L’esperienza<br />
del SicilyLab<strong>2022</strong> a Gioiosa<br />
Marea di Gaetano De Francesco,<br />
Michela Falcone<br />
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ArcheomaticA<br />
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
Anno XIV, N° 4 - DICEMBRE <strong>2022</strong><br />
<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />
italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />
e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />
la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />
culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />
tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />
diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />
in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />
parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />
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MUSEI<br />
20 That’s Opera un Nuovo<br />
Progetto Artistico e<br />
Multimediale<br />
di Maddalena Camera<br />
RUBRICHE<br />
28 AZIENDE E<br />
PRODOTTI<br />
Soluzioni allo Stato<br />
dell'Arte<br />
32 AGORÀ<br />
Notizie dal mondo delle<br />
Tecnologie dei Beni<br />
Culturali<br />
24 Could Egeria have seen the<br />
“Parthenion” sea from the<br />
Top of Mount Sinai? -<br />
The <strong>Landscape</strong> <strong>Visibility</strong><br />
from the Top of Mount Sinai<br />
climbed by Egeria<br />
by Fabio Crosilla<br />
38 EVENTI<br />
INSERZIONISTI<br />
Esri 38<br />
Hubstract 39<br />
Geomax 31<br />
Planetek 2<br />
Salone del Restauro 40<br />
Stonex 15<br />
Strumenti Topografici 9<br />
TechnologyForAll 39<br />
Virpleo 27<br />
una pubblicazione<br />
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Data chiusura in redazione: 3 aprile 2023
DOCUMENTAZIONE<br />
Le Sette Opere di Misericordia del<br />
Pio Monte della Misericordia a Napoli<br />
di Francesca Salvemini<br />
La datazione generica dell’iscrizione marmorea<br />
di Paolo V sotto il quadro delle Sette Opere di<br />
Misericordia di Caravaggio della chiesa di S.<br />
Maria della Misericordia del Pio Monte omonimo<br />
di Napoli è l’anno 1606 (19 gennaio), due mesi<br />
dopo il Breve pontificio di approvazione. Tra il 6<br />
ottobre e l’11 novembre del 1606 Caravaggio è a<br />
Napoli e lavora alla committenza Radolovich del<br />
documento del Banco di S. Eligio (ASBN, Banco di<br />
S. Eligio, Giornale copiapolizze, 31, 1606) di una<br />
pala che dovrà consegnare nel mese di dicembre.<br />
Nella sommaria descrizione dello schema compositivo,<br />
espresso dal committente a sviluppo verticale, appare<br />
l’iconografia della Madonna col Bambino nel coro<br />
d’angeli delle Sette Opere di Misericordia (fig.1), sebbene<br />
questo documento sia stato trascritto nell’ultimo mezzo secolo<br />
alla stregua di un’opera da considerarsi ancora oggi<br />
perduta (Caravaggio e il suo tempo, 1984, p.199) e come<br />
tale esposto nella mostra "Caravaggio Napoli" al Museo di<br />
Capodimonte nel 2019.<br />
Non poche perplessità ha destato l’intestazione della pagina<br />
‘Venezia’ del Registro del Banco napoletano di S. Eligio, che<br />
riporta l’apertura di credito al pittore lombardo da parte<br />
del dalmata Radolovich alla data in cui la Fondazione pauperistica<br />
apparteneva alla nazione spagnola di Napoli, dedita<br />
soprattutto all’assistenza ospedaliera, dei moribondi e<br />
dei conservatori femminili, ma facendo sempre riferimento<br />
alla nazione veneziana dei depositi particolari, quando la<br />
gestione dei fondi di credito era agli albori della moderna<br />
istituzione bancaria. Il ‘Locus sigilli’ dell’epigrafe riporta la<br />
firma di ‘M. Ursinus Barbianus’, che, per quanto leggibile,<br />
non consente un’obbiettiva identificazione del secretario<br />
apostolico che promulgo’ il decreto pontificio dell’opera caritatevole<br />
napoletana, conservando perciò la flagranza del<br />
documento apocrifo che trascrive lapidariamente il Breve<br />
pontificio, a sua volta conservato in copia, della prerogativa<br />
concessa fin dal 15 novembre 1605: vi è approvato l’ufficio<br />
caritatevole corporale della misericordia in cui doveva concretarsi<br />
il deposito del censo di Napoli e non solo il titolo,<br />
Fig.1 - Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia (Chiesa del Pio Monte<br />
della Misericordia, 1607, Napoli).<br />
ma il privilegio all’istituzione del Pio Monte di devolvere<br />
i lasciti e le elemosine devote in beneficenza. Il lapidario<br />
documento è murato dietro all’altare maggiore della chiesa<br />
di Nostra Signora della Misericordia del Pio Monte, dove non<br />
prima del 1661, ad opera dell’architetto della Confraternita<br />
Francesco Antonio Picchiatti, con la ricostruzione nello<br />
stato attuale della Cappella di S. Maria della Misericordia<br />
che vi era stata edificata una prima volta nel 1605 (Cesare<br />
D’Engenio Caracciolo, Napoli Sacra, Napoli 1624), sarà<br />
nuovamente collocato il quadro delle Sette Opere di Miseri-<br />
6 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />
cordia di Caravaggio, destinato all’altare maggiore. La sua<br />
esistenza, se non prova che i due documenti, pala ed epigrafe,<br />
fossero stati originariamente l’uno accanto all’altro,<br />
conferma una concomitanza cronologica tra la pubblicazione<br />
nella chiesa della prerogativa concessa alla fondazione<br />
dal pontefice neo-eletto, la principale committenza artistica<br />
attinente il luogo di culto ed il soggetto ‘votivo’ richiesto<br />
al pittore da un donatore. Statuita nel 1601 (Giulio Cesare<br />
Capaccio, Il Forastiero. Dialogi, Napoli 1634) nella segretezza<br />
(Vangelo di Matteo, 6, 1-4) se non nell’anonimato di<br />
prestatori ed elemosinieri, l’opera caritatevole alla quale<br />
furono aderenti con lasciti non soltanto accademici, ma<br />
ospedalieri, banchieri, commercianti e feudatari del Regno,<br />
si avvaleva di un’indulgenza e di una sorta di tributo fisc -<br />
le agevolato elargito ai suoi sostenitori in virtù dei fondi<br />
raccolti in favore dell’Ospedale degli Incurabili e di altre<br />
opere caritatevoli intraprese nella città e nel territorio,<br />
infine riconosciuta anche dall’assenso ai suoi governatori<br />
del Vicerè di Napoli Juan Alonso Pimentel de Herrera Conte<br />
di Benavente. Radolovich (o Radulovich), omonimo del<br />
cardinale Niccolò Radulovich di Polignano a mare in Puglia,<br />
è testimoniato fra i suoi membri e per questa commissione.<br />
Caravaggio (forse entrato a Napoli a bordo di una delle<br />
galee di sua proprietà) sarà pagato per la pala dell’altare<br />
maggiore da Tiberio del Pezzo, governatore per i defunti e<br />
per il patrimonio del Monte di Misericordia (ASBN, 18 gennaio<br />
del 1607); una cedola di entrata ed uscita per il quadro<br />
Fig. 2 - S. Francesco in Meditazione (Sala del Caravaggio, Museo Civico<br />
“ALA PONZONE”, Cremona)<br />
Fig. 2a - Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia (dettaglio del<br />
S.Francesco possibile autoritratto)<br />
Fig.2b - Carlo Sellitto, (Napoli, 1581 - Napoli, 1614), San Francesco riceve<br />
le stimmate, 1611 circa Olio su tela, 90 x 105 cm, Collezione privata<br />
| Courtesy of Galleria Porcini.
Fig. 3 - Caravaggio, Madonna del Rosario 1605 – 1607 (Kunsthistorisches<br />
Museum, Vienna).<br />
dell’altare maggiore della chiesa del Registro Primo delle<br />
Declaratorie dei Conti di Amministrazione dei Governatori<br />
del Pio Monte della Misericordia, annotati dal 22 marzo 1604<br />
al 18 novembre 1622, è la seguente: “...et al Signor Tiberio<br />
del Pezzo Scudi 400 come Governatore per morti, et servitio<br />
della chiesa, Dal quale sono stati pagati a Michel’Angelo da<br />
Caravaggio per lo prezzo del quadro dell’altare grande di<br />
detta chiesa qual’essito fatto per detto Signor Carlo (Caracciolo,<br />
m. 1607) ascende alla detta somma de scudi 469 e<br />
per che l’essito supera l’introito in Scudi duecento settanta<br />
sei et 2.1, Dechiaro.” Presumendo perduta la pala ordinata<br />
per un altare da Radolovich (“Caravaggio Napoli”, Catalogo<br />
della mostra, Electa, 2019, p.18) i pagamenti al pittore del<br />
Pio Monte napoletano sono stati riferiti indipendentemente<br />
dal documento Radolovich alle Sette Opere di Misericordia,<br />
anche se, vivente Caravaggio, la chiesa doveva aver allogato<br />
più di una sua tela riscattata dai notabili napoletani,<br />
in veste di donatori ed acquirenti insieme con il committente<br />
Radolovich. Ognuno degli episodi narrati da Caravaggio<br />
nell’ancona, da collocare infine all’altare maggiore, rispecchia<br />
l’opera caritatevole assegnata a ciascun deputato<br />
Governatore e perciò cosiddette: la prima, degli infermi e<br />
cioé assistere gli ammalati, la seconda, dei pellegrini o alloggiare<br />
i viandanti, la terza, dei carcerati o dell’Angelo<br />
custode, cioé visitare e indulgere la pena ai carcerati, la<br />
quarta, dei morti o seppellire i morti, la quinta, del patrimonio<br />
e dei poveri vergognosi o bisognosi, quest’ultima<br />
che comunemente ricapitola le opere di bene corporali di<br />
dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati e<br />
dar da vestire agli ignudi, cioè la redistribuzione di beni<br />
delle sette opere corporali di redenzione, il Monte dei poveri<br />
propriamente detto governato dapprima da Lorenzo Di<br />
Franco o De Franchis (Capaccio cit., p. 922). Fu Tommaso<br />
De Franchis a riscattare nel 1607 il dipinto di S. Domenico<br />
Maggiore, che sarà collocato nell’omonima cappella nel<br />
quarto decennio del Seicento, la Flagellazione secondo Bellori,<br />
attualmente conservata a Capodimonte e allestita nella<br />
mostra “Caravaggio Napoli” nella Reggia (Catalogo n.6;<br />
scheda di Alessandra Cosmi). L’incertezza interpretativa del<br />
documento della commissione Radolovich è in parte riposta<br />
nella complessità iconologica di altre due ancone degli ultimi<br />
periodi della produttività di Caravaggio e cioé la Natività<br />
già dell’Oratorio della Compagnia di S. Lorenzo a Palermo<br />
e la Madonna del Rosario (Macioce 2003, p. 211) a Vienna<br />
(Kunsthistorisches Museum), in cui la Vergine con il Bambino,<br />
vestita di un saio azzurro, invece che su un coro d’angeli<br />
si erge a fianco del fusto scanalato di una colonna bianca<br />
del Pantheon, o chiesa di S. Maria della Rotonda elencata<br />
nei ‘Mirabilia urbis Romae’. Il dettaglio monumentale non<br />
esclude una committenza estense del dipinto per una chiesa<br />
romana, in cui il pittore, tra i devoti, avesse in realtà ritratto<br />
la personalità di Giambattista della Porta, che nel Della<br />
Fisonomia dell’huomo [1], tradotta in volgare nel 1610, aveva<br />
dedicato all’effigie del cardinale Luigi d’Este (m.1589),<br />
che per sua stessa affermazione conobbe a Roma (1580),<br />
l’esemplarità della verosimiglianza del ritratto. Oltre che<br />
dall’incisione del trattato volgare di Della Porta dell’effigie<br />
del cardinale Luigi d’Este è documentata da un ritratto familiare,<br />
con l’iscrizione della sua identità, quella del cardinale<br />
Alessandro d’Este (Dorotheum 2016) a testimoniare la<br />
voga del ritratto storico: il capovolgimento dell’immagine<br />
nella camera oscura (Antonino Saggio, La Rottura del telaio,<br />
Trento, ListLab, 2018) sperimentata nel dipinto di Narciso<br />
(Gallerie Nazionali Barberini/Corsini, Roma; Longhi 1943),<br />
in cui l’ambivalenza con la tentazione di S. Giovanni Battista<br />
alla specchio d’acqua d’una fonte è pretesto ad uno<br />
studio sulla riflessione, porrebbe non solo la conoscenza di<br />
Della Porta e delle sue opere a partire dagli anni romani,<br />
quando la grandezza nel dar vita a volti e personaggi al suo<br />
esordio fu annotata dai biografi con l’affibbiargli l’epiteto di<br />
pittore di teste, ma anche questa tela antesignana nell’orbita<br />
di un primo collezionismo estense.<br />
Recenti discussioni documentarie sulla pala della Natività<br />
di Palermo si avvalgono sempre della lettura iconografica<br />
di quest’altro quadro, che intenderebbero invece fondamentalmente<br />
scardinare, ad opera di Giovan Pietro Bellori,<br />
ponendo nel dubbio la veridicità biografica della notizia del<br />
viaggio anche palermitano di Caravaggio e non la conoscenza<br />
relativa e accademicamente indiretta del suo luogo di<br />
conservazione da parte del biografo, laddove Bellori descriveva<br />
esservi dipinto “S. Giuseppe à sedere”. Differente dal<br />
S. Giuseppe del Riposo durante la fuga in Egitto (Galleria<br />
Doria Pamphilj, Roma) e tratto da un altro modello, seppure<br />
il passo belloriano fosse dovuto a relazioni, per quanto non<br />
più emerse, di corrispondenti e pittori negli ambienti romani<br />
e nella pratica corroborate da disegni, di fatto la freschezza<br />
caricaturale del vecchio pastore col cappello appoggiato ad<br />
un bordone (o bastone da pellegrino) al limitare del presepe<br />
quale un suo autentico S. Giuseppe anziano veniva ad esservi<br />
elusa, identificandolo Bellori con il personaggio di spalle,<br />
8 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />
e così altrettanto l’immaginazione di un’Epifania, idea non<br />
meno intuitivamente esplicita degli astanti nel loro insieme<br />
in un dipinto dell’Adorazione dei re Magi. Il fatto che<br />
l’ancona fosse sentita nella devozione più viva del Santo<br />
dei poveri Francesco nel tema della redenzione dai peccati<br />
ed anche in questa tela di Lorenzo patrono del Pio Oratorio<br />
palermitano, in cui a sedere per terra in primo piano fosse<br />
non S. Giuseppe, raffigurato pastore e in piedi a chiudere il<br />
cerchio di lato, ma, con S. Nicola, S. Lorenzo elemosiniere,<br />
anonimo donatore non più liturgicamente abbigliato tra i<br />
principi della chiesa, era biograficamente negato da Bellori,<br />
per il quale anche la pala di Messina era una Natività (Museo<br />
Regionale, Messina), preceduto dall’Iconologia del gesuita<br />
Placido Samperi (1644) che al ‘Quadro della Madonna del<br />
Parto, opera dell’eccellente Pittore Michel’Angiolo da Caravaggio’<br />
aveva dedicato un paragrafo intitolato “Della Imagine<br />
della Madonna del Parto nel divoto Convento de’ Frati<br />
Cappuccini, e sua origine.” Un altro convento dell’ordine<br />
dei minori che nel 1605 si era avvalso di lasciti per fondarvi<br />
un’opera di Misericordia, l’Infermeria.<br />
Non del tutto isolata la fonte belloriana, senza per questo<br />
concludere che Caravaggio non fosse stato a Palermo (Cuppone<br />
2017), quel che potrebbe dirsene storicamente è che<br />
il biografo, se o anche non dovesse esservi stato, descrivesse<br />
proprio questo dipinto, non più rimosso attraverso i<br />
secoli dall’Opera di Misericordia palermitana almeno fino<br />
al 1969 (quando, secondo la cronaca, venne rubato, divenendo<br />
oggetto d’inchiesta) e nella quale era giunto a concretizzarsi<br />
il movimento pauperistico nella città nel primo<br />
decennio del Seicento, demistificandolo di qualsiasi spunto<br />
antagonista verso l’abilità caricaturale della naturalezza<br />
dei Carracci. Era spettato al cardinale Ascanio Filomarino,<br />
anch'egli afferente al Pio Monte della Misericordia di Napoli,<br />
il S. Francesco di Caravaggio (Wadsworth Atheneum Museum<br />
of Art, Hartford) annotato dalle notule del Banco di S. Spirito<br />
(ASR) di Ottavio Costa, dov'era stato descritto con il<br />
fraticello Leone compagno.<br />
La pala napoletana, anche più grandiosa, era stata esposta<br />
a Napoli e per conoscerla sarebbe stato indispensabile ad<br />
ogni storico farla copiare con qualunque mezzo o dettagliarla<br />
con beneficio d’inventario sull’interpretazione datane ‘in<br />
loco’, nella convinzione relativa della sua accessibilità al<br />
pubblico e all’intermediario. In realtà nel corso di qualche<br />
anno, data la rendita delle elemosine elargite senza penuria<br />
al titolo dell’altare maggiore, a chiunque venne vietato<br />
dai Governatori del Pio Monte di Misericordia il permesso di<br />
spostare l’ancona e di venderla: “Adì 27 Agosto 1613. Per<br />
li detti Signori Governatori del Monte della Misericordia è<br />
stato discorso come havendo li hanni passati il detto monte<br />
voluto porre un quadro nell’altare maggior della sua chiesa,<br />
volle farlo fare da Michele angelo di Caravaggio, acciò<br />
che fatto da così eccellente artefice fusse corrispondente<br />
all’altre grandezze dell’opere de Dio che vi s’essercitano et<br />
essendo riuscito di tanta perfettione, che più d’una volta<br />
se n’è ritrovato duemila scudi, hanno per ciò detti Signori<br />
concluso, che per nissuno prezzo si possa mai vendere, mà<br />
sempre si debbia ritenere nella detta chiesa”. Ed anche perfino<br />
quello di copiarla, eccezionalmente concesso al Conte<br />
di Villamediana per mano dei pittori designati dalla Confraternita<br />
Fabrizio Santafede, Carlo Sellitto e Giovan Battista<br />
Caracciolo detto Battistello nello stesso 1613, data alla<br />
quale il conte Juan de Tassis y Peralta di Villamediana come<br />
tale comparirà nei suoi documenti. Questa documentazione<br />
archivistica è stata altrettanto esposta nelle Sale della<br />
Fig. 4 – Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia (particolare del ritratto<br />
di Paolo V).<br />
Fig.4 a - Ritratto di Paolo V Borghese 1605 - 1607 (Palazzo Borghese,<br />
Roma).
