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La nostra moneta ha ripreso di nuovo il suo viaggio nell‟<strong>Impero</strong> romano. È passata<br />
di mano in modo banale: quando il decurione, alle terme di Vindolanda, si è spogliato<br />
e ha arrotolato i suoi vestiti sbrigativamente per il desiderio di un bel bagno, il<br />
borsello della cintura si è rovesciato e il sesterzio è uscito, scivolando in fondo alla<br />
piccola nicchia numerata che serviva da armadietto nello spogliatoio…<br />
Nessuno l‟ha notato per molti giorni. Fino a quando un altro cliente delle terme,<br />
passando con una lucerna, ha visto uno sfavillìo: ha allungato la mano e l‟ha preso.<br />
Ora si trova nel borsello di un mercante di vino, che ha consegnato alcune anfore ai<br />
confini dell‟<strong>Impero</strong> ed è sulla via del ritorno. La Britannia è ormai alle spalle, la<br />
moneta è tornata sul continente e procede, su una grande strada della Provincia<br />
Lugdunensis, nel cuore di quella che oggi è la Francia.<br />
Il mercante è a cavallo assieme al suo schiavo di fiducia. Da ore marciano lenti<br />
sotto la pioggia battente.<br />
Come si proteggono i romani dalla pioggia? Se pensate che gli ombrelli siano<br />
un‟invenzione moderna, vi sbagliate. Ne esistevano già allora! E prima ancora.<br />
Gli archeologi ne hanno trovati alcuni persino nelle tombe degli etruschi.<br />
Erano un po‟ diversi dai nostri, non avevano sottili raggi metallici né molle.<br />
Ricordavano invece molto quelli “cinesi”, con stecche spesse e rigide.<br />
Fin qui le somiglianze con il nostro mondo. Ma l‟uso che se ne faceva era molto<br />
diverso. L‟esemplare etrusco custodito presso il museo di Villa Giulia a Roma, ad<br />
esempio, è in avorio. E questo significa che era usato da gente ricca, un vero status<br />
symbol dell‟aristocrazia.<br />
La sorpresa è che questi oggetti non servivano per ripararsi dalla pioggia ma… dal<br />
sole: le donne nobili, per non abbronzarsi, andavano in giro con l‟ombrellino<br />
esattamente come si faceva in Europa nel Settecento, nell‟Ottocento e agli inizi del<br />
Novecento, e come si fa ancora oggi nell‟Estremo Oriente. Infatti, il loro nome era<br />
umbrella, da umbra, e ancora oggi non si chiamano parapioggia.<br />
Se gli ombrelli servivano per proteggersi dal sole, come si riparavano dalla pioggia<br />
i romani? Con un‟altra di quelle “invenzioni” che crediamo moderne: i poncho, cioè<br />
le mantelle impermeabili!<br />
I due a cavallo, e alcuni di quelli che incontrano a piedi, indossano, infatti, un<br />
poncho (paenula) di cuoio reso impermeabile con del grasso. Altri invece, come i<br />
legionari, usano dei modelli di lana cotta infeltrita, intrisi d‟olio per impedire il<br />
passaggio della pioggia.<br />
Incorporato c‟è sempre un cappuccio, spesso a punta. Da lontano, quindi, molti<br />
romani sotto la pioggia sembrano delle piccole “piramidi” ambulanti, con il volto che<br />
spunta da un‟apertura tonda: un po‟ come quegli omini travestiti da bottiglia fuori dai<br />
supermercati…<br />
Lo scheletro della globalizzazione romana<br />
Nessuno dei due uomini a cavallo ci pensa, ma la strada di ghiaia o brecciolino che<br />
stanno percorrendo da ore rimarrà nella storia dell‟uomo come uno dei suoi più<br />
grandi capolavori. Fa parte infatti di quell‟incredibile rete di strade che avvolge<br />
l‟<strong>Impero</strong>.