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Federico Marazzi - Le città dei monaci. Storia degli spazi che avvicinano a Dio. (2015, Editoriale Jaca Book) - libgen.li

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Le città dei monaci

da voi quanti si prodigano nel tirar fuori coloro che appunto intendono di essere liberati

da quella turbinosa tempesta, per condurli nel porto della pace. I veri responsabili

sono coloro che, rendendo ogni città impraticabile e avversa ad ogni vera saggezza, costringono

quanti bramano salvarsi a cercare la solitudine 3 .

Crisostomo non è il primo a illustrare il concetto della antitesi fra vita cittadina

e ascesi cristiana. Atanasio di Alessandria, nella biografia di Antonio scritta intorno

al 355 4 , ricorda che il santo, volendo emulare l’esempio di altri che avevano già

intrapreso il cammino della perfezione spirituale,

cominciò anch’egli a soggiornare in luoghi che erano fuori città 5 .

Rufino di Concordia, nel prologo delle sue Storie di Monaci, scritto alla fine del

iv secolo (Trettel 1991: 19-25), ricorda analogamente che, fra i monaci egiziani,

alcuni vivono nelle periferie delle città, altri in aperta campagna, la maggior parte (e forse

i migliori) vivono da soli in un eremo 6 ,

che si presenta tuttavia come una solitudine popolata da molti individui che hanno

scelto un medesimo percorso di vita e che, quindi, si anima della comune condivisione

di valori e comportamenti che caratterizzano i luoghi ove i gruppi di eremiti

sono andati a stabilirsi.

Il luogo deserto ove il monaco trova la propria sede è descritto spesso non solo

come antitetico alla città, ma anche remoto e inaccessibile. Cassiano ricorda ad

esempio, attraverso le parole dell’abate Abramo, che i monaci che abitavano nel

deserto egiziano di Porfirione (a ovest del delta del Nilo) erano

separati da tutte le città e dai villaggi abitati per una distanza di deserto più vasta del deserto

di Scete, per cui, percorrendo in sette o otto giorni quella vastissima solitudine, a

stento si raggiungono i recessi delle loro celle 7 .

Tuttavia, l’isolamento del monaco non necessariamente si realizza solo perché il

luogo in cui egli si rifugia è collocato in posizione difficile da raggiungere, ma perché,

ovunque esso si trovi, egli lo definisce e lo delimita come uno spazio precluso

a chiunque. Un esempio riportato nella Storia di Monaci Siri o Storia Filotea, scritta

da Teodoreto di Cirro fra il 443 e il 449 (Gallico 1995: 41-43), è in questo senso

davvero molto eloquente. Parlando dell’eremita Linneo, che si era allontanato su

un’altura «non troppo aspra né troppo scoscesa» prossima a un villaggio del territorio

di Cirro, egli dice che

qui è vissuto fino ad oggi senza una cella, né una tenda, né una capanna, ma circondato

da un semplice recinto costruito con pietre e neppure tenuto assieme con fango.

Ha una piccola porta sempre coperta con fango, che non apre mai agli altri che ven-

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Marazzi.In claustro.indb 16 11-02-2015 9:02:43

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