Pinacoteca del Pio Monte della Misericordia in occasione di<br />
‘Caravaggio Napoli’, che l’ha coordinata nella visita al Museo<br />
di Capodimonte, Sala Causa, e ne è un autentico pregio.<br />
Il S. Francesco in preghiera dei Musei Civici Ala Ponzone di<br />
Cremona (fig. 2) ha consentito di rileggere una figura di S.<br />
Francesco a mani giunte e incrocicchiate nel profilo, schietto<br />
e rozzo, del mendicante supplice e infermo a piedi nudi e<br />
con la stampella per terra nella zona più oscura e quasi indistinguibile<br />
delle Sette Opere di Misericordia ed un possibile<br />
autoritratto che implora la grazia (fig.2a), senza per questo<br />
concludere che la tela da testa di Cremona (fig.2) che lo<br />
genuflette dalla parte opposta coprendone le gambe, se ordinata<br />
dal Governatore di Roma (1604-1610) Benedetto Ala<br />
cui era appartenuta, oltre che un’altra storica testimonianza<br />
dell’interesse rivolto dal pontefice al leggendario dipinto<br />
esposto a Napoli, sia una replica devozionale autografa che<br />
copre col saio i piedi nudi del Santo (Gregori 1987).<br />
Nella mostra ‘Caravaggio Napoli’ un S. Francesco che riceve<br />
le stimmate di Carlo Sellitto (fig. 2b) (Catalogo Electa 2019,<br />
n. 21: Collezione privata courtesy Galleria Porcini) appare<br />
in realtà, piuttosto che delle opere caravaggesche nella<br />
Chiesa di S. Anna dei Lombardi a Napoli, nel 1634 illustrata<br />
anche dai “Dialoghi” di Capaccio, avvalersi dello studio del<br />
S. Domenico col rosario nelle mani, analogamente protese,<br />
della Madonna del Rosario (fig.3) a Vienna (Kunsthistorisches<br />
Museum); quando il dipinto, nel 1607, era documentato<br />
nello studio napoletano di Caravaggio e, per quanto<br />
minore fortuna rispetto all’opera possa averne avuto il documento<br />
relativo anche alla Giuditta e Oloferne (Gallerie<br />
Nazionali Barberini/Corsini, Roma), quadro testimoniatovi a<br />
Napoli ancora da Carlo Cesare Malvasia, lo stesso Benedetto<br />
Ala avrebbe potuto ordinare la copia del S. Francesco di<br />
Cremona dalle Sette Opere di Misericordia, conferendo obbiettivo<br />
risalto al subitaneo risentimento dei pittori nella<br />
città fin dal primo soggiorno napoletano di Caravaggio, tra i<br />
primi, se non da subito nella stessa chiesa, Battistello Caracciolo.<br />
Nella Madonna del Rosario (fig.3) di fronte al S.<br />
Domenico predicatore ad una moltitudine è raffigurato S.<br />
Sisto, santo decollato dei ‘Mirabilia urbis Romae’, anche<br />
identificato in S. Pietro martire, e nel frate domenicano incappucciato<br />
accanto a lui un altro possibile autoritratto, in<br />
luce ancora più fervido e sofferente testimone di una disputa.<br />
La descrizione delle fonti attraverso i secoli dei tre dipinti<br />
nel 1630 nella cappella Fenaroli di S. Anna dei Lombardi<br />
sono laconiche soprattutto riguardo il formato e le dimensioni<br />
dei laterali con S. Giovanni Battista e S. Francesco,<br />
anche se Nicolas Cochin nel 1756, mostrando di conoscere<br />
l’opera di Bernardo De Dominici almeno quanto quella<br />
di André Félibien, stenterà a farvi il nome di Caravaggio,<br />
dando altrimenti credito alla fonte letteraria che voleva<br />
che il suo S. Francesco (Wadsworth Atheneum Museum of<br />
Art, Hartford, dal 1943), appartenuto al cardinale Francesco<br />
Maria Del Monte, originariamente dalla collezione di<br />
Ottavio Costa fosse infine pervenuto nella seconda metà del<br />
Seicento ai Duchi Caetani di Sermoneta. Lo stesso De Dominici<br />
(1742) avrà encomiato tra le opere di Caravaggio senza<br />
riserve: “...il quadro del maggiore Altare della chiesa della<br />
Misericordia è opera lodata de’ suoi pennelli ove dipinse le<br />
sette opere del titolo della Chiesa…”). Nelle Sette Opere di<br />
Misericordia, accanto a S. Francesco, nel mendicante seduto<br />
di spalle e a schiena nuda, un culto anche ‘laico’ non<br />
certo dimenticato da Caravaggio pure a Palermo, S. Lorenzo<br />
che ha gettato ai poveri il sacchetto e i turiboli delle offerte,<br />
tesoro della chiesa, e sta per ricevere il dono di metà<br />
del mantello tagliato da S. Martino, che è in piedi con il<br />
cappello piumato. La scena raffigura l’episodio caritatevole<br />
di vestire gli ignudi insieme con l’assistenza agli infermi<br />
dell’ordine francescano, la rinuncia ai beni terreni della Le-<br />
Fig. 5 - Nicolas Perrey, Adriana Basile (incisione tratta da: Il teatro delle<br />
glorie della Signora Adriana Basile, Venezia 1628).<br />
Fig. 5a - Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia (particolare di Pero<br />
con il ritratto di Adriana Basile).<br />
10 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />
Fig.6 - Caravaggio, S. Sebastiano (Musée des Beaux Arts, Rouen).<br />
genda Aurea del domenicano Jacopo da Varagine, che conformavano<br />
la committenza di Niccolò Radolovich del 1606 di<br />
una pala bipartita con in alto la gloria della Vergine Maria e<br />
tra le sue figure in basso quattro Santi, tra i quali avrebbe<br />
voluto fosse S. Domenico stesso: anonima nella sfera contemplativa<br />
della Vergine l’ispirazione caravaggesca alla<br />
professione di fede nell’apostolato degli ordini mendicanti,<br />
che vuole i due Santi Francesco e Lorenzo di spalle giacere<br />
insieme sulla nuda terra. A Roma era intitolata a S. Lorenzo<br />
l’estrema propaggine della Porta Taurina, inglobata dalla<br />
cinta aureliana, che conduceva alla basilica cimiteriale di S.<br />
Lorenzo fuori le mura. Quanto alla possibilità che fosse proprio<br />
Abraham Vinck a copiare a Napoli la Giuditta e Oloforne<br />
di Caravaggio (Galleria Barberini, Roma) appartenuta ai Costa<br />
è tutt’altro che smentito dalla presenza tuttora nella<br />
città della copia di Louis Finson (Palazzo Zevallos, Banco di<br />
Napoli, Napoli, già attribuita a Battistello Caracciolo), ancora<br />
una volta copiando l’uno dall’altro i due pittori in società,<br />
ed anche una copia di Abraham Vinck risultare inventariata<br />
ad Amsterdam in sua proprietà un decennio più tardi<br />
come originale, sottolineando l’eccezionalità dell’esecuzione<br />
nello studio di Caravaggio: se non proprio la stessa, una<br />
sua fedele copia antica la Giuditta scaturita dal recente ritrovamento<br />
di Tolosa (2014), mentre anche la mezza figura<br />
di David e Golia della Galleria Borghese doveva essere stata<br />
eseguita a Roma da Caravaggio, la stessa per prima avuta da<br />
Juan de Tassis y Peralta, conte di Villamediana [2], come<br />
avrà sottolineato Bellori. Fu Lionello Venturi nelle “Note”<br />
del 1909 a riferire a Caravaggio la mezza figura di David nel<br />
Museo di Vienna, che più di ogni altra nel panorama europeo<br />
aveva mostrato di dipendere dal David Borghese. Nel 1613,<br />
infatti, oltre al San Giovanni Battista (Galleria Borghese,<br />
Roma), pure esibito nella mostra “Caravaggio Napoli”, anche<br />
il “David col teschio di Golia opera del Caravaggio”<br />
(Galleria Borghese, Roma) era stato infine esaltato da Scipione<br />
Francucci nel poemetto La Galleria dell’Il.mo e Rev.<br />
mo S Scipione cardinale Borghese (BAV, ms. Borghesiano<br />
184), galleria dove ormai entrambi i quadri si trovavano.<br />
D’altronde l’ancona della Madonna del Rosario di Vienna,<br />
giunta ad Anversa soprattutto per l’interessamento di Pietro<br />
Paolo Rubens, non più mercanteggiata, resterà alla chiesa<br />
domenicana di S. Paolo ad Anversa per quasi due secoli (Marini<br />
2005). Complessa è l’iconografia degli altri Santi delle<br />
Sette Opere di Misericordia, dove è semmai il documento<br />
della committenza di Radolovich ad essere più diretto se<br />
non soltanto accostato alle fonti letterarie di descrizione,<br />
ma alla stessa monumentale tela, avendovi sollecitato la<br />
rappresentazione del loro culto associato alle opere misericordiose,<br />
non solo simbolicamente attraverso sparsi attributi:<br />
oltre a S. Francesco e a S. Domenico dovevano essere<br />
dipinti nella tela dedicata alla grazia mariana S. Nicola, nel<br />
sacerdote custode del carcere al lume di una fiaccola, visitare<br />
i carcerati, e S. Vito, nel giovane che sostiene le gambe<br />
sospese di un cadavere, seppellire i morti, allusivo tanto<br />
alla sepoltura dei martiri cristiani che dei condannati a morte.<br />
Giovan Pietro Bellori, seppure chiara testimonianza della<br />
notorietà del grande dipinto, subito recepita dalle “Finezze<br />
dei pennelli italiani” di Luigi Scaramuccia (Pavia,
Fig. 7 - Battistello Caracciolo, Salomé (Napoli, collezione privata).<br />
1674), che l’intitolava le “Sette Opere della Misericordia”,<br />
contribuì a renderlo indeterminato precisandolo nella biografia<br />
di Caravaggio due volte: “Nella medesima Città (Napoli),<br />
per la chiesa della Misericordia dipinse le Sette Opere<br />
in un quadro lungo circa dieci palmi [n.d.r.: la larghezza o<br />
misura del traverso]; vedesi la testa di un vecchio, che sporge<br />
fuori della ferrata della prigione suggendo il latte d’una<br />
Donna, che à lui si piega con la mammella ignuda. Fra l’altre<br />
figure vi appariscono i piedi, e le gambe di un morto<br />
portato alla sepoltura; e dal lume della torcia di uno, che<br />
sostenta il cadavero, si spargono i raggi sopra il Sacerdote<br />
con la cotta bianca, e s’illumina il colore, dando spirito al<br />
componimento.” E ancora: “...et in Napoli frà le sette opere<br />
della Misericordia, vi è uno che, alzando il fiasco beve<br />
con la bocca aperta, lasciandovi cadere sconciamente il<br />
vino.” Dalla sua lettura deriva la tradizione ‹laica› degli episodi<br />
del dipinto, uno dei quali soltanto nitido nella memoria<br />
di Bellori, che rappresentano l’uno Cimone e Pero, tratto<br />
dai “Factorum ac dictorum memorabilium Libri” o “Libri<br />
Memorabili” di Valerio Massimo e l’altro Sansone che beve<br />
dalla mascella d’asino, tratto dal “Libro dei Giudici” (15),<br />
che in Bellori è genericamente un bevitore (E. Borea cur.,<br />
Giovan Pietro Bellori, Le Vite de’ pittori, scultori e architetti<br />
moderni, I, 1976, 2009, p.226, nota 1 e p.231, nota 4). La<br />
somiglianza del diacono, che in effetti regge in mano la torcia,<br />
al Ritratto di Maffeo Barberini della Galleria Corsini a<br />
Firenze, già proprietà Anna Corsini a Firenze, insieme<br />
all’approssimatezza del testo di Bellori che, sebbene dando<br />
in un altro passo la notizia di un suo ritratto originale del<br />
pontefice Urbano VIII (“Al cardinale Maffeo Barberini, che fu<br />
poi Urbano VIII sommo pontefice, oltre il ritratto, fece…”),<br />
avendola solo individuata, neanche identificava il cardinale<br />
in questa grandiosa pala napoletana, dimostrerebbero piuttosto<br />
che Caravaggio avesse avuto notoriamente l’occasione<br />
di ritrarre Maffeo Barberini molto giovane, quando non era<br />
ancora chierico di camera, e, se in consonanza con il più<br />
frammentario brano delle “Considerazioni” di Giulio Mancini<br />
(le righe riferibili alla presenza del pittore nello studio di<br />
Giuseppe Cesari D’Arpino dove erano annotate le frasi “vuol<br />
tre ritratti” e “fece ritratti per Barbarino”), solo in quest’ancona<br />
di nuovo lo dipingesse nell’abito clericale, nunzio apostolico<br />
a Parigi dal 1604, eletto cardinale l’11 settembre del<br />
1606 con imposizione dalle mani del re di Francia Enrico IV.<br />
Dei due dibattuti ritratti di Maffeo Barberini in collezione<br />
privata italiana attribuiti a Caravaggio non vi sono critiche<br />
smentite, infatti, fin dal loro paragone ad opera di Lionello<br />
Venturi nel 1912 (Lionello Venturi, Opere inedite di Michelangelo<br />
da Caravaggio, 1912, p.12) al Ritratto di Paolo V<br />
Borghese (fig.4) che entrambi consistano della storica fisi -<br />
nomia del cardinale che assumerà il nome di papa Urbano<br />
VIII nel 1623 e che nel sacerdote delle Sette Opere di Misericordia<br />
è energicamente commossa, ma, ormai trentottenne,<br />
non meno intensamente assorta dell’atteggiamento,<br />
non proprio consono ad un chierico, del giovane prodigo<br />
truffato al gioco dei Bari (Kimbell Art Museum, Fort Worth),<br />
cui il testo del manoscritto Mancini doveva alludere al pari<br />
12 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />
della più tarda memoria belloriana di fonte familiare, insieme<br />
alla voga per il ritratto morale esemplata scientific -<br />
mente da Giovan Battista Della Porta.<br />
Jusepe Martinez parlò di un ritratto di Caravaggio del pontefice<br />
Paolo V, dipinto insieme con i suoi beneficiati, nei<br />
“Discursos Practicables del nobilìsimo arte de la pinctura”<br />
(ed. Madrid 1866) tenuti all’accademia di Saragozza alla<br />
metà del Seicento, che non è improbabile fossero considerevoli<br />
già per la statura accademica di Bellori, che riferiva,<br />
incalzando a proposito dell’Ecce homo Massimi, come<br />
questo dipinto fosse stato portato in Spagna al tempo di<br />
Filippo III senza identificarlo, mentre descriveva un S. Sebastiano:<br />
“...fu portata in Parigi la figura con due ministri<br />
che gli legano le mani di dietro”, dettagliandolo corrispondente<br />
iconograficamente alla Flagellazione a mezze figure<br />
(Musée des Beaux Arts, Rouen; “Caravaggio Napoli” Catalogo<br />
n.7; scheda di Alessandra Cosmi), che doveva ritrovarsi<br />
a Roma. Anche nella grandiosità è riposta la confrontabilità<br />
alle Sette Opere di Misericordia del passo dei “Discursos” - a<br />
discapito del Ritratto di Paolo V (fig.4a) (Palazzo Borghese,<br />
Roma, cm.218x136, in copia nella Galleria Borghese, cm.<br />
144X126.5), riferito a Caravaggio nella Villa Borghese da<br />
Giacomo Manilli nel 1650 [3] e detto “a sedere” da Giovan<br />
Pietro Bellori nel 1672 - sul ritratto del pontefice Paolo V,<br />
che Martinez diceva eseguito dal pittore prima della sua<br />
fuga a Malta, esaustivo non solo per la grandiosità della scena<br />
descritta coinvolgente più figure, ma per la rapportabilità<br />
nel dettaglio delle vistose dimensioni (1 palmo=20-25 cm)<br />
alla tela napoletana (cm. 390X260), fino a competere per<br />
importanza con l’opera romana di Caravaggio più famosa:<br />
i laterali della Cappella Contarelli di S. Luigi dei Francesi,<br />
dove nell’una, la scena della Vocazione di Matteo era invece<br />
ritratto con gli occhiali il pontefice Clemente VIII Aldobrandini,<br />
che non aveva concesso al principe di Lorena e<br />
al re di Francia, verosimigliante al re Irtaco nell’altra del<br />
Martirio di Matteo, la dispensa matrimoniale con Caterina<br />
di Borbone. Seppure è vero che, calato nell’attualità delle<br />
controversie di quegli anni, fosse stato in questa occasione<br />
che Enrico avesse ricevuto in dono dal pontefice, insieme<br />
al suo rifiuto, o avesse fatto copiare l’Annunciazione<br />
di Nancy, in cui la figura dell’angelo annunciante appare<br />
riversa e non meno ruotata rispetto a quella del secondo<br />
dipinto di S. Matteo e l’angelo, tuttora sulla terza parete<br />
della cappella romana di S. Luigi. Quanto alla prospettiva<br />
della finestra nella Vocazione di Matteo, la presenza di uno<br />
scuro, usato nelle finestre senza persiane, dimostra la scena<br />
sfondare l’interno architettonico, in cui il sott’in su di S.<br />
Matteo avanza sul visitatore nella geometria di una sfera, la<br />
“rondeur” nella “manière noire” che André Félibien sottolineerà<br />
anche Valentin avesse appreso dal suo maestro Caravaggio,<br />
aggiungendo potersi trovare a Parigi non solo i loro<br />
dipinti, ma inoltre quelli di Bartolomeo Manfredi. Félibien<br />
dedicò a Caravaggio molte pagine del secondo volume degli<br />
Entretiens (1687), dimostrando di conoscere la biografia di<br />
Giovan Pietro Bellori, specialmente nel contrapporre la sua<br />
arte a quella di Guido Reni fino alla rivalità: nella “Felsina<br />
pittrice” di Carlo Cesare Malvasia, nella Vita di Reni, era<br />
detto occasionale l’incontro tra i due pittori narrato da Félibien.<br />
Con Paolo V appena eletto, Caravaggio, non solo a parere<br />
di Martinez, ma anche di Bellori, fisicamente condotto<br />
al suo cospetto, avrebbe quindi, secondo il primo, ritratto<br />
tre e anche più dei suoi nipoti, cardinali e seguaci: precoce<br />
la sua testimonianza, per la quale era prosopograficamente<br />
notoria la fisionomia del pontefice Camillo Borghese di tre<br />
quarti negli scuriti panni dell’oste, quale l’apostolo Pietro<br />
che vi indica la via dell’esilio a S. Giacomo, connotando l’oratorio<br />
come ospizio dei pellegrini. Inoltre il dipinto assume<br />
in Martinez una valenza storico-documentale nel ritrovarvi<br />
i suoi neo-eletti cardinali: il cardinal nipote, Scipione Caffarelli<br />
Borghese, nel 1605, era probabilmente supposto nel<br />
Sansone (raffigurato troppo vecchio per esserlo davvero) ed<br />
il cardinale Maffeo Barberini nel sacerdote con la torcia,<br />
dove ancora è innegabile sia connesso al dipinto il ‘motu<br />
proprio’ del papa nella concessione del privilegio all’istituito<br />
Pio Monte della Misericordia di Napoli. Dal confronto tra<br />
le due fonti letterarie di Bellori e di Martinez emerge come i<br />
due autori non si riferissero ad un solo ritratto e che in quello<br />
eseguito a diverse figure il pontefice non indossasse la solenne<br />
mozzetta purpurea. Nel dipinto napoletano, privo del<br />
risalto liturgico del velluto e della seta del quadro romano<br />
(fig.4a), l’identità del volto di Camillo Borghese (fig.4) sul<br />
bianco colletto di lino della cotta sotto l’umile pellegrina,<br />
più appariscente fisionomicamente, lo lascia interpretare,<br />
se non seduto, sodale protagonista di un cerimoniale sobrio<br />
dell’opera caritatevole perfino più autorevole. Il pontefice<br />
avrebbe potuto infine ottenere il ritratto personale<br />
dallo stesso Caravaggio a Napoli in cambio della promessa<br />
di ‘remissione’ di cui aveva parlato Giovanni Baglione nella<br />
propria biografia del pittore. Tanto Martinez quanto Bellori<br />
concordavano sulla circostanza biografica dell’incontro col<br />
pontefice e l’episodio memorabile del grande quadro delle<br />
Sette Opere di misericordia, in chiave autobiografica, poteva<br />
essere verosimilmente ambientato nei paraggi di Castel<br />
S. Angelo, il borgo non meno pieno di vicoli dei Tribunali di<br />
Napoli. Nel volto di S. Giacomo dei pellegrini con la conchiglia<br />
sul cappello è ritratto come donatore il poeta Giambattista<br />
Marino, amicissimo di Giambattista Manso, fondatore<br />
del Pio Monte (ritratto a suia volta al suo fianco in veste di<br />
San Martino) e nel 1606 segretario del cardinale camerlengo<br />
Pietro Aldobrandini, che seguì nella diocesi di Ravenna,<br />
dalle sue parole apparsa vissuta come un vero e proprio<br />
confino. Spettatore della sfera della Madonna col bambino,<br />
ascesa sul volo d’angeli plananti con ali di cigno, tra drappi<br />
a parabola, è ritratto sporgersi fra le sbarre della prigione,<br />
nei panni di Cimone, Galileo Galilei, tra i primi ad avvistare<br />
nel 1604 e dare corpo universale alla “lux quaedam peregrina”,<br />
cui Giovanni Keplero avrà dedicato il libello De Stella<br />
nova (Praga, 1606) e che Caravaggio vi dipinge come l’avesse<br />
realmente scorto a scrutare il cielo, forse interprete<br />
delle suppliche di estradizione di Tommaso Campanella rivolte<br />
al vescovo di Caserta inquisitore Deodato Gentile ed al<br />
nunzio apostolico di Napoli nel 1606 Guglielmo Bastoni. Se<br />
è vero che Bellori avrà parlato di un ritratto di Giambattista<br />
Marino e di Caravaggio stesso ormai celebre nelle accademie<br />
del tempo, certo è che, differentemente da Martinez,<br />
la pagina belloriana appare un’ermeneutica del sonetto<br />
della “Galeria” dello stesso Marino, identificabile nel Suonatore<br />
di liuto (Hermitage, S. Pietroburgo), la cui celebrità<br />
avesse solleticato anche l’ambizione di Alof di Wignacourt,<br />
che a sua volta si fece ritrarre dal pittore. Che il dipinto<br />
immerga le opere di misericordia, connotandole ciascuna di<br />
materialità e immediatezza comunicativa fenomenali nella<br />
misericordia mariana è la ben nota sensibilità musicale del<br />
pittore ancora una volta a dirlo, poiché è proprio ad un coro<br />
d’angeli che quasi tutti i partecipanti si uniscono sulla strada,<br />
le labbra socchiuse alla profferta.<br />
Pero è l’inerte cassa armonica della voce celeste in cui Caravaggio<br />
amò ancora ritrarre Adriana Basile (fig.5, 5a,5b),<br />
primadonna degli oratori napoletani e, con il fratello Giambattista<br />
Basile, fedelissima di Giambattista Manso, lui stesso<br />
il cavaliere nei panni di Martino conclamato rappresentativo<br />
a stringere il sodalizio col pontefice. La cantante lirica<br />
fu ritratta anche da Bartolomeo Manfredi con il tamburello<br />
alla spagnola nei panni di Salomé (‘La Zingara’, in copia
passata nel 2006 alle aste Pandolfini, Firenze), dimostrando<br />
di aver attinto personalmente a Roma alla pratica caravaggesca<br />
del ritratto. Claudio Monteverdi, lombardo conterraneo<br />
del pittore, compose l’inno polifonico ‘Ave maris stella’<br />
nel concerto “Sanctissimae Virgini missa senis vocibus” che<br />
diede alle stampe a Venezia nel 1610 riadattato per musica<br />
da camera, nel frontespizio annotando l’editore come<br />
l’opera fosse “consacrata” al pontefice Paolo V. Nel tempio<br />
della Vergine Maria, l’orazione ascendeva all’armonia dalla<br />
sapienza musicale di Claudio Monteverdi, dalla memoria<br />
personale del pittore, che con Giuseppe Cesari D’Arpino,<br />
prima attratto nell’orbita borromaica, aveva dipinto in S.<br />
Lorenzo in Damaso a Roma (Karel Van Mander, “HetSchilderboek”,<br />
Amsterdam, 1604), nelle Sette Opere impersonando<br />
pittorescamente un assetato Sansone, almeno al pari di David<br />
un colosso della tendenza pauperistica dell'episodio del<br />
gigante Golia dipinto al tempo del cantiere D'Arpino di S.<br />
Lorenzo in Damaso avrà reso testimonianza anche Joachim<br />
von Sandrart.<br />
Quanto al S. Sebastiano a Rouen (“Caravaggio Napoli”, n.7<br />
cit., cm.134x175, Flagellazione e n.8, copia, collezione privata)<br />
il fatto che le torture inflitte nei quadri di Caravaggio<br />
fossero le più praticate pubblicamente nel suo secolo<br />
non smentisce l’iconografia belloriana del Santo (fig.6) resa<br />
nell’azione che lo conduce al martirio, nella cui scena, afflosciato<br />
in un angolo, spicca il mantello rosso del gigantesco<br />
centurione che, anche piegato dal flagello alla colonna,<br />
sovrasta nella statura i due aguzzini privo non solo di frecce,<br />
ma della corona di spine di Cristo sui capelli. L’accurata<br />
descrizione del documento pubblicato da Virgilio Saccà nel<br />
1906, oggi noto soltanto dalla sua trascrizione, dell’eseguito<br />
‘Cristo con la croce in spalla’ della committenza siciliana<br />
di Niccolò Di Giacomo, non escludeva potesse essere questa<br />
una delle quattro tele da questi commissionategli con storie<br />
della Passione di Cristo.<br />
Sebbene Bellori in realtà obbiettasse alla “Memoria” di Gaspare<br />
Celio scritta nel 1620, edita a Napoli nel 1638, che nel<br />
romano Palazzo Mattei ricordava laconicamente accomunate<br />
dal formato alcune tele: “Quelle della presa di Christo<br />
mezze figure. Quella de Emaus. Quella del Pastor friso ad<br />
olio, di Michelangelo da Caravaggio”, avanzando l’ambiguità<br />
iconografica della figura di S. Sebastiano “portata in<br />
Parigi”, ne lasciava indeterminata l’ultima vicenda collezionistica:<br />
‘un quadro di S. Bastiano di mano di Michelangelo<br />
da Caravaggio’ era registrato nel 1604 dall’inventario di<br />
Asdrubale Mattei.<br />
Presenti entrambe in mostra le tele di Salomé per lo più<br />
stimate due versioni dello stesso soggetto, il loro allestimento<br />
espositivo vi è stato separato da un tramezzo, diventando<br />
singolarmente rilevante il fatto che le dimensioni<br />
della squadrata tela d’imperatore del Palazzo Reale di<br />
Madrid (cm.116x140) siano approssimate a quelle del S.<br />
Girolamo di La Valletta (cm.117x157). L’altra della National<br />
Gallery di Londra (cm.92x106), apprezzabilmente più<br />
piccola, si mostra per essere osservata dal basso come un<br />
soprapporta, non necessariamente in rapporto alla collocazione<br />
del S. Girolamo della Cappella Italiana nella Cattedrale<br />
di S. Giovanni di Malta, dove questo quadro fu dipinto,<br />
ma più vicina al visitatore del Sacello, architettonicamente<br />
ultimato nel 1609. Nella Salomé di Madrid la prospettiva,<br />
che situava S. Girolamo quasi a figura intera al centro della<br />
tela, accalca le mezze figure ingigantite sul lato destro della<br />
tela vuota, che Howard Hibbard (Hibbard 1983, fig.170)<br />
lasciava interpretare molto restaurata se non lacunosa in<br />
parte, in realtà senza che vi fossero sviluppate le masse<br />
distanziate dei corpi nell’angolo di rotazione stabilito dalla<br />
diametrale del braccio del carnefice dell’altro dipinto che<br />
poteva esserle esemplare: il quadro di Madrid apparirebbe<br />
un ingrandimento sproporzionato in cui le figure ruotano su<br />
se stesse anche per essere visto all’interno di una sala o di<br />
una grandiosa navata, se davvero i due medesimi soggetti<br />
fossero confrontati l’uno vicino all’altro in uno stesso ambiente.<br />
La proiezione sferica del particolare dei riflessi di<br />
luce sull’ampolla di fiori del Ragazzo morso da un ramarro<br />
(National Gallery, Londra) dimostra che le sperimentazioni<br />
caravaggesche di fenomeni dell’ottica anticiparono tanto la<br />
pubblicazione del De Astronomia di Giovanni Keplero che<br />
del De Centro gravitatis di Luca Valerio (1604) e la “rondeur”<br />
che gli sarà attribuita da André Félibien ne coglierà<br />
la naturalezza formale della massa nella fisica moderna:<br />
la cavità è la misura dell’inerzia di un corpo e l’indice di<br />
oscillazione nella spazialità non solo dell’atmosfera leonardesca,<br />
ma di un frammento dell’universo osservabile in cui<br />
l’osservatore sia immerso nel centro di proiezione, centro<br />
geometrico di una sfera. Oltre a Jusepe Ribera (collezione<br />
privata, Sotheby’s, New York 2019), ne è conscio Battistello<br />
Caracciolo nella Salomé (Napoli, collezione privata) (fig.7)<br />
che è stata nuovamente presentata in mostra (“Caravaggio<br />
Napoli” catalogo n.14; scheda di Stefano Causa), con tutta<br />
l’evidenza del gesto del carnefice di sollevare la testa del<br />
Battista, attraverso decenni di suggestioni critiche dalla sua<br />
storia collezionistica, finalmente a confronto alla Salomé di<br />
Londra, a riprova che quest’ultimo dipinto di S. Giovanni<br />
Battista di Caravaggio fosse a Napoli nel 1610.<br />
End Note<br />
[1] Giovan Battista Della Porta, De Humana Physiognomia, Napoli 1601, p. 286.<br />
[2] Juan de Tassis y Peralta conte di Villamediana era camerario di Filippo<br />
III e suo ambasciatore in Inghilterra. Gaspare Murtola, che lo conobbe quale<br />
drammaturgo, lo dette già morto nel 1614, data della dedicatoria a Filippo<br />
Masio, Principe dell’Accademia degli Ordinati, nel Delle Pescatorie (Macerata,<br />
1618, 2a).<br />
[3] Iacomo Manilli, Villa Borghese Fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p.77:<br />
“Sopra la Porta, in faccia à quello del Pontefice vivente [n.d.r.: papa Innocenzo<br />
X], si vede il ritratto di Paulo Quinto, di mano di Michelagnolo da Carauaggio.”<br />
Abstract<br />
The article traces the history of the Seven Works of Mercy of the Neapolitan<br />
Pio Monte di Misericordia from the commissioning of Niccolò Radolovich to the<br />
seventeenth-century historical-iconographic panorama to the other Neapolitan<br />
and Sicilian works by Caravaggio in the same period.<br />
Parole Chiave<br />
Caravaggio; mostre; analisi storica; iconografia caravaggesca; pittura<br />
napoletana<br />
Autore<br />
Francesca Salvemini<br />
14 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />
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DOCUMENTAZIONE<br />
Metaverso Architettura e<br />
Territorio. L’esperienza del<br />
SicilyLab<strong>2022</strong> a Gioiosa Marea<br />
di Gaetano De Francesco, Michela Falcone<br />
"Sul retro segni impronunciabili che<br />
spiegano come contattarlo: un numero<br />
di telefono. Un codice di reperibilità<br />
universale via segreteria telefonica.<br />
Casella postale. Indirizzo in una<br />
mezza dozzina di reti di comunicazione<br />
elettroniche. Un recapito nel<br />
Metaverso. «Che nome stupido» dice<br />
lei, infilando il biglietto in uno degli<br />
innumerevoli taschini della tuta. «Ma<br />
non riuscirai a dimenticarlo» dice<br />
Hiro". (Neal Stephenson, Snow Crash,<br />
Milano, Shake editore, 1995, p. 26)<br />
Il Termine metaverso è impiegato per la prima volta nel<br />
1992 da N. Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow<br />
crash per indicare un mondo virtuale in 3D popolato<br />
di repliche umane digitali. Con esso oggi si definisce una<br />
zona di convergenza di spazi virtuali 3d, interattivi, localizzata<br />
nel cyberspazio e accessibile dagli utenti attraverso<br />
avatar.<br />
Nell’ottobre 2021, il termine ha avuto vasta risonanza<br />
mediatica, quando M. Zuckerberg ha mutato la denominazione<br />
dell’azienda di cui è fondatore, e che controlla<br />
i principali social network, in Meta Platforms, Inc., con<br />
logo il simbolo matematico dell’infinito, puntando tutto<br />
sul metaverso.<br />
Società finanziarie, intermediarie e istituti bancari si<br />
stanno attrezzando per essere in questa realtà alternativa,<br />
in questo metamondo, consapevoli che micropagamenti<br />
e criptovalute lo domineranno.<br />
Gli ambienti virtuali rappresentano da decenni strumenti<br />
quotidiani per chi si occupa di spazialità. La tridimensionalità<br />
è strumento conoscitivo di uno spazio esistente. Laser<br />
scanning e fotogrammetria permettono di rilevare e<br />
conoscere nel dettaglio manufatti esistenti e ampie aree<br />
territoriali; è strumento progettuale: attraverso software<br />
quali Rhinoceros, Maya, 3ds Max, Blender, Cinema 4d designer<br />
di tutto il mondo sviluppano modelli tridimensionali<br />
che guidano le scelte strutturali, architettoniche, impiantistiche,<br />
quelle urbane e paesaggistiche; è strumento<br />
rappresentativo: rendering e animazioni permettono di<br />
visualizzare l’oggetto progettato e comunicare idee preliminari,<br />
progetti definitivi ed esecutivi; è strumento per<br />
la prototipazione e la gestione di manufatti durante il<br />
loro ciclo di vita e successivamente ad esso; è strumento<br />
speculativo: il processo di ricerca di nuove configuarazioni<br />
spaziali passa per un modello 3d.<br />
Ma cosa accade se la tridimensionalità entra nel cyber<br />
spazio. Cosa accade se la tridimensionalità diventa un<br />
mondo accessibile agli utenti del web? Beh allora le possibilità<br />
si moltiplicano.<br />
Nel <strong>2022</strong> il SicilyLab, al quale chi scrive ha partecipato,<br />
si è interrogato sui possibili rapporti del metaverso con<br />
il progetto architettonico, paesaggistico e urbano e ne<br />
ha sperimentato le potenzialità attraverso il progetto<br />
site specific MetaTono nella piccola cittadina siciliana di<br />
Gioiosa Marea.<br />
Questo breve saggio racconta l’intera esperienza.<br />
nITro e il SicilyLab<br />
nITro è l’acronimo di New Information Technology Research<br />
Office ed è un collettivo di architetti formatisi<br />
attorno al professor Antonino Saggio che ha operato dal<br />
2003 con l’obiettivo di interrogarsi sull’impatto della<br />
rivoluzione informatica in architettura e che ha visto il<br />
16 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />
susseguirsi di diverse formazioni nel tempo.<br />
Una delle attività del gruppo nITro è il Sicily Lab. Ogni<br />
estate i membri che hanno fatto parte del collettivo si<br />
riuniscono a Gioiosa Marea, dove nelle residenze Saggio,<br />
luogo dedicato ad eventi legati al tema dell’architettura,<br />
all’incontro e al dibattito, prende vita la dieci giorni del<br />
SicilyLab.<br />
Il SicilyLab è un momento di riflessione, di ricerca e sperimentazione<br />
che coinvolge i “nitrini” e membri esterni<br />
- quali artisti, esponenti del mondo accademico, università<br />
straniere, importanti studi di architettura e persone<br />
del luogo – e che si configura come un laboratorio durante<br />
il quale, a valle di una programmazione avvenuta<br />
nei mesi precedenti, si elaborano e finalizzano proposte<br />
progettuali per il contesto siciliano, si costruiscono installazioni<br />
temporanee, si testano soluzioni tecnologiche,<br />
si prova, si fallisce, si riprova, si elaborano strategie per<br />
far fronte a una “crisi”. Al contempo si vive insieme,<br />
come all’interno di una grande nave, in cui ogni membro<br />
dell’equipaggio lavora per un obiettivo comune.<br />
Partire dalla Crisi<br />
“Confidate nel nuovo, nella modernità rischiosa, nella<br />
modernità che fa della crisi un valore”. Cosi’ Bruno Zevi<br />
esordiva di fronte agli studenti universitari. Questa frase<br />
contiene la spinta che motiva ogni anno i partecipanti al<br />
SicilyLab e che viene applicata come metodologia progettuale.<br />
Per ogni progetto infatti si parte da una problematica,<br />
una crisi. Saggio e i suoi allievi sono convinti che<br />
oggi il compito del design e dell’architettura sia quello<br />
di affronare le grandi crisi contemporanee - come quella<br />
ad esempio dei cambiamenti climatici - e trasformarle in<br />
una risorsa per il territorio e le comunità che lo abitano.<br />
L’emergenza idrica, i fenomeni erosivi della costa e quelli<br />
franosi dei versanti, la separazione operata dalla ferrovia<br />
tra il waterfront e il tessuto cittadino, le cesure causate<br />
da torrenti e fiumare, gli scarti dell’industria ceramica, il<br />
degrado dello spazio pubblico, i vuoti urbani abbandonati<br />
e le brown areas dismesse, il non-finito, la mancata manutenzione<br />
e pulizia dei corsi d’acqua: queste sono solo<br />
alcune delle crisi che il SicilyLab ha tentato di affrontare<br />
a partire dal 2007 attraverso l’elaborazione di scenari architettonici,<br />
urbani e paesaggistici non convenzionali e<br />
design creativo.<br />
Il <strong>2022</strong> è l’anno della Grotta del Tono di Gioiosa Marea e<br />
della limitata conoscenza da parte della comunità locale<br />
e dei turisti di questo spazio caveale di notevole interesse<br />
geologico e antropologico.<br />
Tutto è iniziato a Roma nei mesi precedenti al SicilyLab,<br />
dove nello studio del professor Saggio si stava lavorando<br />
al nuovo numero del webmagazine OnnOff dal titolo “Underground”.<br />
Durante una sessione preparatoria torna alla<br />
mente il vecchio sito caveale su cui mai il SicilyLab ha<br />
lavorato: l’affascinante grotta, sconosciuta ai più e non<br />
molto valorizzata è immediatamente apparsa come una<br />
risorsa potenziale da valorizzare.<br />
La grotta<br />
La Grotta del Tono è un importante sito geologico adiacente<br />
la ferrovia che lambisce la piccola cittadina e che<br />
collega il versante ovest siciliano. Si trova a circa 10 metri<br />
sul livello del mare e conta 200 metri quadrati di cavità<br />
intercomunicanti che culminano in tre “aule” maggiori e<br />
che vantano la presenza di numerose stalattiti e stalagmiti.<br />
I cunicoli hanno una sezione variabile e presentano<br />
diverse stratigrafie e sedimi: la parte che in passato comunicava<br />
direttamente con il mare si contraddistingue<br />
Fig. 1 – installazione MetaTono, Gioiosa Marea – foto di Alessandra Antonini.<br />
per un terreno sabbioso e una quota più bassa rispetto<br />
alla zona d’ingresso. Le foto di Alessandra Antonini, qui<br />
pubblicate, ne fanno comprendere la bellezza.<br />
Le campagne esplorative degli anni Ottanta, a cura della<br />
Soprintendenza di Messina, hanno portato alla luce testimonianze<br />
di età preistorica relative ai culti di Diana,<br />
Piano Conte e Piano Quartara, oggi conservati al Museo<br />
Paolo Orsi di Siracusa. La Grotta era probabilmente<br />
abitata fin dalle epoche preistoriche e rappresenta una<br />
testimonianza dei primi rapporti sociali, come mostrano<br />
i reperti riconducibili all’età del Rame rinvenuti al suo<br />
interno.<br />
Non è chiara l’origine del toponimo. Probabilmente deriva<br />
dagli effetti sonori che il vento o lo sciabordio dell’acqua<br />
produceva nelle cavità, come ipotizzato dalla Dott.ssa Ari-<br />
Fig. 2, 3, 4 - modello 3d della grotta Tono.
Una tenda-portale, da realizzare esclusivamente<br />
con materiali di riciclo, sarà posizionato<br />
sul belvedere al di sopra della<br />
grotta e delimiterà l’area operativa nel quale<br />
l’utente indosserà il visore e avrà accesso<br />
all’esperienza di virtual reality.<br />
Dopo l’esperienza virtuale gli utenti, curiosi<br />
di raffrontare il mondo virtuale con lo spazio<br />
fisico della grotta, discenderanno nel sito di<br />
cava e scopriranno la ricchezza dei suoi spazi,<br />
arricchiti per l’occasione con oggetti plastici<br />
che sottolineano le stupefacenti articolazioni<br />
rocciose e proiettano le forme filiformi sulle<br />
volte naturali.<br />
La realtà virtuale diventa così strumento per<br />
la riscoperta di una risorsa sommersa.<br />
Fig. 5, 6, 7 – installazione MetaTono: la tenda e il visore – foto di Alessandra Antonini.<br />
anna Giardina Papa, archeologa ed etnoantropologa esperta<br />
del territorio, che ha fatto da consulente al gruppo durante<br />
le fasi preparatorie del workshop.<br />
Nonostante la ricchezza di questo sito, nonostante la sua<br />
posizione strategica limitrofa alla stazione ferroviaria, nonostante<br />
la facile accessibilità, la grotta rimane quasi completamente<br />
sconosciuta. Alla mancata conoscenza per alcuni,<br />
si affianca inoltre la paura di entrare per altri. “Mi<br />
scanto a entrare”, così il siciliano comunica la propria paura<br />
ad entrare nella grotta.<br />
Il progetto Meta Tono<br />
Proprio la mancanza di conoscenza da parte delle persone<br />
per la grotta è la scintilla che dà il via al progetto installativo<br />
di 48 ore e che spinge il gruppo ad immaginare una<br />
strategia per portare nuovamente la comunità dentro le<br />
cavità durante l’evento.<br />
Il progetto lavora su una dimensione fisica e una virtuale.<br />
La domanda che i progettisti si pongono è come utilizzare<br />
una tecnologia digitale per abbattere barriere, siano esse<br />
fisiche, psicologiche o culturali. Ciò che viene immaginato è<br />
un gemello virtuale della grotta, un’entità che può esistere<br />
nel Metaverso – da qui il nickname Meta-Tono – ed essere<br />
accessibile in un modo nuovo. Il progetto prevede la realizzazione<br />
di un ambiente virtuale immersivo che ricostruisca<br />
in maniera semplificata la grotta e nel quale l’utente sia in<br />
grado di navigare attraverso la tecnologia Oculus. La realtà<br />
virtuale sarà utilizzata per attrarre l’utente e incuriosirlo<br />
sulla cavità sotterranea.<br />
3D Modelling, Mapping e VR Immersive Experience<br />
La prima fase del progetto ha previsto un rilievo<br />
di massima della grotta e la restituzione<br />
digitale degli spazi sotterranei. Non sono<br />
stati utilizzati tecnologie laser scanner e fotogrammetrie<br />
digitali in quanto fin dal principio<br />
si è optato per una rappresentazione<br />
semplificata dello spazio geometrico della<br />
grotta al fine di non svelare fin da subito la sua ricchezza<br />
morfologica.<br />
La modellazione tridimensionale è avvenuta in un primo<br />
momento in ambiente Rhinoceros, dove è stata costruita la<br />
geometria NURBS e poi è stata finalizzata in Blender dove è<br />
avvenuta la conversione della geometria NURBS in mesh e il<br />
texture mapping. L’esperienza di realtà virtuale immersiva<br />
per la tecnologia Oculus, visore ad alta definizione, è stata<br />
realizzata grazie a Unity, un motore grafico multipiattaforma<br />
che partendo da un modello, restituisce un ambiente<br />
digitale in tempo reale.<br />
Una volta indossato il visore, l’utente si immerge così in<br />
una realtà simulata, semplificata, che lo avvolge completamente<br />
e che maschera la percezione del mondo reale circostante.<br />
All’interno della grotta virtuale può esplorare i<br />
diversi spazi che la compongono, ascoltare rumori, suoni,<br />
fruscii.<br />
La tenda “nomade”<br />
Il progetto ha previsto la realizzazione di un elemento fisico<br />
succitato, amichevolmente chiamato la “tenda nomade”,<br />
posizionata nel belvedere antistante via Giulio Forzano,<br />
soprastante la grotta, perfettamente in asse verticale con<br />
essa. Tale elemento ha un duplice obiettivo. Da una parte<br />
funziona da casa-base per l’utente che può prepararsi<br />
all’esperienza virtuale indossando il visore in uno spazio delimitato<br />
e riparato dal sole estivo; dall’altro segna il punto<br />
Fig. 8, 9, 10 - Installazione MetaTono: l’interno della grotta con installazioni temporanee – foto di Alessandra Antonini.<br />
18 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />
esatto sulla piazzetta al di sotto del quale si trova la grotta.<br />
La tenda è al contempo parasole, landmark che denuncia<br />
una presenza sommersa e simbolicamente portale di accesso<br />
all’esperienza virtuale.<br />
La struttura è realizzata con rami di palma derivanti dalla<br />
potatura del giardino del SicilyLab e annodati tra loro in<br />
moduli triangolari e ricoperti con morbidi tendaggi di recupero.<br />
La sua durata è strettamente legata all’evento – hic<br />
et nunc – e come tante altre installazioni del gruppo Nitro,<br />
si dissolve dopo 48 ore.<br />
L’allestimento nella grotta<br />
Dopo l’esperienza virtuale le persone raggiungono fina -<br />
mente la grotta. All’interno della grotta sono collocate<br />
alcune delle installazioni create durante il SicilyLab negli<br />
anni precedenti al <strong>2022</strong>. Sono tensostrutture filiformi e<br />
aggregazioni modulari plastiche, strutture tensegrity colorate<br />
che per l’occasione diventano oggetti artistici usati<br />
per allestire lo spazio che appare così come un contesto<br />
completamente nuovo. Le opere sono una punteggiatura<br />
all’interno della grotta, oggetti a reazione poetica che fanno<br />
accrescere curiosità e creano suggestioni nel visitatore.<br />
L’arte come elemento qualific nte dello spazio pubblico e<br />
delle risorse esistenti rappresenta una strategia non certo<br />
nuova. Sono molteplici le esperienze che si potrebbero citare.<br />
In Sicilia non si può non ricordare l’importante lavoro<br />
di Antonio Presti, con il quale da anni il SicilyLab intesse un<br />
rapporto di scambio e dal quale sono derivati preziosi suggerimenti<br />
sul processo allestitivo della grotta.<br />
Antonio Presti con la sua associazione culturale “Fiumara<br />
d’Arte” sponsorizza e promuove l’arte in Sicilia da anni. Una<br />
delle opere di riferimento per MetaTono è stata “La stanza<br />
di barca d’oro” dell’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa,<br />
custodita in un vano ipogeo appositamente creato per essere<br />
sigillato per la durata di cento anni, così da sottolineare<br />
il potere evocativo della memoria, l’unico mezzo con<br />
cui l’opera può essere vissuta.<br />
L’eterna lotta tra reale e virtuale<br />
Nel 1999 esce il film di fantascienza “The Matrix” (The Wachowskis,<br />
The Matrix, Warner Bros. 1999), in cui il protagonista<br />
si trova di fronte alla distopica scoperta che la realtà<br />
come la vediamo non esiste ma è una proiezione digitale di<br />
un mondo virtuale. Durante lo svolgersi del film si assiste<br />
allo struggimento del protagonista anti-eroe che cerca di<br />
capire la differenza tra cosa è reale e cosa non lo è, che<br />
lotta per sfuggire al mondo virtuale, vera e propria nemesi,<br />
che lo insegue e lo confonde. L’uno sembra il contrario<br />
dell’altro, verità contro menzogna.<br />
Oggi il digitale pervade le molteplici propaggini della nostra<br />
vita. Tutto è a portata di click, tutto o quasi è regolabile da<br />
un touch screen. Siamo ancora in grado di sostenere e delineare<br />
la differenza tra ciò che è virtuale e ciò che è reale? Ma<br />
soprattutto ha senso tirare una linea netta, demarcatrice<br />
tra i due mondi?<br />
I partecipanti al SicilyLab 2023 si sono interrogati su questa<br />
domanda e hanno osservato le reazioni provocate dalla installazione<br />
a Gioiosa Marea: la possibilità di esplorare un<br />
spazio attraverso un modello digitale ha suscitato reazioni<br />
di scetticismo e di curiosità. Nessuno è rimasto indifferente:<br />
gli scettici si sono ricreduti, i paurosi si sono rassicurati,<br />
gli entusiasti si sono divertiti. Di sicuro il modello digitale<br />
ha agito da facilitatore superando delle barriere fisiche e<br />
psicologiche in modo semplice.<br />
Gli utenti fortemente incuriositi nel voler raffrontare la<br />
grotta virtuale con quella reale si sono recati nella Grotta<br />
del Tono apprezzandone la ricchezza morfologica. Per alcuni<br />
era la prima volta, altri mancavano da quando erano<br />
bambini e nell’entrare hanno rivissuto ricordi di giochi e<br />
scorribande.<br />
Non è un caso che il termine “realtà virtuale” sia diventato<br />
di uso comune: una definizione che nel mondo di The Matrix<br />
sarebbe stata un ossimoro, oggi ci aiuta ad esplorare lo<br />
spazio in un modo differente.<br />
Tuttavia le qualità spaziali della grotta e l’alta capacità di<br />
stimolare tutti e cinque i sensi, rendono il “mondo reale”<br />
molto più potente rispetto al gemello virtuale.<br />
Finché i modelli digitali del metaverso continueranno a ricalcare<br />
le stesse regole del mondo reale, e sottostare alle<br />
leggi della fisica, sarà difficile produrre scenari più accattivanti<br />
di quelli unici come la grotta Tono. Nella grotta si<br />
è avvolti da un silenzio quasi religioso, l’udito si acuisce e<br />
la vista si adatta alla penombra, qualità molto difficili da<br />
ricreare tramite un software.<br />
CREDITI<br />
SICILYLAB <strong>2022</strong> - Antonino Saggio, Alessandra Antonini, Gaetano De Francesco,<br />
Michela Falcone, Arianna Giardina, Valerio Perna<br />
PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE - Alessandra Antonini, Gaetano De Francesco,<br />
Michela Falcone, Antonino Saggio<br />
MODELLO 3D, Gaetano De Francesco, Michela Falcone<br />
SITO WEB E INTERATTIVITÀ - Valerio Perna<br />
Innovation Factory Lab - Polis University<br />
CONSULENZA ANTROARCHEOLOGICA - Arianna Giardina<br />
COORDINAMENTO - Antonino Saggio<br />
FOTO - Alessandra Antonini<br />
Riferimenti Bibliografici di Progetto<br />
Paola Guarini, <strong>2022</strong>, I siti di cava come opera aperta, tra memoria storica e nuovi<br />
usi, “L’industria delle costruzioni” n. 487, settembre-ottobre <strong>2022</strong>, pp. 120-124<br />
Hans Biedermann, 1991, Enciclopedia dei Simboli, Garzanti, Cernusco s. N.<br />
Note di Chiusura<br />
1 Cfr. Enciclopedia Treccani<br />
2 Cfr. B. Sim, La finanza nel Metaverso, nuovo fronte per i regolatori, Il Sole 24<br />
Ore, 8 Ottobre <strong>2022</strong>, N. 277 pag. 5.<br />
3 Si rimanda al sito web http://nitrosaggio.altervista.org per una vasta selezione<br />
del lavoro del gruppo nITro.<br />
4 Si rimanda al sito web http://nitrosaggio.altervista.org/sicily-lab/ per una<br />
vsta selezione degli esiti del SicilyLab.<br />
5 Confronta Bruno Zevi, Zevi su Zevi, Marsilio Editori, 1993.<br />
6 Si rimanda alla pubblicazione ANTONINO SAGGIO, MARCELLA DEL SIGNORE,<br />
Sicily Lab – TSA Rome Program 2010, Lulu editore, Settembre 2011<br />
7 Cfr https://onnoffmagazine.com/<strong>2022</strong>/07/19/underground-lavorare-sullassenza/<br />
8 Per ulteriori informazioni si rimanda a: GABRIELLA TIGANO, PIERO COPPOLI-<br />
NO, MARIA CLARA MARTINELLI, Gioiosa Guardia. L’antiquarium e il sito archeologico.<br />
Ediz. Illustrata, Rubbettino, 2008<br />
9 Si rimanda al sito: http://www.ateliersulmare.com/en/fiumara_en/storia_<br />
fiumara_en.html per una vasta selezione del lavoro del lavoro d Antonio Presti<br />
10 Si rimanda al sito: https://www.ateliersulmare.com/it/fiumara/opere<br />
barca-oro.html<br />
Abstract<br />
The project works on a physical and a virtual dimension. The question designers<br />
are asking is how to use digital technology to break down barriers, be<br />
they physical, psychological or cultural. What is imagined is a virtual twin<br />
of the cave, an entity that can exist in the Metaverse – hence the nickname<br />
Meta-Tone – and be accessible in a new way. The project involves the creation<br />
of an immersive virtual environment that reconstructs the cave in a simplifie<br />
way and in which the user is able to navigate through Oculus technology. Virtual<br />
reality will be used to attract the user and make him curious about the<br />
underground cavity.<br />
Parole Chiave<br />
Metaverso; architettura; tecnologie; territorio<br />
Autore<br />
Gaetano De Francesco, Architetto PhD, gaetano.defrancesco@uniroma1.it<br />
Assegnista di Ricerca - Dipartimento di Architettura e Progetto Università degli Studi<br />
di Roma “La Sapienza” Fondatore DFR Architecture<br />
Michela Falcone, michela.falcone@aaschool.ac.uk<br />
Architetto - Senior Lecturer - Architectural Association London
MUSEI<br />
That’s Opera un Nuovo<br />
Progetto Artistico<br />
e Multimediale<br />
di Maddalena Camera<br />
L’opera lirica è la forma d’arte performativa<br />
più multidisciplinare e<br />
multimediale, perché è il prodotto<br />
di una pluralità di generi artistici.<br />
Tuttavia, nel tempo, il pubblico<br />
della lirica in Italia è diventato<br />
sempre più di nicchia: il grande<br />
pubblico non va all’Opera perché la<br />
ritiene un’arte elitaria, chiusa nei<br />
propri linguaggi e in una tradizione<br />
immutabile. D’altra parte, nella<br />
sola Lombardia, sono presenti da<br />
decenni molte realtà d’eccellenza<br />
nel panorama internazionale del<br />
teatro d’opera: oltre al Teatro alla<br />
Scala, il brand OperaLombardia<br />
raggruppa in un unico cartellone<br />
operistico i cinque teatri di tradizione<br />
nella regione: il Donizetti<br />
di Bergamo, il Grande di Brescia,<br />
il Sociale di Como, il Ponchielli di<br />
Cremona e il Fraschini di Pavia, ai<br />
quali si aggiunge il Teatro Scientifico<br />
Bibiena di Mantova che, pur non<br />
facendo parte del circuito, è un<br />
capolavoro indiscusso dell’architettura<br />
teatrale e si inserisce a pieno<br />
titolo nella forte identità musicale<br />
della città.<br />
Fig. 1 - Il making-of: la creazione delle scenografie.<br />
Aedo ha immaginato e realizzato insieme a OperaLombardia il<br />
progetto “That’s Opera!”, un progetto itinerante multimediale e<br />
spettacolare per cambiare la narrazione del mondo dell’opera e<br />
con l’obiettivo di portare nuovo pubblico - soprattutto i più giovani – sia<br />
a conoscere e ad abitarne gli edifici, sia ad avvicinarsi all’ascolto della<br />
lirica attraverso un’inedita modalità. Grazie alla costruzione di ambienti<br />
sensibili dal carattere immersivo, multisensoriale e interattivo<br />
si racconta la complessità del mondo dell’opera, soprattutto di quella<br />
parte che non si vede e che consiste nel creare e provare lo spettacolo<br />
(backstage e making of dell’opera lirica). Quello che si vede in palcoscenico<br />
è solo la punta emergente dello spettacolo, la sua indispensabile<br />
e magica conclusione. La missione principale di Aedo consiste nella<br />
valorizzazione dei luoghi di cultura che, insieme alla sperimentazione<br />
di nuove forme e alla loro accessibilità, consente di catturare e raccontare<br />
l’incanto e i segreti di una forma d’arte come la lirica. Tra le<br />
peculiarità dell’intervento, infatti, spicca la capacità di Aedo, costruita<br />
nel tempo, di usare tecniche narrative, strumenti e linguaggi artistici,<br />
tecnologici e scientifici contemporanei, per trasmettere contenuti culturali,<br />
renderli sempre più universalmente accessibili e riavvicinarli al<br />
pubblico con la sorpresa dell’inedito.<br />
20 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 21<br />
Fig.2 - I mestieri del teatro. La scenografia studia gli oggetti di scena.<br />
Fig. 3 - I mestieri del teatro. La sartoria realizza i costumi di scena.<br />
La sfida del progetto That’s Opera! è stata dunque l’acquisizione<br />
e la post-produzione dei materiali e dei contenuti<br />
necessari a creare successivamente un grande ambiente<br />
sensibile itinerante, immersivo e interattivo, che trasfigura<br />
l’intero spazio del teatro rendendolo un luogo di narrazione<br />
e di partecipazione predisposto per un’esperienza multisensoriale<br />
a 360°.Ogni spazio dell’edificio prende vita e<br />
diventa una breccia spazio-temporale in cui entrare dal vivo<br />
nella complessa macchina scenica di uno spettacolo lirico.<br />
Il regista e il direttore d’orchestra, i cantanti, il coro, i musicisti<br />
con i loro strumenti, lo scenografo, il costumista, il<br />
light designer, i tecnici e i macchinisti, il direttore artistico<br />
e il suggeritore, i sarti e i truccatori, il pubblico, infine,<br />
sono tutti protagonisti di questa esperienza teatrale multimediale.<br />
Negli spazi del teatro, ciascuno di loro mette in<br />
scena un racconto fatto di gesti, movimenti, suoni, arpeggi,<br />
parole e vocalizzi, che interagiscono tra loro e con il pubblico.<br />
Ogni personaggio appare proiettato entro superfici e solidi<br />
dalle forme pure, e prende vita grazie ad un sistema di<br />
sensori al passaggio del visitatore. Grazie al coordinamento<br />
tra i volumi fisici dell’allestimento, le proiezioni effimere<br />
dei personaggi e un’accurata scelta dei commenti musicali,<br />
ogni volta si genera un’improvvisazione legata alla presenza<br />
del pubblico e perciò sempre mutevole.<br />
Tutta la natura tecnologica del progetto parte dalla produzione<br />
dei diversi contenuti, audio e video acquisiti in occasione<br />
della messa in scena dell’Orfeo di Claudio Monteverdi<br />
al teatro Ponchielli di Cremona nel 2017, nell’ambito della<br />
celebrazione dei 450 anni dalla nascita del compositore. Il<br />
lavoro più complesso sui contenuti video è stato realizzare<br />
le riprese dal vivo all’interno di set non convenzionali. Le<br />
tecniche di ripresa non dovevano interferire con il lavoro<br />
del personale tecnico del teatro, ma era necessario sfruttare<br />
gli ambienti dove si svolgono i mestieri, i movimenti e le<br />
attività, assecondando tempi e disponibilità delle persone<br />
coinvolte. Le attrezzature di Aedo sono state portate negli<br />
spazi deputati quando vi si svolgeva l’azione, che non poteva<br />
essere ripetuta a richiesta, ma spesso la sfida era quella<br />
del “buona la prima”. Green screen con strutture autoportanti<br />
costruite ad hoc, videocamere professionali, set di luci<br />
da studio fotografico, microfoni professionali da registrazione,<br />
pc con software di post produzione live dei contenuti
Fig. 4 - Materiali per gli ambienti immersivi. Tecnici e maestranze raccontano il loro lavoro.<br />
per il controllo in diretta sono stati usati nelle sessioni di<br />
registrazione, che hanno catturato i momenti dell’attività di<br />
tutte le figure professionali coinvolte contemporaneamente<br />
nella messa in scena dell’Orfeo. Le medesime tecniche di<br />
ripresa e di post produzione sono state utilizzate per riprendere<br />
costumi e oggetti di scena e animarli con il supporto di<br />
software e hardware progettati ad hoc.<br />
Lo scopo di questa parte del lavoro è rendere visibile, mostrandone<br />
anche i minimi dettagli, il valore artistico dei<br />
prodotti di alto artigianato al servizio della rappresentazione.<br />
Un’operazione ancora più complessa dal punto di vista<br />
tecnico è stata la ripresa di ciascun elemento del complesso<br />
vocale e strumentale coinvolto nell'opera. Le voci dei cantanti<br />
e i singoli strumenti dell’orchestra sono stati separatamente<br />
registrati. Ognuna delle registrazioni consisteva<br />
nell’esecuzione di cadenze (assoli strumentali o vocali che<br />
in epoca barocca si effettuavano nei punti di fermata di<br />
un brano e che mettevano in luce le qualità virtuosistiche<br />
Fig. 5 - Le immagini a grandezza naturale dei musicisti si animano al passaggio dei visitatori.<br />
22 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 23<br />
dell’esecutore) scritte nello stesso<br />
ambito tonale per ogni voce e per ogni<br />
strumento, sfruttandone le peculiarità<br />
timbriche e organologiche. Questa<br />
parte delle riprese ha portato alla<br />
collaborazione e al coinvolgimento<br />
di professionalità tecniche del mondo<br />
musicale (maestri ed esecutori di<br />
conservatori e ensemble professionali<br />
come il Conservatorio “Giuseppe Nicolini”<br />
di Piacenza e il Coro “Costanzo<br />
Porta” di Cremona): un’operazione<br />
al servizio di un risultato tecnologico<br />
indissolubilmente legato alla presenza<br />
intermittente del pubblico. Le immagini<br />
e i suoni così registrati prendono<br />
vita al passaggio dei visitatori secondo<br />
una sequenza ogni volta diversa e non<br />
prevedibile. L’effetto finale di questo<br />
complesso lavoro di armonizzazione<br />
è quello di una polifonia che risulta<br />
dalla sovrapposizione delle melodie<br />
delle diverse cadenze e che dà origine<br />
a un tessuto sonoro sempre eufonico<br />
e coerente. Si realizza così la suggestione<br />
di un’esecuzione dal vivo anche<br />
all’interno di un prodotto multimediale<br />
progettato in precedenza nei<br />
minimi dettagli e sfumature sonore.<br />
L’enfatizzazione del singolo contenuto<br />
musicale all’avvicinarsi del visitatore<br />
produce quell’effetto di empatia tra<br />
esecutore e spettatore che è tipico<br />
delle performance live.<br />
That’s Opera è pronto a entrare in<br />
scena. I contenuti multimediali creati<br />
e conservati da Aedo sono predisposti<br />
per trovare collocazione in un ambiente<br />
immersivo multimediale modulare,<br />
progettato ad hoc per adattarsi<br />
alle diverse tipologie edilizie dei teatri lirici stessi. Un<br />
complesso sistema di tecnologie hardware (proiettori da<br />
retroproiezione, soundshower e casse con steli autoportanti,<br />
mixer e player, sensori di posizione) e di strutture<br />
autoportanti con fondo nero è stato pensato per dar vita<br />
a un’installazione itinerante e a un’esperienza culturale,<br />
replicabile allo stesso modo dell’allestimento di un’opera<br />
lirica. Si comincia dal foyer, dove si sviluppa il tema<br />
dell’opera nella vita di tutti i giorni con la proiezione di<br />
sequenze di film in cui gli attori cantano celebri arie d’opera<br />
nel ruolo di persone comuni. Nei corridoi di accesso<br />
alla platea lo spettatore si immerge nella penombra del<br />
teatro che si prepara allo spettacolo, ascoltando i suoni<br />
del making-of dell’opera. Dalla platea si ha la visione del<br />
palcoscenico, che accoglie la parte principale dell’allestimento<br />
immersivo: qui il pubblico incontra musicisti e<br />
cantanti virtuali che si animano davanti a loro, a grandezza<br />
naturale, con un effetto simile a un ologramma. Negli<br />
spazi di servizio dei laboratori e dei camerini l’ambiente<br />
immersivo racconta il lavoro dello scenografo, della sartoria<br />
teatrale e della costruzione delle scene, dal bozzetto<br />
all’oggetto finito. Nell’ambiente destinato al trucco<br />
si assiste alla trasformazione dell’artista nel personaggio<br />
dell’opera. Attraverso sperimentazioni come questa Aedo<br />
collabora con le istituzioni culturali a progetti di innovazione,<br />
accessibilità e partecipazione culturale.<br />
Fig. 6 - Sul palcoscenico: il coro.<br />
Abstract<br />
Together with OperaLombardia, Aedo imagined and created the “That's Opera!”<br />
project, a multimedia and spectacular traveling project to change the<br />
narration of the world of opera and with the aim of bringing new audiences<br />
- especially the younger ones - both to get to know and to inhabit their buildings,<br />
and to approach listening to opera in an unprecedented way. Thanks to<br />
the construction of sensitive environments with an immersive, multisensory<br />
and interactive character, the complexity of the world of opera is told, especially<br />
that part that is not seen and which consists in creating and rehearsing<br />
the show (backstage and making of opera). What you see on stage is only<br />
the emerging tip of the show, its indispensable and magical conclusion. Aedo's<br />
main mission consists in enhancing places of culture which, together with the<br />
experimentation of new forms and their accessibility, makes it possible to capture<br />
and tell the charm and secrets of an art form such as opera. Among the<br />
peculiarities of the intervention, in fact, the ability of Aedo, built over time,<br />
to use narrative techniques, contemporary artistic, technological and scientific<br />
tools and languages stands out, to transmit cultural contents, make them<br />
increasingly universally accessible and bring them closer to the public with a<br />
surprise of the unreleased.<br />
Parole Chiave<br />
Opera lirica; valorizzazione; luoghi della cultura; immersività;<br />
multisensorilaità; accessibilità<br />
Autore<br />
Maddalena Camera<br />
maddalena@aedolab.com<br />
Aedo Lab<br />
https://www.aedolab.com/chi-siamo/
GUEST PAPER<br />
Could Egeria have seen the “Parthenion”<br />
sea from the Top of Mount Sinai?<br />
The <strong>Landscape</strong> <strong>Visibility</strong> from the<br />
Top of Mount Sinai climbed by Egeria<br />
by Fabio Crosilla<br />
A "viewshed analysis", applied to the<br />
raster Digital Elevation Model available<br />
from the US National Aeronautics<br />
and Space Administration (NASA) of<br />
the Sinai Peninsula, allowed to verify<br />
that Egeria, the IV century AD Spanish<br />
pilgrim, climbed Gebel Musa when<br />
she reached the top of Mount Sinai.<br />
Fig. 1 - Viewshed analysis from the top of Gebel Musa. Some free visibility<br />
directions are available (in red). These agree with what reported by Egeria in<br />
her book, apart for the Parthenion Sea (Mediterranean).<br />
At the meeting organized in Novara (Italy) by the Nuova<br />
Regaldi, on September 22nd <strong>2022</strong>, entitled “Emmanuel<br />
Anati’s exodus proposal according to the<br />
publication of the Ennateuch in the holy language of Jerusalem<br />
Sanctuary”, during my presentation I mentioned the<br />
book “Diary of a Pilgrimage”, by the IV century AD Spanish<br />
pilgrim Egeria. In this book, she describes, with wealth of<br />
details, her climb to the top of Mount Sinai.<br />
In the subsequent discussion session, two hypotheses were<br />
raised about the location of Mount Sinai climbed by Egeria:<br />
Gebel Musa, in the South of the Sinai Peninsula and Har<br />
Karkom, in the Negev desert, proposed some decades ago<br />
by Emmanuel Anati.<br />
In the following, considering the description offered by<br />
Egeria about the landscape visibility from the top of mount<br />
Sinai, an objective comparison on the two hypotheses (Gebel<br />
Musa and Har Karkom) will be carried out, so to define<br />
in a scientific way, the most probable location of the Mount<br />
Sinai described by the Spanish pilgrim.<br />
ANALYSIS OF VISIBILITY FROM THE TOP OF MOUNT SINAI<br />
AS REPORTED BY EGERIA<br />
Egeria writes in her book that: “Egypt, Palestine, the Red<br />
Sea and the Parthenion Sea, that extends as far as Alexandria,<br />
and even the immense territory of the Saracenes:<br />
from up there we saw them so far below us, we could hardly<br />
believe it. And all these places, the Saints pointed out<br />
to us one by one”.<br />
As is well known, the (pseudo) spherical earth shape limits<br />
the earth surface visibility within a certain distance that depends<br />
on the terrestrial curvature ray, the observer height<br />
over the sea surface and the air refraction conditions.<br />
24 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
25<br />
In topographic surveying, a simple formula (referred to the<br />
so called “lighthouse problem”) allows us to calculate with<br />
enough approximation the maximum visibility distance at<br />
the sea surface level given the terrestrial curvature ray,<br />
the observer height and the atmospheric refraction parameter.<br />
With a simple extension of the formula, it is also possible<br />
to compute the maximum visibility distance between<br />
two points at different height over the sea level, because<br />
of the (pseudo)spherical shape of the earth. Applying<br />
these formulations, the maximum visibility distance value,<br />
to which Egeria could have seen the landscape around the<br />
top of Mount Sinai, has been computed. For instance, at<br />
the height of Gebel Musa (2285 m. a.s.l.), with air refraction<br />
conditions relative to the roman “Hora quarta<br />
diei” (between 9 AM and 10AM solar time), i.e. the time in<br />
which Egeria reached the top of Mount Sinai, for a<br />
terrestrial curvature ray equal to 6378 Km, a visibility<br />
maximum distance of 184 Km can be obtained.<br />
Applying the same formula for the top of S. Caterina<br />
Mount height, at 2629 m a.s.l., very near to Gebel<br />
Musa, the maximum distance of visibility at the sea<br />
surface level increases to 197 Km. .<br />
Let us now consider observation directions without visibility<br />
obstacles, so as not to interfere with the line of sight<br />
corresponding to the maximum visibility distance. Egeria<br />
climbed Mount Sinai in December 383 AD, according to P.<br />
Devos and P. Maraval, (“Egeria”, Journal of voyage, ed. P.<br />
Maraval, Paris, 1982). On a clear winter day, because of<br />
the earth shape curvature, it is possible to see the Egyptian<br />
territory, the Negev hills, the Read See and the land<br />
of the Saracens (Arabia), mentioned by Egeria in her book.<br />
On the contrary, it is not possible to affirm that Egeria<br />
could see the Parthenion Sea (the Mediterranean), which<br />
is approximately 270 km from Gebel Musa. It is clear that<br />
this distance would persuade the observer to imagine seeing<br />
what he could not actually see. As for Har Karkom, at<br />
a height of 847 m asl, the maximum visibility distance at<br />
the sea surface level, due to the earth’s sphericity, is 112<br />
km. From the top of Har Karkom, located in the Negev<br />
desert, you are faced with a morphological situation completely<br />
different from Gebel Musa. Prof. Anati reports in<br />
his book Exodus: Between Myth and History (Atelier, 2018)<br />
that Har Karkom is characterized by a plateau 4 km long,<br />
2 km wide, at a height of 847 m asl, dominating the Paran<br />
desert. Figure 65 on p. 126 of this book shows that the<br />
maximum visibility along the north, west and south directions<br />
reaches 30 km, while along the east sight is extended<br />
up to the mountains of the Transjordan chain, about 60-70<br />
km from Har Karkom. The situation is therefore completely<br />
different from that described by Egeria in her book.<br />
LOOKING FOR OBSERVATION DIRECTIONS<br />
WITHOUT VISIBILITY OBSTACLES<br />
To consider reliable the visibility reported by Egeria in her<br />
book, it is necessary to verify for the mountainous landscape<br />
around the top of Gebel Musa, the presence of observation<br />
directions without visibility obstacles.<br />
To this end, a systematic visibility analysis by a tour of<br />
the horizon of 360° degrees around Gebel Musa, was performed.<br />
For this purpose, the plug-in “Viewshed analysis”<br />
by Geo Guru, available in QGIS3, a very popular open<br />
source Geographic Information System software, has been<br />
used. This plug-in considers also the terrestrial curvature<br />
and the atmospheric refraction along the path.<br />
In particular, “Viewshed analysis” is a computational process<br />
that delineates a viewshed, i.e. the area that is visible<br />
(on the terrain surface) from a given location. In a raster<br />
environment, to determine visibility from a particular cell<br />
(pixel), the analysis uses each cell elevation value, i.e. the<br />
so-called Digital Elevation Model (DEM). The viewshed is<br />
created estimating the difference of elevation from one cell<br />
(the view point cell) to the next (the target cell). To determine<br />
the visibility of a target cell, each cell between the<br />
view point and the target one is examined for a line of sight.<br />
Where cells of higher altitude are between the viewpoint<br />
and target cell, the line of sight is blocked. In this case, the<br />
target cell is determined not to be part of the viewshed. On<br />
the contrary, if the line of sight is not blocked, it is included<br />
in the viewshed (see Kim Young-Hoon, Rana Sanjay, Wise<br />
Steve, 2004, “Exploring multipleviewshed analysis using<br />
terrain features and optimization techniques”, Computer<br />
& Geosciences, 30 (9), 1019-1032).<br />
The raster Digital Elevation Model (DEM) used is the<br />
one available from the US National Aeronautics and Space<br />
Administration (NASA). Obtained by the Shuttle Radar<br />
Topography Missions (SRTM), (see for instance Farr T.G.<br />
Kobrick M., 2000, “Shuttle Radar Topography Mission<br />
produces a wealth of data”, Amer. Geophys. Union Eos,<br />
vol 81, 583-585), it was originally carried out in 2000 with<br />
a theoretical cell resolution of 90 m., updated in 2015 with<br />
a theoretical cell resolution of 30 m. The real cell<br />
resolution of this ex-periment is 50 m.<br />
Figure 1 shows the viewshed analysis for the top of Gebel<br />
Fig. 2 - Viewshed analysis from the top of Har Karkom. Some free visibility<br />
areas are available (in red): the Paran desert, the Trans Jordan<br />
chain, some hills of the Jebel El Tih desertic plateau.
Musa (view point) extended up a the distance of 180 Km. As<br />
it is possible to see, despite the mountainous morphology of<br />
this area, there exist some directions of free visibility.<br />
In particular, some directions towards the Gulf of Suez and<br />
the Egyptian coast, the northern part of the Gulf of Aqaba<br />
and the Jordan coast, the Red Sea and part of Arabia in the<br />
south- western direction from Gebel Musa have free visibility,<br />
satisfying that reported in the book of Egeria.<br />
Furthermore, from Figure 1 it is possible to note some limited<br />
visibility areas in correspondence of the hills of the Negev<br />
desert, in the direction of Har Karkom. It is noteworthy<br />
that then, the visibility along the North direction from<br />
Gebel Musa allows seeing the Jebel El Tih desertic<br />
plateau, char-acterizing the central part of the Sinai<br />
Peninsula. Of course, Egeria could not see the Parthenion<br />
Sea (Mediterranean), 270 Km from Gebel Musa.<br />
Moving on to the Har Karkom, we are faced with a completely<br />
different situation. Figure 2 shows that from the top<br />
of Har Karkom it is possible to have a wide vision of the<br />
Paran desert, located at the south- southeast of Har Karkom.<br />
Also the mountains of the Trans-Jordan chain, placed<br />
east of the Aravà valley, are visible, from the Gulf of Aqaba<br />
until the Dead Sea.<br />
Furthermore, from Har Karkom there is a good visibility of<br />
the hills of the Jebel El Tih desertic plateau, in the central<br />
part of the Sinai Peninsula. The visibility situation is<br />
therefore completely different from what reported in the<br />
Egeria’s book.<br />
CONCLUSIONS<br />
According to the results, it clearly emerges that the<br />
mountain climbed by Egeria is Gebel Musa and not Har Karkom,<br />
an assumption that can be scientifically hown considering<br />
the landscape visibility from the top described by Egeria.<br />
However, it cannot be said from the other descriptions<br />
offered by the pilgrim about the approach to the mountain,<br />
its climb and descent, that have induced some to think that<br />
Egeria, in reality, did not climbed Gebel Musa.<br />
In any case, some descriptions of the climbing to the top of<br />
mount Sinai by Egeria are analogous to those reported by frà<br />
Niccolò da Poggibonsi, an italian Franciscan of the XIV century,<br />
who travelled to Holy Land in the years 1345-1350 and<br />
that had the opportunity to climb the top of Gebel Musa and<br />
and Mount S. Caterina. The story of his travel was reported<br />
in the “Libro d’Oltremare”, written by the friar after his<br />
return to Italy and subsequently published by Alberto Bacchi<br />
della Lega, in Bologna in 1881. In reference to the landscape<br />
visibility from the top of the mount S. Caterina, frà Niccolo<br />
writes in his book “From this place you can see Mount Sinai,<br />
and also the Red Sea, where the people of Israel passed and<br />
where the Pharaoh and his army were submerged; and also<br />
Arabia and the land of Egypt. On the top of the mountain we<br />
sang aloud: Salve Regina.<br />
Figure 3 reports the viewshed analysis from the top of mount<br />
S. Caterina, 400 m. higher than the Gebel Musa, but very<br />
near to it. Despite the greater height of mount S. Caterina<br />
and consequently the wider visibility from its top, we can<br />
state that there is a good correspondence with the landscape<br />
visibility of Gebel Musa, described by Egeria in her book.<br />
Therefore, limiting the discussion to the landscape visibility<br />
offered by the top of the mountain, and reserving discussion<br />
of other aspects for another occasion, it reaffirms, or now,<br />
with good probability, that Egeria climbed Gebel Musa and<br />
not Har Karkom.<br />
AKNOWLEDGMENTS<br />
This paper was already published in the issue N. 38 of Expression<br />
(ISSN 2499-1341), directed by prof. Emmanuel Anati.<br />
The author is grateful to him for having allowed its publication<br />
in <strong>Archeomatica</strong>.<br />
The author is also grateful to Prof. Domenico Visintini and<br />
Arch. Elisa Crosilla for the technical support, and Dr. Eleonora<br />
Maset for the revision of the manuscript.<br />
Abstract<br />
At the meeting organized in Novara (Italy) by the Nuova Regaldi, on September<br />
22nd <strong>2022</strong>, entitled “The Emmanuel Anati’s exodus proposal according to<br />
the publication of the Ennateuch in the holy language of Jerusalem Sanctuary”,<br />
during my presentation I mentioned the book “Diary of a Pilgrimage”,<br />
by the IV century AD Spanish pilgrim Egeria. In this book, among other, she<br />
describes, with wealth of details, her climb to the top of Mount Sinai.<br />
In the subsequent discussion session, two hypotheses raised about the location<br />
of Mount Sinai climbed by Egeria: Gebel Musa, in the South of the Sinai Peninsula<br />
and Har Karkom, in the Negev desert, proposed some decades ago by<br />
Emmanuel Anati, as an alternative location hypothesis of Mount Sinai.<br />
In the following, considering the description offered by Egeria about the landscape<br />
visibility from the top of mount Sinai, an objective comparison on the<br />
two hypotheses (Gebel Musa and Har Karkom) will be carried out, so to define<br />
in a scientific way, the most probable location of the Mount Sinai described<br />
by the Spanish pilgrim.<br />
Keywords<br />
Ancient Topography; GIS; QGIS; Viewshed analysis; Egeria<br />
Fig. 3 - Viewshed analysis from the top of mount S. Caterina. Many<br />
free visibility directions are available (in red). These agree with what<br />
reported by Egeria in her book, apart for the Parthenion Sea (Mediterranean).<br />
Author<br />
Fabio Crosilla<br />
Fabio.crosilla@uniud.it<br />
University of Udine, Italy<br />
26 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 27
AZIENDE E PRODOTTI<br />
riservata a tutti i soci in regola con il tesseramento, i<br />
quali potranno usufruire di uno sconto del 30% rispetto<br />
al normale prezzo di listino. Restano inoltre valide anche<br />
le agevolazioni previste per coloro che appartengono ad<br />
Ordini o Associazioni professionali e a Categorie Educational,<br />
oltre che per i dipendenti di Pubbliche Amministrazioni.<br />
FORMAZIONE TERRELOGICHE: CORSO SUL"RILIEVO<br />
FOTOGRAMMETRICO 3D E GESTIONE DELLE NUVOLE<br />
DI PUNTI"<br />
Le nuove sessioni del corso che la Formazione Terre-<br />
Logiche ha dedicato alle principali metodologie e tecnologie<br />
per il rilievo tridimensionale, alla restituzione<br />
2D/3D del costruito e del paesaggio, alla gestione<br />
dei dati e all'estrazione di ortofoto, sezioni e modelli<br />
texturizzati. Il corso si è tenuto online alla fine di Marzo,<br />
live streaming, e rappresenta il primo step di un<br />
percorso formativo, è proseguito con il modulo avanzato,<br />
in programma il 17, 18 e 19 aprile.<br />
I partecipanti hanno avuto l'opportunità di scoprire<br />
come progettare e realizzare una campagna di rilievo<br />
fotogrammetrico e hanno potuto utilizzare utilizzare<br />
le conoscenze acquisite in diversi settori, come ad<br />
esempio nell'elaborazione di riprese fotogrammetriche<br />
da Sistemi a Pilotaggio Remoto (drone) e Close-Range,<br />
nel rilievo architettonico, nelle attività di documentazione,<br />
conservazione e valorizzazione dei beni culturali,<br />
nei campi del restauro, della simulazione, della<br />
didattica, dell'animazione, nella cartografia e gestione<br />
territoriale (GIS), nel monitoraggio quantitativo del paesaggio,<br />
e nella computer grafica<br />
Sono stati forniti dataset di esercitazione per rilievi<br />
di manufatti, rilievi architettonici e territoriali, e immagini<br />
e GCP sono state utilizzate in particolare per<br />
il processo di elaborazione, da cui estrarre tutti gli<br />
elaborati metrici principali derivanti da un’applicazione<br />
fotogrammetrica. Si è parlato, inoltre, di come<br />
effettuare una corretta campagna di acquisizione fotogrammetrica<br />
di un manufatto architettonico in base<br />
alla strumentazione fotografica a disposizione, camera<br />
professionale o semplice smartphone.<br />
I principali software utilizzati sono: Agisoft Metashape<br />
(Professional), considerato il miglior software di basso<br />
costo per elaborazioni di fotogrammetria digitale;<br />
CloudCompare, software Open Source molto diffuso<br />
per la gestione di nuvole di punti e mesh; PerspectiveRectifie<br />
, software low cost che permette il raddrizzamento<br />
e la georeferenziazione di immagini digitali o<br />
tradizionali.<br />
Si ricorda infine che è ancora attiva la convenzione<br />
stipulata con ANA – Associazione Nazionale Archeologi<br />
RAVENNA DANTESCA: LA RICOSTRUZIONE<br />
STORICA 3D DI TRE.DIGITAL<br />
Ravenna distesa sulle rive del mare, nell’antichità acquisì<br />
prestigio mercantile e militare successivamente<br />
alla occupazione romana della pianura del Po nel II<br />
sec. d. C. La sua fama nel mondo è anche però di essere<br />
stata l’ultimo approdo del Sommo Poeta Dante,<br />
riverberando ancora le sue parole: “Siede la terra dove<br />
nata fui su la marina dove ‘l Po discende per aver pace<br />
co’ seguaci sui” (Paolo e Francesca- Divina Commedia<br />
- Inferno – Canto V – vv. 97-99). Così il poeta evoca<br />
il ricordo di Francesca da Rimini e lo stretto rapporto<br />
che ebbe con questa città.<br />
Lo scorso 28 Maggio 2021 la mostra “Classe e Ravenna<br />
al tempo di Dante” ha ricostruito i paesaggi e i monumenti<br />
della città ai tempi del poeta. Di Ravenna nel<br />
Trecento non si ha una conoscenza dettagliata, né dell'<br />
impianto urbanistico, né della vita dei cittadini, ma<br />
dopo un attenta selezione di dati e attraverso la sinergia<br />
di storici, archeologi ed esperti in nuove tecnologie<br />
è stata proposta una ricostruzione interessante. L’archiviazione<br />
storica di tutto il materiale raccolto, come<br />
mappe territoriali antiche, testi e schizzi dell’epoca<br />
ha consentito di raggiungere ipotesi attendibili per ricostruire<br />
la Classe e la Ravenna di Dante.<br />
Il lavoro è stato commissionato da Ravenna Antica<br />
(Fondazione Parco Archeologico di Classe) che per la<br />
parte tecnologica ha affidato l’intero lavoro alla Tre.<br />
digital srl specializzata in elaborazioni 3D. Lo studio<br />
di una quantità consistente di documenti per avere un<br />
quadro sufficientemente chiaro delle caratteristiche<br />
essenziali della città e del territorio all'epoca di Dante,<br />
ha consentito un'attività di ricostruzione 3D articolata<br />
ed efficiente<br />
Fig. 1 - L’assetto urbano di Ravenna antica sud- ovest visto dall’alto<br />
28 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />
Fig. 2 - Dettaglio della mostra “Classe e Ravenna al tempo di Dante”<br />
Il punto di partenza è stato la consultazione e lo studio<br />
della piattaforma georiferita GIS dell’Università<br />
di Bologna, nella quale erano state inserite negli anni<br />
una grande quantità di informazioni e la raccolta sistematica<br />
di tutti i dati archeologici della Ravenna medievale<br />
prelevati. La successiva elaborazione è stata il<br />
confronto tra dati, tra cartine ed altre fonti storiche,<br />
così da ottenere la definizione di un assetto unitario<br />
e integrato delle strutture urbane e del contesto paesaggistico<br />
circostante. Successivamente sono state realizzate<br />
ricostruzioni tridimensionali delle città e del<br />
territorio che intensificano l'esperienza di visita e nello<br />
stesso tempo costituiscono il collettore visivo completo<br />
di tutta la molteplicità delle informazioni utilizzate.<br />
La rappresentazione di Ravenna medievale ricopre<br />
un’area molto vasta e circoscritta in un perimetro quadrato<br />
di ben 8 km di lato, dall’entroterra al mare: vi<br />
sono stati modellati dapprima il territorio grezzo, il<br />
terreno, gli alberi ed i corsi d’acqua principali ed in<br />
secondo luogo i temi urbani, comprensivi delle mura,<br />
dei palazzi, delle case, delle altissime torri in mattoni<br />
e così via. Tutti i dettagli sono stati revisionati costantemente<br />
da curatori scientifici che ne hanno valutato<br />
scelte e forme. Lo scopo della ricostruzione è stata<br />
quella di soffermarsi su vedute a volo d’uccello, estremamente<br />
scenografiche, volte a ricostruire segmenti<br />
funzionali della città, il che ha consentito un'esplorazione<br />
di Ravenna e di Classe da diverse angolazioni.<br />
Per via dell’estrema vastità del territorio rappresentato<br />
sono state utilizzate tecnologie realtime (come per<br />
i videogiochi) per comporre l'insieme delle scene, cioé<br />
le uniche che potevano gestire un così ampio numero<br />
di geometrie ed elementi tecnici 3D come la vegetazione.<br />
La scelta di puntare sulla ricostruzione di spazi<br />
fisici, ma anche di ricomporre i principali luoghi delle<br />
attività funzionali della città concorre a dimostrare<br />
che è il concetto di relazione quello su cui i curatori<br />
hanno voluto porre l’accento. In questo studio le ricostruzioni<br />
3D allestite indicano una direzione e non un<br />
fine, dipanare intrecci con punti di rilievo importanti<br />
Fig. 3- Veduta di dettaglio su Ravenna, quartiere arcivescovile con il<br />
mercato principale della città nei pressi del Palazzo Mercurio. Agli inizi<br />
del Trecento quest’area di mercato si chiamava Guazzaduro, per la<br />
presenza di abbeveratoi per buoi, asini e cavalli venduti in quest’area.<br />
dall’epoca romana ai giorni d’oggi.<br />
L’accuratezza scientifica e l’innovazione tecnologica<br />
sono gli ingredienti su cui si fonda il progetto espositivo<br />
'Classe e Ravenna al tempo di Dante': un lavoro di<br />
squadra, con l’obiettivo di garantire il rigore delle ricostruzioni<br />
e degli apparati, realizzati con un linguaggio<br />
semplice e coinvolgente, di per sé spettacolare.<br />
Ideazione e cura scientifica Enrico Cirelli (Dip. Di Storia<br />
Culture Civiltà dell’Università di Bologna), Fabrizio<br />
Corbara, Giovanna Montevecchi, Giuseppe Sassatelli.<br />
Tre.Digital<br />
VEDI COMPUTER VISION PER I BENI CULTURALI<br />
La fruizione dei beni culturali nei musei viene tradizionalmente<br />
accompagnata da strumenti quali videoaudioguide,<br />
proiezioni, pannelli, cataloghi e materiale<br />
cartaceo. La direzione della struttura museale, se interessata<br />
a valutare l’efficacia della sua gestione, si<br />
affida inoltre ad una raccolta di informazioni sul gradimento<br />
da parte dei visitatori, spesso attraverso l’uso<br />
di sondaggi. Oltre ai visori in realtà aumentata, nuove<br />
tecnologie, basate sull’Intelligenza Artificiale applicata<br />
alla visione (computer vision), abilitano gli uffici museali<br />
ad un grosso passo avanti in tema di innovazione per<br />
i Beni Culturali.<br />
E’ quanto introdotto dalla soluzione VEDI, realizzata<br />
da Xenia Gestione Documentale srl, assieme all’Università<br />
degli studi di Catania e a IMC Services srl, che consiste<br />
di una piattaforma informatica di raccolta dei dati<br />
provenienti da dispositivi di visione indossabili, noleggiati<br />
dai visitatori all’ingresso del museo. Il dispositivo<br />
fornisce ai visitatori informazioni in realtà aumentata,<br />
proprie al servizio aggiuntivo, sulle opere osservate nel<br />
percorso all’interno della struttura, consentendo al visitatore<br />
di sapere sempre dove si trova, di orientarsi<br />
nella mappa dell’edificio e di ricevere suggerimenti<br />
e informazione culturale in base alle preferenze mostrate<br />
durante la visita: in altre parole di avvalerse-
AZIENDE E PRODOTTI<br />
ne in sostituzione della guida. Il sistema non usa tag di<br />
riferimento per le opere e non è necessario installare<br />
strumentazione e/o dispositivi nelle sale del museo. Il<br />
riconoscimento delle opere avviene attraverso la visione<br />
(object recognition) e la localizzazione all’interno della<br />
struttura è basata sulle immagini (image based localization)<br />
osservate dal dispositivo indossato, continuativamente<br />
solidale con il punto di vista del visitatore.<br />
La raccolta passiva di queste informazioni alimenta inoltre<br />
la piattaforma di gestione, che permette alla direzione<br />
della struttura di conoscere quali opere sono maggiormente<br />
osservate e per quanto tempo, quali percorsi<br />
sono preferenziali e le restituisce attraverso un’interfaccia<br />
grafica (Visual Analytics) sulle preferenze dei visitatori<br />
(Behaviour Analysis). La gestione di questi dati<br />
attraverso mappe di calore, mappe di percorsi, statistiche<br />
sulle opere osservate, etc., permette di misurare la<br />
“performance” (KPI) del sito culturale e fornisce all’ente<br />
gestore gli strumenti e gli elementi per sviluppare e dosare<br />
i servizi offerti. Il visitatore, attraverso il dispositivo<br />
indossabile, viene immerso in un contesto sensoriale<br />
sempre più ricco, in cui i limiti della frontiera robotica<br />
giorno dopo giorno fanno coincidere con la flagranz<br />
delle visite le attività museali, anche quelle rivolte allo<br />
stato di conservazione e alla vulnerabilità delle opere,<br />
e con i commenti più professionali di gradimento sulle<br />
dinamiche espositive.<br />
La stessa piattaforma VEDI, infatti, ultimamente è stata<br />
arricchita di un’esperienza multisensoriale di interazione<br />
verbale, in linguaggio naturale, da parte del visitatore<br />
con l’ologramma (avatar) di una guida virtuale che<br />
lo accompagna nel corso della sua visita, nella quale il<br />
fruitore potrà agire da influence .<br />
XENIA PROGETTI<br />
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RICERCA ARCHEOLOGICA:<br />
QUAL È LO STRUMENTO PIÙ CORRETTO?<br />
I magnetometri Geometrics, i nuovi georadar GSSI, il software<br />
Oasis Montaj consentono indagini accurate per ritrovare<br />
reperti delle attività o degli insediamenti umani.<br />
Ognuno ha una sua specialità:<br />
• Magnetometro marino Geometrics G-882 – Rapido,<br />
accurato, acquisisce dati ad altissima risoluzione in<br />
acque poco o molto profonde.<br />
• Magnetometro terrestre Geometrics G-864 – Leggero<br />
e intuitivo è preimpostato per risparmiare tempo; i<br />
dati sono visualizzati a colori per essere controllati<br />
già sul campo.<br />
• Magnetometro per drone UAV Geometrics MagArrow<br />
– Piccolo, leggero, a basso consumo, permette rilievi<br />
speditivi con drone per individuare le aree di interesse<br />
archeologico.<br />
• Georadar GSSI UtilityScan - specifici per indagini prescavo,<br />
mappatura di vuoti e oggetti interrati... Operano<br />
sul terreno, in edifici, sulle pareti per la ricerca<br />
di cavità; con la capacità di andare molto in dettaglio<br />
(con le antenne ad alta frequenza) o molto in profondità<br />
(bassa frequenza).<br />
Fig. 2 - Fruizione di contenuti attraverso il dispositivo indossabile Hololens 2.<br />
Due novità:<br />
◦ Immagini 3D - Acquisizione e visualizzazione già in<br />
campo<br />
◦ Map Mode – Mappatura dei target e visualizzazione<br />
area …<br />
30 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />
• Software Oasis Montaj – uno dei software più potenti<br />
ed utilizzati per elaborare, analizzare e modellare<br />
le anomalie.<br />
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una copertura 360°x270° della nuvola di punti. In combinazione<br />
con l’algoritmo SLAM, può ottenere dati ad alta<br />
precisione dell’ambiente circostante in nuvole di punti<br />
tridimensionali, anche senza luce e GPS.<br />
X120 GO è un’ottimo alleato per scansionare ambienti a<br />
valenza archeologica di diverso tipo, da templi e chiese<br />
a scavi situati all’aperto. Grazie alla collaborazione tra<br />
Stonex e PointCab, puoi usare questo software per elaborare<br />
i tuoi dati e ricavare planimetrie e sezioni. PointCab<br />
è compatibile con tutti i sistemi CAD e BIM e quindi si<br />
inserisce perfettamente nel tuo flusso di lavoro<br />
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GOapp è l’applicazione mobile dedicata a X120GO, per<br />
la gestione dei progetti, la visualizzazione della nuvola<br />
di punti in tempo reale, l’anteprima delle immagini,<br />
l’aggiornamento del firmware e altre operazioni. L’app<br />
funziona sul sistema operativo Android.<br />
GOpost<br />
Software di post-elaborazione per Windows che esegue<br />
ottimizzazione, colorazione delle nuvole di punti e creazione<br />
di immagini panoramiche. È inoltre possibile importare<br />
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di punti.<br />
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AGORÀ<br />
Heritage Science. Nuovo dottorato<br />
all'avanguardia in Italia<br />
– Allo scopo di favorire il coordinamento<br />
e superare la frammentazione<br />
del sistema dell'alta<br />
formazione nell'ambito della<br />
ricerca applicata al patrimonio<br />
culturale e creare nuove generazioni<br />
di ricercatori e professionisti<br />
operanti nel settore dell'Heritage<br />
Science capaci di competere<br />
e collaborare nei contesti<br />
delle più prestigiose iniziative<br />
europee e internazionali è stato<br />
istituito il dottorato nazionale in<br />
Heritage Science (PhD-HS.it) che<br />
mira a favorire una vasta mobilità<br />
di docenti e dottorandi fra<br />
le sedi intra ed extracurriculare.<br />
Il dottorato in Heritage Science,<br />
con una spiccata connotazione<br />
internazionale mira a formare<br />
professionisti altamente qualificati<br />
in grado di eccellere a livello<br />
sovranazionale, ma anche<br />
per attrarre studenti provenienti<br />
dall'estero.<br />
Le infrastrutture di ricerca europee<br />
sono il luogo ideale per formare<br />
le nuove generazioni in un<br />
ambiente altamente interdisciplinare<br />
e caratterizzato dall’eccellenza.<br />
L'uso di facilities delle infrastrutture<br />
di ricerca da parte dei<br />
dottorandi e il loro coinvolgimento<br />
nelle stesse è un aspetto<br />
chiave di questa formazione dal<br />
carattere fortemente innovativo,<br />
competitivo e d'eccellenza.<br />
L'Heritage science è caratterizzato<br />
anche da un ecosistema di<br />
infrastrutture di ricerca riconosciute<br />
a livello internazionale incluse<br />
nella Roadmap ESFRI European<br />
Strategy Forum on Research<br />
Infrastructures.<br />
Le principali sono:<br />
E-RIHS - European Research Infrastructure<br />
for Heritage Science<br />
DARIAH ERIC Digital Research<br />
Infrastrutcture for the Arts and<br />
Humanities European Research<br />
Infrastructure Consortium<br />
Una delle peculiarità del sistema<br />
curriculare del dottorato Heritage<br />
Science è la sua interdisciplinarietà<br />
volta ad abbracciare la<br />
vasta gamma di sapere e conoscenza<br />
racchiusa nel settore del<br />
patrimonio culturale: dall’archeologia<br />
all’intelligenza artificiale,<br />
dalla storia dell’arte alla<br />
fisica applicata e allo studio della<br />
materia e dalla museologia<br />
alle scienze ambientali ecc.<br />
L’obiettivo è mettere a sistema<br />
e fare sinergia affinché le nuove<br />
generazioni possano beneficiare<br />
di competenze all’avanguardia,<br />
nate dal sodalizio fra le opportunità<br />
della conoscenza umanistica<br />
e dell’innovazione tecnologica.<br />
CURRICULA<br />
CURRICULUM 1: MATERIALI E METO-<br />
DOLOGIE AVANZATE PER LA SALVA-<br />
GUARDIA DEL PATRIMONIO CULTU-<br />
RALE: TRANSIZIONE ECOLOGICA E<br />
DIGITALE PER LA MITIGAZIONE DEI<br />
RISCHI ANTROPICI E NATURALI<br />
Università degli Studi di Firenze<br />
CURRICULUM 2: SCIENZA E TECNO-<br />
LOGIE PER IL PATRIMONIO ARCHI-<br />
TETTONICO<br />
Politecnico di Milano<br />
CURRICULUM 3: TECNOLOGIE PER<br />
LA DIAGNOSTICA, MONITORAGGIO<br />
E STUDIO DEL PATRIMONIO CULTU-<br />
RALE<br />
Università di Bologna - Alma Mater<br />
Studiorum<br />
CURRICULUM 4: LA VITA DELLE<br />
COSE. STORIA DEI MATERIALI, DEL-<br />
LE TECNOLOGIE E DELLE TECNICHE<br />
DI PRODUZIONE, TRA ARCHEOLO-<br />
GIA, ARTE E SCIENZA<br />
Università di Pisa<br />
CURRICULUM 5: STORIA E ARCHEO-<br />
LOGIA GLOBALE DEI PAESAGGI<br />
Università degli Studi Bari Aldo<br />
Moro<br />
CURRICULUM 6: CONOSCENZA, GE-<br />
STIONE E COMUNICAZIONE DI CON-<br />
TESTI PLURISTRATIFICATI<br />
Sapienza Università di Roma<br />
CURRICULUM 7: ARTE CONTEMPO-<br />
RANEA<br />
Università di Ca' Foscari di Venezia<br />
CURRICULUM 8: ANALISI E GESTIO-<br />
NE DEL PATRIMONIO CULTURALE<br />
Scuola IMT Alti Studi Lucca<br />
CURRICULUM 9: DIGITAL TRANSI-<br />
TION FOR HERITAGE<br />
Università degli Studi Suor Orsola<br />
Benincasa di Napoli<br />
CURRICULUM 10: PATRIMONIO, CIT-<br />
TA', ECONOMIA E SOCIETÀ<br />
Università di Napoli Federico II<br />
CURRICULUM 11: ARCHIVI E BIBLIO-<br />
TECHE<br />
Università di Napoli Federico II<br />
32 32 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie Tecnologie per per i Beni i Beni Culturali Culturali<br />
33<br />
Il Codice Atlantico di Leonardo<br />
è digitale – Oggi il Codice Atlantico<br />
di Leonardo è digitale: è possibile<br />
consultarlo on Line sul sito<br />
Leonardo//thek@, la piattaforma<br />
digitale, curata ed allestita dal Laboratorio<br />
Multimediale del Museo<br />
Galileo di Firenze in collaborazione<br />
con la Commissione Vinciana.<br />
La banca dati archivia i 1119 fogli<br />
del manoscritto vinciano della<br />
Biblioteca Ambrosiana di Milano,<br />
collazionabili con i disegni nei fogli<br />
pure appartenuti alla fine del Cinquecento<br />
allo scultore Pompeo Leoni<br />
che sono conservati alla Royal<br />
Library della Royal Collection di<br />
Windsor, i manoscritti della Biblioteca<br />
Leonardiana di Vinci e l’Ente<br />
Raccolta Vinciana.<br />
La visione virtuale del Codice, ordinabile<br />
cronologicamente pagina<br />
per pagina dall’anno 1492 all’anno<br />
1518 e non solo per argomento, ma<br />
con carte nella raccolta databili al<br />
decennio precedente, è accessibile<br />
dal 2020, quando fu pubblicata<br />
on Line in occasione delle celebrazioni<br />
per il cinquecentenario della<br />
morte del maestro ed è ora completata,<br />
integrando con il restauro<br />
digitale del Codice Ambrosiano la<br />
possibilità di studio ad alta risoluzione<br />
di una consistente parte<br />
dei testi vinciani pervenuti, l’immenso<br />
patrimonio iconografico on<br />
Line dell’opera leonardesca. Ad<br />
una condizione, che l’avventuroso<br />
lettore della pregiata edizione<br />
Mondadori delle pagine originali<br />
fotografate e restaurate solo digitalmente,<br />
sia in grado di interpretare<br />
allo specchio la scrittura<br />
da destra a sinistra, rovesciata o<br />
speculare del Codice Atlantico del<br />
genio del Rinascimento, della quale<br />
aveva fatto parte anche l’Uomo<br />
Vitruviano, il celeberrimo disegno<br />
alle Gallerie dell’Accademia di Venezia<br />
(fig.1), tecnica non semplicissima,<br />
sebbene intuitiva, come<br />
tutti sanno, che caratterizza l’opera<br />
manoscritta di Leonardo. Con<br />
poche eccezioni, tra le quali quella<br />
della sua propria firma, leggibile<br />
invece da sinistra a destra nel<br />
documento che ne è pervenuto, il<br />
contratto del 1483 per la Vergine<br />
delle Rocce, conservato nell’Archivio<br />
di Stato di Milano, autografo<br />
ormai leggibile sul manoscritto<br />
soltanto con l’ausilio della lampada<br />
di Wood ad ultravioletto, anche<br />
per passati interventi di restauro<br />
troppo invasivi. Ma un’altra firma<br />
nell’anno delle celebrazioni leonardiane,<br />
oltre alla data 1503, è<br />
stata scoperta sui monti alle spalle<br />
della Gioconda (Louvre).<br />
‘Omo sansa lettere’, come amava<br />
definirsi, più che una graficizzazi -<br />
ne della scrittura, il suo artifici<br />
d’inversione del corsivo doveva essere<br />
strumentale, una sorta d’inchiostratura<br />
con carta assorbente,<br />
per mezzo della quale i suoi scritti,<br />
anche circolanti, restassero incomprensibili<br />
ai più. Chiarezza e<br />
segretezza, che con l’aristotelico<br />
principio di non contraddizione<br />
formano i cardini del naturalismo<br />
meccanicistico dell’artista, rivelando<br />
come il corpus del Codice Atlantico<br />
sia il romanzo della scienza<br />
del Quattrocento, l’emozione vitale<br />
della natura partecipata dagli<br />
esseri viventi, chimica inorganica<br />
compresa, attraverso l’armonia<br />
dei suoni e la sintesi matematica.<br />
ArcheoVerso: il Metaverso dei<br />
Beni Culturali. Un progetto di<br />
collaborazione tra DIGILAB e<br />
COOPCULTURE – Il 28 novembre<br />
<strong>2022</strong> DigiLab ha sottoscritto una<br />
convenzione con CoopCulture per<br />
il cofinanziamento di un progetto<br />
originale, che coniuga competenze<br />
e interessi di entrambi i partner.<br />
Il progetto, intitolato "ArcheoVerso",<br />
intende esplorare le potenzialità<br />
degli universi digitali per la<br />
valorizzazione del patrimonio culturale,<br />
materiale e immateriale,<br />
mettendo a punto un ecosistema<br />
metodologico e tecnologico per la<br />
creazione, fruizione, interazione<br />
in realtà immersiva e aumentata<br />
di luoghi della cultura.<br />
All’interno di "ArcheoVerso" verranno<br />
integrate esperienze virtuali<br />
e reali per i singoli luoghi della cultura<br />
presi in esame. Per ogni sito<br />
o museo individuato verrà creato<br />
un ambiente virtuale fruibile sia in<br />
remoto che in presenza, a supporto<br />
e non sostituzione del normale<br />
processo di visita, integrando una<br />
serie di servizi, mediante il digitale,<br />
altrimenti non fruibili normalmente.<br />
All’interno di questo ambiente,<br />
l’utente avrà la possibilità<br />
di fruire di esperienze di primo livello<br />
gratuite e di secondo livello a<br />
pagamento. Il sistema di fruizione<br />
appositamente elaborato, utilizzando<br />
le potenzialità del sistema<br />
metaverso, permetterà inoltre la<br />
vendita di servizi di biglietteria<br />
e altri servizi accessori legati al<br />
bene all’interno dello stesso ambiente<br />
virtuale.<br />
Si tratta di un modello di collaborazione<br />
e cofinanziamento del tu -<br />
to innovativo, per il quale DigiLab<br />
esprime tutta la sua soddisfazione.<br />
Fonte: DTCLazio
AGORÀ<br />
Cultural <strong>Landscape</strong> Scanner: alla<br />
scoperta di siti archeologici non<br />
individuati tramite EO, Telerilevamento<br />
e approcci di Intelligenza<br />
artificiale – Il progetto Cultural<br />
<strong>Landscape</strong> Scanner (CLS) mira ad<br />
individuare siti archeologici nascosti<br />
nel sottosuolo mediante tecniche<br />
di Earth Observation (EO), algoritmi<br />
di Intelligenza Artificial<br />
(AI) analizzando dataset di immagini<br />
telerilevate.<br />
I siti del patrimonio culturale nascosto<br />
sottoterra (come strutture<br />
e monumenti antichi sepolti) possono<br />
essere identificati mediante<br />
dati telerilevati provenienti da<br />
una varietà di sensori sotto forma<br />
di anomalie o tracce rilevabili su<br />
terreni nudi, colture e<br />
vegetazione. L'attuale<br />
disponibilità di dataset<br />
telerilevati aperti, come<br />
quelli messi a disposizione<br />
dal Copernicus Service,<br />
non ha precedenti.<br />
Tuttavia, tale straordinaria<br />
proliferazione di<br />
dati ha posto notevoli<br />
ostacoli in termini di<br />
gestione, elaborazione<br />
e interpretazione delle<br />
immagini al punto che<br />
la quantità di dati non è<br />
gestibile dalla tradizionale<br />
interpretazione visiva<br />
"umana". Ed entrano<br />
così in gioco specifici algoritmi di<br />
Intelligenza Artificiale che permettono<br />
l’analisi di una grandissima<br />
mole di immagini.<br />
La nuova sfida è quindi sviluppare<br />
o migliorare approcci che possano<br />
facilitare il rilevamento automatico<br />
e la selezione di immagini di<br />
oggetti (archeologici) di interesse.<br />
Il progetto CLS si fa carico di<br />
tale sfida sviluppando algoritmi<br />
di Intelligenza Artificiale (AI) che<br />
ricercano immagini telerilevate<br />
di specifici oggetti del patrimonio<br />
culturale e modelli relativi a passate<br />
interferenze antropogeniche<br />
nei paesaggi. Questo progetto amplierà<br />
anche considerevolmente i<br />
mezzi esistenti per l'dentificazion<br />
di antichi sistemi di divisione del<br />
territorio — e più in generale di<br />
modellazione del paesaggio — automatizzando<br />
procedure di rilevamento<br />
per lo studio del territorio<br />
in ambito archeologico.<br />
Nel perseguimento del suo programma<br />
di ricerca, Cultural <strong>Landscape</strong>s<br />
Scanner (CLS) lavorerà<br />
per rimuovere alcuni degli ostacoli<br />
più urgenti allo sviluppo di applicazioni<br />
di intelligenza artificial<br />
per il rilevamento automatico in<br />
archeologia, come:<br />
- mancanza di adeguati dataset su<br />
cui formare le AI, spesso limitati<br />
in estensione e/o qualità e non disponibili<br />
al pubblico;<br />
- assenza di dataset di riferimento<br />
disponibili al pubblico su cui testare<br />
diverse tecniche di intelligenza<br />
artificiale<br />
- assenza di una standardizzazione<br />
delle misure di valutazione l'efficienza<br />
delle tecnologie proposte<br />
Metodologia<br />
CLS mira a stabilire un punto di<br />
riferimento nell'uso dei dati di telerilevamento<br />
per l'identificazion<br />
automatica di varie classi di siti<br />
del patrimonio culturale non scoperti<br />
attraverso l'integrazione di<br />
approcci di apprendimento automatico<br />
all'avanguardia con la ricerca<br />
archeologica e il lavoro sul<br />
campo.<br />
Il progetto sta lavorando alla creazione<br />
del primo set di dati multimodale<br />
pubblicamente disponibile<br />
di siti archeologici etichettati e<br />
alla risoluzione del problema della<br />
non standardizzazione delle metriche<br />
delle prestazioni. Questo<br />
dataset di riferimento conterrà<br />
immagini multispettrali di Sentinel<br />
2 e dati LiDAR del paesaggio<br />
archeologico di Aquileia (Italia),<br />
una delle principali città dell'Impero<br />
Romano.<br />
Si stanno esplorando metodi all'avanguardia<br />
per il rilevamento di<br />
oggetti e la segmentazione semantica<br />
per stabilire in che modo la<br />
granularità del rilevamento infl -<br />
isce sulla qualità della previsione<br />
da un punto di vista archeologico.<br />
Per valutare le prestazioni dei diversi<br />
modelli, verrà introdotto un<br />
insieme di differenti metriche<br />
con la collaborazione<br />
di archeologi del paesaggio,<br />
al fine di stabilire<br />
un primo standard di riferimento<br />
per promuovere<br />
misurazioni obiettive trasversali.<br />
Verifiche archeologiche<br />
saranno effettuate<br />
nell'area caso studio<br />
per verificare i risultati<br />
previsti forniti dai metodi<br />
di intelligenza artificial<br />
sviluppati. I dati raccolti<br />
durante le attività di<br />
ground-truthing saranno<br />
utilizzati per migliorare<br />
le prestazioni di identificazione<br />
dei metodi proposti.<br />
Il progetto pilota Cultural <strong>Landscape</strong>s<br />
Scanner è il risultato di una<br />
partnership tra il Center for Cultural<br />
Heritage Technology dell'IIT<br />
e l'Agenzia spaziale europea (ESA)<br />
nell'ambito del programma di ricerca<br />
co-finanziato dall'ESA "Discovery<br />
& Preparation".<br />
Il progetto giunge al suo terzo<br />
anno di attività e a breve potremmo<br />
vedere pubblicati i risultati di<br />
questo importante studio che unisce<br />
varie tecnologie.<br />
Fonte: Istituto Italiano di Tecnologia<br />
- Center for Cultural Heritage<br />
Technology<br />
34 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
35<br />
Cosa sta facendo il Distretto<br />
Tecnologico del Lazio per i Beni<br />
Culturali – Il Distretto Tecnologico<br />
per i Beni Culturali del Lazio è una<br />
della maggiori realtà in termini<br />
di valorizzazione tecnologica, conservazione<br />
e fruizione del patrimonio<br />
storico-artistico e culturale<br />
del territorio. La Regione ha pertanto<br />
investito 37 milioni di euro<br />
nel DTC – Distretto Tecnologico<br />
per le nuove tecnologie applicate<br />
ai Beni ed alle Attività Culturali.<br />
L’Avviso pubblico mira a sostenere<br />
la diffusione di tecnologie innovative<br />
per la valorizzazione, conservazione,<br />
recupero, fruizione e<br />
sostenibilità del patrimonio culturale<br />
del Lazio.<br />
È stata pubblicata sul<br />
BURL la graduatoria<br />
dei 35 progetti ammessi<br />
al finanziame -<br />
to relativi all’avviso<br />
pubblico Ricerca e sviluppo<br />
di tecnologie per<br />
la valorizzazione del<br />
patrimonio culturale del<br />
DTC – Distretto Tecnologico<br />
per le nuove tecnologie<br />
applicate ai beni e<br />
alle attività culturali del<br />
Lazio. A breve, partiranno<br />
i cantieri dei primi<br />
21 progetti già finanzi -<br />
ti. La graduatoria dei<br />
35 progetti finanziabil<br />
rientra nell’Azione TE2 del DTC riguardante<br />
appunto interventi per<br />
la ricerca e lo sviluppo di nuove<br />
tecnologie per la valorizzazione,<br />
la tutela, la fruizione, la conservazione,<br />
il recupero e la sostenibilità<br />
del patrimonio culturale<br />
laziale. Le azioni riguarderanno<br />
complessi monumentali, raccolte<br />
e realtà museali, aree e parchi archeologici,<br />
archivi e biblioteche,<br />
e coinvolgeranno 83 Comuni e 193<br />
Luoghi della Cultura del Lazio. Per<br />
quanto riguarda la tipologia dei<br />
proponenti, spicca la forte presenza<br />
degli enti locali, seguiti da altre<br />
istituzioni pubbliche, enti ecclesiastici,<br />
fondazioni, associazioni,<br />
cooperative e società private.<br />
Se nella prima fase sono stati progettati<br />
gli interventi e poste le basi<br />
per la realizzazione di quest'ultimi,<br />
questa seconda fase del bando<br />
DTC Lazio è dedicata alla concreta<br />
realizzazione degli interventi stessi<br />
con nuovi fondi messi a disposizione<br />
degli addetti ai lavori.<br />
Tra i progetti finanziati spiccano i<br />
seguenti per innovazione e competitività,<br />
ma anche ai fini della<br />
ricerca, conservazione, fruizione<br />
e valorizzazione.<br />
Il Complesso di Villa Gregoriana:<br />
nuove tecnologie per la conservazione,<br />
valorizzazione, gestione e<br />
fruizione sostenibili<br />
Promosso e gestito dal FAI - Fondo<br />
Ambiente Italiano) oggetto di numerosi<br />
restauri e progetti di conservazione<br />
nel corso degli anni a<br />
causa del forte dissesto idrogeologico<br />
della zona.<br />
Il complesso di Villa Gregoriana,<br />
che si sviluppa su un’area complessiva<br />
di circa 35.000 mq, è ricco<br />
di componenti archeologiche,<br />
architettoniche e botaniche che si<br />
mescolano e convivono costituendo<br />
un luogo estremamente articolato,<br />
prodotto dalla stratificazion<br />
di eventi costruttivi e spontanei<br />
che sulla stessa area sono intervenuti<br />
costruendo nel parco quell’unicum<br />
naturale-artificiale che lo<br />
caratterizza e che ne ha fatto il<br />
tema centrale nelle rappresentazioni<br />
pittoriche di Tivoli nel corso<br />
di tutto l’Ottocento.<br />
A livello archeologico, vanno certamente<br />
segnalati i templi di Vesta<br />
e della Sibilla, la Villa di Manlio Vopisco,<br />
il complesso sistema idraulico<br />
romano costituito da cunicoli e<br />
acquedotti.<br />
Obiettivi del progetto<br />
• Preservare lo stato del luogo da<br />
rischi ambientali e fisici e garantirne<br />
contestualmente la fruizione<br />
in sicurezza.<br />
• Raggiungere l’autonomia energetica<br />
con un impatto positivo sul<br />
contenimento dei costi di gestione.<br />
• Aumentare la conoscenza del<br />
complesso, attraverso strumenti<br />
digitali e innovativi, per valorizzarne<br />
i molteplici aspetti (storici,<br />
letterari, artistici,<br />
botanici) e spettacolarizzare<br />
gli aspetti culturali, incrementando<br />
il numero dei visitatori.<br />
S.T.AR.T. Ostia Soluzioni Tecnologiche<br />
per l’ARrcheologia<br />
e il Territorio<br />
Utilizzare lo strumento BIM<br />
(Building Information Modeling),<br />
ancora scarsamente<br />
applicato al settore dei Beni<br />
Culturali, per gestire le fasi<br />
di studio e diagnostica degli<br />
edifici storici e supportare la<br />
successiva progettazione degli<br />
interventi conservativi.<br />
È l’obiettivo del progetto del Parco<br />
Archeologico di Ostia Antica,<br />
un patrimonio di oltre 130 ettari<br />
che comprende le 3 aree archeologiche<br />
principali (città romana di<br />
Ostia, necropoli di Isola Sacra e<br />
infrastrutture portuali di Portus) e<br />
14 aree demaniali.<br />
Numerosi i casi di studio inseriti<br />
nel progetto (Ninfeo degli Eroti,<br />
Caupona del Pavone, Domus di<br />
Giove Fulminatore, Domus della<br />
Nicchia a mosaico, Domus delle<br />
Colonne, Domus dei Pesci, Domus<br />
di via della Caupona, Necropoli di<br />
Via Laurentina e di Pianabella, le<br />
Saline, Tor Boacciana, le ville costiere),<br />
incluse 2 strutture museali<br />
(Museo Ostiense e Museo delle<br />
Navi di Fiumicino). Filo conduttore
AGORÀ<br />
del progetto è la digitalizzazione,<br />
attraverso video e timelapse, corredati<br />
da storytelling, che illustreranno<br />
il progetto e racconteranno i<br />
casistudio selezionati; tour virtuali<br />
per gli edifici attualmente non accessibili<br />
al pubblico; ricostruzioni<br />
in realtà aumentata e in 3D, per<br />
offrire ai visitatori e agli stessi<br />
viaggiatori provenienti dall’aeroporto<br />
di Fiumicino un’esperienza<br />
storica e culturale inedita e immersiva.<br />
ULISSE - Underwater and Littoral<br />
Itineraries to Safeguard and enhance<br />
Submerged archaEological<br />
heritage - Conservazione e valorizzazione<br />
dei siti sommersi e semisommersi<br />
nella Riviera di Ulisse<br />
e nelle Isole Pontine<br />
L’immenso patrimonio archeologico<br />
e naturalistico che giace sui<br />
fondali marini rappresenta una risorsa<br />
che richiede una particolare<br />
attenzione da parte degli Enti pubblici<br />
chiamati a tutelarne l’integrità<br />
e a valorizzarne le potenzialità,<br />
anche attraverso una corretta gestione<br />
ai fini turistici<br />
Il progetto “Ulisse” comprende<br />
perciò interventi finalizzati al monitoraggio<br />
e alla valorizzazione,<br />
mediante nuove tecnologie digitali,<br />
di alcuni siti archeologici sommersi<br />
e semisommersi del basso<br />
Lazio, alcuni dei quali ricadenti<br />
nelle Aree Protette comprese nel<br />
Parco Regionale Riviera di Ulisse:<br />
il Parco di Monte Orlando (Gaeta),<br />
il Parco di Gianola e Monte di Scauri<br />
(Formia), il Promontorio Villa di<br />
Tiberio e Costa Torre Capovento –<br />
Punta Cetarola (Sperlonga).<br />
Obiettivi del progetto:<br />
• Creare nuovi percorsi di visita<br />
reali e virtuali, in ambiente sommerso<br />
e subaereo;<br />
• Promuovere il turismo archeologico<br />
subacqueo ampliandone le<br />
esperienze sensoriali ed estendendo<br />
la fruizione dei siti a nuovi target<br />
di visitatori;<br />
• Promuovere modelli gestionali<br />
sostenibili per i beni culturali sommersi<br />
e subaerei mettendo a sistema<br />
il patrimonio naturale e culturale<br />
presente nei Luoghi;<br />
• Sviluppare forme di controllo del<br />
patrimonio sommerso.<br />
M-USE IT! Musei e Itinerari Archeologici<br />
della Provincia di Frosinone<br />
Valorizzare e sviluppare, nell’ottica<br />
di un museo diffuso e di un<br />
brand della cultura, i siti archeologici<br />
della provincia di Frosinone<br />
e i materiali dei Musei civici, con<br />
esperienze di visita innovative e<br />
messa in rete di percorsi e itinerari.<br />
È il progetto “M-USE IT”, che<br />
prevede la promozione del patrimonio<br />
attraverso forme di divulgazione<br />
innovative e trasversali<br />
(digital storytelling, gamification,<br />
ecc.); la produzione di esperienze<br />
di visita esclusive, spettacolari e<br />
immersive (virtual e mixed-reality,<br />
proiezioni olografiche, videomapping,<br />
ecc.); la pubblicazione<br />
su web e App mobile di contenuti<br />
aggiornati e di qualità e campagne<br />
marketing.<br />
Il tutto attraverso una piattaforma<br />
web dedicata; un’applicazione<br />
multiutente per smartglass,<br />
smartphone e tablet per realtà<br />
aumentata; applicazioni di realtà<br />
virtuale con visione stereoscopica<br />
di ambienti 3D presso aree e corner<br />
all’interno dei siti espositivi e<br />
applicazioni mobile gamificate per<br />
giovani e scolaresche.<br />
Obiettivi del progetto:<br />
• Influire sui processi interni, aumentando<br />
l’efficienza e l’efficaci<br />
gestionale e la capacità di reperire<br />
risorse;<br />
• Proporre nuovi paradigmi di fruizione<br />
delle opere, attraverso linguaggi<br />
e strumenti che vadano incontro<br />
alle esigenze di un pubblico<br />
sempre più digitale;<br />
• Migliorare l’efficacia dell’attività<br />
di comunicazione e promozione<br />
favorendo la partecipazione non<br />
sporadica di fasce più ampie di<br />
pubblico e l’inclusione sociale;<br />
• Favorire la conservazione e la disponibilità<br />
nello spazio e nel tempo<br />
del patrimonio culturale tangibile<br />
e immateriale, attraverso azioni di<br />
digitalizzazione e restituzione on<br />
line delle opere.<br />
Le porte del Celio, le chiavi della<br />
città - Soluzioni Tecnologiche per<br />
l’ARrcheologia e il Territorio<br />
I Musei Capitolini costituiscono il<br />
polo più importante della rete dei<br />
Musei Civici che fanno capo alla<br />
Sovrintendenza di Roma Capitale.<br />
Con la sede del Celio, pensata con<br />
un approccio geografico e cartografico<br />
alla Roma antica, i Musei<br />
Capitolini intendono valorizzare<br />
un importante patrimonio:<br />
la Forma Urbis, la gigantesca pianta<br />
marmorea di Roma, eseguita<br />
in scala 1:240 intorno al 200 d.C.<br />
sotto l’imperatore Settimio Severo.<br />
La pianta rappresenta l’Urbe<br />
all’apice del suo potere ma sviluppa<br />
temi di architettura e di urbanistica<br />
validi ancora oggi.<br />
Legato alla Forma è il progetto di<br />
valorizzazione dei Castra Albana,<br />
il complesso di fortificazioni di<br />
Albano Laziale ideato dallo stesso<br />
Settimio Severo per i soldati della<br />
Legio II Parthica. Si tratta dell’unico<br />
forte legionario eretto in Italia<br />
e rappresenta l’altra “piccola<br />
Roma”, nel cuore dei Castelli romani.<br />
Obiettivi del progetto:<br />
• Potenziare, con le risorse tecnologiche<br />
e multimediali, l’allestimento<br />
del nuovo spazio museale<br />
dei Musei Capitolini nel Parco del<br />
Celio;<br />
• Implementare, attraverso i contenuti<br />
multimediali, il progetto di<br />
rendere il Parco del Celio la cerniera<br />
di una rete di itinerari verso<br />
il centro monumentale di Roma e<br />
verso l’esterno della città;<br />
• Trasformare il Parco del Celio in<br />
un punto di incontro, valorizzando<br />
contenuti culturali, spazi esposi-<br />
36 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
37<br />
tivi e servizi accessori, divenendo<br />
un landmark del quartiere e della<br />
città;<br />
• Incrementare e internazionalizzare<br />
i flussi turistici verso Albano<br />
Laziale, e indirettamente nell’intera<br />
area dei Castelli, in passato<br />
meta quasi obbligata dei viaggiatori<br />
stranieri.<br />
PONTES Progetto operativo per<br />
nuove tecnologie, esperienze, socialità<br />
Raccontare con una nuova modalità<br />
narrativa la storia di territori e<br />
civiltà che si sono avvicendati lungo<br />
l’asse geografico costituito dal<br />
Tevere e dalla via Salaria. Nasce<br />
con questo obiettivo il progetto<br />
“Pontes”, che approfondisce i rapporti<br />
tra Roma e il territorio laziale<br />
attraverso l’intero arco cronologico,<br />
fino ai nostri giorni<br />
Il racconto viene proposto mediante<br />
esperienze multisensoriali realizzate<br />
con video, installazioni e<br />
plastici animati da proiezioni olografiche<br />
nonché attraverso dispositivi<br />
per la fruizione dei contenuti<br />
a ipo e non vedenti.<br />
L’intento è stimolare il pubblico a<br />
visitare aree di interesse culturale<br />
disperse, puntando – anche attraverso<br />
iniziative di gioco – ad avvicinare<br />
alla cultura e alla storia fasce<br />
di popolazione solitamente poco<br />
interessate.<br />
Il progetto insiste sul tema del<br />
ponte, struttura inaugurata dalla<br />
tecnica costruttiva romana e simbolo<br />
del superamento delle barriere<br />
comunicative fra normodotati e<br />
persone diversamente abili.<br />
Il tema verrà declinato secondo le<br />
diverse vocazioni dei luoghi interessati.<br />
Obiettivi del progetto:<br />
• Aumentare il numero dei visitatori,<br />
abbattendo le barriere, favorendo<br />
la fruizione da parte di<br />
persone con disabilità visiva e la<br />
condivisione di esperienze fra normodotati<br />
e ipodotati;<br />
• Realizzazione di un dispositivo<br />
collegato a un software di modellazione<br />
per creare un volume tattile<br />
mobile che assume il ruolo di<br />
comunicazione “per immagini” per<br />
ipo/non vedenti;<br />
• Sviluppo di un gioco on line ambientato<br />
nel museo e di una rete<br />
premiale tra tutti i luoghi del progetto,<br />
per stimolare anche la popolazione<br />
non digitalizzata alla<br />
visita dell’intero percorso;<br />
• Impostazione di un laboratorio<br />
che, usando la documentazione<br />
scientifica disponibile (reperti, documenti,<br />
fotografie, dipinti ecc.)<br />
elabori prodotti culturali spendibili<br />
in varie forme (cinema, televisione,<br />
comunicazione museale).<br />
DEPP - Dall’Emporium ai prati del<br />
popolo romano. Itinerario multisensoriale<br />
tra i paesaggi perduti<br />
della sponda tiberina<br />
Grazie alle tecnologie multimediali,<br />
il progetto ripropone la visione<br />
di paesaggi scomparsi che hanno<br />
avuto un ruolo vitale nella nascita<br />
e nella formazione della Città<br />
eterna ma il cui passato è stato in<br />
gran parte nascosto o cancellato<br />
dalle radicali trasformazioni del<br />
periodo post-unitario.<br />
Soluzioni innovative per la digitalizzazione<br />
permetteranno di rivivere<br />
la storia di Roma, dalla protostoria<br />
alla fine dell’età antica,<br />
osservando lo scorrere del tempo<br />
da un punto di vista privilegiato: il<br />
fiume e le sue pertinenze<br />
Il percorso collegherà aree d’interesse<br />
archeologico e architettonico<br />
e si muoverà dentro la città,<br />
toccando punti di osservazione dai<br />
quali fruire delle ricostruzioni paesaggistiche.<br />
I complessi monumentali e le<br />
strutture di servizio a disposizione<br />
della Soprintendenza saranno<br />
utilizzati come “stazioni” per introdurre<br />
il pubblico ai temi storici<br />
e archeologici che costituiranno il<br />
filo conduttore della visita, dove le<br />
ricostruzioni virtuali dei paesaggi<br />
scomparsi sovrapporranno epoche<br />
diverse e vedute odierne.<br />
Il percorso interesserà il Rione<br />
Testaccio, in un ambito compreso<br />
tra le falde dell’Aventino e la cerchia<br />
difensiva delle mura Aureliane,<br />
ancora in gran parte esistenti,<br />
spingendosi fino alle sponde del<br />
Tevere per terminare a Fiumicino.<br />
Obiettivi del progetto:<br />
• Creare una nuova identità museale<br />
attraverso la realtà aumentata,<br />
il digital storytelling, la didattica<br />
multimediale, i contest digitali<br />
e il turismo emotivo.<br />
• Garantire la più alta aderenza<br />
possibile alle attese del territorio<br />
(crescita economica sostenibile,<br />
nuove opportunità professionali e<br />
occupazionali).<br />
• Raggiungere target di fruitori di<br />
nuove tipologie di prodotti culturali<br />
e ambientali connotati da<br />
grande tipicità ed estranei ai circuiti<br />
classici.<br />
L’iniziativa è nata da un Accordo<br />
di Programma Quadro tra Regione<br />
Lazio, Ministero dell’Università<br />
e della Ricerca, Ministero della<br />
Cultura e Ministero dello Sviluppo<br />
Economico e intende consolidare e<br />
stimolare l’innovazione delle imprese<br />
e degli organismi di ricerca<br />
dedicati ai beni culturali.<br />
Maggiori approfondimenti e i progetti<br />
finanziati nella prima fas<br />
Consulta la graduatoria dei progetti<br />
finanziati per la seconda fase<br />
qui.<br />
Fonte: Distretto Tecnologico per i<br />
Beni e le Attività Culturali del Lazio
EVENTI<br />
19 - 21 APRILE 2023<br />
XII Congresso Nazionale AIAr<br />
Messina (Italia)<br />
http://www.associazioneaiar.<br />
com/<br />
10 – 11 MAGGIO 2023<br />
Conferenza Esri Italia<br />
Roma<br />
https://www.esriitalia.it/<br />
10 – 12 MAGGIO 2023<br />
Restauro – Salone<br />
Internazionale dei Beni<br />
Culturali e Ambientali<br />
XXVIII edizione<br />
Ferrara Fiere (Italia)<br />
https://www.<br />
salonedelrestauro.com/<br />
24 – 26 MAGGIO 2023<br />
MMT 2023 – 12th International<br />
Symposium on Mobile<br />
Mapping Technology<br />
Padova (Italia)<br />
https://www.cirgeo.unipd.<br />
it/mmt/<br />
25 - 30 GIUGNO 2023<br />
SIFET 2023<br />
Firenze (Italia)<br />
https://www.sifet.org/<br />
25 - 30 GIUGNO 2023<br />
CIPA 2023<br />
Firenze (Italia)<br />
https://www.<br />
cipa2023florence.org<br />
SETTEMBRE 2023<br />
ArcheoFOSS 2023<br />
Torino (Italia)<br />
https://www.archeofoss.org/<br />
28 – 29 SETTEMBRE 2023<br />
LUBEC 2023<br />
Lucca (Italia)<br />
https://www.lubec.it/<br />
11 - 13 OTTOBRE 2023<br />
INTERGEO<br />
Berlino (Germania)<br />
https://www.intergeo.de/en/<br />
11 - 13 OTTOBRE 2023<br />
DRONITALY<br />
Bologna (Italia)<br />
https://www.dronitaly.it<br />
2 – 5 NOVEMBRE 2023<br />
BMTA PAESTUM 2023<br />
Paestum, SALERNO (Italia)<br />
https://www.<br />
borsaturismoarcheologico.it/<br />
NOVEMBRE 2023<br />
ROMADRONE<br />
Roma (Italia)<br />
https://www.romadrone.it/<br />
10 – 11 maggio<br />
2023<br />
ROMA<br />
38 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2022</strong><br />
www.esriitalia.it
Tecnologie per i Beni Culturali 39<br />
Il Forum dell'Innovazione<br />
Tecnologie per il Territorio, Beni Culturali e Smart Cities<br />
14 - 16 NOV 2023<br />
www.technologyforall.it
MAGGIO<br />
10 11 12<br />
2023<br />
XXVIII EDIZIONE<br />
FERRARA<br />
VIA DELLA FIERA 11<br />
Con il supporto di<br />
Con il patrocinio di<br />
In collaborazione con<br />
Sponsor